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Leonardo SciasciaDa Wikipedia, l'enciclopedia libera.

« La verità è che tutta l'Italia va diventando Sicilia »

(Leonardo Sciascia, Il giorno della civetta, 1961)

Parlamento italianoCamera dei deputati

on. Leonardo Sciascia

Luogo nascita Racalmuto

Data nascita 8 gennaio 1921

Luogo morte Palermo

Data morte 20 novembre 1989

Titolo di studio Diploma magistrale

Professione scrittore

Partito Partito Radicale

Legislatura VIII

Gruppo Partito Radicale

Collegio Roma

Incarichi parlamentari

Componente della 3a Commissione (Esteri) dall'11 luglio 1979 al

26 luglio 1979

Componente della 11a Commissione (Agricolture e Foreste) dal 26

luglio 1979 all'11 luglio 1983

Componente della commissione parlamentare d'inchiesta

sulla strage di via Fani, sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro e

sul terrorismo in Italia dal 20 dicembre 1979 al 7 marzo 1980 e dal

20 marzo 1980 al 29 giugno 1983

Pagina istituzionale

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Leonardo Sciascia (Racalmuto, 8 gennaio 1921 – Palermo, 20 novembre 1989) è stato

uno scrittore, saggista e politico italiano.

Biografia [modifica]

Leonardo Sciascia nasce a Racalmuto, in provincia di Agrigento (allora chiamata Girgenti), primo di tre

fratelli, da un impiegato, Pasquale Sciascia, e da una casalinga, Genoveffa Artorelli. La madre proviene da

una famiglia di artigiani mentre il padre è impiegato presso una delle miniere di zolfo locali e la storia dello

scrittore ha le sue radici nella zolfara dove hanno lavorato il nonno e il padre.

Gli studi: il periodo nisseno [modifica]

A sette anni Sciascia inizia la scuola elementare a Racalmuto e ben presto si dimostra intenso lettore.

Nel 1935 si trasferisce con la famiglia a Caltanissetta dove si iscrive all'Istituto Magistrale "IX Maggio" nel

quale insegna Vitaliano Brancati , che diventerà il suo modello e che lo guida nella lettura degli autori

francesi, mentre l'incontro con un giovane insegnante,Giuseppe Granata (che fu in seguito senatore

comunista), gli fa conoscere gli illuministi e la letteratura americana.

Nel capoluogo nisseno trascorrerà gli anni più indimenticabili della sua vita, come lui stesso confessa nella

sua autobiografia, fatti delle prime esperienze e delle prime scoperte della vita oltre ad imprimersi la sua

formazione culturale.

Richiamato alla visita di leva viene considerato per due volte non idoneo, ma alla terza viene finalmente

accettato e assegnato ai servizi sedentari.

Nel 1941 prende il diploma magistrale e nello stesso anno si impiega al Consorzio Agrario, occupandosi

dell'ammasso del grano a Racalmuto, dove rimane fino al 1948. Ebbe così modo di avere un rapporto

intenso con la piccola realtà contadina.

Nel 1944 si unisce in matrimonio con Maria Andronico, maestra nella scuola elementare di Racalmuto. Da lei

Sciascia avrà le sue due figlie, Laura e Anna Maria.

Il suicidio del fratello Giuseppe, avvenuto nel 1948, sconvolge Sciascia lasciandogli un profondo segno

nell'animo. Nel 1949 inizia ad insegnare nella scuola elementare di Racalmuto.

Le prime opere: poesie e saggi [modifica]

Nel 1950 pubblica le "Favole della dittatura", che Pier Paolo Pasolini nota e recensisce. Il libro comprende

ventisette brevi testi poetici.

Nel 1952, esce la raccolta di poesie La Sicilia, il suo cuore, che viene illustrata con disegni

dello scultore catanese Emilio Greco.

Nel 1953 vince il Premio Pirandello, assegnatogli dalla Regione Siciliana per il suo saggio "Pirandello e il

pirandellismo".

Inizia nel 1954 a collaborare a riviste antologiche dedicate alla letteratura e agli studi etnologici, assumendo

l'incarico di direttore di «Galleria» e de «I quaderni di Galleria» edite dall'omonimo Salvatore Sciascia

di Caltanissetta.

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Nel 1954 Italo Calvino scrive, riferendosi a un'opera di Sciascia:

« Ti accludo uno scritto d'un maestro elementare di Racalmuto (Agrigento) che mi sembra molto impressionante »

(Lettera di Italo Calvino a Alberto Carocci, 8 ottobre 1954)

Nel 1956 pubblica "Le parrocchie di Regalpetra", una sintesi autobiografica dell'esperienza vissuta come

maestro nelle scuole elementari del suo paese. Nello stesso anno viene distaccato in un ufficio scolastico

di Caltanissetta.

A Roma: I racconti [modifica]

Gli zii di Sicilia [modifica]

Nell'anno scolastico 1957-1958 viene assegnato al Ministero della Pubblica Istruzione a Roma e in autunno

pubblica i tre racconti che vanno sotto il titolo "Gli zii di Sicilia". La breve raccolta si apre con la "La zia

d'America", un tentativo di dissacrare il mito dello "Zio Sam", visto come dispensatore di doni e libertà.

Il secondo racconto è intitolato "La morte di Stalin", nel quale, ancora una volta, il personaggio è un mito,

quello del comunismo che viene incarnato, agli occhi del siciliano Calogero Schirò, da Stalin. Il terzo

racconto, "Il quarantotto", è ambientato nel periodo del Risorgimento (precisamente tra il 1848 e il 1860) e

tratta del tema dell'unificazione del Regno d'Italia vista attraverso gli occhi di un siciliano. Nel racconto

l'autore vuole mettere in evidenza l'indifferenza ed il cinismo della classe dominante affrontando un tema già

trattato da Federico De Robertone I Viceré (1894) e da Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo.

Alla raccolta si aggiunge, nel 1960, un quarto racconto, "L'antimonio", che ebbe favorevole consenso della

critica ed al quale Pasolini dedicherà un articolo sulla rivista Officina. In esso si narra la storia di un minatore

che, scampato ad uno scoppio di grisou (chiamato dagli zolfatari antimonio), parte come volontario per

la guerra d'Abissinia ed, in seguito, per la guerra civile in Spagna.

A Caltanissetta: i romanzi [modifica]

Sciascia rimane a Roma un anno e al suo ritorno si stabilisce con la famiglia a Caltanissetta, assumendo un

impiego in un ufficio del Patronato scolastico.

Nel 1961 esce "Il giorno della civetta" con il quale lo scrittore indica nel giallo il genere di riferimento delle

sue opere. Al romanzo si ispira il film omonimo del regista Damiano Damiani, uscito nel 1968.

Gli anni sessanta vedranno nascere alcuni dei romanzi più sentiti dallo stesso autore, dedicati alle ricerche

storiche sulla cultura siciliana.

Nel 1963 pubblica "Il consiglio d'Egitto", ambientato in una Palermo del '700 dove vive e agisce un abile

falsario, l'abate Giuseppe Vella, che "inventa" un antico codice arabo che dovrebbe togliere ogni legittimità ai

privilegi e ai poteri dei baroni siciliani a favore del Viceré Caracciolo.

Il ritorno al saggio [modifica]

Nel 1964 pubblica il breve saggio o racconto, come dice lo stesso Sciascia nella prefazione alla ristampa

del 1967, "Morte dell'Inquisitore", ambientato nel '600, che prende spunto dalla figura dell'eretico siciliano

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Fra Diego La Matina, vittima del Tribunale dell'Inquisizione, che uccide Juan Lopez De Cisneros, inquisitore

nel Regno di Sicilia.

La Compagnia del Teatro Stabile di Catania, diretta da Turi Ferro, mette in scena "Il giorno della civetta", con

la riduzione teatrale di Giancarlo Sbragia.

Risale al 1965 il saggio "Feste religiose in Sicilia", che fa da cornice alla presentazione ad una

raccolta fotografica ad opera di Ferdinando Scianna, fotografo di Bagheria, dove torna l'accostamento

della Sicilia alla Spagna, soprattutto per quanto riguarda il valore e l'importanza, in ambedue le società, della

superstizione religiosa e del mito.

La commedia [modifica]

Sempre nel 1965 esce la sua commedia "L'onorevole" che è una impietosa denuncia delle complicità tra

governo e mafia.

Il ritorno al romanzo [modifica]

Statua di Sciascia a Racalmuto

Nel 1966 ritorna con un romanzo, A ciascuno il suo, che riprende le modalità del "giallo" già utilizzate ne "Il

giorno della civetta".

La vicenda narrata è quella di un professore di liceo, Paolo Laurana, che inizia per curiosità personale le

indagini sulla morte del farmacista del paese e dell'amico dottore, ma che si scontra con il silenzio di tutti i

paesani, silenzio dovuto alla paura ed alla corruzione. Come commento alla tenacia nelle indagini del

professore e alla sua tragica fine, l'explicit del libro si risolve in una frase lapidaria:

« "Era un cretino." disse don Luigi »

Dal romanzo, il regista Elio Petri trae, nel 1967, il film omonimo.

A Palermo [modifica]

Nel 1967 si trasferisce a Palermo per seguire negli studi le figlie e per scrivere. Esce intanto per l'editore

Mursia una antologia "Narratori di Sicilia", curata da Sciascia in collaborazione con Salvatore Guglielmino.

Nel 1969 inizia la sua collaborazione con il Corriere della Sera e pubblica "Recitazione della controversia

liparitana dedicata ad A.D.", che racconta, attraverso una rappresentazione teatrale, la controversia per la

vendita di una partita di ceci per la quale il vescovado di Lipari non vuole pagare la tassa (siamo all'inizio

del '700). Il vescovo aveva scomunicato i gabellieri, ma il re, mediante l'appello per abuso, aveva annullato

la scomunica. La storia, apparentemente banale, in realtà denuncia i rapporti tra Stato-guida dell'ex Urss e

gli Stati satelliti. Le iniziali A.D. identificano Alexander Dubček, che fu protagonista nel 1968 della Primavera

di Praga.

La pensione [modifica]

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Nel 1970 Sciascia va in pensione e pubblica la raccolta di saggi "La corda pazza", nella quale l'autore

chiarisce la propria idea di "sicilitudine" e dimostra una rara sensibilità artistica espressa per mezzo di sottili

capacità saggistiche. Quest'opera riporta, già dal titolo, aLuigi Pirandello che nel suo libro "Berretto a

sonagli" sostiene che ognuno di noi ha in testa "come tre corde d'orologio, quella "seria", quella "civile",

quella "pazza"".

Sciascia vuole indagare sulla "corda pazza" che, a suo parere, coglie le contraddizioni e le ambiguità ma

anche la forza razionalizzante di quella Sicilia che è tanto oggetto dei suoi studi.

Il ritorno al genere poliziesco [modifica]

Il 1971 è l'anno de "Il contesto", con il quale l'autore ritorna al genere poliziesco. La vicenda si svolge intorno

all'ispettore Rogas che deve risolvere una complicata vicenda che origina da un errore di giustizia e una

serie di omicidi di giudici. Benché il romanzo sia ambientato in un paese immaginario, il lettore riconosce

senza sforzo l'Italia contemporanea. Il libro desta molte polemiche, più politiche che estetiche, alle quali

Sciascia non vuole partecipare, ritirando così la candidatura del romanzo al premio Campiello.

Dal romanzo venne ispirato il film di Francesco Rosi, uscito nel 1976 ed intitolato Cadaveri eccellenti.

Con gli "Atti relativi alla morte di Raymond Roussel" del 1971, si comprende che in Sciascia la propensione

ad includere la denuncia sociale nella narrazione di episodi veri di cronaca nera si fa sempre più forte. Così

sarà ne "I pugnalatori" del 1976 e ne "L'affaire Moro" del 1978.

Nel 1973 pubblica "Il mare colore del vino" e scrive la prefazione ad un'edizione della "Storia della colonna

infame" di Alessandro Manzoni.

Nel 1974 pubblica la prefazione ad una ristampa dei "Dialoghi" dello scrittore greco Luciano di Samosata dal

titolo "Luciano e le fedi".

Esce intanto Todo modo , un libro che parla "di cattolici che fanno politica" e che viene stroncato dalle

gerarchie ecclesiastiche. Il racconto, di genere poliziesco, è ambientato in un eremo/albergo dove si

effettuano esercizi spirituali. In questo luogo, durante il ritiro annuale di un gruppo di "potenti", tra i quali

cardinali, uomini politici e industriali, si verifica una serie di inquietanti delitti.

Anche da questo romanzo verrà tratto un film dallo stesso titolo diretto dal regista Elio Petri nel 1976.

L'incarico politico [modifica]

Alle elezioni comunali di Palermo nel giugno 1975 lo scrittore si candida come indipendente nelle liste

del PCI e viene eletto con un forte numero di preferenze come consigliere al comune.

Nello stesso anno pubblica "La scomparsa di Majorana", una indagine sulla scomparsa del fisico Ettore

Majorana avvenuta negli anni trenta.

Nel 1976 esce una ristampa delle commedie "L'onorevole" e "Recitazione della controversia liparitana" con

l'aggiunta de "I mafiosi".

Nello stesso anno pubblica l'indagine "I pugnalatori", un libro inchiesta su una vicenda avvenuta

a Palermo nel 1862 che vide uccise a pugnalate 13 persone.

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All'inizio del 1977 Sciascia si dimette dalla carica di consigliere del PCI. La sua contrarietà al compromesso

storico e il rifiuto per certe forme di estremismo lo portano infatti a scontri molto duri con la dirigenza

del Partito comunista [1] .

Successivamente sarà parlamentare nazionale ed europeo per il Partito Radicale.

Pubblica in quell'anno "Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia", dove è chiaro il riferimento al "Candido"

di Voltaire.

I contatti con la cultura francese [modifica]

In questi anni aumenta i suoi viaggi a Parigi e si intensificano i contatti con la cultura francese e

nel 1978 pubblica "L'affaire Moro" sul sequestro e il processo nella cosiddetta "prigione del popolo" ad Aldo

Moro organizzato dalle Brigate Rosse.

