Download - Le stele di Apollonia - Bollettino d'Arte · 2015. 4. 21. · Le stele di Apollonia Sull' Albania antica esiste una hiblio grafia abhastanza cospicua, che in gran parte è stata raccolta

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  • Le stele di Apollonia

    Sull' Albania antica esiste una hiblio-grafia abhastanza cospicua , che in gran parte è stata raccolta in uno dei volumi dell'Ugolini 1). A questa vanno aggiunte le opere dell' Ugolini stesso, gli scritti di I",. Rey, puhhlicati nella rivista Alba-nia 2), nei quali sono esposti i risultati di quindici anni di scavi ad Apollonia, e infine il recente articolo di M. Gel'vasio 3). Quest'ultimo è l'unico che si occupi del-l'Albania antica in generale, avendone una visione sintetica, e che, come già aveva iniziato il Praschniker 4), accenni alle relazioni dell'arte d'Albania con quel-la di altri centri, e cerchi di sceverarne i caratteri propri. Ma, sia nell'uno che nell'altro di questi due autori, non si tratta .che di accenni.

    Gli scritti di tutti gli altri non sono che relazioni di viaggi o di scavi, che espongono forme o aspetti d'arte, ma che non si preoccupano dei prohlemi ad essi inerenti.

    lo credo tuttavia sia possibile riunire in gruppi alcuni dei monumenti rinvenuti in territorio albanese, quando questi mo-numenti presentino caratteri di concreta omogeneità stilistica, tali da giustificare congrui aggruppamenti, e si possa cosi cominciare a distinguere la produzione di un centro da quella degli altri. Non im-porta se per ora dohhiamo limitare la nostra indagine a prodotti d'arte indu-striale o decorativa, perchè sono questi, più ancora dell'arte aulica, quelli. che so-

    l) L. M. UGOLI l, Albania Antica, VoI. I , Appendi;e bibliografica.

    2) Albania, fase. I-V (1925-1935). 3) M. GERVASIO, L'Albania antica, in Japigia, X,

    (1939), fase. III, p . 35 sgg. 4) PRASCHNlKER, Muzakhia und Malakastra, iu Jahres-

    hefte d. oest. arch. Inst. , Bd. XXI-XXII (1920), Beihlatt, col. 132 (Apollonia). .

    5) Mi riferisco alla « Fanciulla di Valona », al busto di Fingia, e ad una statuetta bronzea dallo Scutarino, nota soltanto attraverso disegni. P er tutte, vedi UGO-LINI, op. cit., pp. 15, 81, 90 e fì gg. 14., 54, 62. Questi sono gli esempi noti, che tuttavia sono evidenti derivazioni

    prattutto rivelano il vero volto artistico d'un paese.

    Naturalmente, in quanto ho detto, in-tendo riferirmi all'arte del periodo greco, trascurando per il momento quello roma-no, che merita uno studio particolare, e quello «illirico », della cui arte ahhiamo ancora troppo pochi esempi perchè se ne possano fissare i caratteri 5).

    Se uno studio di sintesi d'un gruppo di monumenti, del genere di quello che io mi propongo in questo lavoro, non è ancora stato fatto, ciò si deve a varie r.agioni, che possono però essere sintetiz-zate in due principali: scarsezza, fino ad oggi, di materiali di scavo, e dispersione del patrimonio artistico nazionale. Infatti, oltre ai saggi eseguiti dalla Missione ar-cheologica Italiana .a Fenice 6), che han-no fatto conoscere alcuni monumenti del-l'architettura dell'antica città, ma nulla della sua arte figurativa, scavi regolari sono stati eseguiti solo a Butrinto e ad Apollonia. Il materiale venuto alla luce a Butrinto non ha caratteri particolari: tutte le opere, che sono state illustrate dall' U golini, rientrano nel quadro gene-rale dell' arte greca, anzi generalmente so-

    . no copie di opere celehri, come la Gran-de Ercolanese e la famosa Dea che, ormai è accertato, dipende da un tipo apollineo più volte ripetuto.

    Apollonia invece ha restituito una se-rie di monumenti - le stele - che presen-tano una tale unità di stile e di motivi

    dall'arte greca. Di grand is~imo interesse, invece, sareb-bero state senza dubbio due teste di fattura rozza e pri-mitiva, con caratteri barbarici, ch e l'anno scorso avevo notato, al mio arrivo in Albania, nella raccolta annessa alla Biblioteca di Elhasan : purtroppo, quando, al termine della guerra con la Grecia, libero da impegni militari, sono potuto tornare a Elhasan, le due teste non vi si trovavano più, nè, per quante ricerche abbia fatto e fatto fare, ho potuto averne notizia: molto probabilmente esse avrebbero potuto fornirci qualche indizio sull' arte . illiric a primitiva.

    6) L. M. UGOIINI, Albania Antica, Vol . II: L'Acro-poli di Fenice.

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    decorativi, da potere essere studiate come un complesso omogeneo, per quanto tale studio, in parte, dehha essere condotto solo sulla scorta di fotografie e descrizio-ni di altri esegeti, perchè alcune delle stele sono andate perdute. Di questa do-lorosa dispersione si può rendere facil-mente conto chiunque faccia scorrere innanzi ai suoi occhi le illustrazioni del Praschniker e del Patsch 7), che esibi-scono un ricco materiale, di cui soltanto una parte si ritrova nelle modeste l'ac-colte di Tirana, Durazzo, Fieri, Elhasan. Fortunatamente le stele erano state tutte fotografate, cosicchè è possihile esaminare e descrivere anche quelle che sono andate perdute, tanto più che i loro elementi sono molto simili a quelli delle altre che si conservano.

    * * * Uno studio sulle stele di Apollonia, di

    cui sono noti pochi esemplari, compresi quelli perduti, può semhrare prematuro, ma ad esso sono stato indotto da due considerazioni: innanzi tutto che il com-plesso è talmente omogeneo per tettoni-ca e schemi decOl"ativi, che anche i pochi elementi che lo compongono possono ha-stare per tracciare' con sicurezza un qua-dro d'insieme che ne metta in evidenza le caratteristiche comuni; in secondo luo-go che tale studio, essendo il primo che si compie su un complesso artistico alba-nese, potrà mostrare, forse, la via da percorrere per lavori dello stesso genere, e preparare così a grado a grado gli ele-menti per una visione completa della sto-ria dell'arte antica del paese.

    Poichè le stele di Apollonia sono una classe di monumenti non molto noti, e,

    7) P ATSCH, Das Sandschak Berat in Albanien (Schriften der Balkankommission, antiquarische Ahteilung III) ; PRASCHNIKER-SCHOBER, Archiiologische Forschungen in Albania und Montenegro (ibid. , VIII); PRASCHNIKER, op. cito

    8) p ATSCH, op. cit. , p. 177, fig. 151 (disegno non

    dato il cru:attere del presente lavoro, è necessario riconoscerne i singoli elementi ornamentali, sarà opportuno far precedere la trattazione da un elenco degli esempla-ri e dei frammenti che possediamo.

    l) Stele di Parmeniskos 8). È rettango-lare, leggermente rastremata nella parte supe-riore, che è coronata da un frontoncino (fig. l); questo reca nel campo, leggermente spostata a destra, una testa femminile, mancante de-gli occhi in su, resa di fronte, con il collo pie-gato. Al centro e sui lati, il sommo del frontone era ornato di acroteri, dei quali non restano che le tracce: dalla fotografia non mi è dato precisare di che genere fossero. Gli spioventi e la cornice inferiore, all'interno, sono sottolineati da una fila di astragali e perle. Il frontone pog-gia su di un fregio con modanatura a gola e dentelli, al disotto del quale è rappresentata a rilievo una vivace amazonomachia, le cui figure poggiano su un listello sporgente. Queste figu-re, in numero di nove, possono essere conside-rate come formanti tre gruppi: da sinistra ve n'è prima uno di cinque, poi altri due di due figure ciascuno: l'uno rappresentante un greco che afferra per i capelli un'Amazone caduta, mentre nell'altro un'Amazone sostiene per le ascelle il corpo esanime di una compagna. A si-nistra la lotta gravita intorno a un greco ca-duto , sul quale infìerisce un'Amazone dal lungo chitone, che avanza a gran passi, brandendo un'arma, ma di fronte a lei, dietro al caduto, si erge un compagno in atteggiamento di offesa, mentre, a sinistra, un'altra Amazone è trasci-nata per i capelli da un guerriero. Questa, pie-gata sulle ginocchia e quasi riversa, agisce co-me elemento d'unione tra il suo assalitore e il difensore del compagno caduto, del quale copre parzialmente le gamb e. La disposizione delle

