Modulo 4 - A. S. 2013/2014
APPRENDISTI SCRITTORI Scuola Primaria - Classi Quarta - Quinta - Martignano
ISTITUTO COMPRENSIVO STATALE
di Calimera e Martignano Scuola dell’Infanzia, Primaria e Secondaria di 1° grado
“Con l’Europa investiamo nel vostro futuro”
Esperto: Ernesto Paladini
Tutor: Maria Antonia Conte
Maria Domenica Maschi
Venite a conoscere
il nostro paese!
MARTIGNANO...IMMAGINI E PAROLE
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... COSA SAPERE...
DOVE SIAMO
Pag. 4
NOTIZIE DI MARTIGNANO
Pag. 5
IL GRIKO
Pag. 6
TRADIZIONI POPOLARI
Pag. 9
MANIFESTAZIONI
Pag. 12
LA MUSICA POPOLARE
Pag. 14
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ALUNNI
BRAY Chiara
CALO' Francesco
CRETI' Stefano
GIANNONE Gioia
GIANNUZZI Linda Maria
GRECO Marta
LINCIANO Alice
LONGO Giorgio
ROSATO Elisa
ROSATO Francesca Anna
ROSATO Giulia
Esperto: Ernesto Paladini
Tutor: Maria Antonia Conte- Maria Domenica Maschi
DIRIGENTE SCOLASTICO: Prof.ssa Piera Ligori
ELABORAZIONE GRAFICA: Tutor Maria Domenica Maschi
ROSATO Marta
SALVATI Greta
SAZIO Giulia
SERGIO Matteo
SERGIO Sara
TOMMASI Pierpaolo
CALO' Eleonora
CRETI' Luca
RIELLI Gaia
RUGGERI Mattia
BIBLIOGRAFIA
G.G. Chirizzi-A.Costatntini-V.Peluso, Guida di Martignano, Arte, cultura e territorio di
un centro della Grecìa Salentina, Congedo editore, 1999
SITOGRAFIA
www.parcopalmieri.it
www.wikipedia.org
www.comune.martignano.le.it
www.parrocchiamartignano.it
www.araknemediterranea.com
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3
... COSA VISITARE...
CHIESE
“Santa Maria del Martiri”
Pag. 18
“ San Giovanni Battisti”
Pag. 19
PALAZZO PALMIERI
Pag. 21
FRANTOIO SEMI-IPOGEO
Pag. 23
POZZELLE
Pag. 24
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DOVE SIAMO
MARTIGNANO e il Salento...
Il Salento geografico corrisponde alla vecchia Terra d'Otranto, comprende
tutta la provincia di Lecce con i suoi 97 paesi e 39 piccole frazioni. Tutti i
centri abitati sono immersi nel verde degli uliveti secolari, del tabacco e del-
delle vigne, con le case bianche e le strade strette e tortuose, ognuno con un
proprio dialetto e in alcuni paesi si parla ancora il greco.
Un altro aspetto peculiare del Salento è quello naturalistico, con ben 1390
specie diverse di piante da fiori.
Il Salento è un pezzo di terra ricco di storia e tradizioni, di bellezze natura-
li e architettoniche e per la sua ospitalità e la sua atmosfera magica, costi-
tuisce una meraviglia da scoprire.
Il suo sole caldo, il suo cielo blu, il suo mare cristallino, la sua costa da sogno
sono i suoi punti di forza.
Il Salento è una regione peninsu-lare della Puglia sud-orientale che
forma il tacco dello stivale ed è
inserito tra due splendidi mari: lo
Ionio (a Ovest) e l'Adriatico (a
Est).
Fu terra di conquista con il pas-
saggio di greci, bizantini, pirati
barbareschi.
I primi abitanti del Salento furo-
no i Messapi, famosi allevatori di
cavalli, che arrivavano dalle coste
dell' Illiria.
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PALAZZO PALMIERI
Dott. Leo Rielli direttore del Parco turistico Giuseppe Palmieri.
