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Jerry Bridges

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“Siate santi, perché io sono santo”I PIETRO 1:16

a ricerca della santità è un’associazione in partecipa-zione fra Dio e il credente. Nessuno può raggiungere

un certo grado di santità, se Dio non opera in lui, ma, altrettanto sicuramente, nessun credente potrà giungervi senza un impegno personale. Il Signore ha reso possibile per noi un cammino di santità, ma ha affidato a noi la re-sponsabilità di camminare. Non può farlo al nostro posto. Ci piace molto parlare di come Dio provvede, di come Cristo ha sconfitto il peccato e ci ha dato lo Spirito Santo, ma non parliamo altrettanto volentieri del nostro dovere di camminare in santità.Il titolo di questo libro ha origine dal comandamento bibli-co “Impegnatevi a cercare … la santificazione senza la qua-le nessuno vedrà il Signore” (Ebrei 12:14). La parola “cerca-re” suggerisce due pensieri: occorre diligenza e impegno e bisogna farlo costantemente. Questa verità costituisce il tema del libro. La ricerca della santità è un processo che dura tutta la vita e spesso evidenzia la nostra incapacità; nonostante ciò, questa è la volontà di Dio per noi e a tale nobile traguardo vogliamo protenderci.

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ADI Media

Jerry Bridges

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Prefazione pag. 5

Introduzione » 7

1. La santità è per te » 11

2. La santità di Dio » 21

3. La santità non è un’opzione » 31

4. La santità di Cristo » 41

5. Un cambiamento di Regno » 49

6. La battaglia per la santità » 59

7. Un aiuto nella battaglia quotidiana » 69

8. Ubbidienza, non vittoria » 81

9. Far morire il peccato » 87

10. Il ruolo della disciplina personale » 99

11. La santità del corpo » 111

12. La santità nello spirito » 119

13. La santità e la nostra volontà » 129

14. Abitudini di santità » 137

15. Santità e fede » 143

16. La santità in un mondo malvagio » 153

17. La gioia della santità » 161

Indice

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Titolo originale:"The Pursuit of Holiness"Jerry Bridges© 2006 - NavPress - Terza EdizioneColorado SpringsCO, 80935 - U.S.A.

Edizione italiana:"La Ricerca della Santità"© ADI-MediaVia della Formica, 23 - 00155 RomaTel. 06 2251825 - 2284970Fax 06 2251432Email: [email protected]: www.adi-media.it

Servizio Pubblicazioni delleChiese Crstiane Evangeliche"Assemblee di Dio in Italia"

Ottobre 2008 - Tutti i Diritti Riservati

Traduzione: A. W. - A cura dell'Editore

Tutte le citazioni bibliche, a meno che non sia indicatodiversamente, sono tratte dalla Bibbia Versione Nuova Riveduta - Ed. 1996Società Biblica di Ginevra - Svizzera

Stampa: Produzioni Arti Grafiche S.r.l. - Roma

ISBN 978 88 89698 29 7

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J erry Bridges ci ha donato uno dei saggi più incisivi,avvincenti e toccanti che sia mai stato scritto riguar-

do alla santità biblica. Il Signore ha sicuramente guidato ilSuo servitore nella stesura di un’opera che avrà un impattoprofondo sulla vita di quanti la leggeranno.

Il tema dominante di questa meditazione è la necessitàche i credenti ricerchino di più la santità di vita, che soloDio può rendere possibile. Ricerca è la parola chiave che l’au-tore - impegnato nello studio della santità da lungo tempo ein modo energico - cita ripetutamente.

Nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’A-merica Thomas Jefferson dichiarò che “la ricerca della Feli-cità” è uno dei diritti innati e inalienabili degli uomini. Co-loro che si professano cristiani devono giungere alla chiarapercezione che il desiderio primario di Dio è che, per esserefelici, dobbiamo ricercare incessantemente la santità di vitae il riflesso della Sua stessa santità. Questo è ciò che il Signo-re si aspetta da noi: “Siate santi, perché io sono santo”.

Ben più di cento anni fa, il poeta e pittore inglese WilliamBlake raccomandò ai propri lettori di “sbarazzarsi della san-tità, e indossare l’intelletto”. Ma, senza la santità divina, l’in-telletto è come una nave senza capitano; è destinata al nau-fragio.

