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L�allegria dei bambini del Villaggio San MarcellinoHarare - (Zimbabwe)

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1Cara amica e amico!Nessun progetto economico, sociale e politico sostituisce quel dono commosso di sé di un uomo verso un altro uomo che è la carità,quel vero amore al destino dell’altro che spinge a farsi carico dei bisogni spirituali e materiali del prossimo, senza aspettare alcun tornacontoprossimo o futuro!

Per questo motivo chiediamo il tuo sostegnoperché la nostra opera non sia solo la nostra, ma il frutto del lavoro di tanti amici che desiderano cambiare il mondo con piccoli gesti di solidarietà.

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2 Cari amici, soci, volontari e benefattori tutti,

Nello spirito di accoglienza e libertà di impegno che ci contraddistingue abbiamo sempre ritenuto, che al di là di ogni formalità, socio “di fatto” dell’Associazione fosse chiunque a essa dedica tempo ed energie prezio-se. Per tale ragione, pur nel rispetto della norme a cui sono sottoposte tutte le ONLUS, alle nostre Assemblee Annuali abbiamo sempre invitato oltre ai soci, tutti i nostri volontari e benefattori, affinché fossero partecipi di ogni attività svolta e di come fossero impiegate le risorse raccolte.In questi dieci di attività, come voi ben sapete, abbiamo realizzato molte più opere umanitarie di quello che i nostri sogni più ottimisti avrebbero potuto immaginare. E di questo credo che tutti noi dobbiamo essere con-sapevoli e giustamente contenti.

In particolare da alcuni anni, grazie alla collaborazione con la Associazio-ne Roberto Bazzoni Onlus di Milano (RBO) e il Gruppo POLI REGINA siamo fortemente impegnati nel progetto umanitario “Un amico in più per fermare l’AIDS in Zimbabwe” che garantisce di fatto la vita a oltre 2000 ammalati di AIDS conclamato (per lo più mamme e bambini).

Ricordo che la RBO, grazie al sostegno dato a Carlo dal 2002 in poi, è stata pioniere nello sviluppo delle terapie antiretrovirali in Zimbabwe, salvando inizialmente da morte certa numerose infermiere dello staff Guidotti Hospital e in seguito (grazie alla diminuzione dei prezzi dei me-dicinali) migliaia di mamme e bambini ammalati di AIDS conclamato.Attualmente grazie ai fondi generati dal concorso DuplicarD – POLI RE-GINA noi provvediamo ad acquistare le terapie antiretrovirali, mentre la RBO si è impegnata con un notevole sforzo finanziario nell’ammoderna-mento del Guidotti Hospital (impianto di pannelli solari per la fornitura di energia elettrica), nel mantenimento dello staff medico (integrazione degli stipendi), nel funzionamento dello stesso Ospedale (fornitura di car-burante) e nel sostegno alimentare dello staff e dei pazienti (acquisto di alimenti in loco).

Le nostre due Associazioni quindi da alcuni anni ormai lavorano fianco a fianco per sostenere le opere umanitarie in Zimbabwe che Carlo Spa-gnolli ci propone.

LA NOTA DI GIULIANO

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3Al di là di questo, la storia della RBO ha toccato il nostro cuore fin dal primo momento. Leggi la pagina 5, tratta dal sito (www.robertobazzoni-onlus.org) e com-prenderai!Nel corso del 2010, a causa di una serie di cambiamenti nel settore fi-nanziario internazionale nel quale si era molto sviluppata, la RBO si è trovata nell’impossibilità di mantenere la propria struttura organizzativa. Sebastiano e i suoi amici si sono trovati nella necessità di dover procedere alla chiusura della creatura alla quale tanto impegno è stato dedicato da tante persone.

Permanendo vivo nei soci fondatori della RBO il desiderio di continuare comunque il proprio impegno nella solidarietà, abbiamo deciso di ac-cogliere con tutto il nostro cuore la grande storia di solidarietà da loro realizzata in memoria di Roberto e del suo amico Antonio e procedere assieme con semplicità, generosità e autentico spirito di servizio in favore dei necessitati che incontreremo nel nostro cammino.I Consigli Direttivi hanno quindi deliberato di procedere alla fusione del-le due Associazioni a partire dal 1 gennaio 2011.L’iter formale per raggiungere tale obbiettivo ha seguito una complessa procedura che si è felicemente conclusa il 26 maggio u.s. quando il sot-toscritto e l’amico Sebastiano (Presidente della RBO) hanno sottoscritto l’atto di fusione.

Questo atto, per noi innanzitutto è un gesto di amore e di stima verso amici con i quali da anni condividiamo con passione il cammino della so-lidarietà e riteniamo sia il migliore dei modo per garantire a nostri amici in Africa, alle nostre mamme e i loro bambini il nostro affetto e il nostro sostegno per gli anni futuri.Fiducioso nella vostra comprensione e nel vostro sostegno anche per gli anni futuri, bonum diffusivum sui!

Giuliano Tasini

LA NOTA DI GIULIANO

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LA NOTA DI SEBASTIANO

La Roberto Bazzoni Onlus nacque nel 2000 come risposta a una tra-gedia, così come tantissime Onlus nascono allo scopo di ricordare chi si è perduto e dare a chi rimane la possibilità di ricordare i propri cari.

Dopo la prima fase iniziale, immediata, in Kosovo (Centro riabilita-zione disabili), l’attività si espanse con iniziative importanti in Ka-zakhstan (orfanotrofio), Repubblica Democratica del Congo (Ospeda-le) e Zimbabwe (lotta contro l’AIDS).

A seguito della decisione -obbligata- di cessare l’attività diretta, per i motivi già illustrati da Giuliano, è nata l’idea della fusione con la Associazione Spagnolli, con la quale esistevano da anni rapporti di fraterna collaborazione grazie al progetto “Un amico in più per fer-mare l’AIDS in Zimbabwe”, che ci alleggerì dell’onere dell’acquisto dei medicinali antiretrovirali per i malati di AIDS.

La decisione della fusione è stato un passaggio difficile e penoso nella vita della nostra Onlus e, insieme con gli amici della “Spagnolli”, lo abbiamo affrontato nel miglior modo possibile, nell’interesse di tutti coloro che beneficiano delle nostre iniziative.Dal 2011 la ex RBO si dedicherà soltanto allo lotta contro l’AIDS in Zimbabwe. Per gli altri tre progetti “storici”, prendendo in conside-razione il fatto che disponevamo di sufficiente liquidità per far fronte a tre anni di spese dei nostri progetti, abbiamo donato ai progetti in Congo, Kosovo e Kazakhstan la copertura finanziaria per i prossimi tre anni. Donazioni effettuate a dicembre 2010.Il progetto principale, che è direttamente connesso a vite da salvare, cioè la lotta contro l’AIDS in Zimbabwe, verrà continuato al di là del nostro supporto finanziario, supporto che, sulla base dei dati attuali, copre cinque anni di spese prevedibili. La nuova Onlus assumerà il carico morale di far sì che le cure salvavita non saranno interrotte. È lo stesso impegno morale che i Soci della RBO accettarono il 3 dicembre 2001 quando decisero di avviare il progetto Zimbabwe. Attualmente il numero di pazienti affetti da AIDS in cura è di 2.000 circa.

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LA NOTA DI SEBASTIANO

Quindi, anche se in forme diverse, lo scopo basilare e generale della nostra azione, che è quello di aiutare e sostenere i poveri e gli amma-lati, continuerà, grazie alla complementarietà delle due Onlus che si sono fuse il 26 maggio 2011. Ne abbiamo avuto la prova diretta in occasione della visita in Zimbabwe del maggio 2011, prova che ci ha confermato nella determinazione di continuare a fare del nostro meglio per migliorare e rendere ancora più incisiva la nostra azione umanitaria.

Cari saluti a tutti.

Sebastiano Bazzoni

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Roberto Bazzoni

“Il 12 novembre 1999 un aereo che trasportava 24 persone, 21 del-le quali impegnate in missioni umanitarie in Kossovo, precipitò nei pressi di Pristina, senza lasciare superstiti. Roberto Bazzoni, il figlio maggiore di Sebastiano Bazzoni, direttore di Pioneer Investments, era a bordo. Il figlio di Sebastiano, tecnico ortopedico e il suo migliore amico dr. Antonio Sircana, chirurgo orto-pedista, stavano volando a Pristina per le vittime del conflitto del Kos-sovo che abbisognavano di cure ortopediche: per aiutare gente che aveva perso braccia o gambe a ritrovare una vita normale con l’ausilio di protesi. 23 di queste vittime della guerra erano riunite nella Chiesa Cattolica di Stubbla (sud-est di Pristina), in attesa dell’arrivo dell’ae-reo quando quest’ultimo cadde. Con addosso la tragica energia nata dal dolore personale e dalla grave perdita, Sebastiano assieme ai numerosi amici che conobbero Antonio e Roberto decisero di trovare un modo di continuare la loro missione.”

Così nacque la Roberto Bazzoni ONLUS il 17 marzo 2000.

ONORANDO UNA MEMORIAE UNA MISSIONE

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7L’Associazione

La nostra Associazione è impegnata in progetti internazionali di aiuto e sostegno in aree bisognose principalmente dell’Africa e in parte minore dell’America Latina. È stata costituita nel dicembre 2000 dalla famiglia e da alcuni amici del sen. Giovanni Spagnolli per mettere in pratica l’esempio e i suoi insegnamenti nel campo della solidarietà internazio-nale. Questo gruppo è poi cresciuto aggiungendo nuovi amici e soste-nitori, traendo dalla testimonianza umana e cristiana del sen. Giovanni Spagnolli motivi di amore e fratellanza fra uomini che guidino la mente ed il cuore al superamento dei limiti ristretti delle egoistiche abitudini quotidiane. Perché l’impegno a contribuire alla risoluzione dei proble-mi che assillano la civiltà in cui viviamo sia una missione di servizio all’umanità in cammino.

L’ASSOCIAZIONE

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8 In Zimbabwe,dove da oltre dieci anni svolge la sua attività di medico il dr. Carlo Spagnolli, l’Associazione si è fatta carico di costruire la “Scuola Infer-miere Professionali Giovanni Spagnolli” e l’“Ostello-Sala Conferenze Matteo Leonardi”, entrambe strutture annesse al “Luisa Guidotti Ho-spital” di Mutoko. Ad Harare ha costruito il “Villaggio del bambino San Marcellino”. In col-laborazione con l’Associazione Lifeline Dolomites invia costantemente via container e via aerea alimenti, farmaci e attrezzatura medico-ospedaliera. Assieme alla Roberto Bazzoni Onlus ed al Gruppo POLI REGINA è impegnata nella lotta all’AIDS con il progetto: “Un amico in più per fermare l’AIDS in Zimbabwe”. Attualmente sono oltre 1500 i pazienti ammalati di aids conclamato in terapia antiretrovirale gratuita (dei quali 1229 mamme e 187 bambini).

In Burundi,Sensibile all’appello del missionario trentino Padre Gabriele Ferrari, sostiene alcune comunità in Burundi. In particolare a Gasura ha costrui-to il Villaggio dei Batwa, i centri polifunzionali nelle frazioni di Gahè e Butsimba e sostiene l’attività delle Suore Polacche che si prendono cura del locale dispensario.A Bujumbura collabora all’organizzazione dei Campi di lavoro estivi per i giovani del Centre Jeunes di Kamenge e ha organizzato un labo-ratorio oculistico: a Ruyigi, provincia all’estremo sud del Burundi, ha costruito l’acquedotto di Musongati. A Gatumba, rione periferico della capitale, ha costruito la Scuola “Città di Rovereto” che attualmente sta ampliando. Sempre a Gatumba ha ap-pena terminato di costruire l’asilo per i più piccoli dedicato a Giovanna Medici e a Bugwana sta terminando la costruzione di un importante centro scolastico.

In Tanzania,su richiesta di Manuela Buzzi invia farmaci al Consolata Ikonda Ho-spital.

In Uganda,sostiene da alcuni anni la Scuola professionale MA ECORA di Arua e nel corso del 2008 ha costruito una nuova officina meccanica all’inter-no della stessa struttura.

L’ASSOCIAZIONE

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9In Brasile,a Salvador (Bahia), su richiesta di Mons. Guido Zendron, ha acquista-to l’immobile che dopo adeguata ristrutturazione ha consentito l’aper-tura del Centro Pastorale Padre Mario Veronesi.

In Messico,a Guasave (Sinaloa) è iniziato il progetto “Aiutiamoli a sentire”, con l’inserimento di un duplice impianto cocleare per ridare l’udito a due gemelli nati sordi, eseguito dal dr. Millo Beltrame. Sono in corso con-tatti con la missionaria olandese Carin Khieya per sostenere il suo im-pegno a favore dei bambini sordomuti delle città di Calcutta, Vizak e Kakinade in India.

Il sostegno a distanza.Organizza inoltre le adozioni a distanza per il Villaggio San Marcellino (Harare-Zimbabwe), per la Scuola Materna Svinurai (Kariba – Zimba-bwe), per il Centro Giriteka (Ngozi-Burundi), per l’Associazione ASE-NABU (Buyengero – Burundi), per il collegio Le Balu (Lumumbashi Congo) e per il Centro Comunitario Padre Mario Veronesi (Salvador Bahia – Brasile).

Con il suo impegno l’Associazione desidera affermare una solidarietà concreta che coinvolga le persone stimolandole al dono e alla condi-visione delle proprie competenze o risorse personali. Una solidarietà vissuta che porta a riflettere sulla vita e modifica il modo di vedere il mondo e di rapportarsi agli altri mettendosi al servizio degli altri. L’Associazione vive ed opera grazie al dono del tempo libero e della propria professionalità da parte di Soci e Volontari. Gli stessi, as-sieme ad alcuni amici, ne sostengono per intero le spese generali di funzionamento.

Informazioni più complete sono disponibili sul nostro sitowww.spagnolli-bazzoni.org (in costruzione)

rimane provvisoriamente attivo www.assamicispagnolli.orgoppure scrivendo a [email protected]

L’ASSOCIAZIONE

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10 La nota di Giuliano pag. 2 La nota di Sebastiano pag. 4 Onorando una memoria ed una missione: Roberto Bazzoni pag. 6 L’Associazione pag. 7 Amici in terra di missione pag. 13 Suor Giovanna Giupponi scrive: • Carlo Spagnolli • Padre Gabriele Ferrari • Mons Guido Zendron • Suor Angela Maria Clerici • Suor Bruna Chiarini • Suor Giovanna Giupponi • Suor Magda Boscolo • Carin Khieva • Margueritte Musole Kayombo • Maria Solange Simões Peixoto • Sybil and Norman Mac Donald • Padre Bepi de Cillia • Padre Bruno Ghiotto • Padre Claudio Marano • Padre Filippo Mbonicimpaye • Padre Ruben Antonio Macias Sapién

Il sostegno a distanza pag. 22 Elisa Dossi scrive: I nostri bambini. • Che cos’è • Come è organizzato • Come diventare sostenitore a distanza • Come pagare la quota • Dove sono i nostri bambini Zimbabwe: Harare: Villaggio San Marcellino Kariba: Asilo Svinurai Burundi: Ngozi: casa di accoglienza “Giriteka” Buyengero: ASENABU

INDICE

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11 Congo: Lumumbashi: Scuola-Collegio “Le Balù” Brasile: Salvador (Bahia): Centro Comunitario padre Mario Veronesi

Zimbabwe pag. 28 Un paese in agonia Massimo Alberizzi scrive: Tutti milionari in Zimbabwe!

• Un amico in più per fermare l’AIDS in Zimbabwe • La gratitudine di Carlo Spagnolli • La tragedia e il miracolo in Zimbabwe • Sostegno farmacologico contro le malattie opportunistiche dell’AIDS • Harare: Il Villaggio San Marcellino • Harare: Il Centro di Promozione sociale e sanitaria della donna e del bambino “Giovanni Spagnolli” • Sostegno Logistico dottor Carlo Spagnolli • Chinhoyi: Le opere di suor Giovanna Giupponi • Kariba: L’asilo Svinurai • Emergenza Carestia • Emergenza Farmaci

Burundi pag. 46 Elena Patoner scrive: La speranza di un cambiamento reale

• Gatumba: Scuola “città di Rovereto” realizzazione del complesso scolastico • Gatumba: L’Asilo “Giovanna Medici” per i piccini. • Bujumbura: Centro Giovani Kamenge - Per una mondializzazione

positiva nei Quartieri Nord attraverso l’informatica. • Bujumbura: Aiutiamoli a vedere • Bugwana: Costruzione del complesso scolastico per ciclo d’insegnamento superiore • Ngozi: “Giriteka”, i bambini del mercato • Buyengero: gli orfani della guerra e dell’AIDS

Congo pag. 61 L’Arcivescovo di Bukavu scrive: Quali prospettive per la pace nella Repubblica democratica del Congo?

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• Lubumbashi: La scuola-collegio “Le Balù”

Tanzania pag. 67 Il paese Manuela Buzzi scrive

• Ikonda: Consolata Hospital

Uganda pag. 71 Il paese

• Arua: Zobele Memorial Vocational Institute

Brasile pag. 75 Il paese

• Salvador – Bahia: Centro Comunitario Padre Mario Veronesi

India pag. 80 Gianni Cainelli scrive: Una esperienze a Calcutta

• Calcutta, Vizak, Kakinade: Aiutiamoli a sentire

Ci sostengono e li ringraziamo con tutto il cuore… pag. 83

Il Consiglio Direttivo in carica per il triennio 2011/2013 è così costituito:Giuliano Tasini (Presidente)

Sebastiano Bazzoni (Vice-Presidente)Maurizio Dalbosco (Tesoriere)

Andrea Silli (Segretario)Dario Dossi

Dario PiconeseElena Patoner

Fernanda Favaro TurellaGiuliana Porta

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13Suor Giovanna Giupponi scrive

Vedete, nella mia esperienza di 40 anni di vita missionaria in vari conti-nenti ho scoperto una cosa importante: a volte noi pensiamo al prossimo nel bisogno e facciamo tanto per aiutare, ma in questa visione globale del prossimo perdiamo di vista il bisogno particolare dell’operatore di misericordia. Ho incontrato missionari laici e religiosi che avevano tanti mezzi per aiutare gli altri, ma non il necessario per una loro vita dignitosa.Parlando alcuni giorni fa con un missionario veterano dell’Africa, quasi 40 anni di servizio fra i più poveri, alla mia domanda: “ Dimmi la verità, tu hai bisogno di qualche cosa? Come ti senti? Hai i medicinali necessari, il cibo sufficiente per te, per una vita dignitosa?” Sorridendo mi ha dato questa risposta:

“Sai Sr. Giovanna, tante persone mi aiutano per il lavoro che faccio, ma pochissime si interessano a me come persona. Mi chiedono: “Che cosa hai bisogno per i tuoi orfani “, ma raramente mi chiedono: “Ma tu, personalmente, di che hai bisogno?”. “Grazie Sr. Giovanna, perché hai capito che noi prima di essere missio-nari siamo delle persone che necessitano di una parola buona, un’atten-zione, un po’ di comprensione anche se noi stessi, se vogliamo essere fedeli alla nostra scelta, siamo chiamati a dimenticarci completamente per servire i meno fortunati di noi; grazie di cuore, fa bene questa tua attenzione”.

