Pellegrinaggio e religiosità popolare Antonio Giannone
Pellegrinaggio
e
religiosità popolare
Tesina di Antonio Giannone
Pellegrinaggio e religiosità popolare Antonio Giannone
Pellegrinaggio e religiosità popolare
Tesina di Antonio Giannone
Il Pellegrinaggio, pratica molto antica, comune a tutte le religioni e
classi sociali, ha assunto in seno al Cristianesimo forme e modalità
diverse non sempre riconducibili ad un‟unica tipologia per la diversità
delle motivazioni, dei luoghi, delle culture popolari nelle quali s‟è
incarnato o da cui è scaturito.
Per pellegrinaggio (d‟ora in poi p.) s‟intende il recarsi, per
devozione o penitenza, per catarsi o per ex-voto, in un luogo che la
pietas popolare considera sacro; un luogo in cui generalmente sorge
una Chiesa (o Santuario) che custodisce reliquie o immagini
miracolose o è stata edificata nei luoghi della vita e passione di Nostro
Signore Gesù o vi è apparso, come la Madonna o i Santi, o vi è nato
od operato un Santo. Si pensi a luoghi come Gerusalemme, Nazaret,
Betlem, Roma, Santiago de Compostela, Padova, Lourdes, Fatima,
Loreto, Medjugorie, Czestochowa, S. Giovanni Rotondo, stando a
quelli di fama internazionale; ma ve ne sono altri, meno noti e legati a
un p. che potremmo definire locale o regionale.
Procediamo con ordine.
Nell‟antica Grecia un gran numero di santuari davano vita a qualcosa
di molto simile ai p.. Il più famoso santuario era quello di Delfi,
dedicato al culto di Apollo, dove si arrivava in processione secondo un
itinerario prescritto e dove si ascoltava il responso della Pizia,
sacerdotessa e profetessa del “dio dell‟arco d‟argento” e del sole
(Pytho era l‟antico nome di Delfi). Altro santuario famoso era quello
d‟Asclepio, dio della medicina, ad Epidauro (oggi famosa soprattutto
per il suo splendido anfiteatro).
Ai due dei gli Elleni si rivolgevano per guarire da talune malattie.
Nel greco antico non esiste un termine che traduca il nostro p.,
quello che più gli si avvicina è theoria (processione sacra).
Per gli Ebrei il p. consisteva nell‟ascesa a un luogo sacro per
celebrarvi, poi, una festa. I luoghi erano diversi e ognuno era riservato
a una particolare tribù. Dall‟età dei re in poi, Gerusalemme divenne il
centro spirituale di tutti i figli d‟Israele, che vi si recavano, per
obbligo, per tre feste l‟anno: Pasqua-Azzimi, Pentecoste e Capanni (o
Tabernacoli).
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Tra i santuari più famosi: Galgala, Mispa di Beniamino, Gabaon,
Ofra, Dan e Silo, dove per lungo tempo era stata custodita l‟Arca
dell‟Alleanza.
Nel mondo biblico si trovano notizie che afferiscono al p., meglio
definibile deambulazione sacra o religiosa, per distinguerla da
processione, che può avere sì carattere religioso ma anche civile,
laico.
Le caratteristiche della deambulazione sacra erano almeno quattro1:
1) il pellegrinaggio, cioè il cammino per raggiungere il luogo della
festa;
2) il ritiro, al quale, tuttavia, non partecipavano tutti i convenuti ma
solo determinate persone;
3) il corteo, un percorso più breve, che aveva una dimensione cultica
o sacra;
4) la processione, che non è funzionale al trasloco ma è essa stessa
atto di culto.
I dati che l‟Antico Testamento “offre per ciascuno di questi modelli
sono di ampiezza e valori diversi. Mentre per il pellegrinaggio i testi
sono numerosi, per le altre deambulazioni le conoscenze sono
piuttosto limitate per l‟esiguità dei dati stessi”.2
1) Nella fase di partenza del p. ciò che conta è la parola di Dio, che
invita a compiere il viaggio: «Dio disse a Giacobbe:”Alzati, va‟ a
Betele e abita là; costruisci in quel luogo un altare…”», (Gn 35,1).
Avviene, quindi, il rito della purificazione, il cambio delle vesti in
segno di purificazione e santificazione interiore, e il seppellimento
degli idoli degli stranieri in segno di rinnegamento. La seconda fase è
quella del cammino, cui segue quella dell‟arrivo; quindi l‟adorazione,
il sacrificio e un pasto sacro di tipo familiare. “Subito dopo veniva
lasciato spazio alla pietà individuale e all‟incontro col clero locale”3.
I riti di partenza, arrivo e ritorno si possono ricomporre attraverso la
testimonianza dei salmi delle ascensioni al tempio (Sal. 120-134) e dei
salmi di p. (Sal 15, 84, 91, 122).
- I riti di partenza si possono intravedere nei salmi 120-121. nel
primo si vede come qualche cosa di angoscioso e di crudele spinga il
gruppo a intraprendere il p. in modo ampio e partecipato. Nel
secondo si possono cogliere i saluti dei parenti.
1 Cfr. R. De Zan, Le forme di “cammino sacro” nell‟Antico Testamento, in Credere oggi, 87/1995, pag. 34 e sgg.
2 R. De Zan cit., pag. 34.
3 R. De Zan cit., pag. 37.
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-I riti di cammino non sono testimoniati, anche se si possono
pensare come riti che ricordano la marcia trionfale e militare
dell‟esodo.
- I riti d‟arrivo sono ben descritti nel Sal 84; ci sono acclamazioni di
gioia (vv.1-4) e i saluti tra gli arrivati e i leviti che li accolgono (vv.5-
6.13). Segue immediatamente una catechesi (cf. v. 12 e Sal 15,1-5b) e
il disbrigo di qualche affare giuridico di pertinenza sacerdotale (Sal
122,5). Subito dopo s‟innalza una preghiera per Gerusalemme (Sal
123; cf.64,9-19) e un ringraziamento per essere giunti alla città santa
(sal 124). Dopo questi riti ufficiali veniva lasciato spazio alla pietà
individuale, della quale il Sal 125 potrebbe essere un esempio. I Sal
126-132 presenterebbero i vari riti di offerta dei raccolti, delle
preghiere di benedizione e di maledizione (contro i nemici e gli
increduli), i riti di espiazione per i peccati contro l‟alleanza, le
espressioni di fiducia in Dio e la lode a Gerusalemme in attesa del
Messia.