    - figure secondo schemi triangolari - una figura diritta e una caduta alternate - come un ar-monico susseguirsi di arsi e di tesi, è un altro elemento di coesione della composizione, che V'aIe anche per il secondo gruppo a destra, men-tre il terzo è isolato, tanto più che è anche di-stanziato dalle rimanenti figure più di quanto queste non lo siano fra loro, come la ripresa del ritmo dopo la cesura.

    Lroppo fedel e); PRASCHNIKER, Muzakhia und lIfalakastra, col. 128, fig. 4·7. Alt. m. 1,06, largh. m. 0,55. È conser-vata al KlIDsthistolisch es Museum di Vienna. Debbo la fotografia all' Istituto Archeologico Germanico di Roma, e il permesso di riproduzione alla cortesia del Profes· sore C. Praschnikcr.

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  • LE A'RTI --------------------------~---------------- 117 .-----

    La figura mediana dell'Amazone con il lun-go chitone è il centro ideale della composizione, ai lati della quale gravitano tutte le altre figure: gli sguardi di tutti i guerrieri sono puntati su di lei, compreso quello dell'ultimo gruppo a de-stra, che solo per questo si unisce idealmente al resto della composizione: se non fosse per questo legame, esso risulterebbe come un grup-po staccato, estraneo all'insieme.

    Vien fatto di pensare che questa figura-zione sia stata tolta dall'artefice della stele da un fregio con la stessa rappresentazione: cosa molto probabile, perchè quello dell' amazono-machia è un tema che deve avere incontrato molto favore ad Apollonia in tutte le epoche. Oltre a un rilievo arcaico con figure di guerrieri in combattimento, che quasi certamente ripro-duce un'amazonomachia 9), sono noti i fram-menti del fregio d'uno zoccolo, provenienti pu-re da Apollonia, ma disgraziatamente oggi per-duti l0), con la stessa rappresentazione. Anzi, in uno di questi frammenti 11), troviamo, inver-tito, lo stesso schema del secondo gruppo della stele, con la figura del greco che afferra per i capelli un'Amazone caduta, e le punta un piede sul corpo.

    Sotto al listello, sul quale si svolge questa scena di lotta, è una corona composta da due rami di quercia, le cui foglie sono disposte sim-metricamente e alternate con ghiande; i rami sono ltlgati con bende, i cui lembi pendono dalle estremità intrecciate. ~

    Più in basso due Sirene, alate e piangenti, in schemi e atteggiamenti simmetrici, con il capo reclinato su una mano, mentre l'altra so-stiene il gomito del braccio piegato, poggiano su due rosette espanse all'esterno. Al disotto dell'iscrizione, che per due volte ripete il no-me di Parmeniskos, seguìto dal patronimico Damenos, sono due grifi alati, araldicamen-te affrontati, con le zampe anteriori solleva-te, ai lati d'un elegante cratere dal corpo baccellato.

    2) Stele di Phalakra e Neagenes (fig. 2), conservata nel giardino della Biblioteca Nazio-nale di Tirana 12). Manca di una parte del re-gistro inferiore. Benchè sia ampiamente descrit-ta dal Praschniker, è opportuno riesaminarne gli elementi per i necessari confronti con gli altri esemplari, e per l'esatta comprensione della loro economia distributiva. Essa era costituita

    9) È probabile che il bellissimo rilievo arcaico - che doveva appartenere al fregio d'un tempio - , trovato sulla collina dell' acropoli nel 1933, e sommariamente illustrato dal REY in Albania, V, (1935), p. 47 e Tav. XV, rappre-senti 1m' amazonomachia. Il rilievo è provvi oriamentc

    da tre parti: superiore, mediana e inferiore. La superiore è conformata a frontone, che poggia su una cornice dentellata, e nel campo è ornato da due grifi che, simili a quelli della stele di Parmeniskos, sono affrontati ai lati di una testa bovina, contro cui sollevano le zampe anteriori interne. Gli spioventi e il fastigio sono adorni di acroteri: di quello centrale rimangono pochi resti di zampe artigliate, che dovevano appar-tenere a uJ? grifo o a un leone, espresso di pro-spetto; quelli laterali sono costituiti da due Si-rene dello stesso tipo di quelle della stele pre-cedente: quella di sinistra manca sohanto della testa, mentre dell'altra non si conserva che la parte inferiore. Esse sono scolpite a tutto ton-do, ma differiscono da quelle dell'altra stele solo perchè le ali, anzichè essere aperte per poggiare contro il fondo , sono piegate un po' indietro ad angolo; poichè peraltro tutta la loro parte posteriore è lasciata grezza, il lavoro, sia nel-l'un caso che nell'altro, si riduce a quello d'un rilievo.

    N ella parte mediana, che forma il corpo della stele vero e proprio, è, in alto, una corona composta da due rami di quercia, intrecciati, espressi anche sui lati brevi, e che s'incontrano sulla fronte. Due rosette, dalle foglie appoggiate al fondo, sono una su ciascuno dei lati corti, mentre sulla fronte ve ne sono altre due, espan-se aH'esterno e moho ampie, disposte a destra e a sinistra di una kylix su alto piede che pog-gia su un listello sporgente, fra due colombe, mentre altre due, sull'orlo del vaso, bevono il liquido in esso contenuto. Al disotto, su una cornice leggermente aggettante, adorna nella parte inferiore di un kyma ionico, si svolge una scena di lotta di animali: due leoni hanno az-zannato una cerva, che è caduta a terra; la figurazione è fiancheggiata da due alti vasi fu-siformi,

    . La parte inferiore era a edicola, inquadrata da. due semicolonnine corinzie, delle quali rimane la parte più alta, con il capitello. Esse sosten-gono un architrave, sul quale è incisa l'iscri-zione relativa ai defunti: Phalakra, figlia di Li-simaco, e Neagenes, figlio di Teisidamo. La su-perficie compresa tra le semicolonnine è liscia, ma negli angoli superiori sono visibili due fori con tracce di piombo: evidentemente servivano a fissare una tavoletta marmorea con l'imma-gine dei defunti, probabilmente dipinta.

    conservato nel Municipio di Fieri. l0) PRASCHNIKER, op. cit., col. 171, figg. 84 a, b, c. 11) Ibid., fig. 84 a. 12) PRASCHN1KER, Arch. Forsch. , p.71, fi g. 87. Alt.

    con ervata m. 1,02 , largh. m. 0,65.

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  • ----- 113 -------------------------------------------- LE ARTI

    3) Coronamento di stele 13), conservato nel deposito municipale di Fieri. È=a forma di frontone che sovrasta una cornice dentellata. Al centro del timpano è una testa alata di Gor-gone, fiancheggiata da due serpenti, che sno-dano simmetricamente le loro molteplici spire dalle due parti. Sul culmine del frontone e alle estremità degli spioventi sonO palmette acrote-riali; dietro a queste fiorisce rigoglioso un gran cespo di acanto, dalle foglie disposte simmetri-camente, dalle quali emerge, dal pube in su, il corpo nudo d'una figura femminile mancante della testa, ma di cui si conservano, in parte, le chiome, che ricadono sul petto. La figura allarga le braccia, mentre due grifi, posti sim-metricamente ai lati, le poggiano una delle zampe anteriòri - quella interna - sulle spalle, e le protendono l'altra - quella esterna - avanti al ventre. Mancano la testa e la parte superiore delle ali dei mostri (fig. 3).

