IRRIMBORSA BILITÁ DELLE SPESE GIUDIZIALI EX ART. 68 D.P.R. 268/1987
A FAVORE DEI MEMBRI LAICI DI UNA COMMISSIONE EDILIZIA COMUNALE
Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale Calabria
Sentenza n. 102/2009
Presidente Arganelli, Relatore Contino
Sentenza reperita e brevemente annotata dall’avvocato Mario Tocci, iscritto del Foro di Cosenza nonché specialista forense SSPL e dottorando di ricerca in “Impresa, Stato e Mercato” nell’Università Statale degli Studi della Calabria
Non sono rimborsabili, mercè applicazione analogica del disposto dell’art. 68
del D.P.R. 268/1987, le spese giudiziali sostenute dai membri laici di una
commissione edilizia comunale per l’esercizio della difesa in un processo penale
instaurato a cagione della persecuzione di presunti reati commessi nello
svolgimento della funzione pubblica rivestita.
Tale principio è stato affermato dalla sezione giurisdizionale calabrese della
Corte dei Conti con la sentenza 102/2009 ora in commento.
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Sentenza n. 102/2009
Presidente Arganelli, Relatore Contino
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Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale Calabria
Sentenza 03 marzo 2009, n. 102 Presidente Arganelli, Relatore Contino
FATTO Con atto di citazione depositato l’8 agosto 2007 la Procura regionale presso questa
Sezione ha citato in giudizio gli odierni convenuti al fine di sentirli condannare al
pagamento di € 76.754,63 a titolo di risarcimento del danno nei confronti del comune di B..
L’assunto danno erariale scaturirebbe dal rimborso delle spese legali effettuato ad ex
componenti della commissione edilizia a seguito di sentenza penale di assoluzione per
reati commessi nell’esercizio delle funzioni istituzionali.
1) I fatti contestati in citazione sono i seguenti:
Tutti i componenti della Commissione edilizia del comune di B., il Sindaco, il vice sindaco,
il responsabile dell’Ufficio tecnico, nonché tre componenti esterni all’ente, tratti a giudizio
innanzi al Tribunale di Paola per rispondere dei reati di cui agli art. 81,110 e 323 c.p.,
venivano assolti con sentenza del 6.3.2002, con la formula assolutoria “perché il fatto non
sussiste”.
I predetti chiedevano ed ottenevano il rimborso delle spese legali sostenute nel
procedimento penale.
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La Giunta Comunale, infatti, con le delibere n. 148,149,150 e 151 del 2002 provvedeva a
liquidare quanto richiesto.
Parte attrice ritiene che i rimborsi effettuati ai componenti laici della commissione edilizia,
al responsabile dell’Ufficio tecnico nonché al vice sindaco Guido R. siano illeciti e pertanto
da imputare a titolo di risarcimento del danno a tutti i componenti della Giunta Municipale.
Nello specifico afferma che i membri esterni della commissione edilizia non sono
equiparabili agli amministratori o ai dipendenti degli enti locali, sicché non spetta loro
alcun rimborso per le eventuali spese processuali in relazione ad un giudizio instaurato a
causa della funzione svolta; in proposito richiama la giurisprudenza della Cassazione
Civile, ed evidenzia la negligenza degli odierni convenuti i quali, nonostante le univoche
pronunce della Suprema Corte, della Consulta e del Consiglio di Stato, non si sarebbero
minimamente preoccupati di affrontare in maniera doverosamente approfondita la
problematica in questione.
Parte attrice rileva altresì l’irrilevanza del richiamo all’art. 67 del d.p.r. 268/87 atteso che la
disposizione medesima non è stata neanche applicata.
Con riferimento al tecnico comunale ed al vice sindaco contesta ai convenuti, infatti, la
violazione di cui all’art. 67 del d.p.r. sopra citato poiché il legale non era stato scelto in
accordo con l’ente ed in quanto la Giunta non ha richiesto alcun parere di congruità.
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2) Con memoria depositata agli atti il 29 ottobre 2008 si è costituita l’avv. I. A. in
nome e per conto del convenuto F. la quale eccepisce, in via preliminare al merito,
l’eccezione di prescrizione dell’azione contabile. In proposito evidenzia che il pubblico
ministero contabile, in quanto non titolare del credito, sia inidoneo ad interrompere il
termine prescrizionale. Richiama la sentenza n. 169/2003 con la quale la Sezione III
d’Appello, in riforma di una sentenza di questa Sezione Giurisdizionale, ha escluso che
l’invito a dedurre abbia valenza interruttiva.
Nel merito contesta tutto quanto sostenuto nel libello introduttivo.
