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John SteinbeckVIAGGIO CON CHARLEY

Traduzione di Luciano BianciardiTitolo originale dell'opera "Travels with Charley"1962 John Steinbeck2005 Rizzoli, Milano

NOTA DI COPERTINA.

'Quando il virus dell'irrequietezza comincia impadronirsi di un uomo caparbio, la vittima deve anzitutto trovare in se stessa una ragione buona e sufficiente per andare. Ci non difficile al vagabondo attivo.' Cos ha inizio, in questo libro pubblicato nel 1962, il viaggio 'on the road' di Steinbeck, scortato da Charley, 'un barboncino di prima categoria' che compagno di viaggio ma anche destinatario dei monologhi dello scrittore: ricordi, aspirazioni, impressioni di un passato avventuroso e di un presente pieno di scoperte.Come afferma Daniele Giglioli nella sua introduzione, 'chi a quell'et si prende il lusso di andarsene di casa per scrivere un bellissimo libro minore non deve rispondere a nessuno di quello che fa'. JOHN STEINBECK (1902 - 1968) nacque a Salinas, California, da genitori tedeschi. Dopo aver tentato senza successo il giornalismo, esercit i pi vari mestieri (mandriano, strillone, sguattero, autista) finch negli anni Venti scrisse i primi romanzi: "I pascoli del cielo" e "Al Dio sconosciuto". Raggiunse il successo nel 1935 con "Pian della Tortilla", cui seguirono "Uomini e topi", "Furore", "La valle dell'Eden". Nel 1962 vinse il Premio Nobel. INTRODUZIONE. - On the road again. Nell'autunno del 1960 John Steinbeck si rende conto di non conoscere il suo paese. Da tanti anni scrive sull'America, e ormai lavora a memoria. Ma della memoria, nel migliore dei casi una cisterna fallosa e contorta, non c' da fidarsi quando ci si chiede come saranno diventati l'odore dell'erba o degli alberi, il sapore dell'acqua, il suono di una lingua; e meno che mai dei libri e dei giornali. Meglio vedere di persona, se si pu. E cos, poich non ha pi l'et n lo status sociale per andarsene in giro con un vecchio furgone scassato, dormendo sopra un materasso come gli capitava da giovane, si fa costruire un casa mobile completa di cucina, ripostigli e servizi, la colloca sopra un autocarro da sette quintali e mezzo, la battezza senza troppo spremersi le meningi 'Ronzinante' e si mette in viaggio con l'intenzione di star via tre mesi attraversando il continente da una costa all'altra; nonch, ovviamente, di prendere appunti per un nuovo libro.A differenza del "Grand Tour" in Italia alla ricerca della classicit mediterranea con cui i rampolli delle aristocrazie europee completavano la loro educazione, quello del viaggio in America un genere letterario (e poi cinematografico) ancora estremamente vitale. Da due secoli, l'America non cessa di essere scoperta: da Chateaubriand o da Dickens nell'Ottocento, nel Novecento da Cecchi, Soldati, Piovene, Calvino, Parise, o da Michel Butor, o da un viaggiatore apocalittico come Jean Baudrillard, senza dimenticare gli americani stessi, nativi come il Kerouac di "Sulla strada" o adottivi come il Nabokov di "Lolita", e arrivando fino ai nostri giorni con le "Strade Blu" di William Least HeatMoon o con il vecchio testardo Alvin Straight sulla sua mototrebbiatrice nel bellissimo "Una storia vera" di David Lynch.Anche Steinbeck non pi tanto giovane (cinquantotto anni, un po' di acciacchi), n gli manca qualche tratto del vecchio bizzarro. Soprattutto, non vuole che la vecchiaia lo costringa a regredire all'infanzia, con tutti che si preoccupano di te e ti proibiscono di fare quello che vuoi. Tanto pi che vagabondo lo sempre stato: Io nacqui sperso, scrive, e non mi fa piacere essere ritrovato, e non per nulla il movimento, l'inquietudine, la necessit di barattare il tempo con lo spazio sono temi centrali in molte sue opere, dalle storie di pirati della giovanile "Santa rossa" alle peregrinazioni della famiglia Joad lungo la Highway 66, in "Furore", ai desideri consapevoli e inconsapevoli di cambiare vita che animano i viaggiatori della "Corriera stravagante". Perch vero che da qualche parte ci si deve pur radicare, come vorrebbero Lennie e George in "Uomini e topi", ma vero anche che quella umana una specie irrequieta, e gli americani pi di tutti: se quasi tutti gli americani se ne vanno, perch in ognuno di loro c' un desiderio di muoversi, di mettersi in cammino, dovunque, via da ogni Qui. Chi vuole conoscerli davvero, deve cominciare ad andarsene lui.E qui viene il difficile. Un conto lasciare un luogo, una casa, una citt; un altro abbandonare dietro di s la propria identit, privata e pubblica. Steinbeck vuole viaggiare anonimo, e in questo sar accontentato. Ma non pi possibile partire leggeri come un tempo. Portai fin troppa roba, ammette: cavi, paranchi, arnesi, cibi di emergenza e soprattutto, anche se non questo a far gemere le balestre di Ronzinante, carta, bianca e carbone, macchina per scrivere, matite, taccuini e non questo soltanto, ma anche dizionari, una piccola enciclopedia, una decina di altre opere di consultazione, grosse, nonch settanta chili di libri, pi quello da scrivere. Troppo peso, troppa carta, troppa fama: la vera posta in gioco di un viaggio come questo disfarsene, prima e pi ancora che conoscere l'America. Anche perch magari il momento magico passato, e per quanto il grosso pubblico lo ami ancora e nel 1962 lo aspetti il Nobel, i critici pi autorevoli come Edmund Wilson sono ormai convinti che i suoi libri, anche quelli maggiori, segnino esattamente la linea di confine tra l'opera che decisamente di valore superiore e l'opera che decisamente di scarso valore. Nato programmaticamente come libro minore, "Viaggio con Charley" comunica un senso di liberazione, di abbandono e di felicit espressiva che forse Steinbeck non ha mai conosciuto prima. - Lavare le frasi. Del resto, maggiore o minore poco importa, e anche la frontiera tra letteratura alta e bassa (erano gli anni in cui si cominciava a discutere del "Midcult", ma anche del "Pop") non pi cos decisiva per Steinbeck, che ha di fronte a s altre frontiere. Non tanto quella tra i generi letterari (anche se cos' "Viaggio con Charley"? Un diario romanzato? Un reportage autobiografico? Un'inchiesta poetica?), quanto soprattutto quella tra l'arte e la pratica. Di fronte al suo viaggio come di fronte alla pagina, Steinbeck si pone in un atteggiamento essenzialmente pratico. Marcel Proust, ha scritto una volta Jacques Rivire, morto della stessa imperizia che gli ha consentito di scrivere la sua opera. E' morto perch inesperto del mondo, e perch non seppe cambiare le condizioni della sua vita, che erano diventate letali per lui. E' morto perch non sapeva come si accende un fuoco, come si apre una finestra. Per Steinbeck vero l'opposto. Essenziale sapere "come si fa", e lui lo sa. Cucinare o girare una frase, accamparsi o trovare un'immagine, cambiare una gomma, fronteggiare imprevisti, parlare con la gente o rendere un'atmosfera, un paesaggio, un incontro non fa differenza, tutto parte di uno stesso processo vitale; e quello che non si sa lo si inventa, come Robinson: Avevo una grande pattumiera di plastica, con coperchio e manico. Siccome il normale moto del furgone la faceva traboccare, io l'assicurai con un pezzo di fune elastica - gomma ricoperta di cotone - all'asta dei vestiti del mio armadietto, dove la sentivo sciaguattare a piacimento senza versare. Dopo una giornata cos l'aprii [...] e trovai la spazzatura meglio mischiata e impastata del mondo. La mattina dopo lavai il secchio di plastica, ci misi dentro due camicie, biancheria intima e calze, aggiunsi acqua calda e detersivo, e l'appesi con la fune elastica all'asta dei panni, dove per tutto il giorno ball e sciaguatt. Quella sera io risciacquai i miei panni in un corso d'acqua, e voi non avete mai visto un bucato pi pulito. Altrettanto puliti e nitidi gli escono dalla pagina gli scenari di un'America tanto pi vista quanto pi inventata.In viaggio, si sa, ci si deve arrangiare, non c' il tempo di badare troppo alle forme, un utensile o un'espressione vanno bene non perch sono belli ma perch funzionano; poi li si mette via e li si riprende se serve. Gli arnesi sono uguali per tutti, perch per le parole non dovrebbe essere lo stesso? Se si attraversa il New Hampshire, universalmente lodato per i suoi colori, bisogna parlare di quei colori: il fatto l come ognuno lo vede e sarebbe puerile cercare di far diverso, Make it New, come chiedeva il pap del modernismo Ezra Pound. A che pro? Una pennellata veloce pi che sufficiente: Non soltanto colore ma un chiarore, quasi che le foglie cogliessero la luce del sole autunnale e la restituissero lentamente. Questi colori han qualcosa del fuoco. Se per dare un'idea generale del Michigan o dell'Illinois si deve ricorrere al paragone con una bella donna ben fatta e vestita e ingioiellata, [...] estroversa e generosa nel cuore, [...] che richiede il sostegno e l'aiuto di molti uomini senza volto per tenersi su, lo si fa senza tanti scrupoli, senza preoccuparsi di ripetersi e senza temere di essere grossolani. Non conta la raffinatezza ma l'efficacia. Chi a quell'et si prende il lusso di andarsene di casa per scrivere un bellissimo libro minore non deve rispondere a nessuno di quello che fa. - Animali. Non deve rispondere a nessuno tranne che, ovviamente, al suo compagno di viaggio, Charley, che per non ha di questi problemi dal momento che un cane, un barboncino di grossa taglia, di origine francese, un po' vecchietto anche lui. Non un eroe come Buck o Zanna Bianca. Non un teppista "blas" come il Montmorency di "Tre uomini in barca". La sua dote principale, oltre a quella di saper pronunciare la consonante 'f' a causa degli incisivi superiori storti, la socievolezza. Quando avvista degli estranei, Charley si offre subito da ambasciatore; poi Steinbeck attacca discorso (o viene abbordato), scambia qualche opinione, prende appunti e il libro cresce. Se poi non c' proprio nessuno con cui parlare, pu sempre farlo con Charley, che almeno in un'occasione gli risponde, sia pure con la coda: Chi ti vedesse far la torta di compleanno a un cane di cui neanche sai quando il compleanno direbbe che sei matto.Una risposta di buon senso, molto "quiet american". Charley un mediatore per natura, e non si limita a procacciare materiale per i bozzetti del suo datore di lavoro. Rende la sua solitudine meno sublime (e dunque meno rischiosa, anche nel senso del rischio del ridicolo), e finisce per assumere, a mano a mano che il viaggiolibro procede, la dignit di emblema e prefigurazione di quello che dovr essere il suo pubblico, per ora intravisto solo negli incontri occasionali: non tanto giovane, senza grandi certezze, medio di gusti e aspirazioni e possibilit, ma senza troppe paure, in un'epoca (a guardarla ora sembra felice) in cui le classi medie non erano spaventate e rancorose come oggi, e non si lasciavano ipnotizzare dai "loro" estremisti.Che a farsi interprete di tutto questo sia un cane non ha nulla di strano o di offensivo, almeno per Steinbeck. Sempre Wilson, in un'altra occasione, ha notato come gli animali (e pi in generale l'animalit, il nostro retroterra biologico) siano la vera immagineguida di tutti i suoi romanzi. "Zoe" e "Bios", vita animale e vita umana non sono per Steinbeck cose distinte. Il che lo salva in pi di