    Per quanto sia stata espressa qualche opi-nione contraria in proposito 14), credo che non possa sussistere alcun dubbio sull'appartenenza di questo rilievo a una stele.

    4) Parte superiore di stele 15). L'iscrizio-ne ci dà il nome di Parmén, figlio di Pentico, ripetuto due volte. Nello schema generale è si-mile alla stele di Phalakra (fig. 4), essendo anch'essa costituita da tre parti distinte: coro-namento - mancante e probabilmente a fron-tone -, una parte mediana rettangolare, e una parte inferiore a edicola con semicolonnine co-rinzie, conservate parzialmente 16) : anche in questa doveva essere una tavoletta con le im-magini dei defunti. Tuttavia, per l'ornato, que-sta stele si differenzia dalla stele di Phalakra: sotto alla cornice dentellata sono due rosette sulla fronte, e una su ognuno dei lati corti, tutte con i petali aderenti al fondo; al disotto è una corona di quercia, avvolta in tenie, i

    13) L. REY,. op. cit., V, (1935), p . 51, Tav. XVI, fig. 2. Alt. m. 0,735, largh. m. 0,74.

    14) Il REy (op. cit.) chiama questo frammento « bas-relief aux grifi'ons D, e in nota al suo articolo dice che quando lo presentò come appartenente a una stele, il Michon gli .fece notare che tale appartenenza è poco probabile, a causa delle grandi dimensioni e della rego-larità della frattura inferiore. Ma io non trovo che tali ragioni possano infirmare la mia opinione, p erchè le di-mensioni non hanno nulla di eccezionale: tra le stele at-tiche se ne conoscono di più grandi, ad esempio quella detta dell'Ilisso, o quella di Demetria e Pamphile. La regolarità del piano inferiore può esser dovuta al fatto che il coronamento fu segato per usare la stele come pie-tra da costruzione, o perchè il coronamento fu eseguito separatamente per essere inserito, in apposito incasso, sulla parte inferiore della stele.

    15) PRASCHNJK"R, Muzakhia u . Malakastra, col. 148 ,

    cui lembi ricadono sulla faccia anteriore, sopra al listello che sporge sull'epistilio.

    5) Stele dal « torello » (fig. 7). Ho cre-duto opportuno chiamarla cosÌ - dato che non ha iscrizioni - p er il suo particolare corona-mento, che consiste n ella figura d'un vigoroso torello, rivolto verso sinistra, scolpito a tutto tondo 17). Tuttavia p er lo schema, salvo la man-canza del frontone e della cornice dentellata, essa rientra nella serie che fa capo alla stele di Phalakra. Dell'edicola non rimane più nulla, all'infuori di parte dei capitelli; la decorazione del regi3tro m ediano si riduce alla corona di quercia e a due Sirene nel solito sch ema, pog-gianti su due ro sette dai p et ali espansi, mentre altre due rosette, dai petali aderenti al fondo , sono sui lati brevi. Il torello manca della zampa posteriore sinistra; quella anteriore è piegata, come pure il muso.

    6) Un coronamento di stele è stato tro-vato quest ' anno nell'Odeon romano di Apollo-nia, dove era stato riadoperato come pietra 18).

    Ha la forma di un frontone, ornato inferior-mente dalla cornice dentellata, e nel timpano dalle figure di due galletti affrontati ai lati di una corona circolare, molto probabilmente di foglie di quercia. Sul culmine del frontone è visibile la traccia della figura d'un animale accosciato, forse una Sfinge, e alle estremità degli spioventi rimangono i resti degli acroteri laterali, che quasi certamente saranno stati, co-me in altri casi, delle Sirene (fig. 6). Manca l ' estremità destra del pezzo.

    7) Da contadini di Apollonia mi è stato consegnato . quest'anno un frammento di stele (fig. 9), che comprende una piccola parte del frontone, e precisamente l'estremità di sinistra, sulla quale si conserva la parte inferiore d'una Sirena del tipo noto , e l'estr emità superiore del lato corto di sinistra, su cui è visibile un r esiduo

    fig. 65. Alt. m . 0,83, largh. m. 0,41. Si ignora dove si trovi attualmente.

    16) Anche questa deve essere stata u sata come pietra da costruzione: il coronamento e la parte inferiore sono stati segati, come dimostra la r egolarità delle due linee di frattura .

    17) PRASCHNIKER, op. cit. , col. 147, fig. 64. Alt . m. 1,02, largh. m. 0,41. Anche di questa s'ignora la sorte attuale.

    18) Si era spostato a causa di violente piogge, ri-v elando la sua ornamentazione, per cui fu raccolto dal custode degli scavi, Pilo Samarxhi, e depositato nel Monastero di Pojani. Era stato segato, e messo con la parte inferiore, rettangolare, in alto, sicchè aveva la apparenza di una comune pietra da costruzione: Questa è la prova che tanto il frammento n.O 3, quanto la stele di Parmén, sono state segate, e che il n.O 3 apparteneva a una stele. Alt. m. 0,405, Ja rgh. m. 0,83.

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    Fig. 1. Stele di Parmcniskos. - \Vicn, Kunsthist. Mus.

    Fig. 2. Stele di Phalakra. - 'rirana, Bibliotcca Nazionale. (Fot . • Dl'ini . ).

    Fig. 3. Frontone di stele di Apollonia. - Fieri, Municipio. (Fot. Direz. Arch . Tirana ).

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    Fig. 4. Stele di Parmén (perdu ta). (Neo. I sl. A reh. Oerm. 4181J8).

    T v. XLIV.

    Fig. 5. Ara funeraria di Apollonia. Durazzo, Municipio. (Fot. Seslieri).

    F ig. 6. Frontone di stele COn figure di galleLti. - Monastero di Pojani.

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  • LE ARTI ---------------------------------------------119 -----

    di corona di quercia, con piccola parte d'un ramo e di una foglia 19).

    8-9) Negli scavi eseguiti ad Apollonia nel 1933 e nel 1935 dalla Missione francese, furono trovati due frammenti di Sirene alate, che dovevano far parte di stele in funzione di acroteri, come in quella di Phalakra 20).

    lO) Una Sirena dello stesso ,tipo, rinve-nuta casualmente ad Apollonia nel 1939, in una località presso le Terme romane, mi è stata consegnata quest'anno dal guardiano degli sca-vi 21) . La figura è integra, ma non finita (fig. lO).

    11) Si dovrebbe aggiungere alla serie un esemplare, molto rovinato, che il Praschni-ker (Arch. Forsch., p. 73, fig. 88) dice murato all'esterno della cappella sinistra della chiesa di Pojani. Tale esemplare, che sembra, dalla foto-grafia data dal suo illustratore, appartenere al tipo a edicola, di cui è conservato il registro mediano con due rosette sormontate da Sirene, non è più reperibile attualmente. Per questo, e perchè la fotografia del Praschniker non è molto chiara, non posso darne una descrizione esauriente nè farne un esame completo: mi li-mito pertanto a citarlo.

    Con questi pezzi termina l'elenco delle stele e dei frammenti di stele di Apollonia finora co-nosciuti; tuttavia ritengo opportuno aggiunger-vi ancora un monumento, che, pur non essendo una stele, ma un'ara, per la provenienza, il ma-teriale impiegato, e gli elementi de~orativi che esibisce, può essere studiata insieme alle stele, come esponente di uno stesso indirizzo d'arte industriale.