Nello specifico:
a) a) assume che non esistono norme che disciplinano il rimborso delle spese legali
sostenute dagli amministratori e dai membri laici delle commissioni edilizie; sicché
la giurisprudenza ordinaria ed amministrativa sarebbe orientata nel senso di
concedere il rimborso in questione agli amministratori.
b) b) Con riferimento ai membri laici, invece, la giurisprudenza è in prevalenza
orientata nel senso di negare detto rimborso sebbene con motivazioni che prestano
il fianco a diverse obiezioni; appena nominato, infatti, il componente laico viene a
svolgere una funzione che gli impone di perseguire l’interesse dell’ente ragion per
cui deve essere richiamata la disposizione contenuta nell’art. 1720 del c.c. e ciò
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anche al fine di evitare disparità di trattamento tra il componente effettivo e quello
laico.
c) c) Non è richiesto alcun parere di congruità per il rimborso delle spese legali
sostenute dai dipendenti comunali, parere richiesto, al contrario, per i dipendenti
statali;
d) d) Anche il dr G. non avrebbe sottoposto all’ente la scelta del difensore sicché
dichiarare illecito il rimborso nei confronti del proprio assistito e non il rimborso nei
confronti di questi configurerebbe una vera disparità di trattamento da parte del
giudice contabile.
e) e) Infine esclude la sussistenza dell’elemento psicologico evidenziando che la
decisione di rimborsare le spese processuali era stata preceduta da una istruttoria
dell’Ufficio amministrativo.
Tutto ciò premesso il difensore conclude chiedendo la prescrizione dell’azione contabile e
nel merito il rigetto della domanda attorea; in via gradata la riduzione dell’addebito.
3) Con memoria depositata agli atti il 29 ottobre 2008 si è costituito l’avv. Luigi
Crusco nell’interesse e per conto del convenuto R. Settimio.
Il difensore evidenzia il corretto comportamento dell’organo di governo dell’ente poiché
nessun componente, e nemmeno il segretario comunale, ha promosso osservazioni o
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dubbi in ordine alla congruità delle somme deliberate. Peraltro ciò appare di tutta evidenza
ove si consideri che ciascun convenuto avrebbe chiesto la modesta somma di € 12.000.
Assume, altresì, che la irrisolta questione della rimborsabilità delle spese legali ai
componenti esterni della commissione edilizia vada affrontata in ragione dell’art. 3 della
costituzione e del principio di ragionevolezza.
Richiama il quadro normativo di riferimento, la sentenza del 5.2.1996 della Pretura di Trani
e la giurisprudenza che estende il rimborso anche agli amministratori degli enti locali, in
particolare la sentenza n. 501/A del 15 giugno 1986 delle Sezioni Riunite della Corte dei
conti.
Infine, dopo aver argomentato in ordine alla circolare n. 15900/1Bis/10/1/A, evidenzia che
il rimborso per cui è causa, in assenza di una disciplina specifica, troverebbe il suo
giuridico fondamento nell’istituto del mandato.
Esclude la colpa grave anche in virtù della pacifica posizione del segretario comunale.
Conclude chiedendo il rigetto della domanda attorea e, in subordine, la prescrizione
dell’azione contabile nei confronti del proprio assistito.
4) Con memoria depositata agli atti il 30 ottobre 2008, si è costituito l’avv. F.
nell’interesse e per conto del convenuto A. rilevando, innanzi a tutto, che nell’atto di
citazione non è compiuta alcuna specifica confutazione agli argomenti dedotti in sede di
invito a dedurre e cioè : a) che il proprio assistito ha partecipato alle relative delibere con
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la funzione di cui all’art. 97 ,comma 4 del d.lgs n. 267/2000 quindi senza alcun potere
deliberante; b) che non vi è alcuna disposizione che richiede il parere di congruità delle
parcelle, rientrando la materia nella pura discrezionalità; c) che l’art. 67 del d.p.r. 268/87
deve essere interpretato in senso estensivo ricomprendendo tutti coloro che siano
incaricati di svolgere una funzione pubblica nell’ambito dell’amministrazione locale.
Eccepisce altresì che la giurisprudenza richiamata in citazione è successiva al 2002.
Alla luce di ciò chiede in via preliminare ed incidentale che il giudizio venga sospeso e
rimessa alla Corte costituzionale la questione di legittimità dell’art. 67 sopra citato per
violazione dell’art. 3 della cost. ; nel merito la reiezione della domanda attorea.
5) Con memoria depositata agli atti il 30 ottobre 2008 si è costituito l’avv. Vito C.
nell’interesse e per conto dei convenuti A. ed O. eccependo il difetto dell’elemento
soggettivo in ragione delle loro qualità personali, qualità che non avrebbero comunque
consentito l’adozione di una decisione diversa rispetto a quella adottata nelle deliberazioni
del 23 ottobre 2002.
Aggiunge inoltre che l’attiva partecipazione del segretario comunale all’iter
procedimentale ha determinato nei predetti un legittimo affidamento giustificato e non
immotivato.
Evidenzia altresì che i propri assistiti, pur avendo conoscenza del minimale quadro
normativo che regola la materia, non potevano avere la piena consapevolezza della
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portata dello stesso e, soprattutto non potevano avere la sufficiente cultura tecnico-
giuridica per non ritenere la sentenza di Trani come giurisprudenza consolidata ed
escludere l’applicazione analogica dell’art. 16 del d.p.r. 191/1979.
Nella specie i due convenuti, uno impiegato e l’altro ferroviere hanno ritenuto di improntare
il loro comportamento su una clausola generale convinti di non ledere alcun
interesse/diritto dell’amministrazione e di conformarsi ad un dettato amministrativo di
difficile interpretazione.
