La Scuola di
Francoforte
La teoria critica della società:
T.W.Adorno e M.Horkheimer
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Introduzione. Le categorie fondamentali
della ricerca sociale:
Totalità e Dialettica
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La Scuola di Francoforte trae la sua
origine dall’Istituto per la Ricerca
Sociale fondato a Francoforte agli inizi
degli anni Venti del XX secolo: è il primo
organismo universitario tedesco
dichiaratamente marxista e formato
interamente da marxisti.
L’Istituto acquistò negli anni sempre più
importanza, assumendo la fisionomia di
una scuola che elaborò un programma
di studi passato alla storia col nome di
Teoria Critica della Società.
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I rappresentanti di spicco della
Scuola di Francoforte:
in alto, T.W.Adorno (1903-1969);
in basso, da sinistra:
M.Horkheimer (1895-1973)
H.Marcuse (1898-1979)
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La Rivista per la Ricerca Sociale (1932), si
presenta con un’impostazione marxista e
materialista, e pone l’accento sulle categorie di
Totalità e Dialettica:
- la ricerca sociale è la teoria della società come
un tutto: essa non si risolve o dissolve in
indagini specializzate e settoriali, ma tende ad
esaminare le relazioni che reciprocamente
legano gli ambiti economici con quelli storici,
psicologici e culturali, per offrire una visione
globale e critica della società contemporanea;
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- lo strumento utilizzato per questa analisi critica
della società è la dialettica: non quella della
sintesi e della conciliazione, ma piuttosto la
dialettica della negazione, la dialettica negativa,
la dialettica cioè che nega l’identità tra realtà e
pensiero per mettere in evidenza le
contraddizioni del reale e della società
borghese, capitalistica, omologante e
consumistica.
La Scuola di Francoforte si caratterizza per il
nesso tra Hegelismo e Marxismo:
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La Scuola di Francoforte
predilige lo Hegel dialettico e
non quello sistematico: la
Fenomenologia presenta un
potenziale critico-negativo
che si perde successivamente
nei testi più sistematici.
Il marxismo si presenta come
una teoria critica e dialettica
della società nel suo complesso
e, in particolare, della società
industriale avanzata e dei suoi
meccanismi alienanti, oppressivi
e omologanti.
Le teorie della SdF vanno inquadrate nell’arco del periodo storico in cui furono elaborate:
- il primo dopoguerra, il fascismo, il nazismo, lo stalinismo e il fallimento dell’utopia del socialismo reale;
- la seconda guerra mondiale, la Shoah;
- lo sviluppo massiccio, onnipervasivo ed irrefrenabile della società tecnologica avanzata e della società di massa.
Con la presa del potere da parte di Hitler, il gruppo francofortese fu costretto ad emigrare prima a Ginevra, poi a Parigi, infine a New York. Dopo la guerra Marcuse rimase in America, Horkheimer e Adorno fecero ritorno in Germania. Oggi è J.Habermas il massimo rappresentante dell’eredità della SdF.
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I testi fondamentali della SdF
T.W.Adorno-M.Horkheimer, Dialettica dell’illuminismo
(1949);
T.W.Adorno, Dialettica negativa (1966);
M.Horkheimer, Eclisse della ragione (1947);
H.Marcuse, L’uomo a una dimensione (1964);
J.Habermas, Il discorso filosofico della modernità (1985)
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Dialettica dell’illuminismo
Composta tra il 1942 e il 1944 e pubblicata nel 1947,
Dialettica dell’illuminismo è l’opera più celebre e
discussa di Adorno e Horkheimer e dell’intera SdF.
Il contesto storico della composizione del libro è
importante per comprendere il radicale pessimismo che
lo contraddistingue: la delusione nei confronti del
“socialismo reale” dell’Unione Sovietica di Stalin, la
completa integrazione delle masse nel sistema
capitalistico assicurata dall'industria culturale, la fine
del fascismo dovuta non a una rivoluzione popolare ma
alla guerra.