-I riti di ritorno si possono trovare nei Sal 133-134. Si tratta di un
sobrio bilancio del p. dove si è vissuta la benedizione dello stare
insieme come fratelli. Ci sono i saluti ai leviti e l‟ultima benedizione
sacerdotale ai partenti.4
2) Il ritiro è un rito che spinge all‟appartarsi per compiere un atto di
celebrazione e/o di commiserazione e di pianto (cfr.gdc 11,29-49,
episodio di Jefte e figlia).
3) Nel corteo sembra ci sia poco di religioso e nella Bibbia vi sono
solo due rimandi (L‟unzione di Salomone a re – 1Re 1, 32-40 – e un
corteo nuziale). La “sacralità” deriverebbe dal fatto che alla gioia
umana partecipa lo stesso Dio.
4) Partecipare alla processione (la processione di Giosuè per la presa
di Gerico e quella con cui Davide trasportò l‟Arca dell‟alleanza a
Gerusalemme) significa sentirsi coprotagonisti della fatica e della
benedizione di quanti avevano conquistato la terra promessa.
***
Nell‟era cristiana il p. è espressione della religiosità popolare
perché non regolamentato dall‟autorità ecclesiastica.
Il p. ha come meta la Palestina, luogo dove si compì quanto
annunciato dalle Scritture.
Il traffico verso Gerusalemme aumenta nel IV secolo con la pax
costantiniana.
Verso la fine dello stesso secolo inizia un‟altra forma di p., diretto
alle tombe o ai luoghi di martiri e confessori, che “coinvolge i fedeli
4 R. De Zan cit., pag. 38.
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in celebrazioni ove si fondono riti liturgici ed esplosioni di religiosità
popolare. Radicato nel territorio, diventa compensativo per chi non
può – o non può permettersi di – andare nei luoghi santi”5. Questi
luoghi, sia ad Occidente che ad Oriente, erano frequentatissimi e le
chiese, illuminate a giorno, restavano aperte costantemente, mentre i
predicatori parlavano a una folla eterogenea che non riusciva ad
intendersi. Stracolmi erano i ricoveri per i pellegrini stranieri
(xenodochia).
Nei secoli successivi, alla tradizionale forma di p., se ne aggiunge
una nuova: quella penitenziale, espressione dei tempi mutati e delle
insidie dei luoghi, infestati da briganti e da orde barbariche.
Nell‟Europa occidentale, per influsso del monachesimo irlandese
(San Colombano), nasce “il servizio di Dio nella penitenza detta anche
pellegrinaggio”6 e, in questa connotazione ascetico-penitenziale,
lasciare il sicuro nucleo familiare per avventurarsi nel p. diventa la
forma più perfetta di penitenza.
Il p. penitenziale veniva assegnato dai confessori per mondare
alcuni gravi peccati.
Caduti i luoghi santi in mano musulmana, la meta diventa Roma,
luogo dove è conservato il velo della Veronica e di martirio dei
principi degli Apostoli, Pietro e Paolo. I pellegrini che puntano su
Roma sono detti Romei.
Non c‟è contrasto tra eremitismo e p. perché entrambi
presuppongono una separazione per andare lontano a cercare in
solitudine un più intimo rapporto con Dio; meglio se il viaggio si
coronava con il martirio. Molti eremiti-pellegrini, abbandonati i loro
luoghi solitari, si diffusero per città e campagne predicando il
Cristianesimo delle origini e tuonando contro la corruzione e la
mondanità del clero, attirandosi i suoi strali. Se il loro fervore
spirituale era senz‟altro lodevole, essi non erano immuni da ignoranza
e il movimento sarebbe sfociato talvolta nell‟eresia.
Il loro, spesso, diventava un vero e proprio peregrinare e in taluni
casi si sarebbe trasformato in autentico vagabondaggio, tale da
indurre le comunità cristiane a guardare con occhio preoccupato a
questi “scansafatiche”.
***
In qualche modo le stesse Crociate, predicate dal movimento
eremitico (Pietro d‟Amiens, detto L‟eremita), possono essere
considerate dei p..
5 Vincenzo Bo, Il pellegrinaggio cristiano nella storia, in Credere oggi cit, pag. 6
6 In V. Bono cit..
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Il crociato è un pauper, che affronta rischi e pericoli, sfida la morte,
si sottopone a veglie, digiuni e penitenze e partecipa a processioni di
ringraziamento.
I cristiani partecipano alle crociate realizzando “un vero e proprio p.
collettivo, non solo perché vi prendono parte insieme, ma anche
perché essi provengono da ogni classe sociale. Nobili e popolani,
ricchi e poveri si uniscono in un solo sforzo realizzando una certa
parità e uguaglianza, fraternizzando in una povertà comune che è
occasione e simbolo d‟umiltà e carità”7.
Meta delle crociate è Gerusalemme, la città che appare come
l‟immagine della Gerusalemme celeste ma che è anche il luogo dove
Gesù Cristo verrà a giudicare i vivi e i morti nel giorno del giudizio.
La crociata diventa, quindi, un ultimo esodo verso il luogo
dell‟appuntamento finale con Dio. Ricordiamo che nel 1071
Gerusalemme era stata conquistata dai turchi selgiuchidi e che solo la
prima crociata ebbe esito favorevole.
Alla fine del XIII secolo, sulla spinta delle richieste popolari volte
ad ottenere indulgenze mediante le quali si acquisiva la remissione dei
peccati, papa Bonifacio VIII indisse il primo Giubileo8 (Anno santo o
giubilare).
Le richieste scaturivano da un intenso desiderio di rinnovamento
religioso, concretizzatosi nella nascita di movimenti e ordini
mendicanti che si richiamavano alla povertà (valdesi, catari, poverelli
etc).
La meta del Giubileo, non comoda da raggiungere dalle varie parti
dell‟Europa cristiana, è ancora una volta Roma. Il p. non è facile da
concretizzare perché, oltre alle insidie del viaggio (disagi vari,
intemperie atmosferiche, ladroni), erano previsti quindici giorni
consecutivi di permanenza nella Città eterna (30 per i residenti) e
visitare le quattro basiliche principali: San Pietro, San Paolo, Santa
Maria Maggiore, San Giovanni in Laterano.
All‟inizio i p. giubilari prevedevano una scadenza secolare, ma essa,
sempre sotto la spinta delle richieste popolari, venne fissata in 50 anni
da Clemente VI e poi ogni 33 anni da Urbano VI. Nel 1470 papa
Paolo II gli diede cadenza venticinquennale.
L‟afflusso di una massa enorme di pellegrini diede origine a varie
iniziative volte alla loro assistenza; nacquero così ospizi, mense,
dormitori e ospedali per la cura dei malati.