un'occasione dalla difficolt di trarre conclusioni, e dall'obbligo di fornire al lettore una definizione bella e pronta di che cosa siano gli americani: Magari fosse cos facile. Invece, quello che portavo in testa e, pi a fondo, nelle mie percezioni, era un barile di lombrichi. Molti anni or sono, raccogliendo e classificando animali marini, scoprii che quanto trovavo aveva un legame assai stretto con quello che provavo al momento. Dopo tutto, la realt esterna ha un modo di essere non troppo esterno. E, soprattutto, lo mette in condizione di risolvere felicemente il dilemma con cui sempre di nuovo si confronta ogni generazione di scrittori americani: non tanto quello, come pure stato autorevolmente sostenuto, tra "romance" e "novel", tra fantastico e realismo, ma tra una realt in cui tutto diventa simbolo (cos in Melville, Hawthorne, Faulkner, Flannery O'Connor...), o al contrario solo e soltanto ci che , (Twain, Hemingway, Carver...), e pu significare qualcosa unicamente per chi disposto a illudersi in modo pi o meno volontario che lo faccia. Osservata "sub specie" etologica, l'umanit non n misteriosa n insensata: il significato della vita intrinseco alla vita stessa, il mondo accade e commentarlo non serve. Qualche volta in affanno nelle moralit pi complesse e articolate, Steinbeck risulta sempre epicamente lapidario ed efficace quando enuncia delle franche tautologie. (Pi raffinata e pi fragile, in quegli stessi anni l'America giovane si innamorava dello Zen e pregustava le sue disillusioni nel brillio beffardo delle icone di Warhol: a ciascuno la sua tautologia.) - Deserto e futuro. Questo non significa certo che Steinbeck viaggi a occhi chiusi e non intuisca acutamente tante cose allora agli albori ma destinate a diventare i 'luoghi comuni', gli oggetti di pensiero quotidiano del nostro presente, nonch i temi d'elezione della letteratura e del cinema pi recenti: i rifiuti, la plastica, i media, la standardizzazione della lingua e degli stili di vita, l'insicurezza sociale, la violenza endemica (Steinbeck dedica pagine splendide all'ossessione americana per la caccia), la vocazione militarista del Texas e tante altre cose. Prevede perfino i 'nonluoghi' (parola feticcio della sociologia pi " la page") e, vent'anni prima di "Rumore bianco" di Don DeLillo con la sua geniale trovata dei visitatori che si affollano per fotografare la stalla pi fotografata d'America, dice cose non dissimili sul parco di Yellowstone: che ci si va solo per dire di esserci andati; e che gli ricorda Disneyland. Poi naturalmente ci va anche lui, ed essendo della vecchia scuola non ammutolisce di fronte al simulacro dell'esperienza ormai impossibile eccetera eccetera eccetera, ma chiede a Charley di procurargli un aneddoto. L'opposizione tra autentico e inautentico lo preoccupa poco, in un modo o nell'altro la specie si arranger.E poi che cosa autentico? Il passato? Il "proprio" passato? Cosa significa tornare dove si stati giovani, nel suo caso sulla costa occidentale, a Monterey, cento chilometri da San Francisco, dove quasi trent'anni prima ha ambientato "Pian della Tortilla"? E' possibile? Chi c' rimasto? Conversazione in un bar con un amico che vorrebbe convincerlo ad abbandonare New York per la California: 'Dove sono i grandi? Dimmi, dov' Willie Tip?' 'Morto', disse Johnny con voce sorda'. 'Dove sono Pilon, Johnny, Pom Pom, Miz Gragg, Stevie Field?' 'Morto, morto, morto'. 'Ed Riketts, Whitey Primo e Secondo, dove sono Sonny Boy, Ankle Varney, Jess Maria Corcoran, Joe Partagee, Shorty Lee, Flora Wood, e quella ragazza che teneva i ragni nel cappello?' ' Morti, tutti morti' gemette Johnny. 'E' come se si fosse dentro un secchio di fantasmi' disse Johnny. Ci si aspetterebbe da Steinbeck uno sconfortato cenno d'assenso, e invece: No. Non sono loro i veri fantasmi. I fantasmi siamo noi. Qualcuno ricorder che un elenco stranamente simile precede, nell'ultimo volume della "Recherche" proustiana, quel "baldesttes" a palazzo Guermantes in cui il narratore scopre dopo averlo cercato invano per anni il segreto per recuperare il tempo perduto, e con questo la possibilit di scrivere: Hannibal de Braut, morto! Antoine de Mouchy, morto! Charles Swann, morto! Adalbert de Montmorency, morto!, Boson de Talleyrand, morto! Sosthne de Doudeauville, morto!. Prima la morte, dunque, ma poi la risurrezione nella scrittura. Ancora una volta, nulla di pi lontano da Steinbeck. Nel passato si pu essere solo dei turisti o degli intrusi: non c' che da guardare avanti finch dura, a meno di non voler diventare "noi" i fantasmi. Non la memoria ma l'oblio la vera legge della vita. Che poi il futuro, in tempi di minaccia nucleare, si possa annunciare con l'aspetto del pi remoto dei passati, un'immagine che sorge spontanea quando si attraversa il New Mexico con i suoi deserti; ma che non riesce a spaventare troppo chi convinto che la vita umidit pi istinto di sopravvivenza, e il resto in pi. Da qui, si dice Steinbeck, potremmo sempre ricominciare, e se non noi qualcun altro. O magari qualcos'altro, avr pensato Charley, anche se per delicatezza si astenuto dal dirlo.Daniele Giglioli. CRONOLOGIA. 1902.John Ernst Steinbeck nasce il 27 febbraio a Salinas, in California. Il padre dirige un mulino, la madre insegnante. Ha tre sorelle.1903-1919.Steinbeck un bambino tranquillo, amante della lettura, cui lo incoraggia la madre. Fin da ragazzo, incomincia a scrivere racconti.1920-24.Frequenta l'Universit di Stanford, seguendo soprattutto corsi di letterature classiche e, nel contempo, fa lavori saltuari. Progetta di imbarcarsi per la Cina, ma abbandona l'idea. Pubblica alcuni racconti su riviste studentesche di Stanford.1925.Lascia definitivamente Stanford e si trasferisce a New York in cerca di fortuna. Lavora alcuni mesi per un giornale, ma viene licenziato.1926-30.Ritorna in California, e si stabilisce a San Francisco. Nel gennaio 1928 conclude il suo primo libro, "La Santa Rossa", un romanzo di formazione ricco di riferimenti autobiografici, che viene pubblicato l'anno successivo. Nel gennaio 1930 sposa Carol Henning e, qualche mese dopo, finisce di scrivere il romanzo "Al dio sconosciuto".1931-40.E' un decennio di intensa attivit, e di molti successi. Pubblica "I pascoli del cielo" (1932); "Al dio sconosciuto" (1933); "Pian della Tortilla" (1935), il primo romanzo che ottiene una larga attenzione di pubblico e di critica; "La battaglia" (1936); "Uomini e topi" (1937); "La valle lunga" (1938); "Furore" (1939), che vince, nel 1940, il premio Pulitzer.1941-50.Si separa dalla moglie e si trasferisce a New York. Nel 1943 sposa, in seconde nozze, Gwyndolyn Conger, dalla quale si separa dopo qualche anno. Il terzo matrimonio, nel 1950, sar con Elaine Scott. Pubblica "La luna tramontata" (1942); "Vicolo Cannery" (1945). Nel 1943 corrispondente dal fronte di guerra europeo per l''Herald Tribune'.1951-60.Scrive corrispondenze dall'estero per diverse testate. Pubblica "La valle dell'Eden" (1952); "Quel fantastico gioved" (1954); Il breve regno di Pipino Quarto" (1957).1961-68.Pubblica "L'inverno del nostro scontento" (1961); "Viaggio con Charley" (1962); "L'America e gli Americani" (1966). Nel 1962 riceve il premio Nobel per la letteratura. Muore il 20 dicembre 1968. "Questo libro dedicato a Harold Guinzburgcon il rispetto nato da una comunanza e da un affetto crescenti." PARTE PRIMA. 1. Quando ero giovane e avevo in corpo la voglia di essere da qualche parte, la gente matura m'assicurava che la maturit avrebbe guarito questa rogna. Quando gli anni mi dissero maturo, fu l'et di mezzo la cura prescritta. Alla mezza et mi garantirono che un'et pi avanzata avrebbe calmato la mia febbre. E ora che ne ho cinquantotto sar forse la vecchiaia a giovarmi. Nulla ha funzionato. Quattro rauchi fischi della sirena d'una nave continuano a farmi rizzare il pelo sul collo, e mettermi i piedi in movimento. Il rumore d'un aereo a reazione, un motore che si scalda, persino uno sbatter di zoccoli sul selciato suscitano l'antico brivido, la bocca secca, le mani roventi, lo stomaco in agitazione sotto la gabbia delle costole. In altre parole, non miglioro. Vagabondo ero, vagabondo resto. Temo che la malattia sia incurabile. Metto gi questa roba non per istruire gli altri, ma per informare me stesso.Quando il virus dell'irrequietezza comincia a impadronirsi di un uomo caparbio, e la strada che porta via da Qui pare larga e diritta e agiata, la vittima deve anzitutto trovare in se stessa una ragione buona e sufficiente per andare. Ci non difficile al vagabondo attivo. Egli pu scegliere in un'intera foresta di ragioni innate. Poi deve programmare il suo viaggio nel tempo e nello spazio, scegliere una direzione e una destinazione. E infine deve attrezzare il viaggio. Come andare, cosa prendere, quanto star via. Questa parte del procedimento invariabile e immortale. La metto gi solo perch i neofiti del vagabondaggio, come minorenni dinanzi a un peccato di nuova scelta, non pensino che me la sia inventata.Una volta che il viaggio sia programmato, attrezzato e avviato, subentra un fattore nuovo, e predomina. Un viaggio, un safari, un'esplorazione, un'entit, diversa da ogni altro viaggio. Ha personalit, temperamento, individualit, unicit. Un viaggio una persona a s; non ce ne sono due simili. E sono inutili progetti, garanzie, controlli, coercizioni. Dopo anni di lotta scopriamo che non siamo noi a fare il viaggio; il viaggio che fa noi. Guide, orari, prenotazioni, inevitabili e rigidi, vanno diritti a naufragare contro la personalit del viaggio. Solo quando abbia riconosciuto tutto questo, il vagabondo in vitro pu abbandonarsi e accettare la realt. Soltanto allora cadono le frustrazioni. In questo, un viaggio come un matrimonio. La maniera sicura per sbagliare credere di tenerlo sotto controllo. Ora mi sento meglio, perch l'ho detto, anche se lo capiranno solo quelli che lo han provato. 