Peraltro le delibere venivano adottate dopo una lunga trattativa portata avanti dal sindaco
per ridurre le parcelle medesime, sicché vista la congrua riduzione delle parcelle ed il
comportamento del segretario comunale i suddetti convenuti hanno ritenuto del tutto
naturale assimilare la figura del componente laico al pubblico dipendente ed
all’amministratore. Le delibere, pertanto, sarebbero state adottate in assoluta buona fede.
In ordine al rimborso delle parcelle del tecnico comunale e dell’ex sindaco, il difensore
evidenzia come il mancato parere di congruità dell’ordine degli avvocati può incidere in
termini di irregolarità dell’iter procedimentale del rimborso, ma nessun danno è
configurabile. In proposito si consideri che le parcelle di questi ultimi sono di gran lunga
inferiori alle parcelle vidimate dall’Ordine degli avvocati.
Alla luce di ciò conclude chiedendo il rigetto della domanda attorea ed in via istruttoria
l’escussione testimoniale del sindaco pro-tempore sui capitoli articolati in memoria.
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6) Con due separate memorie si sono costituiti gli avv.ti Francesco P. e Saverio C.
nell’interesse dei convenuti M. Antonio Giovanni ed O. Antonio.
I difensori evidenziano che il rimborso effettuato senza parere di congruità riguarda
parcelle per entità conformi a quella del Sindaco il cui rimborso è stato ritenuto lecito dalla
Procura regionale.
Aggiungono che le deliberazioni per cui è causa sono state tutte adottate in seguito ai
prescritti pareri contabili e di regolarità amministrativa formulati per iscritto dal Segretario
comunale e dal funzionario competente.
Assumono pertanto che ai loro assistiti non possa imputarsi responsabilità
amministrativo-contabile proprio in ragione della separazione della carriera politica da
quella amministrativa successiva alla l. 142/1990.
Infine escludono la sussistenza della colpa sul presupposto che i loro assistiti non
avevano la consapevolezza dell’antigiuridicità della condotta. Chiedono in ogni caso
l’applicazione dell’esimente di cui all’art .1 della l. 20/94.
Concludono per il rigetto della domanda attorea con vittoria di spese e competenze.
7) All’odierna udienza, il Parte attrice controdeduce in ordine alla sollevata
eccezione d’incostituzionalità dell’art. 67, evidenziandone la irrilevanza; si oppone all’
eccezione di prescrizione richiamando la consolidata giurisprudenza contabile in ordine
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alla efficacia interruttiva dell’invito a dedurre e nel merito si riporta all’atto di citazione
chiedendone l’accoglimento.
L’avv. I. eccepisce la nullità dell’atto di citazione osservando all’uopo che nel
presente giudizio manca l’autore delle delibere per cui è causa; eccepisce
l’incostituzionalità delle disposizioni che regolano il rimborso delle spese legali a favore dei
soli dipendenti comunali; nel merito richiama tutti gli assunti difensivi formulati in memoria
di costituzione e conclude chiedendo la reiezione della domanda attorea.
L’avv. T. insiste sulla eccezione di incostituzionalità dell’art. 67 del d.p.r. 268/87;
aderisce all’eccezione di nullità dell’atto di citazione per mancata vocatio in jus di soggetti
presunti responsabili; si sofferma sulla posizione e sulle funzioni del segretario comunale
al fine di escludere del nesso eziologico; conclude come da memoria di costituzione.
L’avv. C. insiste sulla eccezione di nullità della citazione rilevando che soggetti quali
i responsabili dell’Ufficio tecnico e Finanziario che hanno regolarmente formulato parere
favorevole nelle delibere per cui è causa, non sono presenti nel processo contabile;
puntualizza che i propri assistiti non avevano consapevolezza dell’antigiuridicità della
condotta e della causazione del danno; conclude per la reiezione della domanda.
L’Avv. Crusco si associa alle eccezioni di nullità della citazione e di incostituzionalità
dell’art. 67; nel merito argomenta quanto già formulato in memoria di costituzione;
conclude chiedendo il rigetto della domanda attorea.
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L’avv. R. si riporta alle memorie depositate.
Il Presidente pone la causa in decisione
DIRITTO
1) 1) Premessa
Il Collegio è chiamato a decidere su una ipotesi di danno erariale relativo al rimborso delle
spese legali sostenute da alcuni dei membri della Commissione edilizia del comune di B.,
a seguito di sentenza penale di assoluzione per ipotesi di reati commessi nell’esercizio
delle loro funzioni.
Nello specifico il Procuratore cita gli odierni convenuti per aver costoro deliberato detto
rimborso a favore dei componenti esterni della Commissione, nonché a favore del
responsabile dell’Ufficio tecnico e del vicesindaco nonostante sulla parcella di detti ultimi
non vi fosse apposto il parere di congruità e nonostante il difensore non fosse stato scelto
di comune accordo con l’Ente.
2) In rito
2.1) Nullità dell’atto di citazione per mancata chiamata in giudizio di terzi presunti
responsabili.
In via preliminare il Collegio deve scrutinare l’eccezione di nullità dell’atto di citazione
sollevata per la prima volta all’odierna udienza dall’avv. I. ed alla quale hanno aderito tutti
gli altri convenuti.