7 V. Bono cit. pag.10.
8 Dall‟ebraico jôbel. Il giubileo ebraico aveva cadenza cinquantennale e carattere di remissione. Gli schiavi riottenevano
la libertà, i debiti venivano rimessi, la terra lasciata a riposo. Il principio animatore era il riconoscimento che Dio è il
solo padrone e che l‟uomo non può disporre a suo piacere dei beni concessigli.
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“…Tali iniziative costituirono…la risposta popolare (in quanto sorte
spontaneamente e senza decreti, anche se successivamente
regolamentate) alle provocazioni con cui la società interpellava la
chiesa. Tipici gli anni santi di fine secolo XIX e inizi del secolo
attuale [XX] quando sulla richiesta di indulgenze prevalse l‟andare a
Roma”9 a manifestare fedeltà e solidarietà al Papa, privato nel 1870 -
Breccia di Porta Pia – del suo potere temporale.
***
Altra forma di p. praticata è quella devozionale, diretta per lo più a
Santuari mariani (Loreto, Lourdes, Fatima, Czestochowa, Medjugorie)
ma anche a chiese e luoghi legati a santi particolari, come Santiago,
San Michel, San Benedetto, San Francesco, San Antonio di Padova,
Santa Rita da Cascia e, in Sicilia, Santa Rosalia a Palermo e a Santo
Stefano Quisquina, S. Lucia e la Madonna delle Grazie a Siracusa,
Sant‟Agata a Catania.
Tutti, anche quelli locali, coinvolgono un sempre crescente numero
di viatores.
Ma sono i santuari mariani quelli che accolgono senza soluzione di
continuità, a decorrere dal secolo XV, pellegrini provenienti da tutte le
parti dell‟orbe cristiano.
Diversi gli elementi all‟origine del fenomeno: apparizione della
Vergine, miracoli, rinvenimento e prodigi di sue immagini etc.
Basta la notizia a favorire l‟accorrere di gente sempre più numerosa,
che vi edifica prima un‟edicola, una nicchia, una cappelletta e poi una
chiesa-santuario.
Su tale tipo di p. “si innestano anche forme penitenziali ed espiatorie
che si esprimono in gesti e riti che vanno dall‟autoflagellazione al
compiere a ginocchioni gli ultimi tratti del percorso, o all‟arrivare alla
meta portando catene o croci pesanti…”10
.
Sono, questi ultimi, gesti che generano scetticismo nei miscredenti
che, acciecati dal loro razionalismo e dal luccichio del progresso, li
definiscono prodotti della superstizione ma che si spiegano come atti
di fede ed in questa chiave (di fede e mortificazione di se stessi) vanno
letti e spiegati.
Riferendosi al p. medioevale così ha scritto Jacques Madaul: «Viene
da pensare a un vasto sistema di vene e di arterie che fa scorrere
incessantemente le popolazioni e agisce su quelli che non si spostano
9 V. Bono cit. pag. 11.
10 V. Bo cit., pag. 12.
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non meno che su quelli che affollano le strade. La “res publica”
cristiana medioevale prova il senso della sua unità vero o sognata in
questo movimento che poi anima i mestieri, ispira gli artisti, fa cantare
i giullari»11
. “Questa marcia per Dio fa sentire un poco di quanto c‟era
di esaltante nella religione di allora, il suo appassionato desiderio
d‟infinito, la sua insofferenza dei limiti, il suo spingersi
nell‟avventura, la sua sfida alla morte, il suo temere la dannazione, la
sua attesa del Giudizio”12
.
***
Una nuova forma di p. sono le Giornate mondiali della gioventù,
istituite nel 1993-94, in occasione dell‟Anno Santo della Redenzione
(1950+33), da Giovanni Paolo II.
Il Papa convocò i giovani per celebrare con loro l‟avvenimento ed
essi risposero con entusiasmo e al di là di ogni aspettativa.
L‟anno successivo l‟ONU indisse l‟Anno della gioventù.
La Giornata straordinaria (quella che si celebra ogni due anni) è
determinata da alcuni elementi fondamentali: la convocazione, il
messaggio del Santo Padre, l‟arrivo alla meta, la catechesi, la veglia
notturna di preghiera col Papa, la Messa.
Catechista è il Pontefice, catechisti sono cardinali e vescovi, che nel
triduo illustrano i temi fondamentali della fede. “La parola di Dio ne è
centro, la riflessione teologica strumento, la preghiera rinforzo, la
comunicazione e il dialogo lo stile”13
.
Da questi raduni il giovane torna a casa rinfrancato nella sua
esperienza di fede che lo aiuta a trovare le risposte ai suoi quesiti
esistenziali. Era importante, dopo la caduta del muro di Berlino,
orientare il mondo giovanile verso Gesù e alla consapevolezza di
sentirsi di stare nel cuore di Dio.
E‟ così scoppiata una nuova voglia di pellegrinare, di mettersi in
cammino con la passione della ricerca, della penitenza, del viaggiare
in cerca di Dio per riscoprire se stessi e spendersi per gli altri in un
itinerario di conversione e di comunione.
Nelle Giornate, soffuse di grande suggestione, animate da canti
struggenti e dalle celebrazioni, c‟è un forte richiamo alla spiritualità,
arricchita dalla fede corale di un popolo proiettato, moderno
pellegrino, sulla strada dell‟evangelizzazione e dell‟incontro con le
antiche culture del mondo e la presenza di Dio in esse.
11
Jacques Madaul, Un intero popolo in marcia, in Fernando Vittorino Joannes, L‟uomo del Medio Evo, Milano, 1978,
pag.31 12
Fernando Vittorino Joannes, L‟uomo del Medio Evo, Milano, 1978, pag.31
13
Domenico Sigalini, Le giornate mondiali della gioventù: una nuova forma di pellegrinaggio, in Credere cit., pag.96.
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Momenti insostituibili di questo p. giovanile sono la partenza, il
viaggio, la meta, il dopo. E‟ ovvio che prima di partire occorre
guardarsi dentro, interrogarsi per sapere cosa spinge a farlo. Bisogna
spogliarsi di quanto abbiamo di appiccicaticcio, essere leggeri e liberi
e disposti a mettersi costantemente in discussione. Il viaggio è,
chiaramente, faticoso; la meta, quasi sempre un santuario, si può
raggiungere anche in maniera comoda ma la “fatica” è elemento
indispensabile alla riuscita del p.. Sul posto “il clima di preghiera e di
festa, lo spirito di condivisione e di fratellanza rendono presente il
Signore”14
.