Desideri sostenere direttamente i nostri amici in Africa nelle loro necessità o desideri che dispongano del frutto della tua generosità secondo coscienza, puoi semplicemente fare un versamento presso Cassa Rurale di Rovereto-Sede IT29 1082 1020 8000 0000 0124162 con la causale “Amici in Africa - il nominativo del beneficiario” e il tuo sostegno sarà immediatamente fatto pervenire al diretto in-teressato!

AMICI IN TERRA DI MISSIONE

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14 Carlo Spagnolli [email protected]

Il dr. Spagnolli ha dedicato la propria vita all’Africa: appena laureato, nel 1975 si reca in Uganda per svolgere il servizio civile e vi rimane fino al 1989. Lasciata l’Uganda, lavora in Eritrea e in Etiopia durante la guerra civile. Dopo una breve parentesi in Camerun, arriva in Zim-babwe all’ospedale diocesano Luisa Guidotti di Mutoko dove presta la sua opera dal 1997. Ha conosciuto figure storiche del mondo mis-sionario come Padre Ambrosoli, medico a Kalongo, ha lavorato con i coniugi Piero e Lucille Corti, fondatori del st. Mary’s Lacor Hospital, universalmente riconosciuto come il miglior ospedale rurale dell’Ugan-da e forse dell’Africa intera. Ha attraversato con la famiglia le guerre, le violenze, i peggiori regimi, da Amin a Obote a Mobutu, senza mai arrendersi, senza mai mollare, sempre dalla parte delle vittime. Attual-mente in Zimbabwe è impegnato, con il nostro aiuto, nella cura con farmaci antiretrovirali di circa duemila pazienti ammalati di AIDS con-clamato in un paese dove il tasso di sieropositività è del 33%. Allo stes-so tempo, con il sostegno delle Associazioni “Roberto Bazzoni” e “Life Line Dolomites” assiste con mezzi e con cibo diversi ospedali, scuole, asili e centri di formazione professionale, perché quello che una volta era considerato “il granaio dell’Africa” è oggi un paese allo sbando e ridotto alla fame.

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15Padre Gabriele Ferrari [email protected]

Roveretano, ordinato sacerdote diocesano nel 1964, entra nell’Ordine dei Saveriani e parte subito per il Burundi dove rimane per cinque anni. Dopo un periodo di formazione a Roma, per dodici anni è Generale dell’Ordine dei Saveriani, torna quindi in Burundi per altri cinque anni. Attualmente è responsabile del Centro di Formazione Permanente dei Padri Saveriani, trascorre ogni anno alcuni mesi in Burundi dove inse-gna nel seminario locale.

Mons. Guido Zendron [email protected]

Sacerdote trentino diocesano, nativo di Lisignago. Dopo essere stato ordinato nel 1978 ed aver svolto la sua azione pastorale prima come cappellano a Pergine, e poi come parroco a Vigolo Vattaro, su sua ri-chiesta è stato assegnato come missionario “fidei donum” alla Diocesi di Salvador Bahia. La Parrocchia di Cristo Redentor, della quale è stato parroco, comprende i quartieri poveri di: Chapada do Rio Vermelho; Vale das Pedrinhas; Santa Cruz; Nordeste de Amaralina, per un numero di abitanti stimato in circa 100.000.Nel 2008 è stato ordinato vescovo ed ora gli è stata assegnata la Diocesi di Paulo Afonso (Bahia - Brasile).

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16 Suor Angelamaria Clerici [email protected]

Originaria di Iseo, appartiene alla Congregazione della Suore di Carità dette di “Maria Bambina”. Da oltre vent’anni in Africa dei quali otto in Zambia al servizio della tribù ”Tonga” e in seguito in Zimbabwe. Dopo tre anni di servizio a Chinhoyi presso il locale centro di spiritualità, arriva a Kariba in qualità di responsabile della locale comunità. Suor Angela ci ha scritto:“Ho imparato ad amare chi è ritenuto inutile per la società, ho goduto nel condividere con loro l’assenza del necessario come l’acqua, la luce, il trasporto, le medicine ed il cibo… ho imparato dal povero la serenità nell’accettare la vita di ogni giorno. Qui a Kariba i nostri bambini ci chiamano “mamma” poiché le loro mamme li proteggono dal Cielo.”

Suor Bruna Chiarini [email protected]

Entra nella Congregazione delle Suore Missionarie della Società di Ma-ria (Mariste) all’età di ventuno anni, parte per il Burundi nel 1971, viene espulsa nel 1985. Fino a quel momento è impegnata soprattutto nell’at-tività di formazione religiosa e catechesi. Ritorna in Burundi nel 1991 e fonda subito la nuova comunità a Rwarangabo (Diocesi di Ngozi) che si prende cura degli orfani di guerra (attualmente 1200) e nel 2002, su richiesta del vescovo, fonda un’altra comunità, quella di Giriteka (nella città di Ngozi) che cerca di recuperare a una vita dignitosa (lavo-ro, studio e famiglia) i bambini abbandonati al mercato locale. Sempre nella città di Ngozi insegna nella scuola interdiocesana di catechisti, è impegnata nella Direzione del Centro di Animazione Missionaria ed è membro della Commissione “Giustizia e Pace”.

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17Suor Giovanna Giupponi [email protected]

Suora missionaria delle suore di Maria Bambina. A vent’anni si fa suo-ra e dopo il periodo di formazione iniziale e professionale in Italia e a Londra parte per l’India dove vi rimane per sette anni insegnando nella scuola di Stella Maris in Bangalore.Nel 1969 ritorna in Italia per malattia e durante la sua degenza a Pietra-ligure frequenta la scuola per infermiere per due anni. Nel 1971 parte per la California dove presta servizio a Susanville in una comunità di emigranti italiani e baschi. Nel 1975 ritorna in Italia e insegna per sei anni nel Collegio S. Bambina di Crespano del Grappa. In seguito tra-scorre tre anni a Venezia fra gli studenti. Nel 1984 si porta in Zambia a Kafue e serve quella comunità per 6 anni. Nel 1991 viene trasferita a Chinhoyi e fino a oggi presta il suo servizio socio-pastorale presso questa comunità ecclesiale.

Manuela Buzzi [email protected]

Farmacista, nativa di Milano dove si è laureata nel 1993, ha lavorato nella farmacia di famiglia fino al 2003. Nel 2004 ha realizzato il suo so-gno di partire per la missione e dedicare la sua vita e la sua professione al servizio dei più poveri. Dopo un anno e mezzo di lavoro in Kenya presso il Catholic Hospital di Wamba, dal 2006 è in Tanzania come far-macista responsabile del Consolata Hospital di Ikonda gestito dai padri missionari della Consolata.

Carin Khieya [email protected]

Missionaria laica olandese appartenente a THE FAMILY INTERNA-TIONAL, infermiera diplomata, sposata con Tepu (indiano), ha quat-tro figli, da vent’anni dedica la sua vita all’accoglienza e alla cura dei ragazzi sordi abbandonati. Ha fondato tre centri importanti a Calcutta, Vizak e Kakinada che offrono assistenza a circa 350 ragazzi.

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18 Margueritte Musole Kayombo [email protected]

Chiamata affettuosamente “maman Maggie”. È rimasta colpita dalla tragica situazione di molti bambini mutilati dalle mine o da handicap fisici congeniti e così ha fondato per loro la Scuola Le Balù. Laica, gio-vane e laureata in psicologia infantile, collabora con le Suore salesiane di Maria Ausiliatrice. A questi bambini si dedica con grande amore e passione!

Maria Solange Simões Peixoto [email protected]

Laureata in Educazione, professoressa della Università Federale di Bahia dal 1970 al 1991. Si è poi pensionata. Si dedica alla consulenza per conto di alcuni municipi all’interno dello stato bahiano, allo svi-luppo di progetti nell’area educativa della stessa Università e parteci-pa ad alcuni programmi del Ministero dell’Educazione. Di formazione cattolica, è da sempre impegnata nel servizio delle comunità carenti in Salvador. Nel 2003 conosce Mons. Guido Zendron nella Parrocchia di Cristo Redentor e dal 2004 ha iniziato a contribuire alle opere della sua parrocchia. Ha assunto la Presidenza dell’Associazione Alecrim che conduce orientata da Mons. Guido.

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19Sybil and Norman Mac Donald [email protected]

Norman e Sybil arrivano in Zimbabwe nel 1970. Lui è intagliatore di diamanti e Direttore Generale della PG Timbers Harare. Sybil è impie-gata amministrativa ed ha sei figli dal precedente matrimonio: David, Patrick, Kevin, Noel Angelina e Tracey. Sono sposati dal 1976 e dedica-no le loro vite al lavoro missionario. Nel 1989 fondano il Centro AIDS di Mashambanzhuo e nel 1994 la casa Madre della Pace di Mutoko, dedicate alla cura dei bambini ammalati di AIDS. Dal 1998 dirigono la fattoria della Diocesi a Rothwell e organizzano il servizio di alimenta-zione di numerosi bambini in età scolare estremamente sottonutriti. In seguito devono abbandonare la fattoria perché minacciati di morte dai veterani di guerra. Nel 2002 assieme ad altri amici, fondano il Villaggio San Marcellino. Oggi ne curano la gestione.

Padre Bepi De Cillia [email protected]

Della congregazione dei saveriani, è impegnato da quarant’anni in Bu-rundi nella diffusione del messaggio cristiano di pace e riconciliazione tra Hutu e Tutsi. Vive ed opera nella capitale Bujumbura dove assieme ai suoi fratelli saveriani ha ormai ridato vita e speranza ai quartieri più poveri della città, spazzati via dagli scontri fratricidi iniziati nel 1994. Si è guadagnato la fama di “costruttore” presso le popolazioni locali, grazie alla sua operosità e determinazione nel costruire abitazioni per dare un tetto a sfollati e profughi, all’approvvigionamento di acqua po-tabile e alla costruzione di scuole e chiese come punto d’incontro e ag-gregazione della gente per il recupero di una socialità e civiltà perdute sotto i colpi dei fucili.

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20 Padre Bruno Ghiotto [email protected]

Vicentino e padre saveriano, nato nel 1935, padre Bruno viene inviato in Burundi nel 1971 e vi dedica la vita. Viene avviato come parrocchia-no in diverse località rurali all’interno del paese: a Kigwena, a Ruzo, a Gisanze e oggi opera a Bugwana. La conoscenza del kirundi e la lun-ga esperienza svolta in Burundi fanno di padre Bruno un amico della popolazione burundese, vicino con il cuore e con le sue opere. Padre Bruno infatti non cura solo la spiritualità della gente, bensì costruisce chiese, scuole, dispensari e tutto quello che serve per garantire la so-pravvivenza delle comunità nelle quali si reca. Nel 2008 l’Associazione Cuore Amico Fraternità di Brescia gli assegna il premio Cuore Amico per ringraziarlo della sua profonda testimonianza: “la missione non è potere ma servizio, umiltà, volontà di mettersi in gioco, gratuità”, tutte caratteristiche che padre Bruno esprime quotidianamente nel suo modo di essere.

Padre Claudio Marano [email protected]

Friulano e padre saveriano, dopo gli studi di pedagogia, teologia e lin-gua francese, viene mandato nel 1981 a Minago, nel sud del Burundi come parrocchiano. Espulso nel 1984, rientra in Italia dove collabora con la rivista Missione Oggi, con la Casa Editrice EMI e si impegna nella pastorale giovanile! Nel 1990 torna in Burundi su invito della Dio-cesi per occuparsi dei giovani della periferia di Bujumbura. Il progetto è molto impegnativo e costa due anni di studi e ricerche. Finalmente nel 1992 si assiste all’apertura del Centro Giovani Kamenge che, con lo scoppio appena due mesi dopo della guerra civile, si vede trasformare in un ospedale da campo. Solo al termine dell’emergenza umanitaria il Centro Giovani inizia le sue attività formative e diventa in breve tempo un punto di riferimento non solo per i giovani compresi tra i 16 ed i 30 anni, ma per tutta la popolazione dei Quartieri Nord. Nel 2002 Claudio ed i suoi 31.000 iscritti vincono il Premio Internazionale Right Live-lihood per il sostegno ed il coraggio dimostrati.

AMICI IN TERRA DI MISSIONE

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21Padre Filippo Mbonicimpaye [email protected]

È nato a Buyengero, ha seguito gli studi primari e secondari a Muzen-ga e Gitega, gli studi filosofici e teologici nei Seminari Maggiori di Bujumbura e Gitega. Da seminarista, durante le vacanze, frequentava la parrocchia dove ha avuto modo di conoscere i nostri amici Saveriani (Padre Ottorino Maule, Aldo Marchiol, Padre Lanaro Alberto, Maestri-ni Battista, Padre Modesto e Padre Mario) e toccare con mano il loro impegno in favore dei bambini. È stato ordinato prete nel 1999 ha ini-ziato il suo lavoro pastorale nella parrocchia di origine (Buyengero). Nel 2000 ha fondato l’Associazione ASENABU per aiutare i bambini orfani ed ammalati di AIDS e malaria. Dal 2003 al 2005 trascorre due anni di formazione e perfezionamento in Italia (Politecnico di Milano). Al suo ritorno è parroco di Minago nel sud del Burundi e da due anni è impegnato nell’organizzazione del clero cattolico.

Padre Ruben Antonio Macìas Sapién [email protected]

Nato a Guadalajara in Messico, padre Ruben scopre la sua vocazione al mondo religioso molto presto e sente subito la predisposizione dettata dall’offrirsi agli altri, di partire per terre lontane e bisognose. Terminati quindi gli studi di Teologia e Filosofia, diventa parrocchiano di Torréon per tre anni e si occupa di gruppi giovanili ad Arandas per altri due. Poi finalmente la congregazione gli affida il Burundi. Dopo un anno di studi del francese a Parigi, padre Ruben parte per Gisanze dove si occupa della comunità rurale sia da un punto di vista spirituale che di socializ-zazione e crescita intellettuale. Organizza incontri di catechismo con adulti e giovani e cerca di entrare nello spirito di ciascun burundese per spiegargli cosa sia il perdono. Dal 2005 lavora assieme a padre Bruno presso la comunità di Bugwana, terra lontana da tutti e apparentemente abbandonata da Dio. Lì padre Ruben insegna quotidianamente la spe-ranza e la fiducia nella vita.

AMICI IN TERRA DI MISSIONE

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22 Elisa Dossi scrive:

I nostri bambini sono soli. Vivono in strada. I loro genitori spesso sono morti di AIDS. I nostri bambini sono orfani per la vergogna della comunità che li ab-bandona. Indossano vestiti sformati, si cibano soltanto di riso e cavoli. I nostri bambini non hanno una casa, una scuola; vivono in baracche di lamiera e cartone.Hanno sorrisi veri, i nostri bambini. Anche i loro grandi occhi ridono e si fanno lucenti, quando sono felici. È il sorriso delle persone semplici, che gioiscono di cuore. È il piacere di chi sa apprezzare le piccole cose: un bicchiere d’olio, un sacchetto di farina, un pugno di fagioli, quaderni e penne per la scuola, delle scarpe, qualche vestito.Piccole grandi cose. Lo stendere la mano verso coloro che si curvano sotto il peso delle ingiustizie, le piccole grandi ingiustizie casalinghe che sono le conse-guenze delle grandi ingiustizie sociali. Nello Zimbabwe è in atto un genocidio silenzioso. I neonati, abbando-nati al bordo delle strade da madri poverissime e disperate, vengono divorati da cani randagi e iene. I malati vengono respinti alla porta degli ospedali pubblici se non pagano somme esorbitanti. I bambini svengo-no sui banchi di scuola per la fame.In Congo, i bambini di strada si sostengono grazie alla microcrimina-lità, sniffando colla per soffocare i morsi della fame. Accanto a loro transitano indisturbati gli ultimi modelli di fuori strada prodotti dalle migliori case automobilistiche del mondo.A questi piccoli, ai loro sorrisi pieni di fiducia è dedicato il sostegno a distanza in Zimbabwe, Burundi, Congo, Brasile.Doniamo ai nostri bambini un sogno. Teniamo viva la speranza di cui brillano i loro occhi quando sorridono.

IL SOSTEGNO A DISTANZA

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23Che cos’è

Il sostegno a distanza è una forma di solidarietà che consiste in un con-tributo finanziario stabile e continuativo destinato ad un “beneficiario” ben identificato, un determinato bambino o ragazzo che in qualche Pae-se del mondo ha bisogno di cibo, medicine, scuola. Senza strapparlo alla sua terra, rispettando la sua cultura e anzitutto salvaguardando la sua dignità di persona umana, con il sostegno a distanza si può fare molto per lui. Si tratta di una scelta semplice ma seria, perché lo spirito del sostegno a distanza presuppone l’intenzione di mantenere il proprio impegno almeno per qualche anno. Il sostegno a distanza può essere sottoscritto da singole persone, famiglie, gruppi di amici, ma anche da scolaresche, aziende o amministrazioni locali, dando a tanti bambini la possibilità di un futuro migliore. Il sostegno a distanza consiste quindi in un aiuto materiale che contribuisce a migliorare le condizioni di vita di un bambino o ragazzo. Ma cibo, casa, salute, istruzione, aiutano la persona se vogliono dire anche sicurezza, amore, appartenenza, autosti-ma. Per questo, insieme agli aiuti materiali, garantiamo la presenza di persone che accompagnano il bambino nel suo percorso, persone che hanno a cuore soprattutto il bene di ogni bambino, la sua crescita per-sonale e umana.