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Il predetto difensore, segnatamente, ha opposto la nullità del libello introduttivo per non
aver parte attrice chiamato in giudizio l’autore delle delibere, e quindi il Sindaco del
comune di B. in carica all’epoca dei fatti, sicché nell’ipotesi di condanna questi ne
rimarrebbe estraneo.
L’avv. C., invece, nel riportarsi all’eccezione di nullità sollevata dal difensore del
convenuto F., chiarisce che i terzi presunti responsabili rimasti assenti nel presente
giudizio sarebbero il Responsabile tecnico ed il responsabile Finanziario del comune di B.
i quali avrebbero formulato parere positivo dopo aver espletato la necessaria istruttoria.
L’eccezione non è meritevole di pregio atteso che, a parere del Collegio, la mancata
chiamata in giudizio di presunti responsabili non determina in alcun modo la nullità
dell’atto di citazione o la improcedibilità dell’azione contabile.
In linea generale occorre osservare che le disposizioni relative alla nullità del libello
introduttivo sono contenute nell’art. 3 del r.d. 1038/1933 e nell’art. 164 del codice di
procedura civile, applicabile ai giudizi innanzi alla Corte dei conti in virtù del rinvio
dinamico di cui all'art. 26 R.D. 103871933.
L'art. 3, infatti, prevede che le istanze, i ricorsi e gli appelli da presentarsi alla Corte dei
conti sono nulli quando non siano sottoscritti o quando vi sia assoluta incertezza
sull'oggetto della domanda; l’art. 164, invece, disciplina con puntualità sia i vizi attinenti
alla vocativo in ius, sia quelli relativi alla editio actionis.
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Orbene, in nessuna delle cennate disposizioni viene riportata, come causa di nullità della
citazione, la mancata chiamata in giudizio di soggetti che potrebbero essere coinvolti nel
processo.
Ne discende che la l’invocata nullità non rientra nelle ipotesi di cui all’art. 156 c.p.c. primo
comma.
Ma, nella fattispecie, non ricorre neanche l’ipotesi di cui al comma 2 dell’articolo sopra
richiamato, applicabile anche all’atto introduttivo del giudizio contabile, secondo il quale
sono cause di nullità i vizi formali che rendono l’atto inidoneo a raggiungere lo scopo
astrattamente fissato dalla norma.
Ragionando per ipotesi, infatti, seppure parte attrice avesse omesso di chiamare in
giudizio presunti responsabili, il libello introduttivo comunque potrebbe raggiungere il suo
scopo atteso che il legislatore, all’art. 1 quater della l 20/1994 sancisce “se il fatto
dannoso è causato da più persone, la Corte dei conti, valutate le singole responsabilità,
condanna ciascuno per la parte che vi ha preso”.
Come è noto, l’ipotesi in cui soggetti che avrebbero dovuto essere chiamati in giudizio
necessariamente o per mera opportunità, rimangano estranei al giudizio, è disciplinata
con l’istituto giuridico del litisconsorzio necessario ( 102 c.p.c.) o facoltativo ( 107) ed in
nessun caso il legislatore dispone come sanzione per la mancata chiamata la nullità
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della citazione ma semmai la estinzione o la cancellazione della causa dal ruolo solo a
seguito dell’inadempimento delle parti.
Poiché l’eccezione testè scrutinata non configura una ipotesi di nullità, non v’è luogo a
pronuncia in ordine alla sua tempestività.
2.2) Richiesta di sospensione del giudizio e rimessione alla Corte Costituzionale
della questione di illegittimità costituzionale dell’art. 67 del d.p.r. 268/87.
Seguendo, ai sensi dell’art. 276 del c.pc., l’ordine logico delle questioni ed eccezioni
proposte dai convenuti, il Collegio deve delibare in via pregiudiziale sulla questione di
incostituzionalità sollevata in memoria di costituzione dal difensore del convenuto A. e,
all’odierna udienza, dai difensori del convenuto F. e del convenuto R..
Nello specifico i predetti rilevano che la disposizione in rassegna, ove non venga
interpretata in maniera estensiva, sia in contrasto con l’art.3 della Costituzione laddove
non prevede il rimborso delle spese legali sostenute dai componenti esterni della
Commissione edilizia pur svolgendo essi componenti le medesime funzioni dei
dipendenti e degli amministratori.
La questione, sebbene rilevante ai fini della decisione della odierna causa, presenta profili
di inammissibilità e, nel merito, è manifestamente infondata di talchè questo Collegio non
intende rimetterla alla Corte costituzionale.
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In proposito si deve evidenziare che l’argomento non è nuovo e che la Corte di
Cassazione ha più volte avuto modo di pronunciarsi in ordine alla assunta illegittimità
costituzionale degli art.li 16, 22 e 67 dei decreti presidenziali n. 191/79, 347/83 e 268/87,
con i quali appunto è stata concordata l’assunzione a carico dell’Ente delle spese
processuali relative ai giudizi di responsabilità civile o penale promossi nei confronti dei
dipendenti.
Sempre ed uniformemente il Giudice della legittimità ha deciso di non rimettere la
questione alla Consulta ritenendola inammissibile sulla base di argomentazioni
pienamente condivise da questo Collegio, relative alla natura regolamentare delle norme
medesime.
