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Bimestrale ( sauf Juillet - Août) di cultura, poli�ca, informazione della diaspora siciliana - Anno XIV - n° 4 - Se!embre – O!obre 2012

Ed. Resp.: Catania Francesco Paolo, Bld de Dixmude , 40/ bte 5 (B) 1000 Bruxelles - Tél & Fax: +32 (0) 2 2174831 - Gsm: +32 475 810756

Belgique - België

P.P. - P.B.

1099 BRU X

1/1605

P912772

Bureau de Dépôt: Bruxelles X

⇒ I POTERI FORTI ALL'ATTACCO DELLO STATUTO DI AUTONOMIA - PAG. 3

⇒ TUTTI UNITI PER UN PROGETTO SICILIA - PAG. 4 ⇒ I DODICI COMANDAMENTI DEL MANIFESTO

AUTONOMISTA - PAGG. 5 & 6 ⇒ L’ORA DI SPEZZARE LE CATENE - PAGG. 6 & 7 ⇒ L'ATTACCO DI MINOSSE - PAG. 7 ⇒ GIOVANI SICILIANI CRESCONO... - PAG. 8 ⇒ PALERMO : 19 OTTOBRE 1944, CRONACA DI UNA

STRAGE IMPUNITA - PAGG 9 & 10 ⇒ SINDROME DI STOCCOLMA! - PAGG. 15 & 16 ⇒ A.A.A.A.A... CERCASI SICILIANI CAPACI DI

LOTTARE PER LA LORO TERRA CON ABNEGAZIONE E DETERMINAZIONE - PAGG. 16 & 17

⇒ A TAVOLA CON LE RICETTE DI TANO - PAG. 19 ⇒ L’OLIO SICILIANO PAG. 20 & 22

Sant’Angelo Muxaro (Ag), la Necropoli

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E se mi chiederanno perché amo La SICILIA, risponderò...

Guardala di no!e, vivila di giorno, ascoltala d'estate

e sognala d'inverno... Allora forse capirai !

“ Da noi tu!o ci ricorda di essere siciliani figli di una

nazione per 600 anni e non di questa italie!a...... Anche

l'ETNA rivendica la sua appartenenza alla NAZIONE

SICILIANA SCRIVENDOLO IN CIELO !!! ( Carlo Mangano )

Scala dei Turchi ( Realmonte - AG )

Tramonto su Cefalù ( Foto di Rosa Cassata )

Pietraperzia (EN) - Maurizio Di Gloria

Castello di Mussomeli

Tempio di Giunone (AG) - Riccardo Vella

Macari (TP) - Roberto Cherubini

FORSE NON TUTTI SANNO CHE…. Nel 1121 nel Regno di Sicilia veniva istituito il primo Parlamento del mondo ed era ripartito in tre bracci : aristocratico, ecclesiastico, demaniale.

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E ra chiaro che dopo gli sprechi infiniti sarebbe arrivato il momento del rendiconto. Gratta gratta, alla fine si sarebbe arrivati al fondo, e a niente possono valere oggi L’ALTRA SICILIA o lo stesso Massimo Costa, di fronte alla voragine di 5 miliardi e 4

milioni di euro nel bilancio della Regione Sici l iana con la prospett iva del def init ivo fallimento economico e che, verosimilmente, espone la "terra impareggiabile" alle critiche, alle discussioni e, alla fine, scatena, come sta avvenendo, i poteri forti e i partiti centralisti soprattutto l'UDC - che con le politiche di Cuffaro in Sicilia si era tenuta a galla nel naufragio generale dei parti ti tradizionali - al la demolizione del nostro Statuto di Autonomia, tanto invidiato, auspicato ma effettivamente mai messo in applicazione.

Monti (nella foto) ha preso carta e penna ed ha scritto a Lombardo, preoccupato per la situazione economica siciliana, sollecitando le sue dimissioni. E questo arriva dopo che il capo degli industriali siciliani, Lo Bello, ha attaccato sulle pagine del Corriere (sic, ndr) il governo Lombardo, nonostante l'assessore alle attività produttive sia espressione proprio di Confindustria.

Una manovra concentrica per attaccare il nostro Statuto di Autonomia. Tutto questo avviene nella beata incoscienza di una classe politica siciliana che, invece di affrontare la crisi, continua imperterrita nell'amministrazione spensierata della cosa pubblica, dimissionando un assessore al giorno, subito rimpiazzato da un amico più fidato che cambia poi i vertici di aziende, società, ospedali, consorzi, istituti ed enti partecipati dalla Regione, ricominciando così il giro degli sprechi che ci ha condotti a questa crisi finanziaria e politica.

A questo punto, il presidente Monti, senza curarsi delle prerogative dello Statuto, che pur esistono, si permette di interferire nelle vicende siciliane e, con un'intervento incostituzionale e illegittimo, di attaccare la nostra Autonomia, utilizzata in vero, fino ad oggi, soltanto per il tornaconto di una classe politica dipendente che si nasconde dietro a quelle prerogative, utilizzate a difesa della propria impunità.

Esiste, ricordiamo a Monti, uno Statuto e intervenire nelle vicende siciliane da parte dello stato centrale non è soltanto scorretto, non è solo la gaffe istituzionale di un neofita, ma è soprattutto un grave attentato alla Costituzione dell'Isola.

Non è indubbio che la lunga stagione della tragedia siciliana, basata esclusivamente

sulla capillare distribuzione clientelare di risorse pubbliche, impieghi e pensioni sia giunta pero' all'epilogo e perciò debba concludersi.

L'utilizzo disinvolto delle assunzioni pubbliche sotto forma di precariato, di braccianti forestali, di corsi e centri di formazione professionale fasulli ha creato soltanto un grande bacino elettorale assoldato e quindi sempre disponibile nel momento in cui, al contrario, si sarebbe dovuto girare pagina.

Così siamo arrivati al fondo non solo delle finanze, per colpa di una gestione clientelare della cosa pubblica, ma anche della nostra indipendenza istituzionale (vera o presunta), dal momento che l'iniziativa concentrica dei poteri forti chiede l'intervento e il controllo dello Stato negli affari

siciliani e mette in causa l'Autonomia e l'addita come origine di tutte le disfunzioni e del malaffare imperante.

Ricordiamo pero' a chi finge di dimenticare che c'é un pezzo di società siciliana, la Sicilia indignata dei Forconi, quella autonomista di Massimo Costa, la nostra e quella di tanti altri movimenti sicilianisti che oggi opera per il rinnovamento del mondo politico e chiede l'indipendenza e l'autonomia di quello economico, dopo 150 anni di colonizzazione, e mai permetterà che lo Statuto "incompiuto", ora che finalmente sembra che i siciliani ne abbiano compreso il valore, possa venire attaccato, criticato o peggio messo in discussione.

Eugenio Preta

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I poteri forti all'attacco I poteri forti all'attacco I poteri forti all'attacco dello Statuto di Autonomiadello Statuto di Autonomiadello Statuto di Autonomia

di Eugenio Preta

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Q uesta era la lucida conclusione, ed ancora oggi attuale, dell’inchiesta che i toscani Sidney Sonnino e Leopoldo Franchetti, nel lontano 1876, fecero sulle condizioni della Sicilia appena 15 anni dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia. Una condanna più esplicita non si sarebbe potuta avere nei confronti

dello Stato italiano che, con metodi repressivi ed autoritari, aveva frenato il processo di crescita e di autodeterminazione del popolo siciliano. Ebbene, a distanza di 150 anni – e quello che sta accadendo in questi giorni di richiesta da più parti al governo Monti di un anticostituzionale commissariamento della Sicilia – va esattamente in questa direzione con l’ineluttabile conseguenza che da sempre nulla è cambiato nel travagliato rapporto Sicilia-Italia. E per questo faccio anche mio il recente e accorato appello, di quegli uomini di cultura di intellettuali e di economisti di vari schieramenti ed appartenenze, di chiamata a raccolta di tutte le forze autenticamente sicilianiste ed autonomiste a salvaguardia di quelle prerogative sancite nello Statuto della Regione siciliana e per troppo tempo disattese. Prerogative di un Istituto Autonomistico che addirittura da molti – e tra gli altri purtroppo da alcuni siciliani (leggi la recente intervista sul Corriere della Sera di Ivan Lo Bello) si intende definitivamente cancellare . Un appello, rivolto a quelle forze e quegli uomini autenticamente meridionalisti e sicilianisti che, trasversalmente, al di fuori di appartenenze e di schieramenti dell’essere di destra o di sinistra, hanno a cuore il bene comune della nostra Isola e la salvaguardia dell’identità del popolo siciliano, e che opportunamente, in questo senso, pone l’esigenza di un rilancio dell’Istituto Autonomistico regionale. Un appello fondato sui valori della solidarietà, della tolleranza, della democrazia economica e dello sviluppo della Sicilia in termini produttivi e di valorizzazione delle enormi risorse e potenzialità che la nostra regione possiede. Le ricchezze di questa terra sono enormi, rimaste per troppo tempo inespresse e mortificate da una classe politica ascara e servile, funzionale agli interessi economici del Nord e del potere centrale che ha condannato, assegnando loro un ruolo marginale sul piano dell’economia, il Sud e la Sicilia al più deprimente ed umiliante assistenzialismo e clientelismo. Lo sviluppo del turismo e la valorizzazione dei beni culturali, un patrimonio immenso che tutto il mondo ci invidia, la razionalizzazione e la trasformazione dell’agricoltura, lo sfruttamento delle risorse del sottosuolo, la valorizzazione delle nostre tradizioni del mondo delle professioni e della cultura, lo sviluppo della piccola e media impresa produttiva, da sempre struttura portante dell’economia isolana, la razionalizzazione e la modernizzazione dell’attuale apparato industriale, la valorizzazione e la salvaguardia del nostro patrimonio ittico e il sostegno e la tutela delle marinerie siciliane tra le più significative del nostro Paese, una puntuale politica del trasporto, essendo la Sicilia, a seconda dei casi, il punto terminale o di partenza dei bacini di