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Come già si è detto, la funzione della dialettica negativa
consiste nello smascherare le contraddizioni della realtà
e della società industriale e tecnologica di massa, in cui
non vi è identità di reale e razionale (come voleva Hegel)
ma, al contrario,
- alienazione,
- omologazione a modelli di consumo e di pensiero
imposti dal capitale,
- imbarbarimento della Ragione ridotta a servitrice della
Tecnica e non più strumento emancipativo di critica del
reale.
La Dialettica punta il dito contro l’organizzazione
tecnico-industriale della società e della vita umana.
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Con il termine illuminismo i due Autori NON
intendono il movimento di pensiero che ha
caratterizzato l’epoca dei lumi ma piuttosto
pensano al tragitto della ragione che, partendo
dai Greci, ha voluto razionalizzare il mondo,
renderlo manipolabile e soggiogabile da parte
dell'uomo.
Illuminismo sta per logos, ratio, pensiero intento
ad emanciparsi dalla natura, da ogni timore
esterno per affermare la propria libertà, la
propria autonomia razionale:
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L’illuminismo comprende tutto il complesso
degli atteggiamenti degli uomini volti a dominare
la natura e a trasformarla: Adorno e Horkheimer
sostituiscono la lotta di classe con un altro
motore della storia: il conflitto tra uomo e
natura, le cui origini sono ben precedenti l’età
capitalista.
La critica dell’illuminismo così inteso diventa la
critica di tutta la civiltà occidentale, impegnata
nella sua opera di dissacrazione della natura:
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14 L'Illuminismo, nel senso più ampio di
pensiero in continuo progresso, ha
perseguito da sempre l'obbiettivo di
togliere agli uomini la paura e di
renderli padroni. Ma la terra
interamente illuminata splende
all'insegna di trionfale sventura. […]
Gli uomini pagano l’accrescimento
del loro potere con l’estraniazione da
ciò su cui l’esercitano. L’illuminismo
si rapporta alle cose come il dittatore
agli uomini: che conosce in quanto è
in grado di manipolarli […] Ogni
tentativo di spezzare la costrizione
naturale spezzando la natura, cade
tanto più profondamente nella
coazione naturale. E’ questo il corso
della civiltà europea.
In altri termini, la cosiddetta “civiltà” è un processo di imbarbarimento e di decadenza, che va da Odisseo (simbolo dell’infanzia dell’umanità, che nei suoi viaggi si forma come individuo, contrapponendosi alla natura e dominandola) a Hitler e Auschwitz: l’occidente ha imposto al mondo il proprio sguardo, il proprio comando, il dominio strumentale della ragione. La natura, pur dominata, è divenuta irrimediabilmente estranea e lontana: è questa la sventura dell’uomo occidentale, paragonatosi a Dio:
Come signori della natura, Dio creatore e spirito ordinatore si assomigliano. La somiglianza dell’uomo con Dio consiste nella sovranità sull’esistente, nello sguardo
padronale, nel comando.
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L‘illuminismo va incontro all’autodistruzione perché in
esso ha prevalso l'idea che il sapere è tecnica piuttosto
che critica: in questo modo si è persa la fiducia nella
ragione oggettiva: quel che importa non è la verità delle
teorie ma la loro funzionalità in vista di fini sui quali la
ragione ha perso ogni diritto. La ragione, in altri termini,
è pura ragione strumentale:
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L'aumento della produttività economica, che genera, da
un lato, le condizioni di un mondo più giusto, procura,
d'altra parte, all'apparato tecnico e ai gruppi sociali che
ne dispongono, una immensa superiorità sul resto della
popolazione. Il singolo, di fronte alle potenze
economiche, è ridotto a zero. Queste, nello stesso
tempo, portano a un livello finora mai raggiunto il
dominio della società sulla natura. Mentre il singolo
sparisce davanti all'apparato che serve, è rifornito da
esso meglio di quanto non sia mai stato. Nello Stato
ingiusto l'impotenza e la dirigibilità della massa cresce
con la quantità di beni che le viene assegnata.
