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G ITAL CARDIOL | vOL 17 | SUPPL 1 AL N 9 2016 3S

Position paper ANMCO: I nuovi anticoagulanti orali nella prevenzione

del tromboembolismo nella fibrillazione atriale: scenari clinici e prospettive future

Federico Nardi1 (Coordinatore), Michele Massimo Gulizia2 (Coordinatore), Furio Colivicchi3 (Coordinatore), Maurizio Giuseppe Abrignani4, Stefania Angela Di Fusco3, Andrea Di Lenarda5, Giuseppe Di Tano6,

Luigi Moschini6, Carmine Riccio7, Paolo Verdecchia8, Iolanda Enea9

1S.O.C. Cardiologia, Ospedale Castelli, Verbania2U.O.C. Cardiologia, Ospedale Garibaldi-Nesima, Azienda di Rilievo Nazionale e Alta Specializzazione “Garibaldi”, Catania

3U.O.C. Cardiologia-UTIC, Presidio Ospedaliero San Filippo Neri, Roma4U.O.C. Cardiologia-UTIC, Ospedale Civile Sant’Antonio Abate, Erice (TP)

5S.C. Centro Cardiovascolare, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata, Trieste6U.O. Cardiologia, Istituti Ospitalieri, Cremona

7Prevenzione e Riabilitazione Cardiopatico, A.O. Sant’Anna e San Sebastiano, Caserta8Medicina Interna, Ospedale di Assisi, Assisi (PG)

9U.O.C. Medicina d’Urgenza, A.O.R.N. S. Anna e S. Sebastiano, Caserta

Revisori del DocumentoRiccardo Cappato, Giuseppe Di Pasquale, Marcello Disertori, Massimo Grimaldi,

Antonio Raviele, Massimo Zoni Berisso

Consensus Document Approval Facultyin Appendice

It is now 4 years since the introduction of the new direct oral anticoagulants into clinical practice. There-fore, the Italian Association of Hospital Cardiologists (ANMCO) has deemed necessary to update the previ-ous position paper on the prevention of thromboembolic complications in patients with non-valvular atrial fibrillation, which was published in 2013. All available scientific evidence has been reviewed, focusing on data derived from both clinical trials and observational registries. In addition, all issues relevant to the practical clinical management of oral anticoagulation with the new direct inhibitors have been considered. Specific clinical pathways for optimal use of oral anticoagulation with the new directly acting agents are also developed and proposed for clinical implementation. Special attention is finally paid to the develop-ment of clinical algorithms for medium and long-term follow-up of patients treated with new oral direct anticoagulants.

Keywords. Anticoagulation; Apixaban; Atrial fibrillation; Dabigatran; Edoxaban; Rivaroxaban.

G Ital Cardiol 2016;17(9 Suppl 1):3S-28S

Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.Per la corrispondenza:Dr.FedericoNardi S.O.C. Cardiologia, Ospedale Castelli, ASL VCO, Via Fiume 18, 28922 Verbania e-mail: [email protected]

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F Nardi et al

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SSN Servizio Sanitario NazionaleTAO terapia anticoagulante oraleTIA attacco ischemico transitorioTTR tempo in range terapeutico

1.FONDAMENTIPERILCLINICOPRATICO

1.1ElementidifarmacologiaclinicadeinuovianticoagulantioraliLa terapia anticoagulante si è arricchita progressivamente nell’arco degli ultimi anni di numerose nuove opzioni. Diversi farmaci con azione diretta su alcuni dei fattori presenti nella cascata enzimatica della coagulazione si sono aggiunti di re-cente alle eparine e agli antagonisti della vitamina K (AVK). Un uso clinico appropriato di questi nuovi agenti terapeuti-ci richiede un’adeguata conoscenza delle loro caratteristiche farmacologiche. In questa sede ci concentreremo sui cosid-detti “nuovi anticoagulanti orali” (NAO). La loro introduzio-ne nella pratica clinica del nostro Paese risale ormai a oltre 2 anni fa; pertanto, una più corretta definizione sarebbe quella di “inibitori orali diretti della coagulazione”1. Questi farmaci, infatti, diversamente dagli AVK, agiscono in modo diretto e selettivo, inibendo un singolo fattore della cascata coagula-tiva (Figura 1).

Dal punto di vista farmacodinamico si possono distingue-re due classi di NAO1,2: (1) gli inibitori diretti della trombina (dabigatran) e (2) gli inibitori diretti del fattore X attivato (FXa) (rivaroxaban, apixaban ed edoxaban). Le principali caratteri-stiche farmacologiche dei diversi NAO sono sintetizzate nella Tabella 1. Nel complesso, questi farmaci condividono alcuni caratteri fondamentali:

– assenza di significativi effetti su aggregazione piastrinica ed emostasi primaria;

– parametri farmacodinamici prevedibili e stabili nel tempo (biodisponibilità, emivita, picco plasmatico dopo sommi-nistrazione orale);

– ridotto potenziale di interazione con alimenti e farmaci di uso comune.

L’insieme di questi elementi determina una minima varia-bilità nella risposta individuale, consente l’uso in dosi fisse e supera il problema del controllo dell’assetto coagulativo nel tempo. Si deve poi sottolineare che il rapido inizio d’azione li rende particolarmente utili nella gestione della terapia an-ticoagulante in pazienti con fibrillazione atriale (FA). Questo particolare aspetto, infatti, consente l’avvio del trattamento senza la necessità di ricorrere inizialmente ad agenti da som-ministrare per via parenterale (“bridging” con eparina sodica non frazionata o eparine a basso peso molecolare). Entro un massimo di 2-4h, infatti, i NAO garantiscono già un’efficace azione anticoagulante. La loro azione, inoltre, termina rapida-mente e il ripristino del normale assetto coagulativo richiede tempi brevi (mediamente 12-24h in caso di normale funzio-nalità renale)1,2.

Come detto, la stabilità farmacocinetica e farmacodina-mica dei NAO rende inutile, inopportuna e potenzialmente fuorviante la verifica dell’assetto coagulativo. Infatti, i risultati dei comuni test della coagulazione non sono utili alla valuta-zione e alla monitorizzazione dell’effetto dei singoli farmaci. Tuttavia, in alcune circostanze può essere necessaria la stima dell’impatto di questi farmaci sulla coagulazione, come, ad esempio, in caso di eventi emorragici o di interventi chirur-gici in emergenza. Nella Tabella 2 sono riportati gli effetti dei

1. Fondamenti per il clinico pratico . . . . . . . . . . . . 4S 1.1 Elementi di farmacologia clinica dei nuovi

anticoagulanti orali . . . . . . . . . . . . . . . 4S 1.2 Efficacia e sicurezza dei nuovi anticoagulanti orali . . . . 5S 1.3 Interazioni farmacologiche . . . . . . . . . . . . 6S 1.4 Gestione delle emorragie in terapia con i nuovi

anticoagulanti orali . . . . . . . . . . . . . . . 11S 2. Indicazioni generali per l’uso dei nuovi anticoagulanti

orali nella pratica clinica . . . . . . . . . . . . . . . 12S 2.1 Le diverse forme di fibrillazione atriale . . . . . . . . 12S 2.1.1 Dabigatran . . . . . . . . . . . . . . . . 12S 2.1.2 Rivaroxaban . . . . . . . . . . . . . . . . 13S 2.1.3 Apixaban . . . . . . . . . . . . . . . . . 13S 2.1.4 Edoxaban . . . . . . . . . . . . . . . . 13S 2.2 Selezione dei pazienti . . . . . . . . . . . . . . 14S 2.2.1 Quali pazienti devono essere trattati con

anticoagulanti . . . . . . . . . . . . . . . 14S 2.2.2 Come scegliere tra antagonisti della vitamina K

e nuovi anticoagulanti orali . . . . . . . . . . 15S 2.3 Vi sono differenze tra i singoli nuovi anticoagulanti orali? . 17S 2.4 Piani terapeutici . . . . . . . . . . . . . . . . 17S 3. Come riconoscere la fibrillazione atriale non valvolare . . . . 19S 3.1 Criteri clinici . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19S 3.2 Definizione operativa per la pratica clinica . . . . . . . 19S 4. Cosa possiamo fare nella fibrillazione atriale valvolare

e nel paziente con protesi valvolare . . . . . . . . . . . 20S 5. Come comportarsi dopo un primo episodio di fibrillazione

atriale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21S 5.1 Stratificazione del rischio, score e limiti . . . . . . . . 21S 6. Ruolo dell’imaging nella stratificazione del rischio

tromboembolico . . . . . . . . . . . . . . . . . . 22S 7. Come organizzare il follow-up dei pazienti in trattamento

con i nuovi anticoagulanti orali . . . . . . . . . . . . 23S 7.1 Un percorso strutturato e “ragionevole” . . . . . . . 23S 7.2 Parametri di laboratorio da controllare . . . . . . . . 23S 7.3 Documenti da fornire al paziente . . . . . . . . . . 24S 8. Gestione della terapia anticoagulante nel paziente

candidato a procedure chirurgiche . . . . . . . . . . . 24S 9. Riassunto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25S10. Appendice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25S11. Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26S

ABBREVIAZIONIEACRONIMIACC American College of CardiologyAFFIRM Atrial Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm

ManagementAHA American Heart AssociationAIAC Associazione Italiana di Aritmologia e

CardiostimolazioneAIFA Agenzia Italiana del FarmacoANMCO Associazione Nazionale Medici Cardiologi OspedalieriaPTT tempo di tromboplastina parziale attivatoARISTOTLE Apixaban for Reduction in Stroke and Other

Thromboembolic Events in Atrial FibrillationASSERT Atrial Fibrillation Reduction Atrial Pacing TrialAVK antagonisti della vitamina KCrCl clearance della creatininadTT tempo di trombina diluitoEHRA European Heart Rhythm AssociationENGAGE AF- Effective Anticoagulation with Factor Xa NextTIMI 48 Generation in Atrial Fibrillation - Thrombolysis in

Myocardial Infarction 48ESC Società Europea di CardiologiaFA fibrillazione atrialeFXa fattore X attivatoHR hazard ratioHRS Heart Rhythm SocietyIC intervallo di confidenzaINR international normalized ratioISTH International Society on Thrombosis and HaemostasisMMG medico di medicina generaleNAO nuovi anticoagulanti oraliNICE National Institute for Health and Care ExcellencePCC concentrato del complesso protrombinicoP-gp P-glicoproteinaPT tempo di protrombinaRE-LY Randomized Evaluation of Long-Term Anticoagulation

TherapyROCKET AF Rivaroxaban Once Daily Oral Direct Factor Xa Inhibition

Compared with Vitamin K Antagonism for Prevention of Stroke and Embolism Trial in Atrial Fibrillation

RR rischio relativoSPAF Stroke Prevention in Atrial Fibrillation

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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tamento convenzionale con il warfarin11, i NAO sono risultati in grado di ottenere:

– un’ulteriore riduzione del 19% del rischio combinato di ictus ed eventi embolici (rischio relativo [RR] 0.81, interval-lo di confidenza [IC] 95% 0.73-0.91; p<0.0001);

– un’ulteriore riduzione del 10% del rischio di morte da tut-te le cause (RR 0.90, IC 95% 0.85-0.95; p=0.0003).

Per quanto riguarda la sicurezza dei NAO rispetto al trat-tamento convenzionale con warfarin, l’aspetto di maggiore rilievo emerso nei grandi studi di fase III è la consistente ridu-zione del rischio di eventi emorragici cerebrali11. In effetti, la terapia con i NAO riduce il rischio di incorrere in una emor-ragia cerebrale durante terapia anticoagulante del 52% (RR 0.48, IC 95% 0.39-0.59; p<0.0001). D’altro canto, negli studi clinici la terapia con i NAO si accompagna ad un modesto in-cremento dei rischio di emorragie digestive, che si pone, tut-tavia, ai limiti della significatività statistica (RR 1.25, IC 95% 1.01-1.55; p=0.04).

I dati dei grandi studi registrativi sono stati sostanzialmen-te confermati nelle diverse indagini osservazionali condotte dopo l’introduzione dei NAO nella pratica clinica. Informa-zioni molto confortanti, infatti, emergono dal confronto tra warfarin e NAO nel cosiddetto “mondo reale”12-16. Tutti gli studi di osservazione mostrano una coerente superiorità dei NAO rispetto al warfarin in termini di riduzione degli eventi cerebrovascolari ed embolici12-16. Anche la sicurezza, inoltre, risulta superiore per i NAO rispetto al warfarin12-16. In par-ticolare, la terapia con i NAO comporta invariabilmente un minor rischio di eventi emorragici, tanto maggiori che minori,

diversi NAO sui vari test coagulativi e la loro possibile utilità pratica3. Si deve, comunque, precisare che la valutazione dei singoli test deve sempre tenere conto della distanza dall’ulti-ma assunzione del farmaco e dell’emivita dell’agente conside-rato. Un test effettuato entro 3-6h dall’ultima assunzione sarà condizionato, verosimilmente, dal picco di concentrazione del farmaco. Al contrario, esami condotti a distanza di 12-24h dall’ultima somministrazione potranno essere utili alla verifica dell’effetto residuo del farmaco.

1.2EfficaciaesicurezzadeinuovianticoagulantioraliLa FA è l’aritmia cardiaca sostenuta più comune ed è presen-te nel 2% circa della popolazione generale del nostro Pae-se4. La presenza di questa aritmia comporta un rischio medio di ictus cerebrale pari a circa il 4-5% per anno, superiore di oltre 5 volte rispetto a quanto rilevabile nei soggetti che ne sono privi5,6. Per oltre 60 anni gli AVK sono stati il principa-le presidio terapeutico in molte patologie ad elevato rischio tromboembolico, tra le quali la FA. Gli studi clinici randomiz-zati e controllati hanno dimostrato che gli AVK riducono del 64% il rischio relativo di ictus (riduzione assoluta del 2.8% in prevenzione primaria e dell’8.5% in prevenzione secon-daria) rispetto al placebo nei pazienti con FA non valvolare5.

Negli ultimi anni, dopo la presentazione di 4 grandi trial di fase III, i NAO sono emersi come una valida alternativa agli AVK7-10. Nel loro insieme, infatti, i 4 studi hanno dimostra-to la “non inferiorità” dei NAO rispetto al warfarin, aprendo la strada a nuove possibilità di intervento per la prevenzione degli eventi embolici nella FA non valvolare (Tabella 3). In par-ticolare, considerati nel loro insieme e confrontati con il trat-

Figura 1  

     

Pro‐Trombina (II)

Trombina (IIa)

Fibrinogeno (I)

Fibrina (Ia)

Inibitori del Fa ore Xa Rivaroxaban Apixaban Edoxaban

Inibitori del la Trombina Dabigatran

Figura1.Sito d’azione dei nuovi anticoagulanti orali sulla cascata coagulativa.

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1.3InterazionifarmacologicheLe interazioni farmacologiche esercitate dai NAO sono gene-ralmente di entità inferiore rispetto a quelle esercitate dai tra-dizionali AVK. Allo scopo di inquadrare correttamente questo

incluse le emorragie digestive14,15, anche se per queste ultime esistono alcuni dati discordanti. Dalla pratica clinica emergo-no, pertanto, forti conferme in favore dell’uso dei NAO nei pazienti con FA non valvolare.

Tabella1.Principali caratteristiche farmacologiche dei nuovi anticoagulanti orali.