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24 Come è organizzato:

Gli interventi di sostegno a distanza sono coordinati sul posto diretta-mente da responsabili di nostra fiducia. La qualità dell’intervento è data principalmente dalla responsabilità di chi opera sul posto, individua i bisogni e gestisce gli aiuti.L’Associazione Amici sen. G. Spagnolli riceve i contributi dei soste-nitori e li versa con cadenza trimestrale ai coordinatori locali. Sono i coordinatori locali che stabiliscono come utilizzare i fondi a seconda del progetto e della situazione dei bambini e ragazzi destinatari dell’in-tervento. Può avvenire che, per cause che non dipendono dalla nostra volontà, ad esempio un cambiamento della situazione personale del bambino (il caso più frequente è il trasferimento in una località lontana) o della situazione del paese o della città in cui vive, non siamo in grado di con-tinuare il sostegno del bambino affidato. Se ciò accade, il sostenitore ne viene informato appena possibile, con la proposta di continuare il proprio gesto di aiuto a favore di un altro bambino bisognoso.Al momento dell’adesione il sostenitore riceve la documentazione ini-ziale sul bambino e sull’ambiente in cui vive. Il bambino sostenuto ha così da subito un volto e un nome preciso. In qualche modo, possiamo dire che avviene un incontro.

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25Le persone che sul posto si occupano di lui si impegnano a far pervenire due volte all’anno notizie che lo riguardano: una letterina, un disegno, un aggiornamento sul suo andamento scolastico o sulla sua situazione familiare. Gli scritti saranno spesso brevi e semplici.I nostri coordinatori ci assicurano che per loro è già un grande sforzo – ma anche una grande soddisfazione – poter inviare queste comunica-zioni. Si chiede comunque comprensione, perché non è sempre possibile es-sere puntuali. I piccoli ostacoli che possono determinare il ritardo sono davvero di ogni tipo.

Come diventare sostenitore a distanza Chi desidera sottoscrivere un sostegno a distanza può farlo compilando l’apposito modulo di adesione presente sul nostro sito web.

Come pagare la quota

La quota può essere versata periodicamente scegliendo una tra le se-guenti due possibilità:

Annuale:Da versare entro il 31 gennaio dell’anno considerato

Trimestrale:quattro versamenti da versare entro la prima settimana del primo mese del trimestre considerato. L’anno è stato suddiviso in quattro trimestri (1°, 2° 3° 4° trimestre).La prima quota si intende relativa all’intero trimestre in corso.Il versamento va effettuato presso la Cassa Rurale di IseraIT96 N081 0734 9000 0000 0006 267

Si suggerisce come forma di pagamento di utilizzare l’ordine di paga-mento continuativo rinnovato di anno in anno e di specificare in modo completo nella causale il centro di accoglienza ed il nome del bambino. Ad es. Villaggio San Marcellino – Munyaradzi Moyo.

Coordinatrice del servizio: Pia Rosa Vaccari [email protected]

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26 Dove sono i nostri bambini

Zimbabwe:

Harare: Villaggio San Marcellino (vedi opere in Zimbabwe pag. 40) La quota trimestrale è di € 105,00 e la quota annuale annuale

è di € 420. Mantiene i contatti con il Villaggio e con le famiglie: Elsa Torresani [email protected]: Asilo Svinurai (vedi opere in Zimbabwe pag. 43) La quota trimestrale è di € 70 e la quota annuale è di € 280. Mantiene i contatti con l’Asilo e con le famiglie: Silvana Giarolli [email protected]

Burundi:

Ngozi: Centro di Accoglienza “GIRITEKA” - (vedi opere in Bu-rundi pag. 59)

Quote annuali • Per un bambino residente al “Centro Giriteka” € 300,00 • Per un bambino non residente al “Centro Giriteka” € 250,00 Borsa di studio • Media superiore € 350,00 • Università € 700,00 Mantiene i contatti con Giriteka e le famiglie: Claudia Diener [email protected]

Buyengero: ASENABU “Associazione per il sostegno del fanciullo non accompagnato di Buyengero e Burambi” (vedi opere in Burundi pag. 60)

La quota trimestrale è di € 70 e la quota annuale è di € 280. Mantiene i contatti con padre Filippo e le famiglie: Sabrina Monti [email protected]

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27Congo:

Lubumbashi: Scuola- Collegio “Le Balù” – (vedi opere in Congo pag. 66)

Per i bambini esterni le borse di studio sono di € 300,00 al-l’anno.

Per i bambini interni (orfani e portatori di handicap che vivo-no nel collegio) la borsa di studio e la retta del convitto è di € 420,00 all’anno.

Mantengono i contatti con la Scuola “Le Balù” e le fami-glie:

Josephine Tomasi [email protected] Giovanna Angelini [email protected] Giampaolo Rella [email protected].

Brasile:

Salvador Bahia: Centro Comunitario Padre Mario Veronesi – (vedi opere – Brasile pag. 77)

La quota trimestrale è di € 75,00 La quota annuale è di € 300. Mantiene i contatti con il Centro e con le famiglie: Cristina Garniga [email protected]

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Paese in agonia

Lo Zimbabwe ha circa 12 milioni di abitanti in un area di 390.760 kmq. L’80% delle famiglie vive in povertà assoluta (meno di un dollaro USA al giorno di reddito) d affronta da anni una pesante recessione economi-ca e una grave crisi politica.Sotto il profilo sanitario il Paese si colloca al 130° posto nel mondo, con un indice elevato di mortalità materno-infantile e di bambini sottopeso alla nascita, alta incidenza di tubercolosi e malaria ed emergenza al massimo livello a causa della pandemia di HIV.Lo Zimbabwe, come molti paesi africani, non deve combattere so-lamente con epidemie e carestie. Uno dei problemi più grossi che la popolazione deve affrontare è, purtroppo, il suo stesso governo: irre-sponsabilità politica, cura degli interessi personali a discapito della res pubblica, miopia nella progettazione del futuro di una Nazione, pesano sulle possibilità di sviluppo ed acuiscono ogni genere di difficoltà a tutti i livelli della vita sociale ed economica. Dopo il periodo coloniale in-glese, la Rhodesia cambia nome e diviene Zimbabwe. Nel 1980 Robert Mugabe diviene presidente di quello che era considerato uno dei paesi più ricchi dell’Africa meridionale. Inizialmente si dichiarò “erede del gioiello d’Africa” e promise di mantenerlo tale: favorì la costruzione di quattro aeroporti, strade asfaltate ed un sistema scolastico di qualità aperto a tutti. Da allora le cose sono molto cambiate, dal 1997 l’econo-mia del Paese si è trasformata da quella che cresceva più in fretta nel continente africano, a quella che si contrae più rapidamente oggi. Un tempo esportatore di risorse agrarie, alimentari e tessili, ora esporta solo i suoi pensatori e professionisti più validi, che fuggono verso paesi più

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29liberi ed ospitali. La responsabilità di questo radicale cambio di direzio-ne è da ricercare nel presidente dello Zimbabwe.

Massimo Alberizzi scrive

Tutti milionari in Zimbabwe.

La banca centrale del Paese ha messo in circolazione tre nuove banco-note: 10 milioni di zim dollars, i dollari locali, la più alta al mondo, 5 milioni e un milione. Un record, ma solo nominale. Infatti il valore rea-le è di 3,3 euro circa. Così è stato risolto un grande problema: ora non si deve più uscire di casa con la valigia carica di banconote per andare a fare la spesa. Finora il taglio più grosso era da 200 mila. Una vera fatica entrare in un ristorante e alla fine della cena pagare un conto di 53 milioni con quei biglietti. Significava posare il malloppo sul tavolo e mettersi a contare le banconote sotto lo sguardo divertito e sorridente del cameriere, costretto poi a ricontare il tutto per evitare errori.

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30 Usando la carta di credito quel conto sarebbe stato sottoposto al cambio ufficiale (1 dollaro americano, 30 mila zim) e quei 53 milioni zim sarebbero diventati 1766 dollari, cioè 1261 euro. Un po’ cara quella cena. La stessa Rebecca, che ad Harare, la capitale dello Zimbabwe, ti accoglie alla reception dell’Hotel Meikles, una volta uno dei più presti-giosi di tutta l’Africa, mette in guardia: “Paga con carta di credito solo il soggiorno, perché è già espresso in dollari. Per il resto usa contanti, altrimenti sei fregato”, invita divertita. E così la cena da 53 milioni, gra-zie al cambio nero (1 dollaro un milione e mezzo di zim) viene a costare 35 dollari. Un sollievo. Lo Zimbabwe, una volta il Paese dell’Africa nera più sviluppato dopo il Sudafrica, sta precipitando nel baratro. In-flazione alle stelle. Un documento del Fondo Monetario Internazionale parla del 150 mila per cento, lo stesso tasso raggiunto in Germania dalla repubblica di Weimar negli anni ’20 dello scorso secolo. Un dollaro che al mercato nero un anno fa valeva 3 mila zim, oggi vale 5 milioni.

La disoccupazione è all’80 per cento.I generi alimentari di prima necessità (pane, latte, uova) sono introva-bili, i salari perdono in continuazione di valore e, ovviamente, i prezzi volano. Chi fa la spesa in un supermercato deve correre. Se prende su uno scaffale una bottiglia di birra per un euro e mezzo, quando arriva alla cassa, se non si sbriga, la paga almeno 1,7. E deve nascondere il disappunto. In quello che era considerato il granaio di tutta l’Africa ora si muore di fame. Al supermercato Spar di Victoria Falls gli scaffali sono desolatamente vuoti. “Non si trova più neanche il latte per il bam-bini e non c’è sapone”, racconta Charles, uno dei numerosi autisti che porta in giro i rari turisti attratti da una delle meraviglie del mondo, le cascate Vittoria sullo Zambesi. Ovvio che anche la benzina scarseggi e viene venduta al mercato nero al doppio o al triplo del prezzo ufficiale, 80 centesimi di euro. In compenso gli scaffali di alcolici, dalla vodka al whisky, dalla birra al vino sono stracolmi. “Vengono prodotti qui”, spie-ga Rick, uno dei commessi che alla Spar bighellona tra i corridoi per controllare i rari clienti. Infatti sul meraviglioso ponte costruito alla fine del ‘800 sulle gole dello Zambesi, attraverso il quale si passa il confine con lo Zambia e sotto cui scivola l’acqua dopo le cascate, si incontrano decine di persone alla guida di carretti carichi di casse di liquori: “Di là, spiega Mary – una donna nerboruta che trascina due enormi borse piene di bottiglie – l’alcool costa molto e così glielo portiamo noi a prezzi più limitati”. E voi cosa portate in Zimbabwe? La risposta è secca, dura e anche un po’ polemica: “Pane”.

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31Il vecchio dittatore Robert Mugabe, 85 anni al potere da 28, non vuole ficcanaso e così per entrare nel Paese i giornalisti sono costretti a mentire le proprie spoglie ed entrare con un visto turistico. Nel giugno scorso il governo ha deciso di bloccare i prezzi. Per il bene della po-polazione? “No di certo – spiega Nelson, il commesso di una catena di grandi magazzini sudafricana –. Un bel giorno sono entrati i funzionari e hanno guardato sugli scaffali. ‘Cosa costano queste scarpe? 10 mi-lioni? Mettete la targhetta un milione’. Subito dopo sono arrivati i loro amici, parenti e familiari che hanno spazzato via tutto con quei prezzi ridotti a niente. Ho venduto un televisore da 80 milioni di zim dollars per due milioni”. In questo panorama desolante i quotidiani, controllati dallo stato, hanno titoli grotteschi: “Tutto va bene”, “Il paese sta uscen-do dalla crisi”, “Distribuiti trattori e sementi ai contadini, rifiorisce la produzione”. Non raccontano che chi ha ricevuto i doni se li è andati subito a rivendere. “I semi produrranno più in là. Noi dobbiamo man-giare ora”, si sfoga Martha, un figlio tenuto per mano e l’altro attaccato sulla schiena. Rincara la dose Sam Levy, commesso in un centro com-merciale. “Con il mio stipendio, che è buono, non riesco ad arrivare alla fine del mese. Non pago l’affitto dall’anno scorso, ma il padrone di casa non mi butta fuori”.

Nelle banche non c’è denaro, nessuno infatti vuol depositare. Davanti agli istituti di credito file di clienti sono in attesa che qualcu-no depositi il contante per poterlo ritirare. Dove finiscono i contanti nessuno lo sa bene. Certo è che in giro non ce ne sono. Tony Hawkins, professore di economia all’università di Harare, spiega che proprio la mancanza di contanti ha costretto il governo a lanciare i tagli altissimi.

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32 “Attenzione – fa notare mostrando un biglietto – non sono banconote, ma assegni al portatore, con una scadenza ben precisa. Il governo non fa niente per fermare l’inflazione; nessun provvedimento strutturale. Continua solo a stampare denaro.” La catastrofe è cominciata quando il governo ha deciso di ridistribuire le ricche terre di proprietà dei coloni bianchi ai neri. Un provvedimento che era stato concordato con la Gran Bretagna al momento della decolonizzazione. Londra doveva pagare i risarcimenti. Cosa che ha fatto fino a un certo punto. Quando Tony Blair, allora premier, si è accorto che le terre non andavano ai contadini ma ai dignitari del regime, ai dirigenti del partito di Robert Mugabe, lo Zanu-pf (Zimbabwe African National Union – Patriotic Front), ai militari, ai veterani della guerra contro il regime dei colonialisti bianchi e, insomma, a un pugno di amici, tutta gente che non sapeva cosa fosse una zappa o un aratro, ha denunciato l’accordo e ha detto: “Non pago più”. Mugabe ha reagito con gli espropri forzati ma i nuovi padroni non hanno saputo far fruttare le terre: il Paese è così collassato. Si pensi solo che i capi di bestiame nel 2000 erano 4 milioni: oggi sono ridotti a 80 mila. Un vero disastro di cui, finora non si vede la fine. Attenzione. Quando leggerete quest’articolo l’inflazione avrà già fatto lievitare i tassi e quindi tutte le cifre espresse qui sopra andrebbero ricalcolate.

Massimo A. Alberizzi Corsera, 20 gennaio 2008

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33Un amico in piùper fermare l’Aids in Zimbabwe!

“salvando una mamma, si salvano dieci bambini ““salvando le mamme, si salvano la famiglia e la società africana”

“…Ricordo ancora, come fosse ieri, l’agonia prolungata del piccolo Bruce, un bambino buono e paziente, che la “Malattia” aveva gradual-mente ridotto ad un tronco sofferente e contorto a causa delle neuro-patie periferiche e, in ultimo, anche dalla meningoencefalite fungina: malattie opportunistiche degli immunodepressi che causano atroci do-lori portando lentamente alla morte. Ricordo ancora come fosse ieri i suoi occhioni spalancati quasi a chiedere “perché?” e “aiutami!”. Con le Infermiere l’avevamo chiamato “Eyes” cioè “Occhi”, perchè i suoi occhioni,verso la fine, erano rimasti la sua unica forma di movimento, di espressione e di comunicazione.(Carlo Spagnolli da “L’arcobaleno di Tapiwa”).

Queste erano riflessioni dolorose sull’impotenza clinica prima che venissero scoperti e messi a disposizione i Farmaci Antiretrovirali. Oggi infatti la medicina ha fatto enormi passi avanti affinché la proliferazione del virus possa essere arrestata, contribuendo a sal-vare le persone malate da una morte certa fatta di sofferenze e ga-rantendo loro una vita “normale” da malato cronico, un po’ come succede per i diabetici. Tutto questo grazie ad una cura farmacolo-gica costante e ad un programma alimentare complementare.

