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Rivista dell’Associazione “Cultura&’Progresso”Legge 8/2/1948 - n. 47, art. 2 - “Stampati”.

Stampato in Santa Maria di Licodia, presso la Tipografia PoliArt

Aprile 2013

Cronaca di un dissesto annunciatodi David Mascali, Pag. 4

Le meraviglie dell’Utopiadi Giuseppe Trovato, Pag. 17

Ri-Scatto Licodiese

All’interno le migliori foto, da ritagliare e conservare, del concorso fotografico!

“I licodiesi”Laboratorio di partecipazione civica

La città fantasmadi Marianna Nicolosi, Pag. 5

Riscattando Licodiadi Giusi Furnari e Marika Crispi, Pag. 8

Orti Urbanidi Agnese Rapisarda, Pag. 10

Recensioni: Il Gattopardodi Nicoletta Miano, Pag. 12

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Scriveteci a: [email protected] oppure seguiteci su FACEBOOK al gruppo Giornale OI LYKOI

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La RedazioneDavid Mascali (Direzione), Giusi Furnari (Coordinamen-to), Stella Catania, Martina Conti Bellocchi, Marika Crispi, Daniela De Maio, Flavia Fur-nari, Chiara Giuffrida, Maria Concetta La Rosa, Alfio Maz-zaglia (redattore e aiuto grafi-ca), Nicoletta Miano, Marianna Nicolosi, Agnese Rapisarda, Francesco Samperi, Giuseppe Trovato.

Una domanda che mi passa spesso per la mente è “se gli ani-mali potessero parla-re, cosa direbbero di noi?”. Sicuramente si lamenterebbero… Gli animali, infat-ti, agli esseri umani sembrano giocatto-li, e spesso vengono

maltrattati e ab-bandonati, e alcu-

ne volte anche uccisi.Io non sto parlando di tutti gli esseri uma-ni: infatti ci sono persone che per non far morire gli animali, detto in modo ironico, sarebbero capaci di costruirsi uno zoo a casa. Quando immagino una conversazione tra animali la immagi-no così. Pensiamo ad un incontro tra una tigre ed una lepre, direbbero più o meno queste cose.TIGRE: Ciao lepre, stamattina mentre passeggiavo tra i bo-schi ho incontrato un cacciatore con un fucile potentissimo. Io, preoccupata per i miei cuccioli, ho cominciato a ringhiare e il cacciatore, spaventato, è scappato via. Io e i miei cuccioli ci siamo messi a ridere come matti!! LEPRE:Ahh ! Ma tu allora sei una tigre buona!! TIGRE:Siiiii!!!Non devi avere paura di niente.

LEPRE: Menomale!! Io invece l’altro gior-no mentre bevevo nel fiume, ho incontra-to due cacciatori anche loro con un fucile, siccome c’era un cucciolo di coniglio, per non farlo finire alla brace, mi sono messa a correre con tutta la mia velocità. L’ho affer-rato per il collo - col rischio di finirci io alla

brace! - però loro e il loro stramaledetti fucili non mi hanno preso!!! TIGRE:Gli animali sono i più forti!! LEPRE: si hai ragione, oggi ho capito che non tutti gli animali sono cattivi, non mi devo fermare all’apparenza.TIGRE: io ho capito invece che ci sono molti uomini cattivi.LEPRE: e allora cosa possiamo fare? TIGRE: dovremo insegnare loro ad essere leali e sinceri. LEPRE ce la metteremo tutta! TIGRE: si sono d’accordo, adesso devo andare dai miei cuc-cioli prima che un altro cacciatore si avvicini.LEPRE: ok amica, buona fortuna!

Se gli animali potessero parlare... Riceviamo e pubblichiamo una dolcissima fiaba sugli animali, che ci spinge a riflettere sul rispetto che dobbiamo al Creato ed alle sue Creature, come ha recentemente sottolineato anche Papa Francesco I, esortando al “rispetto per l’ambiente e per gli animali”.

di Salvo Crispi

Via Po, 5 - S. Maria di Licodia (CT) Sicilia (Italy). Tel. +39 095 629392 E-mail: [email protected]

Progettazione e realizzazione di cucine in pietra lavica

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Nasce “Cultura&’Progresso”Il 17 Gennaio nasceva nel nostro paese la nuova associazione culturale che d’ora in poi raggrupperà, in seno ad uno sta-tuto democratico e condiviso, le istanze dei giovanissimi di Oi Lykoi. L’impegno continua, con maggiore convinzione ed entusiasmo!!

È costituita in SANTA MARIA DI LICODIA la libera Associa-zione Culturale denminata “Cultura è Progresso”; essa trova origine da un’sperienza civile e culturale comune vissuta da un gruppo di uomini e donne liberi, derivata dal libero contributo offerto al Laboratorio di Partecipazione Civica Oi Lykoi, proget-to che, se pur senza alcun supporto statutario che li unisse, li ha accompagnati per un anno intorno alla consapevolezza che le istanze di cambiamento, molto profonde e sentite da ciascuno, debbano provenire dalla partecipazione democratica dal basso, sviluppandosi attraverso la rivendicazione del ruolo cruciale che giovani e giovanissimi, e più in generale quanti siano mossi da idee di progresso e legalità, sentono di poter svolgere in seno alla società ed alla comunità di appartenenza. Forti della con-vinzione che una consapevolezza democratica matura si origini dalla diffusione della cultura, fonte di sviluppo sostenibile e di progresso sociale, la nascente associazione si fonda sulla pro-mozione della partecipazione civica attiva, nel solco tracciato dai valori sanciti dalla Costituzione della Repubblica Italiana. L’Associazione Culturale “Cultura è Progresso” (di seguito citata per semplificazione come “l’Associazione” ) è dunque costituita ai sensi del Titolo I Cap. III, art. 36 e seguenti del Codice Civile e della Legge n. 383/2000 e la sua attività è disciplinata dal pre-sente statuto.