E‟ importante quello che segue al triduo. Tornando nei luoghi
abituali, se il raduno non ci è scivolato addosso come gocce di
pioggerellina estiva, non saremo più gli stessi: l‟entusiasmo è
cresciuto, la fede rinnovata e fortificata, forte il desiderio di
testimoniare la gioia dell‟esperienza maturata, maggiore disponibilità
ad annunciare la parola di Dio, convinti anche che “Chiunque avrà
lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per
il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna”
(Matteo, 19,29).
La vita, il dono più prezioso che Dio ci ha fatto, e la storia
dell‟uomo sono costellati «di pellegrinaggi perché da sempre
l‟umanità si trova di fronte all‟arduo compito di decifrare l‟enigma
dell‟esistenza umana e il senso delle vicende storiche. I pellegrinaggi
religiosi testimoniano in modo particolare quanto sia necessario
all‟uomo camminare sulle strade del mondo e lungo i sentieri della
storia per arrivare al cuore della vita e per accogliere quel regno dei
cieli che Gesù indicava come la meta ultima di ogni ricerca umana:
“cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi
saranno date in aggiunta” (Mt 6,33).Il pellegrinaggio è sempre legato
alla ricerca di senso e della verità, al desiderio di beni spirituali, al
bisogno di cambiamento e di conversione»15
.
***
Un evento che merita una riflessione particolare è il p. alla basilica-
santuario di S. Antonio di Padova, per i patavini semplicemente “Il
Santo”. E‟ un fenomeno che nel corso dei secoli s‟è mantenuto
costante e non per nulla Antonio, assieme a Francesco, è il nome più
diffuso del pianeta.
Gli “amici” del Santo, con i Veneti in testa, provengono da tutte le
parti del mondo. Gli esteri vedono in testa i Tedeschi, seguiti da
Spagnoli, Austriaci, Francesi, Inglesi, Americani; recentemente a loro 14
D. Sigalini, op. cit., pag. 100. 15
D. Sigalini, op. cit., pag. 102.
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si sono aggiunti pellegrini provenienti dagli ex-paesi comunisti:
Polacchi, ex-Jugoslavi, ex-Cecoslovacchi, Ungheresi. Tra le regioni
italiane, escludendo il Triveneto, primeggiano Lombardia, Emilia
Romagna, Toscana, Lazio.
Per dare idea della grandiosità dell‟evento basta citare alcuni numeri
riferiti all‟ultimo ventennio del secolo appena trascorso. Una media
giornaliera di più di 60 gruppi, 68 messe quotidiane, più di 160.000
confessioni in tutte le lingue, più di 800.000 comunioni annue e tutto
ciò in fase d‟espansione. La media annua di presenze a fine ‟94 ha
toccato la cifra di circa 6 milioni di persone.
La presenza di un numero sempre crescente di Giapponesi ci induce
a porci qualche domanda, legata al cosiddetto turismo religioso, per il
quale non sappiamo dove finisca la curiosità del visitatore e dove
cominci la devozione del pellegrino. Se è vero che nelle chiese sono
custodite delle preziose opere d‟arte con autentici capolavori che
richiamano l‟attenzione anche dei non credenti, è anche e soprattutto
vero che il fascino del “Santo” non conosce confini di stato o
religioni. Ci troveremmo dinanzi a due S. Antonio: da una parte il
santo che fa i miracoli e al quale ci si rivolge con fiducia, dall‟altro
l‟Antonio della storia, dottore della chiesa, riformatore e protagonista
del suo tempo.
S. Antonio, che è anche il santo patrono del mio paese, Cianciana
(AG), ha subito un processo di “idealizzazione parentale” (A.
Vergate), figlio per alcuni della cultura contadina. Se l‟aggettivo
contadino a qualcuno può apparire riduttivo, rispondo rifacendomi
all‟adagio popolare “Contadino: scarpe grosse e cervello fino”!
La devozione verso il Santo è genuina, sincera e non può prestarsi a
manipolazioni; basta recarsi a Padova e constatare come la gente si
avvicini alla sua tomba, al suo altare. Essa è convinta che Lui sapesse
(e sappia) leggere nel cuore umano, che era umile, buono, grande
paladino della verità.
Dall‟identikit del pellegrino antoniano, molto spesso giovane,
emerge che si tratta d‟una persona d‟età varia, con un titolo di studio
medio e con una cultura medio-alta, che percepisce il Santo come
presenza viva, concreta, attento ai bisogni materiali e spirituali della
gente e, perciò, un santo per tutti.
A Sant‟Antonio ci si rivolge per pregare, per essere vicini al
Signore e migliori; gli si chiede di diventare più solidali e amare di
più, di cambiare vita e ritrovare il senso dell‟esistenza.
“Il visitatore medio assegna importanza fondamentale alla preghiera
e va a messa più della media dei battezzati”16
e considera la
16
Paolo Giurati, In pellegrinaggio al “Santo di Padova”, in Credere cit., pag. 59.
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confessione una riconciliazione con Dio attraverso il riconoscimento
dei propri errori.
L‟iconografia rappresenta il Santo con volto giovanile, come un
angelo, col giglio (simbolo di purezza), il libro (Antonio era,
ripetiamo, un dottore della Chiesa) e con in braccio Gesù Bambino
perché insegna agli uomini ad amarlo. Altri simboli meno comuni
sono il fuoco (d‟amore per Dio), le mani al petto (in segno di
preghiera. A Sant‟Antonio, nel mio paese protettore anche dei
“picciotti schetti” (celibi e nubili), ci si rivolge perché ci insegni ad
amare il prossimo, ci aiuti a consolare gli afflitti e chi è povero, ci
illumini nello smarrimento, ci dia la forza di superare le avversità
della vita, rinvigorisca in noi la fede e l‟amore verso Dio e la
Madonna. “Sant‟Antonio per il suo devoto si configura come buon
fratello maggiore, un amico fraterno e fidato, con il quale si cammina
assieme per i sentieri della vita. Ciò che Antonio è stato nella sua
esistenza terrena è garanzia e caparra del suo ruolo e della sua
funzione attuale, del suo dialogo personalizzato con gli uomini
concreti che egli ama e che si sentono a lui presenti anche senza
bisogno di parlarsi in modo esplicito o formalizzato”17
.
***
Dopo quanto abbiamo detto, il profilo del pellegrino potrebbe
delinearsi da solo, automaticamente.
Movesi il vecchierel canuto et biancho
Del dolce loco av‟à sua età fornita
…
Indi trahendo poi l‟antiquo fianco
Per l‟extreme giornate di sua vita,
quanto più po‟, col buon voler s‟aita
rotto dagli anni, et dal cammino stanco;
et viene a Roma, seguendo „l disìo,
per mirar la sembianza di colui
ch‟ancor lassù nel ciel vedere spera. (Francesco Petrarca, Canzoniere, XVI)
Il pellegrinaggio è un viaggio, individuale o collettivo, compiuto per
devozione, ricerca spirituale, per sciogliere un ex-voto, per pregare,
visitare i luoghi santi e, attraverso essi, il cammino della salvezza.