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34 La gratitudine di Carlo Spagnolli

Carissimi amici,

sono tanto grato e commosso per la vostra magnifica risposta alla pro-posta fattavi dai nostri amici del GRUPPO POLI REGINA, tramite il concorso DupliCarD Collection, al fine di raccogliere fondi per l’ac-quisto di farmaci per i nostri Programmi di cura antiretrovirale contro l’AIDS che, grazie a voi, si stanno di anno in anno ampliando!Dal 2002 ad oggi siamo arrivati ad avere in terapia 1844 Malati di HIV-AIDS, la maggior parte donne e bambini, nel quadro della campagna prioritaria: “Salvando una Mamma si salvano 10 Bambini”.Purtroppo la situazione dello Zimbabwe si è aggravata oltre misura, sia-mo ormai in piena catastrofe sociale e sanitaria. Manca quasi del tutto il cibo (5 milioni di persone su 9 rimaste nel Paese dipendono esclusi-vamente dagli aiuti internazionali per mangiare), mancano i medicinali in tutti gli ospedali governativi e in molti di quelli religiosi, i servizi ospedalieri sono scarsissimi di personale, fuggito all’estero per soprav-vivere. È ormai comune, nelle città, che durante le soste il mio furgone con la Croce Rossa bene in vista venga avvicinato da malati disperati con prescrizioni mediche in mano, impossibilitati a trovare le medicine di base (antibiotici, analgesici) negli ospedali che li dimettono senza cure e senza speranza di acquistarle nelle farmacie private dove una settimana di Amoxicillina-Ibuprofene costa 100 volte il salario men-sile di un’infermiera professionale… Non si erano mai viste scene del genere in Zimbabwe, anche l’Arcivescovo di Harare con cui ho parlato a lungo della situazione poco tempo fa mi ha confermato che la gente è ormai disperata, impaurita, rassegnata a morire se qualcuno da fuori non la aiuta!Più di 3 milioni di cittadini sono fuggiti all’estero per trovare lavoro o sfuggire alla fame o alle persecuzioni politiche e per cercare di mante-nere in vita i familiari quaggiù con le loro rimesse. Il denaro non vale più nulla. Per pagare in contanti ci vogliono valige di banconote, nelle banche non c’è contante ed il mercato nero della valuta estera è diven-tato una delle piaghe peggiori; per non parlare del cibo e del carburante: tutti proventi di ricchezza illegale per la ristretta Elite dominante.Senza esagerare, abbiamo tutti i giorni sotto gli occhi la parabola di Lazzaro e del ricco Epulone. Da una parte, neanche un pasto al giorno; dall’altra, automobili di lusso e nuove ville faraoniche, ostentate come

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35simbolo di potere e stato sociale! 6000 famiglie potentissime dissan-guano e affamano il Paese. Quasi nessuno lavora più perchè lo stipen-dio mensile copre soltanto il costo per un giorno del trasporto con mezzi pubblici da casa al centro città!L’epidemia di HIV-AIDS e la denutrizione-malnutrizione hanno fatto scendere l’aspettativa di vita a 36 anni per gli uomini e a 32 per le donne (da 62 e 58 solo dieci anni fa). Mai viste negli ultimi 50 anni, sono ricomparse negli ospedali piaghe storiche come il kwashiorkhor (denutrizione proteica) e la cachessia (denutrizione totale), soprattutto nei bambini e nei malati di AIDS.In questo panorama disperato, grazie al vostro aiuto, noi medici missio-nari possiamo essere per migliaia di persone il segno della fratellanza e la luce della speranza in attesa che tempi migliori possano venire anche per questo Paese. Donare un farmaco a chi ne è privo è un grande gesto d’amore che leni-sce la sofferenza e può salvare la vita a tante mamme, bambini e malati, arricchendo di certo la nostra vita di umanità e gioia…..Continuiamo tutti assieme a diffondere gioia, speranza ed amore!Con profonda gratitudine, vi abbraccio e auguro ogni bene a voi e alle vostre famiglie.

dott. .Carlo SpagnolliFiduciario Ass. Amici Sen. Spagnolli-Onlus

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Un amico in più per fermare l’AIDSin Zimbabwe

È un progetto umanitario che il Gruppo POLI REGINA e la nostra As-sociazione realizzano assieme con la finalità di finanziare l’acquisto di farmaci antiretrovirali per le mamme ed i bambini ammalati di AIDS conclamato in cura nei tre Centri RBO dei quali è responsabile il dottor Carlo Spagnolli! Per ogni donazione di 500 punti del catalogo Dupli-carD Collection saranno devoluti € 13,00 alla nostra Associazione!

Nell’edizione del Concorso DuplicarD Collection 2008/2009 sono state fatte 16.428 donazioni per un valore di € 213.564. Circa 1500 mamme e bambini, ammalati di AIDS conclamato, sono in cura re-trovirale da più di 3 anni grazie ai mezzi finanziari generati dal progetto.

La tragedia in Zimbabwe

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Il miracolo in Zimbabwe

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38 Sostegno farmacologico contro le malattie opportunistiche dell’AIDS.

L’emergenza AIDS in Zimbabwe è al massimo livello. Proprio per la gravità della situazione, è molto importante sostenere i pochi centri so-cio-sanitari che si trovano in Zimbabwe e che costituiscono non solo un appoggio da un punto di vista sanitario, ma l’unica speranza di soprav-vivenza per molte madri infette senza le quali i bambini sono destinati al più triste abbandono.Il “CENTRO SPAGNOLLI”, attivo da cinque anni, cerca dunque di curare queste persone malate e di restituirle alla vita. Oltre che a fornire loro assistenza medica con le dovute terapie, si occuperà anche della formazione professionale. È già operativa infatti la Scuola di Qualifi-cazione Professionale della donna (economia domestica) che preparerà l’inserimento delle mamme nel mondo del lavoro.Il CENTRO collabora strettamente con altre infrastrutture socio-sa-nitarie presenti nel Paese, quali il GUIDOTTI HOSPITAL a Mutoko, il ST. MICHAEL HOSPITAL a Ngezi e la NYAMAYARO CLINIC a Chinhoyi, venendo così a costituire un’ampia rete sanitaria che copre una buona fetta dello Zimbabwe.È risaputo che il virus HIV agisce in maniera drastica sul sistema immu-nitario abbassandone le difese. Proprio per questo il malato è più esposto a numerose malattie opportunistiche (quali: la polmonite da Pneumo-cistis carinii, la meningite da Criptococco, le neuropatie periferiche, le diarree croniche, la candidiasi disseminata, le dermatofitosi, le micosi, le tubercolosi, le infezioni in genere, le algie acute, il sarcoma di Kaposi e altre ancora), che devono essere necessariamente curate prima della somministrazione della terapia del Programma PMTCT PLUS. Solo in questo modo la terapia antiretrovirale può essere veramente efficace. Proprio per aiutare il CENTRO SPAGNOLLI e le altre infrastrutture socio-sanitarie ad offrire ai pazienti dello Zimbabwe questo “antidoto contro la morte certa”, l’ASSOCIAZIONE sostiene finanziariamente le spese per i medicinali curativi delle principali malattie opportunistiche presenti nei malati che accedono ai centri sopra nominati.Nella tragica realtà di questo paese, dove l’AIDS miete quotidianamen-te molte vittime, l’importanza di questi programmi risalta ancor di più se si considera che spesso le mamme che muoiono di AIDS lasciano dietro di sé non solo i propri figli, ma anche quelli di sorelle e fratelli precedentemente morti di AIDS che esse accudivano. Quindi curando

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39una mamma si salvano spesso da cinque a dieci bambini. Il beneficio di questo complesso di terapie non è solo familiare, ma anche sociale. L’effetto più importante che è stato notato dal 2002, anno in cui questa serie di terapie è stata introdotta, è stato quello della trasformazione culturale del modo di rapportarsi dei pazienti e delle loro famiglie alla malattia. La disponibilità dei farmaci efficaci ha rotto il ghiaccio para-lizzante della negazione della malattia, provocato sia dalla vergogna a dichiararsi sieropositivo, sia dal terrore della morte certa. Ciò a riprova del fatto che, anche in Africa, non si possono più proporre programmi di sola educazione sanitaria e di prevenzione dell’AIDS, a meno che non si rendano disponibili al tempo stesso le terapie! Malati di AIDS che sanno di non dover più morire di morte certa e atroce, diventano molto più disponibili anche a cambiamenti di comportamento e di con-cezione della vita.

Sostenuto con il contributo della Provincia Autonoma di Trento.

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40 Harare: Il Villaggio San Marcellino – Harare

Sono 74 i bambini attualmente nel Villaggio. Il Villaggio, organizzato sul modello dei più conosciuti Villaggio SOS, ha come primo obbietti-vo quello di offrire sostegno a questi bambini fornendo loro le risorse necessarie alla crescita fisica, spirituale e professionale per diventare cittadini responsabili ed onesti dello Zimbabwe.Il Villaggio “San Marcellino”sorge su un’area di 3 ettari circa, denomi-nata lotto 366 blocco B in via Falcon Road, 77 HATFIELD HARARENell’area sono compresi:• una casa principale costituita di 5 camere da letto, 3 bagni, soggior-

no, sala da pranzo, cucina, ufficio. • quattro case-famiglia.• un Asilo.• un terreno di tre ettari per coltivazione di ortaggi e verdura e l’alle-

vamento di pollame e conigli.La Casa Famiglia-tipo ha una capacità di alloggio per 22 bambini. Ogni Casa avrà come Staff una Mamma con le sue aiutanti.La casa principale con il terreno annesso è stata acquistata con i fondi messi a disposizione dai Fratelli Maristi di Roma e della Lifeline Do-lomites di Pozza di Fassa. Le restanti costruzioni (case-famiglia, asilo) e l’acquisto del terreno adiacente sono stati finanziati dalla nostra As-sociazione. La costruzione delle quattro case famiglia ha goduto dei benefici di un congruo contributo della Provincia Autonoma di Trento per la solidarietà internazionale.

L’impegno della nostra Associazione prevede:• Il coordinamento del servizio sostegno a distanza (vedi sostegno

a distanza pag. 22);• Il sostegno per il mantenimento del personale del Villaggio• L’invio di alimenti, vestiario e beni di prima necessità via con-

tainer.

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41Harare: Centro sanitario e sociale di promo-zione della donna e del bambino “Giovanni Spagnolli” – Harare.

Il “Centro Spagnolli” e le infrastrutture socio-sanitarie ad esso connesse curano e offrono terapia e assistenza gratuita ai malati di AIDS, soprat-tutto alle donne e ai bambini. Dispone di una area di circa 15mila metri quadrati, la sede è stata acquistata con i fondi messi a disposizione della Associazione “Roberto Bazzoni-onlus” (RBO) di Milano ed è ristruttu-rata con i fondi nostri e dell’Associazione Lifeline Dolomites. In particolare permette la realizzazione delle seguenti attività socio-sa-nitarie:• Terapia antiretrovirale gratuita della mamme e dei bambini malati di

AIDS (PMTCT Plus);• Promozione della donna mediante Scuola di Qualificazione Profes-

sionale: economia domestica, informatica ecc…• Assistenza ai bambini di strada (mensa, attività educative e di inte-

grazione);• Riabilitazione funzionale dei disabili;• Assistenza clinica ai bambini del Villaggio S. Marcellino di Hara-

re;• Possibile foresteria per amici e sostenitori.Il rapido estendersi dei programmi di terapia antiretrovirale ha richiesto delle urgenti opere di ampliamento. Attualmente, grazie ai fondi messi a disposizione dalla RBO, sono infatti in costruzione tre nuovi padi-glioni che saranno riservati alla Scuola di Qualificazione Professionale (Taglio e Cucito), al Laboratorio di analisi cliniche ed alla residenza per il medico.

L’Associazione attende di volta in volta alle necessità comunicate dal dottor Carlo Spagnolli, in particolare provvede:• al sostegno della piccola attività di artigianato delle mamme

(vendita dei prodotti); • alla fornitura dei farmaci contro le malattie opportunistiche

AIDS;• alla fornitura dei farmaci antiretrovirali (acquistati con i fondi

del GRUPPO POLI REGINA); • all’invio di alimenti, beni di prima necessità e di attrezzatura

medico-sanitaria.

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42 Sostegno Logistico dottor Carlo Spagnolli

Il sorgere di numerose opere dislocate in luoghi distanti comporta il sostenimento di una serie di spese necessarie alla loro organizzazione (carburanti, manutenzione veicoli, telefonia, internet, cancelleria, at-trezzatura per ufficio – computer e stampanti - spese postali, pratiche burocratiche per import di beni essenziali), il cui costo mensile ammon-ta a € 1.000,00.

Chinhoyi: Opere di Suor Giovanna

Assistenza a 35 famiglie povere che hanno a carico dai 3 ai 12 orfani. Assistenza che ora non si limita a un supplemento di cibo ma anche all’assistenza medica perchè le famiglie non possono far fronte alle ta-riffe richieste dalle cliniche e dalle farmacie. In media ogni famiglia, dalle 6 alle 14 bocche da sfamare, costa US$ 36 al mese per sostenere le spese per il cibo, medicinali, ospedali e clini-che, coperte, tasse scolastiche, aiuti di emergenza e funerali.

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43Kariba: Scuola Materna Svinurai

SVINURAI, una parola shona, significa “apri gli occhi”, ed è questo l’obietti-vo della attività didattica che mira allo sviluppo della personalità del bambino in tutti i suoi aspetti: fisico, cognitivo, sociale e morale, creativo, emozionale e dello stato di salute. È un viaggio di tre anni, ma molti di essi sono seguiti fino al termine delle scuole medie, perchè sono orfani. Alla scuola SVINURAI ci sono 150 bambini (dai 3 ai 10 anni). Molti sono orfani, alcuni di entrambi genitori e vivono con i nonni, zii o zie; alcuni hanno entrambi i genitori malati e senza possibilità di un reale trattamento.I bambini vanno a scuola da lunedì a venerdì, dalle 7.30 alle 16.00 e sono divisi in 4 classi a seconda dell’età.Il programma di un anno è diviso in 3 trimestri. L’ultimo giorno del secon-do trimestre è il “giorno dello sport”: essi mostrano alle loro famiglie cosa sono capaci di fare (una giornata che richiede molta preparazione). L’anno si chiude con la cerimonia finale.. Il numero di orfani di un genitore, di entrambi i genitori, o con i parenti molto malati, aumenta in maniera drammatica; per questo motivo vengono assistiti i bambini a seconda dei loro bisogni, per esempio: tasse scolasti-che, divise, cibo, medicine, vestiti. L’obiettivo è quello di accompagnare i bambini fino al completamento del-la scuola media, in modo che sarà più facile per loro trovare un lavoro tramite il quale possano costruire il loro futuro, che è quello del Paese.L’asilo è gestito dalle Suore di Maria Bambina.Le Suore di Maria Bambina arrivarono a Kariba, nella diocesi di Chinhoyi, Zimbabwe, il 18 Agosto 1959, con lo specifico compito di “assistere nel loro viaggio spirituale gli italiani impegnati nella costruzione della diga di Kariba”.Quando la costruzione della diga terminò, esse decisero di rimanere per assistere la popolazione locale attraverso la promozione delle donne, isti-tuendo così un centro sociale per insegnare a cucire, cucinare, ricamare.Pronte “per andare dove il bisogno è grande ed urgente”, 40 anni dopo, con la “scuola materna SVINURAI”, le Suore di Maria Bambina rispondono al bisogno della loro gente, concentrando l’attenzione sull’educazione dei più piccoli, non considerati o valutati importanti.La comunità di Kariba è costituita da quattro suore (una indiana, una argen-tina, una maltese e una italiana).

L’Associazione coordina il sostegno a distanza (pag. 22).

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44 Emergenza Carestia

Lo Zimbabwe, nell’ ex granaio d’Africa, l’unica speranza è il treno degli aiuti. Un Paese fino a otto anni fa florido, ora rischia di essere distrutto dalla corruzione e dalla carestia. Il supermercato nel centro di Harare è misero. Molti banchi sono vuoti. Non c’è zucchero, non c’è farina, manca il latte. Nel frigorifero della carne quattro pezzi sembrano in stato di avanzata decomposizione. I prezzi, al contrario, sono altissi-mi. Un chilo di pomodori raggrinziti poco più di 2 euro!… Il presidente, violando la costituzione, ha sottratto i latifondi ai bianchi che con 3500 fattorie controllavano il 78 per cento delle terre coltivabili. Una rifor-ma forse comprensibile sul piano della giustizia sociale ma adottata con voracità, violando i diritti umani e nel segno della corruzione più sfrenata. I possidenti, cacciati con prepotenza, non sono stati risarciti e le campagne confiscate sono finite in mano a notabili del regime che le hanno occupate ma non coltivate: non sanno neppure come si fa. L’an-no scorso erano state prodotte 330 mila tonnellate di grano. Quest’anno il raccolto scenderà a 120 mila a causa degli espropri. In Zimbabwe la carestia non è dunque solo un’emergenza umanitaria ma un disastro politico esplosivo! (Massimo Alberizzi, Corriere della Sera)“questo è un Paese dove gli alunni delle Scuole svengono tutti giorni in Classe a centinaia, per ipoglicemia da fame! E dove la mortalità dei pazienti di Aids si sta rapidamente elevando proprio a causa della mal-nutrizione e iponutrizione….” (Carlo Spagnolli)

Per cercare di rispondere alle necessità alimentari a Mutoko degli am-malati e dello staff dell’Ospedale Luisa Guidotti, del personale docente e discente della Scuola-Convitto per Infermiere Professionali annessa all’Ospedale, ad Harare del personale e dei bambini accolti nel Vil-laggio San Marcellino e dei bambini e delle mamme ammalate di AIDS del Centro di promozione della donna Giovanni Spagnoli e a Chinoyi e Kariba delle comunità di poveri assistite dalle Suore di Maria Bambina viene organizzato con regolarità la spedizione di sei container all’anno assieme all’Associazione Life Line Dolomites di Pozza di Fassa.