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Prefazione

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Nella nostra ricerca della santità deve sempre salire dalcuore questa preghiera:

La mia mente e volontàPrendi inter, e muover fa’Ogni affetto, ogni pensier,Sì ch’io compia il Tuo voler.

Ecco perché ci sentiamo sospinti a raccomandare caloro-samente questa preziosa esposizione della santità pratica,nella quale l’autore dimostra ampiamente che tutta la vitadeve essere permeata di quella santità che l’Iddio tre voltesanto può suscitare.

Herbert Lockyer

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L o squillo stridente del telefono infranse la quiete diun bel mattino fresco nel Colorado. Dall’altra parte

della linea c’era uno di quei personaggi insopportabili cheDio sembra aver disseminato qua e là sulla terra per metterealla prova il contegno e la pazienza dei Suoi figli.

Era proprio in forma, quella mattina: arrogante, impa-ziente, pieno di pretese. Mentre riagganciavo, fremevo dirabbia, di risentimento, e forse persino di odio. Afferrai ilgiaccone e uscii nell’aria fredda, per cercare di recuperare lamia compostezza. La pace della mia anima, coltivata con cu-ra durante il periodo di preghiera e meditazione biblica diquel mattino, era in brandelli; al suo posto c’era un vulcanodi emozioni prossimo all’eruzione.

Mentre le mie agitazioni si acquietavano, il mio senti-mento di rabbia si mutava in scoraggiamento totale. Eranosolo le 8,30 del mattino, e la mia giornata era già rovinata.Ero, non soltanto abbattuto, ma anche confuso. Solamente

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Capitolo 1

La Santità è Per Te

Infatti il peccato non avrà piú potere su di voi; perché non siete sotto la legge ma sotto la grazia

ROMANI 6:14

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due ore prima avevo letto la dichiarazione enfatica di Paolo:“Infatti il peccato non avrà più potere su di voi; perché nonsiete sotto la legge, ma sotto la grazia”. Nonostante quellabella promessa di vittoria sul peccato, mi trovavo strettonella morsa della rabbia e del risentimento.

“La Bibbia ha veramente delle risposte per la vita reale?”,mi chiesi quella mattina. Con tutto il cuore desideravo vive-re una vita ubbidiente e santa; eppure, eccomi sconfitto to-talmente da una sola, misera, telefonata.

Forse questo episodio ti sembrerà familiare. Le circostanzesono state magari diverse, ma la tua reazione simile. Probabil-mente il tuo problema è stato un accesso d’ira con i figli, o l’a-ver perso le staffe al lavoro, o un’abitudine immorale che nonriesci a vincere, o diversi “peccati abituali” che ti perseguitanosenza tregua.

Qualunque sia il tuo specifico peccato, o più di uno, la Bib-bia ha la riposta per qualsiasi tuo problema. C’è speranza! Tued io possiamo camminare in ubbidienza alla Parola di Dio evivere una vita di santità. Infatti - come vedremo nel prossi-mo capitolo - il Signore si attende che ogni credente viva unavita santa.

Ma la santità non è soltanto un’aspettativa; è l’ereditàpromessa ad ogni credente. L’affermazione di Paolo è vera.Il peccato non ci signoreggerà.

Il concetto di santità potrebbe sembrare un po’ arcaico allanostra generazione moderna. Per alcuni, la parola stessa san-tità, richiama alla mente immagini di capelli raccolti in chi-gnon, maniche lunghe, gonne fino alle caviglie e calze nere.Per altri, tale idea si associa ad un inaccettabile atteggiamentobigotto e ipocrita. Eppure la santità è un concetto biblico. Laparola santo ricorre, in accezioni varie, più di 600 volte nellaBibbia. Un intero libro, il Levitico, è dedicato all’argomento, e

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il concetto stesso di santità è intrecciato ovunque nel tessutodelle Scritture. Soprattutto, Dio ci comanda specificamentedi essere santi (cfr. Levitico 11:44).

L’idea di come esattamente dobbiamo essere santi è stataoggetto di interpretazioni errate o riduttive. Per alcuni, lasantità equivale ad una serie di divieti specifici, solitamenteriguardanti il fumo, il bere o il ballare. Quando seguiamoquesto approccio rispetto alla santità, corriamo il rischio difinire come i farisei, con i loro elenchi interminabili di cosegrossolane da fare o non fare, e con l’errata convinzione diessere più virtuosi degli altri.