Il Simbolo dell’Associazione è costituito da un ingranag-gio spinto da un gruppo di uomini e donne; all’interno dell’ingranaggio metallico, è raffigurato il mappamondo. Il gruppo di uomini e donne, stilizzato, poggia sull’ar-cheggiato di un acquedotto greco-romano, tratto da un quadro di Houel raffigurante l’aquedotto licodiese che nell’antichità approvvigionava Catania.L’acquedotto, che evoca le radici civili e culturali della co-munità, è altresì il simbolo del progresso sociale, scien-tifico e tecnologico, e possiede l’ulteriore significato di “ponte”, poiché costruito su archeggiati: ponte tra culture, per costruire il mondo di domani. Il logo è circondato dalla scritta: “Cultura è Progresso”, che ha i colori del tri-colore italiano. L’accento della “è” è una foglia di rovere.

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E così, dopo averne parla-to per mesi, ed essere stato uno dei temi caldi della campagna elet-torale 2012, la questione

dell’indebitamen-to comunale è giunta al suo più dram-matico epilogo. Il consiglio comunale del 1 Marzo 2013, infatti, ha deliberato all’unanimità lo stato di dissesto eco-nomico per Santa Maria di Licodia, sancendo così il fallimento di un per-corso politico-amministrativo più che ventennale che ha accumulato un de-bito superiore a 10,5 milioni di euro (8 milioni i debiti dell’ente più 2,5 milioni di credito rivendicato dall’ATO). Una cifra del genere corrisponde ad un de-bito di oltre 1600€ per abitante, inclusi neonati ed ultranovantenni. Quali le ragioni che ci hanno condotto fin qui? Potranno mai essere individuati i re-sponsabili? Cosa ci aspetta nel futuro prossimo? Tutte queste domande ri-suonano tra i vicoli, i bar e le case dei licodiesi, giustamente preoccupati di conoscere quali saranno i destini della propria comunità. Secondo la recente normativa, lo stato di dissesto non implica l’immediato decadimento delle cariche elettive del Comune, ma scorpora dal bilancio attuale la gestione del bilancio affetto dall’enorme deficit - che passerà sot-to la gestione dei Commissari inviati dalla Corte dei Conti (temporalmente parlando, la Corte dei Conti interver-rà per il bilancio chiuso al 31 Dicem-bre del 2012). Il collegio dei commis-sari, oltre a valutare le strategie più opportune per risanare i conti, potrà eventualmente richiedere l’intervento della magistratura ordinaria, al fine di appurare l’eventuale dolo di quanti si sono avvicendati alla guida politica del Comune nel corso degli anni.Il risanamento del debito potrebbe passare attraverso due vie: la stipula di un mutuo da un lato, e l’alienazione di alcuni beni immobili dall’altro (ovve-ro la vendita di parte del patrimonio immobiliare del Comune). L’altra di-retta conseguenza – che peraltro sarà quella ad avere maggiore incidenza sulla collettività – riguarda l’elevazione

delle aliquote di pertinenza comunale al loro massimo livello (con ulteriore aggravio sulle tasche dei contribuenti, già svuotate di recente dal notevole in-cremento della pressione fiscale locale e nazionale). L’ulteriore conseguen-za, infine, come previsto dal Decreto Monti n.174/2012, riguarderà la com-plessiva rimodulazione della dotazio-ne organica dell’Ente. In altri termini, a breve potrebbe scattare la messa in mobilità di una parte dei dipendenti. E’ interessante riportare una sintetica cronaca di quanto avvenuto in aula, la sera del Consiglio. Una volta ascolta-te le relazioni dei tecnici del comune e del collegio dei revisori, il dibattito si è spostato sui banchi dei consiglieri. Il consigliere Fazio, capogruppo d’op-posizione, ha inizialmente sollevato dubbi e perplessità sull’effettiva ne-cessità di adottare lo status di comune dissestato, chiedendo lumi sul ruolo dei revisori dei conti, della Corte dei Conti e dei responsabili di settore negli anni in cui il debito veniva accumula-to. Al suo intervento, è seguito quel-lo del Consigliere Francesco Furnari, capogruppo di maggioranza. Questi ha sottolineato come da una relazione della Corte dei Conti relativa al 2009, siano emersi diversi ammonimenti all’indirizzo degli amministratori lo-cali fin dal 2009, quando si andava-no delineando con sempre maggiore chiarezza le passività licodiesi. Nel 2009 la Corte dei Conti eccepiva sulla formulazione del bilancio preventivo. Nel 2010 i magistrati contabili evi-denziavano il mancato contenimento delle spese, la pressoché inesistente azione di recupero dell’evasione fisca-le, il frequente ricorso ad anticipi di tesoreria, per un ammontare di oltre 2 milioni di euro. Ulteriori dettagli sono stati illustrati dal Dr. Longo. “Il Comune – ha so-stenuto Longo - non ha mai risposto, nel biennio 2010-2011, ai nostri sol-leciti relativi allo stato del pagamento della tassa sui rifiuti (TARSU) e del-le altre tasse comunali, e non ha mai fornito una relazione sullo stato dei crediti vantati. Il Collegio ha più vol-te stigmatizzato il ricorso sistematico all’anticipo di tesoreria”. “Basti pensa-re che solo nel 2011 le anticipazioni di cassa segnavano un negativo per oltre 770.000 €. Come ravvisava la stes-sa Corte dei Conti, l’Ente impiegava