traffico del territorio nazionale e della stessa Europa, una sana politica del credito funzionale allo sviluppo della economia siciliana e una seria e concreta, nei fatti e non a parole, lotta alla criminalità mafiosa credo siano i temi su cui le forze sicilianiste (autonomiste, indipendentiste, tradizionaliste e meridionaliste) sensibili agli appelli all’unità che oggi da più parti vengono fatti debbono ritrovarsi ed aggregarsi mettendo in campo, prendendo spunto da una questione meridionale mai risolta, un progetto comune: ‘Il progetto Sicilia’. I siciliani, come sostennero nel lontano 1876 Sonnino e Franchetti, debbono essere i protagonisti del proprio futuro e nella riscoperta della propria identità. Futuro e identità che i siciliani potranno ritrovare nel progetto di riunificazione di tutte e forze politiche, sociali e culturali realmente interessate alla rinascita della nostra Isola, liberandoci e affrancandoci finalmente da una classe politica servile ed ascara, piegata ai voleri e agli interessi centralisti e ancor più della finanza e dell’economia settentrionale. Solo una crescita economica e sociale fondata sulla presa di coscienza delle proprie forze e sulla valorizzazione delle proprie autonome risorse potrà consentire alla Sicilia di accorciare il profondo divario e l’atavica marginalizzazione economica in cui da sempre è stata volutamente relegata, con l’auspicato passaggio da economia assistita ad economia produttiva e in un contesto di visione geografica e strategica di Isola al centro del Mediterraneo. Isola di pace e di solidale accoglienza dei flussi migratori, ma soprattutto punto di riferimento e centro di politica di scambi commerciali con i Paesi rivieraschi del Mediterraneo e con gli stessi popoli recentemente protagonisti della primavera araba. Ed è sul passaggio fondamentale da economia assistita ad economia produttiva, ed il come si realizza, che deve fortemente caratterizzarsi questo “Progetto Sicilia”, che può e deve essere messo strategicamente in campo da quelle forze e da quei movimenti – che oggi sono tanti – che debbono trovarsi insieme, senza infingimenti, per il rilancio e per l’affermazione di un solidale autonomismo fondato su valori certi, includibili ed ineludibili, per dare ai siciliani certezze sul piano della crescita, della stabilità del lavoro, della legalità, della libertà d’impresa e della democrazia economica. Per dare voce e consequenzialità a tutto questo, come sostengono alcuni, senza porre tempo in mezzo, è necessario un patto federativo tra tutte le forze sicilianiste, autonomiste, meridionaliste e tradizionaliste che dia vita ad un asse di emergenza, convocando gli ‘Stati generali dell’Autonomia siciliana’, che, nel primario interesse delle Sicilia, conservando le loro identità e le loro peculiarità, siano in condizione di mettere in campo un soggetto in grado di redigere e sottoscrivere un ‘manifesto dei siciliani’: un ‘Manifesto’ che possa avere un’autorevole voce in capitolo nel dibattito politico regionale e nazionale e più, specificatamente, in occasione delle prossime scadenze elettorali.

Ignazio Coppola

Tutti uniti per un ‘Progetto Sicilia’Tutti uniti per un ‘Progetto Sicilia’Tutti uniti per un ‘Progetto Sicilia’

di Ignazio Coppola

“ La Sicilia lasciata a sé troverebbe il rimedio. Stanno a dimostrarlo mol� fa� par�colari e ce ne

assicurano l’intelligenza, l’energia dei siciliani e l’immensa ricchezza delle loro risorse. Una

rivoluzione sociale accadrebbe necessariamente, sia con il prudente concorso della classe agiata, sia

per effe!o di una violenta rivoluzione. Ma noi italiani delle altre province impediamo che ciò

avvenga. Abbiamo legalizzato l’oppressione esistente e assicuriamo l’impunità all’oppressore”

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A tutti coloro che hanno sinora votato o militato nei partiti politici tradizionali, vedendo sistematicamente mortificate le loro istanze per il bene della Sicilia. A tutti coloro che credono nella Costituzione della Repubblica italiana,

compresa quella parte di essa mai attuata che è lo Statuto della Regione Siciliana, A tutti coloro che pensano che i “mercati” siano fatti per l’uomo e non l’uomo per i “mercati”, e che pensano che i lavoratori, gli imprenditori, i cittadini tutti siano soprattutto i destinatari dei frutti del lavoro e non solo oggetto o fattore della produzione ridotto a merce, A tutti coloro che ancora sognano per la nostra Terra un futuro normale, in cui ogni persona possa realizzare se stessa, costruire la propria vita, senza sentire più mortificanti litanie sul sottosviluppo, la colonizzazione, la disoccupazione, l’emigrazione, il degrado, la corruzione, il malaffare, in una parola il lento annientamento di una delle terre più belle e ricche che ci siano al mondo, A tutti coloro che vogliono tornare ad essere orgogliosi di essere e dirsi Siciliani, in Italia, in Europa e nel Mondo.

Ci sono momenti storici in cui non si può restare a guardare gli “altri” che fanno politica. Gli “altri” siamo noi. Mai, come adesso, i Siciliani hanno l’opportunità e anche il potere di prendere di nuovo in mano il loro destino. Ma, per fare questo, dobbiamo uscire dalla visione di “cortile” che ci ammorba: sei di destra? di sinistra? mi devo alleare con quello? ma c’è anche quell’altro e allora non ci sto! e chi “c’è dietro”? Basta! Sono tutte divisioni ipocrite. L’unica discriminante sulla quale bisognerebbe confrontarsi è quella della difesa della Sicilia e dei suoi interessi vitali.

Da un lato c’è chi intende perpetuare, dietro le contese politiche di maniera, l’eterno colonialismo che affoga la Sicilia, e con esso il feudalesimo dei grandi e piccoli potenti, con le loro immonde clientele. Dall’altro c’è chi ha finalmente capito che quell’epoca è finita e non resta altro che una vera e propria rivoluzione di popolo, in cui i Siciliani si riprendono il loro paese, e cominciano ad essere “autonomi dentro”, prima ancora che esserlo solo da un punto di vista formale, dipendendo poi in tutto e per tutto da fuori.

Non è solo una questione identitaria, anche se l’identità del Popolo Siciliano, la sua storia, i suoi peculiari interessi, giustificano di per sé questa presa di coscienza e questa ripresa in mano della propria storia dopo tanto sonno o semiveglia. Non è però solo questo; è anche una questione di semplice sopravvivenza. La Sicilia non ce la fa più, schiacciata da duecento anni circa di subalternità politica alla Penisola, da centocinquant’anni di colonialismo interno, e ora soggetta pure allo strozzinaggio dei poteri forti della globalizzazione e di un’Europa che, se non rifondata dalla base, ci appare fallita e senza più alcun futuro.

Non è il tempo delle mediazioni, del politichese. Qui, se

continuiamo ad essere troppo “educati”, ci tolgono il pane, ci tolgono tutto, il presente come il futuro. E in più il sistema politico “ufficiale” è a un passo dal collasso. Basta uno strattone e viene giù tutto.

Ma saremo capaci di raccogliere questa eredità con una classe d i r i g e n t e c omp l e t amen t e rinnovata? Secondo me sì, ma dobbiamo anche con intelligenza mutuare una parte, la meno peggiore, di quella attuale. Il settarismo purista e la pura testimonianza non servono nei momenti rivoluzionari quale quello che stiamo vivendo. Noi oggi POSSIAMO incidere e DOBBIAMO incidere.

E per questo che mi risolvo ad uscire dal mio isolamento di studioso e a rivolgere un appello che, se adeguatamente raccolto, può stroncare sul nascere tanto i desideri di continuare come se nulla fosse il ménage attuale, quanto quelli di progettare una vera e propria “restaurazione” dei partiti italiani in Sicilia, proprio gli stessi che ci hanno condotto al collasso e alla disperazione. Dobbiamo scardinare questo progetto e lo possiamo fare soltanto unendo le forze, creando un grande blocco sociale e politico che sia unito su poche cose importanti e che decida democraticamente sulle altre.

Ebbene sì, alla fine ci vuole una macchina politica. Chiamatela “partito”, chiamatela “movimento”, chiamatela come vi pare, ma ci vuole. Se non si costituirà, magari per ora come “costituente”, ma meglio sarebbe ancora se saprà poi organizzarsi in maniera democratica ma unitaria, allora non ci sarà alcuno spazio per la riscossa e saremo sconfitti ad uno ad uno, nella nostra debolezza e nella nostra solitudine.

Per questo lancio un appello, che è anche una sfida, a tutte le formazioni politiche non subalterne agli interessi dei partiti nazionali, a tutti i circoli, a tutti i movimenti, ma soprattutto ai Siciliani. Se siete d’accordo su un programma, perché andate divisi? Ambizioni? Personalismi? La Sicilia vi giudicherà per questo. Timore di contare poco nella nuova formazione? Conterà chi avrà più consenso. Si chiama democrazia! Chi si tirerà fuori resterà isolato, e non conterà nulla.

Qual è dunque il programma minimo che questa forza politica dovrebbe proporre ai Siciliani? Provo a mettere alcuni punti essenziali, tralasciandone altri, in cui credo, ma che potrebbero creare divisioni.

Credo che il discrimine, tra chi vorrebbe dirsi di nuovo orgoglioso di essere Siciliano e tagliare completamente i ponti con decenni di pratiche impresentabili e chi è servo dentro, dovrebbe essere almeno il seguente:

⇒ Applicazione integrale e radicale dello Statuto della Regione Siciliana: Completa autonomia finanziaria e tributaria della Regione che potrà creare un proprio ordinamento tributario e una propria fiscalità di vantaggio e si vedrà attribuire la totalità delle entrate pubbliche

I dodici comandamenti del manifesto autonomistaI dodici comandamenti del manifesto autonomista

di Massimo Costa

Massimo Costa

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maturate nel territorio della Regione, acque territoriali incluse, salve le poche transazioni tra Sicilia e Italia espressamente previste dallo Statuto, Passaggio totale di funzioni dallo Stato alla Regione, con la sola eccezione degli esteri e della difesa e costituzione dell’amministrazione statale nell’isola, per le sole materie soggette a legislazione esclusiva statale, in Ministero della Repubblica posto alle dipendenze del Presidente della Regione, Integrazione dei Trattati europei con un protocollo in cui siano garantiti i diritti costituzionali della Sicilia;

⇒ Moneta complementare regionale, emessa da Banca Centrale Regionale pubblica, la quale svolga nell’Isola anche le funzioni di Banca Centrale e come tale partecipi all’emissione di euro; richiesta di ridefinire le condizioni di partecipazione dell’Italia all’Euro (superamento delle logiche neo-liberiste del pareggio di bilancio e creazione di trasferimenti fiscali intracomunitari perequativi) come condizione per restare nell’Unione Monetaria;

⇒ Fissazione di diritti minimi del contribuente, fra i quali una aliquota massima di reddito oltre la quale non è possibile tassare, un reddito minimo intassabile, revisione dei criteri di riscossione per renderli più sopportabili, impignorabilità della casa di prima abitazione che non sia di lusso, aliquota massima da porre anche su IVA e accise petrolifere;

⇒ Pubblica amministrazione: cura dimagrante con l’abolizione di tutti gli enti e commissioni pubbliche inutili e di tutti i livelli intermedi di sottogoverno parassitari; ridefinizione razionale degli organici ma anche riqualificazione delle risorse pubbliche con adeguamento dei livelli retributivi generali a soglie dignitose e premi di produttività basati su criteri oggettivi; superamento progressivo del dramma del precariato con inquadramento di tutti gli esuberi in un ruolo unico e, se necessario, accordo finanziario a termine con lo Stato per rientrare, a tappe forzate, nell’arco di un decennio da tutti gli esuberi: chi sarà regolarizzato, chi accompagnato alla pensione, chi sostenuto da interventi assistenziali, differenziando le posizioni ma senza alcuna “macelleria sociale”;

⇒ Politica industriale a sostegno del settore agricolo, della pesca e dell’agro-alimentare: controlli sulla qualità dei prodotti importati, realizzazione di infrastrutture e favore per la formazione di consorzi di settore che aumentino il potere contrattuale delle imprese, favore per la filiera corta e per le esportazioni di beni qualitativamente eccellenti; revisione delle politiche comunitarie improntate alla globalizzazione;

⇒ Energia da fonti rinnovabili diffusa nella produzione e nella

distribuzione; controllo pubblico regionale sulle grandi fonti di energia e sulla trasmissione; politiche selettive di esportazione di energia finalizzate al mantenimento di un basso costo di approvvigionamento locale e di redditi e tributi per la comunità siciliana nel suo complesso;

⇒ Proprietà pubblica inalienabile sui beni indisponibili (con eventuale gestione lucrativa privata sotto controllo pubblico) e mantenimento di centralità del ruolo pubblico nei campi dell’istruzione, della sanità, della previdenza e dei servizi a rete (raccolta e smaltimento rifiuti, acqua, energia, …);

⇒ Difesa del credito e del risparmio siciliano con una presenza attiva della Regione e incentivo alle banche che mantengono in Sicilia i loro centri decisionali e le loro sedi legali;

⇒ Difesa “militare” del patrimonio ecologico, naturale, ambientale e culturale della Sicilia da ogni tipo di svendita o speculazione;

⇒ Investimento privilegiato delle risorse pubbliche in cultura, istruzione, ricerca e infrastrutture produttive, in particolare per il trasporto interno all’isola ed esterno/internazionale;

⇒ Politica culturale identitaria a difesa della Sicilianità: costituzione di un servizio pubblico di informazione siciliano e introduzione OBBLIGATORIA della storia, lingua e cultura siciliana nelle scuole, con riconoscimento del Siciliano quale lingua regionale tutelata ai sensi della Carta Europea delle lingue regionali e minoritarie;

⇒ Requisiti minimi di onorabilità e preparazione fissati per i candidati a tutte le consultazioni.