I decreti presidenziali sopra richiamati, infatti, si limitano ad approvare il trattamento
“economico” e “normativo” del personale degli Enti Locali concordato dai delegati del
Governo e dalle rappresentanze sindacali attraverso gli accordi collettivi, con la
conseguenza che essi decreti hanno la esclusiva funzione di rendere esecutivi gli accordi
collettivi per tutto il territorio nazionale; ne discende che non essendo emanati
nell’esercizio della funzione legislativa delegata, sono privi di forza di legge onde le
disposizioni in essi contenute mantengono la loro natura contrattuale.
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Ciò solo preclude la possibilità di sindacato di legittimità atteso che la Corte
Costituzionale, ai sensi dell’art. 134 Cost. giudica sulle controversie relative alla
legittimità costituzionale delle leggi, dello Stato e delle Regioni.
In proposito più volte si è pronunciata la Corte Costituzionale che sempre ha dichiarato
la manifesta inammissibilità della questione di costituzionalità proposta nei confronti di
norme contenute nei D.p.r che recepiscono gli accordi collettivi di lavoro in quanto ritenuti
privi di forza di legge ( cfr, C. Costituzionale n. 95/1986, 431/1990, 314/87, 782/88,
1003/66).
Non solo; a prescindere da questa preliminare ed assorbente considerazione non si
ritiene che le disposizioni in esame siano in contrasto con l’art. 3 della Costituzione.
In proposito si deve evidenziare che la Commissione edilizia comunale è un organo
ausiliario, a carattere non burocratico, che esercita funzioni consultive non vincolanti.
I componenti esterni, pertanto, conservano il loro status professionale e non entrano a
far parte dell’apparato burocratico impiegatizio dell’ente, sicché non possono essere
equiparati ai dipendenti.
I dipendenti dell’ente comunale e i membri laici di una commissione edilizia, dunque, non
sono equiparabili per cui la diversa disciplina in ordine al rimborso delle spese legali non
si pone in contrasto con l’art. 3 sopra richiamato.
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Sentenza n. 102/2009
Presidente Arganelli, Relatore Contino
Sentenza reperita e brevemente annotata dall’avvocato Mario Tocci, iscritto del Foro di Cosenza nonché specialista forense SSPL e dottorando di ricerca in “Impresa, Stato e Mercato” nell’Università Statale degli Studi della Calabria
Al riguardo si consideri che “per una corretta impostazione del giudizio costituzionale di
uguaglianza occorre aver presenti tutti gli elementi giuridicamente rilevanti delle
fattispecie poste a raffronto e verificare se essi siano riconducibili ad una ratio unitaria”(
Corte cost. 197/2000).
Nella fattispecie, al contrario, la diversa disciplina in ordine a rimborso delle spese non è
riconducibile a situazioni professionali equiparabili e quindi riconducibili ad unica ratio.
Alla luce di tutto quanto sin qui considerato il Collegio ritiene che la sollevata questione di
incostituzionalità dell’art. 67 sia inammissibile e comunque, nel merito, manifestamente
infondata.
3) 3) Merito
3.1) Eccezione di prescrizione
Sempre in via preliminare al merito deve essere decisa la eccezione di prescrizione
ritualmente sollevata dai convenuti F. e R., sebbene il difensore di quest’ultimo l’abbia
opposta in via del tutto subordinata alla richiesta di reiezione della domanda .
In proposito si consideri che il Collegio, nonostante la locuzione utilizzata dal legislatore
all’art. 2932 del c.c. (la prescrizione di un diritto ne determina la sua estinzione),
condivide quella parte della dottrina secondo la quale non appare del tutto proprio, con
riferimento all’istituto della prescrizione, parlare di estinzione del diritto.
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Al riguardo si tenga presente il contenuto dell’art. 2940 del c.c. secondo cui appunto non
è ammessa la ripetizione di ciò che è stato spontaneamente pagato in adempimento di un
debito prescritto.
La conformazione normativa della prescrizione dunque induce questo giudice a ritenere
che detto istituto non estingue un diritto ma ne blocca l’efficacia e, sebbene non operi sul
merito della pretesa esercitata, ne determina solo un effetto preclusivo e non estintivo.
Ne consegue che tale eccezione, volendo seguire il dovuto ordine logico delle questioni,
debba essere trattata in via preliminare al merito e giammai in subordine allo stesso.
Ciò precisato il difensore del convenuto F. eccepisce la prescrizione dell’azione contabile
sull’assunto che l’invito a dedurre non abbia efficacia interruttiva nel decorso temporale
della prescrizione contabile; il difensore del convenuto R. per decorrenza dei termini.
Il Collegio è consapevole che una questione trattata di sovente dai giudici contabili attiene
alla efficacia interruttiva dell’invito a dedurre.
Questa Sezione ha assunto un orientamento univoco in proposito, in adesione alla
giurisprudenza del Supremo consesso contabile che si è pronunciato nella materia con
le sentenze n. 14/QM/2000 e n. 6/QM/2003.