ormai abitualmente le anticipazioni di cassa fino ai limiti massimi impo-sti dalla legge. Senza curarsi che poi quelle anticipazioni fossero effettiva-mente coperte da congrue entrate. A tutto questo, si sommavano numerosi debiti fuori bilancio.”Ma l’elenco degli sperperi e la cifra dell’allegra gestione dell’ente non si ferma a quanto tratteggiato da Longo. Ancor più fosco è il quadro relativo alle consulenze, per le quali, solo nel periodo 2008-2011, il Comune ha spe-so oltre 200.000 €. Ironia della sorte, una di queste veniva assegnata a tale Dott.sa Messina, proprio per la gestio-ne del bilancio, staccando una parcel-la di ben 24.000 €. Evidentemente la consulenza non ha prodotto i risulta-ti sperati, visto il baratro nel quale è precipitato il bilancio comunale. Ma è proprio questo il punto: chi erogava le consulenze? Chi controllava poi sull’o-perato dei “esperti” nominati? Le rela-zioni di questi ultimi venivano poste al vaglio della Giunta e del Consiglio? La questione, quindi, esce da schemi e confini prettamente contabili per di-venire squisitamente politica. E politi-co è anche il fattaccio relativo all’ormai famigerato decreto ingiuntivo risalen-te addirittura agli anni ’80. E’ la storia di una parcella, mai pagata, presentata da uno studio di ingegneri che lavora-rono alla stesura del piano regolatore. I costi del compenso sono via via lie-vitati per l’inadempienza del comune, che ancora ad inizio 2012 non impu-gnava il decreto ingiuntivo lasciando così che la cifra pendente salisse ulte-riormente a 1,4 milioni di euro.Insomma, da un lato il Comune si abbandonava a spese allegre (per non dire folli), dall’altro non si con-trollavano i conti e non si teneva in considerazione il tasso crescente di evasione (per la TARSU, ad esempio, è ormai salito al 68%, tra i più alti in assoluto nella provincia); e neppure si provvedeva alla riscossione degli altri crediti che l’ente vantava a vario titolo (concessioni edilizie mai riscosse, ad esempio) per un ammontare comples-sivo di oltre 6 milioni di euro.La scelta dell’attuale amministrazione di consegnare i libri contabili al col-legio dei commissari, ha sottolineato il Presidente del Consiglio Gabriele Gurgone, “segna per Licodia l’inizio di una nuova fase”. Lo stesso presidente

di David Mascali

Cronaca di un dissesto comunale annunciato

segue a pag. 18

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Santa Maria di Licodia, la sua storia millenaria, il suo passato che riaf-fiora dai pochi restanti monumenti (non ancora devastati) e dalle ce-lebrazione di grandi figure, di miti che hanno reso lustro alla nostra cittadina, miti che sarebbero ancor più venerabili se fossero nati da noi, nel nostro paese; intanto son sem-pre “stranieri” ad aver dato lustro

alla cittadina, venuti da fuori, da paesi vicini al nostro, ma comun-que non dal nostro. Pare che tali

personaggi abbiano “fatto qualcosa” lì dove nessuno faceva nulla; o meglio, gli “indigeni” facevano qualcosa che conti-nuano spesso a fare: un fare semplice che non richiede sforzo alcuno se non quello di utilizzare la fantasia e sublimare in vili resoconti, le vicende di quei cittadini che, per loro torto o meno, si son macchiati di colpe ripugnanti alla coscienza so-ciale. Tanta parte dei cittadini Licodiesi è specializzata in tale attività, la sopraffina “arte del cortile”, che ogni altra sembra loro vana, e i risultati raggiunti con tale arte son tali da es-ser riusciti a creare un “nulla“ che però può vantarsi di essere anch’esso protagonista dei migliori dibattiti tra Licodiesi. E già! Questo certo signor “nulla” angoscia assai i licodiesi. Si dice che a Licodia non ci sia “nulla” e non si fa altro che “nulla”. Qualche sparuta iniziativa di tanto in tanto intrapresa sempre dai soliti e sempre sulla stessa scia delle altre, deprime ancor più il paesano tipo, che perde l’interesse a partecipa-re, a essere egli stesso promotore di cambiamento e novità. Il disinteresse è oltremodo moltiplicato da determinate cer-chie, sedicenti apportatrici di crescita sociale e culturale, che, amaramente rivelano un voler prevalere per acquistare “i pri-mi posti nelle sinagoghe”, come direbbe un Gesù quanto mai severo. Questi e altri fattori fanno della nostra cittadina una

