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Barbara McMahon

IL RICHIAMO DEL DESERTO

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Titoli originali delle edizioni in lingua inglese: Her Desert Family The Sheikh's Secret

Rescued by the Sheikh Harlequin Mills & Boon Tender Romance Harlequin Mills & Boon Tender Romance

Harlequin Mills & Boon Romance © 2004 Barbara McMahon © 2006 Barbara McMahon © 2007 Barbara McMahon

Traduzioni di Laura Polli ed Emanuela De Simoni

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà

Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2006 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano Prima edizione Harmony Serie Jolly gennaio 2006 Prima edizione Harmony Serie Jolly aprile 2007 Prima edizione Harmony Serie Jolly agosto 2008

Seconda edizione Il Meglio di Harmony luglio 2012

Questo volume è stato stampato nel giugno 2012 da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

IL MEGLIO DI HARMONY

ISSN 1126 - 263X Periodico mensile n. 152 dello 07/07/2012

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 777 dello 06/02/1997

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA

Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI)

Gli arretrati possono essere richiesti contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A.

Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Sommario

Pagina 7

Fiore del deserto

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Un uomo da mille e una notte

Pagina 309

Salvata dallo sceicco

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Fiore del deserto

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Toscana, estate. I raggi del sole splendevano attraverso i vetri istoria-ti della cappella, illuminando il feretro di un caleido-scopio di colori. Bridget Rossini, stanca e svuotata di ogni emozio-ne, fissò la bara di suo padre. Prima di morire, lui le aveva fatto promettere di riportarlo in patria, in Ita-lia. E ora, dopo il funerale a San Francisco e il lungo viaggio transoceanico, una piccola folla di parenti e amici era radunata nel cimitero toscano per dargli l'ultimo saluto. Guido Rossini, appartenente a una famiglia nobile ma decaduta, in gioventù era emigrato negli Stati U-niti in cerca di fortuna, ma non aveva mai dimenti-cato le proprie origini e si era sempre tenuto in con-tatto con i parenti italiani. Mentre il parroco di Sant'Angelo impartiva un'ul-tima benedizione, Bridget prese sottobraccio zia Do-natella, la sorella di Guido. Alla loro sinistra, stava rigido Antonio, fratello di Bridget. Alle loro spalle, si udiva il mormorio dei presenti. A un certo punto il mormorio si accentuò. Incu-riosita, Bridget si voltò e vide la cugina Francesca

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fare il suo ingresso nella cappella, accompagnata da un uomo alto e bruno. Francesca Rossini, top model preferita di parecchi stilisti, indossava un abito nero estremamente chic. Il suo stile e la sua bellezza sofisticata facevano sembrare tutti gli altri goffi e malvestiti. Bridget diede un'occhiata al proprio abito. Molto semplice, e sciupato a causa del lungo viaggio. Con un sospiro si strinse alla zia, pensando che lei non a-vrebbe mai avuto lo stile di Francesca. Terminata la breve cerimonia, Francesca si avvi-cinò e abbracciò i due cugini. «Mi spiace che l'occasione per rivederci sia tan-to triste» sussurrò a Bridget, baciandola sulle guance. «Ti ringrazio per essere venuta.» Abbozzò un sor-riso. Francesca era una delle parenti italiane con la quale si sentiva maggiormente a suo agio. «Ci tenevo a farlo. Volevo bene a zio Guido.» Francesca salutò sua madre, poi accennò all'uomo fermo al suo fianco e fece rapidamente le presenta-zioni. «Rashid, mia cugina Bridget, da San Franci-sco. Bridget, Sua Eccellenza lo sceicco Rashid al Halzid.» Rashid e Bridget si scambiarono una stretta di mano. Da quando sua cugina frequentava sceicchi? L'uo-mo alto e bruno che aveva di fronte, vestito all'occi-dentale, era davvero splendido. E lei provò un deli-zioso brivido al breve contatto con lui. Solo una donna bellissima come Francesca poteva avere qual-che possibilità di attirare l'attenzione di un fusto del genere, pensò subito. «Le mie più sentite condoglianze» disse Rashid in