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45Emergenza farmaci

Il servizio farmaci è stato il primo nucleo operativo della nostra Asso-ciazione. Sotto la guida qualificata di due infermiere diplomate (Bruna e Donata) le nostre pharma-girls fin dal febbraio 2001 inviano farmaci nelle seguenti località in:Zimbabwe • Mutoko: Guidotti Hospital Mutoko • Harare: Villaggio S. Marcellino Comunità delle Suore di Maria Bambina Centro di Cura e Promozione Sociale sen. G. Spagnolli • Ngezi-Mhondoro: St. Michael’s Hospital • Chinhoyi: Comunità delle Suore di Maria Bambina e delle Suore di Nostra Signora d’Africa e i loro poveri beneficiati e assistiti Casa di Assistenza Sunningdale per anziani poveri • Kariba: Comunità delle Suore di Maria Bambina

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La speranza di un cambiamento reale

Il tanto atteso arrivo della democrazia nell’agosto del 2005 in Burundi ha aperto nuove prospettive al popolo burundese che ha visto sancire, almeno sulla carta, la fine della guerra. Gli Accordi di Arusha firmati nel 2000 e le elezioni democratiche avvenute sotto la supervisione del-l’ONU nel 2005 aprono ora un nuovo percorso: quello della responsa-bilità e del perdono. La grande bugia della differenza etnica che ha armato con macete e kalashnikov hutu e tutsi in una guerra civile fratricida durata più di 10 anni (1993 – 2003), esige ora un riscatto. Sono le 300.000 vittime di questo conflitto che gridano la necessità di cambiare rotta; sono i 2.000.000 di rifugiati che, rientrando nel loro paese dall’esilio, reclama-no il diritto di una nuova coabitazione pacifica; sono i giovani rimasti (più del 50% della popolazione burundese di età inferiore ai 15 anni) che mostrano la loro stanchezza nei confronti della guerra e della vio-lenza. Il popolo burundese, oggi sicuramente più maturo e consapevole, vuole ricostruirsi, fuori e dentro. Se nella quotidianità dei 7.500.000 abitanti del Burundi questo cambiamento non è ancora tangibile, lo è sicuramente nei loro cuori in cui si è riacceso un barlume di speranza per un futuro migliore. La lunga guerra civile ha distrutto un Burundi che sapeva “arrangiarsi” con un’economia di sussistenza basata sull’agricoltura e con un siste-ma sociale che si prodigava a garantire istruzione e sanità alla maggior parte dei burundesi. La classe politica di questo paese ha sostenuto per troppi anni la diffusione di odio e oppressione per salvaguardare il cer-chio di grandi interessi internazionali illeciti impegnati a recuperare le

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47materie preziose della Repubblica Democratica del Congo. Si è delibe-ratamente dimenticata il proprio ruolo: quello di promuovere protezio-ne e regole civili per il popolo. Il vero dramma della guerra civile sono le sue conseguenze e le profonde cicatrici che ha lasciato: una totale perdita dell’identità burundese, paura e diffidenza tra le gente comune, là dove prima c’erano fiducia e solidarietà. La difficoltà più grande e il compito di tutti i volontari che operano in questa terra abbandonata a sé stessa, è proprio di ripristinare la fiducia tra gli esseri umani. Questo viene fatto principalmente sostenendo la popolazione in un cammino di recupero della propria storia e cultura attraverso l’istruzione, il dialogo e l’appoggio in quelli che sono i suoi bisogni primari. Ricordiamo che il Burundi vanta tristemente un tasso di analfabetismo del 65% e di disoccupazione del 60%. Pochi sono i ragazzi che possono permettersi di andare a scuola e pochissimi coloro che riescono a sfruttare le proprie conoscenze in campo professionale. La mancanza di mezzi e di scelte politiche appropriate non lascia pos-sibilità di scelta alla gente, se non quella di morire di fame, di malaria, di HIV. L’insufficienza di infrastrutture socio-sanitarie e la mancanza di provvedimenti igienici adeguati impone un’età media di vita di soli 43 anni. È proprio nella solidarietà collettiva e nella speranza che la popolazione burundese oggi confida. Pronta a mettersi in gioco di fronte alla nuova democrazia, aspira ad un cambiamento radicale del paese dove i Diritti Fondamentali dell’Uomo possano finalmente divenire lo spunto per il Burundi del domani. I presupposti sono buoni: i cuori dei burundesi sono oggi aperti ad assumersi le proprie responsabilità, a guardarsi ne-gli occhi e dirsi pronti a ricominciare un viaggio di rilettura del passato e reinvenzione di un futuro di cui vogliono essere protagonisti.

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48 “NEL CUORE DEL CUORE D’AFRICA. Una nuova generazione per la riconciliazione in Burundi” dal libro di Elena Patoner

“La prima sera quando mi sono recata in ufficio per prendere confiden-za con quello che sarebbe diventato il mio posto di lavoro, verso le 21 e 30 ho sentito all’improvviso degli scoppiettii strani. Sembravano fuochi d’artificio. Ho cercato lo sguardo di padre Claudio che, prontamente, con quell’ironia che successivamente avrei fatto mia, mi ha detto: - Ti stanno dando il benvenuto! - Ci siamo alzati, da fuori li ho riconosciuti: erano spari di kalashnikov, di mitragliette e fucili. Ogni tanto qualche granata. La notte comincia ricordando alla gente più povera, con il coprifuoco, che la guerra non è ancora finita. Improvvisamente, con il calar del sole, le strade si svuotano e lasciano spazio solo alle persone armate e ai cani randagi. Prolungati e puntuali, quasi tutti i giorni, gli spari dei kalashnikov e delle granate che i militari e ribelli fanno tuonare a pochi chilometri da noi. I racconti sulla guerra che, giovani e adulti, spesso, condividono con me in francese, swahili o kirundi, passeggian-do per i rioni dei Quartieri Nord, sembrano descrivere un’altra città da quella che io vedo durante il giorno. Ascoltandoli, mi viene spesso in mente Roma: quando la visiti, le guide turistiche ti spiegano che la città moderna si erge su quella antica, perforata a tratti dai tunnel delle metropolitane. Nei Quartieri Nord succede la medesima cosa: si cam-mina su una città fantasma fatta di fosse comuni, di orrori commessi con i machete, di uccisioni di massa, di genitori e giovani deceduti vio-lentemente, delle macerie dei rioni. Di giorno, invece, la realtà appare piena di vita: variopinta, fatta di colori, chiacchiere, sorrisi, strette di mano, favori, ospitalità, visite, feste, musica e danze, fatta insomma di calore umano. Il giorno comincia presto nei Quartieri Nord: verso le 5 del mattino le strade brulicano già di donne che si recano nei lonta-ni campi, di bambini che si preparano per la scuola, di sorelle che si occupano dei fratellini piccoli, di biciclette stracariche che vanno al mercato, di uomini che si spostano per andare a intessere quel tessuto sociale fatto di relazioni e scambi che permette la sopravvivenza delle famiglie. Gente che parla, che si saluta, che grida, che si aiuta: tutto il giorno, tutti i giorni. Giornate trascorse con i 30.000 giovani iscritti del Centre Jeunes Kamenge e con tutte le persone dei quartieri coinvolte nei progetti a parlare di pace, riconciliazione, rispetto, tolleranza, coa-

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49bitazione pacifica, di collaborazione e solidarietà. Fino alle 18, quando cala il sole ed i giovani devono rientrate nelle loro case. Fino alle 20, quando il buio annuncia un altro buio, e lascia lo spazio alle gelosie, alla brama di potere, alla sete di vendetta, al dolore che si trasforma in violenza, alla fame che diventa aggressività, alla povertà che si tramu-ta in istinto di sopravvivenza. Ecco che cosa è il piccolo Burundi, il Paese del contrasto tra povertà e ricchezza, tra giorno e notte, ma anche il Paese dove la semplicità della gente ti rapisce e ti spinge solo ad amarlo. Vivere lì per sei mesi significa non solo interagire con i giovani, bensì creare delle profonde relazioni basate su un sincero interesse e una grande voglia di scambio. Imparando ad ascoltare ho dato ai giovani burundesi la possibilità di incrociare storie di vita, di pensieri e di emozioni, di sogni e di progetti, di speranze e di delusioni, di confrontarle e di mescolarle con le mie. A mia volta ho sviluppato, da un lato, la capacità di calarmi nel loro pun-to di vista per coglierne meglio il pensiero e i sentimenti, la cultura e la storia; dall’altro, ho ampliato un’attenta capacità di sentire me stessa, la mia empatia e le reazioni determinate da questi nuovi rapporti. Solo così è stato possibile far scattare quella molla che risveglia l’interesse ad analizzare, contribuire e collaborare alla soluzione dei problemi.”

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50 Gatumba

Scuola “città di Rovereto”: Realizzazione del complesso scolastico

Il quartiere di Gatumba, molto vivace e colorato, vanta una situazione complessa ed estremamente delicata. Collocato a una ventina di chi-lometri da Bujumbura, sul confine con la Repubblica Democratica del Congo, questo quartiere è nato con la guerra diventando rifugio per più di 40 mila persone: rifugiati e sfollati congolesi, burundesi e ruandesi. Sono arrivati qui con una grande paura, solo con i loro vestiti e con tante drammatiche immagini di guerra impresse nelle menti. Solo oggi, dopo dieci anni, queste persone stanno poco a poco scoprendo il valore della condivisione e della collettività: imparano lentamente a conoscer-si e a collaborare assieme al fine di costruire beni comuni da lasciare ai propri figli. Nel 2005, accolta una segnalazione di padre Gabriele Ferrari sulla ne-cessità di una nuova scuola, si è provveduto alla costruzione del com-plesso scolastico “Città di Rovereto”che consente oggi a più di 1800 bambini (suddivisi in due turni) di Gatumba di studiare accompagnati

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51dai 21 insegnanti e da una brava direttrice. La gioia e la felicità dei nuovi scolari viene vissuta in prima persona da un gruppo di roveretani che vi si sono recati nel febbraio 2007 per vedere la fine dei lavori del primo lotto. Le nuove classi elementari sono 11 e sono attive sotto la direzione della direttrice Patricia che esprime la sua gratitudine dicen-do che: “L’educazione è la base dello sviluppo. Qui accogliamo tutti i bambini in uno spirito di cristianità universale”.Grazie all’acquisto di un piccolo terreno limitrofo alla scuola, si è reso possibile l’ampliamento di tre nuove classi della Scuola da noi recen-temente costruita, che consentiranno l’accesso all’istruzione di un nu-mero maggiore di bambini. Nel 2008 il Sindaco, prof. Guglielmo Valduga, accompagnato da Padre Gabriele Ferrari e dal nostro cons. Dario Dossi ha visitato la scuola verificandone il buon andamento e portandovi la bandiera della nostra città. Nel 2009 grazie all’acquisto di un piccolo terreno limitrofo alla scuola, si è reso possibile l’ampliamento di tre nuove classi della Scuola con annessa una grande sala di ritrovo. Ciò consentirà accesso all’istruzione di un numero maggiore di bambini.Nei primi mesi del 2010, grazie al contributo di una Istituzione trentina è stato possibile portare l’acqua per tutte le necessità e la luce elettrica in 8 classi per consentire l’organizzazione di corsi serali di alfabetizza-zione per genitori (in grande parte analfabeti) degli alunni. Nel prossimo futuro ci sono stati richiesti altri lavori di adeguamento compresa la costruzione di tutta la recinzione del complesso scolasti-co.

Responsabile in loco del lavori costruzione:Padre Bepi de Cillia [email protected] i contatti: Dario Dossi [email protected]

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52 L’Asilo “Giovanna Medici” per i piccini

Grazie alla donazione di un generoso benefattore roveretano, nel 2009 è stata portata a termine la costruzione dell’Asilo, sul terreno della Dio-cesi nelle vicinanze della Chiesa, su richiesta della locale comunità, che è diventato un luogo di formazione e di accoglienza per molti piccoli destinati altrimenti a passare le loro giornate in strada. In questo modo si aiutano le famiglie nell’impegnativo lavoro educativo dopo la dram-matica esperienza della guerra civile. L’intera popolazione civile di Ga-tumba si è impegnata nella costruzione di questa opera. L’asilo e la scuola sono diventati uno strumento di coesione per la po-polazione di Gatumba, attraverso i quali viene promossa non solo la socializzazione, ma anche la partecipazione attiva della comunità alla costruzione di una reale democrazia di quartiere.

Responsabile in loco dei lavori costruzione:Padre Bepi de Cillia [email protected] i contatti: Dario Dossi [email protected]

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53Bujumbura

CENTRO GIOVANI KAMENGE: Per una mondializzazione positiva nei Quartieri Nord attraverso l’informatica.

Il Centro Giovani Kamenge è sempre più conosciuto dai giovani trentini. Grazie al Kamenge Festival che il Gruppo Giovani della nostra Associa-zione organizza e grazie al progetto GIOVANI SOLIDALI del Comune di Rovereto, la pedagogia all’apertura e al rispetto delle differenze af-finché queste non siano barriere ma ricchezze, ci è ormai familiare. Di origine cattolica, il CENTRO GIOVANI KAMENGE, situato in mezzo alla periferia della capitale che allo scoppio della guerra civile nel 1993 è diventata il fulcro dei combattimenti, attua già dal 1992 una pedagogia attiva alla pace e riconciliazione della gioventù burundese compresa tra i 16 ed i 30 anni, con dei forti impatti positivi sull’intera popolazione (sti-mata sulle 300.000 persone). Questo contesto periferico è molto delicato e ospita centinaia e centinaia di giovani lasciati allo sbaraglio senza un punto di riferimento, un lavoro o un’istruzione. Poche sono le possibi-lità di realizzazione personale e molti i rischi per loro (abuso di alcol e droghe, entrare nelle bande armate, depressione, delinquenza, …). Pro-ponendosi come risposta alle esigenze più urgenti dai giovani, il Centro Giovani Kamenge lavora quotidianamente proponendo attività culturali, intellettuali, parascolastiche, religiose, sportive e di formazione atte a dif-fondere presso i giovani l’importanza dell’impegno individuale per un futuro diverso in Burundi. Usciti dalla guerra civile da soli cinque anni, questi giovani assistono alla lenta normalizzazione del loro Paese e co-minciano a diventare consapevoli di essere i protagonisti del loro futuro. La collaborazione tra il Centro Giovani Kamenge e l’Associazione Spa-gnolli è iniziata nel 2004 quando Elena Patoner, una nostra volontaria, vi ha trascorso un anno e ne ha conosciuto personalmente le potenzialità. Dopo tre anni di finanziamento dei Campi di Lavoro estivi in cui i giovani ricostruiscono materialmente e moralmente i loro quartieri e dopo due anni di finanziamento di un progetto interreligioso che ha visto nascere 30 piccole biblioteche presso le comunità musulmane, cattoliche e prote-stanti, oggi vogliamo aiutare i 32.000 iscritti del Centro Giovani Kamen-ge ad entrare a far parte di una mondializzazione positiva attraverso il do-tarsi e l’apprendimento delle nuove tecnologie. L’abbattimento virtuale delle frontiere della conoscenza attraverso Internet, la possibilità di creare

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54 legami e contatti con l’esterno, l’apprendimento dell’informatica di base sono per i burundesi aspetti importanti non solo a livello personale per la loro cultura e formazione, ma frammenti del mosaico che raffigura un nuovo Burundi, pronto ad entrare nel mondo globale. Le nuove tecnolo-gie rispondono ad un mondo che si è fatto più veloce e dove il lontano diventa vicino. Nell’auspicio che questo possa creare e favorire la nascita di nuove relazioni importanti per i giovani stessi (anche da un punto di vista lavorativo), ma anche per la struttura medesima del CENTRO GIO-VANI KAMENGE, l’obiettivo rimane quello di perseguire la creazione di una società civile stabile e partecipativa, ma anche moderna e reattiva. I burundesi, giovani e adulti, fremono nel vedere come il mondo attorno a loro è in continua evoluzione e cambiamento e soffrono rendendosi conto che purtroppo i loro mezzi sono limitati. Nella consapevolezza dei loro formatori che Internet e l’informatica sono delle risorse importanti per il futuro, l’Associazione Spagnolli assieme alla Provincia di Trento li fornirà di una decina di computer nuovi, di una rete satellitare e della manutenzione dei computer vecchi, in modo che possano essere istituiti nuovi corsi di informatica, possa essere aggiornato il sito e ci possano essere nuovi programmi di e-learning.

Sostenuto con il contributo (microazione) della Provincia Autono-ma di Trento.Responsabile in loco: Padre Claudio Marano [email protected] i contatti: Elena Patoner [email protected]

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55Aiutiamoli a vedere

Un altro dei nostri sogni è quasi realtà. Pochi mesi fa abbiamo infatti lanciato la campagna “Aiutiamoli a vedere” per far sì che i bambini con disturbi della vista che sosteniamo nelle nostre opere in Burundi (gli alunni della scuola “Città di Rovereto” e dell’asilo “Giovanna Medici” di Gatumba, i giovani del Centro Giovani di Kamenge, gli orfani di Buyengero e i bambini del mercato del “Centro Giriteka” di “Ngozi”) e ovviamente anche quelli che verranno segnalati dai nostri amici in loco, possano tornare a vedere bene quando scrivono e leggono a scuola, quando giocano e quando aiutano nei campi.Il piccolo ma efficiente ambulatorio oculistico nel prossimo mese di marzo diverrà realtà operativa!Questa storia quindi, cominciata nella primavera 2009, durante l’ultima visita del nostro consigliere Dario Dossi con la moglie Lisa, avrà un lieto fine. In quella circostanza il volontario vicentino Ottavio Framarin e Padre Filippo B., nostri fiduciari in loco, avevano fatto presente come i deficit visivi di numerosi bambini ne compromettessero il rendimento scolastico e provocassero lunghe assenze.Al nostro appello diffuso informalmente fra alcuni oculisti, si rese im-mediatamente disponibile la Dott.ssa Gianna Ruele, oculista, già aiuto primario dell’Ospedale S. Maria del Carmine di Rovereto, con all’attivo numerose esperienze di volontariato in Africa e America Latina. Grazie al sostegno di numerosi concittadini e sotto la sua professionale supervisione sì è provveduto ad acquistare l’attrezzatura basica per montare un piccolo ma efficiente ambulatorio oculistico. E un container, spedito pochi giorni

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56 fa dai nostri amici di Brescia, sta trasportando il tutto fino a Bujumbura, dove nella casa delle Suore Polacche è già stato riservato uno spazio ade-guato per tale finalità. Il suo arrivo è previsto per la fine di febbraio.

Ora ci sforzeremo di mantenerlo a regime e a ottimi livelli di efficienza. Per questo stiamo lavorando con intensità sia a Bujumbura che a Rovereto. A Bujumbura le suore Polacche, istruite dalla Dr. Ruele, stanno già effettuan-do le prime selezioni dei bambini, mentre Ottavio Framarin sta curando la preparazione dell’ambulatorio e prendendo accordi con il locale ospedale per le possibili necessità che si rendessero necessarie.A Rovereto la Luxottica, azienda leader nel settore, si è impegnata a fornire gli occhiali e le lenti che si rendessero necessarie e da Rovereto partiranno per Bujumbura nel prossimo mese di marzo la dott. Gianna Ruele, l’ortotti-ca Roberta Delle Site e il nostro consigliere Dario Dossi, per le prime visite oculistiche. Per dare continuità alla nostra presenza e quindi in definitiva la possibilità di visitare il maggior numero di bambini sarebbe estremamente utile anche la partecipazione di altri oculisti, optometristi, ortottici .Infatti dalle prime notizie che stiamo ricevendo si prevede una grandissima affluenza (qualche centinaio!) di bambini proveniente da molte regioni del Burundi.

