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Spedizione in abbonamento postaleart. 1, comma 2, D.L. 24/12/2003 n.353conv. in L. 27/2/2004 n. 46L'Editore si impegna a corrispondere il diritto di resaISSN 1126-2710

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empi di fraternità

2 Dicembre 2015

IN QUESTO NUMERO

tempi di fraternitàdonne e uomini inricerca e confrontocomunitario

Fondato nel 1971da fra Elio Taretto

tempi di fraternitàdonne e uomini inricerca e confrontocomunitario

Fondato nel 1971da fra Elio TarettoCollettivo redazionale: Mario Arnoldi, GiorgioBianchi, Andreina Cafasso, Riccardo Cedolin,Daniele Dal Bon, Danilo Minisini, GianfrancoMonaca, Davide Pelanda, Giovanni Sarubbi.Hanno collaborato al numero: ASGI, LuigiBerzano, Lidia Borghi, Caritas Internationalis,Danilo Giannese, Francesca Isaia, MicheleMeschi, Ristretti Orizzonti, Anna Pizzo, ErnestoScalco, Suore Domenicane, Laura Tussi, FamigliaUgolini, Ernesto Vavassori.Direttrice responsabile: Angela Lano.Proprietà: Editrice Tempi di Fraternità soc. coop.Amministratore unico: Danilo Minisini.Segreteria e contabilità: Giorgio Saglietti.Diffusione: Giorgio Bianchi, Andreina Cafasso,Daniele Dal Bon, Pier Camillo Pizzamiglio.Composizione: Danilo Minisini.Correzione bozze: Carlo Berruti.Impaginazione e grafica: Riccardo Cedolin.Fotografie: Daniele Dal Bon.Web master: Rosario Citriniti.Stampa e spedizione: Comunecazione S.n.c.strada San Michele, 83 - 12042 Bra (CN)Sede:via Garibaldi,13 - 10122 Torinopresso Centro Studi Sereno Regis.Telefoni: 3474341767 - 0119573272Fax: 02700519 846Sito: http://www.tempidifraternita.it/e-mail: [email protected]

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QUANDO SI FA IL GIORNALEchiusura gennaio 2016 2-12 ore 21:00chiusura febbraio 2016 6-01 ore 21:00Il numero, stampato in 597 copie, è stato chiuso in

tipografia il 16.11.2015 e consegnato allePoste di Torino il 23.11.2015.Questa rivista è associata allaUNIONE STUNIONE STUNIONE STUNIONE STUNIONE STAMPAMPAMPAMPAMPA PERIODICA ITA PERIODICA ITA PERIODICA ITA PERIODICA ITA PERIODICA ITALIANALIANALIANALIANALIANAAAAA

EDITORIALEA. Lano - La terza Intifada ..................................................... pag. 3CULTURE E RELIGIONIE. Vavassori - Vangelo secondo Matteo (38) ....................... pag. 8A. Pizzo - Diario di un incontro .............................................. pag. 15D. Giannese - Papa Francesco abbraccia i Rom ................... pag. 16COSE DELL’ALTRO MONDOFam. Ugolini - Ogni regno ..................................................... pag. 22IL MONDO VISTO DAGLI OCCHI DEI GIOVANI ........... pag. 28

PAGINE APERTEM. Meschi - Conservatori del futuro, ... ................................ pag. 5R. Orizzonti - Cambiare il carcere per cambiare le persone . pag. 12Ricordo di p. Elio Taretto ....................................................... pag. 19L. Tussi - Verso la rivoluzione della coscienza ..................... pag. 25L. Borghi - Omosessualità e fede islamica ............................ pag. 27D. Dal Bon - ... e la speranza continua ... ............................. pag. 30ELOGIO DELLA FOLLIA ................................................... pag. 32

Il periodico Tempi di Fraternità è in regime di copyleft: ciò significa che gli scritti (solotesto) possono essere liberamente riprodotti a condizione di non apportare tagli o modifiche,di citare l’autore, di indicare il nome della testata e di inviarne copia alla redazione.

Questo periodico è aperto a quanti desiderino collaborarvi ai sensi dell’art. 21 della Costituzionedella Repubblica italiana. La pubblicazione degli scritti è subordinata all’insindacabile giudiziodella Redazione; in ogni caso, non costituisce alcun rapporto di collaborazione con la testata e,quindi, deve intendersi prestata a titolo gratuito.Il materiale inviato alla redazione, anche se non pubblicato, non verrà restituito.

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L’immagine di copertina è tratta da: http://www.heyevent.com/event/rpzlbz7sapzewa/litalia-ripudia-la-guerra

Il 4 novembre scorso i nostri Bimbisvegli di 4c hanno deciso di celebrarela nostra tradizionale Festa delle forze Dis-armate coinvolgendo altreclassi della scuola primaria Rio Crosio di Asti.La tesi è: l’eroe di guerra è chi la guerra non la fa.Il mio eroe pacificoil mio eroe è chi si arrende, chi sa perdonare,gli operai delle fabbriche di armi che rifiutano di andare a lavorarci,gli obiettori di coscienza, Emergency e i medici di guerra,i feriti di guerra, i bambini, le mogli dei soldati,i profughi, i soldati disertori che scappano dalle battaglie.Insomma ... l’eroe di guerra è chi la guerra non la fa!Hanno onorato con commozione augurandoci di non doverlo fare mai più:vedove, orfani, soldati illusi dalle fandonie dei regimi, disertori, medici diguerra obiettori di coscienza.Dopo aver letto la poesia dei Pacifici scritta dai bambini l’anno scorso,hanno cantato insieme alle altre classi che hanno aderito e stannoaderendo i canti seguenti:Il Disertore di Ivano Fossati - La guerra di Piero di Fabrizio De AndréLa Pace RAP di Stefania Fenici con i bambini di 4a elementare di SanMauro Pascoli

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Dicembre 2015 3

La terza Intifada

di AngelaLano

EDITORIALE

All’inizio di ottobre è scoppiata la IIIIntifada, sollevazione popolare pa-

lestinese. Le condizioni in cui vi-vono i Palestinesi da quasi 70

anni sono tali che una rivolta èla reazione minima prevedibile. Tuttavia, al-l’oppresso non è mai concesso ribellarsi, ameno che non si tratti di qualche “rivoluzionecolorata”, pilotata dall’Occidente o prevista nelprogetto di Nuovo Ordine mediorientale. E laPalestina non è la Libia o la Siria delle Prima-vere Arabe preparate in Europa...

Ed ecco allora che i nostri media di dis-infor-mazione ci raccontano che i Palestinesi sono“terroristi” perché reagiscono come possono allaquotidiana e sadica violenza di coloni e soldatiisraeliani. Bisogna aggiungere che la maggiorparte dei cosiddetti “accoltellamenti”, in realtàsono fasulli. Sono ormai diversi i video che ri-prendono i soldati mentre collocano il coltello,poi incriminato, accanto al Palestinese appena

ucciso. Un po’ come facevano, e fanno ancora,certi regimi polizieschi o dittatoriali nei con-fronti di “nemici” che vogliono incastrare.

Ovviamente, nessuno dei nostri media main-stream ne parla. Perché mai mettere in dubbiol’onestà morale di Tsahal, l’esercito israelia-no, o dei media di Tel Aviv da cui prendono lenotizie?

Ma questi pennivendoli sanno cosa vuol direfare informazione? Cercare la verità, andarlaa scovare sotto detriti di menzogne? E, ancorameglio, sanno ciò che significhi vedersi am-mazzare davanti agli occhi una figlia di 2 anni?Un figlio adolescente, pieno di speranze? Unamadre incinta? Un padre anziano? Perché que-sto è ciò che succede da 70 anni in Palestina,terra sottratta ai Palestinesi e data a genti giuntedall’Europa e dagli Stati Uniti.

Voi, che sporcate la carta con il vostro in-chiostro al servizio delle veline dei più forti, oriempite gli schermi con le vostre menzogne,

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4 Dicembre 2015

EDITORIALE

avete una coscienza? Avete figli? Sapete cosasi prova a vederseli sbranare ogni giorno dallabelva sionista fondamentalista ebraica?

Sì, diciamo questo nome, ebraico, perché perl’islam e il cristianesimo fondamentalisti nonabbiamo paura ad usare certi termini e ad as-sociarli con il “male”. Con l’ebraismo no, per-ché scatta l’autocensura. Sappiatelo: esiste unebraismo fondamentalista, terribile e disastro-so come quello cristiano, islamico, hindù, ecc.Come esiste un ebraismo pacifico e illuminatodalla scintilla di Dio, esattamente come pertutte le altre religioni. Negarne la parte mar-cia, virulenta, sterminatrice significa negarneanche la parte sana, luminosa, veicolatrice ocustode di un’Antica Sapienza (pensiamo allanumerologia cabalistica, ad esempio). E nega-re che esistono coraggiosi e splendidi rabbiortodossi, amici e compagni degli Arabi e deiMusulmani, e severi antisionisti - i Rabbi diNeturei Karta. E intellettuali brillanti e corag-giosi, come Shlomo Sand, Norman Filken-stein, Gilad Atzmon e tanti altri, che denun-ciano, nei loro scritti e nelle loro conferenze,le politiche razziste e criminali di Israele.

Quella in atto in Palestina è una lotta colonia-le vecchia di oltre 100 anni e contemporanea-

mente nuova. Ma è anche una guerra di religio-ne e un conflitto “etnico”. Infatti, i coloni cheaccoltellano e violentano tutti i giorni i Palesti-nesi lo fanno nel nome distorto della loro reli-gione.

Quando orde di coloni e soldati scorrazzanoper i cortili di al-Aqsa, a Gerusalemme, lo fan-no con i loro testi sacri in mano e non in nomedi una qualche teoria socialista di vita comu-nitaria in qualche kibbutz.

I Palestinesi che difendono al-Aqsa lo fannoper rispettare il loro luogo sacro, il terzo del-l’Islam, e non perché è un sito dichiarato pa-trimonio dell’Umanità dall’Unesco.

In tutto il Vicino e Medio Oriente è ormaiin atto da anni un conflitto su base “etnico”-religiosa, che le potenze coloniali occidento-arabe usano, strumentalizzano, fomentano, fi-nanziano, armano, ecc., per i soliti scopi co-loniali. Ma sono cause esterne e interne chesi mescolano e alimentano producendo glieffetti devastanti che abbiamo davanti agliocchi e che la maggior parte dei nostri me-dia mainstream italiani sono impreparati aspiegare con una comunicazione approfondi-ta, seria e indipendente dalle veline dei fortie potenti.

RICORDO

Oltre al ricordo, che non è solo un ricordo, ma una presenza, da parte della fraternità Emmaus di ElioTaretto, fondatore e anima di Tempi di Fraternità per trent’anni, vogliamo ricordare Minny Cavallonee Luciano Jolly che ci hanno lasciato in questo 2015 così difficile e carico di violenza.

Abbiamo nel cuore la radicalità che Minny ha vissuto concretamente e non solo a parole. Quella radicalità che hadimostrato nelle scelte quotidiane, politiche, sociali, ecclesiali, al servizio dei meno fortunati, in tutti gli ambienti,molti, nei quali è stata presente.

E abbiamo nel cuore la mitezza di Luciano, la sua voce pacata, il desiderio, profondo, di incontrare le nuove generazioni,ma non per fare il maestro, ma per ascoltare, per cercare di capire, per far esprimere i giovani sulla loro vita sociale,

politica e personale.Radicalità e mitezza che Minny e

Luciano hanno dimostrato chepossono essere vissute, che non sonosolo parole.

Radicalità e mitezza: un’eredità checi deve accompagnare nel nostroimpegno quotidiano.

La redazione

Radicalità e mitezza: non solo un ricordo

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Dicembre 2015 5

Conservatori del futuro,progressisti del passato

Le mancate risposte del sinodo su famiglia e gender

CHIESA CATTOLICA

di MicheleMeschi

«Non si tratta di conservare il passato,ma di realizzare le sue speranze»

Theodor W. Adorno (1903-1969)

Dalla relazione finale del sinododei vescovi al santo padre Fran-cesco, al termine della XIV as-semblea generale ordinaria (4-25ottobre 2015), sul tema “La vo-

cazione e la missione della famiglia nella Chie-sa e nel mondo contemporaneo”: «Le condi-zioni culturali che agiscono sulla famigliamostrano in grandi aree del mondo un quadrocontrastante, anche sotto l’influenza massic-cia dei media. Da un lato, il matrimonio e lafamiglia godono di grande stima ed è tuttoradominante l’idea che la famiglia rappresenti ilporto sicuro dei sentimenti più profondi e piùgratificanti. Dall’altro lato, tale immagine hatalvolta i tratti di aspettative eccessive e di con-seguenza di pretese reciproche esagerate. Letensioni indotte da una esasperata cultura in-dividualistica del possesso e del godimentogenerano all’interno delle famiglie dinamichedi insofferenza e di aggressività. Si può men-zionare anche una certa visione del femmini-smo, che denuncia la maternità come un pre-testo per lo sfruttamento della donna e un osta-colo alla sua piena realizzazione. Si registrapoi la crescente tendenza a concepire la gene-razione di un figlio come mero strumento perl’affermazione di sé, da ottenere con qualsiasimezzo. Una sfida culturale odierna di granderilievo emerge da quella ideologia del genderche nega la differenza e la reciprocità naturaledi uomo e donna. Essa prospetta una società

senza differenze di sesso, e svuota la base an-tropologica della famiglia. Questa ideologiainduce progetti educativi e orientamenti legi-slativi che promuovono un’identità personalee un’intimità affettiva radicalmente svincolatedalla diversità biologica fra maschio e femmi-na. L’identità umana viene consegnata adun’opzione individualistica, anche mutevolenel tempo. Nella visione della fede, la diffe-renza sessuale umana porta in sé l’immagine ela somiglianza di Dio (Gn 1,26-27). “Questoci dice che non solo l’uomo preso a sé è im-magine di Dio, non solo la donna presa a sé èimmagine di Dio, ma anche l’uomo e la don-na, come coppia, sono immagine di Dio. [...]Possiamo dire che senza l’arricchimento reci-proco in questa relazione - nel pensiero e nel-l’azione, negli affetti e nel lavoro, anche nellafede - i due non possono nemmeno capire finoin fondo che cosa significa essere uomo e don-na. La cultura moderna e contemporanea haaperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove pro-fondità per l’arricchimento della comprensio-ne di questa differenza. Ma ha introdotto an-che molti dubbi e molto scetticismo. [...] Larimozione della differenza [...] è il problema,non la soluzione” (Francesco, udienza gene-rale, 15 aprile 2015)»1.

È presumibile che la chiave interpretativadi questo testo, anche quale exemplum del-l’intera relatio, debba poggiare conveniente-mente sull’epagoghé del dato nudo e crudo,

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6 Dicembre 2015

CHIESA CATTOLICA

piuttosto che incardinarsi nel costrutto aristotelico diun metodo deduttivo che proceda dall’universale alparticolare. Cedendo a deformazione professionale, mispiego ricordando che un assioma della fisiologiaumana è che il cuore non batte con il fine di far muo-vere il sangue: al contrario, la circolazione sanguignaavviene in ragione della contrazione dell’organo percaratteristiche fisiche ad esso intrinseche. Analoga-mente, l’approccio al documento episcopale deve pre-scindere dalle pur legittime aspettative di conservato-ri e progressisti, posto che davvero i porporati, e diconseguenza i cattolici, si dividano in queste determi-nate categorie; premesse e conclusioni hanno il signi-ficato neutro di un pezzo anatomico, sta al patologotrarne conseguenze nell’economia di un organismovivente. Partirei da una breve analisi del contenuto,del significato dunque, per trarre maggiori e più utiliinformazioni dal significante; ovvero mi concentrereinon tanto su ciò che è detto, quanto piuttosto su comesi è voluto esprimerlo.