Dabigatran Rivaroxaban Apixaban Edoxaban

Meccanismo d’azione Inibitore diretto della trombina

Inibitore diretto del fattore Xa

Inibitore diretto del fattore Xa

Inibitore diretto del fattore Xa

Profarmaco SìConvertito da esterasi nella forma attiva

No No No

Biodisponibilità 6-7% 70% senza il cibo >90% con il cibo

50-66% 60%

Legame con proteine plasmatiche

35% 90-95% 80-90% 40-50%

Picco plasmatico dopo somministrazione orale

1-2h 2-4h 1-3h 1-2h

Emivita 12-17hIncremento in caso di disfunzione renale (23-35h)

5-9hIncremento con l’età e in caso di disfunzione renale (11-13h)

8-15hIncremento con l’età e in caso di disfunzione renale

10-14hIncremento con l’età e in caso di disfunzione renale

Eliminazione renale 80-85% 35% 25-30% 35% della dose somministrata e 50% di quella assorbita

Eliminazione non renale

15-20% 65% 70-75% 50%

Dializzabilità Sì No No No

Assunzione Con o senza ciboLe capsule devono essere assunte intatte; in caso di rottura della capsula può aumentare la biodisponibilità

Raccomandata con il cibo Con o senza cibo Con o senza cibo

Interazione con citocromi epatici

No Sì Sì Modesta

Interazione con P-gp Sì Sì Sì Sì

Dosaggio 150 mg bid

110 mg bid per: – età >80 anni – GFR 30-50 ml/min – terapia con verapamil – alto rischio emorragico

(HAS-BLED >3)

20 mg/die in mono-somministrazione

15 mg/die per: – GFR 15-50 ml/min – alto rischio emorragico

(HAS-BLED >3)

5 mg bid

2.5 mg bid in caso siano presenti 2 dei seguenti criteri: – età >80 anni – peso <60 kg – GFR 15-30 ml/min

60 mg/die in mono-somministrazione

30 mg/die per GFR 15-50 ml/min

– peso ≤60 kg – terapia concomitante

con:• ciclosporina• dronedarone• eritromicina• ketoconazolo

Controindicazioni Epatopatia cronica (classe Child-Pugh B e C) GFR <30 ml/minUso forti inibitori P-gp (dronedarone, ketoconazolo, ciclosporine, itraconazolo)

Epatopatia cronica (classe Child-Pugh B e C) GFR <15 ml/minUso forti inibitori/attivatori P-gp e citocromo P450 3A4 (inibitori delle proteasi HIV, carbamazepina, fenobarbitale, ketoconazolo, ciclosporine)

Epatopatia cronica (classe Child-Pugh B e C) GFR <15 ml/minUso forti inibitori/attivatori P-gp e citocromo P450 3A4 (inibitori delle proteasi HIV, carbamazepina, fenobarbitale, ketoconazolo, ciclosporine)

Epatopatia cronica severa GFR <15 ml/minUso forti inibitori P-gp, carbamazepina (cautela), fenobarbitale (cautela)

GFR, velocità di filtrazione glomerulare; P-gp, P-glicoproteina.

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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nel tratto gastrointestinale e metabolizzato all’incirca per il 50% nel fegato, seppure con scarso impegno del sistema dei citocromi P3A420, e per il 50% nel rene21.

Tutti i NAO sono substrati per la P-glicoproteina (P-gp), importante glicoproteina di membrana formata da 1280 aminoacidi ed appartenente alla famiglia dei trasportatori di membrana ABC (ATP-binding cassette), funzionante come pompa di efflusso transmembranico dei suoi substrati dall’in-terno all’esterno delle cellule. La P-gp consiste di due metà omologhe che includono 6 substrati transmembrana e un sito in grado di legare in quanto il trasporto transmembranico dei substrati richiede consumo di energia. La P-gp, inizialmente identificata nelle cellule tumorali e ritenuta meccanismo cau-sa di resistenza ai farmaci antineoplastici, è presente in molti tessuti normali, funzionando finalisticamente come agente protettivo contro sostanze potenzialmente tossiche per l’am-biente intracellulare. La P-gp è in grado di trasportare una notevole varietà di composti chimici strutturalmente anche molto diversi tra loro, molti dei quali sono anche substrati per l’isoenzima CYP3A4. La P-gp limita l’assorbimento di diversi

aspetto, è bene tenere presente alcuni punti fondamentali relativi all’assorbimento, metabolismo ed eliminazione dei di-versi NAO.

Come è schematizzato in Figura 2, tutti i NAO sono as-sorbiti a livello intestinale, con una biodisponibilità estrema-mente variabile dal 3-7% (dabigatran) al 100% (rivaroxaban, qualora somministrato durante i pasti). Il dabigatran viene assorbito come dabigatran etexilato (inattivo), convertito nel fegato e nel plasma a dabigatran attivo, il quale viene elimi-nato per circa l’80% per via renale e solo in minima parte per via epatica, senza interferire con il sistema dei citocromi P45017. Il rivaroxaban viene rapidamente assorbito dall’intesti-no in forma attiva e metabolizzato per circa il 65% nel fegato con impegno del sistema dei citocromi P3A4, P3A5 e P2J2, in assenza di metaboliti attivi18. L’apixaban viene ampiamen-te assorbito nel tratto intestinale in forma attiva (per il 50% nella parte distale del tenue e nel colon ascendente) e viene metabolizzato per circa il 73% nel fegato con impegno del sistema dei citocromi essenzialmente P3A4, P3A5, in assenza di metaboliti attivi19. L’edoxaban viene rapidamente assorbito

Tabella2.Effetti dei diversi nuovi anticoagulanti orali sui test coagulativi e loro possibile utilità pratica (in corsivo le informazioni relative ai test di maggiore utilità).

Dabigatran Rivaroxaban Apixaban Edoxaban

INR Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Tempo di protrombina (PT)

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Prolungato in modo non prevedibile.Valori normali escludono un effetto del farmaco.

Prolungato in modo non prevedibile.Valori normali escludono un effetto del farmaco.

Prolungato in modo non prevedibile.Valori normali escludono un effetto del farmaco.

Tempo di tromboplastina parziale attivato (aPTT)

Prolungato.Fornisce una valutazione qualitativa dell’effetto del farmaco. Valori normali escludono un effetto del farmaco.Valori superiori a 2 volte la norma a 12h dall’ultima dose suggeriscono un aumentato rischio emorragico.

Può essere prolungato in modo non prevedibile.

Può essere lievemente prolungato in modo non prevedibile.

Può essere prolungato in modo non prevedibile.

Tempo di trombina diluito (dTT)

Prolungato con una correlazione lineare con la concentrazione del farmaco.Valori normali escludono un effetto del farmaco.

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Tempo di ecarina (ECT)

Prolungato con una correlazione lineare con la concentrazione del farmaco.Valori normali escludono un effetto del farmaco.Valori superiori a 3 volte la norma a 12h dall’ultima dose suggeriscono aumentato rischio emorragico

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Valutazione dell’attività anti-Xa con metodo cromogenico

Non utilizzare.Genera valori inattendibili.

Fornisce informazioni quantitative sulla presenza e concentrazione del farmaco.Non disponibili dati sui valori soglia che comportano un aumento del rischio emorragico.

Fornisce informazioni quantitative sulla presenza e concentrazione del farmaco.Non disponibili dati sui valori soglia che comportano un aumento del rischio emorragico.

Fornisce informazioni quantitative sulla presenza e concentrazione del farmaco.Non disponibili dati sui valori soglia che comportano un aumento del rischio emorragico.

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Tabella3. Gli studi di fase III sui nuovi anticoagulanti orali.

Dabigatran Rivaroxaban Apixaban Edoxaban

StudioN. pazientiEtà (anni)Sesso femminileFibrillazione atriale parossistica

RE-LY18 11372 ± 937%32%

ROCKET AF14 26673 [65-78]40%18%

ARISTOTLE18 20170 [63-76]35%15%

ENGAGE AF-TIMI 4821 10572 [64-78]38%25%

CHA2DS2-VASc score Medio 2.10-1: 32%2: 35%3-6: 33%

Medio 3.50-1: 0%2: 13%3-6: 87%

Medio 2.10-1: 34%2: 36%3-6: 30%

Medio 2.8 0-1: 0%2: 47%3-6: 53%

Disegno dello studio PROBE (prospective, randomized, open-label, blinded endpoint evaluation)

Doppio cieco - double dummy

Doppio cieco - double dummy

Doppio cieco - double dummy

Endpoint primario Incidenza di ictus o embolia sistemica

Incidenza di ictus o embolia sistemica

Incidenza di ictus o embolia sistemica

Incidenza di ictus o embolia sistemica

Pazienti randomizzati a warfarin

6022 7013 9081 7036

INR target nei pazienti randomizzati a warfarin

2.0-3.0 2.0-3.0 2.0-3.0 2.0-3.0

TTR mediano nei pazienti randomizzati a warfarin

67% 58% 66% 68%

Dosaggio NAO 150 mg bid (n=6076), oppure110 mg bid (n=6015)

20 mg/die in mono-somministrazione (n=7131)

Riduzione della dose a 15 mg/die in caso di CrCl 30-49 ml/min

5 mg bid (n=9120)

Riduzione della dose a 2.5 mg bid nei pazienti che presentavano almeno 2 dei seguenti fattori di rischio: – età >80 anni – severa riduzione della

funzione renale, – peso <60 kg

60 mg/die in mono-somministrazione (n=7035), oppure 30 mg/die in mono-somministrazione (n=7034)

Riduzione della dose alla metà in caso di: – CrCl 30-50 ml/min – peso <60 kg – uso di verapamil,

chinidina o dronedarone

Follow-up mediano (anni) 2.0 1.8 1.9 2.8

Endpoint primario(eventi/100 pazienti/anno)

Dabigatran 150: 1.12%Dabigatran 110: 1.54%Warfarin: 1.72%

Rivaroxaban: 1.7%

Warfarin: 2.2%

Apixaban: 1.27%

Warfarin: 1.60%

Edoxaban 60 mg: 1.18%Edoxaban 30 mg: 1.61%Warfarin: 1.5%

Analisi Intention-to-treat Per protocol Intention-to-treat Intention-to-treat modificata

P di non inferiorità dei NAO vs warfarin

p<0.001 per entrambi i dosaggi

p<0.001 p<0.001 p<0.001 per il dosaggio di 60 mgp=0.005 per il dosaggio di 30 mg

P di superiorità dei NAO vs warfarin

p<0.001 per il dosaggio di 150 mg

p=0.01 p=0.02 per il dosaggio di 60 mg

Ictus emorragico(eventi/100 pazienti/anno)

Dabigatran 150: 0.12%Dabigatran 110: 0.10%Warfarin: 0.38%p<0.001 per entrambi i dosaggi

Rivaroxaban: 0.26%

Warfarin: 0.44%p=0.02

Apixaban: 0.24%

Warfarin: 0.47%p<0.001

Edoxaban 60 mg: 0.26%Edoxaban 30 mg: 0.16%Warfarin: 0.47%p<0.001 per entrambi i dosaggi

Sanguinamenti maggiori(eventi/100 pazienti/anno)

Dabigatran 150: 3.40%Dabigatran 110: 2.92%Warfarin: 3.61%p=0.003 per i 110 mgp=0.41 per i 150 mg

Rivaroxaban: 3.6%

Warfarin: 3.40%p=0.58

Apixaban: 2.13%

Warfarin: 3.09%p<0.001

Edoxaban 60 mg: 2.75%Edoxaban 30 mg: 1.61%Warfarin: 3.43%p<0.001 per entrambi i dosaggi

CrCl, clearance della creatinina; NAO, nuovi anticoagulanti orali; TTR, tempo in range terapeutico.

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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con conseguenti bassi livelli ematici dei NAO e aumento del rischio di eventi tromboembolici.

Le Tabelle 4-6, riprese e parzialmente modificate dalle li-nee guida della European Heart Rhythm Association (EHRA)22, mostrano gli effetti di alcuni farmaci sulle concentrazioni pla-smatiche dei NAO, effetti esercitati a seguito della competi-zione sia con la P-gp sia con il sistema dei citocromi epatici.

Per quanto riguarda i farmaci cardiovascolari (Tabella 4), il dronedarone, potente inibitore della P-gp, è in grado di aumentare le concentrazioni plasmatiche del dabigatran fino al 70-100% ed è pertanto sconsigliato in associazio-ne con questo NAO. Tuttavia, va segnalato che l’Adverse Reporting System Database della Food and Drug Admini-

farmaci a vari livelli: a livello intestinale spostandoli dagli en-

terociti al lume intestinale, a livello renale trasferendoli dalle

cellule del lume tubulare alle urine, e a livello epatico spostan-

doli dagli epatociti alla bile. La P-gp svolge analoghe funzioni

a livello dei testicoli e del sistema nervoso centrale.

Pertanto, tutti i farmaci inibitori della P-gp e/o del sistema

dei citocromi, prevalentemente P3A4, sono potenzialmente

in grado di aumentare la biodisponibilità dei NAO, elevando

le concentrazioni ematiche di questi farmaci fino a causare

un aumento del rischio di eventi emorragici. Viceversa, tutti i

farmaci in grado di indurre (potenziare) la P-gp e il sistema dei

citocromi P3A4 possono ridurre la biodisponibilità dei NAO,

Figura 2   

         

P-gpBiodisponibilitàDabigatran: 3-7%Rivaroxaban:

66% (senza cibo)100% (con cibo)

Apixaban: 50%Edoxaban: 62%

Metabolismo EpaticoDabigatran: ~20% (no CYP 450)Rivaroxaban: ~ 65% (CYP3A4, CYP3A5, CYP 2J2)Apixaban: ~73% (CYP3A4)Edoxaban:~50% (~4% CYP3A4)

Metabolismo RenaleDabigatran: ~80%Rivaroxaban: ~ 35%Apixaban: ~27%Edoxaban:~50%

Emivita (t1/2)•Dabigatran: 12-17 h•Rivaroxaban: 5-9 h (giovani)11-13 h (anziani)

•Apixaban: 12 h•Edoxaban: 10-14 h

Figura2.Assorbimento intestinale, metabolismo ed emivita dei nuovi anticoagulanti orali.

Tabella4. Interazioni tra i nuovi anticoagulanti orali ed alcuni farmaci cardiovascolari.

Meccanismo Dabigatran Rivaroxaban Apixaban Edoxaban

Amiodarone Modesta competizione con P-gp +12-60% Effetti “minori”Cautela se GFR <50 ml/min

No dati +40%

Digossina Competizione con P-gp No effetti No effetti No dati No dati

Diltiazem Competizione con P-gpLieve inibizione di CYP3A4

No effetti Effetti “minori”Cautela se GFR 15-50 ml/min

+40% No dati

Dronedarone Competizione con P-gpInibizione di CYP3A4

+70-100%USA: 75 mg bid se GFR 30-50 ml/min

No dati: cautela

No dati: cautela

+85%Ridurre dose del 50%

Chinidina Competizione con P-gp +53% No dati: cautela No dati +77%

Verapamil Competizione con P-gpLieve inibizione di CYP3A4

+12-180%Ridurre dose e assumere simultaneamente

Effetti “minori”Cautela se GFR 15-50 ml/min

No dati +53%

Atorvastatina Competizione con P-gpInibizione di CYP3A4

+18%No effetti

No effetti No dati No effetti

GFR, velocità di filtrazione glomerulare; P-gp, P-glicoproteina.Adattata da Heidbuchel et al.22.

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forte o fortissimo effetto inibitorio sulla P-gp e generalmen-te anche sul sistema dei citocromi epatici. Pertanto, le con-centrazioni plasmatiche di tutti i NAO possono aumentare in misura anche molto importante in associazione con questi farmaci. Ad esempio, si stima che le concentrazioni plasma-tiche del dabigatran possano aumentare fino al 138% dopo dose singola, e fino al 153% dopo dosi ripetute di 400 mg di ketoconazolo26. Considerazioni analoghe possono essere fatte per gli altri NAO. Al contrario, la rifampicina funziona da forte induttore della P-gp e dei citocromi epatici P3A4 e P2, portando quindi ad un effetto opposto consistente nella riduzione dei livelli plasmatici dei NAO. Per quanto riguar-da l’edoxaban, nello studio ENGAGE AF-TIMI 48 le dosi di questo farmaco venivano dimezzate nei pazienti che assu-mevano farmaci forti inibitori della P-gp includendo il keto-conazolo10. Tale pratica potrebbe quindi essere riproposta nella pratica clinica, seppure con grande cautela. Sempre per l’edoxaban, uno studio di interazione ha mostrato livelli plasmatici di questo NAO di circa il 35% più bassi nei pa-zienti co-trattati con rifampicina27.