Responsabile in loco: Ottavio Framarin [email protected] i contatti: Dott.ssa Gianna Ossena Ruele [email protected];Dario Dossi [email protected]

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57Bugwana

Spostandoci al nord del Burundi, si raggiunge un vero e proprio para-diso terrestre: Bugwana. È una valle incontaminata dalla civiltà, dove la gente vive tra bananeti ed eucalipti dispersi su mille piccole colline. In basso grandi distese di risaie. L’atmosfera di Bugwana sembra quasi irreale: la semplicità con cui la gente trascorre le proprie giornate tra il lavoro agricolo e le piccole ed uniche attività artigianali viene scandita dal sorgere del sole, unica fonte di luce. Di fronte alla bellezza di questa terra sembra impossibile solamente pensare che la guerra si sia potuta spingere così lontano; ma i volti ed i ricordi di questa gente testimonia-no ferite profondissime che non trovano spiegazione. I prolungati anni di violenza vengono recepiti da questa gente come normalità: relegata nell’ignoranza e in totale mancanza di istruzione non ha mai avuto la possibilità di sperimentare altro. È proprio qui che una comunità save-riana guidata da padre Ruben e padre Bruno è venuta a stabilirsi quattro anni fa per valorizzare ed aiutare la popolazione di Bugwana intrapren-dere un percorso di sviluppo ed apertura nei confronti del resto del pae-se. Difficilmente raggiungibile con i mezzi, Bugwana è sempre stata esclusa da molti programmi statali e progetti umanitari. Oggi invece può contare sul sostegno di una comunità che si fa strumento per una crescita intellettuale e sociale.

Costruzione del complesso scolastico per l’insegnamento medio-superiore

Il programma d’insegnamento previsto per la scuola di Bugwana cor-risponde allo standard italiano delle scuole superiori e consente di rag-giungere un diploma valido anche per l’ammissione all’università. L’azione è coerente con uno sviluppo territoriale che vede già presente una scuola elementare-media in grado di formare fino a 7000 bambini l’anno, ma che non offre possibilità di prosecuzione della formazione causando un fenomeno migratorio degli studenti, nei casi più fortuna-ti, o un elevato tasso di abbandono degli studi ove manchino risorse economiche adeguate. Questi territori sono infatti molto popolati e pur-troppo colpiti dagli scontri etnici tra Hutu e Tutsi che, con intensità e frequenza legate all’andamento della politica interna ancora oggi molto instabile, provocano un costante impoverimento della struttura sociale del luogo che risente in maniera drammatica della guerra.La struttura scolastica di Bugwana prevede 4 step di sviluppo, in modo

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58 da costruire un’opera completa in grado di soddisfare le esigenze della popolazione locale.Il primo obiettivo è la realizzazione di 4 aule per le lezioni. In questo caso sufficienti per un elevato numero di studenti che nello standard burundese possono arrivare anche a 50 ragazzi per aula con lezioni che si duplicano nelle ore mattutine e poi pomeridiane. Assieme alle aule verranno costruiti i servizi igienici con relativo approvvigionamento d’acqua.Secondo obiettivo è la costruzione dell’apparato amministrativo con gli spazi per la direzione scolastica e quello per le attività di programma-zione ed organizzazione del corpo docenti.Terzo step, la realizzazione di una struttura in grado di ospitare gli in-segnanti. Infatti oggi non esistono in loco le figure professionali adatte al ciclo d’insegnamento previsto ed è necessario attingere da fuori pro-vincia. In futuro si prevede di considerare un valore aggiunto ed un’in-centivazione l’assegnazione di questi alloggi a coloro tra la popolazione locale che vorranno formarsi e poi insegnare nella scuola per arrestare la “fuga dei cervelli” in altre provincie del Burundi o addirittura fuori dai confini nazionali.Ultimo, ma importantissimo step, è la realizzazione di una sala poli-valente con annesso terreno di gioco. La scuola vuole essere punto di riferimento e motore per lo sviluppo sociale e l’integrazione tra etnie. Il complesso scolastico così inteso diventerebbe un centro di eccellenza in grado di attirare personale qualificato, invertendo l’attuale tendenza, contribuirebbe in maniera significativa allo sviluppo sociale dell’area in questione favorendo l’integrazione etnica e la diffusione di una cultura di pace.

È realizzato con il contributo della Regione Trentino Alto Adige.

Responsabile in loco per la costruzione:Padre Bruno Ghiotto [email protected] i contatti: Filippo Lazzeri [email protected]

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59Ngozi

Centro di Accoglienza “Giriteka“ per i bambini del mercato

Giriteka significa “ritrova la tua dignità”. Il Centro di accoglienza ri-sponde ai bisogni emergenti nella città di Ngozi che ha conosciuto un rapido sviluppo urbano con un forte incremento di famiglie povere che vivono in baracche fatte di pezzi di lamiera e cartone. In tale situazione è drammatica la realtà dei bambini di strada che crescono di numero giorno dopo giorno e che fanno del marciapiede il loro rifugio, dormen-do nelle fredde notti ai 1700 metri dell’altipiano burundese coperti da sudici cartoni. Le Suore Missionarie Mariste presenti nella Diocesi di Ngozi dal 1965 sono impegnate a recuperare questi ragazzi ad una vita sociale normale. La responsabile del Centro è suor Bruna Chiarini.Il centro propone due percorsi di reinserimento:Il centro interni È un convitto che offre la possibilità di una rottura definitiva con la stra-da ed i suoi rischi (la droga) con la finalità per i ragazzi di riprendere gli studi. Può ospitare fino a 30 ragazzi (tra i 6 e 14 anni) che richiedono un accompagnamento di fatto individuale fino al loro reinserimento nelle famiglie (se possibile). Il centro esterniAccoglie durante il giorno i ragazzi che vivono ancora sulla strada e hanno bisogno di essere aiutati a riflettere e maturare una scelta diversa. Per questi (circa 60) è stata organizzata una scuola interna di educa-zione di base, di avvio ai vari lavori di artigianato. I corsi si svolgono regolarmente dal lunedì al venerdì, dalle 8.00 alle 15.00.Ci sono anche all’incirca 250 ragazzi che gravitano attorno il Centro, godono dei suoi servizi (alimentazione, e igiene e sanità) in attesa di entrare nel cammino di recupero. I ragazzi dei due Centri vengono accompagnati fino al loro reinseri-mento e seguiti anche quando hanno raggiunto una certa stabilità e au-tonomia..A tutti è offerta la possibilità di studio: sia all’interno che alla scuola pubblica a seconda delle possibilità di ciascuno.

L’Associazione coordina il sostegno a distanza (pag. 22).

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60 Buyengero

Sostegno all’ASENABU per gli orfani della guerra e dell’AIDS.

ASENABU ad literam significa: “Associazione per il sostegno del fanciullo non accompagnato di Buyengero e Burambi”Dal 1995 al 2005 una guerra fratricida terribile ha causato nel comu-ne di Buyengero un’immane strage di vite umane. Molti bambini sono rimasti orfani di entrambi i genitori o abbandonati dagli stessi e, per sopravvivere, hanno invaso le strade, hanno trovato rifugio nei campi militari oppure sono stati obbligati a forza ad arruolarsi, diventando così dei piccoli soldati. L’ASENABU è stata fondata da Padre Filippo per questi bambini, vit-time della guerra. Inizialmente si sono rintracciati i bambini ovunque: sulle strade, nella boscaglia per alimentarli, vestirli e curarli (molti di essi erano ammalati). I bambini, secondo la tradizione africana, vengo-no assistiti nei propri villaggi di origine. Con la collaborazione delle autorità locali si è cercato di rintracciare le famiglie di origine; quando questo non è stato possibile si sono organizzate le famiglie per l’acco-glienza (anche fra gli stessi soci della Associazione) presso le quali essi hanno ritrovato casa, sicurezza e serenità. Quindi mano a mano che crescevano è stato curato il loro inserimento nella scuola elementare e media. Per chi ha avuto difficoltà a scuola si sono organizzati dei corsi professionali di falegname e muratore per i bambini, di cucito e ricamo per le bambine. Per alcuni più dotati intellettualmente si sono aperte le porte dell’università, e per questo sono incoraggiati e sostenuti.Attualmente sono 715 gli alunni della scuole elementari e 112 quelli della scuola media; 68 frequentano corsi professionali e di alfabetizza-zione basica. Le famiglie per l’accoglienza sono 620, tra di loro ci sono 54 giovani capi famiglia.

L’Associazione coordina il sostegno a distanza per l’Associazione locale ASENABU (pag. 22).

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L’Arcivescovo di Bukavu scrive

Quali prospettive per la pace nella Repubbli-ca democratica del Congo?

Signor Primo Ministro

È con grande gioia che vi riceviamo nel sud del KIVU una settimana dopo la vostra nomina e per la prima volta da quando siete alla guida del nostro paese. Questa vostra presa di responsabilità ci incoraggia e riconforta. Considerando le circostanze, sappiamo di essere tra i primi beneficiari delle vostre missioni all’interno del paese. La vostra presen-za ci suscita una grande speranza per la popolazione che aspetta ansio-samente delle risposte da parte del governo nei confronti della crisi che tormenta il paese in generale e l’est in particolare.

Come ben sapete il 28 agosto sono riprese le ostilità nel nord del Kivu. Queste rischiano di coinvolgere nuovamente l’intero paese e di ripor-tarci ad un nuovo inizio del conflitto. Sarebbero così più di 5.000.000 di morti per niente, 1 miliardo di dollari all’anno spesi dal MONUC a partire dal 2002. E il calvario della popolazione congolese continua. Un popolo che è così decimato e relegato alla confusione da un lato, mentre dall’altro non succede assolutamente niente. Perchè?

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62 Il dramma congolese ha delle implicazioni economiche e politiche su diversi livelli: nazionali, internazionali e locali.

1. A livello internazionale La Repubblica del Congo è in guerra dal 1998. Questa guerra si è

rivelata come una guerra di depredazioni regionali e internazionali. La difficile gestione delle ambizioni politiche degli attori congolesi non costituisce il problema centrale.

Quello che emerge dal Quadro della Nazioni Unite sul furto di ri-sorse naturali del Congo di oro, diamanti e coltan, intere popolazio-ni vengono decimate, le loro abitazioni occupate o bruciate da dei gruppi armati congolesi che vengono spesso chiaramente sostenute da eserciti stranieri che hanno diramazioni internazionali ancora più estese di quanto si possa immaginare.

Un doppio processo avvenuto presso la Corte Internazionale della Haye ci informa sulla non colpevolezza dell’Uganda e del Ruanda. Ma finora non si è mai fatta giustizia al Congo di fronte ai suoi vicini che servono da collegamento per la nebulosa di predatori in-ternazionali delle risorse naturali del Congo oggi meglio identificati da un preciso Quadro della Nazioni Unite.

Per cercare di risolvere la situazione qui in loco, si è proposto un incontro a Nairobi. Non sarebbe pertinente organizzarne un al-tro che riunisca gli Stati Uniti, l’Unione Europea e certi pae-si del sud-est asiatico per cercare di regolamentare i problemi geostrategici, economici e anche finanziari che alimentano le tensioni soprattutto nel sud del paese? Si risparmierebbe così la morte di centinaia di contadini e ci sarebbe meno criminalità. Que-sto favorirebbe anche il ruolo degli organismi internazionali e degli investitori.

2. A livello nazionale È partito un processo di consolidamento della pace e delle autorità

dello Stato messo in atto dalle istituzioni democraticamente elette. Queste hanno realizzato il programma AMANI con le risoluzioni previste che è stato firmato a Goma il 28/01/2008.

Speriamo vivamente che noi congolesi possiamo sostenere questo processo e questo programma AMANI, che possiamo far passare prima gli interessi della nazione di quelli individuali che portano alla divisione del popolo. Proprio riguardo questo punto notia-mo come si sta formando una fossa che divide le aspirazioni del

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63popolo dalle manovre politiche di certi eletti, portati al potere dalla popolazione stessa.

Nell’esercizio del potere democratico, speriamo vedere lo Stato prendersi tutte le responsabilità istituzionali e assicurare le sue pre-rogative di sovranità (integrità territoriale, unità, pace e sicurezza per i cittadini, buon governo al servizio del popolo da parte dei diri-genti). Ci sembra necessario e urgente per un paese ricco di risorse naturali come il nostro di costruire un esercito sufficientemente for-te da garantire la stabilità e lo sviluppo.

Questa evoluzione non avrebbe niente a che vedere con il lascia-fare di adesso dove vince la corruzione all’interno delle gerarchie militari e dei servizi pubblici.

3. A livello locale Ci aspettiamo dai nostri eletti un impegno forte e una presa in carico

delle preoccupazioni della popolazione, specialmente per quanto ri-guarda la sicurezza, la pace e il buon governo del Paese. Al posto di questi interessi sembrano predominare quelli individuali egoistici. In quest’ultimo anno abbiamo visto i nostri deputati mobilizzarsi per cacciare un governante. Non hanno detto però niente dei pro-blemi degli insegnanti, del personale sanitario e di altre questioni sociali. Ora che la nazione è in pericolo, si osserva un silenzio quasi totale. Forse ci stanno anche lavorando, ma il pubblico non ne è a conoscenza. Vorremmo conoscere dunque le priorità dei nostri eletti provinciali.

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64 Prospettive

Nel 2007 inviai all’Ambasciatore della Francia una pagina che riporta-va le mie preoccupazioni riguardo la sicurezza della nostra popolazione e le apprensioni di preparazione di una nuova guerra. Le personalità in questione hanno trovato il mio accento esagerato e hanno detto che la situazione era sotto controllo. Che non c’era bisogno di preoccuparsi. Al Comitato del 23/09/2008 dicevamo tutte le preoccupazioni che oggi sono diventate realtà. In ogni caso la vigilanza deve essere regola.In un sistema talmente fragile come il nostro, siamo chiusi in un circolo vizioso:passiamo dalla ribellione alle tregue, dalle tregue agli accordi, da nuove istituzioni a nuove ribellioni, … In breve sempre la stessa storia. I furti delle risorse naturali da parte delle bande armate di ogni tipo a scapito della popolazione congolese vogliono garantirsi uno spazio non statale dove ciascuno possa prendere quello che vuole senza rendere conto a nessuno: questo vale per le bande armate congolesi, ma anche per gli eserciti stranieri. Continuando così il paese corre il rischio di diventare un rifugio di briganti e addirittura un posto per eventuali terroristi che potranno danneggiare l’intera umanità.La prevenzione di un altro genocidio come quello ruandese denuncia la responsabilità di certi che non si rendono conto della gravità della cosa e senza emozioni e senza morale lasciano ripetere un olocausto: più di 5 milioni di persone hanno gia perso la vita in questa faccen-da. Il nostro punto di vista ci porta a dire che si deve assolutamente evitare un altro olocausto e questa opinione è condivisa anche dalla Comunità Internazionale. Ma non si può fare questo a spese di un altro popolo. Sarebbe correggere un male attraverso un altro male. Il genocidio è stato commesso in Ruanda dai ruandesi sui ruandesi. È assurdo e ingiusto che la Comunità Internazionale continui a far pagare le spese ai congolesi, innocenti nella concezione, nella pianifi-cazione e nell’esecuzione. Bisognerebbe aiutare i ruandesi a riconciliarsi reciprocamente invece di esportare i propri problemi là dove non trove-ranno comunque una soluzione. La Comunità Internazionale ha aiutato il Congo e il Burundi ad organizzare dei dialoghi nazionali e delle elezioni democratiche libere e trasparenti. Sarebbe tempo che si facesse anche per il Ruanda.Altrimenti il Congo pagherà le spese della cattiva coscienza della Comu-nità Internazionale che non ha arrestato il genocidio quando era dotata di un forte esercito.

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65Il MONUC attualmente: qual è il suo ruolo? Succedono le stesse cose come prima delle elezioni? Dopo aver disposto di tante risorse, permet-terà al paese di ricadere nel caos stando ad osservare i morti, le vittime, i rifugiati, e gli altri attori?Ci si chiede se le istituzioni messe in atto per le elezioni politiche eser-citano le loro funzioni o se lavorano sempre tacitamente sotto la tutela del MONUC. Fanno veramente tutto quello che è in loto potere al fine di trasformare il paese in uno stato rispettabile?Come tutti gli Stati, anche la Repubblica del Congo ha il diritto e dovere di mantenere la pace e la sicurezza sull’intero territorio, di assicurare lo sviluppo umanitario e di dotarsi di mezzi sufficienti per la sua rea-lizzazione.

Conclusioni

Vicini alle sofferenze della popolazione, chiediamo dunque la pace e lo sviluppo e che le istituzioni politiche ci appoggino in questo cercan-do di rispettare le promesse fatte e prendersi le proprie responsabilità. Chiediamo alla Comunità Internazionale di non dimenticare il Congo e la sua posizione estremamente fragile.

L’ ARCIVESCOVO DI BUKAVU

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66 Lubumbashi

Collegio - Scuola “Le Balù”

È un centro di accoglienza per i bambini che essendo portatori di handi-cap o mutilati dalla guerra civile vengono frequentemente rifiutati dalle famiglie! Situata a circa cinque km dal centro di Lubumbashi è gestita dalle suore dell’ordine di Maria Ausiliatrice. A loro, oltre al calore uma-no di un accogliente ambiente famigliare, viene offerto vitto, alloggio ed istruzione professionale. Così i ragazzi imparano a diventare fale-gnami o manovali, e le ragazze apprendono, invece, il taglio e il cucito. Attualmente sono una settantina i bambini accolti.