Pars destruens: il significatoNella relatio, com’era scontato, si ribadisce quale uni-co modello quello della famiglia tradizionale, espres-sione della primordiale volontà di Dio. L’ultimo ter-mine, abusato dalla morale ecclesiale, non compareche una sola volta sulla bocca del Cristo, e guarda casoin contrapposizione ai detentori dell’ortodossia reli-giosa che di quella volontà volevano farsi interpreti:«Ma i farisei e i dottori della legge [...] hanno resovana per loro la volontà di Dio» (Lc 7,30). Il figlio diMaryâm è a tutti gli effetti uno sfasciafamiglie2, nonspende una parola sulla presunta sacramentalità delmatrimonio: la narrazione della sua partecipazione allenozze di Cana (Gv 2,1-11), ove la sposa è assente e losposo riveste una funzione del tutto secondaria, è so-stanzialmente un midrash, ovvero soltanto un metododi interpretazione dei testi sacri, che l’evangelista im-piega per dissertare di antica e nuova alleanza, richia-mando le pagine del capitolo 19 di Esodo3.

Lo sfasciafamiglie non prende moglie, venendomeno al precetto «Siate fecondi e moltiplicatevi» (Gen1,28), a causa del quale «L’ebreo senza moglie è rifiu-tato dal Cielo» (Pes. B. 113°). Declama inoltre un’ideadi famiglia rivoluzionaria, per non dire eversiva: «Eccomia madre e i miei fratelli: chi compie la volontà diDio, costui è mio fratello, sorella e madre» (Mc 3,33-35); «Non c’è nessuno che abbia lasciato casa o mo-glie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio, chenon riceva molto di più nel tempo presente» (Lc 18,29-30); «Sono venuto a separare l’uomo da suo padre e lafiglia da sua madre e la nuora da sua suocera, e i ne-mici dell’uomo saranno quelli della sua casa» (Mt10,35).

Soprattutto osservando l’uso dell’espressione «inti-mità affettiva» nel testo redatto al termine dei lavori,si comprende come dietro la polemica contro la fanto-matica ideologia gender si nasconda la paura di unadimensione della sessualità vissuta secondo soggetti-vità indisciplinabili a priori4, oggi come negli anni delConcilio Vaticano II, allorché l’enciclica HumanaeVitae di Paolo VI segnò la frattura insanabile tra mo-rale dei vescovi e quotidiana condotta dei coniugi cat-tolici.

Pars construens: il significanteCompiamo lo sforzo di andare oltre ciò che appare aduna prima lettura. Le voci più autorevoli dell’ala con-servatrice si affannano a ripetere che la relatio, anchenei paragrafi che con pochissimi voti di scarto hannoottenuto la maggioranza dei due terzi dell’assemblea,è in stretta continuità col magistero dei due ponteficiprecedenti. Se così fosse, spiega il teologo Vito Man-cuso, apparirebbe incomprensibile la decisa opposi-zione del terzo dei vescovi che ha votato contro5. Inrealtà due chiese si fronteggiavano al momento dellastesura di frasi e periodi misurati, ponderati al puntoda apparire deludenti: quella della misericordia, diBergoglio, contro quella della verità di Ratzinger. Alparagrafo 84 si scrive: «Occorre discernere quali del-le diverse forme di esclusione attualmente praticate inambito liturgico, pastorale, educativo e istituzionalepossono essere superate».

Si tratta di un’affermazione molto forte, decisamen-te tranchant. Mi piacerebbe che, per una volta, noifabbricanti di sogni cessassimo di inseguire i mulini avento di don Quijote e ci facessimo un po’ più furbi,escogitassimo maniere di essere progressisti un po’meno vetuste e decisamente più pragmatiche. La chiesa- intesa come l’istituzione apparentemente immutabi-le che da millenni condiziona fede dei credenti e cul-tura dei laici - si cambia con chi, pur animato dallemigliori intenzioni, pretende mutamenti radicali e im-mediati, anche a rischio di scisma, oppure si salva conle posizioni pazienti di conservatori illuminati, di pru-denti servitori della gerarchia che improvvisamentepremono sull’acceleratore e parlano per bocca delloSpirito? Gutta cavat lapidem.

La parola chiave della relatio è discernimento. Que-st’ultimo costituisce la gesuitica, esatta negazione delleregole dottrinali oggettive da applicarsi «senza se esenza ma», consta «di un metodo che interpreti la si-tuazione concreta delle persone, per servire al megliola loro fede e la loro felicita»5. Sulla linea del cardi-nale Schönborn - guarda caso domenicano, apparte-nente cioè ad un ordine che abitualmente non suscitagrande simpatia, ma che del rigore logico è paladino -il filosofo Massimo Cacciari ha dichiarato storica la

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Dicembre 2015 7

CHIESA CATTOLICA

data di chiusura del sinodo6: la disciplina del discer-nimento è senza dubbio un compromesso, ma lo è nelsenso più alto del termine, quello che è diventato qua-si proverbiale in riferimento ai membri della Compa-gnia di Gesù. Il discernimento dei gesuiti non è il cer-chiobottista mettersi d’accordo, nella finzione di igno-rare le differenze. È piuttosto «il riconoscimento dellacomplessità civile ed etica del contesto umano, con lanecessità di accompagnarlo nelle sue valutazioni». Igesuiti non cedono mai ai principi e ai comportamenti«di questo mondo», ma riconoscono la realtà comefossero degli scienziati, e si muovono all’interno diessa quando vogliono cambiarla.

La strategia di papa Bergoglio è, in fondo, una stra-tegia politica, ma ancora una volta nell’accezione diuna pratica che non ha nulla a che fare coi rappresen-tanti della nostra ormai squallida repubblichetta. «Lachiesa di Francesco non si confonde con l’etica mon-dana, ma si colloca al suo interno per influenzarla dadentro. La linea di Bergoglio è chiaramente la stessaapplicata sempre e ovunque dai gesuiti: in Sud Ame-rica, in Cina, in India. Nei secoli, questa strategia èstata politicamente avversata non solo dai reazionari,ma anche dai radicali come Giansenio e Pascal»6.

È vero che il vangelo vuol essere una spada sullaterra, e che il discorso cristiano dovrebbe essere «sì,sì; no, no». Tuttavia, da sempre mi piace applicare allarealtà un pensiero di Raimondi nella critica a I pro-messi sposi di Manzoni, il romanzo che, col suo «pic-colo mondo», straordinariamente ci aiuta a compren-dere il nostro «grande mondo». Secondo l’autore, sia-mo sì di fronte al «romanzo della provvidenza», maquest’ultima si esprime in esso non come «categoriadella storia», bensì come «categoria della coscienza».Ovvero Dio non interviene direttamente nell’intrec-cio delle vicende dei personaggi - se ci si pensa, nongliene va bene una a nessuno, e quando l’entità so-vrannaturale si dà da fare per modificare la trama, èattraverso l’epidemia di peste! -, ma lo fa piuttostoall’interno del cuore di anime-chiave che diventanostrumento di salvezza: la vicenda interiore dell’inno-minato, il perdono di Renzo concesso a don Rodrigo,la conversione di fra Cristoforo.

Fuori di metafora, è così anche nella vita: l’univer-so non si è mai cambiato veramente con le rivoluzio-ni, perlomeno tanto quanto, e in maniera così stabile,come con le riforme interne. Massimo Cacciari descri-ve sapientemente come la linea di Bergoglio, nella mil-lenaria storia ecclesiastica, abbia conosciuto radicaliopposizioni. «Con questa svolta», dice, «il sinodo com-prende la situazione etica del mondo contemporaneoma vi si mette dentro, non la combatte come avversa-rio dall’esterno». D’accordo, la montagna avrà anchepartorito un topolino, ma poteva anche vomitare ana-

temi odiosi e autenticamente anti-cristiani come quel-li proferiti ogni giorno dagli atei devoti. Poteva passa-re la linea degli scribi del tempio, di coloro che, «rea-zionari, non condivideranno mai la presa d’atto delleodierne trasformazioni etiche e comportamentali, ac-cuseranno sempre il papa di cedimento e di resa almondo moderno».

Il modello di Francesco è la comprensione che Igna-zio di Loyola aveva della contemporaneità ed ha i suoimaestri nei profeti della grande mistica umanistica, pri-mo tra tutti Erasmo da Rotterdam. Cito ancora Cac-ciari: «Sant’Ignazio venerava Francesco di Assisi: Ber-goglio non ha scelto il nome di quest’ultimo per arruf-fianarsi il moderno ecologismo. Egli mira a scioglierepiano piano tutti i nodi, lentamente, ma non negli annidel suo pontificato, bensì in una prospettiva di millen-ni. La riforma della Chiesa terminerà solo con la finedei tempi, alla conclusione della storia»6. Il fatto chela relazione finale non pronunci anatemi diretti controgli omosessuali, non ribadisca l’involutiva infallibili-tà della tremenda Humanae vitae e parli della fami-glia con occhi timidamente, ma globalmente nuovi esoprattutto aperti, appare già un grande dono. Sono igesuiti ad insegnarci che «alla fine è lecito ciò chenon è espressamente proibito».

Attenzione a come conclude il filosofo: papa Ber-goglio, Deo gratias, non è Eugenio Pacelli, ma non ènemmeno Matthew Fox: «Chi non è d’accordo con leaperture di Francesco denota un eccesso di timore e diprudenza, e avere paura è un errore spesso imperdo-nabile. Dall’altro lato, però, diffido dell’appoggio lai-cista al papa di quanti vogliono appropriarsene perecologismo e per loro altre battaglie di retroguardia,che nulla hanno a che vedere con la profondità del suomessaggio. Gli atei di sinistra rischiano di fare al pon-tificato di Bergoglio gli stessi danni che gli atei devotie i teocon di destra hanno provocato a quello di Rat-zinger».

Fra poco comincerà il giubileo della misericordia, elì Francesco darà il meglio di sé.

1 Relatio finalis, 8: Le contraddizioni culturali.2 Alberto Maggi, in Il libraio, 27 ottobre 2015.3 Paolo Farinella, in Pacchetto del mercoledì, 23

ottobre 2015.4 Stefano Sodaro, in Il giornale di Rodafà, 25 ottobre

2015.5 Vito Mancuso, La riforma della Chiesa che riparte

dal Sinodo, in La Repubblica, 27 ottobre 2015.6 Giacomo Galeazzi, Intervista a Massimo Cacciari

“Sant’Ignazio ha vinto al sinodo”, in La Stampa, 25ottobre 2015.

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empi di fraternità

8 Dicembre 2015

SERVIZIO BIBLICO

di ErnestoVavassori

a cura diGermana Pene

Kata Matthaion Euangelion (38)

Vangelo secondo Matteo

È un episodio questo che va certamentecapito nel contesto in cui è inserito, mache contiene tutto il Vangelo, l’essenza.

Ormai abbiamo capito che se volessimo co-gliere tutte le sfumature che l’evangelista ponedovremmo avere in mano il testo greco, per-ché, a seconda delle traduzioni, si dicono del-le cose piuttosto che altre, ad esempio il ver-setto 27 che traduce “i presenti” non è corret-to, perché il testo originale dice “gli uomini” evedremo quale è la differenza, perché “i pre-senti” sembra indicare coloro che erano sulluogo, mentre “gli uomini” è ben diverso, comediremo fra poco.

È un episodio che conosciamo, che certamen-te abbiamo ascoltato diverse volte e che rischiadi essere inteso come un qualcosa che sta tra ilfantastico, il magico e l’irreale, senza saperbene quale significato attribuirgli davvero.

È un brano in cui, secondo me, c’è il rias-sunto di tutto il vangelo, di Gesù e della suavita e quindi il senso di noi e della nostra vita.

Nei versetti precedenti avevamo visto que-sti discepoli che volevano seguire Gesù, “ti se-guirò ovunque tu vada..., prima lasciami sep-pellire mio padre...” ma quello che manca perseguire Gesù è il capo, dove posare il capo; èla risposta che lui aveva dato:“il figlio dell’uo-mo non ha dove posare il capo”. Adesso quiMatteo ci dice dove posa il capo, e posa il caposul mare in tempesta.

Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed eccoscatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricopertadalle onde; ed egli dormiva. Allora, si avvicinarono a lui, lo svegliaronodicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!».Ed egli disse loro: «Perché avete paura, uomini di poca fede?». Quindilevatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia. I presentifurono presi da stupore e dicevano: «Chi è mai costui al quale i venti e ilmare obbediscono?».

Mt 8, 23-27 (prima parte)

Ci fu un gran “terremoto”, questa è la paro-la del testo originale che compare altre duevolte in questo vangelo; e quando questo ac-cade si chiama unità tematica, cioè il signifi-cato di quella parola va ricercato guardandodove è messa le altre due volte. La secondavolta in cui compare è alla crocifissione, e laterza sarà il mattino di Pasqua.

Questo ci dice che il testo è incorniciato trala morte e la resurrezione, per cui è importanteconoscere il testo originale per capire quelloche l’evangelista ci vuole dire. Poi noi possia-mo fare tutte le nostre letture spirituali o altro,a nostro uso e consumo, a seconda di quelloche abbiamo bisogno di dire. Il vangelo non èun insieme di racconti ma una catechesi con unpercorso, dall’inizio alla fine, quindi è tutto col-legato, un testo richiama l’altro, ecc.

Quindi adesso Gesù posa il capo nella barca(che è l’immagine della comunità), sul marein tempesta. L’immagine è molto significati-va, i discepoli che hanno seguito Gesù nonsanno ancora che devono “posare il capo” an-che sul mare in tempesta.

Non è il padre che bisogna seppellire, ma ilproprio io, le proprie paure, il proprio egoi-smo e seppellire la propria morte; infatti il bra-no è incorniciato nella morte e resurrezione diGesù, altrimenti non si giunge all’altra riva.La traversata di Gesù con i suoi discepoli èimmagine dell’esistenza umana.

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La barca è la comunità, dove lui sta con noi.Deve attraversare difficoltà, burrasche e tem-peste. Prima o dopo tutti andiamo a fondo. Èl’unica certezza. Davanti alla morte anche lebarche/vite che sembrano inaffondabili vannoa fondo. Questa è la nostra realtà, perché sia-mo mortali e Gesù è sulla barca con noi, perandare a fondo con noi.

I momenti di crisi - fino a quella crisi ultimache è la morte - sono il luogo stesso della fede,e una fede che non si misura con la morte nonpassa per la verità dell’uomo.

Il problema dei problemi, infatti, è che dob-biamo morire ed è il problema che ci accomu-na tutti, che fa nascere in noi ogni tipo di ansiae di angoscia che poi noi mascheriamo in tantimodi; ma la paura delle paure, il principio diogni guaio nella nostra vita è la paura di dovermorire. Questa paura genera tutto, ogni nostraangoscia, fino alle guerre, generate dalla pau-ra della morte, dall’illusione che distruggendol’altro io posso esistere. Questo è il problemadei problemi perché qualunque altra cosa chepuò succederci nella vita non è che un’antici-pazione a questa verità e cioè che dobbiamomorire. Siamo mortali, anche se viviamo allasuperficie, cioè al di fuori, senza la consape-volezza costante del problema fondamentale enon ci accorgiamo che la vita è veramente ma-estra e si incarica costantemente di ricordarci,con il tempo che passa e non torna più, dellanostra morte, il nostro ultimo e fondamentaleviaggio che è il nostro andare a fondo.