2. Il mio piano era chiaro, conciso e sensato, credo. Per molti anni ho viaggiato in molte parti del mondo. In America, io vivo a New York, capito a Chicago o a San Francisco. Ma New York non America, allo stesso modo in cui Parigi non Francia e Londra non Inghilterra. Cos scoprii che non conoscevo il mio paese. Io, scrittore americano, che scrive sull'America, lavoravo a memoria, e la memoria , al meglio, una cisterna fallosa e contorta. Io non avevo sentito la lingua dell'America, non ne avevo annusato l'erba e gli alberi e il concime, non ne avevo visto i monti e le acque, il colore e la qualit della luce. Conoscevo i mutamenti solo dai libri e dai giornali. Ma peggio ancora, da venticinque anni non toccavo il paese. In breve, io stavo scrivendo di qualcosa che non conoscevo, e a me sembra che questo, in un sedicente scrittore, sia criminale. I miei ricordi erano distorti da venticinque anni interposti.Un tempo io me ne andavo in giro su un vecchio furgone scassato, con un materasso sul pavimento. Mi fermavo dove si fermava la gente, o dove faceva gruppo, ascoltavo, guardavo, toccavo, e cos facendo avevo un quadro del mio paese la cui precisione era menomata solo dalle mie carenze.Fu cos che io decisi di guardare ancora, di cercar di riscoprire questa terramostro. Altrimenti, scrivendo, io non avrei saputo dire le piccole verit diagnostiche che sono fondamento di pi grandi verit. Si present una sola secca difficolt. Nei venticinque anni frapposti, il mio nome era diventato abbastanza noto. E l'esperienza mi insegnava che quando ha sentito parlare di te, favorevolmente o no, la gente cambia; diventa, o per timidezza o per altre qualit suscitate dalla notoriet, una cosa che non in altre circostanze. Cos stando i fatti, il mio viaggio richiedeva che io lasciassi a casa nome e identit. Io dovevo essere occhi e orecchi peripatetici, una specie di vassoio di gelatina in movimento. Non potevo firmare registri di albergo, incontrare persone a me note, intervistare gente, nemmeno far domande pressanti. Inoltre, due o pi persone disturbano il complesso economico di una zona. Dovevo andare solo e dovevo essere autonomo, una specie di casuale tartaruga che si porta la casa sulla schiena.Avendo questo in mente, scrissi alla direzione di una grossa ditta che fabbrica autocarri. Precisai il mio progetto e le mie necessit. Volevo un furgoncino da sette quintali e mezzo, capace di andare dappertutto in condizioni verosimilmente difficili, e su questo furgoncino volevo costruita una piccola casa, come la cabina di una barca. Una roulotte difficile manovrarla sulle strade di montagna, impossibile e spesso illegale parcheggiarla, soggetta a molte restrizioni. A tempo debito pensammo ai dettagli: un veicolo robusto, veloce, comodo, col tendone per tetto - una piccola casa con letto doppio, una cucina a quattro fornelli, riscaldamento, frigorifero e lampade funzionanti a gas, gabinetto chimico, spazio per le provviste, finestre schermate contro gli insetti. Proprio quel che volevo. Mi fu consegnato in estate, a Sag Harbor, dove io vado a pescare, quasi in fondo a Long Island. Anche se non intendevo partire prima del Labor Day, quando la gente riprende la vita normale, volevo abituarmi al mio guscio di tartaruga, attrezzarlo e impararlo. Arriv in agosto, una cosa molto bella, possente eppure leggera. Era facile da manovrare, quasi quanto una normale automobile. E poich il mio progetto di viaggio aveva suscitato alcune battute satiriche fra i miei amici, lo battezzai Ronzinante che - lo rammenterete - era il nome del cavallo di don Chisciotte.Poich non avevo tenuto segreto il mio progetto, numerose controversie sorsero fra i miei amici e consiglieri. (Un progetto di viaggio genera consiglieri a branchi.) Mi dissero che siccome la mia fotografia era distribuita con tutta l'ampiezza di cui era capace il mio editore, mi sarebbe stato impossibile muovermi senza essere riconosciuto. Lasciatemi dire subito che per oltre diecimila miglia, in trentaquattro stati, non fui riconosciuto nemmeno una volta. Credo che la gente identifichi le cose solo nel loro contesto. Anche quelli che avrebbero potuto riconoscermi su uno sfondo verosimilmente mio, in nessun caso mi identificarono a bordo di Ronzinante.Mi fecero notare che il nome Ronzinante dipinto sul fianco del furgone in caratteri spagnoli cinquecenteschi avrebbe da qualche parte provocato curiosit e domande. Non so quante persone siano riuscite a leggere il nome, ma certo che nessuno mi fece domande.Poi, mi si disse che un estraneo in giro per il paese poteva suscitare domande e persino sospetti. Per questo motivo stivai sul mio furgone un fucile, due carabine e un paio di canne da pesca. Mi insegnava l'esperienza che se un uomo va a caccia o a pesca, lo scopo del suo viaggio viene inteso e persino applaudito. Di fatto, i giorni della caccia sono per me finiti. Io non uccido pi, n catturo roba che non possa mettere in padella; son troppo vecchio per prendere la caccia come sport. Ma questa attrezzatura si dimostr non necessaria.Mi si disse che la targa newyorkese avrebbe suscitato interesse e forse domande, perch sarebbe stato quello l'unico segno esteriore di identificazione. E cos fu, una ventina, forse una trentina di volte durante l'intero viaggio. Ma tali contatti seguivano un modulo invariabile, pressappoco questo: Uomo del posto: New York, eh?.Io: S.Uomo del posto: Ci sono stato nel millenovecentotrentotto... o forse trentanove? Alice, fu nel trentotto o nel trentanove che si and a New York?.Alice: Fu nel trentasei. Me lo ricordo perch fu l'anno che mor Alfred.Uomo del posto: In ogni modo, non mi piacque. Non ci camperei neanche se mi pagassero.Vi fu della sincera preoccupazione per il fatto che io viaggiavo solo, esposto alle aggressioni, alle rapine, alle violenze. Si sa bene che le nostre strade sono pericolose. E qui ammetto di aver avuto preoccupazioni insensate. Da anni io sono solo, senza amici, senza alcunch della sicurezza che si trae dalla famiglia, dagli amici, dai complici. Non c' realt nel pericolo. E' soltanto, dapprima, una sensazione molto solitaria, inerme, una specie di sensazione desolata. Per questa ragione portai un solo compagno nel mio viaggio, un vecchio barboncino francese chiamato Charley. In realt il suo nome vero Charles le Chien, nato a Bercy, nei sobborghi di Parigi e cresciuto in Francia. Pur conoscendo un po' d'inglese canino, risponde subito ai comandi solo in francese. Altrimenti deve tradurre, e questo lo rallenta. E' un barboncino molto grosso, d'un colore detto "bleu", ed blu quando pulito. Charley un diplomatico nato. Preferisce il negoziato alla lotta, e fa bene, perch come lottatore pessimo. Una volta sola, nei suoi dieci anni, si trovato nei guai, quando incontr un cane che non voleva negoziare. Quella volta Charley perse un pezzetto dell'orecchio destro. Ma un buon cane da guardia, ha un ruggito come quello del leone, inteso a nascondere agli estranei che vadano in giro di notte il fatto che non sarebbe capace di aprirsi la strada, coi denti, fuori di un "cornet de papier". E' un buon amico e un buon compagno di viaggio, e non riesce a immaginare cosa pi bella d'un viaggio. Se compare ampiamente in questo mio resoconto, perch grande fu il suo contributo al viaggio. Un cane, e particolarmente un cane esotico come Charley, un legame fra estranei. Molte conversazioni, strada facendo, cominciarono con: Che razza di cane quello?.Le tecniche per aprire una conversazione sono universali. Sapevo da tempo, ma l'ho poi riscoperto, che il modo migliore per ottenere attenzione, aiuto, conversazione, perdersi. Un uomo capace di veder sua madre morta di fame che gli ingombra il cammino e le d un calcio in pancia per farsi strada, lietamente dedicher diverse ore a dare indicazioni sbagliate a un perfetto estraneo il quale dichiari d'essersi smarrito. 3. Sotto le grandi querce della mia casa a Sag Harbor sedeva Ronzinante, bello tranquillo, e venivano i vicini a visitarlo, certi vicini che neanche sapevamo di avere. Vedevo nei loro occhi qualche cosa che avrei rivisto tante volte in ogni parte del paese... un desiderio rovente di andare, di muoversi, di mettersi in cammino, dovunque, via da ogni Qui. Parlavano pacatamente di come desideravano, un giorno, andare, muoversi, liberi e disancorati, non verso qualcosa, ma via da qualcosa. Vidi quest'atteggiamento, udii questo desiderio dovunque, in ogni stato che visitai. Quasi ciascun americano ha fame di movimento. Un ragazzino di tredici anni ritornava ogni giorno. Se ne stava da parte, timido, a guardare Ronzinante; faceva capolino alla portiera, addirittura si stendeva per terra a studiare le balestre. Un ragazzino tacito, ubiquo. Veniva persino dopo buio a scrutare Ronzinante. Dopo una settimana non riusc pi a reggersi. Le parole si fecero strada a forza, vincendo la naturale timidezza. Disse: Se mi porti con te, ecco, faccio qualunque cosa. Cucino, lavo i piatti, qualunque cosa. Lavoro solo io, e avr cura di te.Per mia sfortuna capivo il suo desiderio. Magari potessi risposi. Ma la direzione della scuola, e i tuoi genitori, e tanta altra gente, dicono che non posso. Far qualunque cosa disse. E io gli credo. Non credo che si sia rassegnato, fino al giorno in cui me ne partii senza di lui. Aveva il sogno che io ho avuto per tutto il corso della mia vita, e al quale non c' rimedio.Attrezzare Ronzinante fu una faccenda lunga e piacevole. Portai fin troppa roba, ma non sapevo che cosa avrei incontrato. Arnesi di emergenza, cavi da rimorchio, un piccolo paranco, una trancia, arnesi per fabbricare, per riparare, per improvvisare. Poi i cibi di emergenza. Sarei arrivato tardi nel nordovest, avrei trovato la neve. Ero preparato ad almeno una settimana di emergenza. Per l'acqua era facile. Ronzinante portava un serbatoio da trenta galloni.Pensavo di poter scrivere un poco durante il viaggio: forse dei saggi, certamente appunti, di sicuro lettere. Portai carta, bianca e carbone, macchina per scrivere, matite, taccuini e non questo soltanto, ma anche dizionari, una piccola enciclopedia, una decina di altre opere di consultazione, grosse. Immagino che sia sterminata la nostra capacit di illuderci. Sapevo benissimo che di rado io prendo appunti, e se ne prendo poi o li smarrisco o non riesco pi a leggerli. Sapevo, anche, dopo trent'anni di professione, che non so scrivere a caldo, sui fatti. Bisogna che fermenti. Debbo, come dice un amico, rimuginare per qualche tempo, prima che mi venga fatto. Ma a dispetto di questa consapevolezza attrezzai Ronzinante d'una tal mole di materiale scrittorio che sarebbe bastata per dieci volumi. Ci caricai anche settanta chilogrammi di quei libri che non si riusciti sinora a leggere... e naturalmente son quei libri che non si arriva mai a leggere. Roba in scatola, pallottole per il fucile, cartucce per le carabine, scatole di attrezzi, fin troppi panni, coperte e cuscini, e troppe, troppe scarpe e scarponi, biancheria di nailon imbottita per le temperature polari, piatti e tazze di plastica, un vassoio di plastica e un bidone in pi di benzina. Le balestre sovraccariche sospiravano e si abbassavano. Adesso penso di aver portato almeno quattro volte il necessario, di tutto.Bene, Charley un cane che legge nel pensiero. Ci sono stati troppi viaggi nella sua vita, e spesso lo han lasciato a casa. Capisce che andiamo, molto tempo prima che saltino fuori le valige, e allora irrequieto e piange e si cruccia ed entra in uno stato di lieve isteria, vecchio com'. Nelle settimane dei preparativi tenne sempre la coda fra le gambe, ed era maledettamente noioso. Poi cominci a nascondersi sul furgone, a entrarci di soppiatto e a cercar di sembrare piccino.Si avvicinava il Labor Day, il giorno della verit, con milioni di ragazzi di nuovo a scuola, e decine di milioni di genitori via dalle grandi strade. Ero pronto a partire appena possibile. E circa in quell'epoca si seppe che l'uragano Donna avanzava dai Caraibi nella nostra direzione. L, sulla punta di Long Island, roba simile ne abbiamo avuta quanto basta per trattarla con debito rispetto. Con un uragano in arrivo, ci preparavamo a sostenere un assedio. La nostra piccola baia abbastanza bene protetta, ma non poi tanto. Mentre Donna ci veniva incontro, io riempii le lampade a petrolio, attivai la pompa a mano del pozzo, legai tutto quel che c'era di mobile. Ho una barca cabinata di sei metri, che si chiama "Fayre Eleyne". La ingrassai a dovere, la portai nel mezzo della baia, calai una grossa ancora di vecchio modello con catena da mezzo pollice e ormeggiai la barca con una lunga cima. Cos sistemata