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perfetto inglese, ma con uno spiccato accento bri-tannico. Lei annuì e ritrasse la mano, ricordando dove si trovava. Per un istante, la vista di Francesca e Ra-shid le aveva fatto dimenticare tempo e luogo. Cercò di rammentare se zia Donatella o Antonio le avessero detto che Francesca era fidanzata con uno sceicco, ma fra il lavoro e le cure che aveva de-dicato a suo padre negli ultimi tempi non aveva avu-to molto tempo da dedicare ai pettegolezzi di fami-glia. Tanto meno le sembrava che qualcuno avesse accennato a quel fatto da quando era arrivata in Ita-lia. Il feretro fu tumulato dietro una pesante lastra di marmo. Guido aveva espressamente chiesto nel suo testamento di essere sepolto accanto a Isabella, la sua bellissima e adorata prima moglie. Terminata la cerimonia, la piccola folla uscì dal cimitero e Bridget non fu affatto sorpresa di vedere una elegante limousine posteggiata accanto alle altre auto. Vedendo Francesca e Rashid dirigersi verso la lussuosa vettura, Bridget rimpianse di avere avuto la possibilità di scambiare solo poche parole con sua cugina. Aveva sperato che avrebbero lasciato il ci-mitero insieme, ma sembrava che Francesca avesse altri programmi. A lei non restava che salire in auto con Antonio e zia Donatella. «Forse a tua cugina avrebbe fatto piacere venire con noi» disse Rashid a Francesca, lanciando un'oc-chiata a Bridget. «È passato molto tempo dall'ultima volta che vi siete viste e mi è sembrata molto triste.»

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«Suppongo che lei e Antonio andranno diretta-mente all'aeroporto. Ho pensato fosse meglio non sconvolgere i loro piani» rispose Francesca. «Vuoi andare con loro?» le propose Rashid. «So-no mesi che tu e tua madre non avete occasione di stare un po' insieme e noi non abbiamo alcuna fretta di partire. Se vuoi dedicare un po' di tempo ai tuoi parenti, devi solo dirlo.» «Un pensiero molto gentile da parte tua» replicò Francesca. Rashid si voltò verso il gruppo di famiglia: Brid-get aveva un'aria davvero triste. Donatella stava par-lando con alcuni congiunti e Antonio, in conver-sazione con uno di loro, non stava prestando alcuna attenzione alla sorella. Di sicuro a Bridget avrebbe fatto piacere la presenza di Francesca, pensò. E poi, senza volerlo, finì per paragonare le due donne. Se Francesca non gli avesse presentato Bridget come sua cugina, non avrebbe mai immaginato che fossero parenti. Francesca, alta e bruna, aveva la tipica magrezza ossuta delle modelle e un carattere molto vivace. E-rano amici fin dai tempi in cui avevano frequentato l'università a Oxford e avevano sempre apprezzato la reciproca compagnia. Ma attualmente lo stile di vita di Francesca, così frenetico e poco salutare, non poteva essere più diverso dal suo. Bridget Rossini, invece, era la tipica bellezza a-mericana. Alta quanto la cugina, aveva la figura sot-tile di chi pratica molto sport. Una splendida massa di lunghi riccioli castano rosso le incorniciava il viso candido, dai lineamenti delicati, illuminato da grandi occhi verdi.

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Occhi di giada, pensò, affascinato da quel partico-lare. Che diamine gli prendeva? Che senso aveva para-gonare le due donne? Francesca era un'amica di lunga data e Bridget so-lo una fugace apparizione. Quando Francesca le offrì un passaggio sulla li-mousine, Bridget accettò senza esitazione. Sua cugi-na era come una sorella per lei. Una sorella con la quale non riusciva a trascorrere tutto il tempo che avrebbe voluto. Francesca, infatti, a causa del suo lavoro, era sem-pre in giro per il mondo. L'esatto contrario di Brid-get, che passava gran parte della giornata chiusa in biblioteca, a San Francisco. «Tu e Antonio siete diretti all'aeroporto?» le chie-se Francesca, non appena si furono accomodate sui morbidi sedili. Bridget scosse il capo. «Tua madre ci ha chiesto di restare ancora un paio di giorni» rispose, passan-dosi il fazzoletto sotto gli occhi. Aveva pianto u-scendo dalla cappella e immaginò che il mascara po-tesse esserle colato dalle ciglia. Era già abbastanza deprimente la consapevolezza di indossare un vesti-to sciupato. Meglio evitare di avere anche il viso macchiato. Conscia della presenza di Rashid, Bridget si ac-corse di non riuscire a concentrarsi sulle chiacchiere di Francesca. O forse era semplicemente la stan-chezza che le impediva di farlo. Non era ancora riu-scita a smaltire il jet-lag. Con un impercettibile sospiro di sollievo, appog-giò la testa contro lo schienale ben imbottito dell'au-