L'inchiesta sulla strage di via Fani [modifica]

Nel 1979 accetta la proposta dei Radicali e si candida sia al Parlamento europeo sia alla Camera. Eletto in

entrambe le sedi istituzionali opta per Montecitorio, dove rimarrà fino al 1983occupandosi quasi

esclusivamente dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla strage di via Fani e

sul sequestro e l'assassinio di Aldo Moro.

Esce in quell'anno "Nero su Nero", una raccolta di commenti ai fatti relativi al decennio precedente, "La

Sicilia come metafora", un'intervista di Marcelle Padovani  e "Dalle parti degli infedeli", lettere di persecuzione

politica inviate negli anni cinquanta dalle alte gerarchie ecclesiastiche al vescovo Patti, con il quale inaugura

la collana della casa editrice Sellerio intitolata "La memoria" che festeggia nel 1985 la centesima

pubblicazione con le sue "Cronachette".

Nel 1980 pubblica "Il volto sulla maschera" e la traduzione di un'opera di Anatole France , "Il procuratore

della Giudea".

Nel 1981 pubblica "Il teatro della memoria" e, in collaborazione con Davide Lajolo, "Conversazioni in una

stanza chiusa".

Nel 1982 esce "Kermesse" e "La sentenza memorabile", nel 1983 "Cruciverba", una raccolta di suoi scritti

già pubblicati su riviste, giornali e prefazioni a libri.

Pubblica nel 1984 "Stendhal e la Sicilia", un saggio per commemorare la nascita dello scrittore francese.

Gli ultimi anni di vita [modifica]

Ricordo di Sciascia a Racalmuto

Gli ultimi anni di vita dello scrittore sono segnati dalla malattia che lo costringe a frequenti trasferimenti

a Milano per curarsi ma egli continua, sia pure con fatica, la sua attività di scrittore.

Nel 1985 pubblica "Cronachette" e "Occhio di capra", una raccolta di modi di dire e proverbi siciliani, e

nel 1986 "La strega e il capitano", un saggio per commemorare la nascita di Alessandro Manzoni.

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Carichi di tristi motivi autobiografici sono i brevi romanzi gialli "Porte aperte" del 1987, "Il cavaliere e la

morte" del 1988 e "Una storia semplice", ispirato al furto della Natività con i santi Lorenzo e Francesco

d'Assisi del Caravaggio, che uscirà in libreria il giorno stesso della sua morte.

Nel 1986 Sciascia scrive a Bettino Craxi, comunicandogli di aver votato per il PSI nelle elezioni regionali

siciliane di quell'anno ed invitando il leader socialista a favorire il ricambio della classe dirigente siciliana del

partito.

Nel 1987 cura una mostra molto suggestiva, all'interno della Mole Antonelliana a Torino, dal titolo "Ignoto a

me stesso" (aprile-giugno). Erano esposte quasi 200 rare fotografie scelte da Leonardo Sciascia e concesse

in originale da importanti istituzioni di tutto il mondo. Si tratta di ritratti di scrittori famosi, dai

primi dagherrotipi ai giorni nostri, da Edgar Allan Poe aRabindranath Tagore a Gorkij a Jorge Luis Borges . Il

catalogo viene stampato da Bompiani e oltre il saggio di Sciascia "Il ritratto fotografico come entelechia"

contiene 163 ritratti e altrettante citazioni dei relativi scrittori. La chiave della mostra è forse la citazione

di Antoine de Saint-Exupéry:

« Non bisogna imparare a scrivere ma a vedere. Scrivere è una conseguenza »

Dopo la pubblicazione dell'articolo "I professionisti dell'antimafia", apparso sul Corriere della Sera il 10

gennaio 1987 [2] , Sciascia subisce attacchi da molte personalità della cultura italiana a causa delle accuse

rivolte al pool di magistrati dell'antimafia palermitana: a suo dire, alcuni di essi si sarebbero macchiati di

carrierismo, utilizzando la sacrosanta battaglia per la rinascita morale della Sicilia come titolo di merito

all'interno del sistema correntizio delle promozioni in magistratura. A causa di questo, Sciascia viene isolato

da più parti eccezion fatta per i Radicali ed i Socialisti. Solo di recente è stata proposta una rivalutazione

dell'intervento sciasciano al quale hanno aderito Leoluca Orlando (favorevole), allora sindaco di Palermo,

eNando Dalla Chiesa (contrario), fra gli altri.

Pochi mesi prima di morire scrive "Alfabeto pirandelliano", "A futura memoria (se la memoria ha un futuro)",

che verrà pubblicato postumo, e "Fatti diversi di storia letteraria e civile" edito da Sellerio.

La morte [modifica]

Leonardo Sciascia muore a Palermo il 20 novembre 1989 e chiede i funerali in Chiesa. Con lui nella sua

bara si volle portare un crocifisso d'argento. Al funerale viene ricordato da numerose parole di stima, fra cui

quelle del grande amico Gesualdo Bufalino .

È sepolto a Racalmuto, suo paese natale, all'ingresso del cimitero. Sulla lapide bianca una sola frase:

[senza fonte]

« Ce ne ricorderemo di questo pianeta »

Il senso di una frase simile su una tomba per la verità appare già molto chiaro e ben poco "laico e

agnostico". Su un manoscritto, conservato dalla famiglia, Sciascia scrive:

« Ho deciso di farmi scrivere sulla tomba qualcosa di meno personale e di più ameno, e precisamente questa frase di Villiers de l'Isle-Adam: "Ce ne ricorderemo, di questo pianeta". E così partecipo alla scommessa di Pascal e avverto che una certa attenzione

questa terra, questa vita, la meritano »

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[senza fonte]

Amici di Leonardo Sciascia [modifica]

Fondata il 26 giugno 1993 a Milano, nella sede storica presso la Biblioteca Comunale, Palazzo Sormani,

l'associazione degli Amici di Leonardo Sciascia si propone di incoraggiare la lettura e la ricerca in merito al

pensiero e all'opera dello scrittore. È attualmente presieduta (2009) dall'ispanista José Luis Gotor.

L'associazione è priva di scopi di lucro e si autofinanzia con i contributi dei soci e di terzi.

Tra le attività più importanti dell'Associazione vi sono la realizzazione dei Quaderni Leonardo Sciascia,

rivista annuale che ospita scritti monografici o di rassegna, atti di convegni, contributi originali, studi,

ricerche, riflessioni, dibattiti sui diversi aspetti dell'opera di Sciascia. La collana Porte aperte, che alterna testi

di autori particolarmente amati da Sciascia a saggi critici sulla sua opera; le cartelle annuali di Omaggio a

Sciascia, contenenti un'incisione a tiratura limitata e un breve testo letterario.

Il Premio internazionale e biennale Leonardo Sciascia Amateur d'Estampes per ricordare la passione di

Leonardo Sciascia per l'incisione originale d'arte, il servizio Internet del Leonardo Sciascia Web che offre, tra

l'altro, l'opportunità di consultare La memoria di carta, la bibliografia più completa ad oggi realizzata (ed in

costante aggiornamento) sulle opere dello scrittore; Seminari di studio e incontri pubblici per avvicinare

soprattutto i giovani all'opera di Sciascia. In occasione del ventennale della scomparsa dello

scrittore,l'associazione si è fatta promotrice dell'anno sciasciano (20 novembre 2008 - 20 novembre

2009)che ha visto il sostegno della Regione Toscana per un ciclo di manifestazioni in tutta Italia. Nella

circostanza è stata altresì' pubblicata nella sedicesima cartella della collana "Omaggio a Sciascia",arricchita

da otto incisioni originali, una poesia inedita di Leonardo Sciascia dal titolo "Due cartoline dal mio paese",

rinvenuta da Francesco Izzo tra le carte del Gabinetto Vieusseux di Firenze nel 2007.

Il 30 ottobre 2008 è stato lanciato ufficialmente a Firenze un manifesto per ricordare Leonardo Sciascia dal

titolo Ce ne ricorderemo di questo maestro che è stato firmato da decine di uomini di cultura in varie parti del

mondo: il Nobel 2006 per la letteratura, Orhan Pamuk , il direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa,

Salvatore Settis, scrittori come Andrea Camilleri, Dacia Maraini, Mario Andrea Rigoni, Guido Ceronetti, Yves

Bonnefoy e Vincenzo Consolo, filosofi come Fernando Savater e Massimo Piattelli-Palmarini, il senatore ed

ex-presidente della Repubblica Italiana Francesco Cossiga, uomini politici come Marco Pannella ed

Emanuele Macaluso, l'editore Elvira Sellerio, pittori come Piero Guccione e Bruno Caruso, ecc.

Il giorno della civettaDa Wikipedia, l'enciclopedia libera.

 Disambiguazione – Se stai cercando l'omonimo film, vedi Il giorno della civetta (film).

Il giorno della civetta

Autore Leonardo Sciascia

1ª ed. originale 1961

Genere Romanzo

Sottogenere Poliziesco

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Lingua originale italiano

Il giorno della civetta è un romanzo di Leonardo Sciascia, terminato nel 1960 e pubblicato per la prima

volta nel 1961 dalla casa editriceEinaudi.

Il racconto trae lo spunto dall'omicidio di Accursio Miraglia, un sindacalista comunista, avvenuto

a Sciacca nel gennaio del 1947 ad opera dellamafia.

Sciascia aveva già iniziato a scrivere di mafia nel 1957 recensendo il libro di Renato Candida, comandante

dei carabinieri ad Agrigento, al quale l'autore si ispira per il personaggio, protagonista del romanzo, Bellodi.

La prima edizione venne anticipata sulla Rivista "Mondo Nuovo" del 9 ottobre 1960 e la prima edizione

comparve con una "Nota" che dichiarava la verità sottintesa alla finzione del romanzo scritta in una libertà

non piena ma significativa nei confronti di una letteratura che fino a quel momento aveva fornito della mafia

una rappresentazione apologetica e di una società che, negli organi politici e d'informazione, ne negava

addirittura l'esistenza.

Questo concetto sarà ribadito nell'"Avvertenza" dell'edizione scolastica del 1972.

Dal romanzo è tratto il film omonimo per la regia di Damiano Damiani.

Trama [modifica]

Colasberna, presidente di una piccola impresa edilizia chiamata Santa Fara, viene ucciso nella piazza di San

Salvatore, mentre sale sul pullman per Palermo.

All'arrivo dei carabinieri, i passeggeri si allontanano alla chetichella, l'autobus resta vuoto e rimangono

soltanto l'autista e il bigliettaio, che comunque di fronte alla divisa non riconoscono il morto e non si

ricordano chi fossero i passeggeri. Il venditore di panelle, rimasto a terra al momento del delitto è

scomparso. Un carabiniere lo trova, come al solito, all'ingresso della scuola elementare mentre vende i suoi

prodotti e lo accompagna dal maresciallo. Ma neanche lui sa nulla e, anzi, dice di non essersi accorto

nemmeno dello sparo. Dopo due ore di interrogatorio il panellaro ricorda che, all'angolo tra via Cavour e

piazza Garibaldi, verso le sei, le sei e trenta, ha sentito due spari. Le indagini vengono affidate al capitano

Bellodi, comandante della compagnia di C., emiliano di Parma, ex partigiano, destinato a diventare avvocato,

ma rimasto in servizio nell'arma in nome di alti ideali, non condividendo, peraltro, il clima di omertà che

caratterizza la Sicilia e i suoi abitanti. Intanto in un bar di Roma, un'importante persona politica chiede ad un

onorevole del suo partito (che si intuisce essere la Democrazia Cristiana) di far trasferire Bellodi, a causa dei

problemi che sta creando, designando l'omicidio di Colasberna come omicidio mafioso. Bellodi intanto

interroga un proprio confidente, doppiogiochista noto alla mafia: Calogero Dibella detto Parrinieddu. Il

capitano ascoltando le menzogne che l'informatore riferisce, riesce comunque, con quelle sue gentili

maniere da "continentale", a sapere il nome di Rosario Pizzuco.

Il nome del presunto omicida, un certo Diego Marchica detto Zicchinetta, viene dato al capitano, o meglio al

brigadiere dalla moglie di Paolo Nicolosi, un potatore scomparso e certamente ucciso per aver riconosciuto

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l'assassino, visto le coincidenze che accompagnano la sua scomparsa. Bellodi scopre nel fascicolo

investigativo del Marchica che è un noto sicario, processato e condannato per molti reati, ma scagionato per

altrettanti, causa insufficienza di prove. Nota inoltre, una fotografia che lo ritrae insieme con don Calogero

Guicciardo e all'onorevole Livigni.

Nel frattempo Parrineddu viene assassinato e Bellodi ottiene, grazie ad un'inquietante testimonianza scritta

prima di morire, che Marchica, Pizzuco e il padrino don Mariano Arena, vengano fermati, ma l'interrogatorio

si risolverà in un nulla di fatto. Nell'incontro con Bellodi, Sciascia fa pronunciare a don Mariano la frase

contenente l'espressione idiomatica "quaquaraquà", destinata a divenire celeberrima e collegata nella

cultura popolare al mondo mafioso e ai concetti che lo governano:

« Io ho una certa pratica del mondo; e quella che diciamo l’umanità, e ci riempiamo la bocca a dire umanità, bella parola piena di vento, la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz’uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà… Pochissimi gli uomini; i mezz’uomini pochi, chè mi contenterei l’umanità si fermasse ai mezz’uomini… E invece no, scende ancor più giù, agli ominicchi: che sono come i bambini che si credono grandi, scimmie che fanno le stesse mosse dei grandi…E ancora più giù: i pigliainculo, che vanno diventando un esercito… E infine i quaquaraquà: che dovrebbero vivere come le anatre nelle pozzanghere, chè la loro vita non ha più senso e più espressione di quella delle anatre… Lei, anche se mi

inchioderà su queste carte come un Cristo, lei è un uomo…  »

(don Mariano Arena al capitano Bellodi)

I giornali fanno molto clamore e pubblicano le foto di Arena insieme a Mancuso; questo dimostra le persone

vicine che lo sostengono. Il fatto porta a un dibattito in Parlamento al quale partecipano anche due anonimi

mafiosi e alcuni onorevoli. Anche il capitano Bellodi è presente assieme ad un compagno. Durante l'acceso

dibattito un sottosegretario dichiara che la mafiaesiste solamente "nella fantasia dei socialcomunisti".