Questo il programma di massima. Chiunque lo voglia realizzare, senza compromessi e nella misura in cui avrà il sostegno dei Siciliani, sarà considerato amico dei siciliani stessi. Da alcuni contatti avuti in questi giorni il sostegno e l’entusiasmo sono diffusi e generali. Altri contatti seguiranno nei prossimi giorni.

Se non si dovesse raggiungere la massa critica, pazienza. Lasceremo che la politica siciliana vada verso il proprio destino. Potremo dire di averci provato. Ma se – come sembra – la scelta venisse raccolta da più parti, senza veti e senza condizioni, allora organizzeremo una grande Assemblea dei Siciliani, possibilmente in un luogo simbolicamente importante, per lanciare in grande stile la costituente per un nuovo soggetto politico Siciliano che potrà cambiare il destino della nostra Terra.

È il nostro momento, il momento di un nuovo Vespro. Forse, alla fine di tutto ciò, consegneremo a noi e ai nostri figli una Sicilia libera, ricca e finalmente rispettata nel mondo. W la Sicilia!

Massimo Costa

L’ora di spezzare le catene

L’ incredibile sortita del prof. Monti, detto super Mario, chiamato al capezzale della politica incoerente, incapace e assolutista divenuta nel tempo peggio della monarchia sabauda, e zavorra per il

popolo, dimostra come i giochi di potere che lo hanno portato a Palazzo Chigi, abbiano come unico scopo quello di garantire la sopravvivenza della casta politicante che da oltre sessanta anni sta dissanguando l’Italia. Monti longas manu di Casini, suo principale sponsor, sbanda paurosamente impattando contro i più elementari principi Costituzionali, intervendo, con una nota ufficiale, a

sollecitare le dimissioni del Presidente della Regione Siciliana. Sarà anche un fine economista, sarà anche ammirato e coccolato da certe lobbies internazionali, anche se alla fine dopo otto mesi di governo dei “tecnici”, si fa per dire, voluto da

Giorgio Napolitano e messo su con una sorta di golpe in bianco digerito in fretta da senatori e deputati preoccupati di dover tornare a casa …, ha soltanto impoverito gli italiani e distrutto un’economia, ma dimostra di non sapere nulla di Costituzione e diritti costituzionali e regionali. La sortita di Monti, che tutti qui in Sicilia ritengono

suggerita da Casini, orfano della poderosa macchina elettorale che rispondeva al nome di Totò Cuffaro,

l’attivismo di certa casta politica regionale al soldo di Roma, che in questi ultimi tempi si è accentuato, dà la netta sensazione che il risveglio del movimento autonomista siciliano fa

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N el rispondere all’appello del Prof. Massimo Costa apparso s u l l e p a g i n e d i

www.lal trasic i l ia.org è forse necessario chiedersi se sia prudente in questi giorni parlare di “Sicilia” nei termini proposti dal docente (ed amico) dell'Università di Palermo. Ogni volta che la parola “Sicilia” è pronunciata in quei termini lì, non si fa altro che scagliare una picconata

più o meno efficace all’edificio statale italiano. Ma così facendo, stiamo forse portando in pasto i pezzi man mano disgregati (inclusa quindi quelli della nostra isola) nelle fauci di un Minotauro ancora più temibile nascosto tra i labirintici corridoi burocratici della Comunità Europea? E’ importante chiarire bene questo punto perché altrimenti appariremmo ingenui nel far finta di non aver visto come i signori di Bruxelles abbiano a suo tempo soffiato sul fuoco regionalista, da Barcellona a Pontida, in vista dei loro fini di omogenizzazione continentale. Poco importa se oggi, in piena crisi economica globale, quei mantici sembrano essersi zittiti. La funzione di scalzamento dal basso è una leva che potrebbe tornare utile a lor signori più avanti. E’ veramente questo il giusto momento politico e soprattutto storico per l’appello di Massimo? Se il 22 ottobre 1805 la Spagna o la Francia avessero proposto all’Inghilterra la partecipazione ad un grandioso progetto di unificazione europea volto a scongiurare i rischi di ulteriori futuri conflitti non sarebbe difficile immaginare quale sarebbe stata la risposta di Londra. Il giorno prima la flotta iberica, posta sotto il comando dell’ammiraglio palermitano Federico Carlo Gravina, era stata sconfitta insieme a quella francese da Lord Nelson nella battaglia di Trafalgar (i due ammiragli morirono per le ferite riportate, a dimostrazione del valore di entrambi). Quella sconfitta segnò la definitiva e totale sottomissione del Mediterraneo agli interessi atlantici: di lì a poco anche la sua conformazione politica sarebbe stata ridisegnata per asservire quegli interessi prima con la vittoria sulla Russia nella Guerra di Crimea e poi con la conseguente unificazione italiana. Perché mai la Corona Britannica avrebbe dovuto prendere accordi con gli sconfitti, autolimitando la propria capacità di

controllo su quello che era oramai a tutti gli effetti un lago inglese? Questa ipotetica situazione si è stranamente ribaltata nella realtà all’indomani del crollo del duopolio orwelliano USA-URSS che per tre quarti di secolo aveva bloccato in una morsa ferrea quella fascia strategica che va dall’Asia centrale al Mediterraneo. Invece di proseguire il suo viaggio unilaterale verso la conquista finale dell’intero globo, ecco che l’asse atlantico si precipita a forzare le tappe dell’unione europea a colpi di mani pulite e di quant’altro avrebbe portato alle stragi di Palermo con l’obiettivo dichiarato di scongiurare ulteriori futuri conflitti in Europa (vale la pena qui ricordare come l’Inghilterra, dietro una titubanza di facciata, abbia sposato appieno il progetto UE e detenga oggi tramite la sua banca centrale il 15% circa delle azioni della BCE, una quota inferiore solo a quella tedesca). Perché tanta fretta? A guardar bene, quello che è successo dopo il varo della moneta unica, dalla rinascita della Russia di Putin alla sostanziale sconfitta occidentale in Iraq ed in Afghanistan, suggerisce che la storia non ha ancora raggiunto il suo apocalittico punto di arrivo: la richiesta di un armistizio da parte di chi apparentemente tiene il coltello dalla parte del manico appare dunque perlomeno singolare. Come appare singolare che tra le nazioni che in Europa stanno subendo gli attacchi più duri da parte della finanza speculativa anglosassone ci siano proprio quelle con le più profonde radici mediterranee, dalla Grecia, alla Spagna alla stessa Italia. Ed alla Sicilia, negli ultimi giorni accerchiata nel tentativo di pilotarne l’insolvenza, quasi fosse già una nazione a se stante. Sotto questa luce ora possiamo meglio focalizzare una delle funzioni principali di questa Unione Europea: quella di continuare a tenere il Mediterraneo, le cui energie si stanno ora tornando a liberare, sotto il controllo atlantico. Ebbene: se al di là dei meri propositi, la Sicilia di cui parla Massimo Costa è proiettata a sfuggire alle maglie di questa rete, allora non esiste momento migliore per pronunciarne il nome. Se la Sicilia progettata in quei dodici punti potrà essere il filo d’Arianna che libererà il mondo mediterraneo dai sacrifici dis-umani imposti ai suoi popoli da un nuovo Minosse e se quella Sicilia collaborerà realmente a dare il colpo di grazia non solo all’Italia per come è stata unita sino ad ora, ma anche a questa Europa già di per sé in via di dissoluzione, allora questo è il momento per gli argonauti di agire. Tutti insieme e senza guardarsi indietro.

Abate Vella

L'attacco di Minosse

paura. Si torna al 1945. Solo che allora l’EVIS combatté con le armi, oggi è improponibile una rivoluzione cruenta. Oggi, dopo che i siciliani finalmente di sono svegliati ed accorti di essere stati merce di scambio per combine politiche, perennemente ostaggio di capi feudali che per decenni hanno vissuto grazie all’assenza dello stato ed ora, finalmente, si scopre, grazie anche alla commistione tra stato e mafia, la rivoluzione, nel nome dell’EVIS, va fatta democraticamente. Sul foglio di Ferrara, il giornalista Pietrangelo Buttafuoco il 17 luglio afferma che : “la cosa più urgente sarebbe quella di sospendere la democrazia in Sicilia. Ci vorrebbe una dittatura tecnica. Oggi, dopo venti anni dalla stagione delle stragi, pur con Totò Riina e Binnu Provenzano in carcere, la Sicilia è solo la fogna del potere. E se la Sicilia è così, evidentemente, Riina e

Provenzano erano solo una parte del problema e non “il” problema. Il vero guaio siamo noi siciliani”. E’ vero, il vero problema sono i siciliani, abulici, poco propensi al sociale, e opportunisti. Ma lo sono diventati spinti dalla necessità di sopravvivere in un sistema “marcio” importato e foraggiato dall’Italia sin dallo sbarco degli americani in Sicilia. Ma forse, grazie a Monti Casini, ora più che mai i siciliani hanno compreso che è giunta l’ora di spezzare le catene. E’ giunta l’ora di dimostrare al mondo che la Sicilia, culla della letteratura e delle arti, operosa e onesta, esiste e nello spirito del Vespro e dell’Evis, saprà far rinascere l’orgoglio di un popolo.