17
P. Giurati cit., pag.62.
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Chi compie questo viaggio è colui che, lasciando l‟ordinario della
propria quotidianità, va ramingo, per i campi (per ager → peregrino),
ad incontrare il sacro, affrontando fatiche e rischi insiti nel suo andare.
Nell‟immaginario collettivo la figura del pellegrino medioevale è
(era) associata a quella d‟un vecchietto che, giunto all‟“extreme
giornate di sua vita”, “rotto dagli anni … ”, si mette in cammino per
esaudire il suo desiderio di vedere il luogo santo e possibilmente
morirvi in santità.
L‟iconografia ce lo rappresenta con un cappello dalle larghe falde
rivoltate in testa, sulle spalle un camaglio di cuoio, una vasta
“pellegrina” a bandoliera, una zucca pendente dal bastone (bardone)
ricurvo e chiodato al quale appoggiarsi, una borsa (scarsella) sempre
aperta, ad indicare che era pronto a ricevere e a dare.
I più accorti, prima di intraprendere il viaggio, si documentavano sui
luoghi e sulle strade da percorrere. Oggi esistono le “Guide blu” e i
viaggi organizzati, pronti a mischiare sacro e profano, il religioso con
l‟esotico e l‟esoterico con pellegrini non facilmente distinguibili.
Nei resoconti medioevali (odeoporicon) c„era di tutto: curiosità sulle
strade e loro insidie e difficoltà, posti di ricovero e passi ardui,
consigli come non coricarsi troppo, non fidarsi delle sabbie, guardarsi
dagli insetti, evitare cibi troppo pesanti (fritture).
Il pellegrino, penitente e povero, era protetto dalla chiesa come
persona da rispettare ed era riconoscibile dai segni che portava
addosso: la croce o la palma se andava a Gerusalemme, la conchiglia -
sul petto o sul cappello – se la meta era Santiago. La conchiglia
sarebbe diventata, col progredire del tempo, il simbolo comune a tutti
i pellegrini, moltissimi dei quali riuscivano a coronare il loro sogno,
molti perivano per mare o per terra, alcuni in prossimità del luogo
santo, altri fatti prigionieri dai saraceni.
Ben si addiceva loro la qualifica, quindi, di viator (plurale, viatores),
che affrontava disagi e pericoli del viaggio che è la vita sulla terra per
giungere alla Jerusalem coelestis, di cui quella terrena è solo una
metafora, una lontana eco18
.
Ogni p. è un‟avventura unica, irripetibile; presuppone che ciascuno,
abbandonate le sue sicurezze, sia disponibile all‟ascolto, al desiderio
di rinnovarsi; si senta Dio vicino perché Egli ama camminare con noi.
Quanto più si va lontano e quanto più ci si stacca dalle cose, tanto più
si è spinti a guardare in se stessi per scoprire cosa conta veramente
nella vita.
“Non è necessario andare lontano per essere e sentirsi pellegrini, ma
il muoversi fisicamente ha una grande forza evocativa e la condizione
esteriore aiuta e stimola l‟atteggiamento interiore”19
. 18
Franco Cardini, Il fiorire dei pellegrinaggi in età medievale, in Credere cit., pag. 44 19
D. Sigalini, op. cit., pag. 103.
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In ogni caso, di là delle modalità nelle quali si concretizza oggi,
quella dei veri pellegrini è la storia di una lunga tradizione che, pur
rinnovandosi di continuo, presenta delle costanti che qualificano la
componente religiosa popolare, legata alla cultura e alla sensibilità dei
fedeli:
Il desiderio di rivivere nella propria vita la storia della
salvezza;
L‟esigenza di celebrare, pregare, venerare, chiedere,
ringraziare;
La gioia di vivere, soffrendo, facendo penitenza e sacrifici
materiali;
L‟anelito di rinnovamento, di purificazione;
La tensione di donarsi agli altri nel servizio umile e
disinteressato, nascosto e senza ostentazione;
La sete di ritrovare se stessi in solitudine interiore, nel distacco
… dalle realtà materiali;
L‟impegno di voler servire la chiesa e di testimoniare la
propria fedeltà20
;
La consapevolezza che tutti siamo figli di un unico padre, al di
là di tutte le barriere sociali e dei pregiudizi esistenti tra uomo e
uomo.
Quanto sopra riportato mette in evidenza, secondo Vincenzo Bo,
come, pur nel volgere del tempo, l‟innata sensibilità religiosa dei
fedeli abbia suggerito modalità sempre nuove, ma
fondamentalmente simili per esprimere, da creature naturaliter
religiosae, la propria esperienza di Dio.
Secondo Eugenio Fizzotti21
, per alcuni farsi pellegrino significa
cercare risposte rassicuranti alle frustrazioni derivanti dalla
inibizione sociale, dal destino e dalla morte, e alle fatalità legate
alla natura matrigna; per altri invece si tratta di difendere un
sistema di valori e comportamenti, minacciato da una società che
travolge ogni cosa; per altri ancora si tratta di trovare risposte
precise a proprie personali ipotesi. Non mancano, infine, coloro
che attraverso il p. cercano rifugio all‟angoscia scaturente da
emarginazione, isolamento, rifiuto familiare e depressione; per
questo motivo essi non vorrebbero mai staccarsi dal luogo di culto,
ove vorrebbero rimanere a pregare e ove fanno il pieno di
“ricordini”. Ma c‟è un altro motivo che rende il p. un‟esperienza
profonda, un fattore di crescita non indifferente: il mettersi a nudo,
tendere l‟orecchio a chi soffre, parteciparne le sofferenze e farsi
carico dei problemi e delle tragedie, donarsi in un atto di fede, che
20
V. Bo cit., pag. 13. 21
Eugenio Fizzotti, Aspetti psicologici del pellegrinaggio, in Credere cit., pag. 80.
Pellegrinaggio e religiosità popolare Antonio Giannone
attraverso l‟operosità cresce, si confronta, si sviluppa e dà le
risposte agli interrogativi esistenziali.
Luigi Sartori, in un articolo dal titolo Significato teologico del
pellegrinaggio 22
, esamina gli aspetti antropologico, cristologico ed
ecclesiologico del p..
Secondo l‟illustre cattedratico, l‟uomo, sospeso tra storia ed
eternità, è un cercatore di vita, di verità, di bene e felicità, che non
può rinvenire in se stesso; è un essere costantemente “in divenire”,
come la sua fede che non può che essere peregrinante e, non per
nulla, anche il papa parla di itinerari della fede.