poteva reggere a un vento di centocinquanta miglia, a meno che non cedesse la prua.Donna continuava ad avanzare. Tirammo fuori, per le notizie, una radio a batteria, perch, se Donna avesse colpito, la corrente sarebbe partita. Ma c'era un altro guaio: Ronzinante, seduto fra gli alberi. In un incubo a occhi aperti io vedevo un albero abbattersi sul furgone e schiacciarlo come uno scarafaggio. Lo spostai distante da un possibile crollo diretto, ma questo non voleva dire che la cima di un albero non potesse fare un volo di venti metri e schiantare Ronzinante.La mattina presto sapemmo dalla radio che stavamo per ricevere Donna, e verso le dieci sentimmo che l'occhio del ciclone sarebbe passato su di noi e che ci avrebbe raggiunti alle 1,07. Un'ora cos, precisa. La nostra baia era tranquilla, senza un'onda, ma l'acqua era ancora scura e la "Fayre Eleyne" se ne stava, elegante e inerte, contro il suo ormeggio.La nostra baia meglio protetta di molte altre, s che molte piccole imbarcazioni erano venute a ormeggiarcisi. E io vidi con paura che molti dei proprietari non sapevano fare l'ormeggio. Finalmente due barche, due belle barche, entrarono, l'una tirando l'altra a rimorchio. Fu calata una leggera ancora e rimasero l, la prua dell'una legata alla poppa dell'altra, tutte e due entro il raggio di "Fayre Eleyne". Portai un megafono in cima al mio molo e cercai di protestare contro questa stoltezza, ma i proprietari o non mi sentirono o non capirono o non se ne diedero per intesi.Il vento irruppe nell'istante che ci avevano detto e squarci l'acqua come una lama nera. Picchi come un maglio. L'intera vetta di una quercia piomb gi radendo la villetta dove eravamo a guardare. La raffica successiva sfond una delle grandi finestre. La rimisi a posto e l'assicurai con due zeppe, in cima e in fondo. Alla prima raffica partirono energia elettrica e telefono. Sapevamo che sarebbe andata cos. Ed era prevista una marea di due metri e mezzo. Guardavamo il vento tormentare terra e mare come un branco di terrier. Gli alberi si piegavano come fili d'erba e l'acqua frustata sorgeva come una panna di spuma. Una barca ruppe gli ormeggi e come un toboga fu spinta a riva, e poi un'altra. Case costruite durante la benigna primavera e la prima estate ricevevano le onde dalle finestre del primo piano. La nostra villetta su una piccola altura, una decina di metri sul livello del mare. Ma l'onda di marea dilav il mio molo. Quando il vento mut direzione io spostai Ronzinante per tenerlo sempre sopravvento, rispetto agli alberi. La "Fayre Eleyne" reggeva bravamente spostandosi come una banderuola secondo il vento.Ormai le barche legate l'una all'altra si erano imbrogliate, il cavo di ormeggio sotto l'elica e il timone, e gli scafi a urtarsi e graffiarsi. Un'altra imbarcazione aveva divelto l'ancora ed era finita a riva su un mucchio di fango.Il cane Charley non ha sistema nervoso. Fucilate o tuoni, esplosioni o venti forti lo lasciano assolutamente imperturbato. Nel pieno della tempesta ululante, trov un posto caldo sotto un tavolo e continu a dormire.Il vento smise all'improvviso, come all'improvviso era incominciato e le onde, pur continuando sul ritmo del temporale passato, non erano squassate dal vento, e la marea continuava a salire. Tutti i moli attorno alla nostra piccola baia erano scomparsi sott'acqua, si vedevano soltanto i corrimano. Il silenzio era come un rumore irrompente. La radio ci disse che eravamo nell'occhio di Donna, la calma immobile e spaventosa nel mezzo della tempesta roteante. Non so quanto dur la calma. Parve una lunga attesa. E poi ci colp l'altro lato, il vento dalla direzione opposta. La "Fayre Eleyne" ruot dolcemente e mise la prua al vento. Ma le due barche legate strapparono l'ancora, piombarono sulla "Fayre Eleyne" e la serrarono. La mia barca fu trascinata, riottosa e protestante, sottovento e forzata contro un molo vicino, e noi sentivamo lo scafo gemere contro le travi di quercia. Ora il vento segnava pi di novantacinque miglia.Mi accorsi che correvo, battendomi contro il vento attorno al capo della baia, verso il molo dove si infrangevano le barche. Mi sembra che mia moglie, dalla quale prende il nome "Fayre Eleyne", corra dietro di me, ordinandomi a voce alta di fermarmi. Il piano del molo era pi d'un metro sott'acqua, ma le travi sporgevano e offrivano un appiglio. Avanzai a poco a poco con l'acqua fino al petto, con il vento che mi sbatteva acqua in bocca. La mia barca piangeva, gemeva contro le travi e abbassava il muso come una vitella impaurita. Poi riuscii a balzare a bordo. Per la prima volta in vita mia avevo un coltello nel momento in cui un coltello mi faceva comodo. Le due barche stringevano "Eleyne" spingendola contro il molo. Tagliai la cima dell'ancora e quella del rimorchio, e con un calcio le distaccai. Precipitarono a riva contro il mucchio di fango. La catena dell'ancora dell'"Eleyne", invece, era intatta, e il grosso, pesante, vecchio gancio era ancora gi, cinquanta chili di ferro, con le due patte a forma di lancia, larghe come una pala.Il motore di "Eleyne" non sempre obbedisce, ma stavolta part al primo tocco. Io ressi, in piedi sul ponte, cercando con la sinistra la ruota del timone, e la manetta. E la barca cerc di venirmi in aiuto... credo proprio che avesse una gran paura. La spinsi in fuori e con la mano destra agivo sulla catena dell'ancora. In condizioni normali a fatica io riesco a tirare quell'ancora con due mani, e col tempo buono. Ma stavolta tutto and bene. Riuscii a liberare le patte, a staccarle dal fondo, a mettere la prua nel vento, a dare gas e a entrare nel pieno delle folate. Era come farsi strada nel semolino denso. Cento metri pi avanti mollai l'ancora, che affond e fece presa sul fondo, e la "Fayre Eleyne" s'addrizz, lev la prua e parve sospirare di sollievo.Bene, eccomi l, a cento metri dalla riva, con Donna che ululava addosso a me peggio d'un branco di segugi. Una scialuppa non avrebbe resistito un minuto. Vidi un pezzo di ramo scivolar via vicino, e semplicemente gli saltai dietro. Non c'era pericolo. Se riuscivo a tenere la testa fuori, dovevo per forza finire a riva, ma debbo ammettere che gli stivali di gomma che indossavo divennero piuttosto pesanti. Non potevano essere passati pi di tre minuti quando atterrai. Fayre Eleyne (l'altra) e un vicino mi tirarono su. Soltanto allora cominciai a tremare tutto, ma guardare e vedere che le nostra barchetta stava su bella e sicura faceva piacere. Mi debbo esser strappato qualcosa tirando quell'ancora con una mano sola, perch ebbi bisogno di aiuto per rientrare in casa. E di aiuto mi fu anche un bel bicchiere di whisky sul tavolo di cucina. Ho poi ancora tentato di sollevare quell'ancora con una mano sola, ma non ce la faccio.Presto cess il vento e ci lasci naufraghi: cadute le linee della corrente, niente telefono per una settimana. Ma Ronzinante non aveva subito alcun danno. PARTE SECONDA 4. Quando si programma, alla lontana, un viaggio, credo che vi sia la convinzione interiore che il viaggio non avverr. Con l'approssimarsi del gran giorno, il mio letto caldo e la mia comoda dimora diventavano sempre pi desiderabili, e la mia cara moglie incalcolabilmente preziosa. Rinunciare a tutto questo, per tre mesi, scegliendo in cambio i terrori dello scomodo e dell'ignoto pareva pazzia. Non volevo pi andare. Doveva succedere qualcosa che m'impedisse di andare. Invece nulla. Potevo ammalarmi, certo, ma questa era una delle ragioni maggiori, seppur segrete, per andare. Durante l'inverno precedente mi ero ammalato piuttosto gravemente, d'uno di quegli acciacchi dal nome ben preciso, che sono i bisbigli della vecchiaia incipiente. Quando ne uscii, mi fecero la solita lezione sulla necessit di rallentare, di dimagrire, di limitare il tasso del colesterolo. Succede a molti uomini, e io credo che i medici ormai sappiano a memoria la litania. Era gi successo a tanti amici miei. La lezione finisce cos: Piano. Lei non pi giovane com'era una volta. E io ne avevo visti tanti, cominciare a riporre la propria vita nella bambagia, a smussare gli impulsi, a rattenere le passioni, e ritirarsi a poco a poco dalla propria umanit in una specie di seminvalidit spirituale e fisica. In questo li incoraggiano mogli e parenti, ed una trappola cos dolce.A chi non piace essere il centro della premura? Una specie di seconda infanzia cala addosso a tanti uomini. Barattano la propria violenza con la promessa di una lieve crescita dell'arco della vita. Di fatto il capo di casa diventa il figlio pi piccolo. Ed io mi sono interrogato su questa possibilit con una specie di orrore. Perch io ho sempre vissuto in maniera violenta, bevuto moltissimo, mangiato troppo oppure nulla, dormito dodici ore filate oppure perse due notti di sonno, lavorato troppo sodo e troppo a lungo per la gloria, oppure oziato per qualche tempo in un'estrema pigrizia. Ho tirato, spaccato, alzato, salito, fatto all'amore con gioia e accettati i doposbornia come una conseguenza e non come un castigo. Non volevo rinunciare alla mia fierezza per un piccolo aumento di misura metrica. Mia moglie aveva sposato un uomo; non vedevo ragione per la quale dovesse ereditare un bambino. Sapevo che dieci o dodici migliaia di miglia alla guida di un furgone, solo e senz'aiuto, su strade di ogni genere, sarebbero state un lavoro duro, ma questo per me rappresentava un antidoto al veleno del malato di professione. E nella mia vita privata io non sono pronto a barattare qualit per quantit. Se questo progettato viaggio dovesse rivelarsi eccessivo... be', segno che tempo di andare, comunque. Vedo fin troppa gente rinviare l'uscita dalla scena con una riluttanza lenta, malata. E' cattivo teatro, oltre che vita cattiva. Io son molto fortunato nell'avere una moglie cui piace essere donna, il che vuol dire che le piacciono gli uomini, non i bambini in fasce. Anche se quest'ultimo motivo per il viaggio non fu mai discusso, io sono certo che lei cap.Venne quel mattino, un mattino chiaro con il sentore bronzeo dell'autunno nella luce del sole. Mia moglie e io ci lasciammo alla svelta, perch a nessuno dei due piacciono gli addii, e nessuno dei due desiderava esser lasciato con la partenza dell'altro. Lei innesc il motore ed esplose verso New York e io, con Charley al fianco, guidai Ronzinante verso il traghetto di Shelter Island, e poi a un secondo traghetto a Greenport e quindi a un terzo verso la costa del Connecticut, da Orient Point, traversando Long Island Sound, perch volevo evitare il traffico di New York e avviarmi bene. Confesso un sentimento di grigia desolazione.Sul traghetto il sole era forte e la costa del continente lontana appena un'ora. Di fronte a noi una bellissima corvetta, il fiocco disposto come una curva cicatrice, e tutta la flottiglia costiera traversava lo stretto con fatica o avanzava pesantemente verso New York. Poi affior in superficie un sottomarino, mezzo miglio distante, e il giorno perse una parte della sua chiarezza. Pi lontano un'altra creatura scura fendette l'acqua, poi un'altra; evidentemente son di base a New London, questa casa loro. E forse stanno mantenendo la pace nel mondo con questo veleno. Vorrei che mi piacessero i sottomarini, perch cos mi parrebbero belli, invece son progettati per