Questo è uno dei nuclei fondamentali dellafede cristiana, quello che il Credo antico ripeteancora con quella bellissima immagine che diceche “Cristo discese agli inferi”. È andare a fon-do, scendere agli inferi, perché nell’immagina-rio cosmologico di allora, gli inferi erano nellaparte più bassa, più profonda della terra, quindiè veramente un andare sotto, a fondo, come inquesto brano dove siamo sul mare, in tempesta,e la barca della comunità sembra andare a fon-do, mentre Gesù dorme, cioè è nel massimo del-l’impotenza, come quando noi dormiamo.

Finchè noi pensiamo di cavarcela, come fac-ciamo di solito nella vita di tutti i giorni, vatutto bene, ma quando arriviamo lì, di fronte aquesto dolce finale della morte, la nostra mor-te, non quella degli altri, ma la mia morte dovesono solo con me stesso e nessuno può sosti-tuirsi a me, lì si pone il problema vero dellafede, perché prima è difficile che si ponga, malì non si scappa.

C’era un vescovo che una volta confessòormai anziano, malato e prossimo alla morte:“Pensavo di avere una solida fede e invece misono accorto che era solo buona salute”. Istin-tivamente viene da sorridere a queste parole,ma in realtà esprimono un’amara verità, per-ché ci accomuna tutti e finché non arriviamolì, non si pone il problema vero della fede, per-ché prima, ci illudiamo di cavarcela, in qual-che modo.

La fede si vede in quel momento, mentreprima si vive un po’ come dice il proverbio“finché c’è vita c’è speranza”, che sotto sottosignifica “mi arrangio da solo, non ho micabisogno di Dio”... Dopo, quando la vita fini-sce, che speranza c’è? Ecco perché, siccomel’uomo sa di non avere sempre vita, ma che adun certo punto c’è lo stop, rimane preda del-l’angoscia e della disperazione e magari sco-pre che credeva di avere una solida fede e in-vece era solo una buona salute...

La fede e la speranza devono affacciarsi inquel momento; infatti la fede che non entra nel-la morte non è né fede né speranza, rimuovesemplicemente il problema come se non ci fos-se. Insisto su questo perché lo sfondo su cui tut-to il brano è costruito è questo, l’orizzonte dellamorte, l’unico vero problema dell’essere uma-no, per cui facciamo tutto e il contrario di tutto.

E Gesù cosa fa di fronte al nostro problemafondamentale? Dorme.

Dorme in due sensi: primo, perché dormirecon il mare in tempesta esige una buona dosedi fiducia e di affidamento tranquillo, secon-do, il dormire è immagine della morte e questidue significati sono riassunti proprio nella po-sizione che Gesù ha su questa barca che rap-presenta la comunità. È questo un brano den-sissimo di immagini e come sempre il vangelosi spiega per immagini, anche se poi noi ciparliamo sopra, ma di per sé l’immagine do-vrebbe essere evidente, parlante di suo.

C’è la barca che è la comunità, con sopra idiscepoli e Gesù, c’è il mare che da sempre èimmagine del caos che si solleva contro que-sta barchetta che rischia di affondare e la posi-zione di Gesù qual è dentro una storia che èminacciata? Gesù dorme, che significa che staandando verso la sua morte con un’estrema eincredibile fiducia e tranquillità nel Padre.

La morte, che per noi è un problema, di persé non lo è, perchè la morte, come la vita,non è un male, ma un bene. Com’è bene na-scere, così è bene morire. Siamo mortali e il

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10 Dicembre 2015

problema sta nel come viviamo sia il nascereche il morire.

Quasi sempre, già il nascere è vissuto comeun trauma, mentre dovremmo essere aiutati aviverlo come un venire alla luce, ad una luceche non ho mai visto prima, perché non c’è unreplay, e tutta la vita è costellata di momentiinappellabili, ecco perché tutto è un dono uni-co che ti è dato solo in quel momento lì.

E il morire che cos’è? Morire è toccare ilnostro limite assoluto, essendo mortali, ma inquello stesso momento noi entriamo in comu-nione con l’Assoluto da cui siamo venuti. Eccoperché, di per sé, il problema non è nascere emorire, ma sta nel mezzo, cioè il problema di-venta come vivo questo “frattempo” che ho trail mio nascere e la comunione con l’Assoluto,cioè chi sono io in questo frattempo?

Il nostro guaio è l’aver assolutizzato il no-stro io e allora la morte per noi diventa la finedi tutto. Se io sono tutto, la morte è la fine ditutto, ma se io non sono tutto, perché non losono stato all’origine e mi sono trovato a esi-stere, né l’inizio né la fine è la fine di tutto edove finisco io comincia lo spazio di Dio e var-cando il mio limite assoluto, con la mia morte,io entro in comunione assoluta con lui.

Il dormire di Gesù, allora, così tranquillodentro la morte, che è l’immagine del sonnosuo, è la fiducia nella comunione con l’Asso-luto da cui viene e così dovrebbe essere pernoi, in modo che la morte diventi il momentodella nostra nascita alla nostra identità più pro-fonda. Infatti, finchè non arrivo lì, non so ve-ramente chi sono, posso vivere nell’illusionee nell’esaltazione del mio io, oppure distrug-germi tutta la vita nell’angoscia, per la pauradi questo mio limite assoluto e ultimo.

C’è poi quest’immagine dell’acqua che cer-ca di seppellire la barca, immagine che per uncredente dovrebbe essere il simbolo evidentedel sacramento fondamentale dell’essere cri-stiani che è il battesimo, perché dà senso a tut-to il resto, a tutti gli altri gesti e sacramenti.

Il battesimo è il segno della fede in quellaParola che ci fa figli. Se io non sono figlio nonriesco a dormire tranquillo dentro la tempesta.

Chi si sa figlio si abbandona tranquillo per-ché sa che la sua vita è in braccio a sua madre,quindi l’acqua che cerca di coprire la barca èproprio l’immagine dell’acqua battesimale checi fa figli, facendo morire la falsa immagineche ereditiamo di Dio, dall’ambiente in cui citroviamo a nascere e che ci viene trasmessa,

prima di tutto, dai nostri genitori e poi dallacultura e società in cui viviamo, dalla chiesache frequentiamo, dai nostri gruppi ecc.

Questo è il peccato originale, l’eredità chericeviamo nel momento in cui veniamo allaluce e l’acqua del battesimo serve a far anne-gare, a far andare a fondo la falsa immaginedi Dio e quindi la nostra falsa identità, il no-stro io come ce lo siamo costruito, per farcirinascere con un’altra immagine di Dio e dinoi stessi.

È il senso del discorso di Gesù con Nicode-mo: se non si rinasce non si può vedere ilRegno, perché si resta schiavi della falsa ideadi Dio e di io che ci è stata data. Se si vuolgiungere all’altra riva, va sdemonizzato il mare,l’abisso e la stessa morte.

È quello che fa il Signore che “dorme” e “sisveglia”, che muore e risorge, per romperedefinitivamente il muro che separa la nostrarealtà di morte dal suo desiderio di vita.

Il racconto è una scena battesimale. È quelbattesimo che si compie nell’arco di tutta lanostra storia, personale e comunitaria, e ciimmerge (=battezza) sempre più nel Signore,fino a quando, alla fine, ci fa entrare, con luiche “dorme”, nella sua stessa morte per uscir-ne con la sua stessa vita1. Lui ha “dormito”con noi e si è “risvegliato” per noi. Il suo son-no è la fiducia di chi posa il capo in seno alPadre: per questa sua fede “si risveglia” nellapotenza di Dio. Anche noi possiamo avere fi-ducia in lui: è il Signore che salva, ma non“dalla” morte (sarebbe un’illusione, sappiamodi essere mortali) bensì “nella” morte, offren-doci il risveglio a una vita nuova che va oltrela stessa morte. Il Signore della vita mi salvaproprio nel mio limite, nella mia perdizione,nella mia morte. Non ci salva dalla malattia,dal limite, dalla morte, ma nella malattia, nellimite, nella morte.

Dorme con noi, muore con noi, risorge connoi. La morte è il momento privilegiato in cuisperimento che lui mi salva.

“Salito sulla barca... lo seguirono”Gesù ha ordinato di passare all’altra riva equando si tratta di compiere questa traversataci troviamo sempre di fronte a qualche inci-dente. È un brano complesso, ma per fortunal’evangelista mette delle chiavi di compren-sione ad uso dei lettori.

Non dimentichiamo che i Vangeli non sonostati scritti da persone semplici per persone

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semplici, ma da grandi teologi e letterati e nonera stato scritto per essere letto, perché lamaggior parte della gente era analfabeta, maveniva trasmesso in una comunità dove unlettore, che era il teologo della comunità, inrealtà non leggeva solo il testo, ma lo inter-pretava.

“Un grande sisma ci fu nel mare”Strano, perché il mare è un lago e il sisma av-viene solo sulla terra, e quando avviene inambienti acquatici, si chiama maremoto, ter-mine che conoscevano, o il più semplice “tem-pesta”.

Usa questo termine per farci capire che cista dicendo qualcosa di diverso da quello cheletteralmente significa il termine. Questa pa-rola “terremoto” appare solo qui e al momentodella morte e della risurrezione di Gesù.

Grazie a una scoperta abbastanza recente,di trenta-quaranta anni fa, siamo riusciti a de-cifrare le tecniche di lettura del mondo ebrai-co (sono state elencate tredici regole), e unadi queste dice che quando un termine vuolessere messo in relazione con un altro termi-ne basta ripeterlo due o tre volte e si crea cosìun’unità tematica; quindi questi tre terremotiche ci sono nel vangelo di Matteo sono in re-lazione reciproca, e quindi qui l’evangelistausa il termine che indica la morte e risurre-zione di Gesù.

Il Vangelo, infatti, non è l’accozzaglia di epi-sodi, ma è una catechesi dall’inizio alla fine,per cui un testo richiama l’altro e c’è un per-corso teologico, oltre che di immagini e dimessaggi.

Perché, anziché usare il termine greco cheindica il lago (visto che siamo sul lago di Ti-beriade), usa il termine che indica il mare? Cista dando, ancora una volta, un’indicazione te-ologica e non geografica.

Anzitutto “mare” richiamava il passaggio delMar Rosso, dalla schiavitù verso la libertà; eralo spazio che divideva Israele dalle nazioni pa-gane e, nella raffigurazione biblica, il mare èun elemento ostile a Dio, simbolo del caos (perquesto, al termine dell’Apocalisse, si dice chenon ci sarà più il mare).

Attraversare il mare allora significa andareverso la libertà, andare verso i pagani, ma an-che incontrare tanta resistenza; questi tre si-gnificati sono interdipendenti tra loro, in strettarelazione: solo se si è liberi, se si è passato ilMar Rosso, sì può andare verso i pagani, e sol-

tanto andando ai pagani ci si può liberare daicondizionamenti della religione giudaica (è ilsenso richiamato dall’espressione vista prece-dentemente in bocca a Gesù: lascia che i mortiseppelliscano...), ma questa libertà si paga conla persecuzione.

“Così che la barca era scavalcata dalle onde”Una situazione drammatica che prende spuntodalle famose tempeste improvvise sul lago diTiberiade.

“Gesù invece dormiva”In seguito all’esperienza di Gesù la morte èsempre stata rappresentata con l’immagine deldormire, e il dormire è quel momento del tem-po in cui ci è permesso di ricuperare le nostreenergie per iniziare con nuovo vigore il gior-no successivo.

Per cui dormire non è un elemento negativo,di morte, ma di vita. Quindi con Gesù, la sua ela nostra morte non significa qualcosa di ne-gativo che distrugge la persona, ma una pausanella sua vita che gli consente di riprenderecon nuova energia la sua esistenza.

Qui l’evangelista ci sta anticipando cosa èsuccesso alla comunità cristiana quando Gesùè morto; ecco perché ci ha messo il terremotoche ricorda la morte e risurrezione di Gesù,ecco perché ci mette questa incongruenza diuna barca travolta dalle onde e Gesù che tran-quillamente dorme; ma c’è anche un altro rife-rimento, al libro di Giona, l’unico profeta cheha fatto esattamente il contrario di quanto Diogli aveva comandato, e nel suo tentativo di fugaandando in senso opposto a quello indicato daDio si scatena sul mare una tempesta e i mari-nai lo buttano in mare, avendo capito che eracausa sua la tempesta.

E mentre Giona non vuole andare dai paga-ni e per questo il Signore gli scatena la tem-pesta, qui la tempesta rappresenta la forte re-sistenza del mondo pagano che non vuole erifiuta Gesù e il suo messaggio. Matteo anti-cipa qui l’enorme difficoltà che la comunitàdei credenti incontrerà a portare nel mondopagano il messaggio di Gesù, perché sapeva-no che l’accoglienza del messaggio di Gesùavrebbe significato la fine del loro sistemache, a differenza del mondo ebraico, si basa-va sulla schiavitù.

1 Rm 6,1-11

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12 Dicembre 2015

NELLE RISTRETTEZZE DELLE GALERE

Cambiare il carcere per permetterealle persone detenute di cambiare

a cura dellaredazionedi RistrettiOrizzonti

Rubrica a cura diRistretti OrizzontiDirettore:Ornella FaveroRedazione:Centro Studi diRistretti OrizzontiVia Citolo daPerugia n. 35 -35138 - Padovae-mail: [email protected]

Cambiare il carcere per permetterealle persone detenute di cambiare.Non è un gioco di parole questo,ma una profonda verità: dal car-cere si esce spesso cambiati in

peggio, lo dicono anche persone, come l’exmagistrato Gherardo Colombo, che per annihanno usato come pena principale la galera, eora non ci credono più. Ma dove proprio nonsi riesce a pensare a pene diverse e più sensate,bisogna che almeno il tempo della carcerazionenon sia insensato e poco umano. Agli studiosie agli esperti che stanno lavorando negli StatiGenerali dell’esecuzione della pena anche percambiare la qualità della vita detentiva,offriamo i piccoli suggerimenti di chi, quellavita, se la vive ogni giorno.

Alla ricerca di un carcere,che potrà cambiarci...

“Sono innumerevoli le carceri in cui i detenutivivono sognando le realtà dei pochi istituti diclasse “superiore” come Bollate, Padova,Rebibbia. Ma quanti di noi sono stati cosìfortunati da poter raccontare tale esperienza?

Personalmente mi trovo in carcere da ottoanni, di cui cinque a Padova, dove sonoarrivato dopo un periodo turbolento, conisolamenti, denunce, momenti infelici passatinei circondariali, che di rieducativo non hannoniente, con regimi punitivi dove ti devi solo“fare la galera”; comunque oggi sono ancoravivo dalle ferite riportate dentro queste mura.

La redazione di Ristretti Orizzonti haincontrato gli esperti degli Stati Generali, chehanno chiesto a noi detenuti come potrebberomigliorare le carceri italiane. Io non avevo maifatto parte di una giornata così importante,

dove si parlava addirittura di come migliorarela condizione di tutti noi detenuti. Quello cheperò non potrò dimenticare sono le primissimeparole del magistrato, dott. Bortolato, quandoci ha incoraggiati a volare alto con le nostreproposte.

In tutta sincerità qui a Padova, anche se hofatto qualche casino, mi sento più pacato, sentodi aver lasciato anche l’ira che miaccompagnava in altre carceri dove cercavanodi rieducarmi con la forza, piuttosto di capirequale fosse il mio problema. Qui a Padova lecose non vanno proprio al 100% di comedovrebbero andare, ma la macchina comunquecammina…

Cosa potrebbe far stare bene me detenuto?Vorrei avere una cella singola dove poter

trovare la mia serenità, la mia intimità, e nondover rivivere ancora convivenze forzate incelle affollate, dove mi è capitato di dormire aterra per mancanza di una branda, e dove è piùfacile che avvengano conflitti per motivi legatialle diverse abitudini, desideri, necessità. Concelle singole si eviterebbero tante tensioni e ildetenuto stesso potrebbe provare a riflettereda solo in tranquillità.