Bellodi, che intanto era rimasto a Parma, dopo aver preso una licenza di un mese, legge sui giornali spediti

da un carabiniere dalla Sicilia, che il castello probatorio è stato smantellato grazie ad un alibi di ferro

costruito da rispettosissimi personaggi per il Marchica, opera, naturalmente, di uomini politici interessati a

tutelare la propria posizione.

L'omicidio del Nicolosi viene attribuito all'amante della moglie e don Mariano viene scarcerato.

Con i suoi pensieri e con la sua ultima affermazione, Bellodi chiude il romanzo:

« [...] si sentiva come un convalescente: sensibilissimo, tenero, affamato. «Al diavolo la Sicilia, al diavolo tutto». Rincasò verso mezzanotte, attraversando tutta la città a piedi. Parma era incantata di neve, silenziosa, deserta. "In Sicilia le nevicate sono rare" pensò: e che forse il carattere delle civiltà era dato dalla neve o dal sole, secondo che neve o sole prevalessero. Si sentiva un po' confuso. Ma prima di arrivare a casa sapeva, lucidamente, di amare la Sicilia e che ci sarebbe tornato. «Mi ci romperò la testa»

disse a voce alta. »

Anni di piomboDa Wikipedia, l'enciclopedia libera.

 Disambiguazione – Se stai cercando il film di Margarethe von Trotta, vedi Anni di piombo (film 1981).

Per anni di piombo si intende in Italia quel periodo, che comprende gli anni settanta e il principio degli anni

'80, in cui l'insoddisfazione per la situazione politico-istituzionale caotica (governi che duravano anche pochi

giorni) si tradusse in violenza di piazza prima e, successivamente, in lotta armata, perpetrata da gruppi

organizzati che usarono l'arma del terrorismo con l'obiettivo di creare le condizioni per influenzare o

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sovvertire gli assetti istituzionali e politici del Paese.

A quei tempi era usato dagli organi di informazione il termine opposti estremismi [1] ; il termine anni di

piombo è stato usato solo dopo, e deriva dal titolo omonimo di un film di Margarethe Von Trotta uscito nel

1981[2].

Il periodo storico e gli anni considerati [modifica]

L'arco di tempo del periodo così chiamato non è perfettamente definito, si considera solitamente dalla fine

degli anni sessanta all'inizio degli anni ottanta, tuttavia gli anni considerati di inizio e fine possono variare in

funzione delle convinzioni politiche dello storico.[3][4][5] L'inizio è talvolta individuato con quella che

genericamente è chiamata contestazione del Sessantotto, talaltra con la strage di Piazza Fontana [6] .

Il primo caso di scontro violento del movimento del '68 contro le forze dell'ordine si ebbe a Roma il 1º

marzo 1968 durante la cosiddetta Battaglia di Valle Giulia.[7] Il primo morto degli anni di piombo è

considerato Antonio Annarumma, ucciso il 19 novembre 1969 a Milano, mentre il primo atto della strategia

della tensione che caratterizzò quegli anni fu la strage di piazza Fontana avvenuta a Milano il 12

dicembre 1969 [8]  (non considerando le bombe del 25 aprile di quell'anno a Milano, che fortunatamente non

causarono morti). L'ultimo caso è recente e riguarda una colonna delle Brigate Rosse attiva ancora

negli anni 2000.

Nell'immaginario collettivo molti associano questo periodo alle imprese di alcune organizzazioni

extraparlamentari di sinistra, come Lotta Continua o il Movimento Studentesco o altre attive negli anni

settanta, o realmente terroristiche come Prima Linea e le Brigate Rosse o altre, attive al di fuori

dell'Italia come la Rote Armee Fraktion  (RAF) in Germania, ma in quel periodo operarono anche molti gruppi

di estrema destra di quello che si autodefiniva "spontaneismo armato", come i NAR, Ordine Nero, Terza

Posizione che si contrapponevano a quelli di estrema sinistra nella lotta politica, scrivendo la pagina

particolarmente cruenta e solo parzialmente esplorata del Terrorismo nero e dello stragismo in italia.[9]

Per alcuni opinionisti e commentatori politici gli anni di piombo vengono considerati gli anni del "terrorismo di

sinistra", per altri dello "stragismo di destra", per altri ancora di "stragismo di stato". Altre posizioni ritengono

che al riguardo "esista solo una verità giudiziaria parziale, confusa e spesso contraddittoria".[10]

Alcuni commentatori hanno definito questo periodo della storia italiana come una "guerra civile a bassa

intensità".

La società italiana negli anni di piombo [modifica]

Gli anni di piombo si sovrappongono e proseguono oltre il periodo della contestazione" del Sessantotto che

interessò l'Italia e l'Europa. In quel periodo si erano creati degli strati sociali portatori di novità, che non da

tutti erano visti favorevolmente.

L'economia italiana era cresciuta rapidamente ed il miglioramento del tenore di vita era percettibile. La

mortalità infantile si era fortemente ridotta. La popolazione cresceva. L'analfabetismoera praticamente

scomparso. Con circa un secolo di ritardo rispetto ai tempi ufficiali, l'Italia cominciava ad essere una nazione,

con una lingua diffusamente parlata (o almeno capita) dallaSicilia fino alle Alpi. La RAI era riuscita, oltre che

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a diffondere una lingua nazionale, a creare una certa attenzione verso i simboli nazionali, almeno in

occasione di mondiali di calcio, olimpiadi e fenomeni analoghi.

In quegli anni si stava anche formando una crescita culturale, molto spesso egemonizzata dalla sinistra,

secondo la dottrina di egemonia culturale sviluppata da Antonio Gramsci, con effetti favorevoli in occasione

delle consultazioni elettorali.

La continua crescita del Partito Comunista Italiano sicuramente non era avversata dagli USA, che valutarono

il passaggio a forme d'intervento più incisive, rispetto al precedente finanziamento della sinistra non

comunista. [11] Il 1969 fu un anno ancora denso di contestazioni. Dopo le proteste studentesche arrivarono le

lotte dei lavoratori per i rinnovi contrattuali, con forti contrasti nei posti di lavoro e nelle fabbriche. Era il

cosiddetto "autunno caldo".

Il 25 aprile avvengono due attentati a Milano che provocano 20 feriti e il 9 agosto avvengono otto attentati in

Italia con 12 feriti. Il 19 novembre, durante una manifestazione a Milano dell'Unione Comunisti Italiani

(marxisti-leninisti) muore l'agente di polizia Antonio Annarumma, colpito da un tubo d'acciaio lanciato dai

manifestanti[senza fonte], mentre si trovava alla guida di un fuoristrada; il tubo gli entrò in un occhio

trapassandogli il cranio, morì quasi subito; oramai privo di guidatore, il veicolo si scontrò con un altro mezzo

della polizia. Il 12 dicembreavvengono in Italia nell'arco di 53 minuti 5 attentati. Il più grave è la strage di

piazza Fontana: a Milano una bomba esplosa nella sede della Banca Nazionale dell'Agricoltura provoca

sedici morti e ottantotto feriti. Cominciavano gli anni di piombo.

Le stragi [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Teoria della strategia della tensione.

12 dicembre  1969: Strage di piazza Fontana a Milano

22 luglio  1970: Strage di Gioia Tauro

31 maggio  1972: Strage di Peteano a Gorizia

17 maggio  1973: Strage della Questura di Milano

28 maggio  1974: Strage di Piazza della Loggia a Brescia

4 agosto  1974: Strage sull'espresso Roma-Brennero (Italicus)

16 marzo  1978: Strage di via Fani, a Roma, furono uccisi i 5 uomini della scorta e rapito Aldo Moro.

2 agosto  1980: Strage della stazione di Bologna

Stragi che apparirono insensate e talvolta senza colpevoli: riguardo ad alcune di esse non vi è tuttora

certezza sugli esecutori, e in nessun caso risultano noti i nomi di eventuali mandanti. Emblematico il

processo per la strage di piazza Fontana a Milano, al termine del quale (maggio 2005) ai parenti delle vittime

sono state addebitate le spese processuali [12].

Pier Paolo Pasolini, dichiarò di conoscere i mandanti delle stragi, pur non esibendo alcuna prova:[13]

« Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato "golpe" (e che in realtà è una serie di "golpe" istituitasi a sistema di protezione del potere).Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969.

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Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974 »

Nella notte tra l'1 e il 2 novembre 1975 Pasolini venne ucciso in maniera brutale: battuto a colpi di bastone e

travolto con la sua auto sulla spiaggia dell'idroscalo di Ostia, località del Comune di Roma. Il cadavere

massacrato venne ritrovato da una donna alle 6 e 30 circa. Sarà l'amico Ninetto Davoli  a riconoscerlo.

L'omicidio fu attribuito ad un "ragazzo di vita", Pino Pelosi di Guidonia, nei pressi di Tivoli, di soli diciassette

anni, che prontamente si dichiarò unico colpevole. La cassazione tuttavia riscontrò che Pelosi non poteva

aver ucciso Pasolini da solo. Nel 2005 Pelosi si è dichiarato innocente e nel 2009, dopo l'uscita del libro

inchiesta "Profondo Nero", è stata aperta una nuova indagine. Forti indizi portano a considerare il nesso tra

l'omicidio di Pasolini, l'omicidio di De Mauro e il caso Mattei.[senza fonte]

Gli opposti estremismi [modifica]

1977: Un corteo di militanti extraparlamentari

Le stragi contribuiscono a far precipitare il clima già agitato. Se già c'erano turbolenze, manifestazioni di

piazza che degeneravano in guerriglia urbana, attentati di vario genere, il livello dello scontro si alza quando

delle stragi vengono accusate persone innocenti come Pietro Valpreda, che talora paiono scelti come capri

espiatori.

Si parla di strage di Stato e negli ambienti più estremi si passa alla clandestinità e alla lotta armata.

Nascono a sinistra organizzazioni come i Gruppi d'Azione Partigiana (GAP), Nuclei Armati

Proletari (NAP), Prima Linea (PL), iComitati Comunisti Rivoluzionari (Co.Co.Ri), i Proletari Armati per il

Comunismo (PAC), le Brigate Rosse (BR);

a destra i Nuclei Armati Rivoluzionari (NAR), Ordine Nuovo, Ordine Nero, Terza Posizione, Avanguardia

Nazionale.

Il livello dello scontro si alza nel quadro di quella che verrà poi definita la strategia della tensione.

Si genera un clima di insicurezza e pericolo. Non sono compiuti solo attentati clamorosi: si verifica uno

stillicidio continuo di attentati contro obiettivi minimi, singoli cittadini, agenti dell'ordine, fattorini di banca, in

esecuzione di disegni talvolta tuttora ignoti e misteriosi.

Nelle manifestazioni di piazza molti manifestanti si presentano mascherati e spesso armati di spranghe,

chiavi inglesi (la famosa "Hazet 36", lunga 40-45 cm), talvolta di bombe incendiarie, talaltra di pistole - le

famose Walther P38 . Ad ogni nuovo violento fatto di cronaca l'opinione pubblica, sempre più disorientata, si

chiede: "a chi giova?" ("cui prodest?").

In questa logica una fetta crescente dei cittadini, non solo appartenente all'elettorato tradizionalmente

conservatore, si prepara, rassegnata, ad accettare una risposta di tipo "militare" da parte dello Stato, e a

giustificare l'adozione di provvedimenti restrittivi della libertà individuale.

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Dice Molinari: "Si affaccia la teoria degli 'opposti estremismi' (che in Italia avrà una grande fortuna per tutti

gli anni settanta), secondo cui di fronte al rischio che sia la destra, sia la sinistra contengano dentro di sé

degli aspetti estremistici e pericolosi per la democrazia, i partiti democristiani (che si autoproclamano di

centro, quindi equidistanti dalle posizioni estreme e indisponibili a collaborare con queste) sono quasi gli

unici partiti realmente in grado di governare in maniera democratica e senza essere potenzialmente

pericolosi per il mantenimento della democrazia stessa".[senza fonte]

Le leggi speciali [modifica]

I partiti di governo - la Democrazia Cristiana, il Partito Socialdemocratico, il Partito Repubblicano, il Partito

Liberale e il Partito Socialista -, rafforzati dal sostegno del Partito Comunista, trovarono l'intesa politica per

elaborare una serie di leggi per far fronte alla situazione di crisi che il paese stava vivendo.

La cosiddetta emergenza terrorismo provoca una involuzione[14] poliziesca dello Stato italiano, con una

diminuzione delle libertà costituzionali ed un ampliamento della discrezionalità delleforze di polizia.

L'ampliamento del ricorso ai reati associativi o di pericolo presunto, fu l'ossatura normativa di un'emergenza

che poi in Italia non è mai terminata, saldandosi infine con l'evoluzione sicuritaria post 11 settembre 2001.[15]

Emblematica è in questo senso la legge Reale (n. 152 del 22/5/1975), che autorizzava la polizia a

sparare nei casi in cui ne ravvisasse necessità operativa.

La legge in questione suscitò molte polemiche e fu sottoposta a referendum, attuato l'11 giugno 1978, da

cui risultò il favore dell'opinione pubblica per questa legge: il 76,5% votò per il mantenimento e il 23,5%

per l'abrogazione.

Nel 1978 seguirà l'istituzione di corpi speciali con finalità antiterrorismo: il GIS (Gruppo Intervento

Speciale) dei Carabinieri ed il NOCS (Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza) dellaPolizia.

Nel 1980 viene emanata la cosiddetta "legge Cossiga" (legge n. 15 del 6 febbraio) la quale prevede

condanne sostanziali per chi venga giudicato colpevole di "terrorismo" ed estende ulteriormente i poteri

della polizia, a suo tempo alcuni ne contestarono l'incostituzionalità[16], di fronte alla Corte Costituzionale,

che tuttavia respinse queste accuse.

