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«Molto semplicemente la neurobiolo-gia vegetale si occupa di studiare lepiante comeesseri dotati di cognizionee di comportamenti – una specie dietologia vegetale – e per fare questoadopera gli strumenti e le tecniche chetipicamente sonoutilizzati per studiarele stesse cose negli animali. Certo sipotrebbe dire: ma perché parlare dineurobiologia vegetale se lepiantenonhanno neuroni. È vero, non li hanno,manonnehannobisogno! Fanno tuttociò che gli animali fanno con i neuroni,ma inmododiverso, appunto vegetale.La cosa non deve affatto stupirci: lepiante normalmente non hanno orga-ni specifici all’interno dei quali sonoconcentrate delle funzioni. In altre pa-role, le piante respiranomanonhannopolmoni, si nutrono ma non hannobocca, vedono senza occhi e, ovvia-mente, ragionano senza cervello. Ed ilmotivo di questo è banale. Le piante sisono evolute per sopravvivere alla pre-dazione. La presenza di organi singolile avrebbe rese incredibilmentedelica-te. Immaginateunqualunqueerbivoroche mangia i polmoni di una pianta.Sarebbero state estremamente fragili!

Oltre la botanicaLe piante che non ti aspetti:sensibili, sociali, intelligentiLaveranaturadei vegetali èmoltopiùcomunicativadiquanto sipossa immaginareCe la raccontaStefanoMancuso, tra imassimiespertimondiali dell’universoverde

Meno male che gli Ent, le gigantesche creature-albero in grado di pensare,muoversi e parlare, esistono solo nello straordinario universo letterario im-maginato da J.R.R. Tolkien. Altrimenti, se le piante un giorno decidessero difare i conti con noi umani, trovarsi faccia a faccia con burberi giganti del ge-nerechedopomigliaiadi annidimite sopportazioneavesserovogliadi chie-derci «vegetale a chi?» potrebbe non essere per nulla simpatico. Fantasiecerto,anchese lascienza inquestianni sta radicalmente(quièproprio il casodidirlo) rielaborando ilproprioapprocciocon ilmondovegetale.Chealberi,piante,fiorieaffinisianoaffascinantiquanto fondamentali esseri viventinonèpiùuna scoperta per nessuno. Bendiversoperò è sostenere, come fa Stefa-noMancuso,direttoredelLaboratorio internazionaledineurobiologiavege-tale (LINV) presso l’Università di Firenze nonché autore (con AlessandraViola)del saggioVerdebrillante. Sensibilità e intelligenzadelmondovegetale(Giunti, 2013) che lepiantepossonocalcolare, scegliere, apprendereepersi-nomemorizzare. Un libro sorprendente, che ha fatto del professorMancusounasortadipaladinoa livellomondialediquesta rivalutazionedell’universovegetale anche presso il grande pubblico dei non addetti ai lavori. Sfatandostereotipi e luoghi comuni, gli autori rivelano e dimostrano con un abile ta-gliodivulgativo le insospettabili facoltàdellepiante, silenzioseesottovalutatecreature, indispensabili alla sopravvivenzadell’uomofindalla suacomparsasulla Terra. Della loro intelligenza alternativa e del loro ruolo per il futurosviluppo scientificoe tecnologicoabbiamoparlato conStefanoMancuso.

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Unpo’ comenoi animali: se ci si rompeun organo è un problema. Mentre lepiante avendo distribuito le loro fun-zioni sull’intero loro corpo sono straor-dinariamentepiù robustedinoi. Èque-sta la cosa più affascinante: non c’è bi-sogno dei neuroni per essere intelli-genti. Viviamo in un periodo storico incui il nostro cervello è santificato ed ineuroni sono visti come gli agenti ulti-mi che rendonopossibile il nostro stes-so essere. Qualcuno ha scritto un librodal titolo “Noi siamo i nostri neuroni”.Credo che sia da ricercare anche inquesto uno dei motivi dello scandalodelle piante intelligenti. Un’intelligen-za senza neuroni viene vista come im-possibile. Senzaparlaredel fatto cheglistessi che si scandalizzano quando sidice che una pianta è intelligente tran-quillamente parlano di telefoni intelli-genti, città intelligenti, auto intelligentied altre stupidaggini simili. Un vero eproprio pregiudizio: non ci sono altrespiegazioni».Madavvero le piante possiedono tuttie cinque i sensi e sono perfettamentein grado di comunicare tra loro?Quanto è difficile spiegare alla gentecomune simili concetti di evidenza,diciamocosì, non immediata?«Non è per niente difficile. Bisognasemplicemente sapere ciò di cui si par-la. Chi viene alle mie conferenze vedefilmati di piante che esplorano l’am-

