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DOMIZIA CARAFÒLI

Tutti oggi conosconola parola Shoah. An-che i bambini. Nessu-

no conosce la parola se-vkiyet. Né bambini né adul-ti. Sevkiyet è la grande de-portazione degli armeni diAnatolia avvenuta nel1915, che provocò un milio-ne e mezzo di morti. I di-scendenti dei sopravvissutila chiamano anche Metz Ye-ghèrn, il Grande Male. Orasi può disquisire, come fan-noalcuni, se il massacro del-la minoranza armena venu-ta a trovarsi entro i confinidello Stato nazionale turco,sia da considerarsi o menoun genocidio. Fatto sta chegli armeni di Turchia venne-ro prelevati dalle loro case emassacrati sul posto. Le lo-ro abitazioni vennerodepre-date, le loro chiese date allefiamme. Gli altri morironodurante le terrificanti mar-ce forzate per raggiungere iluoghi della deportazione.Gli scampati fuggirono peril mondo, in una diasporaignorata. Non sarà stato ungenocidio, ma oggi dei circadue milioni di armeni che vi-vevano in Anatolia nel 1915ne sono rimasti sessantami-la.

Gli altri, come accaddeagli ebrei, non sono più tor-nati. Agli armeni che sonorimasti nel Paesedove sono nati e acui sentono di ap-partenere - laTurchia - è acca-duto qualcosa diapparentementemeno tragico maugualmente dolo-roso:hanno dovu-to nascondere oaddirittura can-cellare la propriaidentità. Per so-pravvivere le don-ne si sono sposa-te con turchi mu-sulmani (talvoltaaddirittura congli assassini deipropri mariti e fratelli), altrisi sono convertiti all’Islam,hanno cambiato i propri no-mi, di giorno vanno in mo-schea, di notte recitano le lo-ro preghiere cristiane. Que-sto non è bastato a proteg-gerli. Perché, fra le dueguerre e poi nel dopoguerrae fino a oggi, mentre la civi-le Europa prendeva atto egiustamente si sdegnava

per la persecuzione antie-braica, gli armeni hannocontinuato ad essere perse-guitati e discriminati in pa-tria. Sono cittadini-ombra, i«giaurri» da sempre di-sprezzati. «Gli armeni - scri-ve Antonia Arslan, l’autricede La masseria delle allodo-le, il romanzo sulla tragediaarmena - sono un non-popo-lo, e possono essere accetta-ti solo se si nascondono, senegano la loro identità. Nonsta bene parlare di loro, no-minarli è un tabù che tuttibadano a non infrangere,datoche anche laminima al-lusione può creare disagio eimbarazzo».

Queste parole Antonia Ar-slan le ha scritte nella pre-sentazione dell’edizione ita-lianadi un singolare roman-zo-documentario che ha an-che avuto un singolare (edemblematico) destino: Conte sorride il mio cuore (Edi-zioni Lavoro, pagg. 401, eu-ro 18). L’autore, KemalYalçun, è un turco nato nel1952 a Honaz, ex giornali-sta, che dal 1981 si è trasfe-rito in Germania dove è inse-gnante di lingua turca a Bo-chum. Il titolo da romanzo

rosa non deve trarre in in-ganno, perché il libro diYalçun è in realtà un «Viag-gio tra gli armeni nascostidi Turchia», come recita ilsottotitolo. A Yalçun non in-teressano verità ufficiali néconteggi dei morti, non stati-stiche né relazioni. AYalçun interessano le storiedelle persone. Durante unavacanza estiva è tornato inTurchia e, invece di andareal mare col figlio, ha presouna serie infinita di autobuse ha percorso l’interno delsuo Paese - da Amasya a Er-

zurum, da Askale a Merzi-forn - andando sulle traccedegli ultimi sopravvissuti al-la sevkiyet, dei loro figli enipoti, e di tutti gli «armeninascosti».

All’origine del viaggio, unmotivo insieme sentimenta-le e morale: la risposta data-gli da una bella insegnantedi turco di cui si è palese-mente innamorato duranteun corso di formazione perdocenti. Saputo che Melineè di origine armena, Kemalle chiede perché durante ilcorso di letteratura non ab-

bia mai citato una poesia,un racconto, una fiaba ar-mena. Spiazzante la rispo-sta della donna: «Mio caro,perché forse me lo avetechiesto?... Ho insegnato acircacentocinquanta docen-ti. Non ce n’è stato uno cheabbia detto: “Meline, tu seiarmena. Hai la tua lingua,la tua religione, le tue usan-ze, la tua cultura...”. Comeavrei potuto raccontareuna fiaba armena se, all’ini-zio del nostro corso, uno divoi ha sporto una lamentelaneimiei confronti al ministe-

ro della Cultura, chiedendocome un’armena potesse in-segnare turco a insegnantidi turco?».