La nostra Associazione coordina il servizio del sostegno a distanza per questo Centro. (pag. 22)

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Il paese

La popolazione (40milioni di abitanti su 945mila kmq) è in maggio-ranza di origine bantu (120 etnie). L’ aspettativa di vita è di 51anni, reddito pro capite annuo $ 1.353, il 69% della popolazione adulta è alfabetizzata, mortalità infantile (fino ai 5 anni) 70 su mille nati vivi, mortalità materna 5.3 su mille nati vivi. Il virus HIV è presente nel 8.7% della popolazione tra i 15 e 49 anni. Nella gola di Olduvai nel Nord della Tanzania sono stati ritrovati i più antichi resti fossili della nostra specie che risalgono a milioni di anni fa. Da allora fino al VII secolo d. C. non sappiamo nulla di ciò che accadde nella maggior parte del continente africano. A partire da quel secolo fino alla sua indipendenza la storia di questo paese vede la presenza della colonizzazione araba, portoghese, tedesca e inglese. Nel periodo della presenza araba la tratta degli schiavi fu qui particolarmente intensa.I sentimenti nazionalisti e indipendentisti del popolo di Tanganica fu-rono canalizzati nella TANU (Tanganycan African National Union) partito fondato nel 1957 da Julius Nyerere, maestro di scuola, che il popolo chiamava Mwalimu (che significa appunto maestro). Dopo sette anni di organizzazione e di lotta contro la discriminazione razziale, l’appropriazione delle terre tribali da parte dei bianchi ed altri mali del colonialismo, nel 1961 il Tanganica conquistò l’indipendenza. Sotto la sua guida la Tanzania intraprese una politica estera basata sul non allineamento, la difesa dell’unità africana e l’appoggio ai movimenti di liberazione. Definì il socialismo come suo obbiettivo, affermò con

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68 priorità il principio di autosufficienza allo sviluppo dell’agricoltura tra-mite un sistema comunitario della proprietà (ujamaa=famiglia). Questo sistema, nonostante gli sforzi del governo, si sviluppò lentamente; non riuscì ad eliminare l’esigenza di importare generi alimentari e, quando il sostegno pubblico venne a mancare a seguito della crisi economica dovuta alle spese militari (guerra con l’Uganda), al calo dei prezzi dei prodotti agricoli destinati all’esportazione e all’aumento dei prezzi dei prodotti industriali, entrò rapidamente in crisi. Negli anni ‘90 l’apertura ai capitali privati, pur facendo registrare un aumento della produzione agricola ed industriale, non riuscì a risolvere i gravi problemi del Paese. La difficile situazione locale si aggravò ulteriormente a causa dell’af-flusso massiccio di profughi ruandesi dopo il massacro di 500mila per-sone avvenuto in Ruanda. Nel 2000 la Tanzania divenne il terzo mag-gior produttore africano di oro grazie all’apertura della nuova enorme miniera di Bulyanhuli.

TANZANIA

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69Manuela scrive

“... Oggi, 17 febbraio, l’ospedale è di nuovo pieno. Nonostante le forti piogge di questi giorni che hanno rovinato le strade, la gente continua ad accorrere numerosa a Ikonda. Questa mattina nel Reparto Bambini come nel Reparto Donne abbiamo dovuto aggiungere una decina di letti nel corridoio visto che tutte le camere sono occupate. Vengono a Ikonda dopo ore di viaggio, chi a piedi, chi su piccoli pulmini perchè sanno che qui verranno curati, troveranno i dottori, potranno fare gli esami necessari, gli interventi d’urgenza e riceveranno medicine effica-ci e sicure. Così l’ospedale è sempre affollato tanto che a volte ci chie-diamo come faremo a portare avanti un servizio di qualità in una zona tra le più povere e remote della Tanzania. Siamo infatti in montagna a 2000metri di altitudine e la gente vive di quello che riesce a coltivare, per lo più mais e patate. Chi riesce, cerca lavoro fuori, lontano da casa, separandosi dalla famiglia per periodi piu o meno lunghi. Questa è an-che una delle ragioni per cui l’AIDS su queste montagne si è diffuso più che altrove, addirittura più che nelle grandi città come Dar es Salaam. E l’AIDS ha portato con sè altra povertà e soprattutto tanti orfani...L’ospedale di Ikonda continua a offrire assistenza a tutti e in partico-lare ai bambini : questo, grazie all’impegno e alla generosità di tanti amici come voi che credono in quest’opera e donano energie, tempo e amore a questa gente. Grazie per i pacchi di medicinali che ci inviate con regolarità, per la vostra premura nel raccoglierli e selezionarli se-condo le esigenze dell’ospedale. Grazie anche per quei farmaci che ci aiutate a comperare qui in Tanzania. Grazie perché insieme possiamo continuare ad aiutare questa gente.

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70 Ikonda

Emergenza farmaci - Consolata Hospital

Il nostro servizio farmaci dal 2003 invia farmaci al Consolata Ikonda Hospital e al Dispensario di Kipengere. I farmaci sono frutto di dona-zioni o acquisti mirati.

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Il territorio (241mila kmq) è costituito da altipiani che si abbassano gra-datamente a nord-ovest verso il Nilo. Ricco di massicci vulcanici e nu-merosi fiumi, circa il 18 per cento è coperto da correnti d’acqua, grandi laghi e paludi. Il clima è tropicale, temperato dall’altitudine. Oltre alle colture di sussistenza (riso e mais) vi sono considerevoli piantagioni di caffè, cotone, tè e tabacco per l’esportazione.La maggioranza della popolazione (27milioni e 500mila abitanti) di-scende dall’integrazione di diverse etnie africane (baganda, banyoro e batolo, in misura minore boscimani e sudanesi). I cristiani sono il 60 per cento.Le grandi mura di Bigo testimoniano la presenza di civiltà urbane fin dal X secolo. Il primo contatto con la civiltà bianca avvenne nel 1860. A quell’epoca il Buganda era caratterizzato da una società egualitaria nella quale i privilegi della nobiltà erano più onorari e politici che eco-nomici e da una solida economia agricola e pastorizia che consenti al paese di superare senza troppi traumi la decadenza del commercio degli schiavi. La cristianizzazione cominciò verso la fine del ‘800 per con-trastare l’avanzata dell’Islam in quella regione. Con l’intento di svilup-pare una classe dirigente che potesse far da intermediaria con il potere coloniale inglese (la regione del grandi laghi era Protettorato inglese), gli inglesi intrapresero una “riforma della proprietà” consistente nella privatizzazione della proprietà terriera, fino a quel momento comune, che fu sottratta alla popolazione contadina ad unico beneficio dell’alta nobiltà locale.La violenta distorsione delle strutture produttive e l’introduzione di col-ture di esportazione provocò un grave deterioramento delle condizioni di vita della maggior parte della popolazione.Il ventennio (1965-1985) fu terribilmente turbolento e drammatico (nu-merosi eccidi) a causa della politica dei due dittatori Obote ed Idi Amin.

UGANDA

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72 Spettò a Museveni (1986) il compito di ricostruire praticamente tutto il paese che la serie di regimi autoritari aveva lasciato con un bilancio di quasi un milione di morti, due milioni di profughi, 6oomila feriti ed incalcolabili danni materiali. Le riforme poste in essere da Museveni permisero un notevole contributo allo sviluppo da parte della Banca Mondiale, rivelatosi tuttavia insufficiente per consentire a più della metà della popolazione di uscire dalla soglia della povertà. Museveni, tra l’altro, ebbe il merito di sollevare il problema dell’AIDS e di affron-tarlo per mezzo di un’efficiente campagna d’informazione riducendo così notevolmente l’epidemia, solo il 45% dei bambini ha completato nel quinquennio 1995/1999 le scuole elementari. Il conflitto tra il go-verno e l’LRA (Esercito di Resistenza del Signore) ha costretto alla fuga settecentomila ugandesi. Migliaia di senzatetto sono presi nel fuo-co incrociato mentre cercano cibo e acqua. L’alto livello di insicurezza impedisce alle organizzazioni umanitarie di fornire aiuti adeguati.

Il centro di avviamento professionale “MA ECORA”cambia nome in

“ZOBELE MEMORIAL VOCATIONAL INSTITUTE”, per celebrare la memoria del suo principale sostenitore

l’industriale e filantropo LUIGI “GINO” ZOBELE.

Nei mesi scorsi il vescovo di Arua, Mons. Federico Drandua, su sugge-rimento del Comitato Direttivo del Centro di avviamento professionale “MA ECORA”, memore del grande sostegno umano ed economico ri-cevuto, ha voluto esprimere la sua riconoscenza cambiandone il nome e dedicandolo a Luigi “Gino” Zobele. D’ora in poi si chiamerà quindi “ZOBELE MEMORIAL VOCATIONAL INSTITUTE”.Senz’altro non c’era modo migliore di ricordarlo. Scomparso nell’au-tunno 2008, all’età di 87 anni, Gino ha dedicato la vita a sviluppare la sua azienda, oggi multinazionale, guidato da una spiccata e non comu-ne voglia di coniugare il profitto con l’attenzione per il bene comune, la tradizione con l’innovazione, l’internazionalizzazione con il radica-mento territoriale. Persona particolare e diretta, portava attraverso le sue parole una gran-de voglia di fare per migliorare situazioni che a suo avviso non esprime-vano tutto il loro potenziale, poco importava fossero nel “suo” Trentino o dall’altra parte del mondo. Voglia che gli veniva dalla sua vocazione imprenditoriale, dalla conoscenza di innumerevoli luoghi e varietà del-

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73l’essere umano, esplorata e fotografata nei suoi continui viaggi. Soprat-tutto dallo spirito di riconoscenza verso la meraviglia che la vita offriva ogni giorno ai suoi occhi, nelle sue escursioni in quota o nelle pianure africane. Noto per l’amore per la montagna e la voglia di conoscere che ad esso spesso si lega, ha girato tutto il mondo con umiltà e desiderio di im-parare e di stupirsi con gratitudine. Quest’attitudine lo ha portato ad elaborare ed applicare una sorta di bilancio sociale ante litteram della sua azienda e della sua vita, dedicando grandi energie e risorse perché la sua attività personale e professionale potesse prevedere delle ricadute positive sul mondo che ha potuto incontrare.Numerose sono state le attività di beneficenza e sviluppo che seguiva personalmente con molta attenzione e grande passione. Ne ricordiamo le più significative: in Zimbabwe (sostenendo l’impegno umanitario del medico missionario dr. Carlo Spagnolli), in Nepal (fondatore e soste-nitore dell’’Ospedale di Tshome) e in Uganda (ad Arua il Centro di avviamento professionale Ma Ecora di Arua).Il ZOBELE MEMORIAL VOCATIONAL INSTITUTE”. (“ex-MA ECORA” che nella parlata locale significa: assieme possiamo farce-la), è stato pensato e realizzato da Gino con il contributo di altri amici trentini e il sostegno generoso della Provincia Autonoma di Trento, per dare una possibilità di inserimento professionale a centinaia di ragaz-zi/e del Distretto di Arua. Sono oggi attivi corsi di cucina, carpenteria, lavorazione del ferro,muratore, meccanica, parrucchiere, sartoria, dat-tilografia oltre ad iniziative di alfabetizzazione e materie umanistiche. Iniziativa che ha avuto grande successo e ricaduta negli strati sociali più poveri del territorio ugandese di Arua e che è stata sostenuta, nel suo più recente ampliamento (2007 – 2008), dalla Provincia Autonoma di Trento e dalla nostra Associazione.Il progetto, che vede la partecipazione di quasi 170 ragazzi/e all’anno, continuerà grazie a Enrico Zobele, figlio di Gino che ha già espresso il desiderio di continuare l’opera del suo caro papà.Gino è stato per noi un caro amico che con bontà e generosità ci ha pre-so per mano e sostenuto con costanza ed intelligenza! Assieme abbia-mo dato cibo agli affamati, casa ai diseredati, medicine agli ammalati, mamma a numerosi bambini orfani ed abbandonati, istruzione a tanti giovani che ne erano privi. Il suo esempio ci ha fatto comprendere che la vita diventa nobile e vera per l’amore che portiamo a chi ci è vicino e per l’aiuto che diamo a chi è in stato di necessità.

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74 E questo non lo dimenticheremo mai. Onorati della sua amicizia, lo porteremo sempre nel cuore con immensa gratitudine.Nell’anno passato l’Associazione Spagnolli ha sostenuto, in collabo-razione con Luigi Zobele e la Provincia di Trento, la costruzione dei laboratori di officina meccanica dotati di tutto il necessario per far rag-giungere agli allievi la qualifica professionale di meccanico. Ad oggi sono avviate le esercitazioni pratiche per il completamento della for-mazione degli allievi diplomandi in meccanica e le sessioni di lavoro extradidattiche che permettano all’officina di accettare commissioni da clienti esterni al centro, in modo da contribuire al sostegno del bilancio di gestione di MA ECORA e contemporaneamente elevare il livello di professionalità degli allievi. Partner di riferimento in Uganda per la sostenibilità del progetto è la Diocesi di Arua nella figura del Vescovo. Supervisore di riferimento per la realizzazione delle opere e la gestione delle attività didattiche in loco è il Responsabile del Centro Giovanile sig. Alessandro Armani .

La realizzazione dell’officina completa di arredi ed attrezzature di-dattiche e professionali è stata possibile grazie al contributo della Provincia Autonoma di Trento.

Responsabile locale Alessandro Armani [email protected] i contatti Andrea Silli [email protected]

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Un gigante dai piedi di argilla

Il Brasile conta circa 185 milioni di abitanti, in un’area di 8.547.400 kmq. I brasiliani provengono dall’integrazione etnica e culturale di indigeni (fondamentalmente guarani), schiavi africani ed europei (in maggioranza portoghesi); nell’asse Rio – Sao Paulo sono presenti arabi, giapponesi e molte minoranze indios.Oltre 50 milioni di brasiliani vivono sotto il livello di povertà. Il tasso di mortalità infantile è pari al 3% e, nonostante sia diminuito nell’ultimo decennio, rimane sproporzionato se rapportato alla ca-pacità produttiva nazionale e alla tecnologia disponibile. Anche la mortalità materna continua ad essere un problema sebbene l’88% delle nascite avvenga in ospedale. Le cure prenatali sono spesso di bassa qualità e l’accesso è discriminato in funzione della regione del paese in cui si vive o dell’appartenenza sociale.L’aspettativa di vita è pari a circa 68 anni. Il reddito annuo pro ca-pite è di $ 2.850,00; i bianchi guadagnano mediamente due volte e mezzo quello che guadagnano i neri infatti il 70% dei poveri è ‘di colore’. Circa il 90% della popolazione, in particolare l’80% delle donne sopra i 15 anni, sa leggere e scrivere. L’accesso all’università è pari all’11% per i bianchi mentre, per la popolazione ‘di colore’, raggiunge appena il 2 %. I dati dimostrano che permane una fattiva diffusa discriminazione, nonostante la costituzione sancisca il raz-zismo come reato.Circa 2 milioni di brasiliani vivono in paesi stranieri come Germa-nia, Italia, Spagna e Svizzera, a dimostrazione del fatto che, nono-stante il Brasile costituisca una delle maggiori economie del mondo,

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76 la distribuzione del reddito è lungi dall’essere equa spingendo molte persone ad andare in cerca di migliori opportunità in altri paesi.Alla già critica situazione si aggiunge la devastazione della regione amazzonica, continuamente investita dal taglio incontrollato di alberi al punto da compromettere l’habitat naturale di numerosi popoli indigeni, oltre che di molte piante e specie animali. I 200 gruppi indigeni presenti sul territorio vivono soprattutto in Amazzonia e nelle regioni centrali, in piccole comunità, missioni e parchi nazionali. Alcuni di questi gruppi sono agricoltori, altri cacciatori e raccoglitori, oppure semi-nomadi. I gruppi indigeni amazzonici hanno stretti legami di dipendenza con la terra e i fiumi e sono minacciati dallo sfruttamento delle ricchezze natu-rali (oro, legno, petrolio, etc.), principale causa del loro declino.Il Brasile detiene inoltre il primato del massiccio uso delle armi da fuo-co che provoca la morte di 40mila persone l’anno, specialmente nelle aree urbane. Lo sfruttamento sessuale dei minori (turismo sessuale), dovuto alla povertà e all’assenza di meccanismi di inserimento sociale, costituisce una piaga sociale molto diffusa, soprattutto in alcune regio-ne del nord.(fonte: Guida del Mondo, 2005/2006, ed. Emi)

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77Mons. Guido Zendron scrive:

“E così nascono tante cose che nessuna parola e nessuna foto possono comunicare pienamente, ma possono risvegliare la curiosità e dare ali alla nostra vita, perché non soffochi nelle pur giuste preoccupazioni quotidiane, ma si incammini senza paura in una grande e sorprendente avventura umana. Voglio parlare non tanto di me, ma di quello che la Provvidenza divina ha voluto far nascere attraverso un numerosissimo gruppo di amici al di là e al di qua dell`Oceano. In questi tredici anni di Brasile ho riscoperto me stesso, ho valorizzato l´esperienza degli anni vissuti in Trentino e cerco di vivere intensamen-te il presente non per risolvere i problemi che incontro, ma per non trattenere niente per me di quello che continuamente ricevo.”

Salvador (Bahia)

Il Centro Comunitario Padre Mario VeronesiA partire da quest’anno il nostro sostegno andrà ai bambini che frequenteranno questo Centro, mentre gli alunni della Scuola Soei-ra saranno sostenuti da un’altra Associazione.

La bella notizia ce l’ha portata di persona lo scorso autunno il nostro amico vescovo mons. Guido Zendron in occasione del suo breve rien-tro in Trentino. Nel corso dell’anno 2009 il “Centro Educativo Padre Mario Veronesi” è stato inaugurato e ha iniziato la sua attività nella Favela Vale das Pedrinhas a Salvador (Bahia). La nostra Associazione tempo fa aveva finanziato l’acquisto dell’edificio e la locale comunità parrocchiale si era impegnata nella ristrutturazione autotassandosi e or-ganizzando eventi per raccogliere i fondi necessari.Il centro dispone, al piano terra, di una segreteria, una reception e un sa-lone per la futura chiesa di San Michele mentre al primo piano tre classi per le attività didattiche, una piccola sala per i professori e il materiale didattico e due servizi igienici. Al secondo piano sono disponibili un grande salone, una cucina, due servizi igienici e due piccoli uffici per l’ Associazione “Alecrim”* Le attività rivolte a bambini dai quattro ai dodici anni sono: sostegno scolastico (doposcuola) e formazione religioso-culturale. Oggi oltre 100 i bambini frequentano il Centro. Il doposcuola offre soprattutto lezioni di matematica e lingua portoghese e, ove necessario, aiuto nei

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78 compiti di casa. Sono inoltre promosse presso la stessa struttura attività complementari quali teatro, disegno, copisteria e visite guidate a parchi naturali e siti storici oltre che incontri per genitori, la comunità e picco-le attività artigianali (ricamo, pasticceria) e commerciali come il “Bazar da gente” per il recupero degli oggetti usati e ancora utili.Il Centro ha bisogno ancora di vari lavori di completamento: la facciata, la pavimentazione di una sala, l’attrezzatura per la cucina.

