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La conversione dei Franchi

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Dove si trovavano i Franchi nel nel IV-V secolo

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Il giovane e ambizioso re dei Franchi Salii era Clodoveo (481-511).

Non erano cristiani. Infatti non avevano aderito al progetto di Teodorico che mirava alla conversione di tutte le stirpi germaniche all’arianesimo e la adesione ad una federazione guidata dai Goti.

Vinto il rivale interno Sigario nel 486, Clodoveo può avviare la conquista del territorio romano.

Porrà fine alla dominazione romana in Gallia (fino alla Loira; poi fino alla Garonna 509)

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Garonna

Loira

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Sposato con Clotilde, principessa Burgunda di fede cattolica. Lei lo convinse a battezzare i due figli.

Nella guerra contro gli Alemanni, ripete il gesto che secoli prima aveva compiuto Costantino: fece voto di diventare cristiano se avesse vinto (Gregorio di Tours, La storia dei Franchi)

Vinse e il giorno di Natale del 496 nella cattedrale di Reims si fece battezzare dal vescovo Remigio (Remis) insieme a 3000 uomini del seguito. Poi seguito anche dal resto del popolo.

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I motivi della conversione

Certamente anche di opportunità politica: avere nei vescovi cattolici (stimati per la cultura e la tradizione romana) dei validi aiuti; per favorire la integrazione nel suo regno della antica popolazione romana; non soggiacere alle mire egemoni del Re Teodorico.

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Conseguenze della conversione

La conversione del re franco è di una importanza capitale nella storia della Chiesa.

L’esempio di Clodoveo ebbe delle ripercussioni tra le altre popolazioni germaniche confinanti.

Questi regni, suddivisi e in lotta tra loro, grazie all’astuzia e alla forza del re franco, furono uno alla volta assoggettati. Le vittorie sugli Alemanni, sui Burgundi, sui Turingi, sui Bavari comportarono il passaggio di tali popolazioni al cattolicesimo.

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Nel regno franco era stato evitato ciò che invece si era verificato e si verificava in tutti gli altri regni germanici: la divisione e il contrasto tra i conquistatori (popolazione germanica) e i conquistati (popolazione romana). Fu così favorita la fusione delle due realtà in un unico corpo politico e l’accesso dei Franchi ai tesoti della cultura romano-cristiana.

Fu inoltre fermato l’espandersi dell’arianesimo tra le popolazioni germaniche.

Grazie a matrimoni con principesse franche, si aprirono le vie alla conversione anche ai Visigoti e degli Svevi.

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Agli occhi del popolo cattolico, Clodoveo apparve come il protettore della religione cattolica. Si preparava quella posizione di preminenza che da lì a due secoli avrebbero assunto i carolingi nell’Occidente cristiano e si apriva la possibilità di una unificazione di tutti i popoli germanici sulla base della medesima fede, no più ariana.

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I frutti della conversione per il popolo franco

Inizialmente la conversione non significava molto più che qualcosa di puramente esteriore. Continuavano a a regnare largamente i vecchi costumi pagani e anche a livello morale prevaleva la violenza e la rozzezza precedente.

Tuttavia i franchi andavano orgogliosi della loro nuova fede: numerose fondazioni pie; venerazione di santi e reliquie.

Centro del regno la tomba del santo vescovo martino di Tours (+397).

I vescovi avevano una posizione di primo piano nella amministrazione del regno.

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Caratteristiche della Chiesa franca

1. La Chiesa dipendeva, secondo la mentalità germanica, totalmente dal re; essa era quindi una Chiesa di Stato e Nazionale. Il vescovo di Roma aveva poca influenza su questa Chiesa.

2. Il re interveniva perciò in modo determinante sulla scelta dei vescovi, spesso senza che si tenesse conto dei meriti e delle capacità delle persone scelte, o fatte con simonia. Molti pastori non erano così all’altezza della situazione.

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3. Ve ne furono altri però, diversi di eminenti capacità e santità: Avito di Vienne, Remigio di Reims, Cesario di Arles, Nicezio di Treviri, Germano di Parigi, Gregorio di Tours, Venanzio Fortunato di Poitiers.

4. Caratteristica della Chiesa franca fu una notevole attività sinodale. Tra il 511 e il 614 vi furono più di 30 concili (sinodi) del regno.

5. Presente nel regno una fiorente vita monastica precedente all’arrivo dei Franchi e che si mantenne.

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Conversione dei Visigoti alla fede cattolica

L’inizio della conversione alla fede cattolica si ebbe solo dal VI secolo.

Il re Leovigildo (568-586) aveva trattato i suoi sudditi cattolici col massimo rigore, talvolta anche con crudeltà.

Il figlio Ermenegildo (+585), su consiglio della moglie Ingunda, principessa franca, accolse la fede cattolica, ma nella rivolta contro suo padre fu vinto e poi giustiziato in carcere.

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Il secondogenito di Ermenegildo, Reccaredo (586-601), succedette al nonno Leovigildo e già nel primo anno del suo regno abbracciò la confessione cattolica. Grazie alla collaborazione del grande arcivescovo Leandro di Siviglia, l’esempio del re fu seguito dalla maggioranza dei vescovi ariani, dalla nobiltà, e dal popolo.

Il Sinodo di Toledo del 589 suggellò la conversione dei Visigoti al cattolicesimo.

Come dimostrano i numerosi sinodi nazionali convocati dal re e tenuti nella residenza di Toledo, lungo tutto il 600 si sviluppò una vita religiosa molto vivace e attiva.

Si istituirono parrocchie rurali e si fondarono monasteri; pur continuando a persistere diversi usi pagani.

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Presenza di alcuni grandi vescovi Leandro vesc. di Siviglia (+600 circa) e Isidoro (suo fratello e successore) (600-636) . Col suo sapere universale e con la sua produzione letteraria, importantissima per il Medioevo, egli conferì alla Chiesa di Spagna splendore e gloria; egli è autore anche di una storia del popolo dei Visigoti.

Stato e Chiesa si trovavano strettamente uniti tra loro nella forma di una Chiesa di Stato e Nazionale, governata dal re e che lasciava ben poco spazio alla suprema direzione del vescovo di Roma.

Dilaniato da discordie interne il regno dei Visigoti soccombette all’assalto degli Arabi (nel 711 gli Arabi passano lo stretto di Gibilterra ed entrano nella penisola iberica).