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Le pozzelle (in griko ta fréata) sono un raggruppamento di pic-
coli serbatoi per la raccolta dell'acqua. Le pozzelle, scavate nel-
la roccia friabile in una naturale depressione del terreno, veni-
vano rivestite con pietre di calcare permeabile in modo tale da
permettere alle acque piovane di filtrare.
Hanno una profondità variabile dai quattro ai sei metri e una
forma ad imbuto capovolto. Alla sommità presentano un grosso
blocco lapideo, forato al centro, da cui si prelevava l'acqua.
Le pozzelle di Marti-
gnano, chiamate anche
pozzi di San Pantaleo,
sono situate nella par-
te più bassa del paese,
dove le acque piovane,
per la particolare com-
posizione del suolo,
permangono a lungo
prima di scomparire
nella falda.
Le pozzelle
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NOTIZIE di MARTIGNANO
Martignano si trova nel Salento, a 55 km da Brindisi, a 15
da Lecce, a 20 da Otranto, a 38 da Gallipoli, a 50 da S.M.
di Leuca, a 15 da Torre dell'Orso, a 38 da Porto Cesareo.
Martignano è il più piccolo paese della Grecìa Salentina, posto a 95 metri sul
livello del mare, su serre ricche di ulivi. Conta una popolazione di 1700 abi-
tanti circa e fa parte, insieme ad altri 10 comuni, dell'Unione dei Comuni del-
la Grecìa Salentina. Il suo territorio, situato a sud est di Lecce, è caratte-
rizzato da un comune patrimonio storico-linguistico testimonianza di popola-
zioni greco-bizantine. Segno più tangibile di tale tradizione è il "griko", un
greco antico che ancora oggi gli anziani usano parlare.
Martignano può contare su un ambiente ricco di iniziative culturali, ammini-
strative, imprenditoriali. La Festa di San Pantaleo, poatrono del paese. il
Carnevale Martignanese e della Grecìa Salentina, la "Morte te lu Paulinu", la
Sagra dell'Insalata Grika e della Salsiccia, le rassegne culturali del Parco
Turistico Palmieri riversano nella piccola cittadina migliaia di persone.
Di recente, è stato valorizzato il patrimonio culturale e artistico. E’ stata
creata la zona artigianale, un Parco Turistico Culturale ed è stato rinforzato
il legame con il mondo del volontariato e dell'associazionismo. Aria pulita, una
campagna verde, numerosi spazi pubblici, ricchi contenitori culturali ed innu-
merevoli manifestazioni fanno di Martignano un ambiente vivace ed acco-
gliente.
La sua posizione all'interno del Salento garantisce una facile comunicazione
con i centri di maggiore interesse e ne fa un punto anch'esso di riferimento.
Costituisce senza dubbio l'approdo ideale da cui ripartire ogni giorno verso i
luoghi e i sapori della Grecìa e del Salento.
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IL GRIKO
INTERVISTA ALL’ ESPERTA
IN GRIKO
Dott.ssa Lina Pascali
Perché a Martignano si parla la lingua grika?
A Martignano si parla il griko, una lingua che deriva dal greco,
perché ci troviamo in un’area del Salento, la Grecìa Salentina,
dove anticamente si stanziarono delle popolazioni provenien-
ti dalla Grecia.
Studiosi italiani e stranieri si sono occupati dell’origine di
questa colonia. Sono state formulate diverse ipotesi.
La prima fa risalire la nascita del griko all’ VIII e al VII secolo
a.C. quando nell’Italia Meridionale fiorì la Magna Grecia; l’altra
ipotesi si ricollega all’arrivo nel Salento dei Bizantini tra il IV-V
sec d.C. (Medioevo).
Di recente, è stato ipotizzato che l’immigrazione medievale po-
trebbe aver rinforzato comunità ellenofone più antiche già
presenti.
Queste popolazioni si sono stanziate nel nostro territorio la-
sciandoci in dono la loro lingua, le loro culture e la loro religione,
creando un’isola linguistica oggi chiamata Grecìa Salentina.