Per altri, la santità si identifica nel modo di vestire e altrecose del genere. Per altri ancora, essa consiste in una perfe-zione irraggiungibile, un’utopia che conduce, chi la ricercain questi termini, alla delusione o allo scoraggiamento amotivo del proprio peccato.

Tutte queste opinioni, sono vere e da tenere nella dovutaconsiderazione, ma non rispecchiano il concetto reale e piùpieno di santità. Essere santo vuol dire essere moralmenteirreprensibile.

La parola santità significa “separati, appartati per il Si-gnore, e indica la condotta generale” (che include il vestire,il bere, etc.) “che si addice a coloro che sono separati in que-sto modo” (1).

Forse il sistema migliore per comprendere il concetto disantità può essere individuato analizzando il modo con cuigli scrittori del Nuovo Testamento adoperano tale parola.

L’apostolo Paolo utilizza il termine in contrasto con unavita di immoralità e impurità, quando scrive: “Perché que-

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(1) J. Strong, Strong’s Exhaustive Concordance of the Bible, New York, AbingdonPress, 1890; p. 7 del Dizionario Greco del Nuovo Testamento presente nell’opera.

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sta è la volontà di Dio: che vi santifichiate, che vi asteniatedalla fornicazione, che ciascuno di voi sappia possedere ilproprio corpo in santità e onore, senza abbandonarsi a pas-sioni disordinate come fanno gli stranieri che non conosco-no Dio; che nessuno opprima il fratello né lo sfrutti negli af-fari; perché il Signore è un vendicatore in tutte queste cose,come già vi abbiamo detto e dichiarato prima. Infatti Dio ciha chiamati non a impurità, ma a santificazione” (I Tessalo-nicesi 4:3-7).

Pietro lo adopera in antitesi al vivere secondo i cattivi de-sideri che ci dominavano quando vivevamo senza Cristo;egli dichiara: “Come figli ubbidienti, non conformatevi allepassioni del tempo passato, quando eravate nell’ignoranza;ma come colui che vi ha chiamati è santo, anche voi siatesanti in tutta la vostra condotta, poiché sta scritto: Siate san-ti, perché io sono santo” (I Pietro 1:14-16).

Giovanni mette in contrapposizione chi è santo con co-loro che praticano l’ingiustizia e sono impuri: “Chi è ingiu-sto continui a praticare l’ingiustizia; chi è impuro continui aessere impuro; e chi è giusto continui a praticare la giustizia,e chi è santo si santifichi ancora” (Apocalisse 22:11).

Vivere una vita santa, perciò, significa condurre una vitain conformità ai precetti morali della Bibbia e in contrastocon le vie peccaminose del mondo. È vivere una vita caratte-rizzata dallo “spogliarvi del vecchio uomo, che si corrompeseguendo le passioni ingannatrici … e rivestire l’uomo nuo-vo che è creato a immagine di Dio nella giustizia e nella san-tità che procedono dalla verità” (Efesini 4:22, 24).

Se la santità, quindi, è di così vitale importanza per la vitacristiana, perché non la sperimentiamo di più nella vitaquotidiana? Perché tanti credenti si sentono continuamentesconfitti nella lotta contro il peccato? Perché la Chiesa di

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Gesù Cristo sembra tante volte più conforme al mondo chela circonda che a Dio?

A rischio di semplificare eccessivamente, le risposte aqueste domande si possono raggruppare in tre principaliordini di problemi.

Il nostro primo problema è che il nostro atteggiamentoverso il peccato è più egocentrico che Dio-centrico. Siamo piùpreoccupati della nostra “vittoria” sul peccato che del fattoche i nostri peccati rattristano il cuore di Dio. Non possia-mo tollerare il fallimento nella nostra lotta contro il peccatoprincipalmente perché siamo orientati al successo, non per-ché siamo consapevoli che il peccato offende il Signore.