Ufficio Stampa - L’ALTRA SICILIA - Antudo

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T empi duri, crisi, difficoltà oggettive, voglia di riscatto, voglia di rinascita, purtroppo il popolo sovrano, ahimé, resterà per sempre pura utopia e soprattutto pura menzogna. Nell’epoca delle nuove frontiere economiche ci si accorge, finalmente, della disfatta del tanto sognato

e pubblicizzato modello Europeo. Nata con l’intento di rendere possibile uno sviluppo equo nel continente, dietro le difficoltà della crisi economica, sembra essere finita la farsa comunitarista europea. Dopo aver fatto annusare ai popoli il suo pseudo “progetto d’unione popolare” l’Europa si risveglia dal suo lungo letargo e si accorge che le falle del sistema promosso sono talmente profonde da non riuscire più a trovare l’ultimo appiglio per non precipitare nell’assoluto caos. Il progetto iniziale, va detto, è stato importante per un’effettiva crescita a livello socio-economico per il continente ma purtroppo i “padri fondatori” si sono dimenticati di stabilire una durata al loro progetto . Lasciando ai posteri l’arduo compito di rigenerare obiettivi e con il solo scopo di tenere a galla la nave di carta creata per affermarsi in un mondo che non sospettavano cosi’ globalizzato. Ci hanno inculcato ed insegnato termini astratti come democrazia e libertà. E noi come popolo abbiamo creduto in loro dandogli fiducia ed effettivamente anche registrando una rinascita dopo periodi post bellici tutt’altro che semplici da affrontare. Oggi il popolo si scandalizza e lotta per la democrazia e per la libertà, urlando e radunandosi in piazza a lottare contro quella che oggi è riconosciuta come “casta”. L’Italia , il bel paese: Prima si lancia la pietra poi si scappa come vigliacchi dando la colpa al vicino. L’Italia nasce come stato nazione attraverso le “eroiche” battaglie condotte dai famosi 1000 ladroni che per un qualche motivo, (Savoia, massoneria e ladrocinio), decisero di invadere l’intera penisola per restituirla per intero, al “popolo”. Come per l’Unione Europea le intenzioni iniziali sono state delle più ardue ed importanti ma come per quanto riguarda l’UE i mille si sono dimenticati “stranamente” di dire al “popolo” che tale nuova nazione sarebbe comunque stata regalata agli uomini più influenti, amici (e non solo amici) degli uomini che avrebbero avuto il compito di lottare per creare la nazione italiana con il grande maestro della massoneria, Garibaldi. Dopo gli “eroici” combattimenti dei Garibaldini e dopo tanti anni di pseudo-cambiamenti politici, ancora una volta, il popolo si è accorto che “l’erba del vicino è sempre più verde” dando forza e partecipando in modo attivo alla creazione di quella che oggi viene chiamata casta. Una regione a statuto autonomo come quella siciliana avrebbe dovuto cominciare ad imporsi all’interno del parlamento italiano, affermando la sua autonomia e manifestando il dissenso alle scelte dettate dai potenti politicanti “romani” devoti ai loro portafogli ed ai loro affari. E invece no! il “popoletto siciliano” si è fatto velocemente sottomettere dalla volontà dei “potenti” restando di volta in volta in disparte nelle fatidiche scelte di governo. La politica conosce una grave crisi addirittura più importante di quella economica ed è quindi venuto il momento di dire basta! Non dobbiamo più essere schiavi del parlamento italiano, non bisogna più ascoltare ed obbedire chinandosi sulle ginocchia ai ladri e truffatori che ci governano in modo “spudoratamente” ANTI-democratico e per ultimo ma non meno importante, dobbiamo

smettere di dare ascolto ad improbabili politicanti Siciliani che prendono esempio dai loro colleghi italiani e pretendono voti solo per riempire i loro portafogli. La casta è stata creata dal popolo, la casta non è altro che lo specchio delle scelte del popolo che in tempi di elezioni accetta la “bustina” con il nome del candidato in cambio però di un NON FUTURO. Non bisogna rinnegare e distruggere tutto quello che c’è di buono (ed esiste chi ha cercato di dare un futuro alla nostra isola) ma bisogna rivendicare la nostra tradizione che è nel nostro statuto di Autonomia; è venuto il momento di concentrarsi su tutto quello che questa bellissima isola può dare alla sua gente e far capire all’italia che siamo e resteremo uno stato autonomo, indipendente e libero di prendere delle scelte condivise. Per fare questo però serve un cambiamento di rotta, serve la voglia di riscatto e serve lavoro. Dobbiamo smettere di copiare i modelli di vita inventati dalle televisioni e dai film, perché un popolo che ha “dominato” il mediterraneo non può e non deve dimenticarsi di quello che è capace di fare. Dobbiamo smetterla di cercare di vivere solo di turismo e dobbiamo smetterla di comprare i limoni spagnoli nei nostri supermercati, dobbiamo smetterla di sognare le spiagge caraibiche e le star del grande fratello. Adesso o mai più abbiamo un’ultima possibilità di essere siciliani, abbiamo l’ultima occasione di imporci non solo economicamente ma anche culturalmente. I viaggi di popoli importanti come arabi, greci, romani, bizantini, normanni, anche angioini e aragonesi e gli stessi borbone hanno dato la vita al nostre essere Siciliani. Ma oggi molti siamo scappati dalla nostra regione in cerca di lavoro e di vita migliore. Oggi dobbiamo riunirci e che è giunto il momento di creare il nostro demos e la nostra propria democrazia. Oggi dobbiamo ricordarci chi siamo stati e lamentarci per quello che saremmo potuti essere, consapevoli che si può ricostruire un futuro rimembrando il passato ma aprendo gli occhi adesso, sul presente.

Stefano Preta

Giovani siciliani Giovani siciliani Giovani siciliani Giovani siciliani Giovani siciliani Giovani siciliani Giovani siciliani Giovani siciliani

crescono...crescono...crescono...crescono...crescono...crescono...crescono...crescono...

Stefano Preta

In ricordo di Giuseppe Gatì., morto tre anni fa in circostanze ancora rimaste misteriose. Per non dimenticare mai …..

il coraggio, la fierezza e la forza delle sue idee.

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Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XIV - n° 4 - Settembre - Ottobre 2012

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SICILIA L’ALTRO IERISICILIA L’ALTRO IERISICILIA L’ALTRO IERISICILIA L’ALTRO IERI

Palermo: 68 anni fa una della pagine più tristi dell’immediato dopoguerraPalermo: 68 anni fa una della pagine più tristi dell’immediato dopoguerra

19 ottobre 1944, cronaca di una strage impunita19 ottobre 1944, cronaca di una strage impunita Anniversario della strage del pane di via Maqueda. Circa 200 palermitani, molti ragazzi e bambini, falciati dai soldati della Brigata «Sabaudia»

di Nunzio Lauretta

P alermo via Maqueda, giovedì 19 ottobre 1944, verso mezzogiorno. Gli impiegati comunali della capitale siciliana, da alcuni giorni erano in stato di agitazione, chiedevano la concessione di un’indennità di carovita, analoga a quella concessa ai dipendenti dello Stato, per

tentare di far fronte al continuo aumento dei prezzi di tutti i generi di prima necessità, provocato dall’inflazione e, soprattutto, dagli speculatori. Fenomeno odioso, quello del mercato nero, che nemmeno gli anglo-americani, nonostante la propaganda, erano riusciti ad eliminare. Lo sciopero indetto per il 18 ottobre 1944 era stato sospeso nell’attesa che una delegazione di «comunali» venisse ricevuta dal Commissario prefettizio del comune, il barone Merlo. Questi, affermando che «il Comune non aveva soldi» chiuse ogni possibile trattativa. Così, l’indomani, una folla di circa 400 dipendenti comunali mosse da piazza Pretoria per raggiungere palazzo Comitini, dove aveva sede la Prefettura e l’Alto Commissariato per la Sicilia. I manifestanti ebbero a verificare che non erano a Palermo né il prefetto Paolo D’Antoni, né l’Alto Commissario Salvatore Aldisio. In sede c’era solo il vice prefetto Giuseppe Pampilonia. La folla di manifestanti, via via ingrossata da ragazzi, donne e giovani dei quartieri più poveri, finì di essere una manifestazione di categoria per trasformarsi in una vera e propria protesta di popolo, stanco dei bombardamenti che aveva subito fino alla vigilia dello sbarco alleato e della situazione alimentare non più tollerabile. L’incapacità di gestire la protesta da parte del Pampilonia presto diventò panico e fu il disastro. In risposta a dei manifestanti che al più brandivano dei randelli e dei pezzi di legno e che a gran voce, chiedevano salari adeguati, ma soprattutto «pane e pasta per tutti», il vice prefetto seppe solo chiamare il Comando Militare della Sicilia, chiedendo l’invio di militari per difendere la prefettura, che nessuno aveva tentato di assaltare. Dalla Caserma «Ciro Scianna» partirono una sessantina di soldati, stipati su due camion, quasi tutti sardi, del 139° Reggimento di Fanteria della Brigata Sabaudia (al comando della quale c’era il ben noto generale Giuseppe Castellano, quello che aveva firmato l’armistizio di Cassibile), sotto il comando del sottotenente Calogero Lo Sardo, un giovanissimo ufficiale nativo di Canicattì. Tutti i militari erano armati del moschetto 91, trentacinque di loro erano stati dotati di due caricatori; ventuno, invece, di caricatori ne ebbero solo uno, assieme a due bombe a mano. Quando furono ai Quattro Canti, il giovane ufficiale ordinò di caricare le armi. Al momento in cui il primo automezzo s’inoltrò in mezzo alla folla, volarono sassi e alcune latte contro i militari, subito, però, si udì un’esplosione vicino al camion, forse qualche giovane soldato perse la testa, comunque nessuna inchiesta riuscì a stabilire chi avesse sparato per primo. Dopo si scatenò un inferno di fuoco contro i dimostranti che stazionavano presso la sede della prefettura. Di certo c’è che tutte le fonti confermano che nessuno dei dimostranti era armato. La folla si disperse nelle stradine circostanti e negli androni dei

palazzi vicini, sul selciato rimasero a decine i morti e i feriti. Gli scioperanti si diedero da fare adagiando i morti ed i feriti su tavole, scale, carrettini a mano ed altri mezzi di fortuna per trasportare i feriti negli ospedali e nei posti di pronto soccorso. Le autorità, subito dopo il massacro compiuto, si affrettarono a disporre l’uso degli idranti, per cancellare con forti getti d’acqua le tracce di sangue che testimoniavano la strage commessa dai soldati della Sabaudia. Fra le prime vittime accertate spiccarono i nomi, pubblicati dal Giornale di Sicilia il giorno successivo, di Francesco Frannotta di anni 10, di un ragazzo non identificato dell’età apparente di anni 10, di Domenico Cordone di anni 15, di Michele Damiani di anni 12, di Andrea Di Gregorio di anni 15, di un bambino non identificato dell’età apparente di anni 7, di Gaetano Balistreri di anni