In esse è stato testualmente affermato che “al Pubblico Ministero contabile è
direttamente affidata la tutela della gestione della finanza pubblica in generale e della
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pubblica amministrazione danneggiata in particolare” della quale ultima vengono curati
“gli interessi patrimoniali”, che “l'invito a dedurre… non produce ex se alcun effetto
interruttivo della prescrizione” dato che tale effetto non “gli viene attribuito da alcuna
norma del vigente ordinamento”, ma che “quando l'invito a dedurre contenga nella sua
contestualità gli elementi di cui agli art. 1219 e 2943 c.c., contiene la dimostrazione della
volontà di ottenere la realizzazione del credito e, come tale, si colloca nella stessa
prospettiva dell'atto di citazione, poiché serve a rendere effettivo il conseguimento
dell'obiettivo della tutela del pubblico erario...”
Alla luce delle suesposte considerazione, l’eccezione di prescrizione, per come formulata
dai due convenuti, va disattesa poiché l’invito a dedurre è stato loro ritualmente
notificato nel quinquennio e poiché la Procura agente ha correttamente individuato il
danno addebitabile agli odierni convenuti e gli elementi indicati nelle disposizioni sopra
richiamate.
3.2) Condotta
Dal tenore letterale della citazione risulta inequivocabilmente che parte attrice configura a
carico degli odierni convenuti due ipotesi di illecito contabile: a) il rimborso ai componenti
laici della commissione edilizia delle spese legali sostenute nel processo penale che li ha
visti coinvolti in ragione della loro funzione; b) ll rimborso di dette spese al tecnico
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comunale ed al vice sindaco nonostante le parcelle non fossero accompagnate da alcun
parere di congruità.
Con riferimento alla prima ipotesi, il Collegio ritiene che la condotta posta in essere dagli
odierni convenuti sia indubbiamente connotata da illiceità avendo costoro deliberato di
rimborsare le spese legali in assenza di una disposizione (anche solo regolamentare)
che lo consentisse.
La materia del rimborso delle spese è stata disciplinata per la prima volta dall’art. 16 del
d.p.r. 191/1979; detta disposizione prevedeva che l'ente, nella tutela dei propri diritti ed
interessi, assicurasse l'assistenza in sede processuale ai dipendenti implicati, in
conseguenza di fatti ed atti connessi all'espletamento del servizio e all'adempimento dei
compiti di ufficio, in procedimenti di responsabilità civile o penale, purché non ci fosse
conflitto d'interesse con l'ente medesimo.
La disposizione fu poi riprodotta nell'art. 22 del D.P.R. 25 giugno 1983, n. 347 e nell’art.
67 del d.p.r. 13 maggio 1987 n. 368, ove è stabilito che l'ente, anche a tutela dei propri
diritti e interessi, in caso di apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale
nei confronti di un suo dipendente per fatti o atti direttamente connessi all'espletamento
del servizio e all'adempimento dei compiti di ufficio avrebbe assunto a proprio carico (a
condizione che non sussista conflitto d'interessi) ogni onere di difesa fin dall'apertura del
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procedimento, facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento.
Questo è il quadro di riferimento dal quale emerge che nel nostro ordinamento il
rimborso delle spese legali è previsto unicamente nei confronti dei dipendenti.
Né dette disposizione possono essere interpretate estensivamente o sono suscettibili di
applicazione analogica anche nei confronti di altre categorie di soggetti.
In proposito, in adesione alla costante ed univoca giurisprudenza della Corte di
Cassazione in materia, si richiama quanto innanzi evidenziato in ordine alla natura
contrattuale delle norme contenute negli accordi collettivi, natura che, come è noto,
preclude l’applicazione dell’art. 12 delle preleggi , riguardante esclusivamente i principi in
tema di interpretazione e di analogia delle leggi; preclusione che trova una sua ulteriore
conferma nel successivo art. 13 (sempre delle preleggi) il quale esclude categoricamente
per tali contratti il ricorso all’analogia ( in tal senso Cass. 7519/83, 5726/85, 6676/86,
3216/87).
Ma a prescindere da quanto sin ora evidenziato, non è revocabile che gli accordi collettivi,
in virtù dei criteri di ermeneutica negoziale, si applicano solo nei confronti delle categorie
per le quali sono stati stipulati e non possono in alcun modo estendersi se non a seguito
di apposite convenzioni.
Infine, si deve osservare “che il ricorso al procedimento analogico postula una lacuna
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della disciplina normativa, che debba essere colmata facendo riferimento ad una norma
diretta a regolare un caso simile o una materia analoga e basata su una ratio munita della
capacità espansiva necessaria per comprendere nell'ambito di quella norma anche la
specifica controversia da decidere. Così non è nel caso in esame, perché ……( il
rimborso delle spese legali) riguarda altri soggetti, collocati in posizioni e ruoli diversi, in
relazione ai quali quella disciplina risulta dettata, sicché non di lacuna deve parlarsi ma di
diversità di trattamento giuridico (ai fini di cui è causa), giustificata appunto dalla diversità
di posizioni e di ruoli “( Cass. 16845/2004).
Orbene, alla luce delle argomentazioni sopra richiamate, e degli insegnamenti costanti
della Corte di Cassazione in materia (cfr. Cass. 5914/2002, 11258/2004, 16845/2004), il
rimborso ai componenti laici della Commissione edilizia non può essere disposto
applicando in via analogica le disposizioni che regolano la materia nei confronti dei
dipendenti comunali.
Un ultimo profilo deve essere affrontato in ordine alla condotta degli odierni citati.