    12) Ara quadrangolare, conservata nel deposito municipale di Durazzo (fig. 5). È sem-plicissima: ha una larga base a pianta quadrata, modanata come quella di un pilastro, e in alto è adorna di una corona di quercia che gira su tre lati; manca di ogni altro ornamento, al-l'infuori di una cornice dentellata, parzialmen-te conservata, che costituiva un elemento del coronamento, perduto, e del quale perciò non possiamo immaginare la forma. Il monumento ha l'apparenza di un pilastro, e sarei propenso a vedere in esso un'ara, probabilmente u sata come sema di un sepolcro 22).

    Già da questo primo esame, sommario e superficiale, risulta l'omogeneità di que-

    IV) Monastero di Pojani. Alt. m. 0,56. 20) I due frammenti sono inediti, e soltanto somma-

    riamente descritti nell'inventario della Missione francese. Il primo, alto m. 0,25, contraddistinto dal n.O 12 del '33, comprende la parte inferiore del corpo umano, le zampe

    2.

    sta classe di monumenti, dovuta non soltanto al ripetersi di motivi decorativi comuni a tutti gli esemplari, e che ver-ranno studiati particolarmente in seguito, ma anche alla loro contemporaneità. Sulla base delle iscrizioni, che sono incise su tre delle stele, queste sono state datate tra la fine del III e gli inizi del II se-colo a. C. Tali iscrizioni hanno caratteri molto eleganti, e non contengono - alme-no quelle note - che il saluto (xaies'l's) ai defunti, indicati con il nome e il patro-nimico. In due di esse, dedicate eviden-temente a nonno e nipote, che si traman-dano nome e patronimico, lo stesso nome è ripetuto d'ue volte:

    l) II aep,s'V{axoç L1 ap,rJ'Voç II aef-i8?i{axoç L1 ap,rJvoç

    2) IIaef1-f}'V IIs'V'l'bwv IIaep,-f}'V IIs'V'l'{xov xaies'l'S

    N ella terza, invece, i nomI sono due:

    cf>aJ.QKfla Avmp,axov NeayÉ'V17ç Tswt/J&p,ov xaies'l'8

    Il tipo delle lettere è comune ai tre esemplari, e anche in questo le stele d'Apollonia formano un complesso o;mo-geneo . I caratteri sono molto regolari; solo il II e il 2: presentano delle diversi-tà, in quanto il secondo può avere i tratti sia paralleli sia divergenti, e il II può avere le aste verticali di ugual lunghez-za, come in IIaep,s'V{axor;, o quella destra più corta, come in IIaep,rJ'V; tutti gli altri caratteri sono uguali. E peculiare l'A con la sbarra mediana ad angolo; tutte le lettere hanno una leggera apicatura. La datazione è confermata ~all'uso dei no-mi, studiati dal Praschniker, che ha ri-trovato alcuni di essi su monete di Du-razzo e Apollonia della seconda coniazio-ne autonoma (229-100 a. C.), come ap-

    e le estremità delle ali; il secondo, alto m. 0,14, n.O 13 del '35, comprende soltanto una parte delle zampe e le punte delle ali.

    21) Monastero -di Pojani. Alt. m. 0,28. 22) Inedita. Alt. m. l,20,largh. m. 0,50, prof. m. 0,49.

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    partenenti a magistrati monetali 23). Tra di essi si distingue il nome di Phalakra, del quale è evidente l'origine illil'ica 24).

    Vedremo che la datazione proposta, che si d eve al Praschniker e al Mobius, è confermata anche dagli elementi d €cora-tivi, che è tuttavia necessario analizzare.

    * * * Per la tettonica notiamo che il tipo

    di stele più diffuso è quello a edicola, rap-presentato dai n.i 2, 4, 5 (Phalakra, Par-mén, torello), nel quale, quasi certamen-te, rientrano i n .i 3, 6, 7. Abbiamo già notato la divisione in t re registri dei mo-numenti di questo tipo, e abbiamo pure osservato come nel n . o 5 il frontone sia sostituito dal torello, che costituisce, es-so pure, un coronamento. A prescindere dagli altri frammenti, che sono ridotti a troppo poca cosa, perchè possano illumi-narci sul tipo di monumento del quale facevano parte, e dal n. o 12 che, essen-do un'ara, è di tutt'altra natura, sembra che, almeno a giudicare dal numero degli esemplari conosciuti, il tipo a edicola fos-se quello preferito ad Apollonia.

    Effettivamente, la stele di Parmeni-skos è l'unica che se ne allontani, ma in essa, più che una vera e propria 'diffe-renziazione dal tipo a edicola, e cioè un tipo a sè stante, sarei propenso a vedere un maggiore sviluppo dato alla parte me-diana del tipo stesso . D'altronde, alcune considerazioni sulla tettonica 'delle stele ci persuaderanno di questa possibilità. E evidente, a mio avviso, la derivazione architettonica delle stele a edicola, che sembrano riprodurre in piccolo dei mo-

    23) PRASCHNIKER, in Muzakhia und Malakastra per la descrizione delle stele di Parmeniskos e Parmén, in Arch. Forsch. per quella di Phalakra (luoghi cit.).

    24) KRAHE, Die Altillyrische Personennamen, p. 88. 25) Non sappiamo se ad Apollonia esist essero in età

    ellenistica naiskoi del tipo di quelli tarantini. Fino ad ora, gli scavi nella valle di Kryegjata - zona dei sepolcri apolloniati - sono stati assai limitati: tuttavia, in un saggio esegnito dal Praschniker , e da Ini pubblicato in

    numenti funel'ari del tipo di quelli tante volte mppresentati sui vasi apuli, ma con accentuata importanza data alla parte tra il frontone e l'epistilio, cioè al fregio, che è quello destinato ad accogliere i motivi decorativi.

    N ella stele di Parmeniskos v'è un ele-mento, costituito dalla fascia con l'ama-zonomachia, che non può non ricordare, data la sua posizione sotto al frontone, lo zooph6ros d ei templi ionici o corinzi: ciò dimostra che il frontone stesso non ha funzione puramente decorativa, ma architettonica, come avviene nelle stele a edicola, quind:\ la primitiva concezione di quella di Parmeniskos deriva, come quella delle altre, dall'imitazione della facciata . d'un edificio . L'allungamento del-la parte mediana è andato a detrimento dell'edicola, ma in ultima analisi ritengo che si possa affermare come postulato, che alla base di tutte le stele di Apollo-nia - per lo meno di quelle note - siano degli edifici di carattere funerario, simili ai naiskoi tarantini 25).

    Il materiale usato è per tutte un cal-care giallo-chiaro, talora biancastro, che, secondo 1'0pi1'\.ione del Praschniker, accet-tata dal Rey, proviene da Grespan, poco lontano da Fieri, nella valle della Gian-nizza. E molto simile al «carparo» ta-rantino, del quale ha la caratteristica di essere assai molle e friabile finchè è sot-terra, e di indurirsi al contatto dell'aria 26). Questa pietl'a permette un lavoro di gran-de finitezza e precisione, e consente di ri-cavare tutti i dettagli d'esecuzione che possano concorrere a un rendimento d'ef-fetto; perciò può forse meravigliare il fatto che, almeno negli esemplari aedi-

    Muzakhia und Malakastra, col. 43 sgg., fig. 15, furono trovati resti d'un sepolcro romano a forma di tempio. Gli avanzi d'un secondo edificio similare, dell'età di An-tonino Pio, sono stati rinvenuti da m e in una campagna di scavi ch e ho effettuato ad Apollonia. Mi pare verisi-mile ch e l'uso dei tempietti funerari in età romana de-rivi da un uso analogo, già sviluppato in età più antica.

    20) Ad Apollonia questo materiale è stato costante-mente u sato, sia in scUltura sia come pietra da taglio.