Come mai un Centro dedicato a Padre Veronesi in una parte del mondo dove non ha mai operato?I cittadini roveretani che hanno donato l’edificio hanno espresso il desi-derio che il Centro fosse dedicato a Padre Mario ad imperituro ricordo del suo grande impegno per gli ultimi. Il desiderio espresso è stato ac-colto e condiviso sia da mons. Guido Zendron che dalla sua comunità.Nell’avviare un’attività utile rivolta ad una popolazione povera e in cerca di riscatto, la figura di Padre Veronesi, in quanto promotore di iniziative a favore dei più deboli nelle allora martoriate terre orientali, è parsa modello ed esempio per analoghe proposte.Così, sulle fondamenta solide di un’esperienza passata e mai tramonta-ta, è sorto il Centro.Ne è stata nominata direttrice una ex docente universitaria, Maria So-lange Sinces Peixoto che svolge l’opera di coordinamento ed organiz-zazione in forma del tutto volontaria. Il percorso di attività è, come prevedibile in una fase di decollo, ancora faticoso a causa di continue esigenze di supporto e verifica.La quasi totalità dei bambini della nostra Scuola Soeira frequenta le attività proposte dal Centro in modo tale da favorire la loro formazio-ne scolastica e umana evitando che nei pomeriggi liberi frequentino le pericolose strade della favela perdendo tempo e quel che è peggio rischiando di esporsi a incontri pericolosi con i protagonisti del narco-traffico e della prostituzione minorile.

Il perché di questa premessa.Abbiamo ritenuto doveroso fare questa estesa premessa poiché nell’am-bito della riorganizzazione delle sue opere parrocchiali Mons Guido ci ha chiesto di sostenere, a partire da quest’anno, il Centro Padre Verone-si al posto della Scuola Soeira che sarà seguita e sostenuta direttamente da un’altra associazione italiana.Noi siamo ben lieti di poter iniziate a sostenere quest’opera sia perché

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79abbiamo contribuito direttamente alla sua costruzione, sia perché porta il nome di un nostro illustre concittadino.Desideriamo inoltre ringraziare Edmilson per l’impegno con il quale ci ha seguito in questi anni, nonostante i numerosi problemi familiari e di salute che ha avuto. A partire da questo momento infatti la nostra referente sarà Maria Solange

Maria Solange, [email protected] i contatti con il Centro e le nostre famiglie: Cristina Garniga [email protected]

* L’Associazione ALECRIM è stata fondata nell’anno 2003 da Mons. Guido e dai suoi parrocchiani per assumere l’organizzazione delle dif-ferenti attività di carattere sociale, culturale, educativo e religioso de-dicate in modo particolare ai bambini e agli adolescenti e alle loro fa-miglie. Tutte queste famiglie risiedono nei rioni più poveri di Salvador, colpiti dalla mancanza di servizi sociali di base per la popolazione re-sidente e dalle violenza dovuta in modo particolare al traffico di droga. Si occupa in particolare di mantenere in funzione: i Centri Educativi Lorenzo Pegoretti; Padre Mario Veronesi, Soeira e Nossa Senhora da Graça, e Padre Virgilio Resi. L’attuale Presidente è la prof. Maria Solange Sinces Peixoto.

La nostra Associazione coordina il servizio del sostegno a distanza per questo Centro. (pag. 22)

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Gianni Cainelli scrive:

UN’ESPERIENZA A CALCUTTA

Sto camminando nei vicoli di una immensa baraccopoli di Calcutta, poco distante dalla Casa di Madre Teresa dove “tentano di vivere” mi-gliaia di famiglie composte da 8-10 -12 persone in tuguri di 7--8 mq costruiti con cartoni, lamiere, cartelloni pubblicitari.Entriamo nello Slum accompagnati dalle Suore. Qui di notte non entra neanche la Polizia. Sulla nuda terra un bambino giace sfinito, ha la pan-cia gonfia per una infezione intestinale. a pochi passi da lui altri bambi-ni arraspano famelici tra mucchi di immondizie fumanti alla ricerca di avanzi di cibo insieme a corvi, cani e topi.L’aria, se si può ancora chiamarla così, è irrespirabile: umidità 98%, 45° di caldo, odore di frittura d’olio e di fogna a cielo aperto. Nuvole di mosche impediscono di parlare.Cerchiamo di andare avanti, accogliendo dentro di noi immagini che non scorderemo più!Un uomo consumato dalla tubercolosi. Il suo corpo sdraiato per terra è un sussulto continuo di colpi di tosse. Accanto alla morte alcuni bam-bini continuano a giocare. Non hanno giochi. Per loro terra e fango possono bastare. Resto particolarmente colpito dallo sguardo assente di una ragazzina di 10 anni, che porta una farfalla di stoffa tra i capelli. Perché quello sguardo? La suora racconta che il padre è sempre ubriaco e picchia la mamma ogni sera. La notte tante ragazzine sono costrette a prostituirsi per por-tare al loro padre poche rupie, che vengono subito spese in bevande

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81alcoliche prodotte dalla distillazione dei rifiuti. In pochi anni portano alla morte o alla pazzia. I bambini che si salveranno sono quelli che po-tranno frequentare una scuola. Ma tutti gli altri avranno come habitat le grandi arterie di Calcutta, una città talmente inquinata che a volte non si vede più il sole. La loro scuola è imparare a rubare e a mendicare. Sono come dei bellissimi fiori, nati nell’immondizia, farfalle che cresceranno con le ali chiuse. Andando avanti le situazioni si ripetono, simili e peg-giori. Uscire dalla baraccopoli è come uscire da un incubo.Questa è una miseria senza dignità. E’ un grido verso il cielo. Una mi-seria che lo sguardo umano non riesce a sopportare.Entriamo in una casa per bambini ammalati, scoppio a piangere davanti a un piccolo idrocefalo di pochi mesi con una testa enorme, gli occhi socchiusi, due flebo nel collo e nella testa. Vorrei non guardarlo negli occhi, tanto è insopportabile la sua sofferenza. Prendo la sua manina e lo accarezzo, ma non ce la faccio a sostenere il suo sguardo.Vorrei chiedere a Dio il perché di tante vite inumane, ma questa è una domanda che non pongo a Lui da tanto tempo, perché nel mio cuore so che anch’io sono tra i responsabili. Non posso più vivere nell’indiffe-renza, perché io ho visto il Cristo nudo, affamato, sfigurato, prostituito, storpiato, annullato. So di poter fare di più come suggerisce quella tal canzone.E lo dirò a tutti quelli che incontro, a quanti vorranno conoscere questa realtà-incubo che appartiene al nostro mondo,un mondo che si trastulla nella tv sonnolenza e dei reality che sono tutto fuorché reali, nelle ab-buffate, nell’accumulo, nell’idea che nel fare del male può bastare.Ognuno impasta la propria coscienza come meglio crede. Io non posso. Ho conosciuto persone splendide, che ora fanno parte della mia nuova vita, l’unica vita che vale la pena davvero di vivere: AMARE.

Calcutta, Vizak, KakinadeAiutiamoli a sentire

In Messico, a Guasave (Sinaloa), è iniziato il progetto “Aiutiamoli a sentire”, con l’inserimento di un duplice impianto cocleare per ridare l’udito a due gemelli nati sordi. Una risposta con il cuore data dal dott. Millo Beltrame ed i suoi amici ad un caso così triste nel quale si era imbattuto nel corso di uno dei suoi numerosi viaggi di lavoro.Assieme ad alcuni amici che lo hanno sostenuto si è deciso di dare con-tinuità a questo impegno in favore dei bambini audiolesi. Il dr. Beltra-

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82 me, che è il Primario del Reparto di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto ritiene infatti, dopo l’esperienza clinica fatta con i bambini bielorussi ospiti di famiglie roveretane, che grazie ad una diagnosi accurata e precoce una grande parte di questi bambini potrebbe essere recuperata tramite l’applicazione di apparec-chi acustici, migliorando in tal modo notevolmente le loro condizioni di vita.Per fare ciò ritiene indispensabile:

1. la formazione di un medico professionalmente qualificato e sensibi-le ai problemi dei meno abbienti;

2. l’organizzazione di un centro di diagnosi mobile debitamente at-trezzato;

3. la fornitura di apparecchi acustici ai bambini a tal fine selezionati.Questi infatti sono gli obiettivi che si intende perseguire a favore dei bambini sordomuti che la missionaria olandese Carin Khieya, cono-sciuta dal Dr. Beltrame grazie a comuni amici di Volano, da anni segue ed aiuta in alcune importanti città indiane.Nei rioni poveri indiani i ragazzi audiolesi vengono di sovente abban-donati dalle famiglie. Molti di essi a causa del deficit auditivo non di rado muoiono a seguito di incidenti stradali. Carin li incontra per stra-da, li accoglie e prima di tutto li reinserisce nuovamente in famiglia impegnandosi a sostenere la loro educazione ed il loro mantenimento. In particolare i ragazzi vengono portati nuovamente alla scuola dell’ob-bligo in modo tale che proseguano gli studi regolari. Quindi Carin ha organizzato tre centri a Calcutta, Vizak e Kakinade dove alla sera or-ganizza attività formativa specifica per loro. Insegna loro l’alfabeto dei sordi (linguaggio gestuale), l’uso del computer, teatro (mimo), danza e musica. Ed il sostegno continua fino al loro inserimento nel modo del lavoro.Inizialmente quindi sono previsti lo stage formativo di un medico india-no presso l’Ospedale Santa Maria del Carmine di Rovereto, l’acquisto di furgone attrezzato per la diagnosi e la fornitura di apparecchi acustici adeguati.

Responsabile del progetto in loco:Carin Khieya [email protected] i contatti: Pierluigi Zanivan [email protected]

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83PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTOZimbabwe: emergenza farmaci,

Burundi: Centro Giovani di Kamenge

REGIONE TRENTINO ALTO ADIGEBurundi: costruzione complesso scolastico

per insegnamento medio superiore a Bugwana

COMUNE DI ROVERETOScuola di Gatumba

COMUNE DI ISERAEmergenza carestia

COMUNITÀ TRAMBILENOCentro Giovani di Kamenge

CROCE ROSSA ITALIANA - RoveretoEmergenza carestia

CROCE ROSSA ITALIANA - SavonaEmergenza carestia

VIGILI DEL FUOCO DI ISERAEmergenza carestia

Amici della Busta - RoveretoOpere dottor Carlo Spagnolli

Amici dell’Uganda - TrentoServizio Farmaci

Amici di RomalloEmergenza carestia

Un amico in più per fermare l’AIDS

A.N.A. - PatoneEmergenza carestia

Gruppo anziani e pensionati - IseraEmergenza carestia

Gruppo Missionario - FolgariaEmergenza carestia

CI SOSTENGONOE LI RINGRAZIAMOCON TUTTO IL CUORE

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84 La Margherita - MoriOpere in Burundi

Life Line Dolomites - Pozza di FassaLogistica container

Nuovi Orizzonti - Villa LagarinaUn amico in più per fermare l’AIDS

Roberto Bazzoni Onlus - MilanoProgrammi Antiretrovirali Zimbabwe

SAT - Società Alpinisti TridentiniUn amico in più per fermare l’AIDS

Sing the GloryUn amico in più per fermare l’AIDS in Zimbabwe

Serenella - RoveretoSostegno dottor Carlo Spagnolli

Unione Medici Missionari Italiani - VeronaFornitura farmaci

Unione Sportiva Borgo SaccoVillaggio San Marcellino

Unione Nazionale Cavalieri Italia Scuola di Gatumba

Villaggio del Fanciullo SOS - TrentoVillaggio San Marcellino

* * *

F.I.D.A.P.A.Fed. Ital. Donne Arti Professione Affari sez. Trento

Un amico in più per fermare l’AIDS in Zimbabwe

LIONS Club Clesio - TrentoVillaggio San Marcellino

CI SOSTENGONOE LI RINGRAZIAMO

CON TUTTO IL CUORE

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85LIONS Club Host - Trento Villaggio San Marcellino

LIONS Club Host - RoveretoVillaggio San Marcellino

LIONS Club San Marco - Rovereto Villaggio San Marcellino e Scuola di Gatumba

LIONS Club Depero - Rovereto Scuola di Gatumba

ROUND TABLE - RoveretoScuola di Gatumba

ROTARY INTERNATIONAL - RoveretoVillaggio san Marcellino

* * *

Istituto d’Arte F. Depero - RoveretoOpere in Zimbabwe

Istituto Marcellino Champagnat - GenovaVillaggio San Marcellino

Istituto Scolastico Sacro Cuore Trinità dei Monti - RomaVillaggio san Marcellino

Istituto Tecnico Commerciale “G. Fontana” - RoveretoCentro Giriteka in Burundi

Liceo Ginnasio “A. Rosmini” - RoveretoVillaggio San Marcelllino

Scuola Elementare di Isera Emergenza carestia

Scuola Media Borgo SaccoEmergenza carestia

Scuola Media Orsi - RoveretoEmergenza carestia

CI SOSTENGONOE LI RINGRAZIAMOCON TUTTO IL CUORE

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86 Scuola Media A. Frank - VillalagarinaEmergenza carestia in Zimbabwe

Scuola Media B. Malfatti - MoriEmergenza carestia in Zimbabwe

* * *

Alimentitalia TrentoEmergenza carestia

Banca Bovio Calderari- RoveretoScuola di Gatumba

Bristol Squibb Myers - LatinaEmergenza farmaci

Cartiere del Garda - Riva del GardaProspetto Associazione

Cassa Rurale IseraOpere in Zimbabwe

Cassa Rurale di MoriOpere in Burundi

Cassa Rurale di RoveretoOpere in Zimbabwe

C.M.B. di Bicelli @ Bianchi RoveretoEmergenza carestia

Cineworldgroup TrentoUn amico in più per fermare l’AIDS

Sostegno a distanza

Cinema Rovereto Un amico in più per fermare Aids,

Sostegno a distanza

Cipriani Profilati - RoveretoVillaggio San Marcellino

CI SOSTENGONOE LI RINGRAZIAMO

CON TUTTO IL CUORE

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87Conserve Italia - Codigoro Emergenza carestia

Diade ArcoAssistenza grafica

EdilcommercialeEmergenza carestia

Elisse informaticaAssistenza informatica

Emmeduetv TrentoUn amico in più per fermare l’AIDS

Errek - TrentoProgrammi antiretrovirali – logistica container

Famiglia Cooperativa IseraEmergenza carestia

Gal-TRECollegio Le Balu

Gruppo Poli ReginaProgrammi antiretrovirali

Icarconserve snc - RoveretoVillaggio San Marcellino

Lisa Immobiliare RoveretoScuola Gatumba

Marzadro Grappe - BrancolinoEmergenza carestia

M.G. srl - MoriEmergenza carestia

Nordstudio Pubblicità dinamica TrentoUn amico in più per fermare l’AIDS

Pedrotti Officine - MoriEmergenza carestia

CI SOSTENGONOE LI RINGRAZIAMOCON TUTTO IL CUORE

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88 Pfizer ItaliaEmergenza farmaci

Tandem PubblicitàUn amico in più per fermare l’AIDS

Tecnoart - BesenelloScuola di Gatumba

Tipolitografia FestiniSostegno a distanza

Zobele GroupZimbabwe: Villaggio San Marcellino,

Centro Spagnolli, emergenza carestia

Uganda: Ma-Ecora Institute

* * *

Autotrasporti Multipli Arcese Spa - GardoloC.M.V. Spa - RonconeGiacca Costruzioni Elettriche - TrentoMartinelli & Benoni srl - Ronzo ChienisRadio Italia Anni 60Radio RTTRSEA srl - TrentoSeldati Service sas - Rovereto

concerto, auditorium Trento

“Un amico in più per fermare l’AIDS in Zimbabwe”

CI SOSTENGONOE LI RINGRAZIAMO

CON TUTTO IL CUORE

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copertina 2011.FH11 Wed Nov 23 08:12:21 2011 Pagina 3

C M Y CM MY CY CMY K

Le mamme ammalate di AIDS conclamato del Centro Spagnolli

di Harare festeggiano Sebastiano Bazzoni.

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copertina 2011.FH11 Wed Nov 23 08:12:21 2011 Pagina 4

C M Y CM MY CY CMY K

AssociazioneSpagnolli � BazzoniONLUSSede: Via Brigata Mantova, 2538068 Rovereto (Tn)

dai una mano anche tu:telefona a: 340 1461593

Scrivi a:[email protected]

Visita il nostro sito web:www.spagnolli-bazzoni.org (in costruzione)rimane provvisoriamente attivo www.assamicispagnolli.org

Cassa Rurale di Rovereto - SedeAbi 08210 - Cab 20800C/c. 124162IT29 I082 1020 8000 0000 0124 162

Cassa Rurale di IseraAbi 8107-5 - Cab 34900.1C/c 6267IT96 N081 0734 9000 0000 0006 267

Poste ItalianeAgenzia di Rovereto CentroAbi 7601 - Cab 01800C/c. 35084813IT26 X076 0101 8000 0003 5084 813

UnicreditMilano CordusioAbi 02008 - Cab 01600C/c. 4736948IT45 U020 0801 6000 0000 4736 948

Codice Fiscale per 5 per mille94024910229

BENEFICI FISCALI PER DONAZIONI:Oneri deducibili ai sensi DL 35/2005 per erogazioni a favore nostra associazione nel limite del10 % del reddito complessivo dichiarato e comunque nella misura massima di � 70mila annui.

Grazie a Andrea Silli, Dario Piconese, Elena Patoner, Rosanna Amigassi,Laura Marcolini, Massimo Festini e Giuliano Tasini per il loro contributoalla realizzazione di questo prospetto.