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to e, per cercare di tenersi sveglia, lanciò un'occhiata a Rashid. Che ci faceva uno sceicco in Toscana? Risiedeva in Italia? Era per quello che aveva una limousine a disposizione per i suoi spostamenti? Dall'espressio-ne magnetica, quasi severa, del bel viso di lui, Brid-get intuì che doveva essere un uomo abituato a fare sempre ciò che voleva. Chissà come si erano cono-sciuti lui e Francesca... «Tu e Francesca vi conoscete da molto?» non po-té fare a meno di chiedergli. «Dai tempi dell'università, a Oxford» rispose Ra-shid. «Abiti in Italia?» «Direi di no» intervenne Francesca con una risati-na. «È solo la nostra famiglia che pensa che la To-scana sia il centro dell'universo. Rashid risiede per la maggior parte del tempo ad Aboul Sari, la capitale dell'emirato di suo padre. Ha accettato gentilmente di accompagnarmi qui per assistere al funerale. Quando mi hai telefonato per darmi la notizia della morte di zio Guido, ero nella residenza di Rashid, in vacanza.» «Non lo sapevo. Mi spiace» mormorò Bridget, guardando sua cugina. Francesca appariva fresca e riposata, per nulla seccata dal fatto che le sue vacan-ze fossero state bruscamente interrotte. «Non c'è nulla di cui tu debba dispiacerti» le assi-curò Francesca. «Le mie vacanze non sono ancora finite. Tornerò ad Aboul Sari con Rashid. Ero sua o-spite, insieme ad alcuni altri nostri amici inglesi.» Bridget non poté fare a meno di chiedersi se, per Rashid, Francesca fosse molto più di un'ospite. Di colpo si sentì come il classico terzo incomodo e rim-

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pianse di non essere rimasta con suo fratello e zia Donatella. Avrebbe così evitato di provare invidia per lo stile di vita cosmopolita di sua cugina. Lei sarebbe tornata nel suo piccolo mondo a San Francisco, un piccolo mondo nel quale ora avrebbe sentito più che mai la mancanza di suo padre. «Cosa farai adesso?» le chiese Rashid, come se a-vesse indovinato i suoi pensieri. «Ritornerò a San Francisco il prima possibile. Non c'è più niente da fare per me in Toscana.» «Però hai accompagnato tuo padre fin qui» osser-vò lui. «Ho rispettato le sue ultime volontà. Voleva esse-re sepolto accanto a Isabella, la sua prima moglie e madre di Antonio» gli spiegò. Povera mamma, pen-sò. Il secondo matrimonio di Guido Rossini era du-rato a lungo, ma non era certo stato allietato dalla fe-licità. «Dunque tu e Antonio avete due madri diverse.» Rashid comprese finalmente la ragione della scarsa somiglianza tra i due fratelli. «Sì, Isabella Gherardini è la madre di Antonio. Molly O'Brien la mia. Mio padre l'aveva assunta co-me governante per badare a mio fratello dopo la morte di Isabella. Tre anni dopo si sposarono e nac-qui io.» In apparenza una storia romantica, pensò Bridget. In realtà, suo padre non era mai stato inna-morato della seconda moglie come lo era stato della prima. Il cellulare di Francesca squillò. «Scusate» disse, estraendo un minuscolo apparec-chio dalla borsetta. Un attimo dopo iniziò una rapida conversazione in italiano. «Abiti a San Francisco?» chiese Rashid a Bridget.