biente in cui si trovano, che hannocomportamenti sociali, che percepi-scono le vibrazioni sonore e la gravità,che comunicano con altre piante e congli insetti. Basta saperlo far vedere echiunque può convincersi dell’eviden-za».Le vostre scoperte non sonoperò del-le semplici, per quanto rivoluziona-rie, curiosità scientifiche: quali svi-luppi e quali utilità pratiche possonoavere queste rivelazioni sorprendentisulmondo vegetale?«Credomolte. Non è sempre facile direquali saranno le applicazioni pratichedi ricerche di base, ma queste ci sonosempre. È famosa la storia di Faradayche rispondendo ad una domanda delprimo ministro su cosa servisse l’elet-tricità rispose “non lo so ancora concertezza, ma so che un giorno lei ci

Sottovalutati«Consideriamo i vegetaliinferiori perché sono cosìdiversi da noi che ci risul-tano incomprensibili. Mastiamo parlando dei domi-natori di questo pianeta»

Darwin. Ce ne può riassumere le vi-cendeper sommi capi?«Si fa in fretta. L’idea che lepiante sianoin realtà esseri molto più complessi diquanto non sembri a prima (superfi-ciale) vista, ha sempre accompagnatol’uomo. Aristotele le aveva dotate diun’animavegetativa. Lapiù scarsa fra leanime, per capirci qualcosa che era le-gato soltanto al fatto che erano vive epotevano riprodursi. Nient’altro. AlcontrarioDemocrito le considerava es-seri sofisticati e attivi, soltanto diversidagli animali. Purtroppo per le piantela visione di Aristotele prese il soprav-vento e per millenni rimase immutata.Fino a Charles Darwin che aveva per lepianteunveroepropriodebole. Scrissesette volumi sulle piante e gran partedelle dimostrazioni sulla teoria dell’e-voluzione provengono proprio dalmondodelle piante.Ungrandebotani-co, in poche parole. Scrisse “sono sem-pre contento di esaltare le piante”, neisuoi taccuini ritorna molte volte sulleloro nascoste capacità e in unodei suoiultimi libri “Thepower ofmovement inplants” scritto in collaborazione consuo figlio Francis, che diventerà poiprofessore di fisiologia delle piante aCambridge, molto chiaramente diceche l’apice radicale (ossia lapuntadellaradice) può essere considerato comeun analogo del cervello di un animaleinferiore. Francis portò avanti questavisione delle piante e in una sua me-morabile conferenza agli inizi del seco-lo scorso che suscitò molto scalpore,direttamente sostenne l’intelligenzadelle piante».Come potremmo spiegare al grandepubblico che cos’è la «neurobiologiavegetale» e di che cosa si occupa?

metterà sopra una tassa”. Nel caso dellepiante comprendere che sono esseridotati di memoria e capaci di appren-dere, può ad esempio aiutarci amiglio-rarne i metodi di coltivazione. Oppurela comprensionedei rapporti frapianteed insetti potrebbe aiutarci a idearenuovi sistemi di difesa delle coltivazio-ni più sicuri ed a minore impatto perl’ambiente».Leggendo il suo saggio, «Verde bril-lante», salta agli occhi la considera-zione di fondo secondo la quale lepiante potrebbero benissimo viveresenza di noi mentre invece senza diloro il genereumano si estinguerebbein breve tempo. Può spiegarci meglioquesta spiazzante affermazione?«Semplicissimo.Noi animali dipendia-mo in tutto e per tutto dalle piante. Cipensi un po’: tutto ciò chemangiamo èstato prodotto dalle piante (anche semangiamo un animale, questo si è do-vuto nutrire di piante per vivere); tuttol’ossigeno che respiriamo è prodottodalle piante; tutta la nostra energia chi-mica (petrolio incluso) è stata prodottadalle piante e poi la maggior parte deiprincipi medicinali, i materiali, i tessu-ti. Insomma, mi creda, senza le piantenoi ci estingueremmo subito. Le piantesenza di noi, al contrario, vivrebberomoltomeglio».In un mondo dove ancora si fatica arispettare i diritti delle personeedovegli animali patiscono crudeltà e soffe-renze inaudite, perché è importantesensibilizzare l’opinione pubblica sulfatto che in definitiva i vegetali sonoesseri viventi?Aldi làdel valore scien-tifico del suo lavoro, qual è il messag-gio «filosofico» su cui le scoperte inambitoneurobiologicodevono indur-ci a riflettere?«Le piante sono esseri sofisticati, intel-ligenti, con comportamenti evoluti edunavita sociale complessa. Sonodiver-si dagli animalimanon inferiori. La vitasulla Terra dipende da loro. Ritengoche non si possa rimandare dimolto ladiscussione sul dotarle di diritti. So chela Svizzera ha iniziato un percorso delgenere e ne sono felice. Nella lungastoriadei diritti: quandoabbiamoallar-gato il numero dei detentori di diritti,dai bambini alle donne, alle persone dirazze diverse, agli animali, ogni voltaabbiamo fattoungrossopassoavanti diciviltà. Ed il bello è che quando avremodotato le piante di diritti, il favore loavremo fatto a noi e non a loro».