L‟esistenza storica di Gesù fu un continuo peregrinare e Lui ha
parlato di “esodo dal Padre” e di “ritorno al Padre” (Gv. 16,28).
Tutto è p.: il Figlio procede dal Padre, lo Spirito Santo dal Padre e
dal Figlio. Il Figlio viene a farsi uomo e a vivere con noi, lo Spirito
discende sulla Chiesa e sul mondo. Gesù sale al Padre e “di nuovo
verrà a giudicare i vivi e i morti”.
Allora sembra proprio che il p. faccia parte della vita di Dio: il
suo uscire da sé per darsi a noi intende proprio coinvolgerci in un
movimento analogo che ci rafforzi in un estremo, radicale “uscire
da noi stessi” per restituirci a Dio e rientrare in Lui.
«Il Figlio fa esodo dal Padre “senza di noi ma pro nobis, per
noi”; ma intende tornare al Padre “nobiscum, con noi”. Prodigiosa
forza della carità divina, che in Cristo e per mezzo dello Spirito
Santo, diventa anche nostra carità, carità umana. Questo è il senso
della vita cristiana; questo il progetto di Dio»23
.
Ecco, allora, il costante richiamo ecclesiastico alla metafora del
p., che potrebbe avere, ed ha, un forte richiamo simbolico al senso
della vita umana, della vita di Cristo e di Dio.
La Chiesa è il popolo di Dio in cammino; una chiesa dunque
“pellegrinante” il cui andare ne è la nota costitutiva (“Andate per il
mondo…”), come lo sono la “purgante” (i defunti), e la
“trionfante” (i Santi). La Chiesa è sequela di Gesù nel senso del
cammino: pasqua.
***
Le Vie. Nella nostra epoca, grazie ai veloci e comodi mezzi di
spostamento (aereo, treno, automobile) e ai costi di viaggio non
eccessivamente elevati, la categoria culturale del p. s‟è sempre più
confusa con quella del turismo religioso, che in verità lascia poco
spazio alla meditazione, alla preghiera, alla fortificazione della fede.
Il vero pellegrinaggio, che comporta anche la fatica da offrire al 22
Luigi Sartori, Significato teologico del pellegrinaggio, in Credere cit. pgg.83-92. 23
L. Sartori cit., pag. 88.
Pellegrinaggio e religiosità popolare Antonio Giannone
Signore, come da consuetudine più che millenaria va compiuto a
piedi. Percorrere un tratto del cammino, più o meno lungo, sulle nostre
leve, ha dimensioni più forti, ci consente di guardarci attorno e
meditare.
La prima meta dei pellegrinaggi cristiani, come più volte ricordato,
fu Gerusalemme, soprattutto dopo l‟Editto di Costantino del 313.
Nella città santa si andava per cercare la Croce, i chiodi, la tunica, la
Scala Santa o per percorrere i luoghi della predicazione e della
passione di Cristo e, possibilmente, morirvi in pace con Dio e gli
uomini.
Il cammino, la Via, era pieno d‟insidie, rischioso sotto molti punti di
vista e per questo prevaleva il p. collettivo. Caduta nel 638 d. C,
Gerusalemme in mano araba, il flusso dei pellegrini cominciò a
dirigersi verso Roma, città benedetta, santificata da Pietro e Paolo.
Nacquero in questo periodo le Vie Romee, tra cui la Francigena ed
El Camino de Santiago.
Santiago è il corrispettivo spagnolo di San Giacomo, uno dei dodici
apostoli, protomartire essendo stato decapitato nel 44 d. C..
Secondo la leggenda il suo cadavere fu posto su una nave, senza
nocchiero e senza vele, che lo portò in Spagna dove fu sepolto, nella
piana della stella (campus stellae). Occupata la Spagna nell‟VIII
secolo dai Mori, la scoperta dei resti del Santo diede la spinta
necessaria alla Reconquista. Via via cresceva il suo culto, Santiago fu
visto come il difensore della cristianità minacciata dagli infedeli.
Sul luogo della sua tomba era stata eretta una prima cappella e una
chiesa poi (868), distrutta dai saraceni sul finire del X secolo; infine si
iniziò a costruire una nuova Cattedrale. Dall‟XI secolo la via che
portava a Compostela era intasata da una moltitudine di persone,
uomini e donne indistintamente, talmente numerose da sembrare le
stelle del cielo, la Via Lattea. Ed è così che è definito il Cammino di
Santiago, la strada che porta nella città galiziana.
Lungo la via, come sulle altre che conducevano ad altre mete,
sorsero mercati, ospizi e alberghi (ogni 30 km), ospedali e servizi per
le pratiche religiose.
Partivano da Parigi, Vézelay, Le Puy ed Arles le quattro principali
strade che conducevano a Santiago. Lungo queste arterie sorgevano le
“chiese dei pellegrini”, simili nella struttura alla Cattedrale del Santo,
grandi e spaziose per accogliere la massa dei pellegrini24
.
La Via Francigena attraversava tutta l‟Europa e conduceva a Roma.
Il nome è di derivazione carolingia ma il tracciato si deve ai
Longobardi, che utilizzarono le strade romane per unire Pavia, loro 24
Cfr. Wikipedia.
Pellegrinaggio e religiosità popolare Antonio Giannone
capitale, alla Toscana (Tuscia), in alternativa alle vie che cadevano in
territorio bizantino. Ai tempi di papa Bonifacio la Via Francigena
diventa la principale arteria di traffico della penisola; il suo tracciato
era già stato descritto dall‟arcivescovo di Canterbury nel 994.
Con le Crociate la Francigena diventa la via dei soldati di Cristo e di
quanti sono diretti in Terra Santa; in senso inverso rappresenta parte
del percorso che gli Italici compiono per recarsi in Spagna.
Anche lungo di essa sorsero foresterie, ospizi, ospedali, chiese,
monasteri. Dopo il 1000, la Via Francigena venne detta anche Romea
perché conduceva a Roma e Romei furono definiti i pellegrini che si
recavano nell‟Urbe.
Il percorso si snodava dal Brennero, attraversava il Veneto (a
Venezia ci si poteva imbarcare per l‟Oriente), raggiungeva Forlì e
Cesena e, valicati gli Appennini, perveniva in Toscana; da qui, per
Firenze e l‟Umbria si arrivava a Roma.
La strada costiera (da Urbino) consentiva di raggiungere i porti della
Puglia, ove imbarcarsi per Gerusalemme. Detto e documentato
itinerario toccava Venezia, Ravenna, Cervia, Cattolica e incrociava in
più punti la Via Emilia e la Flamina; lungo il suo tragitto si
rinvenivano importanti centri di preghiera.