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11, di Oreste Bisanti di anni 11, di Pietro Coppola di anni 11, di Esposito Bartolomeo di anni 16, di Simone Romano di anni 12, di Giuseppe Ciamba di anni 10, di N. Pierano di anni 8, di Luigi Reina di anni 11, di Salvatore Nuccio di anni 18, di Dorotea Rotondi di anni 10, di Gioacchino Morici di anni 13, e così via. Non si può certo parlare di manifestanti pericolosi per l’ordine pubblico contro cui i soldati della Sabaudia spararono ad altezza d’uomo. Consideriamo, ora, il numero di colpi a disposizione della truppa: 91 caricatori da 6 colpi comportano la disponibilità di 546 colpi. Se, come sembra molto probabile, nessuno o quasi nessuno dei 35 militari dotati di doppio caricatore ebbe il tempo di usare il secondo, anche perché la folla si dileguò, se ne desume che furono esplosi circa 300 colpi o poco più. Il risultato ufficiale di 30 morti e 150 feriti che ci hanno consegnato le cronache è quindi indicativo di una sparatoria ravvicinata e mirata a colpire, come peraltro era prescritto dalla circolare Roatta del 26 luglio 1943, riconfermata integralmente il 31 agosto 1944 dal generale Taddeo Orlando. Ma di questo, come era ovvio, nessuno fece mai parola. In effetti il numero dei morti fu enormemente più alto, vuoi perché parecchi dei feriti più gravi non ce la fecero, vuoi perché tanti rimasti feriti non vollero ricorrere alle cure pubbliche per non dover declinare le proprie generalità. Il balletto delle accuse incrociate cominciò subito: da Roma, Aldisio accusò i manifestanti di avere assalito dei camion di farina che attraversavano la città, cosa che nessuna fonte riporta; il Comitato di Liberazione Nazionale di Palermo accusò i separatisti e gli ex fascisti e chiedevano l’accelerazione dei processi di epurazione; i repubblicani accusavano i monarchici; l’Avanti chiedeva di «colpire spietatamente i separatisti […] che armavano la mano dei sicari per provocare repressioni sanguinose»; il giornale «La Voce Socialista» se la prese con i lavoratori in sciopero che gridavano e occupavano le strade, accusandoli di incoscienza e mancata organizzazione; i separatisti, attaccati da tutti, non potevano che prendersela con tutti. Se però si vanno a leggere alcune lettere censurate del periodo, c’è da tremare, come nel caso di quella della signora Teresa Morvillo, che così scriveva a Franca Morello, il 21 ottobre: «… noi dalle finestre dell’ufficio abbiamo assistito ad una fase di esso… se tu avessi visto! La maggior parte era costituita da bambini dai 10 ai 12 anni! C’erano giovanotti imberbi, qualcuno più grande… gridando si sono messi a fare gran baccano dovunque: insomma sciopero. Ma nessun bastone o arma era nelle loro mani… il gruppo più grosso si trovava a reclamare pane e pasta dinnanzi il Palazzo della Prefettura, nient’altro che questo faceva. Quando meno se l’aspettava ha visto arrivare un camion con un gruppo di badogliani, sardignoli, i quali, non si sa perché, appena giunti in mezzo ai dimostranti hanno buttato bombe a mano e sparato con fucili mitragliatori. Hanno fatto circa duecento tra morti e feriti, la maggior parte bambini, giovanottini e, come sempre, altre vittime innocenti che non prendevano parte alla dimostrazione ma o guardavano o si trovavano lì vicino!!! Ciò ha prodotto la generale indignazione e l’indomani mattina sono apparsi manifestini con scrittovi che «la cittadinanza era a lutto per le vittime del piombo sabaudo». La Commissione d’inchiesta insediata già il giorno successivo dal governo romano e presieduta dall’Ispettore generale di P.S. Michele Iantaffi e dal dott. Pasquale Cortese (DC), dal prof. Giuseppe Drago (PSI) e dal prof. Giuseppe Montalbano (PCI), fu un fallimento, già il 4 novembre i componenti avevano ritirato la loro adesione e la relazione finale, a firma del solo Presidente, escluse ogni responsabilità dei militari, lasciando intravedere la provocazione da parte dei manifestanti. Dal punto di vista giudiziario, intanto, il sottotenente, i tre sottufficiali e i 21 soldati che avevano avuto in dotazione le bombe a mano furono deferiti al tribunale militare, con l’accusa di strage ed omicidio plurimo. Il processo, per legittima suspicione, fu trasferito a Taranto, si ebbe la sentenza dopo circa tre anni, nel febbraio 1947, e fu scandalosa: le imputazioni erano

state derubricate ad «eccesso colposo di legittima difesa». Nessuno fu condannato. Ma, nessun colpevole significa tutti colpevoli. Politicamente, il massacro del 19 ottobre 1944, rappresenta l’incipit di tutto ciò che accadrà fra la fine del 1944 ed il 1945: dai «Moti del non si parte» e la fondazione di ben quattro repubbliche, segnacolo di un assoluto distacco tra le popolazioni siciliane ed i governi badogliani, prima, e bonomiani, dopo. La verità è che la Sicilia, tra folle affamate, indipendentisti, banditi, mafiosi e servizi segreti italiani e stranieri, era una vera e propria polveriera sul punto di esplodere. E, qua e là, alcune "esplosioni" si verificarono. Basti pensare al fenomeno del «Non si parte» che portò alla creazione delle cosiddette "repubbliche", proclamate a Comiso, a Palazzo Adriano, a Piana dei Greci e a Giarratana fra i mesi di gennaio e febbraio del 1945. Furono delle vere e proprie rivolte, il cui confuso e velleitario obiettivo era quello di affermare una sorta di "potere popolare", che «andrebbero studiate accuratamente e con l’ausilio di tutta la documentazione oggi disponibile, al di là dei vieti pregiudizi connessi all’adozione della categoria interpretativa della "spontaneità", come ha sostenuto anche il prof. Carlo Marino nella sua «Storia del separatismo siciliano» del 1979. Infatti, intere popolazioni, stremate dalla fame, dal "mercato nero" e dall’ammasso obbligatorio del grano, si ribellarono all’autorità statale, specie quando a tanti giovani arrivarono le "cartoline verdi" di richiamo alle armi. Non furono pochi i casi in cui folle inferocite si riunivano nelle piazze dei paesi per ammucchiare le cartoline e farci i falò. E non furono pochi i giovani siciliani che, al richiamo alle armi e al rischio di morire nelle trincee del Nord, preferirono la latitanza sulle montagne, aggregandosi alle bande che lì scorazzavano. Infine, non va trascurato il fatto che appena quattro giorni dopo i fatti di Palermo, esattamente il 23 ottobre, Andrea Finocchiaro Aprile incontrò a Catania Antonio Canepa, da poco rientrato dalla Toscana, dove aveva guidato una formazione partigiana, secondo alcuni a sinistra del PCI, e lo incaricò di organizzare l’EVIS (Esercito Volontario per l’Indipendenza della Sicilia), dando così il via alla composizione di un’altra pagina dolorosa della storia della nostra terra, che continuò per anni, anche dopo la morte del Canepa stesso, ucciso mesi dopo in un agguato. Forse non finì del tutto nemmeno con la morte di Salvatore Giuliano. Ma questa, come si dice, è un’altra storia.

Nunzio Lauretta

(Suite de la page 9)

“C erto è che la strage sarà ricordata, come ha scritto lo storico Francesco Renda, come “la prima grande tragedia dell’Italia

liberata”. Sulla rivolta non ci sono fotografie e corpi di reato, soltanto alcune carte dello scarno fascicolo processuale e la sentenza. Superfluo dire che manca qualsiasi accenno nei libri di storia per le scuole. Siamo, forse, condannati a vivere in un paese che non conoscendo la propria storia è destinato a ripeterne gli errori? Auguriamoci di no, auspicando al contempo che qualcuno si prenda la briga, dopo 68 anni e a tutela della memoria, di aprire archivi e cassetti per consentire di ristabilire la verità storica. Dopo anni di silenzi omertosi, rimozioni, coperture ed omissioni, appare quasi un atto dovuto. ( Lino Buscemi )

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Il Duomo di Catania

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23 agosto 1973, un giovedì. Jan-Erik Olsson, per gli amici “Janne”, entra nella sede della Kreditbanken di Norrmalmstorg, una piazza al centro di Stoccolma e, dopo una raffica indirizzata al soffitto, … « la festa comincia, tutti

giù per terra »! Quattro dipendenti della banca vengono presi in ostaggio.

Non si trattava di una normale rapina, egli chiedeva sì 3 milioni di corone svedesi, … rivalutati ad oggi, più o meno 4 milioni di euro …, ma anche la liberazione di un compagno di malavita, Clark Olofsson, detenuto in un

carcere di massima sicurezza.

Sei giorni dopo, il 28 agosto, “Janne” venne

arrestato.

Con enorme stupore degli inquirenti, gli ostaggi appena liberati presero le sue difese, testimoniando in suo favore e chiedendo clemenza alle autorità. Kristin Ehnmark sostenne di essersi trovata bene e di aver avuto paura soltanto dei metodi violenti della polizia e dell’insensibilità del primo ministro

Olof Palme!

« Se piaci a qualcuno non ti ucciderà. La colpa è degli ostaggi. Facevano tutto quello che dicevo. Hanno fatto in modo che ucciderli fosse difficile. L’unica cosa da fare era conoscersi » … affermò lo stesso Jan-Erik

“Janne” Olsson!

Fu così che Nils Bejerot, il criminologo e psicologo che aveva affiancato la polizia svedese, coniò il termine Sindrome di Stoccolma, ad indicare, oltre alla condizione psicologica specifica di quel caso, per la quale chi è vittima di un sequestro può arrivare a nutrire trasporto, simpatia, addirittura a parteggiare, in una sorta di dipendenza emotiva, per il proprio sequestratore, anche quella più generale che attesti il legame speciale che può instaurarsi tra chi subisce abusi ed il suo profittatore, il suo carnefice, il

suo aguzzino.

Pare che dipenda dal grado di dipendenza che la vittima avverte nei confronti dell’altro, generando un meccanismo di totale attaccamento nei suoi confronti, che poi altro non è se non espressione dell’umano istinto di

sopravvivenza.

E più passa il tempo, più questo senso di dipendenza, questo attaccamento totale, quasi morboso, quest’istinto di sopravvivenza si amplifica e si

radicalizza.

Il 21 ottobre 1860, un plebiscito che, in molti, ancora oggi, considerano

farlocco, sancì l’annessione dell’ex Regno delle Due Sicilie al Piemonte!

In Sicilia, votò meno di un quinto della popolazione, con una maggioranza “bulgara” a favore dell’annessione, poco meno del 99,85 per cento! Le solite malelingue osarono parlare di brogli, di intimidazioni, di voto non

segreto!

Da quell’annessione, … abbiamo conosciuto le eroiche gesta di Gerolamo “Nino” Bixio, che seppe spezzare le reni a quei quattro o cinque, indisponenti rivoltosi di Bronte, … Nicolò Lombardo, acclamato sindaco dalla popolazione e ritenuto a capo della rivolta stessa, … Nunzio Ciraldo Fraiunco, demente, a cui nessuno del plotone d’esecuzione ebbe il coraggio di sparare, … Nunzio Longi Longhitano, … Nunzio Nunno

Spitaleri, … Nunzio Samperi!

Ancora, fu smantellata la cellula terroristica di Castellammare del Golfo, … Mariana Crociata, cieca, analfabeta, 30 anni, … Marco Randisi, bracciante agricolo, storpio, analfabeta, 45 anni, … Benedetto Palermo, sacerdote, 46 anni, … Angela Catalano, contadina, zoppa, analfabeta, 50 anni, … Angela

Calamia, disabile, analfabeta, 70 anni, … Antonino Corona, disabile, 70

anni … e la capobanda, Angela Romano, 9 anni!