città fantasma, e per città fantasma non deve intendersi un agglomerato urbano disabitato e abbandonato, ma un centro abitato sì, ma da fantasmi… Chi abita Santa Maria di Licodia è spesse volte, e in certi casi sempre, come una presenza evane-scente accompagnata dal tipico rumore di catene, sintomo di un atavico legame ad uno stato d’inerzia, appunto di un “non fare nulla”. Tutti ancorati all’ inspiegabile convinzione di non poter cambiare il “nulla” in tutto ciò che è progettualità condi-visa e “fare”. Tanti spiriti vaganti per le strade del nostro paese che, tuttalpiù, terrorizzano i più giovani acchiappando loro la caviglia, “incatenando” anche loro. E che il giovane corra velocemente e non si lasci acciuffare da questi spiriti di morte! Nell’immaginario comune, inoltre, il fantasma vaga da solo per i corridoi di un castello da lui infestato, e a Santa Maria di Licodia avviene proprio così: seppur l’occhio dell’osservatore veda decine di fantasmi, lo stesso potrà anche osservare come questi vaghino ciascuno per la propria strada. Come non si è mai sentito parlare di comunità di fantasmi, altrettanto non esiste una comunità a Santa Maria di Licodia, anche se di que-sta si sente parlare spesso. Ebbene è semplice constatare come non esista una comunità civica a Licodia: cioè una comunità i cui membri partecipino attivamente alla vita pubblica, si con-siderano eguali tra loro e manifestino reciproco rispetto e fi-ducia anche quando le loro idee e i loro interessi differiscono. Eppure c’è tanta voglia di comunità, di una dimensione nella quale realizzarsi pienamente; desiderio di un luogo in cui si compi il reciproco riconoscimento identitario. Cosa ci resta da fare? Piangerci addosso per quello che non c’è? No, di cer-to! Allora bandiamo la chiacchiera e diamoci da fare perché vi possa essere una città popolata da gente viva, dove ogni singo-la particolarità trovi la sua massima espressione nella solida-rietà della collettività, affinché, memori di un grande passato, possiamo oggi esserne tutti degni eredi e non semplici cantori di glorie che furono!

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La città FantasmaIl piacere della “chiacchiera” e l’angoscia del “nulla”

di Marianna Nicolosi

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A vanedda, di Edoardo Seminara - 1° Classificato Giuria Tecnica

Chiesa Madre e P.zza Umberto |, di M

arco Seminara - 2° classificato giuria popolare

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Chiesa Madre e P.zza Umberto |, di M

arco Seminara - 2° classificato giuria popolare

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Il 2 Marzo il gior-nale Oi Lykoi ha festeggiato il primo anno di attività, con l’i-n a u g u r a z i o n e della prima mo-stra fotografica denominata “Ri-Scatto Licodiese” tenutasi presso il Palazzo Comuna-

le. Per troppo tempo i problemi economico-finanziari hanno messo in luce solo la parte negativa del nostro comune, met-tendo in secondo piano la sua storia e le sue origini. Da qui nasce il progetto Ri-Scatto Licodiese, per rivalorizzare i mo-numenti e le tradizioni locali. E’ stato raggiunto un traguardo importante grazie alla buona volontà, alla collaborazione in-terna tra i membri di Oi Lykoi, ma soprattutto gra-zie all’amore che ci lega al nostro paese. La risposta da parte dei cittadini è stata molto positiva: ben 18 i partecipanti con 49 foto in gara, dove gli aspiranti fotografi, licodiesi e non, hanno messo in mostra tutta la loro bravura, riuscendo a farci apprezzare il paese che tanto critichiamo cogliendo i momenti più significativi della vita di paese, o gli scorci più suggestivi. Il concorso è stato strutturato secondo due modalità di voto: una giuria popolare ed una tecnica. La giuria popolare, composta dai mem-bri iscritti al gruppo Giornale Oi Lykoi sul social network Facebook, ha decretato come foto vinci-trice “U Lavatoio” di Edoardo Seminara. La giuria tecnica - composta dai fotografi licodiesi Marco Lo Castro, Santo Cerra, Ornella Biondi e Lorenzo Zammataro, e dai rappresentanti delle istituzioni religiosa e politica, l’assessore alla cultura Vitalia-na Greco e il parroco Don Santino Salamone - ha decretato come foto vincitrice “A Vanedda”, anco-

ra una volta di Edoardo Seminara. In parallelo con le foto in gara, sono state esposte le foto che ritraggono Licodia dagli anni Venti in poi, suscitando non poche emozioni ai visita-tori, soprattutto ai più giovani che non hanno mai vissuto lo splendore di Licodia in quegli anni. La stampa di queste foto è stata resa possibile grazie al supporto economico offertoci da “World Hair” di Giuseppe Cangemi, uno dei principali sup-porter dell’iniziativa! I ringraziamenti non vanno solo ad un unico sostenitore, naturalmente, ma a tutti coloro che hanno reso possibile realizzare l’evento. In particolare, all’amministrazione per la concessione degli spazi comunali, ed ai fotografi licodiesi per il grande aiuto nell’allestimento della mostra. Il grazie più grande, tuttavia, va ai nostri cari lettori ed a quanti hanno vo-luto onorarci con la loro presenza durante i due giorni della mostra (oltre 300 i visitatori dell’esposizione!). Non ci resta che dire...BUON COMPLEANNO OI LYKOI E MILLE DI QUESTI GIORNI..EHM...NUMERI!

di Marika Crispi e Giusi Furnari

Riscattando LicodiaUna mostra fotografica ha celebrato

l’anniversario di Oi Lykoi

San Giuseppe , di Edoardo Seminara - 2° classificato giuria tecnica

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San Giuseppe , di Edoardo Seminara - 2° classificato giuria tecnica