Vorrei provare a sentirmi libero dentro, nonsoltanto un numero di identificazione,abbandonato in una sezione a far crescere lamia inefficienza, ma in un circuito che, anchese chiuso e controllato, consenta di parteciparead attività sociali e sportive, dove sianocoinvolti anche quei detenuti che stanno chiusinella propria cella, facendosi affliggere dalleangosce e debolezze che portano tante personea cercare di farla finita.

Vorrei che mi fosse data la possibilità dicoltivare l’affetto della mia famiglia, facendo

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Dicembre 2015 13

NELLE RISTRETTEZZE DELLE GALERE

più colloqui in ambienti più accoglienti, dovepossa magari mangiare e giocare con i mieinipoti in un’area verde, dimenticandomi diquando ero in carceri in cui ero separato daimiei da un bancone di marmo di quasi un metroche mi divideva dal mondo!

Qui, a Padova, abbiamo la fortuna di faretelefonate via Skype, un’occasione per rivedereparenti che non si vedono da anni e ci è anchepermesso di fare le telefonate autorizzatequando vogliamo, mentre da altre parti ci sonogiornate e orari limitati, che possono noncoincidere con la presenza in casa dei familiari,obbligandoci a perdere la telefonata.

In altri posti non ci si può nemmeno lavaretutti i giorni, perché le docce sono concessesolo due o tre volte alla settimana. Perché, oltreche della libertà, io detenuto debbo essereprivato della mia pulizia personale o di unatelefonata con i miei cari?

Sono tante le cose che non vanno, siamo unodei pochi Paesi in Europa a non avere i colloquiintimi e io penso che la persona che vuoleintraprendere una strada nuova per reinserirsinella società debba farlo vicino alla propriacompagna, ma, nella maggior parte dei casi, ilegami non sopravvivono alla detenzione peril troppo calvario che provoca. Penso che, peruna persona detenuta, stare senza un contattofisico con i propri famigliari sia una forma dicastrazione affettiva che porta alla distruzionedi molte famiglie.

Ammetto di aver fatto molti casini nella miadetenzione, a volte anche per niente, proprioperché niente avevo in quei circuiti e nienteavrei perso, avrei potuto evitarli ma non miinteressava farlo.

Quanti detenuti ancora stanno facendo unadetenzione così? Devo sentirmi fortunato adessere “in galera” a Padova dove sto scrivendoquesto articolo con il mio PC che ho in cella,mentre in altre carceri non si può nemmenoportare una bottiglia d’acqua al colloquio coni propri familiari, per i soliti motivi disicurezza? Quello che non hanno capito è chenon potranno rieducarci tenendo le persone intensione continua, come se tutti i giornidovessimo combattere una guerra.

Quando mi ricordo di tutto questo provoancora odio verso quei metodi, perché non mihanno voluto rieducare per reinserirmi nellasocietà, ma infilzarmi giorno dopo giorno. Soloqualche mese fa sono stato trasferito perprocesso, atterrando di nuovo in un manicomio

di carcere in Campania, che mi ha dato tantosconforto. Questa volta veramente nonsopportavo più quell’ambiente all’apparenzacambiato solo dall’apertura delle celle, madove rimanevano 3 docce a settimana, latelefonata stabilita il giorno che dicono loro,un vitto pietoso, una sanità che secondo menon funziona, dove per qualsiasi patologia ilmedico ti prescrive la solita pillola chiamatatra noi detenuti “pillola di Padre Pio”. Un mesein quel lager mi è sembrato il mese più lungoin questi 8 anni, dopo aver vissuto nel regimedi Padova, più calmo e rieducativo, anche senon da promuovere in tutti gli altri aspetti, madove posso vivere sperando di riuscire ungiorno a reinserirmi nella società come unuomo migliore, e non cambiato in peggio datutta questa privazione”.

Raffaele Delle Chiaie

Non sapere l’italiano porta quasisempre i detenuti stranieriad “aumentarsi la pena”

“Nell’occasione degli “Stati Generali” è stato,giustamente, istituito il tavolo che affronta iproblemi dei detenuti stranieri. Io, che sonostraniero, vorrei raccontare le difficoltà che hoincontrato e continuo ad incontrare in carcere.Io sono albanese, prima che mi arrestasseropensavo di non avere problemi a parlare lalingua italiana perché nella vita quotidiana, conpoche parole e gesti, non avevo difficoltà afarmi capire. Ma, appena sono stato fermato earrestato, mi sono reso conto che non sapevoparlare; al processo mi sono avvalso dellafacoltà di non rispondere, lasciando tutto inmano alla fortuna e all’avvocato che mi erastato assegnato, non vi dico a quanti anni sonostato condannato perché non li voglioricordare.

Sono stato portato in carcere dove continua-vo a non parlare perché non capivo quello chemi veniva detto: per comperare le sigarettedovevo rivolgermi ad un mio connazionale ead un italiano che lui conosceva per scrivermila “domandina”; durante il colloquio di “pri-mo ingresso”, con gli operatori continuavo adire “sì ho capito” anche se non capivo niente,ma la situazione diventava pericolosa quandoavevo a che fare con gli agenti, perché io noncapivo e non facevo quello che mi veniva det-to e questo veniva interpretato comedisobbedienza, causandomi molti rapporti di-sciplinari, due denunce per una rissa con gli

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14 Dicembre 2015

NELLE RISTRETTEZZE DELLE GALERE

La C.N.V.G., fondata nel 1998 e con sede a Roma,rappresenta Enti, Associazioni e Gruppi impegnatiin esperienze di volontariato nell’ambito della giu-

stizia, all’interno e all’esterno degli istituti penitenziari.Ad oggi è strutturata sul territorio con 18 Conferenze

Regionali (che riuniscono circa 200 Associazioni), e conl’adesione di numerosi Organismi del Terzo Settore:A.I.C.S., Antigone, A.R.C.I., Caritas Italiana, C.N.C.A.- Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza,Comunità Papa Giovanni XXIII, Forum Salute in Car-cere, J.S.N. - Jesuit Social Network Italia Onlus, Libe-ra, S.E.A.C.

Complessivamente i volontari che afferiscono allaC.N.V.G. sono oltre 10mila.

L’elezione di Ornella Favero a Presidente della Con-ferenza Nazionale Volontariato Giustizia è una buonanotizia, non solo per il mondo del volontariato in car-cere ma anche per tutte le persone di buona volontà chelavorano per rendere più umani e civili gli istituti peni-tenziari, quindi per dare linfa vitale all’articolo 27 dellaCostituzione.

Ornella Favero ha fondato e dirige dal 1997 la rivistaRistretti Orizzonti, un importante punto di riferimentoa livello nazionale sul mondo della detenzione, non un

Ornella Favero eletta Presidente dellaConferenza Nazionale Volontariato Giustizia (C.N.V.G.)

“giornalino” dal carcere, ma un centro di elaborazionee informazione sul mondo carcerario italiano, di rifles-sione sul senso della pena e sul rapporto tra autori evittime di reato, attraverso i dibattiti e l’attività giorna-listica, cui si affiancano attività formative, convegni escambi culturali.

Oltre all’edizione di libri ed alla rivista a stampa, re-datta con detenuti italiani e stranieri, Ristretti Orizzon-ti pubblica in rete un “Notiziario quotidiano” completosu informazioni e commenti riguardanti il carcere e lagiustizia, e ha un archivio storico di 15 anni e 130 milanotizie, strumenti indispensabili a chiunque voglia co-noscere, studiare e contribuire a fare qualcosa di buonoin carcere.

Ristretti Orizzonti è anche da anni il motore di unprogetto, “la scuola entra in carcere, il carcere entra ascuola”, che coinvolge migliaia di studenti e decine didetenuti in un confronto serrato e sincero. Ornella Fa-vero è l’animatrice volontaria di questa esperienza, icui risultati principali sono stati di rendere i detenutiprotagonisti della conoscenza e del riconoscimento disé, e di suscitare il loro confronto continuo con i giova-ni delle scuole e con le vittime di reati e loro familiari.

Ristretti Orizzonti, 17 ottobre 2015

agenti penitenziari e vari mesi in celle di iso-lamento.

Dopo più di 4 anni di detenzione credevo diaver imparato la lingua, ma mi sbagliavo.Qualche mese fa sono stato espulso per 15giorni dalle attività perché ho interpretato inmodo letterale le parole di un agente e nellamia lingua quelle parole erano offensive,quindi gli ho risposto male. Quando mi è statospiegato con calma che avevo capito male eratroppo tardi.

Partecipando alla redazione di “RistrettiOrizzonti” ho imparato molte cose e, tra l’altro,sento spesso che un articolo della Costituzione,l’art. 27, dice che “la pena deve tendere allarieducazione del condannato”. E io ho ildubbio che si possa rieducare un condannatoche non capisce veramente quello che gli vienedetto. I detenuti stranieri nelle carceri italiane

sono più del 30%, di varie nazionalità e culture,e sono pochi quelli che capiscono veramentela lingua italiana.

Secondo me è necessario che in ogni istitutopenitenziario ci sia un mediatore culturale chesi occupi di tradurre e spiegare le regole, i dirittie i doveri, così si eviterebbero molte tensionisia tra detenuti e agenti sia tra detenuti dinazionalità diverse.

Sarebbe bello che questi mediatori culturalifossero persone esterne, ma con i tempi checorrono e la scarsità di risorse si potrebberipiegare su un detenuto idoneo per svolgeretemporaneamente questo compito.

Se anche i detenuti stranieri devono essererieducati e magari uscire migliori di quandosono entrati, in carcere prima devono capirequello che possono e devono fare”.

Marsel Hoxha

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Dicembre 2015 15

I ROM DA PAPA FRANCESCO

Qualcuno è andato a prenderli allecinque del mattino, ha fatto il gi-ro dei campi romani, ha aspettatoche vestissero i bambini e li haportati a San Pietro. Per la nostraassociazione lo ha fatto Marco,

e credo che tutti noi dovremmo molto ringra-ziarlo.

Alle nove le code per passare il metal de-tector verso la Sala Nervi erano già imponen-ti, ma tutto è andato liscio e già prima delledieci la sala, ora sala Paolo VI, in grado di te-nere circa settemila persone, era quasi piena eancora ondate di gitani continuavano ad arri-vare un po’ da tutto il mondo per il pellegri-naggio mondiale del popolo gitano, voluto dapapa Francesco a cinquant’anni da quandoPaolo VI, primo papa a compiere quel “gesto”,andò nel campo Rom di Pomezia. Allora sem-brava una provocazione, se non addiritturaun’eresia, e oggi non è poi tanto diverso.

A ricordarlo è stato lo stesso Francesco che,per un paio d’ore, è stato con quei settemilagitani in mezzo a canti, balli, suono di fisar-moniche, preghiere e danze del ventre, violini

e break dance. Tutto mescolato, così come deveessere per essere autentico e accogliente.

Quando entra in sala, Francesco lo fa parten-do dal fondo e percorrendo la strada, strettodalle centinaia di mani, di bimbi, di rosari, diinvocazioni. Poi ascolta il deputato rom mem-bro del parlamento slovacco, il primo vescovogitano, e Maria, 29 anni, dall’età di 6 in un cam-po rom a Roma, quattro figli “ma nei campi -dice - manca quello che ai bambini non dovreb-be mai mancare”; e alla fine saluta: “cari amicigitani”, dice in romanì. Parla di rispetto e di-gnità, e dice che quel che accade “interpellanon solo la chiesa ma anche le autorità locali”.È arrivato il momento, sottolinea con forza, “discardinare i pregiudizi alla base del razzismo edella xenofobia”. La sala lo applaude, menoquando parla delle illegalità: “non date ai me-dia e all’opinione pubblica l’occasione per par-lare male di voi”. Qualcuno potrebbe ricordareal papa che di criminalità “son piene le fosse”,non i campi rom. Ma tant’è. Parla anche di di-ritto al lavoro e all’istruzione e dell’importan-za da parte loro di chiedere, anzi di pretendere.

Nelle facce scolpite dei più anziani, nelle ri-satine dei ragazzetti che calzano Adidas, nellapacata consapevolezza delle donne senza etàc’è un orgoglio che neppure lo stigma duro amorire riesce a scalfire.

Così, mentre Francesco si allontana con maniche lo toccano, bambini da baciare, rosari dabenedire, uno spiraglio nei pregiudizi e nellaseparatezza sembra finalmente essersi apertoper dar luogo a una inedita mescolanza dovesacro e profano, orgoglio e dignità parlano lastessa lingua. Perciò Francesco saluta in ro-manì e invita tutti a pranzo.

Diario di un incontro

di AnnaPizzo

L’udienza di Papa Francesco ai Rom in Vaticano

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16 Dicembre 2015

I ROM DA PAPA FRANCESCO

di DaniloGiannese

Papa Francesco abbraccia i Rom,Roma li sgombera

Papa Francesco ha ricevuto inudienza 5.000 Rom provenienti daalmeno venti nazioni del mondo.Nel frattempo, tuttavia, le autorità diRoma Capitale proseguono senza

sosta, in vista del Giubileo, le azioni di sgom-bero forzato delle comunità rom per “ripulire”la città dai cosiddetti insediamenti informali.

«I vostri problemi e le vostre inquietudiniinterpellano non soltanto la Chiesa ma anchele autorità locali - ha detto il Pontefice rivol-gendosi ai rom ricevuti nella sala Nervi. Hopotuto vedere le condizioni precarie in cui vi-vono molti di voi e ciò contrasta col diritto diogni persona ad una vita dignitosa». Papa Fran-cesco ha quindi parlato della necessità del-l’«integrazione» dei rom e ha ribadito che «nes-suno è autorizzato a calpestare la dignità e idiritti».

Dignità e diritti che tuttavia - denuncia l’As-sociazione 21 luglio - si continuano a calpe-stare nella Capitale con la pratica sistemati-ca degli sgomberi forzati, che hanno comeunica conseguenza quella di rendere ancorapiù vulnerabili uomini, donne e bambini, re-legandoli ai margini della società.

L’Associazione 21 luglio esprime forte pre-occupazione soprattutto per il netto incremen-to degli sgomberi forzati realizzati dalle auto-rità capitoline in seguito all’annunciodel Giubileo della Misericordia da parte diPapa Bergoglio, avvenuto il 13 marzo scorso.

Da allora, gli sgomberi forzati a Roma sonotriplicati, passando da una media di 2,8 sgom-beri al mese nei tre mesi precedenti l’annuncioa una media mensile di 10 sgomberi forzati dal13 marzo 2015 a oggi. Dal 13 marzo, infatti,sono stati realizzati 70 sgomberi forzati chehanno coinvolto circa 1.150 persone per unaspesa stimata di 1,5 milioni di euro.

«Gli sgomberi forzati violano il diritto in-ternazionale, perché non rispettano le garan-zie procedurali in materia di sgomberi previ-ste dal Comitato sui Diritti Economici, Socialie Culturali delle Nazioni Unite. Ma soprattut-

to queste azioni calpestano i diritti umani diuomini, donne e bambini, che continuano adessere spostati da una parte all’altra della cittàe privati di un tetto, seppur precario, sopra latesta», afferma l’Associazione 21 luglio, cheha lanciato la campagna internazionale#PeccatoCapitale per chiedere una morato-ria sugli sgomberi forzati a Roma duranteil periodo giubilare.

«Auspichiamo che le parole di oggi di PapaFrancesco rappresentino uno stimolo decisivoper le autorità di Roma Capitale al fine di vol-tare una volta per tutte la pagina delle politichedell’esclusione e della discriminazione neiconfronti dei rom, che oggi continuano a tro-vare compimento nella ghettizzazione di talicomunità nei cosiddetti “villaggi attrezzati” enell’attuazione sistematica di sgomberi for-zati», conclude l’Associazione.