Abbiamo avuto le migliaia di vittime, troppo a lungo negate, della rivoluzione cosiddetta del sette e mezzo, ovvero, in tempi più recenti, le decine di vittime dell’altrettanto a lungo celata strage del pane di Via

Maqueda!

Con quell’annessione, … furono sottratte alle banche, alle chiese, ai musei, alle case private, enormi ricchezze che servirono a ripianare le disastrate

casse piemontesi ed a lanciare la neonata industria settentrionale, a tutto discapito della

fiorente economia meridionale e siciliana!

Si è imparato ad ignorare che la storia della Sicilia è fatta anche di 686 anni di indipendenza, dal 1130 al 1816, e che il suo parlamento risale al 1129! Si è messo in secondo piano come la costituzione del 1812 sia stata l’unica, vera costituzione di uno stato preunitario e come quella del 1848, … forse perché all’articolo 2 recita “La Sicilia sarà sempre Stato indipendente”? …, sia portata ad esempio di costituzione per l’epoca

progressista e liberale!

Si sono cancellati i meriti sociali e culturali della Sicilia, … il primo cimitero in Europa senza distinzione tra classi sociali, … i primi

orfanotrofi, ospizi, collegi, conservatori, strutture di assistenza e formazione, … il primo piroscafo ad effettuare la traversata dal Mediterraneo verso l’America, … il tasso di mortalità infantile tra i più bassi,

… l’assenza di emigrazione!

Si evita di citare, persino o a maggior ragione nelle ricorrenze ufficiali, quel Pactum tra i rappresentanti del popolo siciliano in armi ed il governo italiano, che fu alla base della concessione dello Statuto speciale di

autonomia!

Da quell’annessione, poi, la Sicilia è divenuta una sorta di terra di conquista e di sfruttamento, … dai poli petrolchimici, che hanno distrutto

Sindrome di Stoccolma!Sindrome di Stoccolma!Sindrome di Stoccolma!

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“ Eppure …, eppure accade che

tan�, troppi quasi si vergognino

di essere siciliani, della loro

stessa lingua, … non diale�o, …

LINGUA, come sancito dalla

stessa Carta Europea delle Lingue

Regionali o minoritarie, approvata il 25

giugno 1992, entrata in vigore il 1 marzo

1998, firmata dallo stato italiano il 27 giugno

2000 … ma l’ha ra�ficata solamente nel

marzo di quest’anno e il siciliano non è stato

incluso.

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Q uesto è un messaggio annunciato: nella crisi politica di un momento particolare, nelle spire di un anelito identitario e nelle voglie di mettersi all'opera per ridare fiducia e possibilità di futuro ai tanti amici che ci hanno seguito nel tempo e ci

hanno comunicato le loro aspettative e le loro necessità. Questo messaggio avviene mentre la politica si sta apparecchiando nuovamente la tavola del potere richiamando le vecchie cariatidi e i servi dei poteri forti - banche, confindustria e istituzioni - sempre gli stessi, a dipanare la matassa di un vuoto creato da un vecchio signore che, dopo aver acceso tante illusioni, è stato costretto a lasciare. Avevamo pensato che fosse arrivata una nuova stagione politica, ma abbiamo capito subito di essere rimasti ancora una volta fuori dai giochi, noi, come associazione di volontari della politica, voi, costretti a fare gli spettatori, traditi, di uno spettacolo che è ricominciato con l’ABC (Alfano, Bersani e Casini) della politica politicante guidata per ricominciare con Monti, dove lo metti sta, Casini, belloccio resuscitato, Fini sempre inaffidabile banderuola e tutti quelli che voi ben conoscete e che hanno dato chiara prova di quello che sanno, e si accingono, a fare con la scusa di un governo di eme r g e n z a , i n v e r i t à cinicamente per non perdere la poltrona e i vantaggi che comporta, perché sanno bene che nel caso di nuove elezioni, avrebbero tanti problemi a ripresentare i loro vecchi faccioni. Non solo il tradimento è nel DNA di questi signori, ma cosa più grave, il rimangiarsi quello che avevano detto e la loro incapacità politica. Adesso è fatta: Napolitano, lo stesso che chiede la rispettabilità della classe politica ed ancora circolano sul web immagini del parlamento europeo nel 2004 che lo vedono protagonista della cresta ai rimborsi viaggi, non credeva possibile di essersi così sbarazzato di Berlusconi e poter affidare ad una ben conosciuta cerchia di affaristi, nascosti

dietro i veli di Università, agenzie di rating, esclusivi circoli massonici, Aspen institut e istituti religiosi, le sorti di questo maledetto Paese. Se Berlusconi aveva avviato lo scempio della politica, Napolitano, con Monti e compagnia, questo scempio lo porterà a termine apportando la scusa del mercato, del debito e della credibilità della Nazione. L'ALTRA SICILIA si è preparata da tempo a questo momento, ma si trova ancora nella difficoltà di poter fare fronte ad una campagna elettorale che avverrà, sempre se Berlusconi e, a questo punto anche Bossi, non verranno trafitti dal fuoco amico e da nuovi traditori venduti e prezzolati che voteranno, con la speranza di potersi sedere tra i nuovi duci, contro la richiesta urgente di nuove elezioni. Noi chiediamo con forza nuove elezioni per poter cambiare

finalmente il destino del Paese e specialmente delle nostre comunità all'estero. Così agli italiani all'estero, ricordando il falso senatore Di Girolamo, raccomandiamo quei richiedenti voti che, dopo essere rimasti assenti, alla faccia degli italiani che li hanno eletti, ora hanno ripreso a girare per assoldare truppe cammellate per poter continuare ad assicurare la loro "determinante" presenza a favore delle comunità emigrate nel Parlamento italiano, dove li ha portati una legge mal studiata, inutile e soprattutto ma l c o ngeg na t a n e l l e estrinsecazioni del voto e negli imbrogli impuniti. Tralasciando gli imbrogli che immancabilmente, siamo sicuri,

potremmo già essere in grado di anticiparvi, tanto sono sempre gli stessi, vorremmo vedere come si potrà, ora che questi signori, nella salvaguardia dei nostri interessi (sic!), sono riusciti a fare cancellare quasi tutti i consolati rendendo non solo più difficile ma impossibile così, se non foraggiati da un fondo che solo i partiti che hanno ottenuto i rimborsi elettorali per le passate elezioni possiedono, raccogliere firme per depositare liste e candidature e fronteggiare così le armate di approfittatori che caleranno all'estero per gabbare,

AAAAA... Cercasi SicilianiAAAAA... Cercasi SicilianiAAAAA... Cercasi Siciliani capaci di lottare per la loro terra capaci di lottare per la loro terra capaci di lottare per la loro terra con abnegazione e determinazionecon abnegazione e determinazionecon abnegazione e determinazione

“ La Sicilia ha bisogno di uomini forti di quel pensiero politico che fa della politica lo strumento dello sviluppo economico e sociale. ( Francesco Paolo Catania )

“T ralasciando gli imbrogli che

immancabilmente, siamo sicuri,

potremmo già essere in grado di

an�ciparvi, tanto sono sempre gli stessi,

vorremmo vedere come si potrà, ora che

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così le armate di approfi�atori che caleranno

all'estero per gabbare, per l'ennesima volta, i

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aree un tempo paesaggisticamente splendide, in cambio di abnormi tassi di malattie tumorali e di malformazioni neonatali, alla benzina che, da noi, costa mediamente più che nel resto d’Italia, per quanto se ne raffini oltre il 40 per cento, … dalla grande distribuzione e dai prodotti delle industrie del nord che la fanno da padrona, allo “schiacciamento” della nostra

economia, … e via discorrendo!

Eppure …, eppure accade che tanti, troppi quasi si vergognino di essere siciliani, della loro stessa lingua, … non dialetto, … LINGUA, come sancito dalla stessa Carta Europea delle Lingue Regionali o minoritarie, approvata il 25 giugno 1992, entrata in vigore il 1 marzo 1998, firmata dallo stato italiano il 27 giugno 2000 … ma l’ha ratificata solamente nel marzo di

quest’anno e il siciliano non è stato incluso.

«Quando il carnefice ti toglie tutto, l’unico punto di riferimento che ti

rimane è il carnefice», scriveva Pino Aprile in Terroni!

Incuriosito da questa Sindrome di Stoccolma, … la sento nominare spesso a Pippo Scianò …, mi sono documentato sulla rete, giusto per sapere se vi

fossero eventuali cure o rimedi.

Ed in proposito, lasciando perdere le per me troppo dotte argomentazioni psicologiche o psicoterapeutiche, un lettore, o lettrice, ha detto la sua, in maniera certamente ingenua, ma che credo si adatti bene a tutte le forme

o manifestazioni della sindrome …

… «con il cercare di essere indipendenti» …!!!

Arturo Frasca

(Suite de la page 15)

Sindrome di Stoccolma!

per l'ennesima volta, i nostri connazionali. L'ALTRA SICILIA, presente per ben due volte (2006 - 2008) e in povertà di mezzi, ma con risultati lusinghieri che ci fanno onore, alle elezioni nella circoscrizione estero (Ripartizione Europa), ora che siamo diventati più grandi, più pragmatici e, purtroppo, meno idealisti, vediamo che non ce la possiamo fare da soli e per questo ci siamo convinti a lanciare il presente appello. Presentate le vostre candidature con L'ALTRA SICILIA, adoperatevi per poter raccogliere le firme necessarie alla presentazione di nostre liste, in tutti i paesi dove batte un cuore ancora siciliano; parlatene a parenti e simpatizzanti, costituiamo comitati spontanei di candidatura e di supporto alle liste che riusciremo a presentare, dimostriamo di esserci e di essere capaci di vincere e almeno di poter dare fastidio scombussolando i giochi dei soliti noti. Da parte nostra la sicurezza di non lasciarci comprare, di non accettare compromessi, di operare per la Sicilia e solo per la Sicilia e al servizio delle comunità siciliane nel mondo da

anni, e lo attestano anni di battaglie, di campagne per l'identità e per la verità. Restiamo perciò attenti allo svolgersi degli avvenimenti e, se

per il 2012 vincerà la vergogna di quanti accetteranno Monti e i servi dei poteri forti, iniziamo sin da ora, a preparare il nostro riscatto e la nostra vittoria alla scadenza del 2013.

Che il coraggio possa essere (sia) ancora il nostro signore.

Francesco Paolo Catania

Presentate le vostre candidature con L'ALTRA

SICILIA, adoperatevi per poter raccogliere le

firme necessarie alla presentazione di nostre

liste, in tuJ i paesi dove ba!e un cuore ancora

siciliano; parlatene a paren� e simpa�zzan�,

cos�tuiamo comita� spontanei di candidatura e

di supporto alle liste che riusciremo a

presentare, dimostriamo di esserci e di essere

capaci di vincere e almeno di poter dare fas�dio

scombussolando i giochi dei soli� no�.