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  • LE A R T I ----------------~---121---

    cola a noi noti, per la rappresentazione dei defunti si ricorresse a tavolette d'al-tro materiale, che quasi certamente do-veva essere il marmo: i resti di perni di piombo nella stele di Phalakra testimo-niano in maniera evidente di quest' ag-giunta; e che le immagini, anzichè scol-pite, fossero dipinte, mi sembra chiara-mente dimostrato dal. fatto che nelle ste-le di questo tipo l'aggetto dell'epistilio e delle semicolonnine dal fondo è minimo: nella stele di Phalakra non supera i 4 cen-timetri. Del resto , stele dipinte sono ben note nell'antichità, da quella di Lyseas a quelle di Pagasai 27), quindi le stele apol-loniati non costituirebbero in questo sen-so un'eccezione; tuttavia, per quanto mi consta, esse sono il primo esempio in cui la parte decorativa è scolpita, e circonda, come una cornice, quella figurativa. Ma questa - a mio avviso - è un'altra prova della funzione, oltre che della derivazio-ne, architettonica delle stele di Apollo-nia, evidentemente immaginate come veri e propri tempietti o naiskoi funerari, nei quali erano appesi dei pinakes dipinti.

    * * * Come per la tettonica abbiamo distin-

    to due tipi di stele, che tuttavia procedo-no da una fonte d'ispu'azione comune, cosÌ potremo fare delle distinzioni per quel che riguarda l'economia distributi-va degli ornati e lo stile, e stabilire dei gruppi. '

    N ella distribuzione d egli ornati osser-viamo due tendenze: l'una si compiace di disporre nel campo del registro media-no pochi elementi, ed è rappresentata dai n.i 4 (Parmén) , in cui la d ecorazione è limitata alla corona di quercia e alle ro-sette, e 5 (torello) , che aggiunge le Sirene sulle rosette, come avviene anche nel n. o Il, nel quale semhra che manchi la corona di

    27) Può darsi pure che, oltre che con la pittura, le immagini venissero espresse anche con l'incisione, come

    quercia; l'altra tendenza, a questi motivi, che potremmo chiamare tradizionali, ne aggiunge altri, cosÌ da costituixe delle sce-ne complesse, come l'amaz,onomachia del n.O l (Parmeniskos), e l'assalto dei leoni alla cerva e le colombe intorno alla cop-pa del n. O 2 (Phalakra). Per questi rag-gruppamenti non possiamo prendere in considerazione gli altri esemplari, perchè tl'OppO frammentari. Abbiamo dunque due gruppi, l'uno «semplice », l'altro «com-plesso »; e due gruppi possiamo stabilire anche per lo stile.

    N el primo, che comprende quasi tutti gli esemplari noti, gli elementi, siano essi pochi o molti, sono caratterizzati dal sen-so di equilibl'io e, vorrei dire, di snellezza che domina le masse; nell'altro, che, al-meno per ora, è rappresentato dal solo esemplare di Fieri (n.o 3), questo senso di equilibrio è perduto, e cede a una con-cezi0l1:e pesante e barocca della forma, che si tramuta in goffaggine.

    Non possiamo analizzare minutamen-te tutti gli esemplari, perchè alcuni sono ridotti a semplici frammenti, e altri sono andati perduti; limiteremo perciò que-st'analisi alle stele di Parmeniskos e Pha-lakra, al frontone con i galletti (n.o 6), e al frammento di Fieri; per le altre ci li-miteremo alle osservazioni che sarà pos-sibile fare sulla sola scorta delle foto-grafie.

    Da uno sguardo d'insieme alle stele del primo gruppo, risulta subito in ma-niera evidentissima che i motivi orna-mentali in gI'an parte si ripetono su tutti gli esemplari, che per questo acquistano un carattere spiccatissimo di unitarietà decorativa, oltre che compositiva, e, ve-dremo, anche stilistica.

    Le più interessanti e le più complete delle stele sono quelle di Parmeniskos e di Phalakra, che sono anche le più ric-che di decorazione.

    avviene nelle stele tebane di Mnason e Rhynchon, ma è assolutamente da escludere un rendimento a rilievo.

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    Nella seconda, il gusto dell'ornato è spinto all'estremo, e fa quasi pensare al-l'horror vacui degli antichi, poichè il cam-po è quasi completamente ricoperto dai motivi decorativi, profusi dovunque ci sia un po' di spazio libero, sicchè il fondo, come tale, viene a essere annullato: ormai questo non ha altro scopo che quello di so-stenere i rilievi, anzichè di farli risaltare sulla sua superficie. Gli ornati sono scol-piti con grande accuratezza di particolari, che si rivela nell'indicazione delle piume nelle ali dei grifi, nelle giubbe dei leoni, nel rendimento d elle foglie di quercia: ma tutto è subordinato ai fini ornamen-tali : sia la disposizione delle figure, sia i loro atteggiamenti. I due gruppi del r e-gistro mediano - leoni che azzannano una cerv a, coppa con le colombe -, pre-si nel complesso, disegnano uno schema tl'iangolare : la stessa cosa si può dire se si considerano i due gruppi separata-mente, anzi quello inferiore, per la po-sizione dei leoni, rappresentati obliqua-mente contro il fondo, e della cerva al-lungata, ricorda moltissimo uno schema compositivo frontonale 28).

    Com'è naturale, la disposizione a trian-golo si ripete anche nelle figm-e che de-corano il frontoncino della stele: per ot--tenerla, la testa bovina è stata fatta più alta dei grifi laterali, i cui corpi sono molto stirati indietro, e hanno le ali ab-bassate, in maniera da seguire gli spio-venti del frontone .

    Il gusto dell'ornamentazione si rivela anche nell'inquadramento compiuto dalle figure laterali nei riguardi di quella cen-trale, che rimane fissata in uno schema di simmetria, a carattere unicamente d e-corativo . I leoni del gruppo inferiore, co-me i grifi del frontone, ripetono gli stessi atteggiamenti, sicchè, in ambedue i casi, la figura di sinistra pare l'immagine ri-

    28) È molto ovvio il ricordo del frontone arcaico in poros dell'Acropoli, con l'an\Ùoga rappresentazione di due l eoni azzannanti un toro.

    flessa di quella di destra, e, nel frontone, le zampe anteriOl"i dei mostri, l'una ab-bassata e l'altra sollevata, formano una cornice alla testa bovina, che n e viene messa in evidenza. Allo stesso modo, le due colombe sullistello ai lati d ella k.rlix, come i due vasi fusiformi alle estremit à d el gruppo inferiore, hanno l'intento decorativo d 'inquadrare la scena centra-le: si può dire che tutte le figure e gli altri elementi abbiano una funzione su-bordinata alla comI)osizione di schemi che, oltre a muoVere la superficie, sot -tolineano le parti simili, raccordandolc le une con le altre.

    Per quanto, talora, il d ecorativismo, oltre a essere spinto al massimo gl'ado, si perda in minuzie di poco rilievo, quali l'attorcigliarsi delle code d ei grifi, e riveli nell'artigiano uno spirito eccessivamente analitico, tuttavia gli ornati formano un complesso armonioso, contenuto nei li-miti di una equilibrata economia distri-butiva: la stele, pur non essendo una vera opera d 'arte, ha una sua originalità, che l'inalza molto al disopra del livello di un comune, per quanto accurato ,- pro-dotto di hottega. E l'originalità, si noti, non è data nè dalle figure, nè dai gruppi che esse formano, che vedremo quanto sono comuni, ma soltanto dall'armonica -unione dei v ari gruppi, per cui dobbiamo riconoscere all'artigiano un'esperienza con-sumatissima e l 'eredità di una ricca tra-dizione.

    Osserviamo ora l'esecuzione dei sin-goli elementi della stele. Questi - si tratti di figure o di ornamenti vegetali - più che scolpiti, sembrano intagliat i , cosÌ da apparire come applicati sul fondo, anzi-chè ricavati dalla stessa pietra.