Quali sono gli altri Comuni della Grecia Salentina?
Fino ad alcuni secoli fa, la Grecìa Salentina comprendeva una
vasta area del Salento che da Gallipoli ad Otranto parlava la lin-
gua grika.
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Adiacente al palazzo è un grande frantoio semi-ipogeo.
Il frantoio, da impianto ipogeo venne ampliato fino
all'attuale struttura, passando da una lavorazione ai
torchi alla calabrese ad una alla genovese.
La macina, alla francese, presenta un'ampia vasca con
due macine in pietra. Visibili all'interno la stalla, le va-
sche di raccolta dell'olio, le stanze di deposito (le
sciave) e lu ciucciu, organo verticale utilizzato per
moltiplicare la forza di pressione sull'impasto delle oli-
ve.
Frantoio
semi
ipogeo
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L'imponente portale d'ingresso del Palazzo venne costruito ne-
gli anni settanta del Settecento. Nello scudo coronato, colloca-
to sull'arco, è presente lo stemma dei Granafei, un leone con
tre spighe di grano.
Il Palazzo presenta due piani fuori terra, un cortile centrale pa-
vimentato con conci di pietra dura dal quale, a destra e a sini-
stra, si sale ai piani superiori. Pregevole è l'elegante terrazza
che si apre in alto a destra del prospetto.
A Palazzo Palmieri ha sede il Parco Turistico Culturale Palmieri,
Centro servizi al Turismo ed alla Cultura, gestito dall'Associa-
zione Turistica Culturale Salento Griko in convenzione con il Co-
mune di Martignano, proprietario dell'immobile. All'interno sono
presenti i servizi gratuiti di front office turistico, mediateca e
biblioteca. Durante l'intero anno sono numerosi gli appuntamen-
ti culturali (concerti, dibattiti, presentazioni libri, mostre, visi-
te, ecc.) che vi si svolgono.
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Oggi, parlando di Grecìa Salentina, facciamo riferimento ad
un’area formata da 9 paesi (Calimera, Castrignano dei Greci, Co-
rigliano d’Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto,
Sternatia e Zollino) dove però il griko è parlato solo da persone
che hanno una certa età, mentre è compreso da una fascia di
persone molto più ampia.
A partire dal 1990, il termine Grecìa è stato snaturato del
suo significato originario diventando l’espressione di un Con-
sorzio di Comuni che si è trasformato successivamente
nell’Unione dei Comuni della Grecìa Salentina. Nel 2007, ai nove
Comuni originari si sono aggiunti altri due non ellenofoni
(Carpignano Salentino e Cutrofiano) che sono entrati a far par-
te degli undici Comuni dell’Unione.
I Comuni dell’Unione condividono non solo la cultura e la lingua,
ma anche una serie di servizi.
Il Parlamento Italiano con la legge 482/’99 ha riconosciuto la
comunità greca del Salento come “Minoranza linguistica greca
dell’etnia grico-salentina” ed ha permesso l’introduzione dello
studio della lingua e cultura grika anche nelle scuole.
Che differenza c’è tra griko e greco moderno?
Il griko e il neogreco discendono senza dubbio dal greco classi-
co. Così come in Grecia, il “greco” si è evoluto e modificato nei
secoli, nella Grecìa Salentina il “griko” si è, a sua volta, evoluto e
modificato ed ha seguito un percorso diverso dalla lingua ma-
dre. Oggi il griko è una forma di dialetto rispetto alla lingua
greca ufficiale.
La lingua grika scritta in caratteri latini, presenta punti in co-
mune con il greco, scritto con i caratteri dell’alfabeto greco, e
nel frattempo arricchita da vocaboli che sono frutto di evidenti
influenze del dialetto leccese e della lingua italiana.
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Centinaia di vocaboli, specialmente quelli inerenti alla vita fami-
liare, affettiva, al mondo agricolo-pastorale sono identici.
In gran parte sono uguali la grammatica e la sintassi.