distruggere e mentre potrebbero esplorare il fondo del mare e tracciare nuove linee di commercio sotto il ghiaccio artico, lo scopo loro pi grande la minaccia. E io rammento troppo bene di aver traversato l'Atlantico su un trasporto di truppe e di sapere che da qualche parte sul nostro cammino quelle cose scure stavano appostate cercandoci con il loro occhio periscopico. Non so come, ma la luce mi si abbuia quando li vedo e rammento uomini bruciati tirati su da un mare ricoperto di nafta. E ora i sottomarini sono armati di omicidio in massa, il nostro stupido, unico modo per dissuadere l'omicidio di massa.Solo poche persone stavano in piedi, al vento, sul ponte superiore del fragoroso traghetto. Un giovane con l'impermeabile, coi capelli color del grano e gli occhi celesti orlati di rosso per via del vento, si rivolse a me e poi osserv: E' quello nuovo. Pu stare gi tre mesi.Come pu dirlo? Li conosco. Ci sto a bordo. Atomici? Non ancora, ma ho uno zio a bordo di un atomico, e forse presto anch'io. Lei non in uniforme. In licenza. Le piace? Certo. La paga buona e c' tanto... avvenire. Le piacerebbe star gi tre mesi? Mi ci abituerei. Si mangia bene, c' il cinema e... mi piacerebbe andare sotto il polo. E a lei no? Direi di s. E poi c' il cinema e tanto... avvenire. Lei di dov'? Di l, New London. Ci sono nato. Mio zio in marina, e anche due cugini. Diciamo pure che siamo una famiglia sottomarina. A me fanno paura. Ah, ci si abituerebbe, signore. Presto neanche penserebbe d'essere sott'acqua... voglio dire, se non ha qualcosa che non funziona. Mai sofferto di claustrofobia? No. Allora a posto. Ci si abitua presto. Scendiamo a prendere un caff? Abbiamo tanto tempo. Volentieri. E pu darsi che lui abbia ragione, e io torto. E' un mondo suo, non pi mio. Non c' rabbia nei suoi occhi chiari, non paura e neanche odio, quindi pu darsi che vada bene cos. E' soltanto un lavoro con una buona paga e un avvenire. Non debbo passargli i miei ricordi e la mia paura. Forse non sar pi vero, ma cos che lui vede le cose. Il mondo suo, adesso. Forse egli intende cose che io non imparer mai.Bevemmo il nostro caff in due bicchieri di carta, e dai finestrini quadrati del traghetto egli mi indic i bacini di carenaggio e gli scheletri di nuovi sottomarini.A proposito, il bello che se arriva una tempesta ci si pu immergere, e sotto calmo. Da dormire come un bambino, con sopra l'inferno scatenato. Mi diede indicazioni per uscire di citt. Indicazioni che sono fra le poche precise che io ebbi durante l'intero viaggio.Addio dissi. Le auguro un buon... avvenire. Non male, sa. Arrivederla, signore. E percorrendo una strada secondaria del Connecticut, fiancheggiata da alberi e giardini, mi accorsi che quel giovane mi faceva sentire meglio, pi sicuro.Per settimane avevo studiato carte, a scala grande e piccola, ma le carte non sono la realt, affatto. Possono essere tiranniche. Conosco persone cos immerse nelle carte stradali che non vedono mai la campagna che attraversano. Ce ne sono altre che, avendo tracciato un itinerario, ci si attengono come se fossero su ruote di treno sopra le rotaie. Portai Ronzinante su una breve zona di parcheggio mantenuta dallo stato del Connecticut, e tirai fuori il mio libro di carte. E a un tratto gli Stati Uniti diventarono incredibilmente enormi. Impossibile la traversata. Mi chiesi come diavolo mi fossi lasciato immischiare in un progetto che non si poteva realizzare. Era come quando si attacca a scrivere un romanzo. Quando affronto la desolata impossibilit di scrivere cinquecento pagine, mi cade addosso un disgustoso senso di fallimento, e so che non ce la far. Questo succede ogni volta. Poi, gradualmente, scrivo una pagina e poi un'altra. Una giornata di lavoro, questo tutto quel che posso permettermi di prendere in considerazione. Escludo la possibilit di finire mai. E cos ero adesso, mentre guardavo la coloratissima proiezione del mostro America. Le foglie degli alberi sul terreno del parcheggio erano folte e grevi, non pi in crescita ma pendule, flosce, in attesa che il primo gelo le tingesse e il secondo le abbattesse a terra, ponendo fine alla loro annata.Charley un cane alto. Seduto accanto a me, la sua testa era alta quasi quanto la mia. Mise il naso vicino al mio orecchio e disse: Ftt. E' il solo cane, che io sappia, capace di pronunciare la consonante F. Questo perch ha gli incisivi superiori storti; siccome gli incisivi superiori s'urtano leggermente con il labbro inferiore, Charley pu pronunciare F. La parola Ftt di solito significa che gli piacerebbe far visita a un cespuglio, o a un albero. Aprii la porta e lo feci uscire e lui comp la sua cerimonia. Non gli occorre pensarci per farla bene. L'esperienza mi insegna che in certe zone Charley pi intelligente di me, ma in altre la sua ignoranza abissale. Non sa leggere, non sa guidare e non ha disposizione alla matematica. Ma nel suo campo, quello appunto in cui si stava applicando, egli non aveva l'eguale nel lento e solenne annusamento della zona e nell'aspersione. Certo, i suoi orizzonti sono limitati, ma i miei quanto son vasti?Viaggiavamo nel pomeriggio autunnale, diretti a nord. Giacch ero indipendente, pensai che forse sarebbe stato bello poter invitare la gente che incontravo a bere qualcosa in casa mia, ma avevo dimenticato di imbarcare liquori. Ma ci sono tante belle piccole bottiglierie sulle strade secondarie di questo stato. Sapevo che ci sono alcuni stati dove i liquori son proibiti, ma non ricordavo quali fossero. Meglio dunque far provviste. Una botteguccia era ben messa, via dalla strada, in mezzo a un boschetto di aceri. Aveva un giardino ben tenuto e vasi coi fiori. Il padrone era un giovane vecchio con la faccia grigia, astemio, sospetto. Apr il blocchetto delle ordinazioni e ravvers con cura la carta carbone. Non si sa mai quel che vuol bere la gente. Ordinai whisky, scozzese e nostrano, gin, vermut, vodka, una mezza di buon brandy, grappa di mele e una cassetta di birra. Pareva a me che tutto questo potesse risolvere ogni situazione o quasi. Era un'ordinazione grossa per un negozio piccolo. Il proprietario ne fu colpito.Dev'essere una bella festa. No... solo riserve di viaggio. Mi aiut a portar fuori le scatole e apr la porta di Ronzinante.Viaggia cos? Certo. Dove? Dappertutto. E allora io vidi quel che avrei veduto tante volte lungo il viaggio: un'aria di desiderio. Dio! Potessi venire anch'io. Non le piace, qui? Certo. Va benissimo, ma vorrei venire. Non sa neanche dove vado. Non mi importa. Andrei dappertutto. Alla fine dovetti uscire da queste strade nascoste tra gli alberi e far del mio meglio per scavalcare le citt. Hartford e Providence sono grandi citt, fragorose di fabbriche, impestate di traffico. Ci vuole di pi a traversare una citt che a percorrere diverse centinaia di miglia. E nell'intrigo del traffico, quando tu cerchi di trovare il modo di passare, non c' possibilit di vedere niente. E ormai io ho traversato centinaia di citt grandi e piccole, con ogni clima e con ogni tipo di paesaggio, e naturalmente sono tutte diverse, e anche la gente in qualche modo diversa, ma in altro senso sono simili. Le citt americane sono come tane di tasso, orlate di spazzatura - tutte quante - circondate da mucchi di automobili rotte e arrugginite, e quasi soffocate dal sudiciume. Tutto quello che noi usiamo, arriva qui in scatole, cartoni, latte, il cosiddetto imballo che ci piace tanto. La montagna di cose che buttiamo via molto pi grossa delle cose che usiamo. In questo, se non altrove, noi vediamo l'esuberanza ribalda e implacabile della nostra produzione, e lo spreco par esserle l'indice. Passando io pensavo come in Italia e in Francia ogni pezzo di questa roba buttata via sarebbe stata salvata e utilizzata per farne qualcosa.Non dico questo per criticare un sistema o l'altro, ma mi chiedo se verr mai un tempo in cui noi non potremo pi permetterci questa disposizione allo spreco... spreco chimico nei fiumi, spreco metallico dappertutto, spreco atomico sepolto in fondo alla terra o affondato nel mare. Quando un villaggio indiano affondava troppo nel proprio sporco, gli abitanti se ne andavano. E noi non abbiamo posto dove andarcene.Avevo promesso al mio figliolo pi giovane di salutarlo, passando davanti alla sua scuola a Deerfield, Massachusetts, ma ci arrivai troppo tardi per destarlo, cos continuai su per la montagna, trovai una cascina e comprai del latte e chiesi il permesso di accamparmi sotto un melo. Il proprietario aveva una laurea in matematica, e doveva aver avuto anche una qualche infarinatura di filosofia. Gli piaceva quello che faceva e non desiderava essere altrove: una delle pochissime persone soddisfatte che incontrai durante tutto il mio viaggio.Preferisco lasciar calare il sipario sulla mia visita alla scuola di Eaglebrook. Si pu immaginare che effetto fece Ronzinante a duecento minorenni prigionieri dell'istruzione, i quali si disponevano a scontare la loro condanna invernale. Visitarono il mio furgone a branchi, quindici alla volta nel poco spazio. E mi maledivano cordialmente perch io potevo andare e loro no. Mio figlio, poi, non mi perdoner mai. Subito dopo essere ripartito, mi fermai per accertarmi che non ci fosse qualche passeggero clandestino.La mia rotta era a nord, verso il Vermont, e poi a est, verso il New Hampshire, nelle Montagne Bianche. Sul bordo delle strade erano banchetti pieni di zucche dorate e di poponi rossicci e di cesti di mele rosse cos croccanti e dolci che parevano esplodere di succo quando le azzannavo. Comprai mele e una brocca da quattro litri di sidro appena spremuto. Credo che tutti, lungo le strade di grande comunicazione, vendano mocassini e guanti di daino. E quelli che non li vendono, vendono dolciumi al latte. Fino ad allora non avevo visto in aperta campagna negozi che vendessero scarpe e abiti. I villaggi sono fra i pi belli, direi, di tutto quanto il nostro paese, nitidi e imbiancati e - a parte i motel e gli alloggi per i turisti - immutati da cento anni. Se si escludono, naturalmente, il traffico e l'asfalto.Il clima mut rapidamente al freddo e gli alberi presero colore, rossi e gialli da non credere. Non soltanto colore ma un chiarore, quasi che le foglie cogliessero la luce del sole autunnale e la restituissero lentamente. Questi colori han qualcosa del fuoco. Arrivai sulle montagne prima di buio. Un'insegna accanto a un corso d'acqua offriva in vendita uova fresche, e io percorsi una strada di campagna e comprai qualche uovo e chiesi il permesso di accamparmi accanto al corso d'acqua offrendo di pagare.Il contadino era un uomo smilzo, con quella che noi crediamo essere una faccia tipicamente americana, e con le vocali piatte, che non stimiamo essere la pronuncia tipicamente americana.Niente da pagare disse. Non terreno d'affitto. Ma vorrei dare un'occhiata a quel suo arnese. Io dissi: Mi lasci trovare un posto in piano, mi lasci sistemarlo e poi venga a prendere una tazza di caff, o qualcos'altro.Feci marcia indietro fino a trovare un terreno pianeggiante, da dove sentivo il rumore del rapido corso d'acqua; era quasi buio. Charley aveva detto Ftt diverse volte, e adesso intendeva dire che aveva fame. Aprii la porta di Ronzinante, accesi la luce, e dentro trovai un gran caos. Molto