Il difensore del convenuto F. nonché il difensore del convenuto R. assumono che il
rimborso per cui è causa sia dovuto in ragione dell’istituto del mandato.
Nello specifico i predetti richiamano l’art. 1720 del c.c. secondo il quale il mandante deve
risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa dell’incarico.
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Detta ricostruzione non convince il Collegio.
L’istituto del mandato, infatti, presuppone lo svolgimento di un’attività di gestione (del
patrimonio altrui), che in nessun modo è configurabile a carico dei componenti di una
Commissione edilizia; detto organo, infatti, lungi dal compiere atti di gestione del
patrimonio pubblico, si limita a formulare pareri obbligatori – ma non vincolanti- in ordine
alla osservanza dei regolamenti urbanistici.
Invero nella giurisprudenza e nella dottrina contabile, nonché dalla giurisprudenza
amministrativa il richiamo all’istituto del mandato viene operato, ma nei soli confronti degli
amministratori (che sono rappresentanti in senso tecnico) dei ministri e dei dirigenti
pubblici, e non certo nei confronti di altri soggetti che non esercitano funzioni di governo
dell’ente locale ( tra i quali appunto rientrano i componenti laici della commissione edilizia
– le cui funzioni, di carattere consultivo, non comportano l’esercizio di atti autoritativi).
In conclusione il Collegio ritiene che la condotta posta in essere dagli odierni convenuti, in
questo caso sia illecita in quanto nessuna norma consente l’assunzione a carico
dell’erario comunale delle spese legali sostenute dai componenti esterni di una
commissione edilizia; poiché le norme contrattuali che dispongono detto rimborso a
carico dei soli dipendenti non sono suscettibili di applicazione analogica né di
interpretazione estensiva; ed, infine, perché non è possibile ricercare i presupposti di
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tale rimborsabilità in principi generali di natura civilistica, quali il mandato.
3.3.) Elemento psicologico
Il Collegio ritiene che gli odierni convenuti, deliberando di rimborsare le spese ai
componenti esterni della commissione edilizia, hanno posto in essere una condotta
gravemente colposa.
Costoro, infatti, sebbene fossero consapevoli della mancanza di una norma che
consentisse la rimborsabilità delle spese per cui è causa, con superficialità e leggerezza
hanno giustificato la loro scelta inserendo nelle delibere de quibus “dato atto, inoltre che
giusta consolidata giurisprudenza ai componenti di collegi espletanti pubbliche funzioni
…..compete il rimborso delle spese legali…..” .
Invero nessuna pronuncia giurisprudenziale, a parte la pretura di Trani ( riformata qualche
mese prima dell’adozione delle delibere in esame), ha mai affermato la rimborsabilità
delle spese ai componenti laici di una commissione edilizia.
Né i convenuti possono in proposito opporre un dubbio interpretativo.
Al contrario l’interpretazione normativa seguita da costoro era contraddetta da un
costante ed univoco indirizzo giurisprudenziale.
Sempre sotto il profilo dell’elemento psicologico non può condividersi l’assunto formulato
dal difensore dei convenuti A. ed O., secondo il quale i propri assistiti, uno impiegato e
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l’altro ferroviere, non potendo avere la piena consapevolezza della disciplina giuridica che
regola il rimborso delle spese legali, hanno ritenuto di improntare il loro comportamento
su una clausola generale convinti di non ledere alcun interesse/diritto
dell’amministrazione e di conformarsi ad un dettato amministrativo di difficile
interpretazione.
Innanzi a tutto si ribadisce che non vi era nella materia nessuna difficoltà interpretativa in
presenza di chiare disposizioni, peraltro di natura contrattuale, che ammettono
l’assunzione a carico dell’erario comunale delle spese legali sostenute (in giudizi civili o
penali) solo dai dipendenti comunali .
Riguardo poi alla cultura giuridica dei suddetti assessori, il Collegio, condividendo quanto
in proposito afferma parte attrice nell’atto di citazione, ritiene che gli organi deliberanti
hanno il dovere di conoscere il quadro normativo di riferimento che regolamenta la
materia oggetto della decisione.
Diversamente ritenendo, e quindi ammettendo di delegare tale obbligo di doveroso
riscontro della normativa a soggetti terzi, si finirebbe per consentire una sorta di
deresponsabilizzazione da parte di chi compie atti di amministrazione attiva. ( cfr. Corte
dei conti Lombardia sentenza 1136/2003 ).
Peraltro si aggiunga che non era neanche necessario procedere ad un doveroso
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approfondimento della problematica in quanto, si ripete, sarebbe stato sufficiente
applicare le chiare, inequivoche ed indiscutibili disposizioni che regolano la materia.
Ancora non è condivisibile quanto assunto dai difensori dei convenuti M. ed O. secondo i
quali le deliberazioni per cui è causa sono state tutte adottate in seguito ai prescritti pareri
contabili e di regolarità amministrativa formulati per iscritto dal Segretario comunale e dal
funzionario competente, con esclusione dunque della responsabilità dei propri assistiti.