W.S. Plumer (scrittore Riformato statunitense del XIX se-colo. N.d.E.) disse: “Non vediamo mai il peccato nel modogiusto fintanto che non lo vediamo in opposizione a Dio …Ogni peccato è contro Dio, in questo senso: è la Sua legge adessere infranta, la Sua autorità ad essere sprezzata, il Suo go-verno a non essere tenuto in alcun conto … Faraone, Balaam,Saul e Giuda dissero ciascuno: ‘Ho peccato’; ma il figlio prodi-go che tornava a casa disse: ‘Ho peccato contro il cielo e controdi te’; e Davide disse: ‘Ho peccato contro Te, contro Te solo’”(2).

Il Signore vuole che camminiamo in ubbidienza, non invittoria. L’ubbidienza è orientata verso Dio; la vittoria è in-dirizzata verso l’io. Ciò potrebbe sembrare una pignoleriasemantica, ma, in effetti, c’è un subdolo atteggiamentoegoista alla radice di molte nostre difficoltà con il peccato.Finché non ci occupiamo di quest’atteggiamento e l’affron-tiamo, non possiamo camminare coerentemente in santità.

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La Santità è Per Te

(2) Vedi W.E. Vine, Expository Dictionary of New Testament Words, (Ed. a vo-lume unico, 1940) London, Oliphants Ltd., 1957, p. 225 sg.

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Questo non vuol dire che Dio non desidera che speri-mentiamo la vittoria, ma vuole piuttosto evidenziare che lavittoria è una conseguenza dell’ubbidienza. Mentre ci con-centriamo sul condurre una vita santa e ubbidiente, speri-menteremo la gioia della vittoria sul peccato.

Il nostro secondo problema è che abbiamo frainteso il “vi-vere per fede” (cfr. Galati 2:20), come se ciò intendesse esclu-dere da parte nostra qualsiasi impegno per vivere la santità.Anzi, talvolta abbiamo perfino sostenuto che ogni sforzo daparte nostra è “carnale”.

A questo proposito, le parole di J. C. Ryle, ministro evan-gelico di Liverpool dal 1880 al 1900, possono fornirci unutile chiarimento: “È saggio proclamare in modo così espli-cito, palese e incondizionato, come fanno molti, che la san-tità dei credenti è per sola fede, e niente affatto per sforzipersonali? È conforme alla Parola di Dio? Lo dubito. Che lafede in Cristo sia la radice di tutta la santità … nessun cre-dente ben ammaestrato penserà mai di negarlo, ma di certole Scritture ci insegnano che nel ricercare la santità il verocredente ha bisogno di sforzi e di fatica personale assiemealla fede” (3).

Dobbiamo affrontare la realtà. Abbiamo una responsabi-lità personale per il nostro cammino di santità.

Una domenica, il nostro pastore disse qualcosa di similedurante la predica: “Puoi sconfiggere questa abitudine che tiha dominato se desideri veramente farlo”.

Visto che si riferiva ad un’abitudine che non mi creavaalcun problema, nella mia mente mi trovai subito d’accordocon lui. Ma poi lo Spirito Santo mi disse: “E tu potrai scon-

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(3) J.C. Ryle, Holiness, London, James Clarke & Co., 1952, p. VIII.

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figgere quelle abitudini peccaminose che ti tormentano seaccetterai la tua responsabilità in merito”. Riconoscere cheavevo questa responsabilità diventò una pietra miliare nellamia ricerca della santità.

Il nostro terzo problema è che non prendiamo sul serio ilpeccato. Abbiamo creato nella nostra mente una distinzionefra peccati inaccettabili e peccati che in parte si possono tol-lerare. Un episodio, accaduto proprio quando questo librostava per essere ultimato, illustra ciò che voglio dire.

Il nostro ufficio stava utilizzando una casa mobile comespazio supplementare in attesa dell’ultimazione, ormai in ri-tardo, di un nuovo edificio. Dal momento che, secondo il pia-no regolatore, per la nostra proprietà non si potevano usarecase mobili, dovevamo ottenere un permesso di deroga perutilizzare la roulotte. Il permesso dovette essere rinnovato piùvolte. L’ultimo rinnovo scadde proprio nel momento delcompletamento del nuovo edificio, ma prima che avessimo iltempo di finire il trasloco in maniera ordinata. Questo pro-vocò una crisi per il dipartimento che occupava la roulotte.