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È noto che il no-stro Paese pos-siede una auten-tica tradizione contadina: la terra, per molti secoli, ha rappre-sentato l’unica

risorsa eco-nomica delle nostre fami-glie. L’agricol-

tura ancora oggi costituisce una notevo-le fetta dell’economia locale, dato che il Sud non è munito di grandi industrie da cui far dipendere il nostro fabbisogno economico. Tuttavia, la febbre dell’industria, della tecnologia e dell’edilizia, man mano, si sta espandendo sottraendo terra all’a-gricoltura. Nell’industrializzato Nord da tempo si attuano ormai diverse iniziati-ve per richiamare alla coltivazione della terra, per rimettersi in contatto con essa e con la natura. Uno dei progetti che ha riscosso mag-giore successo riguarda i cosiddetti “Orti Urbani”, iniziativa già assai svi-luppata in molti Paesi europei e che co-mincia a prendere piede pure in Italia. Ma cosa sono gli “Orti Urbani”? Essi consistono in polmoni verdi destinati alla coltivazione orticola da inquadra-re all’interno dei parchi urbani oppure in apposite aree destinate allo scopo. Si tratta, in buona sostanza, di assegnare dei piccoli spazi di pertinenza comu-

nale, magari abbandonati e soggetti a degrado ambientale (proliferazione di discariche, sterpaglie pericolose in esta-te per gli incendi, ecc.), con superfici dell’ordine di 50-100-200 m2, in gestio-ne gratuita o a canone simbolico a per-sone che ne facciano richiesta, ad esem-pio anziani, pensionati, disoccupati. Le finalità di tale iniziativa sono molteplici: offrire un piccolo incentivo economico alle fasce più deboli della società locale, rinvigorire psicologicamente pensionati e disoccupati, recuperare vaste aree di territorio soggette a degrado ambienta-le, suscitare, specialmente tra i più gio-vani, una maggiore sensibilità ambien-tale nonché un più profondo rispetto per il lavoro e le antiche pratiche agrico-le. Tale tipologia di verde, infatti, se in-serita all’interno di una zona degradata, potrebbe stimolare ad accrescere il sen-so di responsabilità del cittadino verso l’ambiente e quindi ottenere una azione di maggiore vigilanza nei confronti dei vandalismi come ad esempio l’abbando-no di rifiuti di ogni genere. Sotto il profilo sociale, la coltivazione delle piante a fini di diletto ha indotto di recente ad adottare il termine “Socio-orticultura” per comprendere tutte le attività legate alla coltivazione di specie ortoflorofrutticole in grado di dare ri-scontro, accanto alle esigenze di natura alimentare, ecologica ed ambientale, an-che a quelle di carattere non materiale, ma attinenti alla vita culturale e sociale dell’uomo.

Dunque, perché non portare a compi-mento questo progetto anche nel nostro paese? Diversi sono i cittadini della no-stra piccola comunità, soprattutto an-ziani e pensionati, che potrebbero ade-rire all’iniziativa, nella consapevolezza di poter realizzare qualcosa di veramen-te utile e fruttuoso dal punto di vista sia operativo che sociale. Il contributo della fascia meno giovane della popola-zione sarebbe cruciale, venendosi così a realizzare una parte di quel patto tra generazioni che costituirà sempre di più la cifra del riscatto socio-economico del nostro paese. Chi meglio degli anziani, oggi, sa riconoscere il valore della terra, snobbata e abbandonata di fronte al rit-mo indiavolato dell’era moderna? Un progetto di questo genere dovrebbe inoltre puntare fortemente sulla fruizio-ne degli orti da parte delle scolaresche locali, e nello stesso tempo far nascere la collaborazione tra professionisti, azien-de, e ceti diversi della collettività Lico-diese. Chissà, una tale iniziativa potrebbe es-sere da buono auspicio per la ripresa economica e sociale della nostra collet-tività, proprio perché il territorio rap-presenta un elemento chiave di benesse-re individuale e sociale, la sua gestione e la sua pianificazione comportano diritti e responsabilità sia per ciascun indivi-duo ed anche per l’Amministrazione lo-cale che direttamente opera sul proprio territorio.L’Associazione Cultura&’Progresso, che,

Orti UrbaniUna iniziativa low-cost per rilanciare la tutela del terri-torio ed incentivare l’agricoltura locale

di Agnese Rapisarda

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da poco costituitasi, edita questo gior-nale, ha offerto massimo sostegno al Dr. Gino Rapisarda, già ideatore del progetto di cui esiste una stesura preliminare. La nostra Associazione sta dunque prov-vedendo ad inquadrare l’iniziativa in un quadro più ampio di progetti finalizzati al recupero del decoro cittadino, ed alla sensibilizzazione della cittadinanza sulla questione ambientale: dalla gestione dei rifiuti al mantenimento in buono stato del verde e delle aiuole comunali.Nel lungo colloquio intercorso col Dr. Rapisarda, questi ci ha illustrato una delle possibili aree che si presterebbe-ro alla collocazione degli orti urbani. Si tratterebbe di diverse parcelle di terreno agrario incolte, ex agrumeto, situate nelle vicinanze del centro abitato, da riadattare per l’esercizio di una orticoltura sociale e terapeutica. (C.da Cicero).

Leggende, storie, tradizioni: LA PASQUAdi Stella Catania e Maria Concetta La Rosa

Abbiamo appena vissuto la festa più dolce dell’anno, ossia la Pasqua, e ci ap-prestiamo a vivere anche il momento in cui la natura si risveglia dando l’addio al lungo inverno che ci ha costretti a rimanere in casa. Adesso siamo pronti al risveglio dei nostri sensi, che vengono allettati dai dolci profumi che inizia-no a spandersi nell’ aria e dai colori della natura in festa. Questa volta vi parleremo dunque di come si festeggia la Pasqua nella nostra amata terra, incluse le ricette più tradizionali che allietano i giorni di festa. A questa ricorrenza, che viene definita come rito di rinascita, anche della natura e dei suoi ritmi, si associano dolci che contengono tipicamente l’uovo, elemento centrale della simbologia primaverile che con l’avvento del Cristia-