Anche questa legge fu sottoposta a referendum popolare, tenuto il 17 maggio 1981, da cui risultò il

favore dell'opinione pubblica per questa legge: l'85,1% votò per il mantenimento e il 14,9% per

l'abrogazione.

Il 1977 [modifica]

Per approfondire, vedi la voce Movimento del '77.

14 maggio 1977: un dimostrante in passamontagna punta una P38 contro la polizia. Quest'immagine, scattata a Milano nella

centralissima via De Amicis, è diventata l'icona di un'epoca

Page 15: Leonardo Sciascia, Legge Biagi e BR

Autonomi che agitano le tre dita, simbolo della P38

L'anno della svolta violenta, quello che caratterizza il periodo, è probabilmente il 1977, così riassunto

da Moroni e Balestrini:[17] "nel '77, divampò la generalizzazione quotidiana di un conflitto politico e culturale

che si ramificò in tutti i luoghi del sociale, esemplificando lo scontro che percorse tutti gli anni Settanta, uno

scontro duro, forse il più duro, tra le classi e dentro la classe, che si sia mai verificato dall'unità d'Italia.

Quarantamila denunciati, quindicimila arrestati, quattromila condannati a migliaia di anni di galera, e poi

morti e feriti, a centinaia, da entrambe le parti".

L'11 marzo 1977, durante scontri a Bologna lo studente Pier Francesco Lorusso, simpatizzante di Lotta

Continua, cadde colpito a morte da un proiettile. Alle successive proteste degli studenti il ministro degli

interni Francesco Cossiga rispose inviando mezzi cingolati nel centro di Bologna. [18] Nel successivo

settembre venne arrestato il carabiniere Massimo Tramontani, accusato di aver esploso il colpo mortale,

successivamente prosciolto in istruttoria per mancanza di prove. Il provvedimento destò perplessità e rabbia

in parte dell'opinione pubblica di estrema sinistra, nell'immaginario della quale permaneva - e tuttora

permane - l'identificazione della morte di Lorusso con un colpo sparato alla schiena (l'autopsia accertò

invece che era stato colpito al petto).

Il 22 marzo a Roma muore, ucciso dai NAP, tentando di arrestare una ricercata, l'agente di P.S. Claudio

Graziosi.

Il 21 aprile 1977 a Roma, nel corso degli eventi che seguirono lo sgombero dell'università, militanti dell'area

dell'autonomia spararono contro le forze dell'ordine. L'allievo sottufficiale di P.S. Settimio Passamonti,

raggiunto da due colpi, cadde ucciso. L'agente Antonio Merenda, altri due agenti e un carabiniere furono

feriti, ma si salvarono. Rimase ferita anche Patrizia Bermier, giornalista.

Il 28 aprile 1977 a Torino fu ucciso l'avvocato Fulvio Croce, presidente dell'Ordine degli avvocati di Torino,

nel tentativo di far saltare il processo ad alcuni terroristi.

Il 12 maggio 1977 a Roma, in Piazza Navona, durante una manifestazione caratterizzata da duri scontri con

le forze dell'ordine venne uccisa la studentessa Giorgiana Masi , feriti Elena Ascione e il carabiniere

Francesco Ruggiero.

Il 14 maggio 1977 a Milano, nel corso di una manifestazione, alcuni manifestanti dell'area dell'autonomia

estrassero le pistole, presero la mira e aprirono il fuoco contro la polizia, uccidendo l'agente di P.S. Antonio

Custra. Un fotografo riprese la scena di un dimostrante che a mani giunte punta la pistola contro la polizia e

spara. È il tempo delle P38.

Il 3 ottobre 1977 morì a Torino Roberto Crescenzio, rimasto gravemente ustionato a causa di

una Molotov lanciata due giorni prima nel locale dove si trovava come cliente, l’Angelo Azzurro.

Gli anni successivi [modifica]

L'inizio dell'anno 1978 fu segnato da un avvenimento che provocò nelle file della destra eversiva una

reazione che avrebbe avuto ripercussioni sensibili anche nei successivi anni: la cosiddetta "strage di Acca

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Larentia". La sera del 7 gennaio, Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, giovani missini della sezione Acca

Larentia nel quartiere Tuscolano a Roma, furono uccisi a colpi di mitraglietta Skorpion sparati da un gruppo

armato successivamente rivendicatosi come Nuclei armati per il Contropotere territoriale. La sera stessa, in

seguito agli scontri con le forze dell'ordine, anche un terzo giovane attivista del Fronte della Gioventù,

Stefano Recchioni, fu ucciso da un colpo di pistola sparato ad altezza d'uomo dal Capitano

dei CarabinieriEdoardo Sivori. Questo fatto segnò l'inizio di un'offensiva del terrorismo nero (protagonista il

gruppo armato dei NAR) non solo contro le forze antifasciste ma anche contro lo Stato, considerato

corresponsabile di quel fatto di sangue.

L'anno con più vittime fu il 1980 in cui perirono 125 persone, di cui 85 nella strage della stazione centrale di

Bologna [19] .

Il sequestro Moro [modifica]

Per approfondire, vedi le voci Cronaca del sequestro Moro e Caso Moro.

Uno degli episodi più drammatici di quegli anni fu il 16 marzo 1978 la Strage di via Fani a Roma, con lo

sterminio della scorta e il sequestro e il successivo assassinio dell'allora presidente del consiglio, l'on. Aldo

Moro consumato il 9 maggio 1978 da un commando delle Brigate Rosse, che definirono l'azione come

"attacco al cuore dello Stato". Nelle narrazioni ufficiali degli avvenimenti sono rimasti diversi punti oscuri, e

nel tempo è stato confermato che l'organizzazione terroristica fosse stata più volte infiltrata dai servizi segreti

occidentali[20] [21][22][23].

In seguito all'omicidio, il 10 maggio 1978, l'allora Ministro dell'Interno Francesco Cossiga si dimise. Il

generale dei Carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa fu incaricato il 10 agostosuccessivo (con decreto

dell'allora Presidente del Consiglio dei ministri Andreotti) di coordinare la lotta contro il terrorismo. Dalla

Chiesa impiegò tecniche innovative nelle indagini sul terrorismo ed ottenne notevoli risultati. Nel 1982 fu

inviato in Sicilia come prefetto per la lotta alla mafia ma, privo delle risorse e del sostegno politico del quale

aveva goduto nel precedente incarico, fu totalmente lasciato solo e cadde assassinato dalla mafia a

Palermo, assieme alla giovane moglie, il 3 settembre 1982.

Il sequestro Dozier [modifica]

Probabilmente secondo per risonanza internazionale solo al sequestro Moro fu il sequestro del

generale statunitense James Lee Dozier ad opera delle Brigate Rosse. Esso coincise nel tempo con il

periodo considerato comunemente come conclusivo di un ciclo degli anni di piombo.

D'altro canto esso destò scalpore per la capacità delle Brigate Rosse di colpire un obiettivo militare tanto

significativo: il generale era infatti all'epoca vice comandante della NATO nel sudEuropa e venne

sequestrato a Verona il 17 dicembre 1981. Fu poi liberato a Padova il 28 gennaio 1982 da un'azione

dei NOCS.

La fine di un ciclo [modifica]

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Lentamente verso il finire del decennio gli episodi di violenza scemarono. In particolare crollò il sostegno alle

Brigate Rosse dopo l'assassinio dell'operaio Guido Rossa nel 1979. Rossa aveva denunciato un suo collega

sorpreso a distribuire materiale di propaganda delle BR.

Gli anni di piombo stavano terminando, l'opinione che la lotta armata potesse portare al cambiamento

dell'assetto costituzionale dello Stato stava cessando. lo scrittore Bifo Berardi , già esponente della sinistra

extraparlamentare, ha affermato: "Alla fine del decennio settanta ogni comportamento anti-lavorista venne

colpevolizzato, criminalizzato e rimosso, [...] il realismo del capitale riprendeva il posto di comando, con il

trionfo delle politiche neo-liberiste. Iniziava la controffensiva capitalistica, la vita sociale veniva nuovamente

sottomessa alla produttività, la competizione economica veniva santificata come unico criterio di

progresso"[24].

Il ciclo successivo del terrorismo politico [modifica]

La fine degli anni di piombo non significò la fine della terrorismo ma il succedersi di singoli attentati e singoli

episodi tendenti ad agire sui conflitti sociali e politici non riuscì più a mettere in pericolo la forma

costituzionale-parlamentare dello stato.

Ci furono dei colpi di coda all'inizio degli anni '80 ed anche molto dopo. Furono comunque episodi

relativamente isolati. L'idea che la lotta armata potesse essere un mezzo per risolvere i conflitti sociali aveva

perso alquanto credito anche all'interno delle ali di entrambi gli schieramenti politici.

Solo alcune frange più estreme, extraparlamentari, credono ancora che la violenza possa risolvere i problemi

politici e sociali del paese e continuano a perseguire i loro scopi con atti di violenza e isolati atti di terrorismo.

Il politologo Galli della Loggia esaminò il problema dell'anomalia italiana in riferimento al terrorismo mettendo

in luce come l'Italia sia il solo grande paese Europeo ove il terrorismo politico abbia una sua lunga

cittadinanza (con l'eccezione dell'Irlanda del Nord e della regione Basca, che hanno problematiche

differenti). La sua analisi, che imputa questa caratteristica a un fondo di violenza proprio della società

italiana, suscitò consensi e dissensi[25].

Altri avvenimenti [modifica]

Sono da citare in questo periodo la promulgazione dello statuto dei lavoratori (legge n. 300 del 20

maggio 1970), la legge Fortuna-Baslini (legge 898 del 1º dicembre 1970) che istituì ildivorzio in Italia e il

referendum del 1974, con il quale fallì il tentativo di abrogare tale legge. Un evento un po' passato sotto tono

fu, il 15 agosto 1971, la decisione del presidente USARichard Nixon di sospendere la convertibilità

del dollaro in oro, abrogando di fatto il sistema Aureo raggiunto con gli accordi di Bretton Woods. Da quella

data il denaro fu solo una convenzione.

Nell'autunno del 1973 l'OPEC rincarò il prezzo del petrolio e provocò una prima crisi petrolifera (nel 1979 ne

seguì un'altra). L'Italia intraprese una politica di risparmio energetico, la famosa "austerity". Nel 1975 ci fu la

riforma del diritto di famiglia, con la quale venne sancita la parità tra i coniugi. Nello stesso anno venne

abbassata la maggiore età da 21 a 18 anni.

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A fine 1975 fu firmato il Trattato di Osimo, il quale sanciva la cessione alla Jugoslavia della Zona B

dell'ex Territorio libero di Trieste, riconoscendo lo stato di fatto venutosi a realizzare dopo la fine

della seconda guerra mondiale. Nel 1977 nasce la Banda della Magliana.

Verso la fine degli anni settanta si fermò la crescita della popolazione italiana, che si stabilizzò poco sotto i

60 milioni di abitanti.

Un'occasione mancata [modifica]

Non pochi scrittori e opinionisti ritengono gli anni settanta in Italia un'occasione mancata. Essi ritengono che,

a seguito dello sviluppo economico e culturale degli anni sessanta, i tempi avrebbero potuto essere maturi

per affrontare in maniera incisiva i problemi storici - tra i quali lo squilibrio strutturale tra nord e sud del Paese

che fu spesso chiamato questione meridionalee lo strapotere della criminalità organizzata - ma anche per

stabilire un'economia industriale moderna e ben regolamentata.

Tali problemi storici italiani, insieme a numerosi altri, rimasero invece irrisolti: secondo alcuni per l'insipienza

delle classi dirigenti, secondo altri perché mancavano le condizioni oggettive per risolverli. Gli uni come gli

altri ritengono che tale fallimento abbia aperto la strada al degrado politico e morale, preannunciato dalla

scoperta della loggia massonica P2 nel 1981, che raggiunse il suo culmine negli episodi di corruzione

di Tangentopoli emersi nel corso delle indagini giudiziarie durante Mani pulite.

1969

9 agosto. Otto attentati scuotono l’Italia e si registrano 12 feriti. E’ l’inizio della strategia della tensione.

19 novembre. Durante una manifestazione a Milano muore l’ agente di polizia Antonio Annarumma , che colpito da una spranga mentre guidava un gippone ha perso il controllo e si è schiantato contro un’altra jeep della polizia. Non è chiaro se il tubo da cui è stato colpito sia rimbalzato da un’impalcatura dopo lo scontro delle auto, o sia stato lanciato da un manifestante. Sembra ci sia un filmato che dimostri la veridicità della prima ipotesi, ma questo non è mai stato reperito.

12 dicembre . Strage di piazza Fontana. Nella banca dell’ Agricoltura in piazza Fontana a Milano, una bomba provoca la morte di 17 persone e il ferimento di 88. Bombe esplodono anche a Roma alla Bnl di via Veneto, dove rimangono ferite 16 persone, e alla tomba del milite ignoto.

15 dicembre. Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico tra i sospettati della strage di piazza Fontana muore dopo esser precipitato dal quarto piano della questura dove è interrogato dal commissario Calabresi. I poliziotti sostengono che sconvolto dall’interrogatorio si sia gettato da solo, mentre la sinistra dichiara che sia stato spinto. La verità sulla sua morte non è mai stata svelata.

16 dicembre. Accusato dal tassista Cornelio Rolandi viene arrestato per la strage di piazza fontana Pietro Valpreda. A Roma vengono arrestati alcuni anarchici tra i quali Mario Merlino per gli attentati del 12 dicembre, questi però risulterà un neo fascista infiltrato dai servizi segreti.

1970

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14 luglio. Inizia la prima fase della rivolta di Reggio Calabria scatenate da una disputa con Catanzaro per la sede del capoluogo della regione.

7 settembre. A Reggio Calabria sono compiuti 4 attentati dinamitardi.

9 settembre. Bombe sui treni a Reggio Calabria dove riprende la rivolta in cui spicca l’Msi con a capo Ciccio Franco, del comitato d’ azione. Si susseguono gli scontri al grido di "boia chi molla".