Durante una riunione, convocata per discutere sulla si-tuazione, ci ponemmo la domanda: “Che differenza ci sa-rebbe se non traslocassimo quel settore per qualche gior-no?”. Già, che differenza ci sarebbe? Dopotutto, la roulotteera nascosta dietro alcune colline, dove nessuno l’avrebbevista, e dal punto di vista legale, non dovevamo spostare laroulotte; dovevamo semplicemente sgomberarla. Allora,che differenza avrebbe fatto rimanere lì qualche giorno oltreil termine del nostro permesso? Insistere a seguire la leggealla lettera non è forse un legalismo pedante?

Ma le Scritture ricordano che sono “le volpicine che gua-stano le vigne” (Cantico dei Cantici 2:15). Sono i compro-

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messi nelle piccole questioni che portano a grandi cadute. Echi può affermare che una piccola inosservanza di una leggecivile non sia un peccato grave agli occhi di Dio?

Nel commentare alcune delle minuziose leggi dietetichedell’Antico Testamento prescritte da Dio per i figli d’Israele,Andrew Bonar (1810-1892. Ministro evangelico della Chie-sa Libera di Scozia. N.d.E.) afferma:

Non è il grado di importanza della questione, ma lamaestà del Legislatore, che deve costituire lo standarddell’ubbidienza … alcuni, infatti, potrebbero conside-rare trascurabili tali regole minuziose, e arbitrarie. Mail principio richiamato nell’ubbidienza o disubbidien-za altro non era che lo stesso principio messo alla pro-va nell’Eden ai piedi dell’albero proibito. In realtà sitratta di questo: bisogna ubbidire al Signore in tutte lecose che ci comanda? Egli è un santo Legislatore? LeSue creature sono tenute a dare un assenso implicitoalla Sua volontà? (4)

Siamo disposti a dire “peccato” al peccato, non a secondache esso sia grande o piccolo, ma perché la legge di Dio lo de-finisce tale? Non possiamo creare categorie di peccati, se vo-gliamo vivere una vita di santità. Il Signore non ci permette-rà di farla franca con un tale atteggiamento.

Questi tre problemi saranno affrontati dettagliatamente inalcuni capitoli successivi di questo libro. Ma, prima di prose-guire, fermati un attimo, proprio ora, per affrontare tali que-stioni nel tuo cuore. Comincerai a considerare il peccato come

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(4) A. A. Bonar, A Commentary on Leviticus (1846), Edinburgh, The Bannerof Truth Trust, ristampa 1972, p. 218.

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un’offesa contro l’Iddio santo, invece che soltanto una sconfit-ta personale? Comincerai ad assumerti la responsabilità per-sonale per il tuo peccato, consapevole che, mentre fai questo,devi dipendere dalla grazia di Dio? E deciderai di ubbidire alSignore in ogni aspetto della tua vita, per quanto insignificantipossano sembrarti certe questioni?

Mentre proseguiamo, considereremo in primo luogo lasantità di Dio. È qui che inizia la santità; non con noi stessi,ma con Dio. Soltanto quando riconosciamo la Sua santità,la Sua assoluta purezza e l’odio morale del peccato, siamocolpiti dall’orrore del peccato contro il Signore santo. Esseresconcertati da questo è il primo passo nella nostra ricerca disantità.

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“Siate santi, perché io sono santo”I PIETRO 1:16

a ricerca della santità è un’associazione in partecipa-zione fra Dio e il credente. Nessuno può raggiungere

un certo grado di santità, se Dio non opera in lui, ma, altrettanto sicuramente, nessun credente potrà giungervi senza un impegno personale. Il Signore ha reso possibile per noi un cammino di santità, ma ha affidato a noi la re-sponsabilità di camminare. Non può farlo al nostro posto. Ci piace molto parlare di come Dio provvede, di come Cristo ha sconfitto il peccato e ci ha dato lo Spirito Santo, ma non parliamo altrettanto volentieri del nostro dovere di camminare in santità.Il titolo di questo libro ha origine dal comandamento bibli-co “Impegnatevi a cercare … la santificazione senza la qua-le nessuno vedrà il Signore” (Ebrei 12:14). La parola “cerca-re” suggerisce due pensieri: occorre diligenza e impegno e bisogna farlo costantemente. Questa verità costituisce il tema del libro. La ricerca della santità è un processo che dura tutta la vita e spesso evidenzia la nostra incapacità; nonostante ciò, questa è la volontà di Dio per noi e a tale nobile traguardo vogliamo protenderci.

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