nesimo ha assunto in sé il significato simbolico della Resurrezione e della speranza: l’uovo campeggia infatti in molte preparazioni pasquali, non solo siciliane. In Italia “l’uovo di Pasqua” è il tipico dono che i più grandi fanno ai più piccoli, e questi ultimi ne gioiscono, soprattutto per la sorpresa contenuta al loro interno. Ma ogni tradizione è festeggiata in vari modi nei diversi stati: ad esempio in Inghilterra vige l’usanza di far rotolare lungo una strada in pendenza, o su di un pendio erboso, delle uova colorate finché non si siano rotti tutti i gusci. E i ragazzi si divertono a contendersi uova e torte. Tornando alla nostra Sicilia, c’è la tradizione secolare del “ciciulio” chiamato in vari modi nelle diverse province dell’isola . I”pupi” o “ciciulii” si possono infatti chiamare anche: canna-reddi, aceddi cu l’ova, cuddura, cudduredda,panareddi. Questi dolciumi venivano confezionati un tempo secondo la condizione economica delle famiglie. Nelle più abbienti, si preparava u pupu cu l’ovu, o “u ciciuliu cu l’ovu”. Questa pietanza ormai non può mancare sulle nostre tavole pasquali: sicuramente le nostre nonne l’avranno preparata come dono pasquale insieme al consueto uovo di Pasqua! Gli ingredienti base erano farina, un uovo col guscio, che veniva posizionato al centro du pupu che poteva assumere varie forme: un agnello, un uccello, una colomba. I pupi, nella versione più o meno ricca, erano rifiniti in modo sorprendente con piume, carte dai colori decisi, spade fatte con carta stagnola, bocche, nasi, occhi marcatamente variopinti con colori vegetali. Nel contesto delle tradizioni dolciarie Siciliane, specialmente inerenti la parte occidentale dell’isola, troneggia inoltre la tipica cassata, anche questa più o meno ricca di frutta candita, accompagnata dal nastro verde di marzapane, op-pure in versione povera, fatta di pasta di pane colorata di verde. Una regola ferrea voleva che la cassata venisse pre-parata soltanto per Pasqua, perché la ricotta di pecora adoperata doveva essere prodotta in questo periodo dell’anno, non solo per la migliore consistenza, ma per il sapore dell’erba brucata al pascolo che la rendeva più gustosa. Ci auguriamo che la vostra Pasqua sia trascorsa all’insegna della serenità e della lieta condivisione con le persone più care. Qualche curiosità in più su quanto ha adornato le nostre tavole nei giorni di festa può essere un modo per riscoprire l’importanza di certe tradizioni che abbiamo il dovere di custodire e tramandare.

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La letteratura italiana è conosciuta in tutto il mondo, e noi sicilia-ni possiamo vantare di essere nati nella stessa terra in cui anni fa vissero scrittori quali Pirandello, Tomasi di Lampedusa e Sciascia, solo per citarne alcuni.

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, negli anni che seguirono il secondo conflitto mondiale, scrisse “il Gattopardo”, un ro-manzo che può essere definito “storico” ed “esistenzialista”, ma soprattutto auto-biografico, poiché in esso si riscontrano numerosi elementi che rimandano alla vita dell’autore. La storia narrata da Tomasi nel Gattopar-do è ambientata in una Sicilia mitica che “si trovava nell’identico stato di intrico aromatico nel quale la avevano trovata Fenici, Dori e Ioni...venticinque secoli

prima”; la trama si sviluppa in un arco di tempo che va dal 1860 al 1910. Il protagonista è Don Fabrizio Salina, un nobile sicilia-no che incarna la figura del pater familias, la cui casata era rappresentata da un gattopardo (da cui il titolo dell’o-pera). L’autorevolezza di Don Fabrizio è tanto grande da non risparmiare nemmeno i propri familiari, moglie e figli, i quali vengono da questi (e, di rimando, dallo stes-so scrittore) disprezzati per la loro piattezza d’animo; l’unica eccezione è costituita dall’amato nipote Tancre-di, dal carattere ribelle ed imprevedibile, che decide di arruolarsi a sorpresa tra le fila delle truppe garibaldine. La decisione del giovane e turbolento Tancredi costituirà materia di profondo dibattito col riluttante zio Fabrizio, nei confronti del quale Tancredi nutre grande affetto ed al quale spiega, in alcune memorabili pagine del roman-zo, la cinica logica del suo gesto.Nei primi capitoli, la narrazione è ambientata presso il palazzo Salina; ma dopo la partenza di Tancredi, la fa-miglia di Don Fabrizio Salina si sposta nella residenza estiva, presso Donnafugata. Sindaco di questo paese è Don Calogero Sedara, il quale, pur non essendo nobile di nascita, era riuscito ad arricchirsi e aveva fatto rapi-damente carriera in politica. In altre parole, Sedara è il tipico rappresentante di quella classe – la borghesia - che avrebbe di lì a poco sostituito il ceto nobiliare, pur non mutandone (ed anzi, forse, peggiorandone) il rapporto nei confronti del potere e della sua preservazione a di-scapito della povera gente. Tomasi dedica un intero capitolo alla descrizione di un “ballo” organizzato da Don Calogero, per evidenziare lo sfarzo eccessivo e quasi pacchiano sfoggiato dai borghe-si. All’analisi personale, uno dei capitoli più interessanti è risultato essere quello dell’arrivo a Donnafugata del mes-so Chevalley, un piemontese giunto in Sicilia per offrire a Don Fabrizio la carica di senatore del Regno d’italia. Chevalley e Don Fabrizio aprono una lunga disquisizio-ne che ha come oggetto la Sicilia ed i suoi abitanti; Don Fabrizio descrive i siciliani come un popolo che porta sulle spalle il peso di magnifiche civiltà eterogenee, ma