Il griko non dispone però di vocaboli corrispondenti ad oggetti
e fenomeni nuovi, di un lessico aggiornato alle esigenze di un
mondo contemporaneo.
E’ diventato così un misto di parole greche e parole italiane gre-
cizzate che serve quasi da “ codice segreto” per non farsi capi-
re da tutti coloro che questa lingua non conoscono e che, forse
con un po’ di invidia, parlando della popolazione grecanica dico-
no:
Gente cu doi lingue, gente cu doi facce! Gente cu doi lingue, gente cu doi cori!
Perché è importante che il griko continui a vivere?
Il griko è stata la lingua delle generazioni che ci hanno precedu-
to e che l’hanno amata fino al punto da farne un uso prioritario
nella comunicazione accanto al dialetto. Purtroppo in nome del
progresso è stato sostituito con l’italiano.
Oggi, sono pochi quelli che comprendono il griko e ancora meno
quelli che lo parlano. Se non è scomparso del tutto è merito di
un territorio attento alle proprie tradizioni linguistiche.
È necessario un rilancio della lingua grika e di tutto il suo patri-
monio culturale perché rappresenta le radici profonde del no-
stro territorio e ci consente di sapere chi siamo stati nel passa-
to e perché oggi abbiamo certe abitudini, certe usanze.
Purtroppo è una lingua che, come un fuoco che sta per spegner-
si, è destinata a scomparire ed è un nostro dovere riaccendere
quella scintilla che lo ha generato. 21
Palazzo
Palmieri
Palazzo Palmieri, di impianto cinquecentesco, venne costruito con
funzioni residenziali e difensive ed ampliato fino al XVIII seco-
lo. Diede i natali al più illustre cittadino martignanese, Giuseppe Palmieri nato il 5 maggio 1721.
Sulla facciata, scarsamente riconoscibili, sono rimaste due trac-
ce dell'uso difensivo: una feritoia rettangolare ed un'apertura
sferica per la volata di una colubrina. Molto indicativo è il trisce-le (dal greco triskeles, “tre gambe) sull'architrave della raffina-
ta (murata) porta a sinistra del portale d'ingresso, motivo icono-
grafico di origine orientale, frequente nella monetazione greca e
romana, composto da bracci curvilinei che girano nella stessa di-
rezione, associati al dinamismo, al torcere, al ruotare.
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Gli affreschi, databili tra il quinto e il sesto decennio del Sei-
cento, furono commissionati dal capitolo parrocchiale che li fe-
ce realizzare impiegandovi parte delle somme in denaro ricevute
in eredità da Petronilla Giannuzzo. Probabilmente furono ese-
guiti in due fasi diverse, a breve distanza una dall'altra e da
pittori diversi.
L'altare, il terzo ad essere stato realizzato nella cappella, è
ottocentesco e conserva una tela seicentesca che rappresenta
San Giovanni Battista nell'atto di battezzare Gesù; ai lati dello
stesso gli affreschi (successivi al 1726) con l'Annunciazione,
sdoppiata in due riquadri, in uno dei quali, ai piedi della Madon-
na, sono raffigurati i due committenti in preghiera.
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Quali sono le più importanti tradizioni della Grecìa e in
particolare di Martignano?
Nella Grecìa Salentina sono vivi ancora oggi Tradizioni e Riti
che conservano i caratteri e i segni dell’antica civiltà greca.
- L’anno si apre con il canto della Strina (la strenna). I cantori
girano per i centri storici (una volta giravano per le masserie)
e, alternandosi nel porgere le strofe, offrono un lungo canto
augurale e coinvolgono i presenti che a fine rappresentazione
offrono qualche spicciolo (una volta prodotti della masseria).
- Per i bambini, la notte di capodanno si preparava una sacchet-
ta (punghedda) con dentro qualche spicciolo. Il giorno dopo il
bambino girava per le case di parenti e amici e, recitando brevi
versi, attendeva il compenso.