    N ella corona di quercia, la regolarità delle foglie , in cui il frastagliamento degli orli è ottenuto mediante fori di trapano poco profondi, posti a uguale distanza l'uno dall' altro, n ella cornice sotto al frontone il taglio netto dei dentelli, pro-

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    --- LE ARTI --------------------------------------------- 123 ------

    ducono l'impressione di un lavoro mec-canico: in parte ciò è dovuto al materiale di cui è costituito il rilievo, che non con-sente di levigare e arrotondare le super-fici come il marmo, ma costringe a un lavoro vero e proprio d'intaglio, simile a quello nel legno 29); tuttavia, se la deco-l'azione ha, come si è detto, l'apparenza di essere applicata sul fondo, ciò si deve all'artigiano, che ha preso i ouoi elementi da parti diverse, e, pur coordinandoli e disponendoli armoniosamente nel loro complesso, ha lasciato ad essi il loro ca-rattere esteriore. ed essenziale di Ol'nati applicati.

    Osservazioni analoghe si possono fare sulla stele di Parmeniskos, nella quale, tuttavia, noteremo alcune differenze d'ese-cuzione in alcuni elementi, differenze che - come vedremo - sono dovute a fattori esterni, perchè il suo autore, se pure non è lo stesso della stele di Phalakra, agisce con lo stesso spirito notato in quest'ul-tima, e con lo stesso senso d ecorativo, sia nel tipo degli ornati sia nella loro disposizione.

    A prima vista sembra che questa stele sia meno adorna dell'altra, e, in realtà, nella parte inferiore gli elementi orna-mentali sono in numero molto inferiore, ma, come nella precedente, essi sono su-bordinati esclusivamente al fine d ecorati-vo, e arm:onizzati con la forma della stele.

    Così, mentre in quella di Phalakra, lo spazio limitato del fondo, in cui la lar-ghezza prevale sull'altezza, aveva impo-sto schemi compositivi triangolari, in quel-la di Parmenisk.os, molto più allungata, gli ornati compongono un solo schema ret-tangolare, che è ottenuto con le figure del-le Sirene, allungate con l'esser poste so-pra alle rosette, e con le scene al disopra e al disotto di esse. Abbiamo già esami-

    29) Questo lavoro d'intaglio è del resto comune a tutte le opere di scultura in pietra tenera, che perciò hanno apparenza legnosa: per non citare soltanto i fron-toni arcaici dell'Acropoli , possiamo ricordare le metope

    nato la scena dell' amazonomachia, che per il suo carattere di fregio continuo, pur con gli alti e bassi alternati delle sue figure, dà un senso di orizzontalità: ve-diamo come questo seilso è mantenuto anche nella scena inferiore dei grifi af-frontati ai lati d'un alto cratere baccel-lato, che pur si IHesterebbe tanto facil-meilte e quasi inevitabilmente allo sche-ma triangolare. La scena è quasi identica a quella del frontone della stele di Pha-lakra: i due mostri alzano simmetrica-mente le zampe anteriori interne ai lati del vaso, ma il senso della linea orizzon-tale è dato dall'essere essi più distanziati dall'oggetto centrale, dalla forma meno allungata dei corpi, e infine - particolare della massima importanza - dal sollevarsi delle ali e delle code, che impedisce l'ab-bassarsi alle estremità della linea oriz-zontale.

    Anche qui, dunque, il senso decorati-vo dell'artigiano è accompagnato da una intima consapevolezza dei suoi mezzi e soprattutto d ei suoi intenti; anche qui è evidente una ricchezza molto I?;rande di esperienze e di tradizioni.

    La tecnica delle due stele è la stessa, come è la stessa l'armonia compositiva. I grifi della stele di Parmeniskos sono uguali a quelli del frontone della stele di Phalakra, sonO identiche le rosette e la corona di foglie di quercia; l'accuratezza nel rendimento dei particolari e il lavoro d'intaglio sono · chiari nei grifi, nel vaso posto fra loro, nelle ali e nelle code delle Sirene; questo secondo particolare è me-no evidente nella scena dell'amazonoma-chia e nei corpi delle Sirene, la cui de-rivazione, come vedremo: è diversa da quella degli altri elementi, ma è comune a tutti il carattere di oggetti applicati al fondo.

    recentemente scoperte all'Heraion della foce del Sele, in maniera particolare quella, non finita, con il ratto di La-tona da parte di Tytios (vedi P. ZANCANI-MONTUORO, in La Critica d'Arte, I , (1935), p. 27 sgg., Tav. 16).

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    Non è il caso di addentrarsi in un'ana-lisi più profonda~ perchè dovremmo ripe-tere quanto abbiamo detto per la stele di Phalakra.

    Nel frontoncino rinvenuto nell'Odeon di Apol1onia (fig. 6) non sono che le figure di due galletti, ai lati d'una coro-na circolare: esse accrescono le nostre co-noscenze circa il repertorio decorativo de-gli artigiani di queste stele di Apollonia. Pur essendo viste in maniera del tutto convenzionale, le due figure ricordano molto i grifi delle altre stble, sia per la posizione, che per l'accuratezza dei detta-gli e il rendimento molto piatto del rilie-vo, anche qui simile a un lavoro d'intaglio.

    Il frammento rinvenuto casualmente quest' anno (fig. 9) non arreca nessun contributo all'intendimento déUo stile del-le opere che stiam.o studiando, perchè troppo piccolo: possiamo solo dire che la foglia di quercia superstite è identica a quelle già esaminate.

    Molto più interessante sarebhe stato l'esame diretto delle stele di Parmén e del torello, che purtroppo invece dobbiamo li-mitare a quanto appare dalle fotografie.

    N ella prima (fig. 4) la decorazione è stata ridotta al massimo grado di sem-plicità: tolta ogni rappresentazione figu-loata, le rosette e la corona d} quercia co-stituiscono i suoi soli ornamenti, che tut-tavia riescono a muovere la superficie del fondo e a vincerne la monotonia: pur con pochi e semplici mezzi, l'effetto de-corativo, che era l'intento principale de-gli artefici delle stele, è raggiunto.

    Nella stele del torello (fig. 7) i m.ezzi sono quasi gli stessi: in più sono aggiunte le Sirene, che poggiano sulle rosette, co-me nella stele di Parmeniskos, e in quella, perduta, n.O Il. In essa però - e finora questo è l'unico esemplare della serie in cui si verifichi tale fatto - i rami di quer-cia non sono diritti, ma incurvati; tutta-via è lecito pensare che non si tratta del desiderio, da parte dell'artigiano, di llna

    maggiore aderenza al vero, quanto piut-tosto, ancora una volta, di subordinazione dell'opera a intenti decorativi: infatti le curvature dei due rami sono ·simmetriche, e hanno lo stesso scopo di rompere l'unità della linea orizzontale, che altrove avevano i gruppi di animali, disposti secondo sche-mi triangolari. In questa stele e nella pre-cedente non loileviamo differenze di stile da quelle già descritte.

    Dall' esame ora compiuto di questo gruppo, risulta in 'maniera chiara quanto avevamo già accennato, che cioè le stele di Apollonia formano un complesso molto omogeneo, non solo per la tettonica, ma anche per l'unità decorativa e stilistica che lega fra loro i varI esemplari, e fa sÌ che essi possano essere effettivamente considerati come una classe di monu-menti con proprie caratteristiche e pro-pri elementi.

    Può sembrare che le stele del secondo gruppo, che per ora è rappresentato dal solo frammento di Fieri (fig. 3), costitui-scano un elemento discordante da quanto abbiamo detto, ma l'analisi approfondita dei suoi elementi ci proverà che anche questo monumento procede dagli stessi principi informatori da clli procedono gli altri.

    Anzitutto la forma: il frontone non differisce da quelli già esaminati, e, come la maggior parte di essi, è ornato inferior-mente da una cornice dentellata, e inter-namente, come quello della stele di Par-meniskos, da una testa, che qui è gorgo-nica, ma che si avvicina all'altra per le forme piene del viso, e per il ploofondo lavoro di sotto squadro nella massa dei capelli ai lati del volto. Date le dimen-sioni, il frontone doveva coronare una stele a edicola.