Non solo il tradimento è nel DNA di questi signori, ma cosa più grave, il rimangiarsi quello che avevano detto e la loro incapacità politica.

Reustaurant - Traiteur

Boulevard Lambermont 330 - 1030 Schaerbeek

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Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XIV - n° 4 - Settembre - Ottobre 2012

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Questa è la traduzione in italiano di un volantino distribuito dalla polizia texana. Dopo gli ultimi, ma non unici, avvenimenti locali che vedono coinvolti adolescenti sarebbe bene farlo conoscere.

Il romanzo di Cagliostro di Giuseppe Quatriglio

Il mistero di Cagliostro secondo Quatriglio

Il palermitano Giuseppe Balsamo, autoproclamatosi Conte Alessandro Cagliostro, è l'unico avventuriero della seconda metà del Settecento di cui si continua a scrivere negli anni del Duemila. Tengono vivo il mito dell'inquietante personaggio frequenti programmi televisivi e anche manifestazioni esoteriche a sfondo turistico che periodicamente si

svolgono nel castello di San Leo, luogo di detenzione del mago, e anche nella vicina città di Rimini, sempre con larga partecipazione di pubblico. Giuseppe Quatriglio, che da molti anni si occupa dell'avventuriero e della sua proiezione nel mondo contemporaneo, ha scritto un agile saggio nel quale Cagliostro, per la prima volta, viene messo a confronto, in singoli capitoli, con le personalità europee con le quali ebbe a che fare, o che si occuparono di lui: Casanova, Goethe, Caterina II di Russia, Pio VI. Come risultato di nuove ricerche viene evidenziato che Cagliostro non fece ritorno a Roma per aderire alle pressanti richieste della moglie, ma perché credeva di avere una missione da compiere nella città del Papa. In una ampia carrellata sono elencate le espressioni di pensiero che dal finire del Settecento fino ai nostri giorni sono state stimolate dalla presenza del Cagliostro, e viene anche annotato come l’immaginario di artisti sia stato sollecitato proprio dal personaggio più controverso del secolo dei Lumi : nelle arti figurative, nella musica, nel cinema, nella letteratura. Viene illustrata anche la sorprendente collezione di ventagli dipinti, con le immagini del mago e della sua compagna, che circolavano nei salotti bene della capitale francese, tra gli alti specchi e i cavalieri in parrucca. I ventagli, custoditi in un museo della capitale francese, costituiscono il document rivelatore di una società frivol ache non avvertiva l’approsimarsi della Rivoluzione. Vengono ancora pubblicate, in una sequenza che va dal 1785 al 2012, le frasi più significative di libri pubblicati su Cagliostro. L’appendice ripercorre la vita dell’avventuriero attraverso le testimonianze scritte, i verbali , gli incartamenti e i documenti prodotti sulla figura di Cagliostro, materiale, questo, che offre la misura della dimensione del personaggio e dell’interesse che suscitavano i comportamenti pubblici del mago nella società del suo tempo.

Caratteristiche: Numero di pagine 160 Editore : Rubbettino Dimensioni : octavo edition (da 20 a 28 cm) Disponibilità in commercio Prezzo € 12.00

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Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XIV - n° 4 - Settembre - Ottobre 2012

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TAGLIOLINI ALLA TRABUCCARATAGLIOLINI ALLA TRABUCCARATAGLIOLINI ALLA TRABUCCARA

Ingredienti: 350 g di tagliolini al nero di seppia, 300 g di Gallinella, 200 g di Scorfano, 250 g di pomodori (circa 4 pomodori tipo costoluto fiorentino o Pachino Siciliano), 1 spicchio d’aglio, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, olio extra vergine d’oliva,

sale e pepe

Preparazione: In una padella capiente mettere 3 cucchiai d’olio e soffriggere l’aglio tritato finemente. Aggiungere i pesci ben puliti ed eviscerati, versare mezzo bicchiere d’acqua, coprire e cuocere per circa 15 minuti. Quando i pesci sono cotti toglierli dalla padella, adagiarli su un vassoio e pazientemente levare tutte le polpe. Riprendere la padella dove è stato cotto il pesce, con il brodo che si è formato in cottura, unire i pomodori tagliati grossolanamente e cuocere per qualche minuto. Unire le polpe dei pesci (facendo attenzione alle lische, ci vuole un lavoro certosino per toglierle tutte), cuocere per un paio di minuti ancora. Spengere il fuoco, unire il prezzemolo e condire i tagliolini cotti al dente �

BBBUSIATEUSIATEUSIATE CONCONCON MELANZANEMELANZANEMELANZANE EEE PESCEPESCEPESCE SPADASPADASPADA

Ingredienti: 300 g di pesce spada, 200 g di ciliegino, due denti d'aglio, una cipolla tagliata sottile, menta fresca, peperoncino fresco, olio d'oliva, 1 melanzana grande, un cucchiaio di pinoli, sale, 1/2 bicchiere di vino bianco secco, pasta 300 g se è

secca, 450 se è fresca come le busiate. In alternativa potete usare le penne rigate.

Preparazione: Tagliate la melanzana a dadini, salatela e lasciate scolare l'amaro mettendo un peso sopra. Preparate in un tegame l'aglio soffritto in olio evo insieme alla cipolla tagliata sottile e il peperoncino, aggiungete il ciliegino tagliato a cubetti e i pinoli, cuocete a fiamma veloce. Eliminate la pelle del pesce spada e tagliatelo a dadini, all'intingolo sul fuoco, aggiungete il vino e finite di cuocere velocemente,per ultimo la menta fresca. Scolate la melanzana, asciugatela e friggete in olio evo caldissimo. Cuocere la pasta corta

e conditela con il sugo ottenuto e le melanzane fritte. �

COZZE ALLA PIZZAIOLA COZZE ALLA PIZZAIOLA COZZE ALLA PIZZAIOLA

Ingredienti: Per 4 persone: 1kg di cozze con guscio 300 g di pomodori maturi, 100 g di pane casereccio raffermo (meglio se integrale), 1/2 bicchiere di vino bianco, 1/2 bicchiere di olio extravergine di oliva (10 cucchiai), 2 spicchi d’aglio, 1 pizzico

d’origano, 3 foglie fresche di basilico, sale qb, pepe qb.

Preparazione: Lavate le cozze sotto l’acqua corrente, raschiatele con un coltello, sistematele in una pentola e spruzzatele con il vino. Sistemate il recipiente sul fuoco e lasciate che le valve dei molluschi si aprano. Conservate 1⁄2 bicchiere del liquido di cottura. Eliminate le cozze che non si sono aperte e selezionate la metà delle valve con il mollusco. Tritate l’aglio e tagliate il pane a tocchetti, metteteli nel mixer, aggiungete 3 cucchiai d’olio e un pizzico di origano. Sminuzzate le foglie di basilico e frullatele insieme agli altri ingredienti fino a ottenere un composto consistente. Insaporire il composto con il liquido di cottura delle cozze. Lavate i pomodori, privateli dei semi e tagliateli a pezzetti. Coprite le cozze con l’impasto al basilico e i pezzetti di pomodoro. Sistemate i molluschi su una teglia da forno, irrorateli con l’olio d’oliva rimasto e metteteli in forno preriscaldato a 180° per 5 minuti.A cottura ultimata, togliete dal forno e servite caldi. �

RICCI DI MANDORLA SICILIANIRICCI DI MANDORLA SICILIANIRICCI DI MANDORLA SICILIANI

Ingredienti: 400 g di farina di mandorle, 350 g di zucchero, 1 bustina di vanillina, 1 scorza di limone grattugiata, 2/3 albumi, un po’ di grappa o liquore secco marsala (facoltativo)

Preparazione: Mettere la farina di mandorle in una ciotola capiente. Aggiungere zucchero, miele, uno ad uno gli albumi (non montati) e tutti gli altri ingredienti. Mettere tutto in una sac a poche e fare tipo tante

ESSE . Infornare a 180° per 15/20 minuti. �

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Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XIV - n° 4 - Settembre - Ottobre 2012

LLLL 'olio extravergine d'oliva è uno dei componenti essenziali della dieta mediterranea grazie al fatto che esso si

ricava dal frutto e non dal seme, particolarità che gli consente di racchiudere varie ed importanti qualità organolettiche e nutrizionali. I miti raccontano che gli ulivi crescono con il tronco doppio in quanto ciò costituisce un premio divino alla devozione di due umili sposi che lodarono l'albero quando un dio scese dall'Olimpo e li interrogò sulle loro condizioni di vita. Essi dissero: "Con l'ulivo abbiamo quanto ci serve: l'ombra per l'estate, la legna per l'inverno, i frutti per nutrirci, l'olio per condire i cibi e per fare luce". Sempre in tema mitologico si racconta che Cecrope fu il fondatore di Atene e il primo re dell'Attica. Fu sotto il suo regno che si svolse la mitica contesa tra Athena e Poseidone per il predominio sulla città. I due stabilirono che essa sarebbe toccata a chi di loro avesse fatto il dono più utile agli Ateniesi. Poseidone (dio del mare) battè il suolo con il tridente e ne balzò fuori una polla d'acqua marina, in tal modo offrì agli Ateniesi il dominio sul mare. Athena invece colpì con la lancia la roccia e ne nacque un albero d'ulivo. Poiché fu riconosciuto pubblicamente che questo era di maggiore utilità il predominio fu affidato alla dea. Da allora sull'Acropoli venne coltivato un uliveto, nato da quel primo ulivo, che era ritenuto da tutti sacro. Solamente da quelle piante sacre si ricavavano l'olio e le fronde che venivano offerte ai vincitori dei giochi panatenaici, fatti in onore di Athena. Su precisa disposizione del re Solone nel VI sec. a.C. l'olio d'oliva fu l'unico genere alimentare esportato dai Greci. E' da ricordare infine che il talamo nuziale di Ulisse era stato ricavato da un tronco di ulivo. L'ulivo in Sicilia divenne, assieme al fico, l'immagine stessa dell'Isola. Ad esso i Greci di Sicilia tributavano grande importanza tanto che sradicare anche un solo albero comportava la pena dell'esilio! I giochi panatenaici, introdotti dagli stessi e consistenti in gare ippiche (corse di carri, corse di cavalli, acrobati che saltavano dai cavalli in corsa) e in prove ginniche (corsa, lotta, pugilato, salto, lancio del disco), si concludevano sempre con un premio ai vincitori costituito da una corona di fronde d'ulivo e da un'anfora colma di olio sacro. È il caso di ricordare la credenza che sulla tomba di Adamo, sepolto sul Monte Tabor, germogliava un ulivo il cui seme proveniva direttamente dal paradiso terrestre. Terminato il diluvio universale, una colomba portò a Noè un ramoscello d'ulivo per indicargli che la terra era emersa dalle acque diventando così simbolo di pace, simbolo che perdura ai nostri giorni. Il crisma, l'olio che fa brillare il volto, appartiene alla cultura ebraica: con esso si ungevano i sacerdoti, i profeti e i re (ricordiamo il re Davide). Il popolo di Gerusalemme accolse Gesù Cristo agitando ramoscelli di ulivo. Prima di morire questi pregò nell'Orto degli Ulivi e ancora oggi in quella città c'è il Monte degli Ulivi. L'olio viene usato in parecchi riti religiosi, specie cristiani (battesimo, cresima, estrema unzione). Non vi è rito sacro di antica tradizione pervenuto sino al nostro tempo, che non preveda l'uso dell'olio o la presenza di fronde d'ulivo. Il Borzì ritenne l'olivastro pianta assai comune nel paesaggio botanico preellenico. Nella Sicilia ellenica quest'albero è grandemente rappresentato. Si narra infatti che gli Agrigentini furono sconfitti in battaglia dall'esercito cartaginese e costretti a pagare un fortissimo tributo. Al comandante cartaginese, rimasto grandemente sorpreso dalla quantità di ori e di gioielli presenti nella città, mostrarono un assai piccolo ed umile seme di ulivo come origine di tante ricchezze. Il consumo di olio e di vino, quali doni di Minerva e di Bacco, distingueva i Romani dai Barbari, forti consumatori di burro e di birra. Fin dall'antichità erano note le proprietà terapeutiche dell'olivo: si