Indispensabili«È forse difficile da accet-tare ma il genere umanosenza le piante si estingue-rebbe rapidamente. Loro,al contrario, senza di noivivrebbero molto meglio»

MATTEO AIRAGHI

zxyProfessore, il suonomeèstato inse-rito nel 2012 tra quelli delle venti per-sonalità internazionali destinate acambiarci la vita, e la neurobiologiavegetale è una disciplina molto seriache staanimando il dibattito scientifi-co in tutto ilmondo eppure parlare dipiante intelligenti di primo acchitoprovoca quasi sempre un sorrisettoironico: perché la nostra cultura hacosì poca considerazione del mondovegetale?«Credo che il problema principale stianella distanza che ci separa dalle pian-te. Nonostante l’uomo, fin dalla suacomparsa sul Pianeta, abbia vissutocon le piante, anzi grazie a loro direi,sono degli esseri così differenti daglianimali da essere quasi inconcepibiliper noi. I tempi innanzitutto: normal-mente tendiamo a ritenere che le pian-te siano esseri passivi, senza alcun tipodi comportamento. Niente di più falso:le piante si muovono moltissimo, macon dei tempi diversi dai nostri. Bastavelocizzare le immaginidiunfilmato (ilcontrario dellamoviola) per vedere deicomportamenti sofisticati ed evoluti.Ma ha poi importanza la velocità? Uncolibrì batte le ali ad una velocità irrag-giungibileperunuomo:questo li rendepiù attivi di noi? L’uomo è più passivodi un piccione, perché si muove piùlentamente?Direi di no, eppure questopregiudizio è sempre presente quandosi parla di piante. Sarebbe ora di com-prendere invece le loro straordinarieattività. Vuoleunaltropregiudizio sullepiante? Diciamo che una persona è“diventataunvegetale” quandohaper-so ogni sua capacità sensoriale. Nientedi più sbagliato. Davvero questa è unastupidaggine colossale: le piante sonoincredibilmente più sensibili degli ani-mali ed il motivo è facile da intuire:poiché le piante nonpossono spostarsidal punto in cui sononate, hannoun’u-nica possibilità di sopravvivere ai mu-tamenti dell’ambiente che li circonda.Non potendo scappare (la fuga è la ri-sposta classica degli animali, uominicompresi, ai cambiamenti) hanno l’u-nica chance di sentire con grande anti-cipo ciò che nell’ambiente accade. Unagrande sensibilità, appunto.Una singo-la radice è in grado di sentire continua-tivamente almeno 20 differenti para-metri chimici e fisici e di aggiustare ilproprio comportamentodi conseguen-za. Insomma toglietevi quel sorrisinodisuperiorità quando parlate delle pian-te: state sorridendodei veri dominatoridi questo pianeta».La questione dell’intelligenza vegeta-le tuttavia risale addirittura all’anticaGrecia per poi passare da Linneo e da