    Il senso decorativo si ritrova nel tim-pano, in cui la Gorgone, alata, è fian-cheggiata da due serpenti dalle molteplici spire, che riempiono tutto il fondo, e ri-cordano l'attorcigliarsi d'elle code dei grifi

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    nel frontone della stele di Phalakra; con il digradare delle spire essi concorrono a formare uno schema triangolare, che si adegua all'andamento degli spioventi. L'in-tento decorativo si ri"'ela anche, al diso-pra del frontone, nella disposizione delle foglie d 'acanto, e nella simmetria degli atteggiamenti e nello schema triangolare del gruppo della donna con i due grifi. Il corpo della donna, emergente nudo dalla massa delle foglie, non è pri vo di grazia e morhidezza di modellato, ma è rigido nella sua fissa immobilità, e lo stereotipato gesto delle braccia allargate, nell'attitudine dell'orante, non ha, in real-tà, altra funzione che quella - esclusiva-mente decorativa - di far riscontro alle zampe anteriori esterne, abbassate, dei grifi.

    Come nelle altre stele, accuratezza e ricerca del particolare sono spinte al-l'estremo, ma ad esse qui si unisce un desiderio di verismo, che si rivela nelle foglie, corporee e piene e senza alcun le-game con il fondo: l ' insieme è quanto mai barocco, per l'esagerata esuheranza del cespo d'acant.o, e per l'uso eccessivo del trapano. Tuttavia, benchè il fl-am-mento produca l'impressione di essere molto differente dagli altri, il concetto informatore è unico, com'è unica l'ispi-razione e la tradizione: solo i caratteri che avevamo notato sugli altri esemplari, sono qui accentuati in maniera eccessiva, e questo eccesso ha portato lo scultore a rompere la consueta armonia.

    * * *

    E giunto ora il momento di esaminare l singoli elementi dell'ornamentazione, e

    30) Ad Apollonia la rosetta si trova anche su monu-menti non di carattere funerario; ad esempio sull'altare di un tempietto presso l'Odeon_

    31) MOEBIUS, Die Ornamente cler griech. Grabstelen, p_ 27_ . .

    32) PFUIIL, Z eichnung uncl Malerei, Tav. 348, fig. 758_ Tuttavia, questo tipo di Sirena è noto anch e a Taranto, ed è riprodotto su molti capitel)i appartenenti a naiskoi: v_ KLUJlIBACH, Tarentiner Grabkunst, Tav_ 28, n. l . 212,

    di appurarne i caratteri e l 'origine. P ecu-liari di quasi tutte le stele sono: la cor-nice d entellata, la corona di quercia, le rosette, le Sirene, i grifi. Ambedue i tipi di (fUesti mostri, al contrario d egli altri motivi,' non sono rappresentati esclusiva-mente sul corpo della stele, ma anche in funzione di acroteri (Phalakra e fram-menti n. i 7, 8,9, lO), o al disopra del fron-tone (Fieri). La corona di quercia e le rosette sono gli elementi più caratteristi-ci, quasi un marchio di fabb1'ica: è molto raro che manchi l'uno o l'altro di essi (n.o ·H: manca la corona; n.O 12: man-cano le l-osette); in ogni modo non man-cano mai ambedue. Anche la cornice den-tellata, le Sirene e i grifi si ritrovano su quasi tutti i monumenti.

    Quasi tutti questi motivi hanno ori-gini diverse, e sono presi a prestito dal-l 'arte di altri paesi. Dall'arte attica deri-vano le rosette, che sono uno degli ele-menti or.namentali più diffusi nel mondo greco, e frequenti nei monumenti fune-ral-P )); nel IY secolo esse sono piatte, ap-poggiate alla superficie della stele, in età più tarda sono incurvate verso l'ester-no 31) : ad Apollonia questa seconda for-ma è prevalente, pur non mancando la prima.

    Anche la figura del torello si ritrova in Attica: è ben nota la stele del Cera-mico, il cui coronamehto è simile a quello della stele n.O G.

    N ella scultm'a funeraria attica del IV secolo ed ellenistica sono frequentis-sime le Sirene alate piangenti, in schemi quasi identici a questi: il loro tipo appa-re anche dipinto su qualche vaso elleni-stico 32) .

    214, 223; e soprattutto Tav. 29, n.O 224. Se la Sirena, come simbolo funerario, è di origine attica, a Taranto essa è stata impiegata largamente con lo stesso signifi-cato, e forse rielahorata nel tipo ; mentre infatti il tipo attico è piuttosto quello con il doppio flauto, il tipo piangente, sembra rielahorato a Taranto. Perciò, in ul-tima analisi, anche questo elemento, benchè d'ispirazione attica, sarebhe giunto ad Apollonia daU'Italia meridio-nale_

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    Altre origini hanno gli altri elementi, puramente ellenistici. È stato detto 33) che alcuni, come i grifi, si ritrovano, di-pinti, sulle anfore apule e in prodotti della toreutica tarentina, e che gruppi, come quello dei leoni che assaltano la cerva, ricordano le terrecotte dorate ta-rentine: in realtà anche i grifi si trovano nel repertorio delle «crustae» tarantine, e con una derivazione da queste si può spiegare la maniera con cui le figure sem-brano intagliate e applicate s'ùl fondo an-zichè scolpite 34). Anche per il fregio con amazonomachia della stele di Parmeni-sJcos, il Gervasio si riferisce a Taranto, ricollegandolo alle sculture in pietra te-nera che ornavano i naiskoi funerari di questa città, molto spesso con scene di tale soggetto 35), o con scene analoghe di combattimento. Del resto, ad Apollo-nia, l'amazonomachia era uno dei temi favoriti, ed è spesso rappresentata. N ella stele di Parmeniskos abbiamo notato il diverso rendimento delle figure dei grifi e di quelle dei combattenti della parte superiore: queste ultime, infatti, non hanno il carattere schiacciato d'intaglio dei grifi: a mio avviso, non v'è dubbio che l'autore della stele abbia copiata la scena da qualche monumento di molto maggiore importanza delle «crustae ».

    La testa della stessa stele di P arme-niskos è stata giustamente avvicinata al-le ieste femminili innumerevoli volte rap-presentate su vasi apuli. Un avvicina-mento analogo si può stabilire per un frammento di rilievo apolloniate, murato nel vestibolo meridionale della chiesa di Marinasi 36); esso è scolpito nella stessa pietra calcarea usata per le stele, ed è probabilmente un capitello di pilastro, conformato come un vigoroso cespo di

    33) M. GERVASIO, op. cit., p. 35_ 34) Il PRASCHNIKER, in Muz. uncl Malak_, col. 132,

    aveva già espresso lo stesso concetto, considerando Apol-lonia come una città vicina a Taranto, di cui ha Sullìto gli influssi artistici.

    36) KLUMBAcn, op. cit. , Tavv. l-S, 12.

    acanto, dal quale sorge una testa femmi-nile : il confronto più immediato è offerto dall'elemento centrale del fregio d'una tomba a camera di Lecce, con rappresen-tazione analoga 37). Ma questo rilievo ci ricorda anche quello del frontone di Fie-ri, per il quale pure quindi siamo in grado di rintracciare una derivazione italiota. Un altro confronto, tuttavia, si può isti-tuire tra il frammento di Fieri e un acro-terio del Museo dell'Eremitaggio, rappre-sentante una figura virile alata, la cui parte inferiore, dalla cintola in giù, è co-stituita da un calice vegetale rovesciato: essa tiene per le corna due animaH fan-tastici che, con atteggiamenti simmetrici, le poggiano le zampe anteriori sui fian-chi 38).

    N ella stele di Phalakra, la scena delle colombe ci richiama immediatamente al-la memoria l'ugual soggetto. trattato nel notissimo mosaico capitolino, come anche altri hanno osservato 39).