17 settembre. A Milano, in via Moretto da Brescia una bomba fa esplodere l’ autorimessa di Giuseppe Leoni direttore centrale della siemens. Sulla porta del c’è la scritta "Brigate Rosse".

30 settembre. Il Ministro degli interni Restivo annuncia che dal 14 luglio al 23 settembre a Reggio Calabria ci sono stati tredici attentati dinamitardi, sei assalti alla prefettura, quattro alla questura.

5 ottobre. Un gruppo di estrema sinistra rapisce a Genova Sergio Gadolla.

1 dicembre. Il divorzio è legge dello Stato .

7 dicembre. Junio Valerio Borghese insieme al missino Sandro Saccucci tenta un golpe. I due si introducono per alcune ore nel ministero degli interni.

1971

25 gennaio. Inizio "ufficiale" del terrorismo. La stella rossa a cinque punte fa la sua prima comparsa con il commando di brigatisti che collocano bombe incendiarie sotto ad altrettanti autocarri, distruggendone tre, sulla pista di Lainate dove la Pirelli prova i suoi pneumatici.

4 febbraio. Viene lanciata una bomba contro la folla, dopo una manifestazione antifascista; a Catanzaro. L’operaio socialista Giuseppe Malacaria rimane ucciso dall’esplosione che provoca anche il ferimento di altre sette persone.

16 febbraio. Catanzaro è capoluogo regionale, Reggio Calabria sede del consiglio regionale. A Reggio ricomincia la protesta.

17 marzo. Il governo rende noto il tentativo di golpe di Valerio Borghese, che colpito da mandato di cattura si rifugia in Spagna.

26 marzo. Alessandro Floris viene ucciso, durante una rapina, dal componente del gruppo di estrema sinistra XXII ottobre Mario Rossi. L’identificazione e l’arresto del Rossi porterà anche alla cattura dei componenti della banda che aveva rapito Gadolla.

16 luglio. Muore a Milano , Cornelio Rolandi di infarto polmonare (la stessa sindrome che colpisce i testimoni dell'assassinio di Kennedy) il principale accusatore di Valpreda nell’ inchiesta su piazza Fontana.

26 agosto. Il sostituto procuratore della Repubblica di Milano emette due avvisi di garanzia, uno per il capo dell’ufficio politico della questura di Milano Antonio Allegra e l’ altro per il commissario Calabresi, per la morte di Pinelli.

5 ottobre. Viene emesso un avviso di garanzia per tutti i presenti nella stanza della questura di Milano, nel momento in cui Pinelli precipitò.

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24 novembre. Alla Statale di Milano, la polizia interviene contro un corteo non autorizzato. Settantadue i feriti undici gli arrestati

1972

3 marzo. Viene arrestato Pino Rauti, fondatore di Ordine Nuovo, su mandato del procuratore di Treviso, con l’accusa di ricostituzione del partito fascista, e perchè implicato negli attentati del’69 e nella strage di piazza Fontana. Sarà rilasciato per mancanza di indizi.

11 marzo. Gravi incidenti a Milano durante una manifestazione della sinistra extraparlamentare. Vengono lanciate bottiglie molotov contro la sede del Corriere della Sera, giudicato essere il portavoce dei conservatori autodefinitisi "maggioranza silenziosa".

15 marzo. Viene ritrovato il corpo dell’editore Giacomo Feltrinelli, capo e ideologo dei GAP, ucciso dall’esplosione di un ordigno, mentre cercava di minare un traliccio dell’alta tensione a Segrate, nei pressi di Milano.

7 maggio. Muore in carcere per un trauma cranico riportato durante scontri con la polizia, l’anarchico Franco Serantini.

17 maggio. Il commissario Luigi Calabresi, è assassinato sotto la sua abitazione di Milano. Verrà prima accusata l’estrema destra e arrestati Giovanni Nardi e Luciano Bruno Stefanò. Poi nel 1988, dopo le dichiarazioni del pentito Leonardo Marino verrà incriminato come mandate Adriano Sofri, leader di Lotta Continua nel 1972.

26 agosto. Il militante di Lotta Continua, Mario Lupo, è assassinato, in un agguato a Parma, da esponentidell’estrema destra.

27 agosto. Il giudice di Milano Franco D’Ambrosio, incrimina i neonazisti Franco Freda e Giovanni Ventura, per la strage di piazza Fontana

20 ottobre. Tre avvisi di reato , per omissione di atti d’ufficio nelle indagini sulla strage di piazza Fontana,sono inviati a Elvio Catenacci, dirigente degli affari riservati del Ministero degli interni, al questore di Roma Bonaventura Provenza e al capo dell’ufficio politico della questura di Milano Antonino Allegra.

21 ottobre. Rimangono ferite sei persone, durante i numerosi attentati ai treni che portano metalmeccanici a Catanzaro, per la conferenza sul mezzogiorno organizzata da Cgil, Cisl e Uil..

29 dicembre. Torna libero Pietro Valpreda. Viene infatti approvata una legge che prevede la possibilità di accordare la libertà provvisoria anche per i reati in cui è obbligatorio il mandato di cattura.

1973

17 gennaio. Adamo Degli Occhi è aggredito a Milano. Leader della maggioranza silenziosa, coinvolto nelle indagini sulle trame nere, verrà arrestato nel luglio del 1974.

23 gennaio. Roberto Franceschini e Roberto Piacentini rimangono feriti negli scontri con la polizia alla Bocconi. Franceschini morirà poi in ospedale.

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5 febbraio. Capanna Liverani e Guzzini, leader del Movimento studentesco, vengono arrestati per l’aggressione del rettore della Statale di Milano, Mario Schiavinato.

21 febbraio. Contestato a Napoli e Roma un disegno di legge che vuole reintrodurre il fermo di polizia. Ferito l’extraparlamentare Vincenzo Caporale, colpito da un candelotto, morirà il 22.

7 aprile. L’esponente dell’estrema destra , Nico Azzi, rimane ferito dallo scoppio di un detonatore, mentre cerca di posizionare una carica di tritolo sulla tratta ferroviaria, Roma-Torino. Verrà arrestato.

12 aprile. Muore colpito da una bomba l’agente Antonio Marino, durante scontri con esponenti della destra, che protestavano contro il divieto da parte della Questura di Milano di far aver luogo in piazza Tricolore un comizio di Ciccio Franco.

16 aprile. Muoiono a Primavalle in Roma i figli del segretario della locale sezione missina, Stefano e Virgilio Mattei, in seguito ad un incendio doloso scoppiato nella loro abitazione. Verranno accusati, alcuni esponenti di Potere Operaio.

15 maggio. Avvisi di garanzia per Guido Giannettini e Guido Paglia, giornalisti di destra rientrati nelle indagini su piazza Fontana. Il primo si rivelerà un agente del Sid.

17 maggio. Il sedicente anarchico Gianfranco Bertoli, lancia una bomba contro la questura di Milano e provoca la morte di quattro persone. Si saprà poi che il Bertoli è legato , al gruppo eversivo "La Rosa dei Venti", ai Servizi Segreti dell'Esercito, nonchè membro dell'organizzazione paramilitare legata alla CIA denominata "Gladio".

24 maggio. Accordata l’ autorizzazione a procedere contro il segretario dell’ Msi , Giorgio Almirante, per ricostituzione del partito fascista.

28 giugno. Rapito dalle BR , il dirigente dell’Alfa Romeo, Michele Marcuzzi.

12 novembre. Primi arresti, a La Spezia e a Padova , che porteranno alla scoperta della organizzazione eversiva "Rosa dei Venti". Tramite le indagini del giudice Tamburrino, si scoprirà che la Rosa dei Venti è un’organizzazione parallela al Sid, in contatto, a livello internazionale, a strutture nel quadro Nato, nate per combattere il comunismo con ogni mezzo.

22 novembre. Viene sciolta l’ organizzazione "Ordine nuovo" fondata da Pino Rauti, e arrestati 30 dei suoi militanti, per ricostituzione del partito fascista.

10 dicembre. Rapito dalle BR, Ettore Amerio, direttore del personale della Fiat.

1974

13 gennaio. Il colonnello Amos Spiazzi, uno dei principali esponenti della trama eversiva Rosa dei Venti, viene arrestato a Padova.

18 aprile. A Genova viene rapito, dalle BR il giudice Mario Sossi, pubblico ministero al processo contro il gruppo XXII ottobre.

6 maggio. Le BR, chiedono la scarcerazione, dei detenuti appartenenti al gruppo XXII ottobre, in cambio del rilascio del Giudice Sossi .

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9 maggio. Rivolta nel carcere di Alessandria sedata dall’ intervento dei carabinieri. Sette i morti, di cui cinque ostaggi dei detenuti e quattordici i feriti.

20 maggio. Le BR fanno sapere di aver condannato a morte il giudice Sossi. La Corte d’appello di Genova concede la libertà provvisoria e il nulla osta per il passaporto agli otto detenuti del XXII ottobre.

23 maggio. Viene liberato Sossi, senza che però i detenuti siano stati rilasciati.

28 maggio. A Brescia, in piazza della Loggia, durante una manifestazione sindacale, l’esplosione di un ordigno, provoca la morte di otto persone. La strage, attribuita all’estrema destra, rimarrà impunita.

30 maggio. A Pian di Rascino (RI), rimane ucciso Giancarlo Esposti, esponente di Avanguardia nazionale, in un conflitto a fuoco con i carabinieri che scoprono un campo di addestramento paramilitare dell’estrema destra.

17 giugno. Le BR, uccidono Giuseppe Mazzola e Graziano Girolucci nella sede dell’Msi di Padova.

4 agosto. Una bomba esplode nella vettura n.5 del treno Italicus, l’espresso Roma-Monaco, provocando la morte di dodici persone. I mandanti e gli esecutori della strage, attribuita alle trame nere, non saranno mai individuati.

8 settembre. Renato Curcio e Alberto Franceschini, leader delle BR, sono arrestati a Pinerolo grazie alle informazioni fornite da Silvano Girotto, "frate Mitra", infiltrato nelle BR dal Generale Dalla Chiesa che aveva istituito un gruppo speciale antiterroristico.

15 ottobre. Muore a Robbiano di Mediglia (MI) Felice Maritano durante un’operazione in un covo delle BR, ad ucciderlo è il brigatista Roberto Ognibene.

29 ottobre. Due aderenti ai Nap, Luca Mantini e Giuseppe Romeo, sono uccisi dai carabinieri mentre tentano una rapina alla Cassa di Risparmio di Firenze.

30 ottobre. Vengono arrestati a Torino Prospero Gallinari e Alfredo Buonavita, esponenti delle BR.

5 dicembre. Un commando di Autonomia Operaia uccide durante una rapina allo zuccherificio SII di Argelato (BO), il carabiniere Andrea Lombardini.

1975

24 gennaio. Il terrorista Mario Tuti uccide due carabinieri, Leonardo Falco e Giovanni Ceravolo, giunti ad arrestarlo nella sua abitazione. Tuti ripara in Francia dove sarà arrestato il 27 luglio e successivamente estradato.

18 febbraio. Un commando di quattro persone aiuta ad evadere Renato Curcio dal carcere di Casal Monferrato (Al).

28 febbraio. Il militante del Fuan Mikis Mantakas, viene ucciso da un colpo di pistola, a Roma.

2 aprile. Un attentato distrugge l’abitazione di Gaetano Arfè, direttore del quotidiano socialista "Avanti".

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16 aprile. Claudio Varalli è ucciso a Milano, al termine di una manifestazione, con un colpo di pistola dai neofascisti di Avanguardia nazionale.

6 maggio. I Nap sequestrano il magistrato Giuseppe di Gennaro. A Viterbo tre detenuti dei NAP si barricano con tre ostaggi e chiedono un salvacondotto in cambio della liberazione di Di Gennaro che sarà rilasciato l’11 senza condizioni.

15 maggio. Viene gambizzato nella sua abitazione dalle BR il capogruppo della DC a Milano, Massimo De Carolis.

5 giugno. A sole 24 ore dal rapimento dell’industriale Vittorio Gallarino Gancia, i carabinieri circondano il casolare di Arzello dove è tenuto prigioniero. Nel conflitto a fuoco muoiono il carabiniere Giovanni D’Alfonso e la brigatistaMargherita Cagol.

8 luglio. Nel covo di Tor di Quinto a Roma viene uccisa da un agente dell’antiterrorismo, la nappista Anna Maria Mantini.

6 ottobre. Bernard Leighton Guzman, presidente della DC cilena durante il governo Allende, esule in Italia è ferito gravemente a colpi di pistola.

29 ottobre. Viene ucciso, a colpi di fucile, Mario Ziccheri, davanti alla sede dell’Msi di Prenestino, a Roma.

1976

18 gennaio. Renato Curcio viene arrestato per la seconda volta. Dopo 20 minuti di sparatoria il brigatista ferito si arrende.

9 febbraio. Viene ucciso dai Nap il brigadiere Tuzzolino.

24 marzo. I giornali danno notizia dell’arresto di Giorgio Semeria, uno dei capi storici delle BR.

8 giugno. Viene ucciso dalle BR il giudice Coco, accusato dai brigatisti di essere il duro, della procura genovese, e di aver fatto fallire lo scambio tra Sossi e i gappisti del XXII ottobre.

10 luglio. Il giudice Occorsio viene assassinato sotto la sua abitazione. L’omicidio è rivendicato da Ordine Nuovo.

10 ottobre. Una delle prime azioni di Prima Linea è l’assalto alla sede della DC di Torino. Tra i componenti del commando c’è Marco Donat Cattin, figlio di uno dei massimi esponenti democristiani.

29 novembre. Cinque esponenti di Prima Linea irrompono nella sede del gruppo dirigenti della Fiat a Torino, incatenano gli impiegati, espropriano i soldi che trovano, e scrivono con una bomboletta spray, il nome :"Prima Linea". E' la prima comparsa della sigla.

12 dicembre. Il nappista Martino Zichitella muore a Roma in un’azione contro, Alfonso Noce, responsabile dei servizi di sicurezza per il Lazio.

14 dicembre. Muore durante uno scontro a fuoco con la polizia il brigatista milanese Walter Alasia.