CULTURA E DINTORNI

DA FEDRO A CLOROFILLA«Spesso ce ne dimentichiamo –spiega Stefano Mancuso – maNoè appena sbarcato sulla terra-ferma dopo il diluvio cosa fa?Pianta una vigna. Quindi sull’Ar-ca doveva essersi portato anchele specie vegetali altrimenti nonci sarebbe stata più vita sul Pia-neta. È la solita storia della sot-tovalutazione delle piante…». Seè vero che la cultura occidentale,a differenza di altre ancestral-mente più legate alla natura, allepiante non ha mai dato troppaattenzione, va anche detto chenel nostro immaginario collettivonon mancano esempi eclatanti dipiante intelligenti o in qualchemodo ben più che semplici «ve-getali». Da sempre in fondo laforesta e il bosco rappresentanol’ambiente del magico e quindicapita sovente di incontrare quae là alberi incantati o piante intel-ligenti. Già Fedro accennava adalcune favole con alberi parlantie di botanica fantastica è costel-lata la letteratura classica e quel-la medievale. Qualcuno ricorderàil pruno parlante («perché mischiante?») in cui è racchiusa l’a-nima di Pier della Vigna di dante-sca memoria o il bosco prodigio-so di Oberon e Titania nel «Sognodi una notte di mezza estate».Venendo a tempi più vicini a noibalzano subito alla mente i gigan-teschi Ent di Tolkien, rielaborazio-ne di una tradizione nordica incui gli uomini-albero hanno ilcompito di preservare i boschidai pericoli del mondo o gli alberiguerrieri del «Mago di Oz» o delle«Cronache di Narnia». I più sensi-bili avranno a cuore il fiore par-lante, amico del Piccolo Principedi Saint-Exupéry o lo strazianteracconto «L’usignolo e la rosa» diOscar Wilde. Lewis Carroll nelsuo «Attraverso lo specchio» im-maginò il Giardino dei fiori parlan-ti mentre a Georges Sand si deveil meraviglioso e istruttivo rac-conto «La quercia parlante».Quanto a carattere e vigoria fisi-ca nessuno può mettere in om-bra il fantomatico platano pic-chiatore (nell’originale inglese èun salice) della fortunatissimasaga di Harry Potter. L’intelligen-za vegetale è pure al centro delkolossal cinematografico di Ja-mes Cameron «Avatar» ma allenostre latitudini nulla può supe-rare l’indimenticabile (almenoper la generazione dei trenta-qua-rantenni) vicenda fantaecologicadi «Clorofilla dal cielo blu» carto-ne animato capolavoro dell’etàdell’oro della nostra TSI.

PRIMO PIANO SCIENZA 3Corriere del TicinoMARTEDÌ 11 MARZO 2014PRIMO PIANO SCIENZA2 Corriere del Ticino

MARTEDÌ 11 MARZO 2014

zxy Tra le tante sperimentazioni condot-te dal professor Mancuso e dal suo te-amdi ricercatori in seno al Laboratoriointernazionaledineurobiologiavegeta-le (LINV) dell’Università di Firenze vene sono alcune davvero sorprendentiche hanno già trovato vasta eco nellepiù importanti pubblicazioni scientifi-che internazionali. Basti pensare all’ul-timo numero della rivista «Oecologia»dove viene descritto un esperimentoche mira a dimostrare la capacità dellepiante di memorizzare e conservareinformazioni.Mancuso e i suoi ricerca-tori hanno sottoposto a stimoli di varianatura alcunepiante diMimosa pudica(nella foto inalto), unarbustochechiu-de le sue foglioline non appena vienedisturbato, dimostrando l’abilità di di-stinguere tra i diversi stimoli e di me-

morizzare le informazioni per lunghiperiodi di tempo. «LaMimosa pudica –spiega Mancuso – è una piccola piantadi origine tropicale, ormai abbastanzacomune anche alle nostre latitudini,che è stata a lungo studiata per la suareazione a stimoli che la disturbano. Lasua reazione immediata e visibile ci hapermesso di studiare le risposte a varitipi di sollecitazioni, sia pericolose, co-me il contatto con un insetto, che inof-fensive». I ricercatori hanno addestratole piante a ignorare uno stimolo nonpericoloso, come la caduta del vaso incui sonocoltivatedaun’altezzadiquin-dici centimetri, ripetendo l’esperienza.«Dopo alcune ripetizioni – prosegue ilricercatore – le piante di mimosa nonhanno più chiuso le foglie, risparmian-do tra l’altro energia». Coltivando le

piante in due gruppi separati, con di-sponibilitàdi lucediverse, è statopossi-biledimostrare,osservaancoraMancu-so, che«quelle coltivatea livelli lumino-si inferiori, e quindi conmeno energia,apprendono più in fretta di quelle chenehannodipiù, comesenonvolesserosprecare risorse». Le piante – precisa lostudioso – hannomantenuto memoriadelle esperienze per oltre quarantagiorni.Nonmancano tuttaviaprovechele piante abbiano anche la cosiddettamemoria a breve termine. «Quando laVenere acchiappamosche (Dionaeamuscipula), unamicidialepiantacarni-vora, sente che un insetto ha toccatouno dei sensori sulle foglie conserval’informazione per 20-40 secondi e larichiamaappenaunaltro sensorevienetoccato: aquelpunto le sue fauci scatta-