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L’obiettivo polemico della Dialettica è, quindi, la scienza,
sia nelle sue forme teoriche quanto in quelle tecnico-
operative: non avrebbe senso distinguere tra questo o
quell’indirizzo scientifico, tra scienza e suo utilizzo socio-
economico, perché a essere messo in discussione è il
senso stesso della scienza, origine della dissacrazione
della natura che sta portando all’autodistruzione
dell’Occidente.
Bacone è individuato come il precursore di questo
atteggiamento, per cui dal sapere è potere si perviene alla
tecnica e all’industrializzazione, le cui scienze di base
sono a loro volta basate sulla matematica, autentica
«camicia di forza» della natura:
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Bacone ha saputo cogliere esattamente l’animus della
scienza successiva. […] l’intelletto che vince la
superstizione deve comandare alla natura disincantata. Il
sapere, che è potere, non conosce limiti, né
all’asservimento delle creature, né alla sua docile
acquiescenza ai signori del mondo. Esso è a
disposizione […] nella fabbrica e sul campo di battaglia
[…] I re non dispongono della tecnica più direttamente di
quanto ne dispongano i mercanti: essa è democratica
come il sistema economico in cui si sviluppa. La tecnica
è l’essenza di questo sapere […] Ciò che gli uomini
vogliono apprendere della natura, è come utilizzarla ai
fini del dominio integrale della natura e degli uomini.
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La ragione strumentale apre la
via al totalitarismo: Kant, nel
concepire la propria filosofia
trascendentale, ha considerato
il soggetto come colui che dà
regole e categorie per ordinare
un materiale in sé caotico e
disordinato. Egli, cioè, ha
sostituito la ragione oggettiva
(di cui hanno parlato Spinoza,
Bruno, Platone, Aristotele) con
l’arroganza della ragione
soggettiva e strumentale, che
considera e organizza il mondo
rendendo gli oggetti materiale di
sfruttamento.
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L’industria culturale
La società tecnologica contemporanea possiede, tra i
suoi principali strumenti, un apparato potentissimo:
l'industria culturale.
Questa è costituita essenzialmente dai mass-media
(cinema, televisione, radio, dischi, pubblicità, riviste,
giornali, ecc.). E’ con i mass-media che il potere impone
valori e modelli di comportamento, crea bisogni e
stabilisce il linguaggio. E questi valori, bisogni,
comportamenti e linguaggio sono uniformi perché
devono raggiungere tutti; non emancipano, non
stimolano la creatività, anzi la bloccano perché abituano
a ricevere passivamente i messaggi.
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L'industria culturale ha perfidamente realizzato l'uomo
come essere generico. Ognuno è soltanto ciò per cui
può sostituire ogni altro: fungibile, un esemplare. Egli
stesso, come individuo, è l'assolutamente sostituibile,
il puro nulla.
Se l'Illuminismo non accoglie in sé la coscienza di
questo momento regressivo, firma la propria
condanna. Compito della teoria critica è, in
conclusione, quello di
conservare, estendere, dispiegare la libertà, anziché
accelerare la corsa verso il mondo
dell'organizzazione.
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Contro la ragione strumentale:
Eclisse della ragione
Il testo di Horkheimer, sempre del ‘47, riprende e amplia il
concetto di ragione strumentale già apparso nella
Dialettica.
La grande antitesi di tutta la storia del pensiero
occidentale è quella tra ragione oggettiva e ragione
soggettiva, i cui termini sono approfonditi e chiariti
nell’opera di Horkheimer.
L’eredità del pensiero occidentale consiste nella ragione
oggettiva, i cui grandi rappresentanti sono stati Platone,
Aristotele, Bruno, Spinoza:
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secondo questi pensatori, la ragione aveva il compito di
cogliere la vera natura della realtà e consentire all’uomo
di trarne delle giuste norme di vita:
Grandi sistemi filosofici come quelli di Platone e di
Aristotele furono impostati sulla base di una teoria
oggettiva della ragione. Il grado di ragionevolezza di una
vita umana dipendeva dalla misura in cui essa si
armonizzava con la totalità; e la struttura oggettiva di
questa doveva rappresentare la pietra di paragone per
saggiare la ragionevolezza dei pensieri e delle azioni
individuali. Scopo supremo di questo tipo di pensiero
era riconciliare l’ordine oggettivo del «ragionevole» con
l’esistenza umana.