Con l’appello #PeccatoCapitale, che ha giàraccolto 1.200 firme, l’Associazione 21 lugliochiede alle autorità capitoline di fermare le azio-ni di sgombero - inutili, inefficaci, dispendiosee lesive dei diritti umani - nel periodo del Giu-bileo della Misericordia e di avviare con ur-genza un tavolo di concertazione per indivi-duare alternative possibili agli sgomberi.

Hanno finora aderito all’appello RobertoSaviano, Gad Lerner, Ascanio Celestini,Sabina Guzzanti, Piotta, Assalti Frontali,Paul Polansky e Padre Alex Zanotelli. Oltrea loro, 25 organizzazioni della società civile.

«Io non voglio un Giubileo del business. Maun Giubileo che metta al primo posto i ýrom,che oggi sono maltrattati e emarginati. Dob-biamo fare arrivare questo nostro appello an-che a Papa Francesco per mettere fine a questisgomberi forzati!», è il messaggio del missio-nario comboniano Padre Alex Zanotelli.

— — — — — —Per maggiori informazioni:Danilo Giannese - Responsabile Comunica-zione e Ufficio Stampa Associazione 21 luglioTel: 388 4867611 - 06 64815620E-mail: [email protected]

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Dicembre 2015 17

I ROM DA PAPA FRANCESCO

#PeccatoCapitale: sgomberi triplicatidopo l’annuncio del Giubileo

Dal 13 marzo 2015, giorno in cuiPapa Francesco ha annunciato ilGiubileo Straordinario dellaMisericordia, gli sgomberi for-zati ai danni delle comunità rom

a Roma - che violano il diritto internazionalee i diritti umani delle famiglie coinvolte - sonopiù che triplicati.

È l’allarme lanciato dall’Associazione 21luglio che questa mattina, in concomitanza conla Giornata Mondiale del Diritto all’Alloggio,ha presentato un appello internazionalewww.21luglio.org/peccato-capitale dal tito-lo #PeccatoCapitale per chiedere al Comunedi Roma una moratoria sugli sgomberi forzatidurante il Giubileo. Sono intervenuti alla con-ferenza stampa anche Monsignor Paolo Loju-dice, vescovo ausiliare della diocesi di Romasud e il missionario comboniano Padre AlexZanotelli.

Come detto nell’articolo a fianco nell’annoin corso sono stati già 71 gli sgomberi forzatinella Capitale ai danni delle comunità rom,contro i 34 dell’intero 2014.

L’Associazione 21 luglio teme fortementeil ripetersi di situazioni in cui, nella Capitale,all’organizzazione di grandi eventi corrispon-de un aumento significativo delle azioni disgombero. Gli sgomberi forzati realizzati inoccasione del Giubileo del 2000, ad esempio,portarono alcuni a parlare di “Giubileo nerodegli zingari”.

«Siamo molto preoccupati dalla netta impen-nata di sgomberi forzati a cui, ogni giorno, stia-mo assistendo dall’annuncio del Giubileo -afferma il presidente dell’Associazione 21 lu-glio Carlo Stasolla - Gli sgomberi forzati chesi realizzano nella Capitale sono illegali, per-ché non rispettano le garanzie procedurali pre-viste dal diritto internazionale, e rappresenta-no una evidente violazione dei diritti umanidi uomini, donne e soprattutto bambini. Inpiù - continua Stasolla - rappresentano un inef-ficace sperpero di risorse pubbliche, si limi-tano a spostare le persone da una parte all’al-

tra della città, senza risolvere il problemadell’inadeguatezza dell’alloggio e renden-dole ancora più vulnerabili, e denotanopiù che mai il perpetuarsi di un approccioemergenziale da parte dell’Amministrazio-ne, in luogo di una lungimirante visione distampo sociale».

Di fronte all’assenza di risposte al riguar-do da parte dell’Amministrazione, l’Asso-ciazione 21 luglio ha lanciato oggi la peti-zione internazionale #PeccatoCapitale(www.21luglio.org/peccato-capitale) persensibilizzare sulla questione l’opinionepubblica italiana, nonché i visitatori e i pel-legrini che giungeranno in questi mesi nel-la Capitale.

Attraverso pochi clic alla pagina webwww.21luglio. org/peccato-capitale, tra-dotta anche in lingua inglese, gli utenti po-tranno firmare l’appello per chiedere all’exsindaco Marino, al prefetto Gabrielli e al-l’Assessore alle Politiche Sociali Daneseuna moratoria sugli sgomberi forzati du-rante il Giubileo e l’attivazione urgente diun tavolo di concertazione per individuaresoluzioni alternative agli sgomberi e ri-spettose dei diritti umani.

«Che il Giubileo sia un’occasione e unaprovocazione per l’Amministrazione diRoma Capitale per cambiare il proprio at-teggiamento e le proprie politiche nei con-fronti delle comunità più svantaggiate, inquesto caso i rom», ha commentato Mon-signor Paolo LoJudice.

«È inammissibile che in prossimità e du-rante il Giubileo vi siano gli sgomberi for-zati dei rom. Non possiamo permettere chelo spirito del Giubileo della Misericordia,voluto da Papa Francesco, sia associato aviolazioni dei diritti umani - ha detto PadreAlex Zanotelli - Dobbiamo far arrivare que-sto appello alle autorità perché gli sgomberiforzati siano urgentemente fermati e perchéle comunità rom non siano più considerate etrattate come la “feccia della società”».

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18 Dicembre 2015

Nel cuore dell’inverno, l’anno liturgico delle comu-nità cristiane inizia con pensieri sul senso dellastoria e del creato, sul loro divenire, sul loro ritor-

no al nulla per reiniziare. Nei Vangeli questi aspetti ulti-mi della vita sono chiamati con la parola greca eskaton.Ne sono i segni lo sconvolgimento dell’ordine cosmicosimile a guerre stellari, l’apparizione della figura miste-riosa del Figlio dell’uomo, la presenza dei popoli, la bel-lezza del nuovo ordine.

Il tutto è misterioso; ma la chiave interpretativa data daGesù con la parabola del fico è così semplice da meravi-gliarci. «Quando il suo ramo si fa tenero, voi sapete chel’estate è vicina». È la parabola della vita e della sua im-permanenza. Il fico, risvegliato dal letargo invernale, aiprimi calori della primavera intenerisce i suoi rami e gonfia

Gesù: uno stile di vitaImperImperImperImperImpermanenza di tutte le cosemanenza di tutte le cosemanenza di tutte le cosemanenza di tutte le cosemanenza di tutte le cose

i suoi germogli. E quando poi ritorneranno i primi freddiinvernali il fico ritornerà in letargo.

È il ciclo della vita che continua in nuovi alberi, creatu-re, vite. È l’impermanenza di tutte le cose, cioè la condi-zione del rinascere. È il richiamo, anticipato in forma sem-plice, da Qoelet: «Ciò che è stato sarà e ciò che si è fattosi rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole» (1,9).

A volte, si è impoverito il parlare escatologico di Gesù,il suo annuncio che ogni cosa contiene in sé qualcosa di“oltre” che ha valore eterno e che l’impermanenza di tut-te le cose e il loro essere passeggere sono il manto del-l’eterno.

La vita, la morte e la resurrezione di Gesù sono il gran-de mythos della vita.

Luigi Berzano

Un giorno, Gesù radunò i discepoli e iniziò a dire:«Verranno giorni, alla fine di tutto,quaggiù, che il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dalcielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Si vedrà allora il Figliodell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli eradunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremitàdel cielo. Voi imparate dalla pianta del fico la parabola: quando ormai il suo ramodiventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quandovedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. Anzi, io vi dico:non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terrapasseranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora,nessuno lo sa, né gli angeli nell’alto dei cieli né il Figlio, eccetto il Padre».

(15 novembre 2015 - Marco 13, 24-32)

LETTERA AGLI AMICI DELLA VALLE

AUTUNNO CALDO14 novembre 2015.Da Parigi notizie di guerra.

Civili inermi abbattuti come pecore al macello. Indi-gnazione, orrore, terrore. Ci abitueremo: a metà settem-bre del ’43 una fila di carri armati tedeschi lunga quan-to il Corso Dante dava inizio alla guerra civile, la scuo-la era chiusa, ma due giorni dopo riapriva e tutto sem-brava normale. Passavamo davanti alle sentinelle e ve-devamo i camion carichi di morti. La normalità. C’erala fila davanti al negozio, davano l’olio con la tessera,io dovevo tenere il posto, la zia sarebbe arrivata dopo.Mio padre si sentì fischiare alle spalle una raffica men-

tre rientrava dal lavoro con la vecchia bici. Lo raccontòa tavola. Credevamo di aver dimenticato quei tempi,ma non ce lo siamo meritato e questa Europa che eraconvalescente ha creduto troppo presto di essere guari-ta. Non ha elaborato gli anticorpi e non si è vaccinatacontro la corruzione, lo sfruttamento, il razzismo, l’avi-dità, il benessere di pochi, l’anonimato delle periferie,la supponenza della finanza, l’estraneità degli estranei...l’egoismo dei ricchi e l’egoismo dei poveri.

Non riesce a farsi amare. Ma perché dovrebbe?C’è un modo semplice per eliminare i nemici: can-

cellare la parola dal vocabolario e considerarli fratelli.Qualcuno c’è riuscito.

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Dicembre 2015 19

RICORDO

Questa data per noi della Fraternità EMMAUSdi Albugnano (Asti) è legata alla morte, a soli58 anni, del nostro fratello ELIO TARETTO,frate minore cappuccino, che della comunità è

stato l’iniziatore, l’animatore e la guida spirituale.Noi vorremmo condividere questo ricordo con tutti gli

amici della comunità, con i lettori del mensile “Tempi diFraternità” di cui è stato il fondatore e direttore, e contutti coloro che lo hanno conosciuto, stimato ed amato.

Sono passati ormai 22 anni, ma il suo volto, la suapresenza rimane viva nel nostro ricordo, anche se il tem-po potrà cancellare aspetti particolari, episodi più o menorilevanti.

In particolare noi che abbiamo vissuto con lui per moltianni e condiviso la scelta di vita comunitaria, il ricordosi fa ancora più vivo. Nello stesso tempo sentiamo laresponsabilità ed il rimpianto di non essere sempre statiall’altezza del suo spirito profetico, incapaci di imitareil suo impegno per il Regno di Dio, il suo entusiasmo alservizio della gente.

“Il mio sogno - ebbe a scrivere un volta - è riuscire avivere e a contribuire a costruire una umanità diversada quella che ho trovato ed esprimere la continuità del-la vita” (maggio 1992).

Si, perché Elio ha condensato tutte le sue energie fisi-che, spirituali, intellettuali per promuovere ed anticipa-re “tempi di pace”, di riconciliazione, di incontro, didialogo...

Il suo impegno ecollaborazione con i“Beati costruttori dipace”, il suo coin-volgimento genero-so nella commis-sione francescana“Giustizia-Pace-Salvaguardia delcreato” sono state lepriorità del suo agi-re, del suo pensare.

“È andato oltre.Ma restano i suoi sogni,

i luoghi che ha amato,le strade che ha percorso

con gli amici”.(P. Giovanni Vannucci)

ALBUGNANO 1° dicembre 1993 - 2015

Le numerose iniziative ed in modo particolare le“scuole francescane di Pace” a dimensione nazionale,che si svolgevano ogni anno ad Assisi, gli argomentiproposti in certo modo erano profetici, gli stessi temiche oggi, grazie a papa Francesco, troviamo nella suaultima enciclica “LAUDATO SI”.

Dare una definizione esauriente di una persona è pre-sunzione. Ma se volessimo cogliere alcuni aspetti es-senziali della vita di padre ELIO, alcuni tratti della suapersonalità, ne risulta una persona mite, interiormentelibera e pacificata, affabile, disponibile con tutti e nellostesso tempo esigente, intransigente con se stesso, coe-rente con le sue scelte di vita.

Come figlio di Francesco di Assisi aveva fatto, findall’inizio della sua attività, la scelta degli ultimi, degli“scarti sociali”, direbbe papa Francesco. Lui stesso, chesi era definito “l’ultimo frate della periferia”, ha desi-derato e lottato per una chiesa più evangelica, una chie-sa povera con i poveri, contro la povertà.

Radicale nelle sue scelte e stile di vita ha vissuto concoerenza e fedeltà, senza mai tirarsi indietro, il suo im-pegno di servizio, di condivisione e di solidarietà conle persone più povere, disadattate.

Geloso dello spazio di libertà che, spesso a duro prez-zo, aveva cercato di conquistare per sé e per gli altrianche all’interno della chiesa, ha dedicato le sue ener-gie perché ogni uomo e donna potessero sentire e gu-stare la gioia della vera libertà dei figli di Dio.

La sua attività ricercata di conferenziere, di giornali-sta e direttore di questa rivista Tempi di Fraternità erain funzione di questo suo costante progetto evangelico.

Ha sempre cercato di costruire ponti di solidarietà, diamicizia e dialogo con tutti.

È dolce e invitante per noi oggi sentirlo ancora pre-sente, assieme al ricordo di un carissimo amico econfratello francescano, padre Ortensio da Spinetoli,morto 9 mesi fa, che lo ha definito: “ELIO profeta,ricco di fermezza e di umiltà, fratello dei più deboli,UOMO DI PACE”.

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20 Dicembre 2015

EXPO 2015

«Siamo alla fine di un’Expo in cui abbiamoscelto di essere presenti a causa del titolo“Nutrire il pianeta”. È una bella fiera in cui siparla di cibo, si vede cibo, si può mangiarecibo. E in cui Santa Sede e Caritas sono riuscitiad essere coscienza critica: non molti altrihanno parlato di sradicare la fame». Se oggi,ha aggiunto, «ci sono padiglioni con 5 ore dicoda, forse i 200mila visitatori dell’edicolaCaritas non sembrano un numero grandissimo.Ma ciascuno è stato accolto, c’è stata unarelazione: essere presenti con la gente eaccompagnarla è la nostra specificità».

«Stamattina al convegno abbiamo sentitobuoni esempi e pratiche, come la originale einteressante carta equa che dà alle persone lapossibilità di scegliere gli alimenti. Abbiamovisto che il cibo può essere risorsa perinclusione sociale. Ci siamo stupiti di sentireche 53 milioni di persone in Europa soffronola fame. Abbiamo affrontato la questione dellaredistribuzione, con la sola Italia a non avere ilreddito minimo per tutti. In questo quadro nascela campagna mondiale, (per la prima volta nellastoria di Caritas si fa una campagna mondiale)“Una sola famiglia umana, cibo per tutti”».

«Anche il Presidente Mattarella – ha dettoancora Roy - ha ricordato che il 70% del cibonel pianeta è prodotto da piccoli agricoltori. Èun buon numero, ma devono essere ancora dipiù e produrre meglio. Questa è una cosafondamentale, la seconda è il diritto al cibo chenon si può commercializzare nelle borse:l’accesso al cibo deve essere per tutti. Dato cheancora troppi pochi Paesi hanno questo dirittonelle loro leggi, come Caritas dobbiamolavorare perché sia per tutti».

Obiettivo per il cui raggiungimento è statopreparato un documento, sottoscritto dai

direttori delle Caritas mondiali, che chiedeall’Onu una riunione dedicata al tema.

«Grazie a Caritas ambrosiana - ha aggiuntoRoy - per la presenza quotidiana nei 180 giornidi Expo non solo nell’accoglienza del pubblico,ma anche per l’organizzazione di eventi chehanno permesso di portare in Expo il problemadella fame. Caritas e i suoi volontari sono stativiva testimonianza, coscienza di questaEsposizione. È stata una bella opportunità perstimolarci a un impegno maggiore: quandoterminerà, dovremo proseguire in modo ancorapiù forte nelle direttrici dell’impegno concretoe dell’azione politica».