“La Francigena fu un fattore di sviluppo economico, poiché il
decollo dell‟economia di tanti centri toccati dalla via fu dovuto
all‟importanza crescente di questa. Grazie alla Francigena, poterono
realizzarsi interrelazioni che portano alla sostanziale unità della
cultura europea tra l‟XI e il XII secolo. Con gli uomini e le merci, la
Via veicolò sempre le idee, contribuendo a far circolare i modelli
elaborati dai centri di cultura della comunità cristiana medievale”25
.
La Via Francigena è considerata la strada più antica d‟Europa;
attraversava numerose città dell‟Italia centro-settentrionale e valicava
le Alpi e gli Appennini. Era variabile nel percorso a seconda delle
stagioni, con alcuni punti fermi come Piacenza, Fidenza e Lucca.
***
La pratica del p. è presente anche in altre religioni. Una forte
caratterizzazione l‟hanno il rito musulmano e quello indù, sui quali ci
soffermiamo brevemente.
Uno dei cinque grandi precetti dell‟Islam è il p.(hajj), almeno una
volta nella vita, alla Mecca: “Chiama, tra gli uomini, al pellegrinaggio.
Che vengano a piedi o su un ronzino; che arrivino da ogni lontano
passaggio” - dice il Corano (22,27), che aggiunge: “Compite il
pellegrinaggio e la visita dei luoghi sacri in onore di Dio” (II, 196). Il
25 Wikipedia, La via Francigena e la via dei Romani.
Pellegrinaggio e religiosità popolare Antonio Giannone
viaggio ha luogo ogni anno in un periodo prestabilito, che coincide tra
il 9 e il 13 del mese lunare di dhul-hijja. Sono milioni i pellegrini che
da tutto l‟Umma (mondo) musulmano si recano alla Mecca, il cui
territorio è sacro. Per questo motivo ne è vietato l‟accesso a coloro che
non vi accedono in stato di purezza (hiram); dopo l‟obluzione rituale
il pellegrino indossa una veste bianca, costituita da due pezzi di stoffa.
Il rituale prevede il tawaf, cioè girare sette volte intorno alla Kaaba,
toccare e baciare la Pietra nera, compiere il say (una corsa tra le due
colline di Safa e Marwa, in città) e offrire in sacrificio una capra, una
pecora o un cammello26
.Prima di giungere alla Mecca, a Mirna
avviene a “lapidazione del diavolo”, che consiste nel lanciare sette
piccole pietre in tre diverse direzioni. Terminato il p., il fedele può
compiere la visita alla tomba di Maometto, a quella dei primi
musulmani e bere acqua nel pozzo di Zam-zam. Sulla via del ritorno,
si raderà i capelli, smetterà la veste bianca, simbolo della purezza, e
potrà fregiarsi del titolo di hajjà 27
.
Naturalmente esistono altre mete o luoghi santi per i seguaci di
Allah e tra queste Gerusalemme, la città santa delle tre grandi religioni
monoteiste. Il p. ha un valore comunitario elevato di rinnovo dei
vincoli di tutta la comunità musulmana ed è “un atto di obbedienza
che conduce il musulmano alle sorgenti della sua religione. E‟ un
bagno d‟aria nel deserto, una marcia attraverso gli spazi aridi che un
giorno percorse il profeta. E‟ una visita ai luoghi che hanno visto
nascere l‟Islam. E‟ un‟affermazione nella fede nell‟unico Dio, il Dio
di Abramo e di Ismaele, visto attraverso il Corano e in quanto tale del
Dio della Kaaba”28
. Il musulmano, che ne è impedito per un valido
motivo, può compiere, pagando, il suo viaggio tramite terze persone.
Benares, sulle rive del Gange, è la città santa degli Induisti e molti
desiderano recarvisi in p., convinti che morendo in quella città si vada
dritti nel paradiso di Siva. Per questo motivo Benares, affollata da
vecchi, malati, vedove, può suscitare l‟impressione di un luogo di
morte e lungo le scalinate che scendono al fiume ardono in
continuazione cataste crematorie. E‟ un‟impressione sbagliata perché
l‟atmosfera è di gioia e l‟esservi arrivati rappresenta una festa29
. I
santoni, già ricongiunti a Brahma in questa vita, una volta morti
vengono inghirlandati e i loro corpi lascaiti scivolare lungo il fiume
tra canti e suoni. Un momento importante di tutto il p. consiste nel
portare, a piedi, un fiasco d‟acqua del sacro fiume a Ramesvara,
distante 1600 km per versarla nel tempio di quella città.
26
Cfr. P. G. Montani, Islamismo, in Le grandi religioni del mondo, speciali I.M., Bologna, s.d.. 27
Cfr. Aldo. N. Terrin, Pellegrini e pellegrinaggi nella storia comparata delle religioni, in Credere cit., pag 27. 28
J. Jomier, Il Mahal e la carovana egiziana dei pellegrini della Mecca, Cairo, 1953, pag. 8, in Credre cit., pag. 27. 29
Cfr. Rosa Corti, Induismo, in Le grandi religioni del mondo, speciali I.M., Bologna, s.d., pag. 19.
Pellegrinaggio e religiosità popolare Antonio Giannone
Le norme che regolano il p. indù sono stabilite dal Mahābhārata,
che prescrive il cammino a piedi, il digiuno, il taglio dei capelli, una
veste particolare (Karpatika) e un‟offerta al tempio. Tutto per
dimostrare che si è in grado di staccarsi dai luoghi e dalle abitudini di
questa vita alla ricerca dell‟infinito. Un‟affascinante descrizione del p.
indù si deve al monaco benedettino Henri Le Saux con il libro Una
messa alle sorgenti del Gange.
In Giappone esiste un tipo di p. detto junrei, consistente nel visitare
un numero fisso di templi in un dato ordine. L‟henro ( p.) più popolare
è quello che si svolge sull‟isola di Shikoku.
***
Con l‟augurio che l‟uomo moderno, solo nella folla, non si lasci
fuorviare dallo splendore di una società edonistica, che sembra aver
smarrito la via maestra dell‟esistenza - che solo una fede sincera può
dare - e adorare falsi idoli che piuttosto che confortarlo nel suo lungo
peregrinare ne mortificano la parte migliore, ci piace chiudere questo
breve lavoro con le parole di Mons. Ludovico Puma, presidente di
Oby Whan (Tour Operator):
“Il Pellegrinaggio, infatti, è un‟esperienza densa di speranza e di
gioia, di consolazione e di conforto, di consolidamento della fede e di
stimolante dedizione nella carità; un‟esperienza che sollecita ed
edifica il credente verso la santità della vita. Scaturisce dal cuore dei
credenti, come cammino di ricerca di Dio, della sua Grazia e della sua
Misericordia, dei suoi infiniti Doni, come itinerario di conversione per
una fedele e generosa sequela di Cristo.