che non vuole essere svegliato da ciò che è “novità”, preferendo piuttosto rituffarsi in un passato che ormai è morto. Nella parte finale del romanzo ci sono due salti temporali: il pri-mo nel 1883 anno della morte del Principe, morte vista dal pro-tagonista come liberazione da una vita senza senso e per questo tanto invocata e desiderata; il secondo invece, sposta il tempo della narrazione al 1910, anno in cui le figlie di Don Fabrizio, rimaste zitelle, assistono alla distruzione delle reliquie che veni-vano custodite da tempo immemore nella cappella del palazzo Salina, evento che sancisce come la chiusura di un’intera epoca, ed il tramonto definitivo del proprio casato. Il Gattopardo, insomma, rispecchia perfettamente il sentire del suo autore: anche per Tomasi infatti, come per il Principe Sa-lina, la realtà che lo circonda rappresenta un materiale di stu-dio da osservare da lontano, con il telescopio (strumento che Salina usa, nel romanzo, quando vuole scappare dalle grame incombenze della vita quotidiana). Nel personaggio di Don Fabrizio c’è una quasi assoluta incapacità di calarsi in quella re-

altà dell’annessione della Sicilia al Regno d’Italia, testimoniando un profondo disagio nei confronti di un’epoca di crisi. Questo di-sagio è personificato dallo stesso Principe, che di fronte all’agonia del suo mondo (quello dell’aristocrazia) sa solo osservare le stelle dal suo osservatorio astronomico, o teorizzare il salvataggio della sua classe secondo la celebre formula ideata da Tancredi: ”bisogna cambiare tutto perchè non cambi niente”.L’importanza che il Gattopardo ha assunto per la cultura italiana esula dall’aspetto squisitamente letterario e sconfina – è proprio il caso di dirlo – in un ambito sociologico: il Gattopardo, infatti, offre diversi spunti di riflessione per comprendere molti dei pro-blemi che ancora affliggono la Sicilia, dalla scarsa propensione dei siciliani per il cambiamento, all’eterna preservazione del potere da parte di una classe dirigente mai aperta veramente al futuro ed a nuove prospettive.

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Il GattopardoIl libro che racconta la Sicilia ed i siciliani

di Nicoletta Miano

U lavatoiu , di Edoardo Seminara - 1° classificato giuria popolare

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U lavatoiu , di Edoardo Seminara - 1° classificato giuria popolare

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Zu’ Affiu , di Angela Mazzaglia - 3° classificato giuria popolareSotto il Vulcano, di Gino Miano - 3° classificato giuria tecnica

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Zu’ Affiu , di Angela Mazzaglia - 3° classificato giuria popolareSotto il Vulcano, di Gino Miano - 3° classificato giuria tecnica

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La storia mo-derna è sta-ta fortemente condiz ionata da avvenimenti storici che han-no letteralmen-te cambiato la condizione e la posizione dell’uomo nel mondo. Come esempi tangi-

bili si potrebbero citare la rivoluzione francese e la dichiarazione d’indipen-denza americana: nel diciottesimo seco-lo diedero vita alle prime Costituzioni che includevano i diritti fondamentali dell’uomo: tutti sono uguali, gli uomini, e non esiste alcuna distinzione di razza, di sesso e di religione. Tutti devono es-sere spinti da uno spirito di fratellanza che implichi la cultura del condividere. Principi illuministi dunque che, più di duecento anni fa, avevano individua-to nella disparità sociale e nella spere-quazione economica due tra i maggiori problemi per l’umanità. Ripensando a quanto avviene nel nostro tempo, è dif-ficile dar torto agli illuministi: basti con-siderare quello che sta succedendo oggi con la graduale eliminazione del ceto medio: in altri termini, i ricchi diven-tano sempre più ricchi, i poveri sempre più poveri. In una società dove consu-mismo, capitalismo sfrenato e falsa de-mocrazia imperversano in maniera così evidente, l’uguaglianza e la giustizia, con queste premesse, diventano vere e pro-prie utopie.In Italia, come si evince dalle elezioni di Febbraio, viviamo una situazione di assoluta ingovernabilità: a pochissima distanza dal primo partito, il PD, con molta sorpresa si è collocato il M5S di Beppe Grillo, poi il PDL. La coalizione di centrosinistra ha solo di un soffio so-pravanzato gli avversari, ottenendo la maggioranza assoluta alla Camera ma non al Senato. Al Parlamento quindi, non essendoci una netta maggioranza nei due rami, c’è talmente tanto scompi-glio che ancora non si è capito granché sul futuro dell’Italia e di noi cittadini. Ci aspetta una crisi ancora più forte o una lenta e graduale ripresa economica? Un dilemma al quale non si può risponde-re con certezza e, con tali premesse, il futuro appare tutt’altro che roseo. Ma di certo il futuro non si crea da solo! Si co-struisce prendendo spunto soprattutto dal passato e dagli errori commessi. Bi-

sognerebbe ripensare a come abbiamo gestito nei decenni passati le opportu-nità che la democrazia ci offriva. Noi italiani, purtroppo, abbiamo consegna-to tante, troppe volte il nostro Paese a corrotti e mafiosi, accettando che venis-sero promosse iniziative di legge inco-stituzionali, spesso promulgate solo per il tornaconto del potente di turno, uc-cidendo, così, la democrazia. E’ adesso che se ne piangono le più drammatiche conseguenze! Ci lamentiamo della situazione, certo, ma ci siamo chiesti in che modo stiamo agendo per ottenere gli inalienabili di-ritti di libertà e uguaglianza per cui si è molto lottato in passato? Da giovane, e per quel che osservo intorno a me, ho paura che si stia facendo poco o niente. Una rivoluzione, o meglio, una riven-dicazione dei nostri diritti, deve parti-re da ogni singolo uomo per far sì che