spesso ho stivato una barca contro rollio e beccheggio, ma le rapide frenate e le riprese di un'auto sono un azzardo diverso. Il pavimento era cosparso di libri e di carte. La mia macchina da scrivere se ne stava appollaiata scomodamente su una pila di piatti di plastica, una carabina era caduta e stava appoggiata contro la cucina. Un'intera risma di carta, cinquecento fogli, si era distesa come neve a coprire tutto. Accesi la lampada a gas, ficcai i rottami in un armadietto, misi l'acqua per il caff. La mattina dopo avrei riorganizzato il carico. Nessuno sa dire come lo si faccia. La tecnica bisogna impararla come l'imparai io, coi fallimenti. Appena fatto buio fu freddo pungente, ma la lampada e i fornelli a gas riscaldavano piacevolmente la mia casetta. Charley cen; fece il suo giro d'obbligo, e si ritir in un angolo, coperto da un tappeto, sotto il tavolo che per tre mesi doveva essere suo.Ci sono tantissimi ritrovati moderni di vita comoda. Sulla mia barca avevo scoperto l'alluminio, gli utensili per la cucina, le padelle e le scodelle che si usano una volta sola. Friggi un pesce, poi butti a mare la padella. Di queste cose, ero ben fornito. Aprii un barattolo di carne in scatola, la disposi entro uno di questi piatti, che posai su una lastra di amianto sopra la fiamma bassa, a scaldarsi molto lentamente. Il caff era appena pronto quando Charley emise il suo ruggito leonino. Non riesco a dire quanto sia consolante sentirsi avvertiti che qualcuno si avvicina, nel buio. E se la persona ha per caso in mente pensieri cattivi, quella gran voce lo ferma, a meno che essa non conosca la natura sostanzialmente pacifica e diplomatica di Charley.Il proprietario della fattoria buss alla mia porta e io lo invitai a entrare.Sistemato bene, qua dentro disse. Sissignore, sistemato bene. Si infil nella sedia accanto al tavolo. Questo tavolo a notte si pu abbassare, e i cuscini si possono trasformare, per fare un doppio letto. Bello disse.Gli versai una tazza di caff. A me pare che il caff abbia un profumo anche migliore dopo che arrivato il gelo. Vuole accompagnarlo con qualcosa? domandai. Qualcosa che gli dia... autorit? No... Va bene cos. E' bello. Non un po' di grappa di mele? Sono stanco di guidare. A me andrebbe. Mi guardava con rattenuto divertimento, quello che agli americani non tipici pare carattere taciturno. Se io non ne prendessi, lei berrebbe? No, direi di no. Allora non voglio privarla... Solo un sorso. E cos vorsai a tutti e due una buona dose di grappa di mele invecchiata (ventun anni) e mi infilai dalla mia parte del tavolo. Charley si spost per farmi spazio e mi pos il muso sui piedi.La strada ha una sua nobilt. Esclude le domande personali e dirette. Ma questa una norma di buona educazione in qualsiasi parte del mondo. L'uomo non chiese il mio nome, come io non chiesi il suo, ma io avevo visto i suoi occhi posarsi veloci sulle armi da fuoco nelle loro fondine di gomma, e poi sulle canne da pesca fissate alla parete.Krusciov era alle Nazioni Unite, uno dei pochi motivi per cui mi sarebbe piaciuto essere a New York. Chiesi: Ha sentito la radio, oggi?.Il notiziario delle cinque. Cosa successo alle Nazioni Unite? Mi son scordato di accendere. Lei non ci creder disse. Il signor K. si levato una scarpa e la sbatteva sul tavolo. Ma perch? Non gli garbava quello che dicevano. Mi sembra un modo strano di protestare. Be', attira l'attenzione. Il notiziario quasi non ha parlato d'altro. Potrebbero dargli un martelletto. Cos si terrebbe le scarpe ai piedi. Buona idea. Magari un martelletto a forma di scarpa, per non creargli imbarazzi. Sorseggiava la grappa di mele con profondo apprezzamento. E' molto buona. La gente qua in giro che cosa pensa di tutti questi discorsi coi russi? Degli altri non so. Ma io credo che discutere sia una specie di azione di retroguardia. Vorrei che fossimo noi a far qualcosa, e i russi a replicare. C' qualcosa di giusto in quel che lei dice. A me sembra che noi siamo sempre sulla difensiva. Versai altro caff, e anche un altro po' di grappa. Lei pensa che dovremmo attaccare? Penso che almeno qualche volta dovremmo prendere la palla. Non che voglia fare un'inchiesta, ma come par che vadano le elezioni, da queste parti? Lo vorrei sapere anch'io disse. La gente non parla.Credo che siano le elezioni pi segrete che abbiamo mai avute. La gente non vuol dire la sua opinione. Non pu darsi che non ne abbiano? Forse, o forse non vogliono semplicemente dirla. Rammento le altre elezioni. Si sentivano parecchie discussioni, e anche pepate. Stavolta non ne ho sentita neanche una. E proprio questo scoprii in tutto quanto il paese: nessuna discussione, nessun dibattito.E' lo stesso anche... da altre parti? Di certo aveva visto la mia targa, ma questo non voleva dirlo.Mi sembra di s. Lei crede che la gente abbia paura di avere un'opinione? Alcuni forse s. Ma ne conosco certi che non hanno paura, e neanche loro parlano. E' capitato anche a me dissi. Ma veramente non so. Neanch'io. Forse fa tutto parte della stessa cosa. No grazie, basta. Dall'odore capisco che la sua cena pronta. Me ne vado a far due passi. Parte di quale stessa cosa? Ecco, prenda mio nonno, e il padre di mio nonno... era ancora vivo quando io avevo dodici anni. Loro sapevano certe cose di cui erano sicuri. Su certi punti erano abbastanza sicuri. E anche di quel che poteva succedere. Ma ora... cosa potrebbe succedere, ora? Non lo so. Nessuno lo sa. E a che serve un'opinione quando non si sa? Mio nonno sapeva il numero dei peli della barba dell'Onnipotente. Io non so neanche quel che successo ieri, figuriamoci poi domani. Sapeva che cos' che fa un sasso, o un tavolo. Io non capisco neanche la formula che dice nessuno lo sa. Non abbiamo pi nulla su cui muoverci... non abbiamo maniera di pensare alle cose. Vado a fare due passi. Ci vediamo domattina? Non lo so. Voglio partire presto. Voglio traversare il Maine, fino a Deer Isle. Senti! E' un bel posto, vero? Ancora non so. Non ci sono mai stato. Be', bello. Le piacer. Grazie per... il caff. Buona notte. Charley stette a guardarlo andar via e sospir e riprese sonno, lo mangiai la mia carne, poi rifeci il letto, e pescai "Il terzo Reich" dello Shirer. Ma mi accorsi che non potevo leggere e quando ebbi spento la luce che non potevo dormire. Il fragore dell'acqua sui sassi era un suono buono, conciliante col riposo, ma la conversazione con il fattore non mi abbandonava pi: quest'uomo capace di pensare e di esprimersi. Non potevo sperare di trovarne molti eguali a lui. E forse aveva messo il dito sulla piaga. Forse da un milione di anni gli uomini si erano avvezzi al fuoco, come cosa e come idea. Frattanto un uomo ebbe le dita scottate da un albero colpito dal fulmine, e poi un altro uomo port quel fuoco dentro una grotta e scopr che faceva caldo. Saran passati centomila anni, e da allora alle fornaci roventi di Detroit, quanto tempo?E ora disponibile una forza quanto pi forte? Noi non abbiamo ancora elaborato i mezzi per pensarlo, giacch l'uomo deve avere i sentimenti e poi le parole prima di accostarsi al pensiero e tutto ci, almeno nel passato, ha richiesto molto tempo.Gi cantavano i galli prima che mi addormentassi. E io sentivo finalmente che il mio viaggio era incominciato. Prima, io penso di non averci creduto davvero.A Charley piace levarsi presto, e gli piace che mi levi presto anch'io. Ha ragione lui, perch subito dopo la colazione si rimette a dormire. Con gli anni ha inventato diversi modi, innocenti all'apparenza, per farmi alzare. Riesce a scuotere il collare e se stesso con tanto chiasso da destare un morto. Se non funziona, comincia a starnutire. Ma forse la maniera pi irritante consiste nello starsene seduto in silenzio accanto al letto, guardandomi in faccia con un'aria dolce e assolutoria. Io emergo dal sonno profondo con la sensazione di essere osservato. Per ho imparato a tenere gli occhi ben chiusi. Se appena batto ciglio, lui starnutisce e si stira e per quella volta il sonno finito. Spesso questa guerra delle volont dura un bel pezzo, io che tengo gli occhi serrati e lui che mi perdona, ma quasi sempre vince lui. Gli piaceva tanto viaggiare che voleva destarsi presto, e presto, per Charley, significa il primo stemperarsi del buio nell'alba.Scoprii quasi subito che se un forestiero belligerante desidera spiare la popolazione locale, i posti migliori per nascondersi e starsene tranquillo sono i bar e le chiese. Ma certe citt del New England non hanno bar e le chiese funzionano soltanto di domenica. Buona alternativa la trattoria sul ciglio della strada dove gli uomini vanno a fare colazione prima di recarsi al lavoro o a caccia. Per trovare luoghi simili disabitati bisogna alzarsi molto presto. E anche in questo c' un aspetto negativo. Chi si alza molto presto non solo non parla molto con gli estranei, ma di rado parla persino coi conoscenti. La conversazione durante il primo pasto si limita a una serie di laconici grugniti. La naturale laconicit del New England, a colazione diventa assolutamente perfetta.Feci mangiare Charley, gli concessi una breve passeggiata, mi misi per strada. Una gelida caligine copriva le colline e mi ghiacciava il parabrezza. Di norma io non mangio a colazione, ma qui dovevo, altrimenti non avrei visto un'anima prima di fermarmi a fare benzina. Alla prima trattoria illuminata entrai e mi misi seduto al banco. I clienti erano ripiegati sulle loro tazze di caff. Una normale conversazione come segue: CAMERIERA: Solito?.CLIENTE: S.CAMERIERA: Abbastanza freddo?.CLIENTE: S.(Dieci minuti)CAMERIERA: Ancora?.CLIENTE: S.Ma questo il cliente ciarliero. Certi si limitano a un rumore vago, altri nemmeno rispondono. Una cameriera che faccia il turno mattutino, nel New England, conduce vita solitaria, ma io mi accorsi presto che se io tentavo di iniettare vita e gaiezza in quel mestiere con una battuta allegra, la ragazza chinava gli occhi e rispondeva s oppure ah. Eppure io sentivo che c'era una qualche sorta di comunicazione, ma non so dire quale fosse.Il miglior apprendimento mi veniva dalla radio del mattino, che imparai ad amare. Ogni citt di qualche migliaio d'anime ha la sua stazione, che prende il posto del vecchio quotidiano locale. Con la radio si annunciano gli affari, gli avvenimenti mondani, i prezzi delle merci, comunicati eccetera. I dischi suonati son gli stessi in tutto il paese. Se va di moda, nel Maine, "TeenAge Angel" anche nel Montana va di moda "TeenAge Angel". Nel corso della giornata pu capitarti di sentire "TeenAge Angel" trenta, quaranta volte. Ma oltre alle notizie di cronaca locale, si insinua nei programmi un po' di pubblicit forestiera. Col mio progredire verso il nord e col crescere del freddo, m'accorgevo di come crescesse la pubblicit delle case in vendita in Florida, e man mano che s'avvicinava l'inverno freddo e agro, capivo perch la Florida il paese dell'oro. E pi andavo avanti, mi accorgevo che sempre pi gente bramava la Florida, che migliaia di persone si erano trasferite laggi e altre migliaia volevano farlo e lo avrebbero fatto. La pubblicit, senza perdere d'occhio le comunicazioni fra stato e stato, diceva poche cose: quasi soltanto che terra e case in vendita erano in Florida. Qualche volta prometteva che quella terra era al disopra del