Ogni pellegrinaggio è una meravigliosa parabola della vita, della
vita cristiana, in particolare. Attraverso l‟esperienza autentica del
pellegrinaggio e della sua grazia, il pellegrino realizza in sé e diventa
segno per tutti di quell‟indole pellegrinante della Chiesa verso il
compimento di tutte le cose nella Gloria del Cristo, quando finalmente
Dio sarà tutto in tutti”30
.
***
Nella Montagna agrigentina
30
Ludovico Puma , Pellegrinaggi e…, Introduzione al catalogo di Oby Whan ,2008.
Pellegrinaggio e religiosità popolare Antonio Giannone
Nella zona della Montagna agrigentina due sono i luoghi in cui la
gente si reca in pellegrinaggio: il Santuario di Santa Rosalia alla
Quisquina e quello della Madonna della Rocca ad Alessandria d. R..
Ad essi si potrebbero aggiungere il santuario di S. Giacinto
Giordano Anzalone, sempre a Santo Stefano Quisquina, e l‟Eremo di
Santa Croce, a Casteltermini, dove si conserva una croce
paleocristiana.
La devozione per la “Santuzza” è profondamente radicata e di lunga
data. Ella è la Santa patrona di S. Stefano e compatrona di Bivona e
Rosalia è un nome molto diffuso in questa parte dell‟Isola.
Narrano le cronache, in un misto di realtà e leggenda, che in una
grotta della Quisquina (da Koskin = ombra), di proprietà della
famiglia, trovò rifugio Rosalia Sinibaldi, che era stata damigella della
regina Margherita, moglie del re normanno Guglielmo il Malo.
Così, infatti, recita l‟epigrafe rinvenuta nel 1624 sulla stessa grotta:
EGO ROSALIA SINIBALDI
QUISQUINE ET ROSARUM DOMINI FILIA
AMORE DŇI MEI IESU CRISTI
INI HOC ANTRO HABITARI DECREVI
Quanto tempo la Vergine romita abbia trascorso in questo luogi
impervio, difficile da raggiungere, non sappiamo, anche se nella stessa
incisione si legge il numero 12, che potrebbe riferirsi, sì, agli anni ma
anche ai mesi. Sembra difficile che Rosalia vivesse isolata; molto
verosimilmente era in contatto con la gente del posto e riceveva i
sacramenti presso il convento basiliano di Melia, non distante. D‟altra
parte, sin da tempi remoti, è stata raffigurata in abiti monacali
basiliani. Lasciata la grotta quisquinese (a circa 1000 m. d‟altitudine),
si sarebbe rifugiata sul Monte Pellegrino, dopo aver preso gli ordini
nel 1162. Non sappiamo quando sia morta, probabilmente il 4
settembre (1166) perché in questo giorno viene celebrata. Il corpo
sarebbe stato rinvenuto nel 1624 mentre a Palermo infuriava la peste,
che la Santa avrebbe scongiurato.
Il ritrovamento delle ossa e la scoperta dell‟epigrafe nella grotta
stefanese alimentarono il culto di S. Rosalia, comunque già diffuso.
Nel 1625 Giovanni Ventimiglia, signore di S. Stefano Q., offrì alla
pietà degli stefanesi alcune reliquie della Santa, custodite in un busto
argenteo, e la popolazione cominciò ad erigere l‟Eremo, dove i
pellegrini si recano per ringraziare, pregare, sciogliere un ex-voto,
chiedere una grazia, per guarire da malattie.
Tra il 1620-25, su una collina, poco distante da Alessandria della
Pietra, in località detta “Rocca ‟ncravaccata”, madre e figlia cieca
Pellegrinaggio e religiosità popolare Antonio Giannone
stavano raccogliendo, come d‟abitudine, erbe selvatiche. Mentre la
donna stava dall‟altra parte del monte, alla povera cieca apparve una
donna che le disse di essere la Regina dei cieli e la incaricò di riferire
alle autorità locali che Lei era la protettrice di quei luoghi e che, sulla
Rocca, avrebbero dovuto edificarLe un santuario, dove venerare il
simulacro che si trovava sottoterra, ai piedi della ragazza.
A questo punto il miracolo: la ragazza riacquista la vista. Recatasi in
paese assieme alla madre, riferì tutto al parroco e alle autorità civili
che, recatisi a “Rocca ‟ncravaccata”, rinvennero la statuetta (60 cm)
della Madonna. Molto probabilmente il simulacro era stato nascosto in
quel posto durante l‟iconoclastìa bizantina o nel periodo di
dominazione saracena della Sicilia.
Naturalmente gli Alessandrini eressero il santuario e nominarono la
Madonna della Rocca, alla quale dedicano una grandiosa festa l‟ultima
domenica d‟agosto, protettrice della città. Anche il nome del paese fu
mutato in “della Rocca”. Nell‟ultima settimana di quel mese i miei
concittadini, pur essi devoti della Madonna della Rocca, si riuniscono
di buon ora in Largo San Gaetano e iniziano a piedi, tra preghiere e
canti, il pellegrinaggio lungo un itinerario di 7 km. Molti percorrono
l‟ultimo tratto scalzi.
Antonio Giannone
Bibliografia essenziale:
Enciclopedia Europea, Garzanti, Milano 1980.
Credere Oggi, 87/1995.
F. V. Joannes, L‟uomo del Medio Evo, Milano, 1978.
Wikipedia, enciclopedia elettronica.
Kerschbaum - Gattinger, Via Francigena - A piedi fino a Roma,
Documentazione DVD, Eurovia, Vienna 2005.
J. Jomier, Il Mahal e la carovana egiziana dei pellegrini della
Mecca, Cairo, 1953.
AA.VV, Le grandi religioni del mondo, speciali I.M., Bologna,
s.d..
Henri Le Saux, Una messa alle sorgenti del Gange,Brescia,
1968.
Luigi Sartori (a cura di), Pellegrinaggio e religiosità popolare,
Padova, 1983.
Pellegrinaggio e religiosità popolare Antonio Giannone
ITCG “L. Panepinto”, Nicchie ed edicole votive, conventi,
Santuari, Chiese ruperstri della Montagna agrigentina (a cura
di E. Giannone), Bivona, 1999
“Lo Straordinario risiede
nel Cammino
delle Persone Comuni”
Paulo Coelho
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