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1977

21 gennaio. Le nappiste, Vianale e Salerno, evadono dal carcere femminile di Pozzuoli.

12 marzo. Prima Linea colpisce l’agente torinese della Digos, Giuseppe Ciotta. L’azione ha scopo di rappresaglia nei confronti della polizia, ritenuta responsabile della morte dello studente Francesco Lorusso.

28 aprile. Le BR uccidono, a Torino, Fulvio Croce, presidente dell’Ordine degli avvocati, che doveva designare i difensori nel processo Curcio.

12 maggio. Un colpo di pistola esploso dalla polizia uccide la diciannovenne Giorgiana Masi, durante una manifestazione organizzata a Roma dai radicali per festeggiare l'anniversario della vittoria nel referendum sul divorzio.

19 maggio. Vengono incendiati, da militanti di Prima Linea, i magazzini della Sit Siemens e della Magneti Morelli di Milano.

2 giugno. Viene "gambizzato", a Milano, Indro Montanelli direttore del Giornale Nuovo. I brigatisti attaccando i giornalisti, intendono colpire "Gli uomini e gli strumenti, della guerra psicologica."A Torino vengono fermati 4 esponenti di Prima Linea, sorpresi mentre tentano di minare la rete tranviaria cittadina. Si tratta di Valeria Cora, Riccardo Borgogno, Cesare Rambaudi e Marco Fagiano.

16 novembre. I brigatisti colpiscono Carlo Casalegno, vicedirettore della Stampa. E’ la prima volta che i brigatisti sparano ad un giornalista con l’intenzione di ucciderlo.

1978

8 marzo. Si apre a Torino il processo ad alcuni esponenti storici delle BR.

16 marzo, ore 9.15. In via Mario Fani i brigatisti rossi rapiscono il presidente della DC Aldo Moro. Poche ore dopo Moro avrebbe dovuto partecipare, a Montecitorio, al dibattito sulla fiducia al quarto governo Andreotti. Nell'agguato vengono uccisi i carabinieri Domenico Ricci e Oreste Leonardi e i tre poliziotti dell'auto di scorta Raffaele Jozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi.

16 marzo, ore 10. Le Brigate rosse telefonano all'Ansa e comunicano di aver rapito il presidente della DC.

16 marzo, ore 10. Il presidente della Camera Pietro Ingrao sospende la seduta e annuncia il rapimento di Aldo Moro.

16 marzo, ore 11. Cgil, Cisl e Uil proclamano lo sciopero generale.

18 marzo. Dopo i funerali degli uomini della scorta di Moro, alle 12 le Brigate rosse telefonano al quotidiano romano "Il Messaggero" e indicano una cabina telefonica in cui viene trovato il "Comunicato n.1" con la fotografia del presidente della Dc. Le Brigate rosse comunicano che Moro è in una "prigione del popolo" in quanto responsabile "dei programmi controrivoluzionari della borghesia imperialista".

19 marzo. Dalla finestra del suo studio Paolo VI lancia il primo appello ai rapitori di Moro.

20 marzo. A Torino, durante il processo a Renato Curcio, le Brigate rosse rivendicano la responsabilità politica del rapimento.

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21 marzo. Il governo approva il decreto antiterrorismo: trent'anni di carcere per i terroristi, ergastolo in caso di morte dell'ostaggio; la polizia può fermare, interrogare e ascoltare le telefonate sospette.

23 marzo. Il Pci comunica la sua posizione ufficiale: lo Stato non deve trattare con le Brigate rosse.

25 marzo. A Torino, Roma, Milano e Genova le Brigate rosse fanno trovare il "Comunicato n.2", in cui annunciano di aver cominciato il "processo popolare" contro Moro.

29 marzo. "Sono sotto un dominio pieno e incontrollato dei terroristi". Le BR fanno trovare il "Comunicato n.3": una lettera al ministro degli Interni Francesco Cossiga in cui Moro accenna alla possibilità di uno scambio.

30 marzo. La direzione della Democrazia Cristiana respinge ogni trattativa. Comincia la "linea dura". Alcuni giorni dopo la stessa decisione viene confermata dai cinque partiti della maggioranza.

2 aprile. Paolo VI, durante l'Angelus, rivolge il secondo appello alle Brigate rosse.

4 aprile. Il "Comunicato n.4" delle Brigate rosse è una copia della lettera di Moro al segretario della DC Benigno Zaccagnini: "Moralmente sei tu ad essere al mio posto, dove materialmente sono io".

7 aprile. Il quotidiano milanese "Il Giorno" pubblica una lettera di Eleonora Moro: la moglie del presidente della DC si dissocia dalla "linea dura" .

10 aprile. "Comunicato n.5": una lettera autografa di Aldo Moro, in cui il presidente DC sostiene l'ipotesi delle trattative e attacca il suo compagno di partito Taviani.

15 aprile. Il "Comunicato n.6" annuncia la fine del "processo popolare" ad Aldo Moro e ne stabilisce la condanna a morte.

17 aprile. Amnesty International si offre come mediatore, e il segretario dell'Onu Kurt Waldheim lancia il suo primo appello.

18 aprile. In via Gradoli 94, a Roma, viene scoperto un covo delle Brigate rosse. Un comunicato, il n.7, che poi si rivelerà falso, annuncia che Moro è stato ucciso: il suo corpo si troverebbe nel lago della Duchessa.

20 aprile. Alla redazione di "Repubblica" arriva il vero "Comunicato n.7": Moro è fotografato con una copia del quotidiano del 19 aprile. E' il comunicato dell'ultimatum: "Scambio di prigionieri o lo uccidiamo". Lo stesso giorno Moro scrive a Zaccagnini, e lo rimprovera per la sua intransigenza.

21 aprile. La direzione della DC ribadisce la "linea dura", ma la famiglia di Moro chiede di accettare le condizioni della Br. La direzione del Psi rompe ogni indugio e si dichiara favorevole a trattare.

22 aprile. Paolo VI lancia il suo terzo mesaggio: "Io scrivo a voi, uomini delle Brigate rosse...". Anche il segretario dell'Onu Waldheim rivolge il secondo appello alle BR.

24 aprile. Il "Comunicato n.8" detta le condizioni per la liberazione di Aldo Moro: la liberazione di tredici brigatisti detenuti, tra cui Renato Curcio.

29 aprile. Moro scrive alla Democrazia cristiana: "Lo scambio è la sola via d'uscita".

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30 aprile. Moro scrive a Giovanni Leone, ad Amintore Fanfani, a Pietro Ingrao e a Bettino Craxi. Alle 16.30 un brigatista telefona a casa della famiglia Moro: per salvare la vita al presidente della DC serve un immediato intervento di Zaccagnini.

5 maggio. Andreotti ribadisce il "no" alle trattative. Poche ore dopo, nel "Comunicato n.9", la Brigate rosse scrivono: "Concludiamo la battaglia cominciata il 16 marzo eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato".

7 maggio. Viene pubblicata la lettera di Aldo Moro alla moglie: "Cara Norina, ti bacio per l'ultima volta".

8 maggio. Moro scrive l'ultima lettera alla famiglia.

9 maggio. Alle 13.30, in via Caetani, a metà strada tra le sedi nazionali del Pci e della Dc, in una Renault 4 rossa viene trovato il cadavere di Aldo Moro.

1979

24 gennaio. Viene ucciso il sindacalista della CGIL Guido Rossa, operaio alla Italsider di Genova, per aver scoperto e denunciato, Francesco Berardi, fiancheggiatore delle BR.

29 gennaio. Terroristi di PL, uccidono a Milano, Emilio Alessandrini, Il giudice che si occupò delle indagini sulla strage di piazza Fontana.

23 febbraio. Vengono condannati all’ergastolo dalla Corte D’Assise di Catanzaro, Franco Freda e Giovanni Ventura entrambi personaggi noti dell’eversione nera. I due saranno poi assolti per insufficienza di prove.

28 febbraio. Matteo Caggegi e Barbara Azzaroni, terroristi di PL, muoiono a Torino in uno scontro a fuoco con la polizia.

9 marzo. Alcuni terroristi di Prima Linea, organizzano in un bar di Torino, un’ azione di rappresaglia contro la polizia. Nella sparatoria muore un passante, lo studente Emanuele Iurilli.

20 marzo. Viene trovato morto nel suo ufficio, Mino Pecorelli, direttore del notiziario OP spesso utilizzato dai Servizi segreti.

7 aprile. Antonio Negri, i sui fedelissimi e alcuni dirigenti di Potere operaio, vengono arrestati in quanto accusati di essere la direzione strategica delle BR.

18 luglio. Viene assassinato da un commando di Prima Linea, il proprietario del bar dove erano rimasti uccisi Azzaroni e Caggegi.

21 settembre. Il responsabile della pianificazione alla Fiat, Carlo Ghiglieno, viene ucciso da PL, a Torino.

11 dicembre. Un gruppo di persone, appartenenti a Prima Linea, si impadronisce per circa un’ora, dell’istituto di amministrazione aziendale Valletta a Torino. Fra le persone rastrellate e raggruppate dai terroristi nell’aula Magna della scuola, ne vengono scelte dieci, tra cui cinque studenti e cinque professori che vengono gambizzate.

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1980

8 gennaio. I carabinieri Tatulli, Cestari e Santoro, vengono uccisi a Milano dalle BR.

25 gennaio. Prima Linea uccide a Genova, Emanuele Tuttobene, tenente colonnello e Antonio Casu suo autista.

28 gennaio. Le BR uccidono a Venezia, il vicedirettore del petrolchimico di Marghera, Silvio Gori.

31 gennaio. A Milano, la casalinga Anna Maria Minci, viene uccisa per errore dai carabinieri.

2 febbraio. Paolo Paoletti, responsabile della produzione della Icmesa di Seveso, e ucciso a Monza da Prima Linea.

6 febbraio. Il carabiniere Maurizio Arnesano, di diciannove anni, e ucciso a Roma dai terroristi neri dei NAR.

7 febbraio. Il testimone d’accusa per i processi sulla morte di Alessandrini e Torregiani, William Waccher, è assassinato da PL.

12 febbraio. Vittorio Bachalet, vicepresidente del Csm e professore di diritto amministrativo, è ucciso dalle BR all’Università di Roma.

18 febbraio. Vengono catturati i due brigatisti Rocco Micaletto e Patrizio Peci.

22 febbraio. I NAR uccidono a Roma lo studente Valerio Verbano.

16 marzo. Le Brigate Rosse assassinano il procuratore capo della repubblica di Salerno, Nicola Giacumbi.

18 marzo. E’ ucciso dalle BR, a Roma, il consigliere della Corte di cassazione, Girolamo Minervini. PL uccide a Milano il giudice Galli.

28 marzo. Perdono la vita i brigatisti Betassa, Panciarelli e Durante, sorpresi dalla polizia nel covo di via Fracchia, a Genova.

12 maggio. Alfredo Albanesi, dirigente della Digos, trova la morte a Venezia per mano delle BR.

19 maggio. L’ assessore al bilancio e consigliere regionale DC, Pino Amato, è assassinato a Napoli dalle BR.

28 maggio. Il poliziotto Franco Evangelista viene ucciso dai NAR a Roma. A Milano viene assassinato dai piellini, l’ inviato del Corriere della Sera Walter Tobagi.

19 giugno. Nel carcere delle Nuove di Torino viene ucciso dai brigatisti Pasquale Viale.

23 giugno. Il giudice Mario Amato, viene assassinato a Roma dai NAR.

27 giugno. 81 persone muoiono in un incidente aereo. Un DC9 dell’Itavia precipita nei pressi dell’ isola di Ustica.

2 luglio. Il detenuto nel carcere di Cuneo, Ugo Benazzi, viene ucciso dai NAP.

2 agosto. Muoiono 85 persone, a causa dell’esplosione di un ordigno nella sala d’aspetto della stazione di Bologna.

11 agosto. I carabinieri Cucuzzoli e Cortellessa vengono uccisi da PL vicino Viterbo.

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27 ottobre. Biagio Inquinto e Francesco Zarrillo, due detenuti comuni nel carcere di Badde ’e Carros (NU), sono uccisi durante una rivolta dalle BR.

12 novembre. Viene ucciso a Milano dalle BR, il direttore del personale della Magneti Marelli, Renato Briano.

28 novembre. Il direttore tecnico della Falck, Manfredo Mazzanti, è assassinato, a Milano, dalle Brigate Rosse.

1 dicembre. Muore il direttore sanitario del carcere di Regina Coeli, Giuseppe Furci, ucciso dalle BR..

12 dicembre. I brigatisti rapiscono il capo della direzione generale degli istituti di prevenzione e pena del ministero di Giustizia, Giovanni D’Urso.

24 dicembre. Il penitenziario dell’Asinara (SS) viene chiuso.

28 dicembre. Inizia l’insurrezione nel carcere di Trani. Sarà sedata il 29 dall’intervento dei Nocs.

31 dicembre. Enrico Galvaligi, responsabile dell’ufficio di coordinamento delle carceri, è assassinato a Roma dalle BR.

1981

6 gennaio. I NAR uccidono Luca Peruzzi, esponente dell’organizzazione di destra Terza Posizione.

15 gennaio. Viene liberato il giudice Giovanni D’Urso.

5 febbraio. In un agguato organizzato dai NAR vengono uccisi i due carabinieri Enea Condotto e Luigi Maronesi. Rimane ferito anche il terrorista nero Giusva Fioravanti.

4 aprile. Vengono arrestati a Milano i brigatisti Enrico Fenzi, Tiziana Volpi , Silvano Fadda e Mario Moretti.

13 aprile. Muore in carcere, ucciso dai fascisti Concutelli e Tuti il terrorista nero Ermanno Buzzi, condannato per la strage di Brescia.

27 aprile. Viene rapito dalle Brigate Rosse, Ciro Cirillo. Durante il rapimento vengono uccisi l’autista e l’agente di scorta.

6 maggio. Viene perquisita, la sede della Massoneria di palazzo Giustiniani a Roma, dopo la scoperta di alcuni documenti nella villa di Licio Gelli. Durante la perquisizione, vengono posti sotto sequestro dei documenti riguardanti la Loggia P2.