Il “successo” di Expo ci è costato solo 1,214miliardi. 737 milioni di euro pagati dallo Statoe 477 milioni di euro pagati dalla RegioneLombardia. Alla cifra bisogna aggiungere ex-tra costi per almeno 180 milioni di euro. Dire-te: e il ricasco economico? E i ristoranti, glialberghi, i trasporti? Ecco, noi dubitiamo cheristoratori, albergatori e pizzicagnoli, tassistie compagnia cantando siano tutti divenuti mi-lionari. Dubitiamo che l’economia, stimolatada un investimento monstre, abbia restituitoalla collettività ciò che la collettività con letasse ha finanziato. Riteniamo anzi che questemanifestazioni siano superate, che i costi, an-che ambientali, siano indigeribili. (a proposi-to: quanto cemento è servito per nutrire il pia-neta?).

Non dubitiamo invece che un buon affarel’abbiano fatto i proprietari dei terreni su cuisorge Expo. Valevano venti milioni di euroma Arexpo, società controllata da Regione eComune, li ha comprati per 160 milioni dieuro.

Dubbi sul “successo” di Expo?Intervento di Michel Roy, Segretario generale di

Caritas Internationalis ed i primi dati

collaborazionedi CaritasInternationalis edErnesto Scalco

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Dicembre 2015 21

NON CEDEREMO

Unione Suore Domenicane San Tommaso D’AquinoTesto nato dall’Assemblea Capitolare tenutasi a Mondovì - Luglio 2015

«Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei mieipadri» (1 Re 21,3)Siamo un gruppo di donne di differenti età ed esperienzedi vita. Apparteniamo come religiose all’Ordine domeni-cano che da secoli ci ha lasciato un’unica eredità: la pas-sione per l’umanità e il cosmo, insieme ad alcuni strumentiper prendercene cura, cioè la contemplazione, la parolacondivisa, la sete della verità e il bisogno di mendicarlasempre e ovunque.

Tante volte abbiamo tradito queste intuizioni, ma nellenostre più diverse esperienze la passione non è mai venutameno, così come non si è mai interrotto il legame con ognirealtà che ci ospita.

Abbiamo coscienza di essere un gruppo molto piccolorispetto a tutte le donne del mondo e al resto dell’umanità,ma comunque siamo donne con l’esperienza di una ricercaquotidiana fatta di attenzione a ogni palpito della vita inte-riore, della storia e delle storie degli altri.

La nostra esperienza riguarda la relazione con il Miste-ro contemplato, ricercato e pensato tra di noi, negli altri enell’ambiente. Tante volte abbiamo constatato che la spe-ranza non è passiva attesa ma immaginazione, desiderio diricercare sempre e insieme. L’esperienza di fede ci ha aiu-tato a intuire che più si ha sete e fame del divino, più si hasete e fame di giustizia e pace: due possibilità che la storiaha e che nello scorrere del tempo e con lo sforzo dell’uma-nità riusciranno ad abbracciarsi (Cfr. Sal 85,11).

Per questo professiamo pubblicamente che non voglia-mo svendere la preziosa eredità che ci è stata data.

Non cederemo fratelli, sorelle e cosmo a nessun sistemapolitico, economico o religioso, che sia contro di essi, chesia escludente, che crei divisione, che sia rigidamente ge-rarchico.

Non cederemo i giovani al potere subdolo del denaro,all’ignoranza voluta da chi li preferisce inerti, disoccupati,a chi li compra con inganno e invece di istruzione metteloro in mano armi e droghe.

Non cederemo le donne all’arroganza degli uomini e alloro disprezzo in ogni ambito: familiare, sociale, culturalee religioso.

Non cederemo i popoli ai mercanti di armi e a chi li co-stringe a usarle in cambio di un falso sviluppo per una nuovacolonizzazione che li rende profughi ed esiliati.

Non cederemo la terra e le sue risorse, insieme a tutta lasua bella biodiversità, alle multinazionali e a chi le gesti-sce sotto la veste di benefattori.

Non cederemo la bellezza delle diversità umane a chi levuole uniformare o escludere, in nome di falsi principimorali.

Non cederemo “l’anima” di nessun essere vivente a chila vuole soffocare o a chi se ne vuole appropriare.

Non cederemo la bellezza né il sogno né il desiderio in-finito.

Molti popoli e molti individui conoscono che cosa signi-fica soffrire e vivere in stato di esilio, sentirsi privati deipropri sogni oltre che dei propri beni.

Dice un testo della sapienza ebraico-cristiana: Presso ifiumi di Babilonia, là sedevamo e anche piangevamo, ri-cordandoci di Sion. Sui salici in quella terra, avevamo ap-peso le nostre cetre […] Come potevamo cantare un cantodel Signore su suolo straniero? (Sl 137,1-4).

In qualche modo, oggi, tutti siamo un po’ esiliati, un po’stranieri, in parte schiavi e in parte liberi. Il nostri destinisono profondamente legati, al di là dell’essere credenti onon credenti, appartenenti a questo o quell’altro popolo, aquesta o quell’altra religione. Siamo parte dello stesso co-smo ed esso a tutti appartiene; tutti siamo un po’ terra, pian-te, aria, acqua, mari, fiumi.

Dunque, se ai salici vogliamo appendere qualcosa, nonpermetteremo che si appendano gli strumenti della gioia;non permetteremo che si appendano gli strumenti di lavo-ro, i titoli di studio, i quaderni, i libri, le foto dei nostri fa-miliari. Lasceremo invece appesi, gli strumenti di morte: ledivise da militari e guerrieri, gli stivali e gli scarponi spor-chi di sangue e ogni strumento violento. Lasceremo lì vici-no le testate nucleari e li aerei da guerra, insieme agli sche-letri degli edifici della finanza mondiale, trasformandoli inresti da museo a testimonianza della stupidità umana.

Ci rendiamo conto che il nostro piccolo gruppo non hanessun particolare potere e nessuna soluzione per portareavanti da solo queste possibili trasformazioni. Ciò che pos-sediamo infatti è solo l’autorità dell’immaginazione che ciè data dalla nostra fede e dalla passione per questa bella eallo stesso tempo fugace e complessa realtà umano-cosmi-ca, che appartiene ai miti, cioè a quanti sulla terra prendo-no poco posto.

E noi sappiamo che sulla terra, ci sono ancora tanti miti.Con essi condividiamo questa professione di fedeltà allavita e a Chi, prima di noi, l’ha immaginata.

Mail di riferimento:Giacomina Tagliaferri (Torino):[email protected] Baldini (Prato): [email protected] Giacobbe (Firenze): [email protected] Olivero (Pistoia): [email protected] Potente (Torino): [email protected]

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22 Dicembre 2015

Il Vicariato dell’Anatolia, con l’arrivo delnuovo Vescovo, sta per riprendere uncammino interrotto cinque anni fa. PerGabri e per me significherà anchecondividerlo con un amico conosciuto

tanti anni fa.

“ Carissimo P. Paolo, siamo felici per quelloche sta accadendo in ‘casa’ di tutti icondòmini del Vicariato dell’Anatolia.L’attesa per il tuo arrivo quale nuovoVescovo, dopo cinque anni di mancanza,non deve però preoccuparti. Attendiamoinfatti un Pastore, un uomo, con cui potercondividere, lavorare insieme. Il Pastore, incoscienza, guida il gregge affidatogli e le‘pecore’ daranno latte secondo quanto nehanno capacità. Chiediamo a Lui di aiutarcitutti a percorrere il nostro cammino infedeltà alla Sua Parola.Hosgeldiniz! Benvenuto!

Un forte abbraccio. RobGab

*********************

Il ‘bello’... sprecoStiamo vivendo un periodo moltoparticolare. Le notizie di quello che staaccadendo in Europa, a proposito del-l’apertura dei confini, sono state inter-pretate dai profughi, qui a Van, come uninvito a partire. Difficile avere un’idea diquante famiglie l’abbiano già fatto o nesiano in procinto. Possiamo solo riferirci allanostra esperienza. Sono in maggioranza gliafghani, che ormai dal 2012 non hanno piùalcuna possibi lità di poter partirelegalmente, che se ne vanno. Tutte questepartenze si spiegano anche col fatto che i

COSE DALL’ALTRO MONDO

OGNI REGNO…

confini ‘aperti’(?) permettono loro diandarsene da qui senza dover pagare tuttoil viaggio fino in... Germania, Austria, Svezia,ai trafficanti di umanità. Mentre primadovevano pagare tutto, oggi, solamente ilpassaggio del mare dalla costa turca aquella greca, poi diventano clandestini -faida te.

Percorso: Van-Istanbul in pullman, là sifermano un paio di giorni per trovare ilgommone con cui arrivare in qualche isolaGreca. Da lì ad Atene, poi via verso l’Europa.

Da alcune settimane non facciamo altroche vivere momenti emotivamente forti.Dopo anni e anni di condivisione, oggi livediamo preparare uno zaino per andar-sene. Inutile cercare di dissuaderli. Abbia-mo tentato tante volte, in tanti modi, dispiegare loro i pericoli cui vanno incontro,niente da fare. Conoscono i pericoli ma...

... “Se dobbiamo morire qui, fisicamenteo moralmente, preferiamo farlo tentandodi vivere”.

Dopo questa frase pronunciata da uno diloro abbiamo smesso qualunque altrotentativo.

Abbiamo tanti timori sull’esito della loroscelta, possiamo però capirla bene! Da quila prospettiva è completamente diversa.

È proprio questo il ‘bello’ spreco! Quantiabbracci, quante lacrime. Quando si vuolebene è difficilissimo separarsi. Sono loroche in tutti questi anni ci hanno introdottoin percorsi di vita altrimenti non imma-ginabili per Gabri e per me. Sono loro checi hanno mostrato quel Vangelo che nonconoscono, sono loro che ci hanno fattocapire che senso ha tutto quello che la vitaci ha dato sotto tante forme.

di Roberto eGabriella Ugolini

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COSE DALL’ALTRO MONDO

Non chiediamoci più, perché a noi, perchénoi…

…perché noi non siamo nostri, così comenon lo sono le ‘cose’ che abbiamo. Abbiamosenso se sappiamo condividere.

Hanno dato alla parola ‘spreco’ un signi-ficato positivo: spreco come sovra-abbondanza di bene, lacrime, sentimentiprofondi, amicizia, attese di notizie dal loroviaggio, abbracci. Sono abbracci avvolgenti,forti, che emanano affetto, bisogno di‘passarsi’ attraverso quel contatto tuttoquello che le parole non arrivano adesprimere.

Tramite Skipe o Viber possiamo seguirli.Mentre vi scriviamo alcuni sono inMacedonia, altri in Austria, altri inGermania, altri ancora in Grecia.

Ci siamo raccomandati con tutti di tenerciinformati. Uno squillo dal loro telefono e liavremmo richiamati. Qualcuno ci ha giàtelefonato per dirci che il mare l’avevanopassato. Non hanno voluto che fossimo noia richiamare, anche questa è delicatezza!

Grazie a voi, pellegrini, per questo sprecoche buca l’anima.

Ogni regno…Per tanti motivi preferiamo non affrontarel’argomento di ciò che è accaduto nellacapitale qualche giorno fa. Un pensieroperò ve lo scriviamo:

“Ogni regno diviso in se stesso va in rovinae una casa cade sull’altra” (Lc 11,17).

Altre parole siano solo per una preghiera.C’è una frase che dice “ Volere è potere”,

ma forse… il ’Potere’ è volere!?!

La domenicaAnche la piccola realtà ecumenicadomenicale che viviamo ormai da diversianni con i fratelli della casa-chiesaprotestante iraniana, sta un po’soffrendoper le partenze di tante famiglie. Domenicascorsa eravamo poco più di venti. Ci saràanche un avvicendamento di Pastore e perquesto è venuto dall’Inghilterra ilresponsabile di questa zona per farci cono-scere ‘il nuovo’ Pastore. Nuovo sì, ma ancheprovato dal fatto di aver sperimentato laprigione nel paese di origine per la sua

scelta di fede che ovviamente là non èammessa.

Sta vivendo un momento delicato dellasua vita dopo la liberazione dal carcere eper la responsabilità di una comunità comequesta che di problemi ne ha a sufficienzaper le difficoltà di vita del ‘gregge’affidatogli. Fra poco tempo lo raggiungeràla moglie. E’ stato bello per noi che questapersona venuta dall’Inghilterra abbiachiesto a Gabri ed a me di stare vicini aquesto nuovo giovane Pastore ben sapendoche siamo cattolici. Negli anni è stato facilee anche profondo vivere questa unità fracristiani dispersi, unità sia festiva chetalvolta feriale. Per noi è un Donoveramente grande.

ProgettiLa scuola di inglese e turco procede bene.Ogni settimana le persone si ritrovanomescolando voglia e fatica di un presentedi studio, a passi di speranza per un futuromigliore. Veramente brava l’insegnante diinglese che le porta ad imparare parole econcetti grazie a un percorso che attraversaargomenti di vita. Che cosa le ha portate alasciare il loro paese, quali sono le lorosperanze, cosa conoscono della nazione incui sperano di vivere?.

Anche il collegamento col sud a sostegnodei siriani continua bene, sia sul frontescolastico che su quello sanitario.

Grazie per essere con loro sia qua che là.Un abbraccio a voi tutti con affetto.

RobGabEdremit-Van ottobre 2015

La più grande debolezza della violenza èl’essere una spirale discendente che da’ vitaproprio alle cose che cerca di distruggere.Invece di diminuire il male, lo moltiplica...Con la violenza puoi uccidere colui che odia,ma non uccidi l’odio.

Infatti la violenza aumenta l’odio enient’altro... Restituire violenza alla vio-lenza moltiplica la violenza, aggiungendouna più profonda oscurità a una notte ch’ègià priva di stelle. L’oscurità non puòallontanare l’odio; solo l’amore può farlo.(M. L. King ).

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24 Dicembre 2015

IMMIGRAZIONE

Il Ministero deve far cessare atti illegittimie provvedere in modo generale a colmareeventuali lacune per prevenire interpreta-zioni o prassi non conformi alle norme vi-genti, evitando una discrezionalità ecces-

siva, anche impartendo precise direttive o circo-lari o predisponendo norme regolamentari.

A seguito dell’approvazione da parte del Con-siglio europeo delle decisioni sulla ricollocazio-ne dei richiedenti asilo dall’Italia verso altri Statidell’Unione europea lo scorso settembre, in Ita-lia le forze di polizia e le autorità di pubblicasicurezza sembrano avere modificato le prassicirca il soccorso, l’identificazione e l’accoglien-za dei richiedenti asilo e dei migranti stranierisoccorsi e sbarcati.

In particolare si segnalano molti casi di prov-vedimenti di respingimento adottati dai Questorinei confronti di stranieri soccorsi in mare e sbar-cati sul territorio italiano, attuati prima che po-tessero effettivamente manifestare la loro vo-lontà di presentare domanda di asilo. Tali prov-vedimenti sono stati adottati soprattutto in Sici-lia e nell’ambito dei cd. “Hotspots” di recenteattivazione (a Pozzallo, Porto Empedocle, Tra-pani e Lampedusa), che sembrano configuraticome luoghi chiusi nei quali operano le forze dipolizia italiane, supportate dai rappresentantidelle agenzie europee (Frontex, Europol, Eu-rojust ed EASO, l’Ufficio europeo di sostegnoper l’asilo), in cui gli stranieri appena sbarcatiin Italia sono sottoposti a rilievi fotodattilosco-pici ai fini della loro identificazione e sarebbe-ro poi distinti e qualificati come richiedenti asi-lo o migranti economici e, a seconda di questotipo di “catalogazione” sommaria, sarebbero poiinviati alle strutture di accoglienza per richie-denti asilo oppure sarebbero destinatari di un

ASGI al Ministero dell’Interno:la natura giuridica degli hotspots va chiarita

provvedimento di respingimento per ingressoillegale e poi lasciati sul territorio italiano sen-za alcuna misura di accoglienza, non essendocomunque possibile alcun rimpatrio.