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Lei annuì. «In un piccolo appartamento nel Sunset District.» «Dunque non vivevi con tuo padre.» «Forse avrei dovuto» mormorò. «Almeno avrei saputo che mio padre era malato molto prima che fosse disposto ad ammetterlo e avrei potuto fare qualcosa.» «Probabilmente sarebbe stato lo stesso.» Lei lo guardò, sorpresa. «Perché?» «Cosa credi che avresti potuto fare?» «Probabilmente mi sarei accorta prima che stava male, lo avrei convinto ad andare da un medico... Qualcosa del genere.» «I medici ti hanno detto per caso che una cura più precoce gli avrebbe salvato la vita?» «No, ma continuo a pensare che, se avessi saputo prima della sua malattia, avrei potuto fare qualcosa.» «Che ne pensa tuo fratello?» «Che non c'era nulla che potessimo fare più di quanto abbiamo fatto» ammise Bridget. «In questo caso, i sensi di colpa sono inutili. Da quello che mi ha detto Francesca, tuo padre aveva una certa età.» «Aveva già più di quarant'anni quando nacque Antonio. Dieci di più quando nacqui io» gli spiegò Bridget. «Mio padre emigrò in California quando era poco più di un ragazzo, deciso a non formarsi una famiglia fino a quando non avesse avuto la pos-sibilità di mantenerne una senza problemi. Iniziò co-me cuoco in un ristorante di Little Italy, vicino a Co-lumbus Street. Dopo alcuni anni, rilevò il locale e ne inaugurò un altro vicino al Wharf. Quando gli affari cominciarono ad andare bene, un'estate tornò in va-canza in Italia per cercarsi una moglie. Isabella Ghe-

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rardini aveva quindici anni meno di lui, ma fu un colpo di fulmine per entrambi.» «Molto romantico» commentò Rashid. Bridget annuì. «Negli ultimi anni mi parlava spes-so di Isabella, soprattutto dopo la morte di mia ma-dre. Immagino che lui pensasse che non mi importa-va, ma... in realtà mi addolorava il fatto che non a-vesse amato mia madre come la sua prima moglie.» «Probabilmente il loro matrimonio è stato comun-que soddisfacente. Non tutti si sposano per amore come voi occidentali pensate.» «Non credi nei matrimoni d'amore?» non riuscì a trattenersi dal chiedergli. Forse leggeva troppi ro-manzi, ma per lei l'amore era la cosa più bella della vita. Aveva voluto molto bene ai suoi genitori. Vole-va bene a suo fratello e a sua cugina. Voleva bene ai suoi amici. Sognava di incontrare il grande amore, un uomo con il quale trascorrere una vita intera ad a-marsi. «Ci si può sposare per molte ragioni» continuò Rashid. «L'amore è un sentimento passeggero. Spes-so si tratta solo di un'illusione. Un forte legame può stabilirsi fra due persone anche per altri motivi.» «Quali, per esempio?» Ehi, ma cosa ci faceva in una limousine a discutere di amore e matrimonio con un perfetto estraneo? A quanto pareva, l'opinio-ne che fosse più facile confidarsi con gli sconosciuti era vera. «Nella mia famiglia i matrimoni combinati sono stati la regola per generazioni» la informò Rashid. «Per ragioni dinastiche, ereditarie, finanziarie.» Bridget lanciò un'occhiata a Francesca che stava ancora parlando sottovoce al telefono. Forse aveva sbagliato a immaginare che lei e Rashid fossero fi-

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danzati. Probabilmente si trattava solo di un legame passeggero, molto simile a quelli che sua cugina a-veva avuto in passato con altri uomini. Non riusciva infatti a immaginare Francesca che rinunciava al la-voro e alla sua carriera per qualcosa di meno del grande amore. «Per cui non hai intenzione di sposarti a breve ter-mine» concluse Bridget. «Sono già stato sposato.» Lei lo guardò, sorpresa. «Tempo passato? Cos'è successo?» «Lei non c'è più.» «Mi dispiace» riuscì solo a mormorare. Lui non a-veva l'aria del vedovo inconsolabile. Tuttavia lo co-nosceva da pochi minuti. Come poteva giudicarlo? «Anche a me. Fatima era una donna bellissima, colta. Stare in sua compagnia era un vero piacere. Mi manca molto.» Bridget non fece commenti. Rashid era ancora giovane ed era davvero molto triste che avesse potu-to trascorrere pochi anni con la donna che aveva scelto come compagna della propria vita. «Non vorrei farvi perdere del tempo. Voi due do-vete partire» disse. Voleva cambiare argomento. Pri-ma si fosse separata da Rashid, meglio sarebbe stato. Lui assomigliava fisicamente all'uomo dei suoi so-gni, un famoso attore spagnolo. Affascinante e im-possibile come un miraggio. Tornata a San Franci-sco, probabilmente avrebbe riso al ricordo dell'attra-zione che aveva provato per l'amico di sua cugina. Meglio fare i bagagli e pensare a sbrigare tutte le formalità per il viaggio di rientro negli Stati Uniti, anziché starsene lì a fantasticare su uno sceicco. Se l'amicizia con Francesca si fosse evoluta in qualcosa