ricordano i principi attivi ad azione antielmintica, emolliente e lassativa contenuti nelle foglie, nella corteccia e nella resina (utilizzata per i colliri); l'olio poi era utilizzato, da solo o associato ad altre sostanze, per preparare molti medicamenti (Plinio ne descriveva 48); veniva inoltre usato per curare le ferite, per combattere le febbri, quale antidoto per alcuni veleni, per massaggiare il corpo onde rendere i muscoli più elastici. Viceversa, l'olio vecchio veniva utilizzato per scaldare il corpo e provocarne il sudore ed anche per dissipare la letargia e le convulsioni da tetano. Nelle abbazie il monacus infìrmorum, medico e speziale, preparava una mistura a base di olio, vino e bianco d'uovo, il cosiddetto balsamo del Samaritano, che ancora oggi costituisce un valido rimedio contro le scottature e i gonfiori. All'olio vengono riconosciute proprietà nella cura delle cardiopatie. E' ipotensivo, febbrifugo, antidiabetico, emolliente e diuretico. Viene usato per massaggiare i bambini rachitici, per cospargere le gengive colpite da piorrea, per le nevriti, per le distorsioni e per la caduta dei

capelli. Anche l'uso cosmetico dell'olio è antichissimo: bacche di cipresso, grani d'incenso, latte e olio di oliva costituiscono la ricetta di un preparato per la bellezza femminile contenuta in un papiro egiziano. Con l'olio si preparavano balsami e profumi. I Romani usavano l'olio anche per conservare i denti bianchi. Lucio Giunio Moderato Columella, scrittore latino del I sec. d. C., nel suo "De re rustica" ricorda che in Sicilia era d'uso preparare una pietanza a base di pasta d'olive, "la sampsa", in pratica un pesto di olive aromatizzato e salato. Il termine "sampsa", corrotto lungo i secoli, ha finito poi per indicare i residui solidi della spremitura dell'olio, cioè la sansa. Scrisse Plinio che "due sono i liquidi più graditi al corpo umano: all'interno il vino, all'esterno l'olio". Anticamente l'olio veniva usato per l'illuminazione (si ricorda che anche il vangelo ne parla nella parabola delle vergini). Le prime lucerne (conformate in vario modo, in genere a coppa o a scodella, e costruite in terracotta, bronzo, rame, ferro e ottone) furono diffuse dai Fenici e dai Greci in tutto il bacino del Mediterraneo; successivamente vennero anche costruite in oro o argento e adoperate per adornare cattedrali e palazzi, ma sempre alimentate con olio. Ciò fino alla scoperta del petrolio che finì per soppiantarlo del tutto. Inutile sottolineare che per alimentare le lucerne veniva usato l'olio peggiore, quello lampante. La conservazione delle olive era un rito tutto siciliano: le olive venivano schiacciate, deamarizzate in acqua, quindi condite con olio, aceto ed origano e consumate fresche oppure venivano trattate a secco con sale o in salamoia e conservate per lunghi periodi. Le varietà di olivo ancora oggi vengono chiamate con nomi femminili alquanto vezzosi quali: nuciddara, bianculidda, passilunara, calamignara, oglialora, ecc. LA PIANTA : L'albero dell'ulivo è citato nei testi di Omero, rappresentato nei graffiti e affreschi delle tombe in Egitto, nominato nella Bibbia e nei testi arabi. La cristianità fin dalle sue origini è ricca di riferimenti all'olivo e all'olio. Fu pianta sacra anche per i Sicelioti, i greci di Sicilia - a cui si deve la sua diffusione nell'isola - che punivano con l'esilio chi sdraricava gli ulivi. La tradizione vuole che l'ateniese Aristeo, insegnò agli antichi siciliani come estrarre l'olio, inventando "u trappitu" (tradizionale oleificio a pressione), e per questo fu onorato con un tempio in suo onore a Siracusa. Ma, fu con la dominazione araba che la coltivazione dell'ulivo si diffuse maggiormente in Sicilia. Tutt'oggi vengono adoperati nel dialetto locale alcuni termini di derivazione araba: Giarra, tipico recipiente d'argilla specifico per tenervi

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L'OLIO SICILIANOL'OLIO SICILIANO

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Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XIV - n° 4 - Settembre - Ottobre 2012

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SICILIANA LA MIA VERA NATURA

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Bimestrale (sauf juillet - août) di cultura, politica, informazione della diaspora siciliana - Anno XIV - n° 4 - Settembre - Ottobre 2012

Per farci conoscere il vostro parere indirizzate le vostre le�ere a:

L’ISOLA - Bld. de Dixmude, 40 / bte 5 B - 1000 Bruxelles

22

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Scritte trovate in giro per la Sicilia…

(PANETTERIA) « QUNDO VI DIVENTA DURO VE LO GRATTUGIAMO GRATIS, MA METÀ CE LO TRATTENIAMO » (VENDITE IMMOBILIARI - IN UNA PALAZZINA IN VENDITA CON OFFICINA ARTIGIANALE SUL RETRO) « SI VENDE SOLO IL DAVANTI, IL DIDIETRO SERVE A MIO MARITO » 1° MOBILIERE - “SI VENDONO LETTI A CASTELLO PER BAMBINI DI LEGNO” 2° MOBILIERE - “SI VENDONO MOBILI DEL SETTECENTO NUOVI” 1A MACELLERIA - “DA ROSALIA - TACCHINI E POLLI, A RICHIESTA SI APRONO LE COSCE” 2A MACELLERIA - “CARNE BOVINA OVINA CAPRINA SUINA POLLINA E CONIGLINA” 1A POLLERIA - “POLLI ARROSTO ANCHE VIVI” 2A POLLERIA - “SI AMMAZZANO GALLINE IN FACCIA” 3A POLLERIA - “SI VENDONO UOVA FRESCHE PER BAMBINI DA SUCCHIARE” SFASCIACARROZZE - “QUI SI VENDONO AUTOMOBILI INCIDENTATE MA NON RUBATE” 1° FIORAIO - “SE MI CERCATE SONO AL CIMITERO....VIVO” 2° FIORAIO - “SI INVIANO FIORI IN TUTTO IL MONDO, ANCHE VIA FAX” 1° ABBIGLIAMENTO - “NUOVI ARRIVI DI MUTANDE, SE LE PROVATE NON LE TOGLIETE PIÙ” 2° ABBIGLIAMENTO - “IN QUESTO NEGOZIO DI QUELLO CHE C’È NON MANCA NIENTE” ABBIGLIAMENTO BAMBINI - “SI VENDONO IMPERMEABILI PER BAMBINI DI GOMMA” 1A AUTOFFICINA - “VENITE UNA VOLTA DA NOI E NON ANDRETE MAI PIÙ DA NESSUNA PARTE” 2A AUTOFFICINA - “SI RIPARANO BICICLETTE ANCHE ROTTE” FERRAMENTA - “SEGA A DUE MANI E A DENTI STRETTI : 50 EURO” LAVANDERIA - “QUI SI SMACCHIANO ANTILOPI” SUL CITOFONO CASERMA DEI CARABINIERI - “ATTENZIONE PER SUONARE PREMERE, SE NON RISPONDE NESSUNO RIPREMERE” NEGOZIO DI MANGIMI - “TUTTO PER IL VOSTRO UCCELLO”

............ MADE IN SICILY

Inviataci da Natale Lo Ga!o:

Tema - Gita domenicale

L’altra duminica abbiamo andato a Tintari (vedi foto) io, mio

papà, la mia mamma, mia sorella sche�a, mia sorella maritata

senza figli e mio cognato e ci siamo mangia� al ristorante.

Poi abbiamo andato a la Madona a pregare che ci dava un

bambino a mia sorella maritata.

Ma, sarà o abbiamo pregato male o che la Madona non ci ha

capito, il bambino la avuto mia sorella sche�a.

Mia mamma dice che la Madonna non si è cunfunnuta, si è

cunfunnutu mio cognato. �

Santuario di Tindari ( ME ) - ( Foto di Pietro Frassica )

l'olio; Burnia, vaso di argilla cotta per riporvi le olive; Coffa, corda intrecciata atta a contenere la pasta, da porre sotto il torchio; Tumminu, misura di capacità per le olive. In epoca successiva, i monaci Benedettini e Cistercensi divulgarono tecniche agronomiche e di coltivazione razionali e favorirono la diffusione dei frantoi. LE OLIVE : Il patrimonio varietale è costituito in gran parte dalle cultivar: Tonda Iblea o Cetrale, Moresca o Janculidda, Nocellara Etnea o Virdisi, ma si trovano anche la Biancolilla, la Zaituna etc. Gli oliveti tradizionali sono interessati da una pratica agricola limitata; la concimazione, normalmente viene effettuata in funzione della coltura consociata, erbai, cereali e mandorli. L'irrigazione, tranne che nei nuovi impianti, si pratica solo come intervento di soccorso. La potatura si esegue dopo la raccolta, in genere ad anni alterni, accentuando così il fenomeno dell'alternanza di produzione. La lotta antiparassitaria è poco o per nulla praticata, poiché scarsa è l'incidenza delle emergenze fitosanitarie. La raccolta, viene fatta prevalentemente a mano e precocemente, a partire dal mese di settembre fino a gennaio, differenziata in base all'altitudine. In alcune aziende si va diffondendo la raccolta agevolata con l'ausilio di scuotitori meccanici. OLIVICOLTURA : L'olio, nel territorio siciliano è una delle piante arboree più rappresentative, e il paesaggio agrario è caratterizzato da un'olivicoltura di tipo tradizionale e secolare, con piante che hanno più di 100 anni. Olivi sparsi nei seminativi delle aree collinari, olivi insieme a mandorli e carrubi ed in alcune zone con la vite e gli ortaggi, mentre nelle aree agrumentate, sono posti ai margini degli agrumi. Gli oliveti specializzati ed irrigui sono di recente costituzione. Questa singolare e tipica olivicoltura è una ricchezza per il territorio, per le molteplici funzioni cui adempie: caratterizza l'ambiente, esplica un'azione di protezione del paesaggio e soprattutto sostiene il reddito delle numerose e piccole aziende agricole. (fonte: siciliano.it)

(Suite de la page 20)

L’OLIO SICILIANO

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