È per questo che KemalYalçun si è messo in viag-gio. Per dare una risposta aMeline. Ha dovuto romperecon fatica il muro di paura,omertà e diffidenza che iturchi oppongono a chiun-que voglia riportare in vitala memoria armena. Ma hapotuto raccogliere decine ditestimonianze dirette: sto-rie di massacri e di fughe,ma anche storie di famiglieturche e curde che al tempodella persecuzione nascose-ro e aiutarono i perseguita-ti. Sono «i giusti» del popoloturco.

Yalçun ha anche rievoca-to il dramma di coloro che,non reggendo alle sofferen-ze, si suicidarono. E ha rac-contato la tragedia di VeliDede, il ragazzo che annegònell’Eufrate il fratellino, infin di vita per quella che ve-niva chiamata la «malattiaarmena», una dissenteriaaltamente contagiosa checolpiva i deportati, debilita-ti dalla denutrizione e daglistenti.

Quello che sicuramentepochi hanno saputo - e cheil libro di Kemal Yalçun de-nuncia - è che la persecuzio-ne anti-armena non si esau-rì nelle uccisioni di massa enelle proscrizioni avvenutetra il 1915 e il 1923. Circavent’anni dopo, nel 1942,una spietata legge tributa-ria, la famigerata «patrimo-niale», impose ai cittadiniturchi non musulmani - gre-ci, armenied ebrei - una tas-sa straordinaria talmenteelevata che molti non furo-no in grado di pagarla. Chi

non pagò venne deportatosui monti intorno a Erzu-rum, capitale dell’Anatoliaorientale, a circa duemilametri di altitudine. E lì, inpieno inverno, venne co-stretto a spalar neve nel ge-lo. Morirono a centinaia difreddo e fatica, soprattutto ipiù anziani, non avvezzi al-le fatiche. «La mattina - rac-conta un vecchio turco aYalçun - gli davano in manoil badile... Ho visto con imiei occhi le dita congelateche si staccavano».

La discriminazione conti-nua nella Turchia odierna.La testimonia Yakub che aIstanbul ha vinto il concor-so per dattilografi del tribu-nale ma non viene assuntoperchéarmeno. La paura di-vide i turchi armeni dai pro-pri connazionali anche neiPaesi dell’emigrazione: loracconta Sultan, l’infermie-ra che in Germania vieneevitata dalle colleghe tur-che e che quando torna inpatria dice di essere musul-mana per non essere emar-ginata.

Continuare a nasconder-si. Ancora oggi. «Dov’è fini-ta - si domanda Antonia Ar-slan - la meravigliosa Anato-lia in cui armeni, greci, tur-chi, curdi, siriaci, ebrei vive-vano fianco a fianco? Le ri-sposte che Kemal riceve -prosegue la scrittrice - pia-

no piano traccia-no il quadro di unPaese mutilato ecomplesso, dovetutti sanno, mahanno due lin-gue, una perl’esterno e una fa-miliare, privata,e due verità chefra loro si ignora-no».

Il libro di Ke-mal Yalçun è sta-to stampato neldicembre 2000dall’editore turcoDogan. La distri-buzione sarebbedovuta iniziare il

15 gennaio 2001. Ma il gior-no 12 l’autore ricevette unacomunicazione dalla casaeditrice: «Pressioni dall’al-to ci impediscono, per il mo-mento, di procedere alla di-stribuzione». Pochi mesi do-po lo stesso editore informòYalçundiavere distrutto tut-te le copie. Il libro è statopubblicato in Germania nel2003.

Lunedì12 marzo 2007

FIGLI DI MOLTI PAESI Un villaggio armeno di terra all’imbocco della valle del Tghmut in Iran

Il design e le avanguardieitaliane del Novecento

L’ex leader dei Roxy Musiccanta i classici di Bob Dylan

ALBUMCultura&Spettacoli

«Con te sorrideil mio cuore» è uscito

in Germanianel 2003 e arrivaadesso in Italia

con una toccantepresentazione

di Antonia Arslan

Arte Bryan Ferry

UNA FEDE ANTICALa chiesa armena

di Spitakavor nella regionedell’Ararat

All’esordio negli Usa il filmha incassato 28 milioni di dollari

Kemal Yalçunè andato alla ricerca

dei sopravvissutiallo sterminio

del 1915. E oggii 60mila rimastiin Anatolia sono

spesso discriminati

ARMENI Il genocidiodiun libroLa storia del romanzo verità stampato e mai distribuito in Turchia. L’editore all’autore:«Pressioni dall’alto ci impediscono di procedere». Poi le copie sono state tutte distrutte...

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