ogni atto totalitario venga bandito, che non si possano calpestare le prerogative costituzionali che sono così fortemen-te basate sulla solidarietà e la coopera-zione tra gli individui. Se uguaglianza e libertà appaiono ormai come vere e proprie utopie irraggiungibili, lottiamo affinché diventino davvero parte inte-grante di una società non più passiva ma attiva e partecipe, una società priva di pregiudizi e pettegolezzi da bar, una società costruita sulla scuola e che valo-rizzi i giovani: una società coesa e vitale. Adoperiamoci affinché si concretizzino le utopie per cui vale ancora la pena di sperare e lottare, e facciamole diventare realtà solide e concrete. E’ l’unica via per costruire un futuro privo di mentalità retrograde, fascistoidi o populiste, ed intraprendere un cammino nuovo per la nostra società.

di Giuseppe Trovato

Le Meraviglie dell’UtopiaSogni ed aspirazioni di una generazione nuova

Illustrazione fantastica della città di Utopia

BAR MILANOVia Vittorio Emanuele,

S. Maria di Licodia

MACELLERIASciuto Salvatore

via Vittorio Emanuele, 167S. Maria di Licodia

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I Giovani e la Politica: elezione del baby-Sindaco a S. Maria di Licodia.

Al rientro dalle vacanze di Natale, pres-so l’istituto I. C. Don Bosco, si sono svol-te le elezioni del Consiglio Comunale dei ragazzi. Quattro i candidati a baby-Sindaco: Salvo Furnari, Carmelo Tri-schitta, Agnese Furnari e Jacopo Reale. Il più votato, con 123 voti, è stato Carmelo Trischitta, dodicenne frequentante la II E. Insieme a lui eletti i quindici consiglieri e

nominati quattro assessori. Questi ulti-mi sono stati: Francesco Di Bella, Aldo

De Luca, Giorgia Miriti, e Arianna Angilello. Gli eletti consiglieri sono stati: Federica Dell’Elba, Giusy Ranno, Arianna Angilello, Noemi Miano, Alessia Cancemi, Alejandro Tricoli, Mattia Fur-nari, Martina Mazzaglia, Alberto Distefano, Gloria Mastroian-ni, Adele Ventura, Costanza Trischitta, Toni Pinzone, Juan Pablo

Mendel Malocgon, Flavia Mazzaglia. I giovani politici licodiesi hanno prestato giuramento Venerdì 1 Febbraio presso la Sala Consiliare del Comune di Santa Maria di Licodia. A dare loro l’augurio relativo al corretto esercizio delle funzioni rappresentative sono stati: Gabriele Gur-gone (Presidente del Consiglio Comunale) e Vitaliana Greco (Assessore all’Istruzione), oltre a Francesco Anile (Consigliere di Maggioranza) e Fortunata Carcione (Dirigente Scolastico). Obiettivo del Consiglio Comunale dei Ragazzi è quello di riuscire a risolvere problemi inerenti l’edificio scolastico, quali l’igiene, la manuten-zione, le migliorie attinenti i laboratori ed i corsi di potenziamento linguistico ed informatico. Il baby-Consiglio si riunirà nei prossimi mesi alla presenza del Sindaco Mastroianni.Questo progetto è stato curato dalle insegnanti Melina Patti e Giulia Condorelli.

di Noemi Miano

segue da pag. 4

ha inoltre ribadito che l’amministrazio-ne si impegnerà con ogni mezzo a so-stegno dei commissari, specialmente al fine di individuare i responsabili politici dell’ingente disavanzo.Ai cittadini, adesso, non resta che fare i conti con una situazione ad elevata cri-ticità. Di certo a farne le spese saranno i soliti noti, ovvero i contribuenti onesti, che potrebbero trovarsi a pagare un conto salatissimo per l’incompetenza – o peg-gio ancora il dolo – di chi si è trovato ad amministrare la cosa pubblica come fosse affare privato, e le casse del comu-ne come fossero quelle di un bancomat

a prelievo libero ed indiscriminato. Ma la nuova legge individua delle sanzioni anche per quanti dovessero essere rite-nuti direttamente responsabili del di-sastro contabile, per i quali scatterebbe l’interdizione dai pubblici uffici e l’ine-leggibilità, nonché una sanzione mone-taria pari a 5-20 mensilità da corrispon-dere a titolo di “multa”.L’opposizione ha seguito l’intera discus-sione in aula con aria greve. Infine, il consigliere Fazio ha preso la parola per chiedere alla giunta ed al Sindaco se l’a-dozione dello stato di dissesto fosse da questi considerata la vera extrema ratio, o se forse non si potessero individuare vie alternative per uscire dall’impasse. Questo commento ha suscitato l’irrita-

zione della maggioranza che, a voce del Furnari, ha rimpiattato responsabilità politiche legate alle precedenti espe-rienze amministrative di molti degli at-tuali componenti dell’opposizione. “La vostra è pura demagogia – ha affermato Furnari – dove eravate mentre l’ente ve-niva gestito così male? Non sono state realizzate infrastrutture, nessun fon-do regionale è stato utilizzato, dunque come avete potuto permettere che si ac-cumulasse un tale ingente debito?”.Chiusasi questa fase di schermaglie, si è proceduto con la votazione. Il Consiglio ha approvato all’unanimità: dal primo Marzo 2013, S. Maria di Licodia è uffi-cialmente un comune in dissesto. Falli-to, insomma, per dirla breve....

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