Per quanto riguarda i farmaci antagonisti dei recettori H2, gli inibitori di pompa protonica e gli antiacidi, questi farmaci possono ritardare, in misura minore, l’assorbimento intestina-le dei NAO, senza tuttavia indurre interferenze farmacologi-che o cliniche di rilievo (Tabella 6).

Esistono anche sostanze in grado di indurre l’attività della P-gp e del sistema dei citoctomi epatici. Tra queste, la rifampicina, alcuni farmaci antiepilettici (carbamazepi-na, fenobarbital e fentoina) e l’Hypericum perforatum, una pianta del genere Hypericum con proprietà antidepressive e antivirali che raggiunge la massima fioritura intorno alla fine di giugno (da qui il nome di “erba di San Giovanni”). Inducendo una maggiore attività della P-gp, queste sostanze portano ad un’aumentata eliminazione dei NAO dall’orga-nismo, con conseguente riduzione delle loro concentrazioni plasmatiche.

stration non ha riscontrato alcun aumento delle complican-ze emorragiche nei pazienti che assumevano dabigatran e dronedarone in associazione23. Altri farmaci di frequente impiego nei pazienti con FA, come la digossina, il diltiazem e l’atorvastatina, in grado di inibire debolmente la P-gp, non mostrano effetti di rilievo sulle concentrazioni plasmatiche di dabigatran, mentre l’amiodarone, la chinidina e il verapamil ne possono comportare un lieve incremento. Una sottoana-lisi dello studio ENGAGE AF-TIMI 48 (Effective Anticoagu-lation with Factor Xa Next Generation in Atrial Fibrillation - Thrombolysis in Myocardial Infarction 48) ha mostrato che la contemporanea somministrazione di amiodarone poten-zia l’effetto antitrombotico della bassa dose di edoxaban (30 mg), verosimilmente attraverso l’aumento dei suoi livelli plasmatici, senza modificare il rischio di complicanze emor-ragiche. Al contrario, efficacia e tollerabilità della dose di edoxaban (60 mg) non venivano influenzate dalla sommini-strazione di amiodarone24. Per quanto riguarda il verapamil, questo farmaco andrebbe somministrato circa 2h dopo il dabigatran, allo scopo di minimizzare l’interazione farmaco-logica. Anche in questo caso, non è stato riscontrato alcun aumento delle complicanze emorragiche nei pazienti che assumevano dabigatran in combinazione con verapamil o amiodarone25. Per quanto riguarda il rivaroxaban, che viene comunque eliminato per circa il 30% per via renale, si rac-comanda cautela nei pazienti co-trattati con amiodarone, diltiazem, dronedarone, chinidina o verapamil, soprattutto se la velocità di filtrazione glomerulare è tra 15 e 50 ml/min. Stessa considerazione per l’apixaban in presenza di simul-tanea somministrazione di dabigatran o dronedarone, e di edoxaban nei pazienti co-trattati con amiodarone, drone-darone, chinidina o verapamil. Nello studio ENGAGE AF-TI-MI 48, le dosi di edoxaban venivano dimezzate nei pazienti co-trattati con verapamil o chinidina10.

La Tabella 5 mostra le interazioni tra NAO e alcuni farma-ci antibiotici, antivirali e antineoplastici. Si tratta di farmaci a

Tabella5. Interazioni tra i nuovi anticoagulanti orali ed alcuni farmaci antibiotici, antivirali ed antineoplastici.

Meccanismo Dabigatran Rivaroxaban Apixaban Edoxaban

EritromicinaClaritromicina

Competizione con P-gpLieve inibizione di CYP3A4

+15-20% +30-54% No dati +90%Ridurre dose del 50%

Rifampicina Induttore P-gp/BCRP e CYP3A4/CYP2

-66% Fino a -50% -54% -35%(con aumento metaboliti attivi)

Inibitori proteasi HIV (ritonavir, ecc.)

Competizione con P-gp/BCRP e CYP3A4/CYP2Inibizione di CYP3A4

No dati +153% Forte aumento No dati

Fluconazolo Modesta inibizione di CYP3A4

No dati +42%(somministrazione sistemica)

No dati No dati

KetoconazoloItraconazoloPosaconazoloVoriconazolo

Potente inibizione di P-gpCompetizione con BCRPInibizione di CYP3A4

+140-150%USA: 75 mg bid se GFR 30-50 ml/min

Fino a +160% +100% +87-95%Ridurre dose del 50%

CiclosporinaTacrolimus

Competizione con P-gp Non raccomandato Non noto No dati +73%

BCRP, breast cancer resistance protein; GFR, velocità di filtrazione glomerulare; P-gp, P-glicoproteina.Adattata da Heidbuchel et al.22.

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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Un paziente trattato con terapia anticoagulante in corso di evento emorragico prevede una valutazione dell’assetto emocoagulativo con un esame ematochimico in emergenza. La maggior parte delle molecole utilizzate fino “all’altro ieri” (eparina non frazionata, AVK) avevano come prerogativa la difficile standardizzazione delle dosi che variavano a seconda dei parametri riscontrati (tempo di tromboplastina parziale attivato [aPTT], international normalized ratio [INR]) mentre seppur i NAO e le eparine a basso peso molecolare hanno permesso di stabilire un rapporto standardizzato tra dose ed effetto, in caso di evento emorragico si rende ugualmente necessario conoscere il livello di attività anticoagulante in quel dato momento. A tale scopo con i NAO risulta pressoché inu-tile il dosaggio dell’INR, mentre l’attività di inibizione del FXa ha una stretta correlazione con la concentrazione plasmatica di apixaban, rivaroxaban ed edoxaban, l’aPTT e il tempo di trombina diluito (dTT) mostra una buona correlazione con la concentrazione plasmatica di dabigatran.

Il percorso terapeutico di tali pazienti non deve prescinde-re da un’attenta valutazione del rapporto tra rischio tromboti-co ed emorragico (CHA2DS2-VASc e HAS-BLED score).

Nella maggior parte dei casi, grazie alla breve emivita dei NAO, la sospensione del farmaco permette di ricostituire il fisiologico assetto coagulativo nell’arco di poche ore, men-tre altri provvedimenti terapeutici che possono essere presi in considerazione sono:

– limitazione dell’assorbimento a livello intestinale con la somministrazione tempestiva (entro 2-3h dall’assunzione del NAO) di carbone vegetale attivo;

– posticipare o interrompere la somministrazione della suc-cessiva dose di farmaco;

– incremento dell’eliminazione tramite emodialisi; – somministrazione di liquidi per il ripristino della volemia e

del compenso emodinamico; – emostasi meccanica con compressione diretta, intervento

chirurgico o procedura di embolizzazione endovascolare; – somministrazione di emoderivati (concentrati eritrocitari,

plasma fresco congelato, piastrine); – utilizzo di concentrati del complesso protrombinico (PCC)

a 4 fattori; – somministrazione di fattore VII attivato ricombinante10; – complesso protrombinico attivato.

Pertanto considerata la delicatezza della questione, nono-stante i risultati confortanti dei trial, è utile una strategia di trat-

1.4GestionedelleemorragieinterapiaconinuovianticoagulantioraliUno dei maggiori timori sull’utilizzo dei NAO da parte degli addetti ai lavori è il rischio di complicanze emorragiche. Tali eventi, post-traumatici o spontanei, possono essere quanti-tativamente variabili e pertanto richiedere un provvedimento medico più appropriato e opportuno. Secondo la definizio-ne dell’International Society on Thrombosis and Haemostasis (ISTH), possiamo dividere i sanguinamenti in maggiori e mino-ri, dove per definire un “sanguinamento maggiore” dovremo trovarci in una delle seguenti condizioni:

– sanguinamento fatale; – sanguinamento sintomatico coinvolgente un’area critica o

organo (es. intracranico, intraspinale, intraoculare, retro-peritoneale, intra-articolare o pericardico);

– riduzione del valore di emoglobina ≥2 g/dl, o in caso risulti necessaria una trasfusione di ≥2 unità di sangue fresco o di emazie concentrate.

Si intendono, invece come “sanguinamenti minori” tutti i sanguinamenti non contemplati tra i precedenti.

I NAO hanno mostrato, attraverso numerosi studi di fase III, e stanno mostrando nei trial in corso, un maggiore profilo di sicu-rezza e una minore incidenza di sanguinamenti rispetto agli AVK.

Per la stratificazione del rischio emorragico nel corso degli anni sono stati utilizzati vari algoritmi, tra cui lo score HEMOR-R2HAGES28, che però comprendeva tra le proprie variabili dati di farmacogenetica, e gli algoritmi HAS-BLED e ATRIA.

Davanti a un paziente con episodio emorragico in atto sono fondamentali sia una corretta anamnesi sia un esame obiettivo accurato, che permettono di prendere in considera-zione alcune variabili utili alla stratificazione del rischio, quali il tipo di terapia anticoagulante assunta, la dose, l’eventuale concomitante assunzione di altri farmaci quali antiaggreganti piastrinici o altre molecole che possano interferire con la far-macocinetica e farmacodinamica della molecola anticoagu-lante, la possibile insufficienza renale e/o epatica, crisi iperten-siva, traumatismo. Inoltre, un appropriato approccio clinico al paziente deve permettere di orientarci se siamo di fronte a un sanguinamento maggiore in atto o imminente. La diagnosi non è sempre agevole, soprattutto in presenza di un trauma-tismo. Infatti, spesso il percorso diagnostico è più indaginoso come nel caso di emorragie spontanee non immediatamente evidenti (retroperitoneali, intracerebrali, ecc.) magari in caso di sovradosaggio del farmaco.

Tabella6. Interazioni tra i nuovi anticoagulanti orali ed altri farmaci di frequente impiego.

Meccanismo Dabigatran Rivaroxaban Apixaban Edoxaban

Naproxen Competizione con P-gp No dati No dati +55% Aumento tempo di sanguinamento

Bloccanti H2

Inibitori di pompa protonicaIdrossido Al-Mg

Assorbimento gastrointestinale

-12-30% No effetti No effetti No effetti

CarbamazepinaFenobarbitalFentoinaErba di S. Giovanni

Induttore P-gp/BCRP e CYP3A4/CYP2

-66% Fino a -50% -54% -35%

BCRP, breast cancer resistance protein; P-gp, P-glicoproteina.Adattata da Heidbuchel et al.22.

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zione di FA parossistica solo i pazienti con ripristino spontaneo del ritmo sinusale entro un massimo di 7 giorni dall’esordio, spostando nella definizione di FA persistente tutti i pazienti che richiedono cardioversione elettrica o farmacologica, an-che dopo qualche ora o qualche giorno dall’inizio della FA31.

Nella valutazione dell’efficacia antitrombotica e della si-curezza dei NAO in relazione alle diverse forme di FA, van-no considerati altri importanti fattori confondenti tra i quali il diverso impiego di farmaci anticoagulanti e antiaggreganti piastrinici nei vari studi, le dimensioni del campione, anche molto diverse da studio a studio, e le diverse tecniche, più o meno accurate, nella raccolta e nella validazione degli eventi cerebrovascolari32.

Alla luce di queste considerazioni, esistono risultati piutto-sto divergenti in letteratura sulla relazione tra tipo di FA e ri-schio di ictus cerebrale. In alcuni studi, il rischio di ictus non ha mostrato differenze tra i pazienti con FA parossistica e quelli con FA persistente o permanente33-36, mentre in altri studi i pazienti con FA parossistica hanno mostrato un minore rischio di ictus rispetto a quelli con FA parossistica o permanente37-41.

Esistono in letteratura alcune sottoanalisi dei principali studi di outcome condotti con i NAO, che hanno permesso di evidenziare il comportamento di ogni singolo NAO, rispet-to al warfarin, nei pazienti con FA parossistica, persistente o permanente.

2.1.1 DabigatranIn una sottoanalisi dello studio RE-LY (Randomized Evaluation of Long-Term Anticoagulation Therapy)42, 5943 pazienti sono risultati affetti da FA parossistica, 5789 da FA persistente e 6375 da FA permanente al momento del loro ingresso nello studio. Cumulando i trattamenti antitrombotici previsti dallo studio (warfarin, dabigatran), l’incidenza dell’endpoint primario (ictus cerebrale/embolia sistemica) per 100 pazienti per anno è risul-tata pari a 1.32 nella FA parossistica, 1.55 nella FA persistente e 1.49 nella FA permanente. Analogamente, l’incidenza di emor-ragie maggiori risultata pari a 3.57 nella FA parossistica, 3.29 nella FA persistente e 2.92 nella FA permanente.

Come si vede in Figura 3, la dose più alta di dabigatran (150 mg bid) è risultata superiore al warfarin sulla riduzione

tamento che permetta, in caso di necessità, una veloce anta-gonizzazione dell’effetto anticoagulante delle molecole previo approccio clinico appropriato. A tal proposito, diversi studi si stanno focalizzando sulla ricerca ed efficacia di molecole anta-gonizzanti l’effetto anticoagulante dei NAO. Di tutte le nuove molecole anticoagulanti, l’unica che attualmente ha un anti-doto (idarucizumab) approvato è il dabigatran. L’indicazione all’utilizzo di tale antidoto è relegata ai rari casi in cui si rende necessaria una rapida inattivazione dell’effetto anticoagulan-te del dabigatran in caso di interventi chirurgici in emergen-za (vedi Sezione 8 “Gestione della terapia anticoagulante nel paziente candidato a procedure chirurgiche”), nelle procedure urgenti o in caso di sanguinamento potenzialmente fatale o non controllato. La molecola idarucizumab è un frammento di anticorpo monoclonale umanizzato (Fab) che si lega a dabiga-tran con altissima affinità, nettamente maggiore dell’affinità di legame di dabigatran per la trombina, formando un comples-so idarucizumab-dabigatran molto stabile, che ne permette la neutralizzazione dell’effetto anticoagulante. Per quanto attiene a edoxaban, nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto è descritto come gestire le emorragie con PCC a 4 fattori.

2.INDICAZIONIGENERALIPERL’USODEINUOVIANTICOAGULANTIORALINELLAPRATICACLINICA

2.1LediverseformedifibrillazioneatrialeLa valutazione dell’efficacia antitrombotica e del rischio emor-ragico dei NAO in relazione alle diverse forme di FA è resa dif-ficile da vari fattori, tra i quali la diversa definizione di FA nei singoli studi e la possibilità che un paziente possa “migrare” da una forma all’altra nel corso del tempo. La definizione di FA parossistica includeva, nelle linee guida American College of Cardiology/American Heart Association/Società Europea di Cardiologia (ACC/AHA/ESC) del 2001, tutti i pazienti con ri-pristino del ritmo sinusale entro 7 giorni dall’esordio, indipen-dentemente dall’esecuzione o meno di una cardioversione29. Successivamente, le linee guida AHA/ACC/Heart Rhythm Society (HRS) del 2014 sono rimaste su questa definizione30, mentre le più recenti linee guida ESC includono nella defini-Figura 3 

    

     

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

2

FA parossistica FA persistente FA permanente

Dabigatran 110 mg Dabigatran 150 mg Warfarin

per 1

00 pazienti per ann

o

1.07 1.08

1.77 1.72

1.14

1.80 1.78

1.11

1.58

P per interazione: 0.0465 (110 mg), 0.8835 (150 mg)

Incide

nza en

dpoint prim

ario 

Figura3. Incidenza dell’endpoint primario (ictus cerebrale/embolia sistemica) nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) parossistica, persistente e permanente nell’ambito dello studio RE-LY42.

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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spontaneo sia indotto). Una recente sottoanalisi dello studio ARISTOTLE ha preso in esame, nel dettaglio, le diverse forme di FA38. In questa sottoanalisi, 2786 pazienti sono risultati affetti da FA parossistica e 15 412 da FA persistente o permanente sul totale della popolazione arruolata (i pazienti con FA persistente e permanente sono stati analizzati nel loro complesso).