livello della marea. Ma questo non contava: il nome stesso, Florida, recava il messaggio del caldo, e dell'agio, e del riposo. Era irresistibile.Io son vissuto quasi sempre in un clima buono, e mi annoia da morire. Mi piace il tempo, non il clima. A Cuernavaca, Messico, dove un tempo ho vissuto, e dove il clima quanto si riesca a pensare di pi vicino alla perfezione, ho scoperto che quando uno se ne va, di solito si trasferisce in Alaska. Vorrei sapere quanto riesce a sopportare la Florida un uomo della contea di Aroostook. Il guaio che quando uno ha preso e investito laggi tutti i suoi risparmi, difficile tornare indietro. Ha tirato i dadi, e non pu riprenderli. Ma io mi chiedo se un uomo nato e cresciuto nel Maine, che se ne stia su una poltrona di alluminio e nailon, sopra un prato immutabilmente verde, in una sera d'ottobre floridiano; mi chiedo se il pugno della memoria non lo colpisca alla bocca dello stomaco, subito sotto le costole, dove fa pi male. E nell'umida, sempiterna estate, sfido la sua immaginazione a non riandare ai colori urlanti, al netto raspio dell'aria gelida, all'odor del legno di pino che brucia, al carezzante calore della cucina. Perch come pu un uomo riconoscere il colore nel verde perpetuo? Che bene il caldo, senza un freddo che gli dia dolcezza?Guidavo con tutta la lentezza concessami dall'uso e dalla legge impaziente. E' il solo modo per vedere qualcosa. Ogni qualche miglio gli stati forniscono posti di riposo via dalla strada, posti riparati a volte lungo un oscuro corso d'acqua. C'erano bidoni verniciati per la spazzatura, tavoli per far merenda, a volte focolari e buche per l'arrosto. A intervalli portavo Ronzinante fuor di strada e mandavo Charley ad annusare i resti degli ospiti che ci avevano preceduto. Poi mi scaldavo il caff e me ne stavo bello comodo a contemplare bosco e acqua e le montagne erte con la loro corona di conifere e gli abeti, su in cima, spolverati di neve. Molto tempo fa, a Pasqua ebbi in dono una specie di caleidoscopio. Guardando da un pertugio si vedeva una bella fattoria, una fattoria di sogno, e sul camino c'era una cicogna nel suo nido. A me pareva una fattoria di fiaba, immaginaria, come uno gnomo sotto un fungo. Invece in Danimarca io vidi quella fattoria, o forse sua sorella, ed era vera, identica a quella del mio caleidoscopio. A Salinas, California, dove diventai adulto, anche se veniva qualche gelata, il clima era fresco e nebbioso. Quando vedevamo immagini a colori di una foresta autunnale nel Vermont, anche quella pareva una fiaba e noi non ci credevamo. A scuola mandammo a memoria una poesia sulla nevicata e certe filastrocche su Nonno Gelo e la sua vernice, ma la sola cosa che Nonno Gelo faceva a noi consisteva nel mettere una pellicola di ghiaccio sul trogolo dell'acqua, e questo di rado. Scoprire che questo caos di colore era vero, non solo, ma che le immagini erano traduzioni scialbe e imprecise, fu per me una grossa sorpresa. Non riesco neanche a immaginare i colori della foresta quando non li vedo. Mi chiedevo se un'abitudine costante non causasse disattenzione, e ne chiesi a una donna nativa del New Hampshire. Disse che l'autunno non mancava mai di sbalordirla, di inebriarla. E' uno splendore disse e non si pu rammentarlo, s che arriva sempre come una sorpresa. Nel corso d'acqua accanto al posto di riposo vidi una trota sorgere dall'acqua scura e disegnare argentei cerchi, e la vide anche Charley ed entr nell'acqua e si bagn, lo sciocco. Non pensa mai all'avvenire. Entrai su Ronzinante per estrarne il mio povero contributo di spazzatura al bidone, due lattine vuote; una l'avevo mangiata io, l'altra Charley. E fra i libri che m'ero portato dietro, vidi una copertina che rammentavo benissimo, e lo portai alla luce del sole: una mano d'oro che tiene insieme un serpente e uno specchio con le ali, e sotto in corsivo: "The Spectator", a cura di Henry Morley.Come scrittore, par che io abbia avuto un'infanzia fortunata. Mio nonno, Sam'l Hamilton, amava scrivere bene, e sapeva farlo, ed ebbe anche diverse figlie col pallino delle lettere, fra le quali mia madre. Fu cos che a Salinas, nella grande libreria di noce scuro con gli sportelli di vetro, c'era da trovare cose strane e meravigliose. I miei genitori mai me le offrivano, e gli sportelli di vetro stavano l a guardia, s che io dovevo saccheggiarla. Questo atto non era proibito, e nemmeno scoraggiato. Io credo che se oggi noi proibissimo ai nostri figli analfabeti di toccare le cose meravigliose della nostra letteratura, forse potrebbe accadere che le rubassero, scoprendo una gioia segreta. Molto presto m'invaghii di Joseph Addison, un amore che non ho mai perduto. Usa lo strumento del linguaggio come Casals suona il violoncello. Non so se abbia influenzato il mio stile di prosatore, ma potrei sperare di s. Sulle Montagne Bianche nel 1960, seduto al sole, aprii il mai scordato primo volume, stampato nel 1883. Affrontai il numero 1 di "The Spectator", gioved, 1 marzo 1711. Cominciava con questa citazione:"Non fumum ex fulgore, sed ex fumo dare lucem Cogitai, et speciosa dehinc miracula promat." ORAZIO. Ricordo quanto io amavo l'uso che fa Addison delle maiuscole per i nomi. In quella data egli scrive: Ho osservato che un Lettore di rado scorre il Libro con Piacere fino a che non sappia se lo Scrittore di esso sia Uomo bruno o biondo, di Carattere mite o collerico, Sposato o Scapolo, con altri particolari di simile Natura, i quali portino alla giusta Comprensione di un Autore. Per soddisfare questa Curiosit, che cos naturale in un Lettore, io destino questa Carta e la Successiva ai Discorsi Prefatori dei miei Scritti seguenti e in essi dar qualche Notizia sulle diverse persone che sono impegnate in quest'Opera. Poich il fastidio maggiore di Compilare, Redigere e Correggere ricadr sulla mia Parte, debbo rendere a me stesso la Giustizia di aprire l'Opera con la mia personale Istoria.Domenica, 29 gennaio 1961. S, Joseph Addison, io ascolto e obbedir entro i limiti della Ragione, perch pare che la Curiosit di cui tu parli non in alcun Modo distrutta. Ho trovato molti Lettori pi interessati da ci che indosso che da ci che penso, pi avidi di sapere come lo faccio, anzich che cosa faccio. Considerando la mia Opera, certi Lettori professano maggior Sensibilit per ci che essa fa, piuttosto che per ci che essa dice. Poich un Consiglio del Maestro un Comando non dissimile dalla Sacra Scrittura, io far al Tempo stesso una digressione e un atto di obbedienza.Fra gli uomini in generale, io sono alto - un metro e ottanta - anche se fra i maschi della mia famiglia sono considerato un nano. Essi variano dal metro e ottantacinque al metro e novantacinque, e io so che ambedue i miei figli, quando saranno cresciuti appieno, mi supereranno. Sono molto largo di spalle e, nelle condizioni in cui mi trovo adesso, stretto di anche. Ho le gambe lunghe in proporzione al tronco, e mi si dice che sono ben fatte. Ho i capelli grigi brizzolati, gli occhi azzurri e le guance rossastre, un incarnato preso in eredit da mia madre irlandese. Il mio volto non ha ignorato il passare del tempo, anzi lo ha registrato, con cicatrici, rughe, erosioni. Porto barba e baffi, ma mi rado le guance; detta barba, avendo una frezza nera nel mezzo, e i bordi bianchi, rammenta certi miei parenti. Mi son fatto crescere la barba non per i consueti motivi, come fastidi della pelle, rasatura dolorosa, e neanche segreto proposito di nascondere un mento scarso, ma come pura, sfrontata decorazione, allo stesso modo in cui un pavone si compiace della sua coda. E finalmente, nei nostri tempi, una barba la sola cosa che una donna non sa fare meglio di un uomo. O se le riuscisse, di sicuro il successo le tocca solo dentro un circo.Il mio costume da viaggio era pratico, anche se un poco bizzarro. Gli stivali di gomma con le solette di sughero mi tenevano i piedi caldi e asciutti. I pantaloni di cotone color kaki, comprati da un venditore di residuati militari, mi coprivano le zampe, mentre le zone superiori si godevano una giacca alla cacciatora, coi polsini e il colletto di velluto a coste, e dietro una tasca cos grande da poterci nascondere una principessa indiana e farla entrare in un campeggio dell'azione cattolica. Il berretto era quello che porto da ormai molti anni, simile a quelli della marina inglese, blu, con una corta visiera e come distintivo il regio leone e l'unicorno, quasi che continuasse a combattere per la corona d'Inghilterra. Questo berretto piuttosto liso e incrostato di sale, me lo diede il comandante d'un mezzo di assalto, con cui uscii in mare da Dover durante la guerra... un vero signore e un vero assassino. Dopo che io ebbi lasciato il comando, aggred una nave tedesca, senza far fuoco per prenderla intatta, perch prima non ne era mai stata presa una. Nel far questo fu affondato. In suo onore ho sempre tenuto quel berretto. E in suo ricordo. E poi, mi piace. Va d'accordo con me. Nel Maine a questo berretto non toccava pi d'uno sguardo, ma quando pi avanti, nel Wisconsin, nel Nord Dakota, nel Montana, mi fui lasciato il mare ben alle spalle, mi parve che destasse attenzione, e io mi comprai quel che soleva chiamarsi un cappello da mandriano, uno Stetson, con la tesa non troppo ampia, un cappello western fastoso ma tradizionale, del tipo che solevano portare i miei zii vessatori di vacche. Solo a Seattle, incontrando un altro mare, ripresi il mio berretto marinaresco.Fin qui l'ordine di Addison, e il Lettore mi ritrova in quel tal posto del New Hampshire, dove si fa merenda. Mentre me ne stavo l a sfogliare il primo volume di "The Spectator", pensando come la mente riesca a far due cose alla volta, due cose, voglio dire, che sa, e diverse altre che non sa, arriv una macchina di lusso e una donna piuttosto robusta e agghindata sciolse un pomerano piuttosto robusto e agghindato, ma di sesso femminile. Quest'ultimo fatto io non l'avrei mai scoperto, ma lo scoperse Charley. Sbucando da dietro il bidone della spazzatura, la cagna gli parve bella, il suo sangue francese s'infiamm ed egli si diede a galanterie inequivocabili anche ai timidi occhi della padrona di mademoiselle. Quest'ultima creatura lanci uno strillo da coniglio ferito, emerse dall'auto con una lentezza viscosa ed esplosiva, e si sarebbe stretta al cuore l'adorata bestiola se fosse riuscita a chinarsi fin l. Il meglio che le riusc fu uno scapaccione sulla testa di Charley, che alto. Lui, del tutto naturalmente, casualmente, le diede un morso sulla mano, prima di ricominciare la sua storia d'amore. Fino a quel momento non avevo mai saputo il significato vero dell'espressione far risuonare la volta celeste. Anzitutto mi sfuggiva il senso esatto della parola volta. Pi tardi la guardai. E quella cicciona di una donna la fece risuonare, accidenti. Le afferrai la mano e vidi che la pelle non era neanche scalfita, cos acciuffai la sua cagna, che subito mi morse a dovere e mi fece uscire il sangue prima che potessi prendere la mostriciattola per la gola e gentilmente stringergliela.A Charley la scena pareva tutto un assurdo. And a bagnare il bidone della spazzatura per la ventesima volta e buona notte.Ci volle tempo per calmare la signora. Andai a prendere la bottiglia del brandy, che poteva anche ucciderla, ed ella ne prese una tal sorsata che avrebbe dovuto ucciderla.Dopo tutto quel che ho fatto per lui, voi pensereste che Charley venisse in mio aiuto. Invece Charley non ama i nevrotici e detesta gli ubriachi. Sal su Ronzinante, si ficc sotto il tavolo e si mise a dormire.Alla fine milady prese via con il freno a mano alzato, e la giornata che m'ero costruita giaceva in rovina. Addison aveva preso fuoco, la trota non ornava pi l'acqua, e una nube copriva il sole raffreddando l'aria. Mi accorsi di star guidando pi forte di quanto volessi, e poi cominci a piovere, una fredda pioggia di acciaio. Non dedicai attenzione alcuna ai solitari villaggi - che attenzione ben meritavano - e in breve tempo fui nel Maine e continuavo verso oriente.Vorrei proprio che due qualsiasi stati contigui si mettessero d'accordo sul limite di velocit. Non appena ti sei abituato alle cinquanta miglia orarie, traversi il confine e sono sessantacinque. Non riesco a capire perch non si mettono d'accordo. In ogni modo, su una faccenda tutti gli stati convengono: ciascuno ammette di essere il pi bello di tutti e annuncia il fatto a grandi lettere, non appena tu passi il confine. Su una quarantina di stati non ne ho trovato uno che non avesse una buona parola da dire, su di s. Mi pareva un po' indelicato. Forse sarebbe meglio lasciare che gli ospiti se ne accorgano da s. Ma forse noi non ce ne accorgeremmo, se non richiamassero la nostra attenzione. 