La normativa italiana non consente in al-cun modo di utilizzare la forza per vincere laresistenza passiva dei cittadini stranieri che sirifiutano di farsi identificare.

L’Asgi ha già avuto modo di stilare un do-

cumento in cui dettagliatamente si evidenzial’impossibilità da parte delle forze dell’ordinedi fare uso della forza per costringere i cittadinistranieri a sottoporsi al rilevamento delle im-pronte. I comportamenti contrari a tale divietoassumono un rilievo penale (maltrattamenti, le-sioni o altro).

Fermo restando, in ogni caso, il rispetto deldiritto di asilo garantito dall’art. 10, comma 3Cost. e delle riserve assolute di legge e delleriserve di giurisdizione per le misure restrittivedella libertà personale previste dall’art. 13 Cost.,negli “hotspots”, l’ASGI ricorda che :

1. Ogni straniero soccorso in mare e sbarcatoha il diritto di ricevere informazioni completee comprensibili sulla sua situazione giuridica eha il diritto di manifestare in qualsiasimomento (anche quando già si trova da tempoin Italia) la volontà di presentare domanda diasilo.

2. Ogni straniero soccorso in mare e sbarcatoin Italia e sprovvisto di titoli per ilsoggiorno non può essere respinto od espul-so senza una valutazione completa della si-tuazione della persona o soltanto perché leautorità di pubblica sicurezza presumono chela sua nazionalità o lo Stato di provenienza

In un documento l’Associazione per gli Studi Giuridicisull’Immigrazione ribadisce l’esigenza di garantire sempre

i diritti fondamentali degli stranieri soccorsi e sbarcati.

a curadell’ASGI

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IMMIGRAZIONE

non abbia alcuna rilevanza ai fini di un’ipote-tica domanda di asilo o sulla base di accordibilaterali conclusi in forma semplificata congli Stati di origine.

3. Ogni straniero soccorso in mare esbarcato può essere sottoposto ad identificazio-ne soltanto nei casi, nei modi e nei termini pre-visti dalle norme UE e dalle norme italiane, main generale non può essere sottoposto a misurecoercitive per i rilievi fotodattiloscopici, né puòessere trattenuto con misure coercitive al solofine di essere identificato.

L’ASGI chiede che il Ministero dell’Internochiarisca la natura giuridica degli hotspots egarantisca sempre i diritti fondamentali deglistranieri.

L’Associazione ribadisce la necessità che ven-ga data immediata e completa informazione

circa il diritto di chiedere la protezione inter-nazionale ai cittadini stranieri, senza che traessi avvenga alcuna forma di artificiosa sele-zione tra richiedenti asilo e migrantieconomici basata su criteri vietati dalla legge,consentendo che in tali strutture sia sempre con-sentita la presenza dell’UNHCR e delle asso-ciazioni umanitarie.Il documento completo può essere letto al sitohttp://www.asgi.it/wp-content/uploads/2015/10/2015_documento-ASGI-hot-spot-road-map-21-ottobre-def.pdf

Ufficio stampa A.S.G.I.Associazione per gli studi giuridicisull’immigrazione

Tel. 3470091756 - Mail: [email protected]: www.asgi.it - twitter @asgi_it

Verso la rivoluzione della coscienza

Il contributo di Tiziano Terzani alla cor-rente culturale degli obiettori dellacrescita e degli intellettuali, che credo-no in una vera società alternativa, pro-viene da un gruppo di pensatori che ha

vissuto a lungo nel cosiddetto “terzo mondo”,ponendo in discussione l’idea stessa di progres-so e sviluppo, tra cui Ivan Illich e SergeLatouche.

Terzani ha origini operaie, comuniste eanticlericali: il padre ha combattuto tra i parti-giani della Resistenza. La sua vita si dipanatra Oriente e Occidente, in qualità di giornali-sta professionista, rendendosi presto contodelle ragioni dei popoli asiatici colonizzati.Dalle umili origini, Terzani eredita un fortebisogno di giustizia, la volontà di creare il sen-so della vita, la ricerca di un modo di viverecollettivamente più giusto e autentico, comeargomenta abilmente la curatrice del libro Glo-ria Germani. Terzani studia la storia delle ci-

viltà asiatiche così distanti e diverse dal mon-do occidentale, prendendo coscienza del falli-mento dell’esperimento comunista in Vietnam,degli orribili esiti della rivoluzione cambogianadi Pol Pot, del fallimento del comunismomaoista in Cina, del disastro esistenziale delmoderno liberismo in Giappone e del crollodel comunismo in Russia.

Terzani avvertiva tutta la disperazione peraver appreso come i tentativi verso la moder-nità, dal comunismo cinese al liberismo eco-nomico giapponese, portassero ad esitiaberranti per la vita umana, dalla capacità af-fettiva e relazionale al rapporto con la naturae l’ecosistema, intuendo che le rivoluzioni co-muniste, ma anche e soprattutto il capitali-smo, hanno un tratto fondamentale in comu-ne con la mentalità scientifica tipicamente oc-cidentale.

La sua opera è un continuo sdegno di frontealla modernità di stampo occidentale, all’in-

di LauraTussi

RECENSIONE

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26 Dicembre 2015

dustrializzazione, all’ossessione per il denaroche distrugge interi paesi, con la colonizza-zione dell’immaginario, in quanto l’Occiden-te ha distrutto interi popoli, prima con le chie-se e i crocifissi e ora con la televisione, ancorapiù che con le armi nucleari, agli albori dellaglobalizzazione, tramite la colonizzazione del-la mente.

La visione occidentale e meccanicistica del-la scienza cartesiano-newtoniana ha plasma-to la vita moderna, generando la specializza-zione e la frammentazione, tipiche del nostrotempo, che ci impediscono di comprenderegli effetti delle nostre azioni e spesso ancheil senso dell’esistenza. Le civiltà orientali sisono sempre poste il grande obiettivo didisincentivare e scoraggiare l’insorgere con-tinuo dell’Ego, la presunzione della persona,la superbia dell’individuo per raggiungere lapace e la vera felicità, nel distacco dal picco-lo Io che illusoriamente l’Occidente credeautonomo, per fare invece emergere un Sè piùgrande.

Per l’uomo moderno occidentale, l’unicaconoscenza valida è quella dell’utile, al finedi manipolare, possedere, cambiare, domina-re il mondo con il sistema di pensiero su cuisi fonda la modernità, nel segno della grandeunificazione del sapere, al contrario delle sco-perte più all’avanguardia nel campo della co-noscenza, dai sistemi complessi alla scienzadella complessità, che le antiche sapienzeasiatiche conoscevano, come il Tao,l’interconnessione, il nodo infinito, non ladualità cartesiana mente/corpo, ma il Tutto èUno.

Attualmente l’unico obiettivo di tutti i go-verni è la crescita economica, il valore essen-ziale è il denaro e la religione prioritaria èl’economia, dove si valuta esclusivamente ilprofitto nel potente circuito della dittatura fi-nanziaria, nella finanziarizzazione, per cuioggi la nuova lotta di classe dovrebbe esserecontro l’oligopolio e l’oligarchia dei mercatidell’alta finanza.

Il filosofo del ‘600 Thomas Hobbes stabilìche la prima forza che guida l’agire è l’inte-resse personale ed egoistico, la competizionesfrenata tra individui scatenati nell’afferma-re la propria autodeterminazione. CosìTerzani, il grande corrispondente estero, haavuto il coraggio di denunciare il fatto che ilmaterialismo sfrenato ha marginalizzato ilruolo dell’etica nella vita quotidiana, a van-

taggio di disvalori come il denaro, il succes-so, il tornaconto personale, di cui tutti siamosuccubi e vittime. Per questo sosteneva che ènecessaria una “rivoluzione interiore”, inquanto le cause della guerra tra civiltà sonodentro di noi, nelle passioni come il deside-rio, la paura, l’insicurezza, l’ingordigia, lavanità e che la sofferenza risiede proprio nel-l’avidità, nell’attaccamento morboso, nel cer-care la felicità fuori di sé.

Terzani auspicava una silenziosa “rivoluzio-ne interiore”, fondata su una percezione diversadell’Ego, una “rivoluzione della decrescita”,per un futuro in cui l’idea di socialismosopravviverà a questo periodo egoista e capi-talista, con l’alto ideale di una società in cuinessuno sfrutta il lavoro dell’altro e ognuno fail dovuto e non accumula l’eccesso, secondoun concetto di frugalità tipico delle tradizionidi saggezza, ristabilendo così l’armonia con lamorte e la natura, comprendendo in tal modoche fenomeni apparentemente scollegati, comela gravissima crisi ecologica, economica, fi-nanziaria, etica, esistenziale e l’incremento del-le guerre sono intimamente connessi al tipo diconoscenza dualistica, che annienta le diver-sità e le complessità, e all’egocentrismo occi-dentale che si alimenta di idolatria invece diraggiungere l’essenziale, il Tutto, l’Uno.

Tiziano TerzaniVerso la rivoluzione della coscienza

a cura di Gloria GermaniI precursori delle decrescita

collana diretta da Serge LatoucheEdizioniJaca Book

Milano 2014pp. 126 Euro 9.00

RECENSIONE

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Dicembre 2015 27

NO-MINARE

Omosessualità e fede islamicaLa rivoluzione dell'imam Ludovic-Mohamed Zahed

di Lidia Borghi

Agiugno del 2015, presso la Casa dei dirit-ti del Comune di Milano, il Guado -

gruppo di riflessione su Fede e omo-sessualità, insieme alle associazioni Le

rose di Gertrude di Magenta e Renzoe Lucio di Lecco, ha ospitato l’imam Ludovic-Mohamed Zahed, una delle rare voci fuori dal coronello scarno dibatti to internazionale suomosessualità ed Islam; l’incontro, il secondodopo quello genovese, è stato organizzato da Ilgrande colibrì (www.ilgrandecolibri.com/), ilportale dedicato ai temi LGBTQ+ nel mondo checontiene una ricca panoramica di notiziesull’argomento in esame.

Algerino di nascita, dopo aver intrapreso gli studiper diventare guida spirituale, a diciassette anniZahed si rende conto di essere omosessuale, si tra-sferisce in Francia, studia psicologia ed antropolo-gia e riceve la diagnosi di sieropositività.

Dopo il coming out in famiglia e l’allontanamen-to dalla fede islamica, Ludovic-Mohamed cade indepressione e, durante un viaggio spirituale in Ti-bet, riceve il dono di un’esperienza mistica: mentreè prostrato in segno di venerazione decide di ripren-dere gli studi del Corano per “riappropriarsi del-l’Islam” per tentare di ripulirlo dalle strumentaliz-zazioni fondamentaliste.

Il ritorno in Francia risale al 2010, anno in cuiZahed fonda l’associazione Homosexuel-les musul-man-es de France - Omosessuali musulmani di Fran-cia (HM2F): «(...) Ci prendiamo un anno di tempoper discutere e riflettere sulla difficile e pericolosaquestione di come poter organizzare una comunitàcon una moschea (...) che accolga tutti, indipenden-temente da origini etniche, orientamento sessuale,genere (...) e che non sia proprietà di nessun imam.(...) Ciascuna persona che faccia parte della comu-nità ha conoscenze che possono essere messe al ser-vizio di tutta la comunità.»

Durante l’evento milanese l’imam ha parlato a lun-go dell’Islam inclusivo e degli studi di genere adesso collegati, citando il fondamentale testo di Ami-

na Wadud, la femminista musulmana autrice del li-bro Inside the Gender Jihad. Women’s Reform inIslam, Oneworld Publications, 2006, in cui l’autriceè partita dalla parola tahwid (unicità in lingua ara-ba) per spiegare come Dio sia l’unicità, come essasia presente in tutte e tutti noi e come ogni personasia uguale alle altre; l’una non può essere divisa dal-l’altra. Questo è un principio basilare dell’Islam checonsente a chiunque - maschio o femmina che sia -di diventare guida spirituale.

Come conciliare quindi l’uguaglianza in umanitàcon le spinte nazionalistiche presenti in molte partidel mondo? Ludovic-Mohamed Zahed ha affermatoche le istanze portate avanti dalle persone LGBTQ+vengono di continuo strumentalizzate, anche nellavecchia Europa, per seminare l’odio conseguente allapaura del “diverso”, il che richiama alla mente letante analogie con la questione delle migrazioni dalMedio Oriente e dall’Africa; a quelle spinte nazio-nalistiche Zahed si riferisce con il termine ombrellodi “omonazionalismi”.

Il Corano - come il Vangelo - non contiene con-danna alcuna dell’omosessualità, eppure lo sfrutta-mento continua e con esso la penuria di pubblica-zioni che mettano in evidenza gli sforzi comuni pro-dotti fin qui dalla comunità LGBTQ+ mondiale pereliminare il pregiudizio del fondamentalismo reli-gioso, i cui legàmi con i fascismi sono duri a mori-re, dalla cultura e dalla società.

«(...) Oggi in Paesi come l’Iran e l’Arabia Saudi-ta - spiega Zahed - si esprime in ritardo il fascismoed il totalitarismo del XX secolo: questi regimi nonhanno nulla di diverso, nella loro essenza, dal nazi-smo che ha deportato ebrei, omosessuali e rom,mentre non c’entrano nulla con la fede ed il mono-teismo. (...) È un problema di emancipazione eco-nomica, culturale ed intellettuale che non ha nullaa che vedere con l’islam in quanto religione né conla cultura araba».Fonte:www.ilgrandecolibri.com/p/moi-musulmani-omosessuali-in-italia.html

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28 Dicembre 2015

IL MONDO VISTO DAGLI OCCHI DEI GIOVANI

di FrancescaIsaia

Con gli occhi dei giovani

..Something Different..

In quale modo i giovani guardano il mondo caotico dei nostri tempi? Le nuove gene-razioni sono le principali vittime del sistema. Sparito (o quasi) il lavoro, si sarebbeportati a pensare che lo vedano come un luogo ostile che induce al pessimismo. Invece,

se permettiamo che si esprimano, abbiamo la sorpresa di trovarli propositivi, fiduciosi,disposti al cambiamento. Un vero antidoto alla malinconia di tanti adulti.

Prosegue questa nuova rubrica scritta proprio da giovani che si alterneranno con quelladi una “voce” più matura, quella di Elisa Lupano, counselor, che guarderà il loro mondocon occhi diversi, in una sorta di dialogo “a distanza” tra due generazioni su tematichesociali e di vita vissuta... - lei sta a Torino, mentre i giovani che abbiamo interpellatostanno a Cuneo, all’Istituto Magistrale Statale “Edmondo De Amicis”, ma anche in altriluoghi d’Italia - e chissà che, tra qualche tempo, non ne nasca una sintonia ed unaamicizia!!!