Come si vede in Figura 5, l’incidenza dell’endpoint pri-mario (ictus cerebrale/embolia sistemica) è risultata significa-tivamente inferiore nei pazienti con FA parossistica rispetto a quelli con FA persistente o permanente. Al contrario, l’in-cidenza di emorragie maggiori non ha mostrato differenze significative tra i due gruppi. Si potrebbe ipotizzare che l’ana-lisi cumulativa dei pazienti con FA persistente e permanente potrebbe avere conferito all’analisi una maggiore potenza statistica nell’identificazione di differenze di outcome rispet-to al gruppo con FA parossistica. Andando a confrontare gli effetti dell’apixaban rispetto a quelli del warfarin nei gruppi di pazienti con diverso tipo di FA non sono emerse interazio-ni significative tra i gruppi. Ad esempio, l’incidenza dell’en-dpoint primario è risultata pari allo 0.82% nei pazienti rando-mizzati ad apixaban e all’1.14% nei pazienti randomizzati a warfarin all’interno del gruppo con FA parossistica (HR 0.72), e all’1.35% nei pazienti in apixaban e all’1.69% nei pazienti in warfarin all’interno del gruppo con FA persistente/perma-nente (HR 0.80). La p per interazione non è risultata statistica-mente significativa (p=0.71), suggerendo quindi un’analoga efficacia dell’apixaban, rispetto al warfarin, nei tre tipi di FA38.

2.1.4 EdoxabanNello studio ENGAGE-AF TIMI 48, 5366 pazienti sono risultati affetti da FA parossistica, 4868 pazienti da FA persistente e 10 865 pazienti da FA permanente al momento dell’arruola-mento nello studio10. Come si vede in Figura 6, le differenze tra warfarin e le due dosi di edoxaban in termini di incidenza dell’endpoint primario (ictus cerebrale o embolia sistemica) sono risultate sovrapponibili nel pazienti con FA parossistica, persistente e permanente (p per interazione 0.050 per edoxa-ban 60 mg e 0.42 per edoxaban 30 mg). Anche questi risulta-ti suggeriscono quindi un’efficacia sovrapponibile dell’edoxa-ban, rispetto al warfarin, nei tre tipi di FA10.

dell’endpoint primario in egual misura nei tre diversi tipi di FA (hazard ratio [HR] 0.61 nella FA parossistica, 0.64 nella FA per-sistente e 0.70 nella FA permanente; p per interazione 0.83). Al contrario, la dose più bassa di dabigatran (110 mg bid) è risultata più efficace del warfarin sulla riduzione dell’endpoint primario nei pazienti con FA parossistica (HR 0.60) rispetto ai pazienti con FA persistente (HR 0.96) e permanente (HR 1.13). La significatività della p per interazione (p=0,0465) risulta con-siderevole, dal momento che questa analisi aveva una poten-za statistica superiore all’80% per rilevare un’interazione tra trattamenti randomizzati e tipo di FA in termini di differenza relativa di efficacia (rispetto al warfarin) superiore al 65%. Non riuscendo ad identificare una ragione biologica plausibile della superiorità della bassa dose di dabigatran rispetto al warfarin nella protezione dall’ictus tromboembolico, gli autori conclu-dono che il loro risultato potrebbe essere dovuto al caso42.

2.1.2 RivaroxabanNello studio ROCKET AF (Rivaroxaban Once Daily Oral Direct Factor Xa Inhibition Compared with Vitamin K Antagonism for Prevention of Stroke and Embolism Trial in Atrial Fibrilla-tion), 2490 pazienti erano affetti da FA parossistica, 11 485 da FA persistente e 196 da FA di nuova diagnosi8. Nell’anali-si intention-to-treat, l’incidenza dell’endpoint primario (ictus cerebrale/embolia sistemica) è risultata pari al 3.41% nei pazienti randomizzati a rivaroxaban e al 3.42% nei pazienti randomizzati a warfarin all’interno del gruppo con FA parossi-stica, al 3.91% nei pazienti in rivaroxaban e al 4.45% nei pa-zienti in warfarin all’interno del gruppo con FA persistente, e al 2.08% nei pazienti in rivaroxaban e all’8.0% nei pazienti in warfarin all’interno del gruppo con FA permanente (Figura 4). Il valore della p per interazione non è risultato statisticamente significativo (p=0.218), suggerendo quindi un’efficacia ana-loga del rivaroxaban, rispetto al warfarin, nei tre tipi di FA8.

2.1.3 ApixabanNell’ambito dello studio ARISTOTLE (Apixaban for Reduction in Stroke and Other Thromboembolic Events in Atrial Fibrillation)9, la definizione di FA parossistica è stata ripresa dalle linee guida AHA/ACC/HRS (ripristino del ritmo sinusale entro 7 giorni, sia Figura 4 

   

       

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

FA nuova diagnosi FA parossistica FA persistente

Rivaroxaban Warfarin

per 1

00 pazienti per ann

o

2.08

8.0

3.41 3.423.91

4.45

P per interazione = 0.218 (NS)

Incide

nza en

dpoint prim

ario 

Figura4. Incidenza dell’endpoint primario (ictus cerebrale/embolia sistemica) nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) di nuova diagnosi, parossistica e persi-stente nell’ambito dello studio ROCKET AF8.

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F Nardi et al

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Sebbene l’uso simultaneo di nuove e vecchie linee guida, o di linee guida emanate da differenti organizzazioni, basate su popolazioni diverse, possa dare spesso origine a confusione o contraddizioni, esiste tuttavia una sostanziale concordan-za46. Tutte le principali linee guida internazionali31,50-52 racco-mandano ormai, infatti, l’uso della TAO nella maggioranza dei pazienti affetti da FA non valvolare. Le linee guida ESC31, in particolare, raccomandano la TAO per tutti i pazienti in FA, ad eccezione di quelli (di ambo i sessi) a reale basso ri-schio (età <65 anni e forme “lone”, cosa che equivale a un CHA2DS2-VASc score di 0 per gli uomini e 1 per le donne) o con controindicazioni (raccomandazione di classe IA). Le con-troindicazioni alla TAO sono elencate in Tabella 9. Con questo approccio concordano anche le linee guida statunitensi30 (rac-comandazione di classe IIaB) e quelle britanniche del National Institute for Health and Care Excellence (NICE)50. Anche nei pazienti con uno score CHA2DS2-VASc ≥2 tutte le linee guida concordano sulla necessità della TAO31,50-52, tenendo ovvia-

2.2Selezionedeipazienti

2.2.1 Quali pazienti devono essere trattati con anticoagulantiLa selezione dei pazienti con FA da sottoporre a terapia an-ticoagulante di base richiede un’attenta valutazione del rap-porto tra rischi e benefici attraverso un’accurata stratificazio-ne del profilo di rischio trombotico ed emorragico43,44, con una raccomandazione di classe IA nelle recenti linee guida ESC31. I pazienti portatori di protesi meccaniche cardiache e di valvulopatie significative rappresentano un primo sottogrup-po ad elevato rischio trombotico e richiedono una terapia an-ticoagulante orale (TAO)31. Nei capitoli successivi, cui si riman-da, verrà ampiamente analizzata la definizione di valvulopatia in questo contesto.

Per quanto riguarda invece la FA non valvolare, le più re-centi principali linee guida raccomandano l’uso dei punteggi CHA2DS2-VASc (Tabella 7) e HAS-BLED (Tabella 8) per valutare il rischio rispettivamente tromboembolico ed emorragico45-49.

Figura 5   

       

0

0.2

0.4

0.6

0.8

1

1.2

1.4

1.6

1.8

FA parossistica FA persistente/permanente

Apixaban Warfarin

per 1

00 pazienti per ann

oIncide

nza en

dpoint prim

ario 

Figura 5. Incidenza dell’endpoint primario (ictus cerebrale/embolia sistemica) nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) parossistica e persistente/permanente nell’ambito dello studio ARISTOTLE9.

Figura 6   

        

0

0.5

1

1.5

2

2.5

FA parossistica FA persistente FA permanente

Edoxaban 60 mg Edoxaban 30 mg Warfarin

per 1

00 pazienti per ann

o

1.561.65

1.25

1.59

1.93 1.99

1.56

2.29

2.00

Incide

nza en

dpoint prim

ario  P per interazione: 0.050 (60 mg); 0.42 (30 mg)

Figura6. Incidenza dell’endpoint primario (ictus cerebrale/embolia sistemica) nei pazienti con fibrillazione atriale (FA) parossistica, persistente e permanente nell’am-bito dello studio ENGAGE AF-TIMI 4810.

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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mente in considerazione il rischio emorragico50. Un elevato rischio emorragico, comunque, non deve rappresentare ne-cessariamente, secondo le linee guida europee31, una con-troindicazione alla terapia anticoagulante, ma uno stimolo ad intraprendere, in pazienti con punteggio ≥3, controlli perio-dici (raccomandazione di classe IIA) finalizzati al trattamento dei fattori correggibili (ipertensione non controllata, INR la-bile, farmaci concomitanti) (raccomandazione di classe IIaB); l’uso dello score HAS-BLED non dovrebbe quindi escludere i pazienti dalla TAO31. I pazienti con uno score di 1, invece, sono candidati preferibilmente alla TAO secondo le linee gui-da europee con una raccomandazione di classe IIaA31, mentre secondo quelle statunitensi possono ricevere anticoagulanti orali, aspirina o nessuna terapia (raccomandazione di classe IIbC)30.

2.2.2 Come scegliere tra antagonisti della vitamina K e nuovi anticoagulanti oraliL’indicazione clinica comune ai NAO approvati in Italia (dabi-gatran, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban) è la prevenzione di ictus ed embolia sistemica in pazienti adulti con FA non valvolare con almeno uno dei fattori di rischio per ictus. Ma quando preferirli a una terapia con AVK? La scelta del farma-co anticoagulante dovrebbe essere individuata sulla base delle condizioni cliniche, delle comorbilità, dei fattori di rischio, del costo, della tollerabilità, delle preferenze del paziente, del ri-schio di interazioni farmacologiche e di altri parametri come il tempo in range terapeutico (TTR)46.

Il warfarin è stato, grazie alla sua efficacia, il principale anticoagulante usato per la prevenzione dell’ictus nei pazienti con FA31. In effetti, parallelamente all’incremento dell’uso del warfarin, i tassi di ictus ischemico si sono progressivamente ridotti nella popolazione Medicare statunitense53 e in alcuni registri come il Kaiser Permanente una terapia anticoagulante ben condotta (cioè a lungo termine e con mantenimento di un TTR adeguato) si è dimostrata efficace nel prevenire gli ictus minimizzando gli eventi emorragici54. Tuttavia è ben noto che il trattamento con warfarin è associato a importanti problematiche. Interazioni alimentari e con farmaci che inte-ragiscono con il suo metabolismo epatico determinano effetti collaterali, anche con necessità di ricovero ospedaliero55 e im-prevedibilità di risposta. Questa, anche per la ridotta finestra terapeutica con aumentato rischio emorragico o trombotico per INR non in range terapeutico, richiede il monitoraggio routinario dello stesso INR e frequenti aggiustamenti poso-logici, specie all’inizio del trattamento, con le conseguenti difficoltà logistiche che comportano anche l’insofferenza dei pazienti45. La difficoltà di mantenere l’INR entro i limiti del ristretto range terapeutico è evidenziata da una metanalisi su oltre 20 000 pazienti trattati con questo farmaco negli Stati Uniti che ha rilevato un TTR medio del 55%56. Inoltre il tempo di latenza è elevato, gli effetti si protraggono a lungo e si può manifestare anche la cosiddetta resistenza al warfarin. Infine, cosa ancora più importante, il warfarin è associato ad un au-mentato rischio di emorragie, in particolare intracraniche45. Peraltro va ricordato che circa i due terzi dei pazienti trattati con warfarin con eventi emorragici intracranici avevano un INR nel range terapeutico.

Nonostante sia ampiamente dimostrata una riduzione si-gnificativa dell’incidenza di ictus, la TAO con i dicumarolici ha significativi limiti di implementazione nella pratica clinica ed è spesso sottoutilizzata nel mondo reale, essendo impiegata,

Tabella7.Il punteggio CHA2DS2-VASc.

Fattore Punteggio

C Cardiac failure (scompenso cardiaco) 1

H Hypertension (ipertensione arteriosa) 1

A Age (età ≥75 anni) 2

D Diabetes (diabete mellito) 1

S Stroke (pregresso ictus, TIA o embolia periferica)

2

V Vascular disease (malattia vascolare) 1

A Age (età 65-75 anni) 1

Sc Sex category (sesso femminile) 1

TIA, attacco ischemico transitorio.

Tabella8.Il punteggio HAS-BLED.

1punto(max9)perciascunodeiseguenti

H Hypertension Ipertensione (pressione arteriosa non controllata >160 mmHg)

A Abnormal renal/liver function

Epatopatia (cirrosi o incremento di 2 volte della bilirubina e di 3 volte delle transaminasi) o nefropatia (dialisi o trapianto renale o creatinina >2.27 mg/dl)

S Stroke Pregresso ictus

B Bleeding Storia di sanguinamento o predisposizione alle emorragie (diatesi emorragica, anemia)

L Labile INR INR labile (instabile o con TTR <60%)

E Elderly Età >65 anni

D Drugs/alcohol Farmaci (FANS, antiaggreganti) o abuso di alcol (≥8 unità/settimana)

FANS, farmaci antinfiammatori non steroidei; INR, international nor-malized ratio; TTR, tempo in range terapeutico.

Tabella 9. Controindicazioni relative e assolute a qualsiasi terapia anticoagulante.

ControindicazioniassoluteGravidanza Ipersensibilità documentata ad AVK/NAOEmorragia maggiore in attoDiatesi emorragicaPiastrinopenia grave (<30 000/µl)

ControindicazionirelativeIntervento chirurgico maggiore o trauma recentiTendenze emorragiche associate ad ulcerazioni attive o sanguinamento in atto del tratto gastrointestinale, genito-urinario e respiratorioEmorragia cerebrovascolareAneurisma cerebraleAneurisma dissecante dell’aortaPericardite e versamento pericardicoEndocardite batterica in fase attivaAnamnesi positiva per emorragia intracranica, intraoculare, spinale o retroperitoneale

AVK, antagonisti della vitamina K; NAO, nuovi anticoagulanti orali.

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F Nardi et al

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Un INR labile è stato identificato come fattore di rischio emorragico, tanto da essere incluso nello score HAS-BLED, e i pazienti con un TTR insoddisfacente sono ottimi candidati ai NAO45,58. In questi casi lo switch da warfarin a NAO è sicuro (quasi metà dei pazienti che hanno partecipato ai trial con i NAO erano in precedenza trattati con warfarin)45. Se i pa-zienti in trattamento con AVK sono stabili, sotto controllo e soddisfatti della loro terapia non vi è necessità di cambiarla, ma è importante discutere comunque questa opzione con i pazienti candidabili31.

I NAO hanno però alcune limitazioni, ad esempio sono controindicati nell’insufficienza epatica grave (Child-Pugh C): il dabigatran 150 mg è sicuro nella classe Child-Pugh B; il rivaroxaban è controindicato nella classe Child-Pugh B; va usata infine cautela per apixaban nella classe Child-Pugh A e B. Anche l’aspetto dell’aderenza è cruciale, poiché omet-tere anche una sola dose può fare perdere la protezione dal tromboembolismo. Da questo punto di vista, l’INR costituisce una misura attendibile dell’aderenza. Sono richiesti aggiusta-menti posologici in caso di insufficienza renale o di obesità. Per diversi motivi i NAO presentano alcune similitudini con gli antiaggreganti orali, che al giorno d’oggi sono tra i far-maci maggiormente prescritti in ambito cardiologico59. Infat-ti, entrambe queste categorie vengono somministrate per via orale (in mono o duplice dose quotidiana), non è possibile verificarne nella pratica clinica la regolare assunzione da parte del paziente, il loro profilo di sicurezza appare simile, non c’è evidenza clinica della necessità di un monitoraggio farmaco-dinamico e/o farmacocinetico59.

La Tabella 10 mostra i principali criteri di scelta tra AVK e NAO.Per completezza esaminiamo ora cosa indicano le diverse

linee guida, quando è raccomandata una terapia anticoagulan-te. Per quanto riguarda i farmaci da utilizzare, apparentemen-te, non sembrano esistere differenze sostanziali tra AVK e NAO.