no in un decimo di secondo». Ma tra ipiù intriganti ed efficaci esperimentidel LINV vi sono sicuramente quelli ri-presi con appositi video che, ripropostia velocità accelerata, dimostrano ine-quivocabilmente che anche le piante simuovono e lo fanno consapevolmente.Facilmente recuperabile anche online,colpisce ad esempio quello eclatantecondotto con una pianta di fagiolo che,fatta crescere in una stanza completa-mente vuota, cerca insistentemente econsapevolmente di raggiungere l’uni-co oggetto della stanza: un’asta di ferroalla quale aggrapparsi. Come fa a sape-re che a un metro di distanza c’è un’a-sta? Questo non lo si sa ancora eppurela pianta di fagiolo lo sa, e ripetendol’esperimento più volte il risultato èsempre stato lo stesso.

LO STRANO CASO DEL FAGIOLO E DELLA «MIMOSA PUDICA»zxyCome abbiamo letto, StefanoMan-cuso auspica anche la necessità diuna carta dei diritti delle piante. Inquesto ambito, come il professorenon manca mai di sottolineare, ilPaese più avanzato del mondo è ilnostro. Nell’aprile del 2008 infatti laCommissione federale d’etica per labiotecnologia nel settore non umano(CENU) istituita dal Consiglio fede-rale ha promulgato un rapporto daltitolo «La dignità della creatura nelregno vegetale. La considerazionemorale delle piante in quanto tali»che rappresenta un unicum a livelloplanetario e che, come ha evidenzia-to il professor Mancuso, viene damolti esperti indicato come un mo-dello da seguire. Nonostante infattipossa apparire arduo applicare ai ve-

getali un concetto che ha segnato lastoria dell’umanità, «il riferimentoalla loro dignità può essere intesocome un primo passo verso la legitti-mazione dei diritti delle piante, indi-pendentemente dagli interessi uma-ni. Significa che devono essere ri-spettate e che noi uomini abbiamodegli obblighi nei loro confronti», hascritto Mancuso nel suo ultimo libro«Verde brillante». Secondo la CENU,comitato composto da filosofi espertiin etica, biologi molecolari, naturali-sti, medici ed ecologi, gli organismivegetali non vanno protetti soltantoper il loro valore strumentale (utilitàper l’uomo) o per il loro valore rela-zionale (rapporto tra l’uomo e lapianta): le piante devono essere og-getto di un rispetto morale in quanto

«organismi individuali con propriinteressi». Agli occhi degli esperti dietica, ogni uomo può possedere del-le piante e può utilizzarle per soddi-sfare i propri bisogni, tra cui quellialimentari. Per contro nessuno èmo-ralmente autorizzato, senza una giu-stificazione valida, a danneggiareuna pianta, ad ostacolare la sua cre-scita o a compromettere le sue possi-bilità di riproduzione. Il documentodel 2008 non si oppone invece allesperimentazioni genetiche o ad altremanipolazioni degli organismi vege-tali, nella misura in cui non compro-mettano le loro capacità di riprodur-si e di adattarsi. La commissione nonrespinge neppure la brevettabilitàdelle piante, dal momento che nonintacca il loro valore morale, ma si

tratta piuttosto di una questione dietica sociale. Nessuna proibizionetotale dell’agricoltura dunque, comeall’epoca qualcuno paventava, mapiuttosto un importante strumentodi riflessione per permettere ai poli-tici, non solo di casa nostra, di fonda-re le loro scelte legislative e valutarela legittimità di nuovi progetti di ri-cerca sul mondo vegetale. Valutazio-ni oggi ancor più degne di attenzio-ne, sulla scorta delle numerose sco-perte avvenute negli ultimissimi an-ni anche grazie alla neurobiologiavegetale che suggeriscono una visio-ne delle piante molto più evoluta diquanto si pensasse fino a pochi annifa. Quanto basta per rendere neces-sario un dibattito sul rispetto dellaloro dignità e dei loro diritti.

UNA CARTA DEI DIRITTI ANCHE PER LORO

MERAVIGLIA Sopra: Mimosa pudica, una piccola pianta di origine tropicaleabbastanza comune pure alle nostre latitudini. A destra: tronco di castagno.