- Febbraio è soprattutto il mese del Carnevale che, da decenni,
si celebra in maniera spettacolare a Martignano (quest’anno si è
svolta la 28° edizione) e si conclude con la “Morte de lu Pauli-
nu” (il Carnevale), una commedia che prende in giro i personaggi
noti e meno noti del paese e i fatti più importanti che sono ac-
caduti nel corso dell’anno.
- Per i bambini, il Carnevale un tempo si concludeva con il
“cannarutu” (goloso): un uovo sodo sgusciato, legato ad un filo
veniva fatto oscillare da un adulto ed i bambini a turno, con le
mani dietro la schiena, dovevano cercare di addentarlo.
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- Tra le tradizioni legate al periodo di Pasqua, un posto di rilievo
spetta alla “Quaremma” sia per la vastissima diffusione che
questa ha avuto fino a qualche decennio fa in tutto il Salento,
sia per la somma di significati che ad essa venivano attribuiti.
La voce Quaremma è l’equivalente del termine italiano Quaresi-
ma, periodo di quaranta giorni, successivo al Carnevale, che pre-
para l’avvento della Pasqua. In griko, questo periodo è indicato
con il termine “Saracostì” e “Saracosteddha” è la Quaremma.
La Quaremma è un pupazzo raffigurante una vecchietta vestita
di nero che fila con fuso e canocchia e porta appesa alla cintola
un’arancia amara, simbolo del tempo del dolore. All’arancia sono
infilzate sette penne di gallina che vengono sfilate, una a setti-
mana, fino al Sabato Santo, quando si sfila l’ultima e cessa il
tempo del dolore.
La Quaresima serviva per ricordare ai credenti che la Chiesa
viveva un periodo di lutto, per cui le feste e i “godimenti” erano
banditi e si dovevano affrontare giorni di sacrifici e rinunce.
Era necessario astenersi, per tutta la durata della Quaresima,
dal mangiare carne, uova e formaggi, generi considerati di lusso.
Per condire la pasta fatta in casa, si usava il pangrattato fritto
in sostituzione del formaggio. Dopo tanta notorietà, la triste
Quaremma veniva bruciata nel pomeriggio di Pasqua.
-La più bella tradizione del periodo di Pasqua, nei Comuni griki,
riguarda la consuetudine, un tempo diffusissima, di ascoltare
durante la Settima Santa la storia della passione di Cristo “I
passiuna tu Cristu”.
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La cappella di San Giovanni Battista, situata sul lato ovest di
Piazza Palmieri, porta inciso sull'architrave della porta d'in-
gresso la committenza e la data di costruzione: Con gratitudine Giannuzzo dedicò questo altare con la cappella, a Te precursore di Cristo 1621. Fu edificata dall'arcidiacono Giovanni Giannuzzo,
come cappella privata, poco prima della morte avvenuta nel
1628. Da Giovanni l'edificio passò alla nipote Petronilla la quale,
senza eredi, la lasciò, insieme ad altri cospicui beni, al Capitolo
parrocchiale di Martignano.
Costituita da un solo vano, presenta una copertura con volta a
botte. L'interno è completamente affrescato. Le immagini sono
divise su due cicli pittorici orizzontali: quello inferiore mostra
le immagini di Cristo con gli Apostoli e Santi; quello superiore è
diviso a sua volta in undici riquadri che illustrano la Vita di San
Giovanni Battista, sottolineando la funzione didattica verso un
popolo analfabeta.
Cappella di San
Giovanni Battista
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COSA VISITARE
Chiesa di Santa
Maria dei Martiri
La chiesa madre di Santa Maria dei Martiri risale alla prima me-
tà del XVI secolo. Presenta una facciata molto semplice sor-
montata da una cuspide triangolare e impreziosita da archetti
pensili a forma di conchiglia, tipicamente cinquecenteschi, che
definiscono il contorno della chiesa anche sui lati. Sull'architra-
ve della porta maggiore è inciso un motto in latino con la data
1541. L'interno si presenta molto ricco, soprattutto se confron-
tato alla sobrietà esterna. Ospita alcuni altari barocchi, dei
quali il maggiore e i laterali della Madonna del Rosario e di San
Pantaleone che furono scolpiti dall'artista leccese Giuseppe Ci-
no. Numerose sono le tele di pittori salentini come la Madonna
del Rosario, sull'omonimo altare, dipinta tra il 1788 e il 1789 da
Oronzo Tiso. Di particolare pregio artistico è la statua argente-
a di San Pantaleone, protettore del paese, festeggiato il 27 lu-
glio. Il pavimento musivo fu realizzato nel 1876.