Secondo le linee guida ESC31, nei pazienti con CHA2DS2- VASc =1 dovrebbero essere presi in considerazione un AVK (INR target tra 2 e 3), un inibitore diretto della trombina o un inibito-re orale del FXa, sulla base del rischio emorragico, della capaci-tà di sostenere con sicurezza un’anticoagulazione aggiustata e delle preferenze del paziente (raccomandazione di classe IIaA). Nei pazienti con CHA2DS2-VASc ≥2 è raccomandata, se non controindicata, la terapia con AVK, inibitori diretti della trom-bina o inibitori orali del FXa (raccomandazione di classe IA). Un inibitore diretto della trombina o un inibitore orale del FXa

a livello internazionale e nel nostro Paese, in meno del 60% dei pazienti con FA che ne avrebbero indicazione, come do-cumentato da numerose survey e registri realizzati negli ultimi 10 anni57. In generale, la mancata prescrizione di una terapia con AVK nei pazienti con FA appare riconducibile a due prin-cipali ordini di motivi58: il timore di complicanze emorragiche, anche se queste complessivamente presentano una bassa incidenza, e le difficoltà di ordine pratico e logistico legate all’effettiva implementazione del trattamento. L’auspicio è che l’introduzione dei NAO, finalmente disponibili anche nel nostro Paese, possa colmare il sottoutilizzo della TAO nella FA, in tutti i pazienti in cui, seppur in assenza di controindicazioni, non viene praticata la terapia con warfarin o che addirittura assumono aspirina57,59.

I NAO sono emersi di recente come un’importante alter-nativa agli AVK per la prevenzione degli eventi tromboembo-lici nei pazienti con FA non valvolare e dovrebbero essere presi in considerazione per quasi tutti i pazienti, in considerazione del loro profilo di efficacia e sicurezza. Tutti e quattro i NAO studiati, come già precedentemente detto, sono efficaci per la prevenzione dell’ictus almeno quanto il warfarin (alcuni su-periori) e sicuri (alcuni più del warfarin)1. Il più importante e comune riscontro circa i NAO è il basso tasso di emorragie intracraniche. Essi hanno inoltre altri vantaggi rispetto agli AVK, con un effetto molto più prevedibile e minori interazioni con alimenti e altri farmaci, come già trattato nella sezione 1.3 “Interazioni farmacologiche”, senza quindi la necessità di un monitoraggio laboratoristico continuo32. Hanno infine un rapido inizio d’azione e una rapida scomparsa degli effetti, rendendo inutile un “bridging” con terapia anticoagulante parenterale all’inizio del trattamento o in caso fosse neces-saria una breve interruzione per procedure invasive. Inoltre, nonostante siano considerevolmente più cari del warfarin, hanno un migliore rapporto costo/efficacia.

Tra i pazienti che dovrebbero avere la maggiore priorità nell’utilizzo dei NAO, potrebbero essere compresi45,58 coloro che non assumono alcun anticoagulante (per un preceden-te rifiuto dell’anticoagulazione con warfarin o per una FA di nuova insorgenza), o con storia di emorragia intracranica o ad alto rischio di eventi ricorrenti di ictus, con problemi logistici che ne impediscono un adeguato monitoraggio dei valori di INR oppure coloro che manifestano una preferenza per essere trattati con i NAO.

Tabella10. Variabili che indirizzano verso il trattamento con antagonisti della vitamina K o con nuovi anticoagulanti orali.

AfavorediAVK AfavorediNAO

• TTR >70% nei pazienti già trattati• Assenza di rischio trombotico/emorragico elevato• Valvulopatie gravi o protesi valvolari• Insufficienza renale o epatica grave• Neoplasie severe• Pazienti in cui è prevedibile una scarsa aderenza• Necessità di doppia antiaggregazione (sono in corso studi

anche con i NAO a minor dosaggio)• Trattamento con farmaci che hanno dimostrato interferenze

rilevanti con i NAO• Intolleranza ai NAO• Preferenza del paziente

• TTR <60% nei pazienti già trattati con AVK• Presenza di rischi trombotico/emorragici elevati• Storia di emorragia intracranica • Storia di emorragie maggiori non gastrointestinali• Problemi logistici per l’effettuazione del monitoraggio dell’INR• Difficoltà nell’aggiustamento delle dosi di AVK quando sono molto

basse• Intolleranza a AVK• In trattamento con farmaci che hanno dimostrato interferenze

rilevanti con AVK• Preferenza del paziente

AVK, antagonisti della vitamina K; INR, international normalized ratio; NAO, nuovi anticoagulanti orali; TTR, tempo in range terapeutico.

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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be essere somministrata la dose di 110 mg bid. Nelle medesime condizioni di alto rischio emorragico o compromissione renale, quando si prescrive il rivaroxaban si dovrebbe preferire il dosag-gio di 15 mg piuttosto che 20 mg (raccomandazione di classe IIaC). Anche per l’apixaban è preferito il dosaggio dimezzato (2.5 mg bid) nei pazienti con età >80 anni, di peso <60 kg e con creatininemia ≥1.5 mg/dl (133 mmol/l) .

2.4PianiterapeuticiIn alcuni paesi la prescrizione dei NAO ha delle restrizioni a li-vello nazionale, regionale e locale46, in quanto il loro uso come farmaci di prima linea è considerato finanziariamente proibitivo (nonostante nelle analisi di costo-efficacia i NAO siano risultati addirittura superiori al warfarin)60. Ad esempio, il National He-alth Service scozzese limita la prescrizione del rivaroxaban ai pazienti che hanno un cattivo controllo dell’INR e a quelli che sono allergici o intolleranti al warfarin, sebbene il Department of Health del Regno Unito segua le linee guida NICE che rac-comandano i NAO come opzione terapeutica al pari del war-farin47. In alcuni paesi dell’Europa dell’Est, come in Ungheria, il servizio sanitario nazionale limita la prescrizione dei NAO ai pazienti con pregresso ictus o con cattivo controllo dell’INR. In Spagna i pazienti devono avere un INR fuori range per 3 volte consecutive per aver prescritto un NAO46. Restrizioni all’accesso ai NAO possono conseguire anche a barriere di tipo ammini-strativo. In Ungheria è consentita la prescrizione dei NAO solo a un numero limitato di specialisti e deve avvenire compilando un case report form elettronico. Questo processo, nonostante consenta un registro nazionale, causa perdita di tempo e quin-di può indirettamente scoraggiare la prescrizione46. Anche in Irlanda e in alcune regioni inglesi i medici devono compilare moduli giustificativi per prescrivere un NAO46.

In Italia i NAO sono divenuti rimborsabili dal Servizio Sa-nitario Nazionale (SSN) per la prevenzione dell’ictus nella FA non valvolare solo dal giugno 2013, con l’introduzione del da-bigratan tramite la pubblicazione, sulla Gazzetta Ufficiale n. 127 del 1° giugno 2013, della Determina n. 495 del 20 mag-gio 2013 “Riclassificazione del medicinale Pradaxa, ai sensi dell’articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, ed estensione di nuove indicazioni terapeutiche”. Nel settembre 2013 è divenuto rimborsabile anche il rivaroxaban, prima limitatamente alla FA permanente e con la successiva modifica anche per le altre forme dell’aritmia, nel gennaio 2014 si è aggiunto l’apixaban e infine, in questi giorni, è stato inserito l’edoxaban.

L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha vincolato l’eroga-bilità dei NAO con il SSN alla prescrizione da parte di centri ospedalieri autorizzati e alla compilazione di un piano tera-peutico informatizzato, web based, per consentire una rac-colta dei dati all’interno della piattaforma dei registri AIFA. Le Regioni sono tenute a individuare e accreditare i Centri autorizzati con successiva registrazione nella Rete Regionale, i cui elenchi dovranno essere trasmessi all’AIFA. In alcuni casi, all’interno dei singoli Centri autorizzati, è necessaria una sup-plementare autorizzazione da parte della Direzione Sanitaria per i singoli specialisti, che devono comunque appartenere alle discipline individuate (cardiologi, internisti, geriatri, neu-rologi, ematologi che lavorano nei Centri di trombosi ed emo-stasi). Gli specialisti che operano al di fuori dei Centri autoriz-zati, anche se esercitanti nelle suddette discipline, dovranno inviare il paziente ai Centri autorizzati o prescrivere il farmaco a carico del paziente. Poiché l’assistenza ottimale ai pazienti

dovrebbero essere presi in considerazione rispetto agli AVK per la maggior parte dei pazienti (raccomandazione di classe IIaA), sia quando un AVK non può essere usato a causa di difficoltà nel mantenere un dosaggio terapeutico, sia per effetti colla-terali o incapacità di intraprendere un monitoraggio dell’INR (raccomandazione di classe IB).

Anche secondo le linee guida canadesi52, la maggior parte dei pazienti dovrebbe ricevere un NAO rispetto al warfarin (raccomandazione condizionale, prova di alta qualità).

Secondo le recenti linee guida statunitensi30 le opzioni includono il warfarin (INR 2.0-3.0) con una raccomandazio-ne di classe IA, mentre dabigatran, rivaroxaban e apixaban hanno una raccomandazione di classe IB. Nei pazienti in cui non è possibile mantenere un livello di INR terapeutico l’uso dei tre NAO è raccomandato (raccomandazione di classe IC). Nei pazienti con insufficienza renale moderata o severa si può prendere in considerazione il trattamento con dosi ridotte di NAO, ma la sicurezza e l’efficacia di tale pratica non sono state stabilite (raccomandazione di classe IIbC).

Le linee guida NICE50 raccomandano apixaban, dabiga-tran e rivaroxaban come opzioni per la prevenzione di ictus ed embolie sistemiche nei pazienti con FA.

Le linee guida dell’Associazione Italiana di Aritmolo-gia e Cardiostimolazione (AIAC)51, infine, raccomandano nei pazienti con CHA2DS2-VASc =2 warfarin (INR 2.0-3.0) o dabigatran, rivaroxaban, apixaban, mentre nei pazienti con CHA2DS2-VASc =1 è lasciata la scelta terapeutica al medico di selezionare per la terapia anticoagulante solo quelli che pos-sono avere un beneficio dalla terapia con warfarin (INR 2.0-3.0) o dabigatran, rivaroxaban, apixaban (raccomandazione di classe IIbB).

2.3Visonodifferenzetraisingolinuovianticoagulantiorali?Considerato che i trial con i NAO non erano simili nel singolo disegno dello studio e nei criteri di inclusione ed esclusione, è difficile fare una comparazione tra gli agenti in assenza di confronti diretti. Non vi sono chiare evidenze a favore dell’u-no o dell’altro NAO, sebbene le caratteristiche dei pazienti, la compliance attesa, la tollerabilità farmacologica e i costi di ciascun farmaco devono essere considerati nella scelta dell’a-gente terapeutico.

Le linee guida NICE50 fanno riferimento alle indicazioni delle singole molecole:

– il dabigatran etexilato può essere usato in presenza di uno o più fattori di rischio come pregresso ictus, attacco ischemico transitorio (TIA) o embolia sistemica, frazione di eiezione <40%, età >75 anni, età ≥65 anni con uno dei seguenti fattori: diabete mellito, ipertensione arteriosa o coronaropatia;

– l’apixaban e il rivaroxaban possono essere usati in presen-za di uno o più fattori di rischio come pregresso ictus o TIA, età >75 anni, ipertensione arteriosa, diabete mellito e scompenso cardiaco.

Le linee guida europee31 danno inoltre indicazioni circa la po-sologia: quando si prescrive il dabigatran si dovrebbe preferire il dosaggio di 150 mg bid con quattro principali eccezioni: pazienti ultraottantenni, che fanno uso di farmaci a rischio di interazioni (verapamil), con punteggio HAS-BLED ≥3 e con compromissione renale (clearance della creatinina [CrCl] 30-49 ml/min) (racco-mandazione di classe IIaB). In queste quattro condizioni dovreb-

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avviato dall’Agenzia per una maggiore trasparenza ammini-strativa. I Registri dei Farmaci sottoposti a monitoraggio, tra cui i NAO, dovrebbero permettere ai medici di inserire, ag-giornare, consultare e monitorare i dati relativi ai trattamenti dei pazienti (eleggibilità e follow-up) e alle dispensazioni dei farmaci, previa verifica dell’effettiva erogazione del farmaco da parte dei farmacisti.

Dal punto di vista strettamente teorico, la possibilità di creare un database amministrativo unico sui NAO riveste im-portanti risvolti scientifici47; tuttavia, specie nelle fasi iniziali, non pochi specialisti si sono trovati in difficoltà nel seguire questo processo nella pratica clinica. Il tempo necessario all’in-serimento di un piano terapeutico è variabile in relazione alla dimestichezza dell’operatore, alla velocità della rete intranet ospedaliera, agli orari di utilizzo (è opportuno evitare quelli “di punta”) e alle potenzialità tecnologiche degli hardware e software utilizzati. Il modello di interazione tra l’utente e il

da trattare con NAO richiede un’interazione tra i diversi sog-getti del sistema assistenziale, competerebbe alle Regioni e alle Aziende Ospedaliere rendere rapidamente accessibili i Centri e gli specialisti autorizzati attraverso percorsi ad hoc sia durante il ricovero sia in caso di prescrizione ambulatoriale.

Ai fini delle prescrizioni a carico del SSN, gli specialisti au-torizzati devono compilare sulla piattaforma web dell’AIFA una scheda raccolta dati informatizzata di arruolamento che indica i pazienti eleggibili (Figura 7), il piano terapeutico e la scheda di follow-up secondo le indicazioni pubblicate sul sito dell’Agenzia. Dal 1° gennaio 2013 l’AIFA ha, infatti, avviato la fase attuativa di un nuovo Sistema Informativo all’avan-guardia, pensato per rendere possibile la totale integrazio-ne di tutti i sistemi presenti attraverso la realizzazione di un knowledge management di tipo amministrativo-contabile e tecnico-sanitario. Il nuovo sistema si prefigge di semplificare le procedure, ottimizzare le risorse e proseguire nel processo

vedibile; per tali motivi non sono richiesti controlli dell’assettocoagulativo, se non in casi specifici70, durante la terapia per ve-rificarne l’effetto o definirne la dose ottimale; tuttavia, comeprecedentemente riportato, il loro impiego necessita di un fol-low-up clinico strutturato di lungo periodo e soprattutto dellacollaborazione e integrazione tra i diversi soggetti del sistemaassistenziale coinvolti nella gestione del paziente (medico spe-cialista prescrittore, medico di medicina generale, medici spe-cialisti coinvolti, laboratorio analisi, centri emostasi e trombosi,farmacista)25,71.

La Figura 3 mostra l’organizzazione del follow-up, che iniziaal momento della prima valutazione del paziente, quando si de-finisce la scelta del tipo di anticoagulazione, se eventualmenteassociare la terapia gastroprotettiva, dopo la valutazione degliesami ematici basali (emocromo, funzionalità renale ed epati-ca). A quel punto occorre procedere con quanto segue:

– la corretta educazione del paziente riguardo ai benefici e airischi dell’anticoagulazione;

– l’educazione del paziente e dei familiari ad una correttaaderenza alla terapia anticoagulante;

– preparare e compilare una carta del NAO più dettagliatapossibile contenente i dati anagrafici del paziente, i nume-ri del centro di riferimento a cui rivolgersi, le informazioni ri-guardanti la corretta assunzione del farmaco, le visite di fol-low-up da programmare, i controlli obbligatori da eseguire

ad ogni visita, gli esami ematici condotti, gli eventuali far-maci interferenti;

– programmare il follow-up;– identificare un responsabile per coordinare il follow-up.

Chi deve eseguire il follow-up?La decisione di chi deve eseguire il follow-up del paziente di-pende da molti fattori, che comprendono la realtà assistenzia-le specifica, le singole figure coinvolte e la loro disponibilità or-ganizzativa. Ogni singola realtà dovrebbe definire un percorsodi follow-up differente in relazione alle diverse disponibilità as-sistenziali (le figure coinvolte nella definizione e programma-zione sono: medico specialista prescrittore, medico di medicinagenerale, centro emostasi e trombosi).