2giugno. Rapimento del dirigente dell’Alfa Romeo Sandrucci.

5 giugno. Luciano Rossi, tenente colonnello della Finanza e testimone sulla Loggia P2, è trovato morto a Roma.

6 giugno. L’assessore comunista Siola, viene ferito a Napoli dalle BR.

10 giugno. Le Brigate Rosse, rapiscono Roberto Peci fratello del pentito Patrizio.

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23 luglio. Viene liberato il dirigente dell’Alfa, Renato Sanducci.

13 agosto. Ritrovamento del cadavere di Roberto Peci, alla periferia di Roma.

21 ottobre. I due poliziotti Francesco Straullo e Ciriaco Di Roma, vengono uccisi dai terroristi dei NAR , a Roma.

13 novembre. L’agente Eleno Viscardi è ucciso a Milano da Prima Linea.

5 dicembre. In una sparatoria con la polizia muore il terrorista nero Alessandro Alibrandi.

17 dicembre. Il generale americano, Lee Dozier, è rapito dalla BR a Verona.

ANNI ’70 – ’80 CRISI ECONOMICA E SISTEMA POLITICO BLOCCATO

La crisi petrolifera del 1973 mise a dura prova l’economia italiana e di tutti i paesi occidentali. La crisi in Italia fu

particolarmente dura perché agli effetti della crisi internazionale si sommarono le fragilità strutturali dell’economia; ritardo

tecnologico, inefficienza del sistema fiscale, passivo della bilancia dei pagamenti, debolezza della lira, inefficienze della

pubblica amministrazione, ecc.

L’inflazione in particolare, era molto alta, con conseguente aumento del costo delle importazioni (essenziali per la

produzione italiana).

La Banca d’Italia adottò quindi una politica monetaria deflazionistica, aumentando il tasso di sconto e provocando una

recessione dell’economia: diminuì il PIL, aumentarono gli interessi sui titoli di stato.

La presenza della scala mobile consentì la difesa del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni. Ne risentì

l’occupazione, anche se la Cassa integrazione e la legislazione fortemente a orientata alla tutela dei lavoratori,

attenuarono gli effetti della recessione.

Il ricorso frequente alla cassa integrazione, la crescita della spesa previdenziale e l’alta evasione fiscale determinarono un crescente deficit del bilancio dello stato, che si presentò come un nuovo problema per la già difficile economia italiana.POLITICAI primi anni ’70 videro l’insuccesso dei governi di centro-sinistra: le alleanze si fecero sempre più fragili e litigiose, divise sulle soluzioni da dare alla crisi economica. Alle elezioni del 1976 vi fu un successo elettorale del PCI, grazie soprattutto alla nuova linea politica realizzata dal suo segretario Berlinguer, basata sulla ricerca di un compromesso storico (alleanza tra tradizione socialista, comunista e cattolica).Si formò un governo di un solo partito (DC) presieduto da Andreotti, seguito da un governo di solidarietà nazionale.Nello stesso momento si verificò uno dei più drammatici eventi della nostra storia recente: il rapimento e la successiva uccisione di Aldo Moro da parte della Brigate Rosse (terroristi di sinistra). Alla fine del 1978 la solidarietà nazionale entrò in crisi, e fu sostituita da nuovi governi instabili di centro-sinistra.Con la fine della politica della solidarietà internazionale, vennero meno anche i dialoghi tra imprenditori e movimenti sindacali. Subentrarono duri scontri, che terminarono con la sconfitta del sindacato.Questi furono anche gli anno del terrorismo, di due diversi tipi:_ TERRORISMO NERO. Di stampo fascista, ha insanguinato il paese con una serie di attentati volti a colpire indiscriminatamente i civili e a seminare terrore. Piazza Fontana (MI), piazza della Loggia (BS), treno Italicus, bomba ad altissimo potenziale nella stazione di Bologna nel 1980 (la strage più grave della storia europea). Gli obiettivi erano quelli di attaccare le istituzioni democratiche e le conquiste popolari, contrari al loro ideale di autoritario e antidemocratico._ TERRORISMO ROSSO. Sviluppatosi a metà degli anni ’70. Formato dalle Brigate rosse, dai Nuclei armati proletari. Dichiararono di praticare la lotta armata per colpire lo stato e la classe dirigente borghese con l’obiettivo di avviare un moto rivoluzionario attraverso rapimenti, ferimenti, assalti e omicidi.ECONOMIA ANNI ‘80Nei primi anni ’80 l’economia era in grave crisi. Ma a partire dal 1984 si verificò una ripresa piuttosto intensa, tanto da far pensare ad un secondo boom economico. La ripresa nasceva da una buona situazione dell’economia mondiale, favorita soprattutto dal ribasso dei prezzi del petrolio, e da una nuova disponibilità interna degli imprenditori ad investire e alla

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crisi del sindacato (nuova rottura: ritornano Cgil, Cisl e Uil).Le grandi imprese effettuarono profonde ristrutturazioni e lanciarono nuovi prodotti, che riportarono l’economia italiana ad una condizione competitiva sui mercati internazionali.Limiti della ripresa: crescita incontrollata del deficit del bilancio, inefficienze dei servizi, ristagno della ricerca scientifica.PENTAPARTITOSul piano politico si ripropose l’alleanza tra la DC, il PSI, i Liberali, i repubblicani e i socialdemocratici, con l’esclusione del PCI dalla maggioranza.Rispetto al centro-sinistra, il pentapartito che governò l’Italia negli anni ’80 presentava alcune differenze, la più importante fu il rapporto tra i due maggiori partiti: se prima la posizione dominante della DC era stata messa fuori discussione, ora i socialisti posero condizioni più dure per partecipare alla maggioranza. Dilagavano ancora pratiche di clientelismo, lottizzazione e corruzione.Ma la caratteristica del sistema politico degli anni ’80 fu la paralisi del sistema politico, che rendeva impraticabile l’alternanza e il ricambio della classe dirigente.

L'economia italiana negli anni '70 - '80. La crisi petrolifera degli anni settanta si abbatte sulle imprese.

Non è opportuno dire la verità a una persona che non sia disposta ad accettarla.

Seneca Lettere morali a Lucilio

La crisi petrolifera del periodo '73-'76 sconvolge il quadro economico del Paese; la dipendenza della nostra economia dagli idrocarburi rivela tutto il suo costo e la sua pericolosità.

Si tenta una programmazione industriale, ma alle chiacchiere non seguono i fatti se non nel salvataggio di imprese e banche in crisi. Nella politica di salvataggio viene coinvolta principalmente la chimica di base (Montedison, Sir e Liquichimica finiscono all 'Eni per strade diverse), l 'Efim persegue autonome politiche espansive creando gravi squilibri economici e finanziari, i fondi di dotazione raggiungono, nel 1978, quasi il 25% dei trasferimenti complessivi alle imprese. L'intervento di sostegno alle imprese si caratterizza, quindi, per una forte componente "assistenziale" a società non più remunerative, in settori obsoleti. Le stime sui ritorni economici che sarebbero entrati nelle casse dello stato dalla nazionalizzazione del settore elettrico si rivelano utopistiche, anzi, anche l 'Enel entra in una crisi finanziaria di tale gravità che impone, nel 1973, la costituzione di un fondo di dotazione. Il settore elettrico, in mano privata produceva "vergognosi" utili per gli azionisti , in mano pubblica produce "democratici" debiti a carico del Paese.

A seguito della prima crisi petrolifera tutti i maggiori paesi industrializzati avviano politiche di diversificazione delle fonti energetiche, per ridurre la dipendenza dall 'estero; l 'Italia che è il Paese con la massima dipendenza tra tutti quelli industrializzati, vara una serie di piani energetici, che prevedono ambiziosi programmi nucleari.   Ma tutto resta solo sulla carta.

Nel giugno 1979, l 'Eni, sotto la presidenza del socialista Mazzanti, firma con Petromin, l 'organismo pubblico che in Arabia saudita tratta le forniture di greggio, un contratto triennale. Petromin si impegna a fornire all 'Eni 91 milioni di barili di petrolio in tre anni, al prezzo di diciotto dollari al barile. Nello scontro politico in atto tra andreottiani,

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sinistra Dc, craxiani e sinistra socialista, a qualcuno conviene far trapelare l ' informazione che per quella fornitura è stata pattuita una tangente di un dollaro e venti centesimi al barile, in parte destinata ai mediatori sauditi , ma, in parte, finita nelle casse dei partiti i taliani. Le trattative con i paesi del medio oriente, e non solo, prevedono l 'uso istituzionalizzato della tangente ai mediatori locali; quello che emerge nell 'affare Petromin è che l 'Eni gonfiava le tangenti per finanziare i partiti . Le strade per mettere le mani sui soldi degli italiani sono infinite.

Il solo centro di potere, del Paese, che spinge per un "ritorno al capitalismo puro" è Mediobanca che tenta di rimettere in linea di navigazione «le due uniche corazzate di cui disponeva il nostro asfittico sistema imprenditoriale: Fiat e Montedison».   I primi risultati Cuccia li ottiene a Torino; prima, in collaborazione con la Deutsche Bank, porta, nel 1976, agli Agnelli superindebitati 415 milioni di dollari di investitori libici, e, poi, suggerisce di affidare i pieni poteri della Fiat a Cesare Romiti cui viene affidato il compito di riportare ordine e produttività nelle fabbriche gestite tra lo strapotere del sindacato e l ' inefficienza del management.

Nel 1981, Mediobanca conduce in porto l 'operazione "privatizzazione della Montedison", contando sull 'appoggio di Mario Schimberni, che ha mosso i primi passi in Bpd a fianco di Romiti, e al quale, dopo il fallimento di Cefis, è stato affidato, nella Montedison, lo stesso incarico di Romiti alla Fiat. L'operazione ha l 'appoggio del ministro delle partecipazioni statali, Gianni De Michelis, amico di Schimberni. Un gruppo di privati (Agnelli , Carlo Bonomi, Marzotto, Orlando, Pirelli) acquista, da Montedison, Gemina (una scatola vuota riempita delle quote Iri ed Eni di Montedison), che, con meno del 20% del capitale, diventa il socio di riferimento.

el 1984 viene annunciato il "sostanziale pareggio di bilancio" della Montedison; anche questa volta, però, l ' impresa non vede un serio processo di risanamento, ma solo un inbellettamento (dovuto, sia a un'economia drogata dall ' inflazione, sia a una capitalizzazione della borsa trainata dal boom thatcher-reaganiano); il trucco non viene scoperto subito, ma, alle prime difficoltà, risulterà una situazione industriale molto pesante.   Nel 1986 Raul Gardini, alla guida dell ' impero dei Ferruzzi, si impossessa della Montedison, alla cui presidenza siede sempre Schimberni, e, da quel momento, iniziano, per il "corsaro di Ravenna", una serie di eventi negativi, che culmineranno con il fallimento di Enimont, la joint-venture pubblico-privato, lo scandalo delle tangenti e il disastro del gruppo Ferruzzi. La vita della Montedison sarà ancora travagliata; la Ferfin, nell 'estate del '93, si trova sull 'orlo del crack. Nella finnaziaria dei Ferruzzi vengono a galla 31.500 miliardi di debiti consolidati, oltre a diversi ammanchi in società estere; in quel drammatico mese di giugno, nel pieno delle inchieste giudiziarie su tangentopoli, i Ferruzzi decidono di consegnare a Mediobanca le chiavi del gruppo ritenendo quella decisione come l 'unica strada per il risanamento.

La Ferfin viene affidata a Guido Rossi, presidente (sostituito poi da Lucchini) e a Enrico Bondi, amministratore delegato; con la regia di Mediobanca viene elaborato un piano di ristrutturazione del debito che prevede: restituzione immediata del debito nei confronti dei creditori esteri, rinuncia da parte delle banche nazionali a parte dei crediti e degli interessi, conversione dei crediti residui in capitale, dismissioni di alcune attività che portano 10.000 miliardi in cassa. Da quel momento, istituti bancari e privati vicini a Mediobanca detengono il controllo della

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Ferfin. Nel luglio del '96, la Ferfin viene ribattezzata Compart; la Compart, nel novembre 2000, incorpora Montedison e cambia il proprio nome in quello della sua incorporata. Il nocciolo di controllo della Nuova Montedison sarà costituito, nel novembre 2000, da Mediobanca 13,5%, Banca di Roma 8%, San Paolo-Imi 6,7%, Gruppo Tassara 5,4%, Generali 4,7%, Italmobiliare 3%, Caltagirone 1,8%, Serfis 1,8%. Il 3 ottobre 1997 la Banca d'Italia e l 'Antitrust (guidata da Amato) avviano un'indagine sul piano di risanamento del gruppo Ferruzzi; l ' indagine mette in evidenza due semplici realtà. Uno, nel 1993, con la vendita delle attività del gruppo, Ferfin sarebbe stata in grado di pagare i propri debiti senza necessità di azzerare il capitale, due Mediobanca, che aveva ricevuto l ' incarico del risanamento del gruppo, invece di muoversi in tale direzione, ha operato per sottrarre il gruppo al controllo dei Ferruzzi.

Nel decennio degli anni settanta, nei paesi più industrializzati i modelli keynesiani dell 'economia entrano in crisi e si affermano le teorie liberiste dei Chicago-boys che ispireranno le politiche di Margaret Thatcher e Ronald Reagan.

Nel 1974, il premio nobel per l 'economia va a Friedrich Hayek, il profeta del liberismo, che afferma «Seguendo le tradizioni morali sorte spontaneamente e sottostanti all 'ordine concorrenziale del mercato . . . noi possiamo generare e raccogliere una quantità di conoscenza e di ricchezza più grande di quella che potrebbe essere ottenuta e utilizzata in un'economia diretta centralisticamente . . . ». Il centralismo economico e i "dinosauri" di stato hanno invece grandi estimatori in Italia, dove nell ' indifferenza di un'opinione pubblica rassegnata e drogata da media corrivi e correi si realizza un colossale spreco di risorse umane e materiali che non ha uguali nel mondo.