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Si tratta di un canto religioso tramandato oralmente da padre
in figlio, redatto in lingua greco-salentina, molto conosciuto e
amato.
Rito caratteristico della Settimana Santa è la visita ai Sepolcri “Sabburki”. I fedeli allestiscono, a mezzanotte del Giovedì San-
to, il Santo Sepolcro per commemorare la sepoltura di Gesù Cri-
sto.
Si tratta di un’usanza di origine pagana. I sepolcri venivano a-
dornati con drappi di seta, fiori, candele e piatti di grano ger-
mogliato detti coppe de lu sabburku. In mezzo a questi orna-
menti deponevano il crocifisso.
Le coppe de lu sabburku si preparavano circa un mese prima del-
la Pasqua. Erano piatti di graminacee o legumi fatti crescere al
buio in ciotole inumidite, così da presentarsi come un fitto stra-
to di steli bianchi e delicati che venivano, e vengono ancora oggi,
posti ad ornamento della statua del Cristo morto il venerdì San-
to (Mali Prassei).
Le uova che erano state risparmiate nel periodo della Quaresi-
ma ricomparivano durante la Settimana Santa nella preparazio-
ne dei dolci pasquali.
Tra questi il più diffuso era la “Cuddhura”, un grosso pane di
forma circolare con incorporate molte uova sode col guscio che
le giovani donne regalavano ai fidanzati il giorno di Pasqua.
Oltre alle cuddhure, di forma circolare, se ne preparavano altre
più piccole, destinate ai ragazzi: lu campanaru con un uovo sodo
all’interno, la pupa sulla pancia e persino lu gaddhuzzu aveva il
suo uovo sodo.
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- Il lunedì di Pasqua i fedeli martignanesi si recano in preghiera
presso la piccola cappella della Madonna delle Grazie, detta del-
la “Kuneddha”, dove viene celebrata una Messa.
- Con l’estate giunge il tempo delle feste patronali, degli incon-
tri con i concittadini lontani ma è anche il tempo delle sagre.
A Martignano, da alcuni anni, si svolge la “Sagra della salsiccia e
dell’insalata grika ”.
- La cittadina viene alla ribalta soprattutto per la festa patro-
nale di San Pantaleo che ricorre il 27 luglio. Il culto per il Santo
medico è molto sentito e molti fedeli giungono sia dai paesi vi-
cini, a piedi, sia da lontano.
Nella tradizione popolare il Santo ha protetto i suoi fedeli sal-
vandoli dalla furia della natura.
Per questo motivo nel mese di novembre si svolge la “Festa
dell’uragano” con l’accensione, il giorno precedente, della
“Focara dell’uragano”, simbolo del fuoco purificatore.
- Nel mese di dicembre, un rito che si ripete è quello della
“Pucceddha”, per la vigilia dell’Immacolata. Legata al digiuno, la
tradizione prevede la consumazione di pucce ripiene di tonno.
- È ovviamente il Natale l’occasione in cui rivisitare le tradizio-
ni più sentite del presepe e preparare i prodotti gastronomici
della tradizione locale come pittule, porceddhuzzi, calangi.
In lingua grìka viene cantata la “Ninna nanna” a Gesù Bambino:
“Ninna Nanna Bambinuddhi”.
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La pizzica è ballata oltre i confini del Salento?