Quando eseguire il follow-up?Il follow-up deve essere eseguito dopo il primo mese dall’iniziodella terapia e in seguito a distanza di 3-6 mesi a discrezione delmedico esaminatore.

Come eseguire il follow-up?Durante il follow-up è necessario (Figura 4):

– valutare la compliance del paziente e l’aderenza alla terapia;il paziente dovrebbe portare il blister di farmaco restanteper valutare e confermare l’aderenza alla terapia; rieduca-

169G ITAL CARDIOL | VOL 16 | MARZO 2015

WHY NAO: KNOW HOW

Figura 1. Schema logico per la guida della scelta dei nuovi anticoagulanti orali secondo criteri di prescrivibilità e rim-borsabilità.NAO, nuovi anticoagulanti orali; TAO, terapia anticoagulante orale; TTR, tempo in range terapeutico.

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Figura7.Flow chart per l’identificazione delle condizioni di prescrivibilità dei vari nuovi anticoagulanti orali (edoxaban in attesa di rimborsabilità).INR, international normalized ratio; NAO, nuovi anticoagulanti orali; TAO, terapia anticoagulante orale; TTR, tempo in range terapeutico.Riprodotta con permesso da Rossini et al.59.

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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al flusso del tempo”. È presumibile, infatti, che nei prossimi anni la necessità di distinzione tra FA non valvolare e FA val-volare sarà molto ridimensionata e di conseguenza le ricadute terapeutiche che ad oggi risultano fortemente condizionate da tale suddivisione, perderanno di significato.

Su questo delicato tema recentemente sono state pub-blicate alcune survey, analisi post-hoc dei grandi trial e con-sensus di esperti. La necessità di una chiarezza nosografica è evidente, in quanto da un lato la definizione del tipo, della caratteristiche e dell’entità di una concomitante patologia valvolare condizionano le nostre scelte terapeutiche in corso di FA, e dall’altro andrebbe ridefinita l’ampia variabilità epi-demiologica della FA non valvolare, che come riportato da di-versi registri su popolazioni analoghe, è stimata in percentuali che variano dal 6% al 40%4,66.

Una recente survey condotta tra cardiologi e internisti ita-liani ha confermato quanto sia sentita la mancanza di una definizione precisa della FA non valvolare e la necessità per il cardiologo che le Associazioni Scientifiche di riferimento, nazionali ed internazionali, producano documenti condivisi che permettano un’interpretazione quanto più possibile uni-voca67.

Il termine valvolare/non valvolare causa, infine, confusio-ne perché indubbiamente generico e perché associa categorie disomogenee ma con simile rischio o patogenesi tromboem-bolica. Nessuno dei criteri finora utilizzati è considerato sod-disfacente e ogni singola patologia valvolare dovrebbe, nel singolo paziente, essere definita nelle sue caratteristiche ana-tomo-clinico-emodinamiche nel modo più accurato possibile considerando il rischio tromboembolico indipendente dalla valvulopatia68.

Rischiando di semplificare la problematica, è però intuibile che i pazienti con FA non valvolare sono tutti quelli che non hanno una valvulopatia significativa. Ma chi sono al contrario quelli che hanno una valvulopatia significativa? Ad oggi biso-gna attenersi ai soli pazienti considerati in tal modo, ed esclu-si, dai grandi trial. Analizzando i criteri di esclusione (Tabella 11), essi sono: (a) pazienti portatori di protesi valvolari mecca-niche o biologiche, (b) pazienti con stenosi mitralica reumatica moderato-severa o (c) pazienti con una valvulopatia emodina-micamente significativa (nel RE-LY storia di valvulopatia, pro-tesi valvolare o valvulopatia emodinamicamente significativa; nel ROCKET AF, protesi valvolare o stenosi valvolare mitralica; nell’ARISTOTLE, protesi valvolare, stenosi mitralica moderata o severa; nell’ENGAGE AF-TIMI 48, protesi valvolare, steno-si mitralica moderato-severa). In pratica, pazienti con protesi valvolare meccanica e biologica e valvulopatia rilevante emo-dinamicamente, o esiti di interventi valvolari.

sistema è quello tipico dell’ambiente Internet, dove il collo-quio è realizzato tramite elementi visivi a carattere testuale e iconografico che facilitano l’utilizzatore nell’intuizione delle azioni da intraprendere.

3.COMERICONOSCERELAFIBRILLAZIONEATRIALENONVALVOLARE

3.1CritericliniciNella popolazione di pazienti con FA il rischio tromboembo-lico non è omogeneo. L’incidenza annuale di ictus ed even-ti embolici sistemici, riportata nella letteratura scientifica, va da valori <1% a tassi >20%, a seconda delle caratteristiche cliniche della popolazione esaminata48. Alcune valvulopatie sono associate ad un rischio tromboembolico intrinseco che può essere amplificato dalla presenza di FA. Le prime evidenze dell’efficacia della terapia anticoagulante nella prevenzione del tromboembolismo associato alla FA derivano da studi condotti in popolazioni in cui la maggior parte di pazienti era affetta da valvulopatia reumatica61. Studi epidemiologici successivi hanno dimostrato una significativa differenza nel rischio di ictus nei pazienti con FA e malattia reumatica rispetto ai pazienti con FA senza malattia reumatica (con un rischio di ictus aumentato, rispettivamente di 17 e 5 volte, se confrontato con la popola-zione generale)62. Uno dei primi studi che ha introdotto il con-cetto di FA non valvolare utilizzava il termine di “non-rheumatic non-valvular heart disease”49 riferendosi ai pazienti con FA e senza una storia clinica di malattia reumatica cardiaca, né segni clinici o radiologici di significativa valvulopatia. La differente in-cidenza di episodi tromboembolici nella FA associata a valvulo-patia reumatica e nelle altre forme di FA suggerisce la necessità di un approccio antitrombotico differente in queste due forme di FA62, tema che verrà trattato più avanti.

Anche se la FA è associata ad una valvulopatia in circa il 30% dei casi63, non tutte le malattie valvolari comportano un significativo incremento del rischio tromboembolico. La stenosi mitralica, prevalentemente di natura reumatica, nella sua storia naturale è associata a un elevato rischio di eventi tromboembolici, anche fatali64. In presenza di FA e stenosi mitralica è, quindi, sempre indicata una terapia anticoagulan-te65, indipendentemente dalla presenza di ulteriori fattori di rischio (vedi CHA2DS2-VASc).

3.2DefinizioneoperativaperlapraticaclinicaLa definizione di FA non valvolare rappresenta a tutt’oggi una problematica aperta e “in progress”, tanto che l’attuale inter-pretazione appare come un “frammento fotografico esposto

Tabella11. Criteri di inclusione-esclusione negli studi clinici di fase III sui nuovi anticoagulanti orali.

RE-LY7 ROCKETAF8 ARISTOTLE9 ENGAGEAF-TIMI4810

Molecola in studio Dabigatran Rivaroxaban Apixaban Edoxaban

Stenosi mitralica moderata- severa E E E E

Altre valvulopatie moderate-severe E I I I

Protesi meccanica E E E E

Protesi biologica E E I I

Riparazione valvolare chirurgica NS I I I

E, escluso; I, incluso; NS, non specificato.

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pazienti con storia di valvulopatia, di fatto escludendo pazienti con protesi, chirurgia valvolare pregressa o valvulopatia mag-giore a grado lieve7. Breithardt et al.69, analizzando la popo-lazione arruolata nello studio ROCKET AF, hanno evidenziato che su 14 171 pazienti, 1992 (14.1%) avevano una valvulo-patia mitralica o aortica significativa. Il trattamento con riva-roxaban vs warfarin non ha mostrato significative differenze nell’endpoint di efficacia (tromboembolie) nei pazienti con e senza valvulopatia associata, mentre per l’endpoint di sicurez-za nei pazienti con valvulopatia associata trattati con warfarin vs rivaroxaban si sono avuti meno eventi emorragici maggiori/non maggiori clinicamente rilevanti e le emorragie intracra-niche sono state ridotte anche se in maniera statisticamente non significativa (p=0.084). Avezum et al.70 hanno esaminato le caratteristiche dei pazienti arruolati nello studio ARISTOTLE e trattati con apixaban vs warfarin ed hanno riscontrato che 4808 (26.4%) pazienti avevano una valvulopatia almeno mo-derata o precedente chirurgia valvolare (n=251). Non vi sono differenze negli endpoint di sicurezza ed efficacia nei pazienti con e senza valvulopatia trattati con apixaban. Anche nel trial ENGAGE AF-TIMI 48, in cui i pazienti sono stati sottoposti a trattamento con edoxaban vs warfarin, sono stati arruolati pazienti con valvulopatia moderata/severa o protesi biologica o valvuloplastica ma non abbiamo dati.

Nello studio RE-ALIGN il dabigatran è stato confrontato con warfarin nei pazienti con protesi meccanica nella profi-lassi degli eventi tromboembolici. I risultati sono stati un au-mento degli eventi tromboembolici (9 [5%] in dabigatran vs 0 in warfarin) e delle emorragie (7 [4%] vs 2 [2%] nei pazienti trattati con dabigatran vs warfarin) e per tale motivo il trial è stato interrotto precocemente dopo l’arruolamento di soli 252 pazienti71.

Nel recente aggiornamento delle linee guida EHRA sulla te-rapia con i NAO, si sottolinea che nella FA non valvolare (che non sia la protesi meccanica o la stenosi mitralica moderata/severa) è lecito utilizzare i NAO. Nei pazienti post-impianto di protesi biologica o post-valvuloplastica, dopo un periodo di 3-6 mesi di trattamento con AVK è ragionevole se necessario passare ad un NAO. Ed anche nei pazienti sottoposti ad impianto transcatetere di valvola aortica, in cui sostanzialmente si impianta una prote-

Le linee guida pratiche EHRA del 2014 definiscono come non valvolare la FA in assenza di stenosi mitralica reumatica, senza tuttavia definirne il grado di severità, e la presenza di una protesi meccanica e biologica cardiaca o la riparazione valvolare mitralica22.

Dal punto di vista clinico, la valutazione iniziale del pazien-te con FA accertata o sospetta e di cui si vuole definire/esclu-dere la presenza di concomitante valvulopatia significativa, va effettuata sulla base della conoscenza approfondita delle no-tizie anamnestiche, su un accurato esame obiettivo, e richiede indistintamente una valutazione ecocardiografica transtoraci-ca o, se ritenuto indicato, transesofagea per definire il profilo strutturale-emodinamico della valvulopatia (Figura 8).

4.COSAPOSSIAMOFARENELLAFIBRILLAZIONEATRIALEVALVOLAREENELPAZIENTECONPROTESIVALVOLARE

Come già detto, la definizione di non Valvolare nella FA, ha generato molta confusione. De Caterina e Camm68 hanno contribuito a fare chiarezza sulla definizione di FA valvolare o non valvolare, ma soprattutto sul rischio tromboembolico as-sociato alle diverse valvulopatie o protesi valvolari analizzando i lavori presenti in letteratura che indagavano questo aspetto. La conclusione è che il rischio tromboembolico è significativa-mente aumentato solo nella FA associata a stenosi mitralica reumatica di grado moderato/severo o nelle protesi mecca-niche, mentre nelle altre valvulopatie o protesi biologica o valvuloplastica, il rischio tromboembolico è sovrapponibile a quello nei pazienti con la sola FA, indipendentemente dalla problematica valvolare associata. È stato proposto il termine “mechanical and rheumatic mitral valvular AF”, da trattare obbligatoriamente con warfarin o acenocumarolo. In tutti gli altri casi non vi è evidenza scientifica di un diverso rischio tromboembolico rispetto alla sola FA per cui i pazienti potreb-bero essere trattati con i NAO68.

È da considerare che nei trial sui NAO nella FA sono stati arruolati anche alcuni pazienti con valvulopatia, protesi biolo-gica o valvuloplastica mitralica. Nello studio RE-LY i criteri di esclusione di fatto erano molto stringenti sul non arruolare

Figura 8    

         

                                    

• ECG • Anamnesi • Esame obiettivo  • Esami strumentali (es. 

ecocardiografico, ETE) • Esami di laboratorio 

FA

VALUTAZIONE CLINICA

FANV  FA VALVOLARE 

NAO/TAO  TAO 

Figura8.Valutazione clinica e strumentale essenziale per definire la fibrillazione atriale non valvolare/valvolare.ETE, ecocardiografia transesofagea; FA, fibrillazione atriale; FANV, fibrillazione atriale non valvolare; NAO, nuovi anticoagulanti orali; TAO, terapia anticoagu-lante orale.

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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Fibrillation Follow-up Investigation of Rhythm Management), nonostante associati ad una riduzione di scompenso cardiaco e delle ospedalizzazioni rispetto alle forme sintomatiche, pre-sentano un rischio tromboembolico aumentato73.

Vi sono tuttavia condizioni in cui la FA è senza dubbio cor-relabile ad una causa reversibile (assunzione di alcol, distiroi-dismo, chirurgia, disturbo elettrolitico) oppure ad una causa intercorrente (infarto miocardico acuto, chirurgica cardiaca e non cardiaca, sepsi, embolia polmonare): in tali circostanze può essere non necessaria l’anticoagulazione e limitarsi ad un attento follow-up clinico e strumentale.

Il riscontro di FA, indipendentemente dal numero di episodi, richiede sempre, al di là delle implicazioni di rischio tromboem-bolico, un suo inquadramento in base alle modalità di presen-tazione e durata (Tabella 12). Il rischio di ictus ed eventi trom-boembolici nella FA parossistica appare tuttavia meno definito, anche perché questi pazienti rappresentano una percentuale più bassa sia nei trial che nei registri (generalmente <30%). Nella popolazione degli studi SPAF (Stroke Prevention in Atrial Fibrillation) l’incidenza annuale di ictus ischemico era simile nel-la forma intermittente (3.2%) e sostenuta (3.3%) e non si mo-dificava in relazione al rischio tromboembolico del paziente74. Stessi risultati provengono dall’analisi della Stockholm Cohort che ha confermato l’assenza di differenze significative in termi-ni di ictus ischemico tra FA parossistica e permanente75.

Analoghi risultati sono stati evidenziati nei pazienti dei grandi trial condotti con i NAO, RE-LY e ARISTOTLE, e nello studio ACTIVE W34,42. Tuttavia come considerato recentemen-te da una rassegna76, nelle linee guida non si fa riferimento ad analisi derivanti dai trial come ACTIVE-A, AVERROES e dalle sottoanalisi del ROCKET AF e del registro J-RHYTHM, e ciò ne limita indubbiamente la reale applicabilità33,77.

La dimostrazione di un unico episodio di FA necessita co-munque di un ulteriore approfondimento al fine di diagnosti-care anche episodi di FA silente. In particolare, la ricerca del burden di FA, come nello studio TRENDS in cui una durata della FA di 5.5h/die aumentava significativamente il rischio tromboembolico78-80, aggiunge ulteriori elementi di supporto alla scelta terapeutica di eseguire la profilassi in questa tipolo-gia di pazienti, considerando che le linee guida rappresentano delle raccomandazioni, e come tali indicano dei suggerimenti in modelli spesso più teorici di quelli che si affrontano nella pratica clinica.

5.1Stratificazionedelrischio,scoreelimitiLa stratificazione del rischio tromboembolico ed emorragico è effettuata tramite l’uso di score codificati: il CHA2DS2-VASc per

si biologica, anche se in assenza di dati, sembrerebbe attuabile poter utilizzare un NAO se non è possibile la terapia con AVK22.