Proviamo un attimo a fermarci tuttiquanti e ragionare. Che cosa succe-derebbe se il mondo fosse diverso?Se camminando per le strade digrandi capitali e città caotiche i no-

stri sguardi non cadessero più su persone piùsfortunate di noi? Spesso queste persone, que-sti senzatetto chiamati anche volgarmente “bar-boni”, sono seduti a terra con cartelli in manoche chiedono elemosina, oppure sono seduticon accanto il loro cane. Personalmente, al-l’estero ne ho visti alcuni che addirittura suo-navano la chitarra ed intonavano note di can-zoni meravigliose.Ditemi se ho ragione o meno quando dico cheil primo pensiero che passa per la mente di unapersona quando li vede è: “dai muoviti che nonvoglio dargli niente”, “tanto poi con quei sol-di andrà sicuramente a comprarsi dell’alcool odelle sigarette e non sicuramente del cibo!” o,ancora, “questi barboni chiedono soldi comese noi con questa crisi ne avessimo!”. A voltepensiamo addirittura che noi stessi dovremmometterci a chiedere l’elemosina, però mentrelo pensiamo probabilmente stiamo tornando alcalduccio delle nostre belle case, probabilmen-

te per mangiare un bel pasto caldo e guardarela televisione.Mentre loro? Loro no. Loro probabilmente pas-seranno la notte a dormire su una panchina convestiti trovati dentro la spazzatura. Sigaretteed alcool sono le “conseguenza” della dispe-razione, e penso che persone con una vita tut-t’altro che stabile siano abbastanza disperate,di conseguenza può anche essere facile che isoldi raccolti dalle elemosina facciano quellafine. Certamente il mondo è così com’è e nonpuò essere diverso, ma si può provare a mi-gliorarlo un po’.Quest’idea l’hanno avuta dei ragazzi tedeschi,che per sensibilizzare le persone riguardo que-sto argomento hanno fatto un video su Youtu-be, nel quale, avendo ingaggiato un attore permotivi di privacy, hanno creato qualcosa dimeraviglioso. Questi tre ragazzi sono andatiuno ad uno a sedersi vicino a questo attore (nelruolo di un senzatetto) domandandogli il suosecchio ed, iniziando poi una “percussionemelodica”, hanno iniziato a cantare insiemeraccogliendo un bel gruzzolo di denaro. Finital’esibizione gli hanno donato il denaro guada-gnato, ringraziandolo per il secchio, andando-

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Dicembre 2015 29

IL MONDO VISTO DAGLI OCCHI DEI GIOVANI

sene via felici. Molte altre persone di conse-guenza hanno fatto la stessa cosa, ma con verisenzatetto, informandosi sulla loro vita e di-ventando “amici”, se così si vuol dire.La semplicità è un qualcosa di veramente bel-lo. Vedere spuntare un grosso sorriso sul voltodi una persona meno fortunata di te, grazie ad

un piccolo gesto, è una soddisfazione più verache mai. Voi sareste disposti a tentare di mi-gliorare questo mondo di cui spesso ci lamen-tiamo?

“La vita è ciò che ti succede mentre sei impe-gnato a fare altri progetti” - John Lennon

- Non male.- Grandioso... fammi provare qualcosa di differente.

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Concludiamo con i nostri migliori auguri di Buon Natale e Felice Anno Nuovo.La redazione

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30 Dicembre 2015

... E LA SPERANZA CONTINUA ...

a cura di Daniele Dal [email protected]

[email protected]://danieledalbon.wordpress.com/

Solo a sera m'è dato assistere alla deposizione della luce, quandola vita, ormai senza rimedio, è perduta. Invece è un dovere ogni

mattina risorgere, sognare sempre impossibili itinerariDavid Maria Turoldo

Pace in Bosnia

Carissimi,agli inizi degli anni novanta è caduto Tito, presidente dellaex Jugioslavia, sono scoppiate le guerre che conosciamo. InItalia, soprattutto nel bresciano, sono nate molte iniziativedi solidarietà per la pace. Molte persone sono andate in Bo-snia, Croazia a portare vestiti e viveri. Tra loro c’era ElioTaretto, cappuccino, fondatore di “Tempi di Fraterni-tà”. Questo mese ricorre il 22° anniversario della sua dipar-tita, all’età di 58 anni. Il mio impegno dipende anche da lui.Ci sono state molte domeniche che, tornando dalla campa-gna, passavo a salutarlo prima di andare da Lina della Ghia-ia; era un profeta e, guardando gli avvenimenti di oggi, pensoche li stava già vivendo, nel modo nel quale ne parla in que-sto momento Papa Francesco.

Oggi in tutta la ex Jugoslavia sono nate delle associazionie organismi che lavorano con la gente in contatto con “noi”.Perché la globalizzazione non è solo negativa ma è positivape coordinarci su gli stessi ideali di giustizia: siamo tuttisulla stessa barca.

Il ragazzo che ho ospitato in questi mesi, universitario, èandato in Bosnia in un progetto giovanile in collaborazionecon una di queste associazioni: attività tra adolescenti localie italiani. Hanno organizzato una mostra che è stata allestitaad Alba all’HZONE, come in altre città.

“…l’Associazione per l’Ambasciata della democrazia lo-cale a Zadovici nasce nel 1996. Alla base del progetto c’èl’iniziativa spontanea di un gruppo di pacifisti riuniti nel

CoordinamentoBresciano Inizia-tive di Solidarie-tà nel 1992, al-l’epoca dellaguerra in BosniaErzegovina, ave-va comiciato arealizzare opera-zioni di soccorsoe aiuto umanita-rio a favore del-la popolazionecivile, e allo stes-so tempo ad ac-cogliere in Italiaprofughi e sfolla-ti. Negli anni, il

progetto si è allargato coinvolgendo oltre a Brescia anchei territori di Alba e Cremona, configurandosi come unastruttura che vede al suo interno la collaborazione tra grup-pi del volontariato e della società civile, ong, enti localiitaliani ed euro-pei ed organizza-zioni internazio-nali.

Il lavoro del-l’Associazione inBosnia-Erzegovi-na e in Italia è ar-ticolato in ma-cro-settori e areespecifiche di in-tervento, all’in-terno delle qualisi sviluppanopercorsi, attivitàe progetti.

La cittadinabosniaca di Za-vadovici è, du-

Nelle immagini la mostra di Albae le manifestazioni per la pace in Bosnia nel 1994

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empi di fraternità

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Comunità di base di TorinoDomenica 13 dicembre, alle ore 10.30, presso la sede dell’Associazione Opportunanda, via S.Anselmo n. 28, la comunità di base celebrerà l’eucarestia.Come ogni anno, il 24 dicembre, alle ore 21, nello stesso luogo, la comunità celebrerà l’eucarestia diNatale, a cui seguirà un momento di condivisione e di festa. Tutti i lettori sono invitati.La lettura del Vangelo di Matteo guidata da padre Ernesto Vavassori riprenderà nel mese di dicembre,in data da definire. La comunità e la redazione porgono nel frattempo tanti auguri a padre Ernesto,coinvolto in un incidente stradale.Informazioni: Carlo e Gabriella 011 8981510.Incontri Ecumenici di preghieraGli incontri si terranno il primo sabato del mese alle ore 21. I prossimi appuntamenti saranno:sabato 2 gennaio 2016 presso la parrocchia di Sant’Anna, via Brione, 40.Incontro ecumenico di Natale, in luogo e data da definirsi.Seminari itineranti a cura di CONFRONTIAnnunciamo un’anteprima sui prossimi seminari itineranti per la stagione 2015-2016 organizzatidalla rivista Confronti.27 dicembre 2015 - 5 gennaio 2016: “Sulle frontiere della pace più difficile” (Israele/Palestina).24 marzo - 3 aprile 2016: “Iran multireligioso”.Per informazioni e preiscrizioni rivolgersi all’Ufficio Programmi mensile Confronti:[email protected] - tel. 06 482 0503.Corso BIBLICO 2015/16Il GRUPPO BIBLICO di Torino, che da più di un trentennio è impegnato in una lettura esegeticaapprofondita delle Scritture ebraiche e cristiane, libera da condizionamenti dottrinali e dogmatici, haripreso la sua attività venerdì 25 settembre.Il Corso a scadenza quindicinale, guidato da Franco BARBERO, è aperto a tutti coloro che hannointeresse ad approfondire la propria fede ed è autogestito anche economicamente.Oggetto dello studio, fino a maggio, saranno i Libri SAPIENZIALI (Giobbe, Ecclesiaste, Proverbi, ecc.)La sede è presso l'ASAI di via Principe Tomaso, 4. Gli incontri hanno inizio alle ore 17:45 per terminarealle 19:15. Ulteriori informazioni: Maria, cell. 349 720 6529 - Anna, cell: 348 713 6965

Torino2 gennaio 2016

Inoltre sul nostro sito sono consultabili altriappuntamenti all'indirizzo:http://www.tempidifraternita.it/applicazioni/agenda/agenda.php

AGENDA

Torino13 dicembre24 dicembre

Località variedicembre 2015aprile 2016

Torino4 dicembre18 dicembre

Ciò che vi dico nelle tenebre,

ditelo in piena luce,

e ciò che vi si dice all’orecchio

predicatelo sui tetti.

mt. 10,27

EDITORIALEPasquale Colella, Papa Francesco, ancora segnali di speranza

CHIESA

Ugo Leone, Laudato siʼ FrancescoAnselmo Paolini, San Romero de las AmericasRosanna Ciappa, Un incontro storicoGiovanni Benzoni, Riflessioni su un vescovo, il mio

SOCIETÀ CIVILE

Eusapia Tarricone, Immigrazione: paura, odio e solidarietà si fronteggiano

Dossier scuolaMario Rovinello, IntroduzioneAlberto Lucarelli, La «Buona scuola». Profili di illegittimità costituzionaleEdnave Stifano, La valutazione dei docentiTiziana Drago, Anna Angelucci, La scuola è finita. Su Berlinguer e i suoi

epigoniUgo Maria Olivieri, Riprendiamoci il nostro presenteManifesto per la difesa della Scuola pubblica statale libera e democratica

TESTIMONI

Domenico Iasiello, Arturo Paoli, piccolo fratello

DOCUMENTI

Ricordare Bonhoeffer

SEGNALAZIONI

Angelo Bertani, Chi sono io, Francesco?Giacomo Losito, Scritti in onore di Domenico JervolinoGiacomo Losito, In memoria di Émile PoulatMario Gaetano Fabrocile, 36° Meeting CiellinoPaola Pariset, Arte islamica a Roma

LIBRI

DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE - Piazzetta Cariati, 280132 NAPOLI - Telef. (081) 414.946.E-mail: [email protected]

il tetto

luglio - ottobre 2015 n. 308-309

Associazione STRANIVARI www.stranivarialba.sitialba.sitiwebs.comwww.facebook.com/STRANIVARI [email protected]. 347.2229077 (Alice) - 338.7335521 (Veronica)ADL Cooperazione Migrazioni Formazione Associazione per l’Ambasciatadella Democrazia Locale a Zadovici - Onlus - Impresa SocialeSede Bosnia and Herzegovina - Omladinska, 10 72220 ZavidoviciTel/Fax 38732877008 [email protected] Lokaine Demokratije ZavidoviciSede Italia: Via dei Mille, 18 - 25122 Brescia

rante la guerra, una delle tante Sarajevo dei Balcani, multietnica, e sotto asse-dio, non assurge agli onori delle cronache ma vive ugualmente momenti dram-matici. Da un legame di amicizia nasce la solidarietà tra le diverse comunità,vengono avviate le prime attività di emergenza in Bosnia, e contemporanea-mente comincia la fase dell’accoglienza in Italia dei profughi e delle vedove. Ilperiodo della guerra segna purtroppo episodi tragici anche per i pacifisti: nelMaggio del 1993, sulla strada dei Diamanti, tra Bugojno e Gornj Vakuf, unconvoglio di aiuti umanitari diretto a Zavidovici viene attaccato da una bandaparamilitare. Muoiono Guido Puletti, Fabio Moreni e Sergio Lana. L’Associa-zione si trova ad affrontare una situazione di grave crisi. Si decide di continua-re, e di approfondire l’azione umanitaria, aprendo nel contempo l’interventoanche ad altri settori e ad altre esperienza della società civile italiana…”.

Page 32: numero anno quarantaquattresimo dicembre...empi di fraternità Dicembre 2015 3 La terza Intifada di Angela Lano EDITORIALE A ll’inizio di ottobre è scoppiata la III Intifada, sollevazione

empi di fraternità

32 Dicembre 2015

A soli 27 anni e con un vecchio cellulare, Nawal Soufi hacontribuito a salvare migliaia di vite di migranti nelMediterraneo. Di origine marocchina, ma cresciuta inSicilia, Nawal ha cominciato a rispondere alle chiamatedi aiuto che arrivavano dai barconi in pericolo nel marenel 2013. “La prima chiamata che ricevetti da unaimbarcazione in mare ero molto spaventata”.Roma (askanews).

Così ogni volta, nel suo arabo fluente, fra mille difficoltà,si fa dare le coordinate gps e poi avvisa la GuardiaCostiera che interviene (la Guardia Costiera non avevaun interprete di lingua araba). “La mia vita adesso è“La mia vita adesso è“La mia vita adesso è“La mia vita adesso è“La mia vita adesso èuna chiamata una chiamata una chiamata una chiamata una chiamata che potrebbe arrivare in qualsiasimomento della giornata”. Oramai Nawal è diventata unpunto di riferimento specialmente per i profughi sirianiche l’hanno soprannominata “Lady SOS”. “Per me è uno“Per me è uno“Per me è uno“Per me è uno“Per me è unostile di vita e lo si deve mantenere così come è, senzastile di vita e lo si deve mantenere così come è, senzastile di vita e lo si deve mantenere così come è, senzastile di vita e lo si deve mantenere così come è, senzastile di vita e lo si deve mantenere così come è, senzapensare a dove arrivare”. pensare a dove arrivare”. pensare a dove arrivare”. pensare a dove arrivare”. pensare a dove arrivare”. La sua storia ora è raccontatain un libro “Nawal, l’angelo dei profughi”. “Nawal, l’angelo dei profughi”. “Nawal, l’angelo dei profughi”. “Nawal, l’angelo dei profughi”. “Nawal, l’angelo dei profughi”. Dal 2013 inpoi sono avvenute molte cose tragiche nel capitoloaccoglienza. “Hospes tamquam Christus” “Hospes tamquam Christus” “Hospes tamquam Christus” “Hospes tamquam Christus” “Hospes tamquam Christus” scrisseBenedetto da Norcia (480-547), dando la sua regola aimonaci in quel VI secolo in cui nasceva dalle rovinedell’impero romano la nuova Europa attraversata da

gigantesche migrazioni di popoli che abbiamo chiamato“barbari”. “L’ospite equivale a Cristo”“L’ospite equivale a Cristo”“L’ospite equivale a Cristo”“L’ospite equivale a Cristo”“L’ospite equivale a Cristo”: e attorno aimonasteri benedettini mise radici la nuova civiltà, chealla “pax romana” che le legioni dei Cesari non eranopiù in grado di imporre sostituiva la pace della convivialitàdisarmata. Fu un successo o un errore? Oggi molti ateidevoti accusano Benedetto di aver tarpato dal di dentrocon il germe del “buonismo” cristiano la severitàcorrucciata del fascio littorio: il mito (o la menzogna?)dell’anemico pacifismo mondialista non dovrebbeprevalere sul realismo muscolare del terrore armato.Intanto Nawal Soufi ha concretizzato il suo Corano, conil suo cellulare da quattro soldi, praticando l’accoglienzainsegnata dal Vangelo a Benedetto millecinquecentoanni fa: prima di essere proclamato dalle diplomazieconfessionali, l’ecumenismo dello Spirito soffia dove vuolfar divampare l’incendio della misericordia, e nonsaranno certo né Erode né Pilato che lo potrannocontrastare. “Pronto: sì, sono Nawal, dove siete?”. Josef e Myriam, una coppia con un neonato, ebreiclandestini ricercati, hanno appena evitato di stretta misurala strage degli innocenti. Non sanno dove andare, ma Nawalc’è e sono al sicuro, per il momento. Ora il pericolo piùgrave sono le mafie che faranno di tutto per impadronirsidi loro, e soprattutto del Bambino. Una storia già nota.

Ospitare i pellegrini

ELOGIO DELLA FOLLIAa cura di Gianfranco Monaca

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