La pizzica appartiene al genere delle tarantelle che sono ballate
in altri luoghi, a Taranto si balla quella di Alfredo Maiorano. So-
no famose le tarantelle ballate nel Gargano e a Montemarano in
provincia di Avellino. In Campania si balla la Tamburriata, in A-
bruzzo il Santariello, gli stornelli a Roma. Ogni anno, nel mese di
dicembre, molte compagnie specializzate nelle danze folk si
danno appuntamento a S.Agata di Puglia per una grande manife-
stazione folkloristica.
Ci sono nuovi canti composti in lingua grìka?
Si, esistono nuove composizioni in lingua grìka grazie all’impegno
di alcune famiglie come la famiglia De Santis a Sternatia e la
famiglia Montinaro a Calimera. Martignano nei suoi testi non ha
molta grammatica in lingua grika, è la ragione per la quale si sta
tentando di trasmettere alle nuove generazioni le canzoni in
griko, è una soluzione per continuare a far vivere la lingua.
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La Quaremma Lu Paulinu
Carnevale 2014
Arakne Mediterranea e Cantori di Martignano e Calimera - festival Canti della Passione - Alcune
strofe sono state eseguite dagli alunni dell’Istituto
Comprensivo di Calimera.
Processione in onore a San Pantaleo
Festa patronale 26-27 luglio
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LA MUSICA POPOLARE
INTERVISTA A IMMA GIAN-
NUZZI ESPERTA IN MUSICA
POPOLARE E DIRETTORE AR-
TISTICO DELLA COMPAGNIA
ARAKNE MEDITERRANEA
Arakne Mediterranea è un gruppo di musica popolare impegnato
nella riscoperta e diffusione delle tradizioni, delle danze, dei
canti, degli usi e costumi delle varie espressioni popolari salen-
tine, come ad esempio la lingua grika. La compagnia Arakne Me-
diterranea nasce nel 1993 a Martignano da un'idea di Giorgio Di
Lecce e Imma Giannuzzi.
Il gruppo deve il suo nome ad una giovane principessa greca -
Aracne appunto - che fu trasformata dalla dea Atena in ragno
(secondo il mito descritto da Ovidio nella Metamorfosi). Il ra-
gno, o meglio la taranta, è oggi il simbolo per eccellenza della
pizzica salentina.
Come è nata la sua passione per la “pizzica”?
La passione per la pizzica mi è stata trasmessa dai nonni, dai
cantori popolari.
Perché il ballo si chiama pizzica?
Per il “pizzico” del ragno, per l’associazione al pizzico delle cor-
de degli strumenti musicali utilizzati o per il primo movimento
dei piedi compiuto nella danza.
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Quali sono le origini della pizzica?
L’origine della pizzica risale al XIV sec., la tradizione orale al
XIX sec. La danza aveva una funzione terapeutica. Secondo la
credenza popolare le persone che lavoravano in campagna e ve-
nivano pizzicate dal ragno (latrodectus, “vedova nera”) credeva-
no di guarire con la danza che provocava sudorazione e perciò
l’espulsione di tossine e veleni iniettati con il morso del ragno.
Ora non si balla più per ragioni terapeutiche ma per mantenere
la tradizione e la propria identità culturale. La pizzica si danza
in occasione delle feste popolari.
L’invenzione è perciò da attribuire al popolo che la utilizzava
per manifestare un disagio fisico. In epoca moderna, è diventa-
ta spettacolo e gioia. La danza si è evoluta nel tempo, da danza
per la guarigione, a danza per il corteggiamento, a danza per la
festa.
In quali luoghi si balla la pizzica? Per quali eventi?
La pizzica si balla nelle piazze del Salento in occasione delle fe-
ste popolari e non più in campagna nello svolgimento dell’attività
quotidiana.
Fra gli eventi da ricordare: “Il Canto della Strinna” per portare
la buona novella durante il Natale e il “Canto della Passione” nei
paesi della Grecìa salentina, in altri comuni il “Canto de lu Santu
Lazzaru”.
Quali strumenti musicali sono utilizzati per accompagnare la
danza?
Il tamburello, il violino, la chitarra classica, l’organetto e il flau-
to costituiscono l’orchestra tradizionale.
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