5. I preparativi per l'inverno sono drastici nel New England. La popolazione estiva dev'essere grande e strade e stradette ingorgate di profughi dal caldo appiccicoso di Boston e di New York. Ora i panchetti delle salsicce calde, le gelaterie, le bottegucce, le rivendite di mocassini e guanti di daino, eran tutte serrate e chiuse; molte con scritte che dicevano Apertura Prossima Estate. Io non riesco ad abituarmi alle migliaia di bottegucce antiche lungo le strade, tutte ingombre di residui autentici e attestati di un'epoca anteriore. Io credo che la popolazione delle tredici colonie fosse meno di quattro milioni di anime, e ciascuna di esse deve aver prodotto, freneticamente, tavoli, sedie, porcellane, vetri, candele, pezzi di ferro dalla foggia strana, di rame, di bronzo, per poi venderli al turista del ventesimo secolo. Sulle strade del New England soltanto ci sono oggetti di antichit sufficienti ad arredare le case di una popolazione di cinquanta milioni. Se fossi un buon uomo di affari, e m'importasse qualcosa dei miei - non nati - pronipoti, io farei raccolta di rottami d'automobili, setaccerei gli scarichi della citt e ammucchierei la mia spigolatura, a montagna, e cospargerei il tutto di quella roba che usa la marina per mettere le navi sotto naftalina. Passati cent'anni i miei discendenti potrebbero aprire questo tesoro ritrovato e sarebbero i re del mondo dell'antiquariato. Se la roba acciaccata, crepata e rotta che i nostri antenati cercavano di buttare via, oggi frutta tanti quattrini, pensate quanti ne frutter una Oldsmobile del 1954, oppure un tostapane del 1960, o un frullino di buon'annata. Signori, le possibilit sono sterminate! Cose che noi paghiamo perch qualcuno se le porti via, arrecherebbero vere e proprie fortune.Se pare che m'interessi fin troppo la spazzatura, questo accade perch cos io sono, e ne possiedo parecchia... mezza rimessa piena di pezzi e frammenti rotti. Uso queste cose per riparare altre cose. Poco fa fermai la macchina davanti al terreno di un venditore di roba vecchia presso Sag Harbor. Mentre io stavo guardando urbanamente il materiale, a un tratto mi venne in mente che io avevo pi roba di lui. E' dunque chiaro che io ho un interesse autentico e quasi taccagno per gli oggetti inutili. Ho una scusa: in quest'epoca di obsolescenza pianificata, quando un oggetto si guasta di solito io riesco a trovare qualcosa, nella mia raccolta, per ripararlo: un gabinetto, un motore, una falciatrice. Ma credo che la verit sia un'altra: mi piace la spazzatura.Prima di cominciare il mio giro, sapevo che di tanto in tanto, ogni qualche giorno, avrei dovuto fermarmi a un qualche motel non tanto per dormire, quanto semmai per il piacere di un bagno ricco e caldo. Su Ronzinante scaldavo l'acqua in un bricco e facevo bagni alla spugna, ma lavarsi in un secchio d poca pulizia e nessun piacere. Una seduta profonda in una vasca con acqua ben calda gioia pura. Eppure quasi subito, principiando il mio viaggio, io inventai un metodo per lavare i panni che mi sembra difficile migliorare. Successe cos. Avevo una grande pattumiera di plastica, con coperchio e manico. Siccome il normale moto del furgone la faceva traboccare, io l'assicurai con un pezzo di fune elastica - gomma ricoperta di cotone - all'asta dei vestiti nel mio armadietto, dove la sentivo sciaguattare a piacimento senza versare. Dopo una giornata cos, l'aprii per sbarazzarmi della roba a un bidone della spazzatura lungo la strada, e trovai la spazzatura meglio mischiata e impastata del mondo. La mattina dopo lavai il secchio di plastica, ci misi dentro due camicie, biancheria intima e calze, aggiunsi acqua calda e detersivo, e l'appesi con la fune elastica all'asta dei panni, dove per tutto il giorno ball e sciaguatt. Quella sera io risciacquai i miei panni in un corso d'acqua, e voi non avete mai visto un bucato pi pulito. Dentro Ronzinante tesi un filo di nailon, vicino al finestrino, e ci appesi i panni ad asciugare. Da quella volta i miei panni si lavavano con una giornata di guida, e si asciugavano il giorno successivo. Arrivai a lavare finanche lenzuola e federe in quel modo. In quanto a nettezza ero a posto, ma tutto ci non serviva a fare un bagno caldo.Poco oltre Bangor mi fermai a un motel e presi una stanza. Non era costosa. L'insegna diceva: Prezzi invernali ridottissimi. Era una stanza immacolata. Tutto di plastica: pavimenti, tendine, tovaglie di plastica antimacchie e antincendio, paralume di plastica. Solo lenzuola, federe e asciugamani erano di materiale naturale. Andai a un piccolo ristorante annesso al motel. Anche l tutto di plastica: le tovaglie, il piattino per il burro. Lo zucchero e i salatini erano avvolti nel cellofan. Era il tardo pomeriggio e io ero il solo cliente. Anche la cameriera portava un grembiule di roba sintetica. Non era felice, ma neanche infelice. Non era niente. Ma io non credo che davvero qualcuno sia niente. Ci deve pur essere qualcosa, dentro, se non altro per impedire che la pelle si disfaccia. Quest'occhio vuoto, questa mano distratta, questa guancia di damasco spolverata come un bombolone di polvere plastica, dovevano pur avere una memoria, un sogno.A un certo punto chiesi: Quando andr in Florida?.La settimana prossima disse, distrattamente. Poi qualcosa si mosse in quel vuoto dolente. Dica, ma come sa, lei, che io ci vado? Le ho letto nel pensiero, diciamo. Mi guard la barba. Lei in teatro? No. Allora che vuol dire leggermi il pensiero? Forse ho indovinato. Le piace, laggi? Ah, certo. Ci vado ogni anno. C' parecchio lavoro, d'inverno, per una cameriera. Cosa fa, laggi? Voglio dire, per divertirsi? Ah, niente. Vado in giro. Non pesca, non nuota? Non molto. Vado un po' in giro. Non mi piace quella sabbia. Mi d il prurito. Si guadagna bene? E' gentuccia. Gentuccia? Preferiscono spendere nel bere, piuttosto che... Piuttosto che? In mance. Succede lo stesso, qui, con la gente dell'estate. Gentuccia. Strano come una persona riesca a saturare una stanza di vitalit, di eccitazione. Poi ce ne sono altre, come questa donna, che riescono a prosciugare energia e gioia, a seccare il piacere, senza trarne sostentamento. Gente simile sparge grigiore nell'aria attorno a s. Guidavo da parecchio e forse la mia energia era scarsa, la mia resistenza bassa. Quella mi vinse. Mi sentivo cos triste e misero che desideravo strisciare dentro una fodera di plastica e morirci. Che compagna dev'essere stata, quella l, che amante! Cercavo di immaginare quest'ultima e non ci riuscivo. Per un momento pensai di darle cinque dollari di mancia, ma sapevo cosa sarebbe successo. Non sarebbe stata contenta. Avrebbe solo pensato che io ero matto.Tornai nella mia stanzetta pulita. Non bevo mai da solo. Non molto divertente. E non credo che lo far mai, se non quando sar un alcolizzato. Ma quella notte tirai fuori dalla mia riserva una bottiglia di vodka e la portai nella mia cella. Nel bagno due bicchieri da acqua stavano sigillati in un sacchetto di cellofan con le parole: Questi bicchieri sono sigillati per vostra sicurezza. Sulla ciambella del cesso una striscia di carta recava il messaggio: Questa seggetta stata sterilizzata ai raggi ultravioletti per vostra sicurezza. Tutto mi dava sicurezza e questo era orrendo. Violai con il piede la ciambella del cesso. Mi versai mezzo bicchiere di vodka e lo bevvi. E poi giacqui nell'acqua calda della vasca ed ero estremamente miserabile, e non c'era pi niente di buono al mondo.Charley se ne accorse, e Charley un bravo cane. Entr nel bagno e quel vecchio scemo si mise a giocare con il tappetino di plastica come un cucciolo. Che forza di carattere, che amico! Poi corse alla porta e si mise ad abbaiare come se io fossi aggredito. E se non fosse stato per tutta quella plastica, forse ci sarebbe riuscito.Mi rammento un vecchio arabo, nell'Africa settentrionale, un uomo le cui mani non avevano mai toccato l'acqua. Mi offr t alla menta in un bicchiere cos incrostato dall'uso che era opaco, ma mi offriva anche compagnia e proprio per questo il t era meraviglioso. E senza alcuna sicurezza i denti non mi caddero, n mi vennero piaghe sulla bocca. Stavo ormai formulando una legge sui rapporti fra sicurezza e avvilimento. Un'anima triste pu ucciderti pi in fretta, molto pi in fretta che un germe.Se Charley non si fosse agitato e mosso e detto Ftt forse io mi sarei scordato che ogni sera prende due biscotti (da cani) e fa una passeggiata per schiarirsi le idee. Mi misi panni puliti e uscii con lui nella notte stellata. E c'era l'aurora boreale. L'ho vista poche volte in vita mia. Incombeva e si muoveva maestosa, svolgendosi come un gigantesco fondale di teatro. Color di rosa e di lavanda e di porpora pulsava contro la notte, e attraverso lei rilucevano le stelle acuite dal gelo. Che bella cosa da vedere, e in un momento in cui ne avevo tanto bisogno! Mi chiesi per un momento se non dovessi agguantare quella cameriera e buttarla fuori a calci nel sedere perch guardasse, ma non osai. Era capace, quella, di liquefare l'eternit e l'infinito, fartela scappare di fra le dita. L'aria aveva un odore dolce di gelo, e Charley, dinanzi a me, salut personalmente tutta una fila di ligustri potati, e in cos fare fumava. Quando torn, era soddisfatto e contento, per me. Gli diedi altri tre biscotti, disfeci il mio letto sterilizzato, e mi addormentai sopra Ronzinante.Non era inverosimile che, puntando all'ovest, io mi dirigessi verso est. E' sempre stata questa la mia tendenza. Andavo alla Deer Isle per un'ottima ragione. La mia vecchia amica e socia Elizabeth Otis, ogni anno va alla Deer Isle. Quando ne parla, nei suoi occhi c' un altro mondo, non riesce a esprimersi a parole. E quando programmai il mio viaggio disse: Naturalmente ti fermerai alla Deer Isle.E' fuori strada. Ma via disse con un tono che c