Peraltro sono in programmazione dei trial che cercano di rispondere a domande su particolari popolazioni di pazienti di FA non valvolare come quelli con protesi biologica in posizione mitralica da trattare con rivaroxaban vs warfarin (studio RIVER [Rivaroxaban for Valvular Heart Disease and Atrial Fibrillation], NCT02303795, ClinicalTrials.gov) o bioprotesi in posizione mitralica e/o aortica da trattare con dabigatran vs warfarin (DAWA [Dabigatran versus Warfarin after Mitral and/or Aortic Bioprosthesis Replacement and Atrial Fibrillation Postoperati-vely], NCT01868243, ClinicalTrials.gov) o pazienti sottoposti ad impianto transcatetere di valvola aortica da trattare con apixaban vs warfarin vs warfarin + doppia antiaggregazione/singola antiaggregazione (ATLANTIS [Anti-Thrombotic Strate-gy After Trans-Aortic Valve Implantation for Aortic Stenosis] NCT02664649 ClinicalTrials.gov).

In conclusione, cosa possiamo fare nei pazienti con FA valvolare e protesi valvolare? In questo momento nei pazienti con FA associata a stenosi mitralica moderata/severa o protesi meccanica non possono essere utilizzati i NAO, ma la pro-filassi tromboembolica deve essere effettuata esclusivamen-te con gli AVK. Tutti gli altri casi, le protesi biologiche o le valvuloplastiche sono associati a un rischio tromboembolico inferiore rispetto a quello delle protesi meccaniche, e pertan-to è ragionevole utilizzare i NAO qualora non fosse possibile somministrare gli AVK, anche perché questo tipo di pazienti sono stati comunque arruolati nei grandi trial sui NAO e il profilo di efficacia e sicurezza è stato sovrapponibile a quello dimostrato sulle altre sottopopolazioni di pazienti.

5.COMECOMPORTARSIDOPOUNPRIMOEPISODIODIFIBRILLAZIONEATRIALE

Le linee guida ESC del 2010 e le più recenti linee guida AHA/ACC/HRS del 2014 suggeriscono come la strategia antitrom-botica da adottare debba essere indipendente dal numero di episodi di FA documentati e dal tipo di FA30,72. Il razionale di tale atteggiamento consiste nel fatto che una rilevante per-centuale di episodi di FA sono asintomatici (dal 6% al 38% in base alla popolazione studiata e alla metodologia di studio) e che in oltre il 50% si assiste al ripristino spontaneo del ritmo sinusale entro le prime 6h; inoltre il rischio di mortalità nei pazienti al primo episodio documentato di FA risulta essere superiore rispetto alle forme di FA parossistica e persistente. Per tali motivi, il primo episodio documentato, sintomatico o asintomatico, deve essere considerato potenzialmente uno degli episodi ricorrenti che il paziente ha subito o subirà, e richiede un comportamento univoco: stratificare il rischio tromboembolico ed emorragico e definire l’adeguata terapia antitrombotica profilattica.

A supporto di tale approccio, bisogna considerare che la forma parossistica più o meno silente, nella storia naturale della FA rappresenta spesso l’inizio verso forme persistenti o permanenti: la storia naturale della FA è infatti quella di una progressione da brevi, rari episodi a più prolungati e frequenti fino alla cronicizzazione dell’aritmia. Inoltre la distribuzione degli episodi ricorrenti della forma parossistica non è casuale ma tende a clusterizzare. Tale evoluzione è comunque con-dizionata da alcune variabili come l’età, le comorbilità e le caratteristiche ecocardiografiche. Inoltre gli episodi occasio-nali di FA asintomatica, come ha dimostrato l’AFFIRM (Atrial

Tabella12. Classificazione della fibrillazione atriale (FA).

• FA di prima diagnosi: paziente che presenta l’aritmia per la prima volta indipendentemente dai sintomi e dalla durata.

• FA parossistica: forme che terminano spontaneamente generalmente entro le 48h.

• FA persistente: forme di durata >7 giorni o che necessitano di cardioversione farmacologica o elettrica per ripristinare il ritmo sinusale.

• FA persistente di lunga durata: forme di durata >1 anno • FA permanente: forme per le quali non vengono intrapresi

interventi del controllo del ritmo.• FA silente asintomatica: diagnosticata occasionalmente

mediante ECG o l’interrogazione di un dispositivo e presentatasi come qualsiasi delle precedenti forme temporali.

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o se associato a basso rischio emorragico (32% della popola-zione). Un’ipotesi operativa potrebbe essere:

– CHA2DS2-VASc =0: nei pazienti con età <65 anni e FA “lone” nessuna indicazione a terapia antitrombotica;

– CHA2DS2-VASc =1: secondo le linee guida nazionali ed ESC iniziare anticoagulazione preferibilmente con NOA. Le linee guida americane consigliano di iniziare terapia anticoagulante con un valore >1.

Da considerare inoltre che il rischio tromboembolico nei pazienti con CHA2DS2-VASc =1 è molto basso, stimato cir-ca 0.1-0.2 per le donne e 0.5-0.7 per gli uomini75. In questa specifica categoria a basso rischio secondo gli score abituali, il supporto di altri parametri come il burden di FA, i biomarcato-ri, l’insufficienza renale ed alcuni parametri ecocardiografici, quali l’ipertrofia ventricolare sinistra, la bassa velocità di flusso in auricola sinistra, morfologia multilobata dell’auricola, pos-sono risultare utili per meglio stratificare il rischio tromboem-bolico e guidare quindi le nostre scelte terapeutiche.

6.RUOLODELL’IMAGINGNELLASTRATIFICAZIONEDELRISCHIOTROMBOEMBOLICO

Le formazioni emboliche sono una non rara complicanza di numerose patologie cardiovascolari tra cui la FA, le endocar-diti infettive, le protesi valvolari, l’infarto miocardico, le valvu-lopatie. Diversi studi indicano quale origine cardioembolica circa il 15-20% di tutte le embolie sistemiche e circa il 25% degli ictus criptogenetici o TIA83.

L’imaging cardiaco assume così un ruolo importante nel coadiuvare il clinico a ricercare la migliore strada per indiriz-zare il paziente verso un percorso terapeutico più virtuoso. Tra tutti, l’ecocardiografia è l’esame diagnostico più dif-fuso, grazie alla praticità, alla possibilità di utilizzo al letto del paziente ed alla facile riproducibilità. Gli ultrasuoni ci permettono, infatti, di ricercare e stratificare il rischio trom-boembolico in molteplici condizioni cliniche predisponenti tra cui l’infarto miocardico con le conseguenti disfunzioni sistoliche, rimodellamento ventricolare, aritmie. In questi casi, ad esempio, la presenza di un ecocontrasto spontaneo predispone al rischio di trombogenesi e conseguente episo-dio tromboembolico, ma uno dei substrati cardioembolici di maggior rilievo rimane la FA.

Nel paziente con FA, l’esame ecocardiografico transto-racico ci può fornire informazioni utili per la stratificazione del rischio tromboembolico, come ad esempio la ricerca di condizioni clinico-strutturali sottostanti la FA, che possono indirizzarci verso un approccio terapeutico più appropriato (controllo della frequenza o cardioversione elettrica/farmaco-logica). Nella pratica clinica, l’ecocardiografia transesofagea (ETE) si ritaglia un importante ruolo anche per la ricerca delle fonti cardioemboliche (forame ovale pervio, caratteristiche morfo-funzionali dell’auricola sinistra), essendo in grado sia di fornire informazioni aggiuntive alla condizione clinica del paziente sia di guidare eventuali procedure quali la cardio-versione. Il primo obiettivo è tuttavia la ricerca della sorgente emboligena, che nella FA è rappresentata prevalentemente dalla trombosi endocavitaria in atrio sinistro.

La sensibilità dell’ecocardiografia transtoracica è tra il 39% e il 70% a seconda se il trombo è localizzato o meno in auricola sinistra, sede preferenziale nei pazienti con FA non valvolare84. Anche le dimensioni e volumi dell’atrio, ben va-

la definizione del rischio tromboembolico (età, sesso, storia di scompenso cardiaco congestizio o frazione di eiezione <40%, ipertensione arteriosa, diabete mellito, pregresso ictus/TIA o altro evento tromboembolico, malattia vascolare); l’HAS-BLED per la definizione del rischio emorragico (ipertensione arterio-sa, insufficienza renale, insufficienza epatica, ictus, pregresso sanguinamento maggiore o predisposizione al sanguinamen-to, uso di farmaci che predispongono al sanguinamento, va-lori di INR labili, età del paziente, assunzione di alcol)81.

Nonostante il loro utilizzo sia stato ampio nello studio os-servazionale europeo (rispettivamente l’83.7% e il 78.2%) e le linee guida suggeriscano di utilizzarli indipendentemente dal tipo di FA e dal numero di episodi, quindi anche al primo episodio documentato, viene riportato che i medici spesso tengono in considerazione altri fattori al momento non inclu-si negli score abituali (dimensioni atriali, insufficienza renale, burden di FA), specie per il rischio trombotico.

Va comunque ricordato che la popolazione in cui furono validati entrambi gli score era una popolazione affetta da FA persistente e non da altre forme, anche se tutti i trial condotti con i NAO hanno utilizzato il CHADS2 come score di riferimen-to, come del resto gli studi che hanno confermato l’importanza degli episodi di FA parossistica silente nella genesi tromboem-bolica (ASSERT [Atrial Fibrillation Reduction Atrial Pacing Trial] o MDT AT500). Nell’analisi post-hoc dell’ARISTOTLE il rischio di ictus, ma non quello di sanguinamento, risultava differente nel rischio basso se calcolato con il CHADS2 score o con il CHA2DS2-VASc score (CHADS2 =1 HR 0.85, CHA2DS2-VASc =1 HR 1.18, CHADS2 =2 HR 0.90, CHA2DS2-VASc =2 1.26) mentre risultava sostanzialmente analogo nel rischio trombo-embolico elevato82. Il CHA2DS2-VASc può non essere quindi sufficiente nella stratificazione del rischio tromboembolico ed informazioni maggiori sulla stratificazione del rischio trombo-embolico potrebbero derivare dall’associazione con altri mar-ker predittivi, biomarcatori, l’insufficienza renale, il burden di FA e alcuni parametri ecocardiografici.

Il burden di FA è stato ampiamente studiato in questi anni e diventa ancora più interessante quando viene associato al rischio tromboembolico. Nel trial ASSERT che ha arruolato pazienti senza precedente storia di FA, un CHADS2 score me-dio 2.41, nei pazienti che presentavano un episodio di FA di durata >6 min, sintomatica o asintomatica, aumentava non solo il rischio di avere recidive di FA ma soprattutto il rischio di episodi tromboembolici; se l’episodio di FA lo associamo al rischio tromboembolico, possiamo vedere come nei pazien-ti con CHADS2 =1 e senza episodi, il rischio tromboemboli-co era 0.19%/anno, mentre nei pazienti con episodi di FA e CHADS2 >2 il rischio diventa estremamente più elevato. Pre-cedentemente in casistiche minori era stato rilevato, come nei pazienti con CHA2DS2-VASc =1 la comparsa di episodi di FA di durata tra 5 min e 24h aumentava sensibilmente il rischio tromboembolico.

La presenza di registrazione di FA combinato con lo score CHADS2 o CHA2DS2-VASc è in grado quindi di modificare e migliorare la stratificazione del rischio tromboembolico.

Cosa fare quindi? Mentre sappiamo come comportarci nell’elevato rischio tromboembolico e basso rischio emorragi-co, più difficile è scegliere al primo episodio documentato di FA nel paziente a basso rischio tromboembolico soprattutto se associato a elevato rischio emorragico, seppur rappresenta una percentuale modesta (circa il 4%) secondo i dati ATA-AF66

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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riguardo all’elevata aderenza al trattamento (proporzione di giorni in cui il paziente dispone della terapia ≥80%) dopo l’inizio della terapia, soprattutto in coloro che hanno speri-mentato in precedenza warfarin, con valori del 74% per il da-bigatran, correlata ad un’appropriata selezione del paziente e ad un monitoraggio sull’assunzione della terapia da parte dei farmacisti che dispensavano il farmaco. Nei pazienti non aderenti, il controllo più prolungato e stringente sull’assun-zione della terapia con l’intervento del medico del paziente, ne ha migliorato l’aderenza88. È in corso il trial AEGEAN (As-sessment of an Education and Guidance program for Eliquis Adherence in Non-valvular atrial fibrillation) in cui l’aderenza dopo 6 mesi al trattamento con apixaban viene valutata con un controllo elettronico del numero di compresse utilizzate, ed i primi risultati resi noti hanno mostrato che l’educazione del paziente ed una strategia aggressiva di ricordo con sms su smartphone, sull’assunzione corretta, rispetto alla sola edu-cazione e responsabilizzazione, è correlata ad un’aderenza e persistenza a 6 mesi molto elevate (88% e 90.8% rispettiva-mente) e non vi sono differenze statisticamente significative tra le due strategie.

Il MMG (o anche l’ambulatorio infermieristico dedicato), opportunamente istruito ed informato può occuparsi del fol-low-up a medio-lungo termine89. Il paziente dovrebbe torna-re ad un controllo periodico (es. ogni 3 mesi), da stabilire e modulare in base alle sue caratteristiche. Un paziente di età >75-80 anni o con una particolare fragilità, valutabile, come suggerito nelle recenti raccomandazioni EHRA, con un pun-teggio ≥3, considerando il calo ponderale non intenzionale, l’astenia anamnestica, uno scarso risultato al test con hand-grip, un ridotto speed/gait test, una ridotta attività fisica, do-vrà ricevere un più frequente controllo rispetto ad un paziente più giovane o anziano “robusto”22,90.

Il paziente a 1 anno dall’inizio della terapia ritornerà pres-so l’ambulatorio cardiologico per il rinnovo del piano tera-peutico AIFA ed in tale occasione il cardiologo potrà rivalu-tare in prima persona gli eventuali eventi tromboembolici e/o emorragici, l’aderenza-persistenza, verificare gli esami ema-tochimici di controllo e stabilire se il trattamento può essere continuato e a quale dose.

7.2ParametridilaboratoriodacontrollareGli esami ematochimici periodici da verificare almeno an-nualmente sono la funzionalità renale con il calcolo della CrCl con la formula di Cockcroft-Gault, la funzionalità epa-tica con le transaminasi e bilirubina totale, l’emocromo per verificare la stabilità dell’emoglobina e la conta piastrinica. Se vi è una moderata riduzione della funzionalità renale (CrCl 30-49 ml/min/m2) o nel paziente fragile o >75-80 anni, la CrCl è da verificare ogni 6 mesi. Tra gli esami ematochi-mici deve essere posta particolare attenzione al controllo della funzionalità renale, essendo tutti i NAO eliminati in percentuale variabile per questa via (con maggiore atten-zione per il dabigatran essendo eliminato per l’80% a livello renale), soprattutto nei pazienti più fragili, in caso di febbri, temperature ambientali elevate, non adeguata idratazione e gastroenteriti con diarrea e possibile disidratazione e co-munque in tutte quelle situazioni in cui si può presupporre una riduzione della CrCl.

Nelle linee guida europee sulla FA91 è riportato come controindicato l’utilizzo dei NAO nei pazienti con CrCl <30 ml/min, mentre nella scheda tecnica dell’apixaban e del ri-

lutabili all’ecocardiografia transtoracica, rappresentano un valore per il rischio tromboembolico; infatti, in alcuni studi tale rischio aumentava con l’ingrandimento-disfunzione atria-le, verosimilmente per l’influenza del rimodellamento e della alterata contrattilità, sulla maggiore stasi ematica con conse-guente formazione di trombi85.

Un’altra metodica di imaging, la tomografia computeriz-zata cardiaca, è entrata di diritto come parte attiva di un per-corso diagnostico nei pazienti con sospetta o nota cardiopatia ischemica e può essere considerata a tutti gli effetti un ulte-riore esame utile nella stratificazione del rischio cardioemboli-co prevalentemente per quanto attiene la ricerca di trombosi auricolare e/o ventricolare sinistra. Tale metodica inoltre, po-trebbe essere un buon esame per lo screening della trombosi auricolare nei pazienti in cui sia controindicato l’ecocardiogra-fia transesofagea, essendo dotata di un’eccellente sensibilità, pur presentando difficoltà oggettive nel differenziare un eco-contrasto spontaneo severo da una trombosi86.