I dati macroeconomici

La caratteristica principale macroeconomica degli anni settanta riguarda il processo inflazionistico. L'inflazione, tra gli anni quaranta e sessanta, era considerata un fenomeno episodico. Di ampie dimensioni, come nel '46-'47, oppure di dimensioni limitate, come nel '51 e nel '62-'63, ma episodi che svolgevano la funzione di redistribuire il reddito tra imprese e famiglie. Nel corso degli anni settanta, l ' inflazione diventa un fenomeno con caratteristiche permanenti e strutturali; la formulazione di corrette aspettative di inflazione diventa lo strumento principale per un qualsiasi contratto. I comportamenti che differenziano l 'economia italiana degli anni settanta dalle altre economie europee hanno le proprie radici nelle decisioni di politica economica e sociale prese a metà degli anni '60, con la riforma del sistema pensionistico e con il sostegno diffuso a imprese e lavoratori in difficoltà. È una filosofia di governo imperniata sull 'obiettivo di stabilizzare, in modo dirigistico, il l ivello dell 'attività economica, sull ' irrilevanza dell 'equilibrio del bilancio dello stato, sulla subordinazione di tale bilancio a qualunque domanda di protezione proveniente dal sistema sociale o da quello economico, sulla politica di incentivazione dei consumi.

Nel marzo del 1979, con l 'adesione dell 'Italia al Sistema monetario europeo (Sme), viene posto il primo elemento embrionale per una nuova filosofia di governo dell 'economia.

Il riassorbimento degli effetti del primo shock petrolifero aveva richiesto circa cinque anni e si era concluso nel '78 con un tasso di inflazione del 12%, molto più elevato di quello degli altri paesi europei. L'adesione allo Sme rappresenta, anche, l 'ammissione politica che la salvezza per la nostra economia non può che venire dalle condizioni e

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dai vincoli stringenti che tale adesione ci impone.

Il lungo periodo, dal '78 al '92, che sarà necessario per debellare l ' inflazione nel nostro Paese, mostra   la viscosità del sistema politico al cambiamento. Una volta, infatti , che gli attori politici si rendono conto che il sistema degli incentivi è un ottimo strumento per risolvere qualsiasi tipo di difficoltà essi incorporano nel proprio dna la predisposizione alla soluzione dei problemi, prevalentemente, con strumenti inflazionistici.

Eugenio Caruso

Legge BiagiDa Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La legge 30 chiamata anche legge Biagi (Legge 14 febbraio 2003, n. 30 o, più brevemente, legge

30/2003 - "Delega al Governo in materia di occupazione e mercato del lavoro") è una legge di riforma

del mercato del lavoro che fu varata dal secondo governo Berlusconi. La legge prende il nome del

giuslavorista Marco Biagi che vi ha contribuito come consulente e che è stato assassinato il 19

marzo 2002 a Bologna dalle Nuove Brigate Rosse. Coloro che non vogliono associare alla memoria di

Marco Biagi la legge (perché ritengono che il progetto ideato da Biagi differisca dalla legge effettivamente poi

varata dal governo), la chiamano alternativamente: legge 30, legge Maroni o legge Sacconi (esponenti del

governo che l'hanno emanata).

In realtà è improprio attribuire la regolamentazione del mercato del lavoro alla legge n. 30/2003, in quanto

quest'ultima è solo una legge delega al Governo. Ad essa ha fatto seguito il D. Lgs. 10 settembre 2003 n.

276, "Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio

2003, n. 30", che è invece la fonte normativa definitiva. Di conseguenza, anche se in ogni caso sarebbe

improprio ricordare tale legge in questo modo, la denominazione "Legge Biagi" corrisponderebbe al D.

Lgs. 10 settembre 2003 n. 276.[senza fonte]

Normativa [modifica]

La legge Biagi introduce una serie di novità la cui portata è paragonabile allo Statuto dei lavoratori.

Diversamente da quest'ultimo, però, l'intento del legislatore parte dal presupposto secondo cui

la flessibilità in ingresso nel mercato del lavoro è il mezzo migliore, nella attuale congiuntura economica, per

agevolare la creazione di nuovi posti di lavoro e inoltre che la rigidità del sistema crea spesso alti tassi di

disoccupazione.

La vastità della riforma è evidenziata dallo stesso numero degli articoli del Decreto, ben 86, e dagli istituti

introdotti ex novo o modificati.

Come si nota proprio dalla ampiezza degli istituti trattati, è agevole osservare che la legge Biagi ha introdotto

o modificato numerosi contratti di lavoro: dalla somministrazioneall'apprendistato, al contratto di lavoro

ripartito, al contratto di lavoro intermittente, o al lavoro accessorio e al lavoro occasionale, nonché il contratto

a progetto, ha disciplinato le agenzie di somministrazione di lavoro abrogando l'istituto del lavoro

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temporaneo o interinale, ha introdotto procedure di certificazione e la Borsa continua nazionale del lavoro,

ossia un luogo di incontro fra domanda e offerta di lavoro[1].

Il decreto n. 276/2003 è stato successivamente modificato da alcuni decreti legislativi: il D. Lgs. 6

ottobre 2004, n. 251, c.d. correttivo del D. Lgs. n. 276/2003; la legge n. 80/2005; ma soprattutto la legge

Legge 24 dicembre 2007, n. 247, recante "Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su

previdenza, lavoro e competitività per favorire l’equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in

materia di lavoro e previdenza sociale", introdotta dal Governo Prodi II, che ha dato attuazione al Protocollo

sul Welfare del luglio 2007. Tra le altre cose è scomparsa la somministrazione di lavoro a tempo

indeterminato e il lavoro a chiamata (tranne che nel turismo e nel settore dello spettacolo), il lavoro a tempo

deteminato è stato limitato a casi meno generici. Col cambio della legislatura, il Governo Berlusconi IV è

ritornato sul decreto n. 276/2003 con la legge n. 133/2008, che ha reintrodotto il contratto di lavoro a

chiamata, modificando ulteriormente la normativa sul contratto di lavoro a termine, pur se contenuta nel D.

Lgs. n. 368/2001.

Secondo coloro che ritengono inadeguata la riforma Maroni, rispetto allo Statuto dei lavoratori, la norma

riduce drasticamente diritti e tutele e le possibilità di intervento della magistraturanelle questioni contrattuali

(si pensi alla certificazione dei contratti di lavoro o alla limitazione della riqualificazione del contratto

nell'ambito della parasubordinazione, quale co.co.co. o co.co.pro), altre volte sembra ampliare in maniera

massiccia la posizione tutoria dei Sindacati comparativamente più rappresentativi per derogare in peius

alcuni istituti, in generale si assiste alla proliferazione di nuove figure lavorative che, nelle intenzioni del

legislatore, meglio si adattano alle esigenze del mercato del lavoro globalizzato.

Il decreto legislativo n. 276/2003, inoltre, estende notevolmente la definizione di trasferimento di ramo

d'azienda all'art. 2112 del Codice Civile, non creando nuovi ambiti di possibile applicazione, ma includendovi

operazioni già previste dalle normative, per le quali non esistevano gli stessi diritti e tutele. La modifica a

vantaggio dei lavoratori, aumenta il numero di quanti beneficiano dei diritti previsti in caso di outsourcing, al

comma 5 del citato articolo (introdotti con la legge n. 18 del 2001).

Secondo i sostenitori della riforma, di contro, la legge Biagi aumentando la flessibilità in ingresso nel mondo

del lavoro, produce di fatto un aumento del tasso di occupazione e sostituisce uno strumento, ritenuto dagli

stessi obsoleto, come quello della concertazione tra le parti sociali.

Vantaggi riservati alle donne [modifica]

Gli articoli 54-59 disciplinano l'assunzione di soggetti cosiddetti svantaggiati, tra cui spiccano le donne. Si

legge in particolare che

« Per quanto riguarda l'assunzione di donne, tutte le donne assunte con contratto di inserimento, a prescindere dalla zona geografica di appartenenza, danno la possibilità di fruire dell'agevolazione contributiva del 25%. [...] Gli incentivi consistono in

una riduzione, pari o superiore al 25%, dei contributi previdenziali ed assistenziali a carico del datore di lavoro »

L'efficacia della riforma [modifica]

L'impostazione della legge è riconducibile ad una visione liberista dell'economia, secondo il modello di Adam

Smith[senza fonte]. Non è tuttavia possibile valutarne in senso assoluto i risultati, in quanto i fattori da prendere in

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considerazione sono molteplici ed interconnessi con quelli di altre aree economico-sociali. È possibile invece

raccogliere quelli che, nel comune sentire, sono stati i pregi ed i difetti della legge 30. A questo proposito

alcuni istituti, come l'Istat, Confindustria[2] o Almalaurea[3], effettuano periodicamente degli studi sulle

condizioni occupazionali nel paese.

Pregi [modifica]

Le aziende che hanno deciso di introdurre le nuove tipologie contrattuali per le assunzioni, hanno beneficiato

di sconti contributivi e fiscali nonché di un maggiore fattore di ricambio del personale, ove quello assunto non

si fosse giudicato adatto. Inoltre le forme contrattuali previste (i cosiddetti contratti atipici di lavoro) sono

considerevolmente aumentate di numero per meglio venire incontro alle molteplici esigenze implicite di un

mercato del lavoro eterogeneo e globalizzato.

I primi anni di attuazione della legge Maroni hanno visto una generale riduzione del tasso di

disoccupazione che è tornato ai livelli di quello del 1992[4].

Inoltre sembra, che col tempo, la situazione lavorativa di coloro che sono entrati nel mondo del lavoro con un

contratto c.d. flessibile tenda a stabilizzarsi ed a concretizzarsi in un contratto a tempo indeterminato.

Secondo il IX Rapporto AlmaLaurea, a cinque anni dalla laurea, risultano stabili 71 occupati su cento. Il

grande balzo in avanti è dovuto in particolar modo all'aumento dei contratti a tempo indeterminato, che sono

lievitati di 15 punti percentuali, raggiungendo quasi il 47% a cinque anni.

La legge non introduce modifiche alle norme dei contratti a tempo indeterminato, e non doveva applicarsi al

settore del pubblico impiego (art. 1), dove poi si è rivelato maggiore il ricorso ai contratti a termine e alla

flessibilità. La legge introduceva alcune norme a tutela dei lavoratori in materia di esternalizzazioni e lavoro

in appalto.

La legge Biagi introduce:

un obbligo in solido di appaltatore e società appaltatrice per il pagamento delle retribuzioni;

una definizione di esternalizzazione come cambiamento della titolarità dell'impresa, che è molto più

estesa delle precedenti, e allarga le casistiche alle quali si possono applicare diritti e tutele che erano

previsti in tema di esternalizzazioni.

Difetti [modifica]

Alla prevista flessibilità non ha fatto seguito una riforma perpendicolare sugli ammortizzatori sociali,

tramutando di fatto una situazione di lavoro flessibile in una situazione precaria, e soprattutto un contesto

economico nel quale non è facile e rapido il ricollocamento nel mondo del lavoro. Numerose testimonianze

relative al disagio che ha comportato questa forma di precariato sono state raccolte da Beppe Grillo nel

libro Schiavi Moderni, liberamente scaricabile in formato digitale[5]. La situazione è differente da altri Paesi

come gli USA dove ad un mercato del lavoro flessibile si accompagna dal dopoguerra una facilità a trovare

un nuovo impiego in tempi rapidi per tutte le fasce di età che compongono la forza-lavoro.

Dovendo le aziende versare minori contributi, i lavoratori precari hanno un accantonamento pensionistico

inferiore ai loro colleghi con contratti tipici. Questa situazione, combinata al progressivo invecchiamento dei

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componenti del nostro paese, ha fatto emergere un dibattito sull'opportunità di integrare le pensioni statali

(gestite dall'Inps) con un fondo pensione privato (il cui rischio ricade totalmente sul sottoscrittore).

L'elevato numero di forme contrattuali previste ha, in molti casi, disorientato le società (soprattutto quelle

medio-piccole), spingendole a sfruttare solo una piccola percentuale dell'ampio ventaglio di soluzioni messo

a disposizione. Forme come il lavoro condiviso, il lavoro a chiamata o lo staff leasing sono concretamente

poco o per nulla usate[senza fonte]

Nel mercato del lavoro, le retribuzioni e i livelli di qualifica non sono proporzionate al livello di istruzione

crescente delle ultime generazioni. Esiste inoltre una forte differenza di salario, a parità di mansioni, tra

operaio, quadro e impiegato di concetto, fra i differenti contratti nazionali[senza fonte].

Alcuni dati[senza fonte] pongono in discussione l'ipotesi del libero mercato efficiente e della capacità del mercato

del lavoro di assumere la migliore configurazione possibile nell'interesse economico delle parti, in assenza di

vincoli legislativi.

Come tutte le forme di flessibilità, anche quelle introdotte dalla riforma Maroni non godono dei benefici

economici della contrattazione di secondo livello (c.d. contratto integrativo).

Il lavoro precario inoltre crea delle situazioni economiche complicate per i dipendenti con in contratti "atipici"

che in quanto precari, non sono in grado di poter fornire garanzie reali di un salario nel lungo periodo,

lasciandoli in evidente difficoltà nel momento in cui sono costretti, anche in età avanzata, a richiedere agli

istituti di credito del denaro per far fronte alle piccole spese quotidiane o per l'acquisto della casa nella quale

andare ad abitare.

Il precariato, inoltre, pone il dipendente in una situazione di debolezza, nella quale, sottoposto al rischio di

perdere il lavoro, più difficilmente potrà rivendicare i suoi diritti (sicurezza compresa) ed un salario migliore.

In merito al rinnovo dei Contratti Nazionali nel 2007, in particolare, quello metalmeccanico, si è più volte

accennato all'introduzione dell'orario medio di lavoro, già previsto dalle leggi vigenti. Il riferimento all'orario di

lavoro medio non è minimamente accennato nella legge Biagi, ma è contenuto nel poco citato Decreto

Legislativo n. 66 del 2003. La legge Biagi parla di lavoro modulato e flessibile ma in riferimento a nuove

tipologie di contratti a termine, che non riguardano il lavoro a tempo indeterminato.