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di più, zia Donatella non avrebbe mancato di infor-marla. In caso contrario... «Mi farebbe molto piacere se tu accettassi di veni-re con me e tua cugina» disse Rashid inaspettata-mente. «Partire con voi? E per dove?» «Per Aboul Sari. Sei molto addolorata per la per-dita di tuo padre e cambiare ambiente per un breve periodo ti farà bene. Ti aiuterà ad accettare il fatto che ora lui non c'è più nella tua vita.» Bridget fu colpita dall'intuizione di quell'estraneo. In realtà, temeva molto il ritorno a San Francisco. Senza suo padre, il suo piccolo mondo non sarebbe stato più lo stesso. Sarebbe stata costretta a fare una cernita dei suoi oggetti personali, decidere se andare a vivere nella villa di famiglia o venderla. Suo pa-dre, infatti, aveva lasciato i beni immobili a lei e l'impresa di ristorazione ad Antonio. Avrebbe dovuto imparare ad arrangiarsi senza il suo appoggio e il suo consiglio. Senza la sua confor-tante presenza. Anche Rashid aveva sperimentato quel senso di perdita quando sua moglie era morta? Bridget lanciò un'occhiata in tralice a sua cugina. La prospettiva di trascorrere qualche giorno in sua compagnia non le dispiaceva affatto. Non ricordava neppure quale era stata l'ultima volta che avevano a-vuto occasione di passare un po' di tempo insieme. Francesca capitava di rado a San Francisco. Il suo lavoro si svolgeva perlopiù fra Parigi, Milano, New York e rinomate località esotiche dove si realizzava-no i servizi di moda. «Non vorrei interferire con i vostri piani» si impo-se di dire, pur desiderando accettare.

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«Nessun disturbo» le garantì Rashid. «Ci sono già altri ospiti, senza contare mia nonna e mio figlio che vivono con me. Sarai quindi la benvenuta. In questo modo, avrai la possibilità di stare qualche giorno con Francesca.» «Molto gentile da parte tua, ma...» «Qual è il problema?» Aveva notato l'esitazione di lei. «Sono sicuro che Francesca approverà il fatto che ti abbia invitata. Saperti sola a San Francisco dopo un grave lutto non la renderebbe affatto tran-quilla.» «Non sarò sola» precisò Bridget per dovere. «Ho mio fratello, i miei amici... Devo ammettere, però, che sarebbe bello cambiare aria per un po' di tem-po.» «Allora è deciso. Verrai ad Aboul Sari con me e Francesca» concluse Rashid. «Grazie. Io... devo preparare i bagagli.» «Non c'è problema» le assicurò. «Non rischierò di farvi perdere il volo? Potrei rag-giungervi domani e...» «Sono io che piloto l'aereo. Partiremo quando ci farà comodo. E poi un volo privato è molto più rilas-sante e confortevole» disse Rashid, come se fosse la cosa più normale del mondo. Prese il microfono e in una lingua sconosciuta a Bridget impartì alcuni rapidi ordini all'autista, invisi-bile dietro il vetro che separava la limousine in due sezioni. Francesca chiuse il cellulare e lo ripose nell'ele-gante borsetta. «Scusatemi, era la mia agente. Vole-va avvertirmi che ci sono stati alcuni cambiamenti di date per delle importanti sfilate che ho in program-ma il mese prossimo.»

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«Ho invitato tua cugina a venire con noi» la infor-mò Rashid. «Oh!» Francesca guardò prima Bridget e poi Ra-shid. «Questa sì che è una sorpresa!» «Ho pensato che cambiare ambiente per un po' le farà sicuramente bene. Soprattutto passare un po' di tempo con la sua cugina preferita. Hai qualcosa in contrario, per caso?» «Niente affatto! Grazie, Rashid.» Francesca gli diede un bacio su una guancia.

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