Infine, nella ricerca di fonti emboligene, la risonanza ma-gnetica cardiaca riveste un ruolo più secondario ma spesso complementare alle altre metodiche di imaging. Infatti, uno studio pilota ha mostrato la maggior capacità dell’ecocardio-grafia transesofagea rispetto alla risonanza magnetica car-diaca nell’identificare lesioni potenzialmente emboligene nei pazienti con ictus criptogenetico87.

7.COMEORGANIZZAREILFOLLOW-UPDEIPAZIENTIINTRATTAMENTOCONINUOVIANTICOAGULANTIORALI

7.1Unpercorsostrutturatoe“ragionevole”Il follow-up dei pazienti che assumono i NAO deve tenere conto delle caratteristiche del soggetto (es. fragilità, comor-bilità, età se >75-80 anni, politerapia, ecc.), del farmaco attri-buito (con le sue peculiarità di assunzione, interazioni e me-tabolismo/eliminazione) e della sua potenziale pericolosità, dell’aderenza alle terapie, della presenza di familiari, caregiver o di una rete assistenziale o se il paziente sia istituzionalizza-to ed infine delle strutture e dell’organizzazione sanitaria del territorio in cui vive.

Nel momento in cui si inizia la terapia il paziente (e/o i familiari e caregiver) deve essere opportunamente informato sulle peculiarità del farmaco che deve assumere, sull’assorbi-mento con o senza il cibo, sui possibili effetti collaterali e sul fatto che deve avvertire sempre il personale sanitario e il me-dico curante prima di qualsiasi interruzione o in caso di nuovi farmaci, prescritti per esempio da altri specialisti.

Ad 1-2 mesi di distanza dall’inizio della terapia, si può programmare un controllo presso l’ambulatorio cardiologico (o infermieristico con personale dedicato), per verificare se vi siano stati eventi tromboembolici e/o emorragici, l’aderenza e persistenza alla terapia, i possibili effetti collaterali o compli-canze e gli esami ematochimici (funzionalità epatica, renale, emocromo) concordati con il medico di medicina generale (MMG), per appurare che non vi siano nuove alterazioni si-gnificative che potrebbero comportare una riduzione di dose, se non addirittura la sospensione del farmaco. Se emergo-no problematiche connesse alla gestione o direttamente alla terapia, questa è l’occasione per risolverle, educando e ren-dendo il paziente il più possibile partecipe alla cura. A tale proposito vi sono dati a favore dei NAO vs la terapia con AVK

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8.GESTIONEDELLATERAPIAANTICOAGULANTENELPAZIENTECANDIDATOAPROCEDURECHIRURGICHE

La gestione della terapia con i NAO nel paziente che deve essere sottoposto a procedure invasive o intervento chirurgi-co elettivo (per cui si può ragionevolmente attendere almeno 12-24h) dipende da tre fattori: (a) funzionalità renale (calcolo della CrCl con formula di Cockcroft-Gault), (b) NAO assunto (mono o bisomministrazione, via di eliminazione), (c) rischio emorragico della procedura: trascurabile, basso o alto.

In caso di procedura urgente/emergente la strategia di ap-proccio comporta l’attivazione di percorsi specifici per ridurre il rischio emorragico e, a questo proposito, l’introduzione nel-la pratica clinica di antidoti dei NAO potrebbe portare a un cambiamento radicale sull’uso di tali anticoagulanti. Tuttavia, data la breve emivita dei NAO, il valore clinico degli antidoti nella vita reale rimane ancora da definire. Il 5 ottobre 2015 l’AIFA ha dato la notizia che la European Medicines Agency (EMA) ha approvato in Europa l’uso del Praxabind®, fram-mento anticorpale inibitore specifico del dabigatran, in casi di emorragia pericolosa per la vita o non controllata e pro-cedura urgente/intervento chirurgico emergente. L’approva-zione è seguita alla pubblicazione dei buoni risultati sui primi 90 pazienti che avevano avuto un’emorragia pericolosa per la vita o dovevano andare incontro a procedure o interventi chirurgici non procrastinabili (nelle successive 8h) in corso di dabigatran e che erano stati trattati con l’antidoto. L’azione del NAO è stata bloccata dopo pochi minuti da due boli di idarucizumab92. Sono in avanzata fase di studio antagonisti che bloccano gli inibitori del FXa e sembrerebbe possibile nel corso dei prossimi mesi il loro arrivo sul mercato (andexanet alfa) (NCT02329327, Clinicaltrials.gov, Le Heuzey J.Y., dati non pubblicati).

La valutazione del rischio emorragico di un intervento/pro-cedura (Tabella 13) deve essere integrata con la funzionalità

varoxaban ne viene previsto l’uso con dose ridotta (rispetti-vamente 2.5 mg bid e 15 mg/die) in presenza di una marca-ta riduzione della funzione renale (CrCl 15-30 ml/min/m2). Questo dato deve essere visto come la possibilità di non do-ver interrompere il trattamento in un paziente con funzione renale che si dovesse compromettere durante il follow-up, stabilizzandosi su tali valori; ciò dovrebbe indurre ovviamen-te un controllo più frequente (ogni 1.5-3 mesi). Un trucco mnemonico consigliato nelle linee guida EHRA91 riguardo alla rivalutazione della funzionalità renale, se presente di-sfunzione, è il rapporto tra CrCl/10, che dà l’intervallo in mesi da utilizzare per la successiva verifica dei parametri (ad es. se CrCl 60 ml/min, 60/10=6, quindi controllo della fun-zionalità renale entro 6 mesi). Da ricordare che la dose stan-dard di 150 mg bid del dabigatran deve essere ridotta a 110 mg bid in caso di età ≥80 anni e considerata se paziente >75 anni e con moderata riduzione della funzione renale. Il do-saggio ridotto (15 mg/die) deve essere utilizzato anche nei pazienti che assumono il rivaroxaban e che dovessero vedere ridotta la funzione renale al di sotto dei 50 ml/min e nei pa-zienti che assumono apixaban (2.5 mg bid), se si dovessero riscontrare presenti almeno 2 su 3 parametri tra peso ≤60 kg, età ≥80 anni o creatinina ≥1.5 mg/dl. Un dato da valuta-re, prima di iniziare la terapia con un NAO, può essere anche il tempo di protrombina (PT) o l’aPTT, che possono poi essere utili in situazioni di emergenza-urgenza (sanguinamento-in-terventi chirurgici o procedure non rinviabili) come valore di riferimento, perché tali parametri possono dare un’idea qualitativa del fatto che il paziente abbia assunto o meno la terapia nel corso del follow-up (aPTT per il dabigatran e PT per rivaroxaban)22,91.

7.3DocumentidafornirealpazienteUtile consegnare al paziente oltre a materiale informativo, una card o un documento che riporti il nome del farmaco, la data di inizio, la dose e l’ora di assunzione e gli altri far-maci eventuali. È necessario dare istruzioni sulle interazioni farmacologiche più comuni e cosa fare in caso di dimenti-canza di una dose o di assunzione errata o in caso di piccoli sanguinamenti. Il paziente deve essere istruito di avvertire il MMG o il personale medico e/o infermieristico che si occupa di seguirlo nel trattamento, se si dovessero verificare eventi di questo tipo.

Inoltre il MMG deve essere avvisato in qualsiasi caso in cui venga introdotto in terapia un nuovo farmaco o prodotto da banco, assunto autonomamente dal paziente, per verificare che non vi siano interazioni significative con la terapia antico-agulante assunta. Oltre alle interazioni segnalate nelle schede tecniche dei farmaci esistono molteplici siti online che forni-scono informazioni sulle interazioni descritte tra i vari farmaci (es. reference.medscape.com/drug-interactionchecker; www.pharmacy.ca.gov).

Dovrebbe essere anche chiaramente indicata la modalità di interruzione da seguire per lo specifico NAO, in caso per esempio di intervento chirurgico.

Il documento di accompagnamento dovrebbe anche elencare i risultati degli ultimi esami ematochimici eseguiti e quando eseguire i nuovi test di laboratorio. Questo documen-to è utile perché qualsiasi sanitario venga in contatto con il paziente possa avere le informazioni di base per la gestione delle terapia22,91.

Tabella13.Rischio emorragico nelle procedure

Rischiotrascurabile• Interventi odontoiatrici (estrazione di 1-3 denti, chirurgia

paradontale, incisione di ascessi, implantologia)• Oftalmologia (chirurgia cataratta o glaucoma)• Procedure endoscopiche non interventistiche• Chirurgia superficiale (es. incisione di ascessi, asportazione

di piccole lesioni cutanee, ecc.)

Rischiobasso• Procedure endoscopiche con biopsia• Biopsie vescicali e prostatiche• Studio elettrofisiologico o ablazione transcatetere nelle

camere destre• Angiografia non coronarica• Impianto pacemaker o defibrillatore (se anatomia non complessa)

Rischioalto• Ablazione transcatetere nelle camere cardiache sinistre

(ablazione Wolff-Parkinson-White, isolamento vene polmonaria, ablazione di alcune tachicardie ventricolaria)

• Anestesia spinale o epidurale, puntura lombare• Chirurgia toracica, addominale, ortopedica maggiore• Biopsia epatica o renale• Resezione transuretrale della prostata• Litotrissia con shock wave

avalutare il momento della sospensione, considerando l’aumentato rischio tromboembolico di queste procedure.

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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9.RIASSUNTODopo circa 4 anni dall’introduzione degli inibitori orali diretti del-la coagulazione, generalmente noti come nuovi anticoagulanti orali (NAO) l’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospeda-lieri (ANMCO) ha ritenuto necessario aggiornare il documento sul ruolo di questi farmaci nella prevenzione del tromboemboli-smo nei pazienti con fibrillazione atriale non valvolare, pubblica-to nell’anno 2013. All’interno di questo position paper vengono prese in considerazione tutte le evidenze scientifiche disponibili sull’impiego clinico dei NAO, derivanti non solo dai grandi trial registrativi, ma anche dai più recenti studi osservazionali nella pratica clinica. Il documento, inoltre, affronta tutti gli aspetti ine-renti alla gestione pratica della terapia anticoagulante orale con i nuovi inibitori diretti. In particolare, vengono proposti specifici percorsi clinico-assistenziali, finalizzati all’implementazione otti-male della terapia anticoagulante con i nuovi farmaci nella pratica clinica quotidiana. Infine, particolare attenzione viene riservata alla gestione del follow-up nel medio e lungo periodo nei pazienti indirizzati al trattamento con i nuovi agenti anticoagulanti.

Parole chiave.Anticoagulazione; Apixaban; Dabigatran; Edoxa-ban; Fibrillazione atriale; Rivaroxaban.

10.APPENDICEConsensusDocumentApprovalFaculty

Alunni Gianfranco, Amico Antonio Francesco, Amodeo Vincen-zo, Angeli Fabio, Aspromonte Nadia, Audo Andrea, Azzarito Michele, Battistoni Ilaria, Bianca Innocenzo, Bisceglia Irma, Bon-garzoni Amedeo, Bonvicini Marco, Cacciavillani Luisa, Calculli Giacinto, Caldarola Pasquale, Capecchi Alessandro, Caporale Roberto, Caretta Giorgio, Carmina Maria Gabriella, Casazza Franco, Casolo Giancarlo, Cassin Matteo, Casu Gavino, Cemin Roberto, Chiarandà Giacomo, Chiarella Francesco, Chiatto Ma-rio, Cibinel Gian Alfonso, Ciccone Marco Matteo, Cicini Maria Paola, Clerico Aldo, D’ Agostino Carlo, De Luca Giovanni, De Luca Leonardo, De Maria Renata, Del Sindaco Donatella, Egidy Assenza Gabriele, Egman Sabrina, Fattirolli Francesco, Francese Giuseppina Maura, Gabrielli Domenico, Geraci Giovanna, Giar-dina Achille, Greco Cesare, Gregorio Giovanni, Iacoviello Massi-mo, Khoury Georgette, Ledda Antonietta, Lucà Fabiana, Macera Francesca, Marini Marco, Mascia Franco, Masson Serge, Maurea Nicola, Mazzanti Marco, Mennuni Mauro, Menotti Alberto, Me-nozzi Alberto, Mininni Nicola, Molon Giulio, Moreo Antonella, Moretti Luciano, Mortara Andrea, Mureddu Gian Francesco, Murrone Adriano, Musumeci Giuseppe, Navazio Alessandro, Nicolosi Pier Luigi, Oliva Fabrizio, Oreglia Jacopo, Parato Vito Maurizio, Parrini Iris, Patanè Leonardo, Pini Daniela, Pino Paolo Giuseppe, Pirelli Salvatore, Procaccini Vincenza, Pugliese France-sco Rocco, Pulignano Giovanni, Radini Donatella, Rao Carmelo Massimiliano, Rasetti Gerardo, Roncon Loris, Rossini Roberta, Ruggieri Maria Pia, Rugolotto Matteo, Sanna Fabiola, Sauro Ro-sario, Scalvini Simonetta, Scherillo Marino, Severi Silva, Sicuro Marco, Silvestri Paolo, Sisto Francesco, Tarantini Luigi, Themi-stoclakis Sakis, Uguccioni Massimo, Urbinati Stefano, Valente Serafina, Vatrano Marco, Vianello Gabriele, Vinci Eugenio, Zuin Guerrino.

renale del nostro paziente, per determinare il corretto timing della sospensione. Nel caso di trascurabile rischio emorragico, si può scegliere di attuare la procedura nel momento di mi-nore concentrazione del NAO (la “valle” rispetto all’intervallo di somministrazione) o non far assumere la dose del farmaco prevista, facendo trascorrere 18-24h e riprendendo la terapia 6h dopo la procedura.

Nella Tabella 14 sono riportati i tempi in cui è consigliabile sospendere il NAO prima di attuare una procedura/intervento chirurgico. Si deve considerare che se il nostro paziente assu-me apixaban o rivaroxaban la quota eliminata a livello renale (27% e 35% rispettivamente) è circa un terzo di quella del da-bigatran che è dell’80%. Nel caso del dabigatran lo schema di sospensione è più complesso. Se nel paziente si riscontrasse una funzionalità renale severamente ridotta (15-30 ml/min, in cui il dabigatran è controindicato) in caso di intervento a bas-so rischio si consiglia di attendere fino a 4-5 giorni e in caso di rischio elevato anche >5 giorni22,59,93. Utilizzare una terapia “bridge” vs nessuna terapia “bridge” sembra aumentare il ri-schio emorragico (6.5 vs 1.8%, p<0.001) e non ridurre il rischio (basso) di eventi tromboembolici ed embolie sistemiche (1.2 vs 0.6%, p=0.16 e 0.5 vs 0.3%, p=0.46, rispettivamente)94.

Se l’emostasi è completa, la terapia può essere ripresa dopo 6-8h dall’intervento/procedura. Se il rischio emorragi-co dovesse essere considerato elevato è consigliabile atten-dere 48-72h o comunque finché l’operatore non consideri che il rischio emorragico sia ridotto, rispetto alle complican-ze tromboemboliche eventuali legate all’immobilizzazione e/o alla problematica per cui il paziente assume il NAO. Nel caso di immobilizzazione prolungata del paziente dopo la procedura/intervento, per evitare il rischio di tromboembolia venosa, si può iniziare eparina a basso peso molecolare a dosaggio profilattico, dopo le 6-8h, rimandando la ripresa del NAO di 48-72h22,59,93.

Tabella 14. Tempi per l’interruzione dei nuovi anticoagulanti orali prima di procedure/interventi chirurgici con basso o alto rischio emor-ragico, considerando la funzione renale.

NAO CrCl(ml/min)

Incasodibassorischioemorragico

(oredall’ultimaassunzione)

Incasodialtorischioemorragico

(oredall’ultimaassunzione)

Dabigatrana ≥80≥50-80≥30-50

≥24≥36≥48

≥48≥72≥96

Apixabanb ≥30 ≥24 ≥48

Rrivaroxabanb <30 ≥36 ≥48

CrCl, clearance della creatinina.acontroindicato se CrCl <30 ml/min. bcontroindicato se CrCl <15 ml/min.

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NAO nella prevenzione del tromboembolismo nella FA

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