    Per il vaso raffigurato sulla stele di Parmeniskos, troviamo un confronto mol-to stringente con quelli rappresentati su una placca proveniente da Sparta 40), nel-la quale, ai lati d'una testa leonina, sono due "asi baccellati ad alto piede, molto simili a quello del rilievo apolloniate. A proposito di essi, cosÌ si esprime il Mobius: « .... la forma dei vasi, che è si-mile a quella dei crateri ellenistici, si ri-trova anche su rilievi fittili tarentini ».

    * * * Oltre che dai caratteri epigrafici e dal-

    l'uso dei nomi che ricorrono su monete del 229-100 a. C., la datazione che abbia-mo proposto per le stele di Apollonia è confermata anche dai tipi degli elementi

    36) PRASCHNIKER, in Muz. uncl Malak_ cit., col. 176, n.O 45, fig. 89.

    37) Ausonia, VIII, (1913), Tav. L 38) MOEBIUS, op. cit., Tav. 64 a. 39) Ibid. , p. 67. 40) Ibid. , p. 76, fig. 67 a.

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  • F ig. 7. Stele del « Torello» (perdu ta). (Nca. I st . Areh. Germ. 41867).

    Fig. 8. Stele di Kritolaos, da Gavalù (E tolia). Atene, Mnseo Naz ionale. (Nea. IEt. Areh. Germ. 41 869) .

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  • Fig. 9. Parte superiore di stele di Apollonia. - Mona~tero di Pojani. (Fot. Sestieri).

    Fig. lO. Sirena acroteri aie di stele di Apollonia. Monastero di Pojani.

    (Foto L. U.O.E. 5653 ).

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    decorativi, che sono tra i più diffusi e più amati nell'ellenismo; essi hanno origini molto diverse, ma predominano quelli di derivazione italiota. Apollonia accoglie e fa suoi questi elementi e li fonde in com-plessi armoniosi, in maniera tale che il loro insieme risulta perfettament e omoge-neo. Ma l'azione della città illirica non si limita semplicemente a quella di centro di raccolta delle varie correnti artistiche che convergono in essa: la citt à funzio-na anche da centro u'radiatore verso al-tri paesi.

    E saminiamo, ad esempio, la stele eto-lica 41) di Kritolaos (fig. 8). A prima vi-sta può sembrare una stele di Apollonia, del tipo allungato, come quella di Par-meniskos: a dare quest'impressione con-corrono la sua tettonica e la sintassi deco-rativa. E coronata da un frontone con acroteri: quelli laterali sono a motivi ve-getali, quello centrale forma una specie di medaglione, costituito da due volute d'acanto, che partono da un cespo, e in-corniciano due teste, poste ai lati d'un vaso. Nel campo del frontone è una Scil-la; la cornice dentellata inferiore è inse-rita fra due kymatia, uno lesbico, l'altro ionico . In alto, nel campo della stele, su un listeHo, poggiano le figure affron-tate di un Tritone e di un drago ma-rino in lotta; sotto al listeHo è. l'iscrizio-ne con il nome del defunto, al genitivo: KPITOAAOY; più in basso è una corona di quercia, e infine il gmp po d'un toro azzannato da due leoni.

    Gran parte di questi motivi ci sono già noti dalle stele di Apollonia: la cor-nice dentellata e la corona di quercia so-no tradizionali di esse; nel gruppo infe-riore degli animali in lotta, troviamo fa-cilmente un'eco di quello analogo della stele di Phalakra. Altri motivi, se pure non li abbiamo trovati sulle stele, fanno

    41.) M,)EBIUS, op. ciI., p. 6B, figg. 60 c, 61 a. Proviene da Gavalù (EtoIia), ed è conservata nel Museo Na-zionale d'Atene.

    3.

    parte tuttavia del repertorio decorativo apolloniate: cosÌ la figura del Tritone tro-va riscontro in un rilievo con lo stesso soggetto, che faceva parte del complesso di opere d'arte, un tempo murate nel chiostro d el Monastero di Pojani 42), e ora quasi tutte perdute. Alcuni dei mo-tivi invece hanno la loro origine nell'Ita-lia meridionale, come la Scilla, che non è rara sui naiskoi tarentini 43); per le te-ste dell'acroterio centrale, si può parlare ancora di confront i con le teste circon-date da viluppi vegetali dei vasi apuli.

    Se osserviamo criticamente la stele di Kritolaos, ci convinceremo che tutti i suoi elementi le sono pervenuti attraver-so Apollonia. Infatti il concetto informa-tore della stele etolica è il medesÌlno di quelle apolloniati; però esso non è stato compreso, o è stato addirittura travisato dall'artigiano etolo . La forma della stele, ad esempio, ricorda - come abbi::tmo già notato - quella di Parmeniskos, ma senza tener conto della sua derivazione archi-tettonica, chiara nel fregio con amazono-machia: qui il listello sopra all'iscrizione non ha più ragion d'essere. Anche per quel che riguarda il senso decorativo, l'intento ha mancato lo scopo: come nelle stele di Apollonia, i niotivi tendono a subor-dinarsi al fine decorativo, ma, in parte, non ottengono l'effetto desiderato per mancanza di coesione e di armonia com-positiva, in parte, per la profusione de-gli elementi, cadono nel goffo, palesando una provinciale mancanza di gusto e di misura. CosÌ la sobria eleganza della cor-nice dentellata è soffocata dai due kyma-tia che la fiancheggiano; la corona di quercia ha le foglie eccessivamente fra-stagliate, ed irrigidite in uno schemati-smo convenzionale, a . tutto danno della naturalezza; il cespo d'acanto dell'acro-terio centrale, con i suoi due viluppi che

    (2) PRASCHNIKER, op. ciI. , col. 176, n.O 44, fig. BB, (8) KLUl\IBACH, op. cit., Tav. l , n. O B, e Tav, 21,

    n.O 120.

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    terminano a spirale, sminuzza troppo 1'unitarietà del sistema, e gli conferisce un carattere di harocca pesantezza; nel-le figure, sia del frontone sia del campo della stele, è palese la ricerca di schemi di simmetria, che non sono mai piena-mente raggiunti, e di effetto decorativo.

    Comunque credo che la derivazione della stele di Kritolaos da quelle di Apol-lonia non si possa mettere in duhhio; e pertanto viene stabilita l'importanza di questa città come ponte di passaggio tra la Grecia e le colonie italiote.

    Ancora non sappiamo se Apollonia ha esercitato questa funzione in tutte le epo-che, o soltanto in età ellenistica, perchè gli scavi finora eseguiti non sono molto es tesi e non ci hanno dato materiale che ci consenta una visione generale dello sviluppo artistico della città. Anche per le sue relazioni con l'Italia meridionale siamo all'oscuro, perchè le stele ci testi-moniano i rapporti con Taranto solo per 1'età ellenistica. E possihile che questi

    rapporti datino dal periodo di Pirro, del cui regno Apollonia faceva parte: 1'aiu-to, che questo re accordò a Taranto con-tro i R omani, può aver favorito fra le due città scambi culturali e commerciali; oppure può essere che tali rapporti ah-hiano avuto inizio dal 270, da quando cioè, alla morte di Pirro, Apollonia strin-se patti d'alleanza con Roma, o dal 229, dal momento in cui si stahilì la prote-zione romana sulla città adriatica, mi-nacciata dai pirati illirici. L'uno o l'altro di questi avvenimenti ha senza dubhio int~nsificato traffici e relazioni tra Apol-lonia e le città dell'Italia meridionale, ma, prohabilmente, la vicinanza delle coste italiana e albanese ha sempre per-messo scamhi reciproci.

    Ci auguriamo che gli ulteriori scavi, alTicchendo questa classe di monumenti, e fornendoci altri materiali, possano lu-meggiare sempre meglio questi rapporti della regione con l'Italia meridionale.

    P. C. SESTIERI.

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