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Questo retaggio è andato perduto, il concetto di
razionalità che sta a fondamento della civiltà industriale è
malato alla radice:
La malattia della ragione sta nel fatto che essa è nata dal
bisogno umano di dominare la natura.
Questa volontà di dominare la natura, di assoggettarla, ha
trasformato la ragione in ragione soggettiva, cioè un puro
e semplice strumento cui interessa soltanto che i fini che
essa si pone corrispondano agli interessi del singolo o
della comunità: l’idea che un fine possa essere razionale
in se stesso esula dalla ragione soggettiva.
La ragione ha liquidato se stessa in quanto strumento di
comprensione etica, morale, religiosa.
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Nella società industriale
il pensiero può servire per qualunque scopo, buono o
cattivo. E’ uno strumento di tutte le azioni della società;
ma non deve cercare di stabilire le norme della vita
sociale o individuale, che si suppone siano stabilite da
altre forze .
La ragione non ci dà più verità oggettive ed universali a
cui potersi aggrappare, ma solo strumenti per scopi già
stabiliti; non è essa a fondare e a stabilire cosa siano il
bene e il male, in base a cui orientare la nostra vita: sul
bene e sul male decide ormai il sistema, vale a dire il
potere. La ragione è ormai ancilla administrationis e,
avendo rinunciato alla sua autonomia, è diventata uno
strumento.
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Parallelamente, l’individuo si deve adattare agli
strumenti di pianificazione e razionalizzazione imposti
dall’apparato: ciò significa farsi in tutto e per tutto simile
agli altri, conformarsi alle regole del complesso sociale,
essere plasmati anche negli impulsi più segreti, un
tempo esclusivamente privati. Adattamento e uniformità
costituiscono le norme fondamentali di ogni tipo di
comportamento soggettivo…
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Un fotogramma di Metropolis
(F.Lang, 1927) 28
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La filosofia
come critica e denuncia
La natura è concepita oggi più che mai come semplice
strumento dell'uomo; è l'oggetto di uno sfruttamento
totale cui la ragione non assegna nessuno scopo e che
quindi non conosce limiti. […] Il pensiero che non
serve agli interessi di un gruppo costituito o agli scopi
della produzione industriale è considerato inutile e
superfluo.
Questa decadenza del pensiero favorisce l'obbedienza
ai poteri costituiti, rappresentati dai gruppi che
controllano il capitale, il lavoro, l’economia, etc.
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In questa situazione disperata, il più grande servigio
che la ragione e la filosofia possono rendere
all'umanità è quello della denuncia:
I veri individui del nostro tempo sono i martiri che
passarono attraverso inferni di sofferenza e di
degradazione nella loro lotta contro la conquista e
l'oppressione; non già i personaggi, gonfiati dalla
pubblicità, della cultura popolare […] Il compito della
filosofia sta nel tradurre ciò che essi hanno fatto in
parole che gli uomini possano udire, anche se le loro
voci mortali sono state ridotte al silenzio dalla
tirannia.
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Abbiamo tutti in comune un interesse originariamente
umano, quello di creare un mondo nel quale la vita di tutti
gli uomini sia più bella, più lunga, più affrancata dal
dolore e, vorrei aggiungere, ma non posso crederci, un
mondo che sia più favorevole allo sviluppo dello spirito.
(Horkheimer, La nostalgia del totalmente altro)
Di fronte al dolore del mondo, di fronte all'ingiustizia non
si può rimanere inerti. C'è bisogno di una teologia, intesa
non come scienza del divino o di Dio, ma come
la speranza che, nonostante questa ingiustizia che
caratterizza il mondo, non possa avvenire che
l'ingiustizia possa essere l'ultima parola.
(ivi)
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