In proposito si rileva che il parere del servizio finanziario attesta esclusivamente
l’esistenza della copertura finanziaria e non certo la legittimità della decisione, così come
tutti i pareri resi ex art. 49 del t.u.e.l. dal responsabile del servizio, dal responsabile del
settore ragioneria e dal segretario comunale sui progetti di deliberazioni spettanti ai corpi
rappresentativi del comune, non pongono alcun limite alla potestà deliberante di questi
ultimi.
Diversamente ritenendo, infatti, si finirebbe con l'attribuire agli organi consultivi l'effettivo
potere d'amministrazione attiva, lasciando ai corpi rappresentativi la funzione di mera
ratifica di determinazioni altrui.
Ne discende pertanto che, pur in presenza dei pareri suddetti, i componenti degli organi
deliberanti mantengono il potere di decidere autonomamente, secondo i canoni giuridici
e di opportunità che regolano l’azione amministrativa, rispondendo così della eventuale
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responsabilità amministrativa o contabile che ne derivi anche se la decisione è conforme
ai pareri medesimi.
Né, nella specie è ravvisabile l'esimente cd. politica della responsabilità amministrativo -
contabile, prevista a favore dei titolari di organi politici che abbiano approvato in buona
fede.
Invero, la materia su cui gli assessori oggi citati hanno deliberato non presentava
particolari difficoltà tecniche o giuridiche atteso il chiaro tenore letterale delle disposizioni
regolamentari che disciplinano la materia.
Può pertanto affermarsi che i componenti della giunta municipale, deliberando il rimborso
hanno gravemente e marcatamente trasgredito alle normali regole di condotta,
concretizzando così l’inosservanza di quel minimo di diligenza richiesto nel caso
concreto.
A diverse conclusioni si giunge in ordine al rimborso deliberato dagli assessori convenuti
nei confronti del tecnico comunale (dipendente) e del vice- sindaco.
I presupposti di tale rimborsabilità sono, infatti, da rinvenire nella disciplina contrattuale
più volte richiamata per il tecnico comunale e nell’istituto del mandato per il vice sindaco.
In proposito, come sopra già accennato, sia la giurisprudenza contabile che
amministrativa scomodano l’istituto del mandato per delineare il rapporto sottostante che
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lega l’amministratore all’ente pubblico.
Va ricordato che, secondo il giudice contabile, anche nel campo del diritto pubblico,
coloro che sono investiti di una carica (onoraria) agiscono per un interesse non proprio in
quanto legittimamente investiti (in forza di un mandato pubblico) del compito di realizzare
interessi di altri centri di imputazione giuridica (enti, collettività o altri organismi pubblici),
con la conseguenza che i pubblici amministratori non devono sopportare nella propria
sfera personale gli effetti svantaggiosi o dannosi della propria attività; e, pertanto, i
componenti degli organi statutari degli enti pubblici hanno, in linea di principio, titolo a
ricevere il rimborso delle spese sostenute ed il risarcimento dei danni sofferti per
adempiere fedelmente il loro mandato (Corte Conti sez. riun., 5 aprile 1991 n. 707).
Invero, nei confronti di questi ultimi il Procuratore contesta l’inosservanza del disposto
contenuto nell’art. 67 del d.p.r. 286/87, nel senso che le parcelle sono state rimborsate
seppure non è stato seguito il complesso iter procedimentale relativo alla comune scelta
del legale.
Non solo. Parte attrice rileva altresì che non avendo l’Amministrazione locale scelto il
difensore di comune gradimento, le parcelle avrebbero dovuto quanto meno essere
munite di un parere di congruità.
A prescindere da ogni considerazioni in ordine alla puntuale applicazione della normativa
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di riferimento e quindi della procedura di scelta del difensore, questo Collegio non può
non evidenziare che in ogni caso, la condotta posta in essere con la delibera n. 149/2002
non è foriera di danno erariale per i motivi che saranno successivamente evidenziati.
3.4) danno erariale.
Prescindendo dall’affrontare ogni questione definitoria in ordine al danno erariale, è da
precisare che sicuramente si è in presenza di un danno risarcibile in sede contabile
nell’ipotesi in cui l’Ente realizzi una spesa priva di utilità giuridicamente protetta.
Or non è dubitabile che il rimborso delle spese legali deliberato a favore dei componenti
laici della commissione edilizia configuri un danno erariale nei termini testè evidenziati
ove si consideri che porre a carico del patrimonio comunale le spese legali sostenute da
costoro configuri un esborso ingiustificato in quanto non consentito e, soprattutto, privo di
effettiva utilità per l’ente medesimo.
Diversamente deve ritenersi per il rimborso al tecnico comunale ed al vice sindaco.
In questo caso, infatti, il legislatore consente il rimborso sebbene lo subordini ad una
peculiare procedura relativa alla comune scelta “ ex ante” del legale.
L’art. 67 del d.p.r. 268/87, infatti, dispone che “ l’Ente anche a tutela dei propri diritti ed
interessi, ove si verifichi l’apertura di un procedimento di responsabilità civile o penale nei
confronti di un proprio dipendente per fatti o atti direttamente connessi all’espletamento
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del servizio ed all’adempimento dei propri compiti d’ufficio, assumerà a proprio carico, a
condizione che non sussista conflitto d’interessi, ogni onere di difesa sin dall’apertura del
procedimento facendo assistere il dipendente da un legale di comune gradimento”.
Or non è dubitabile che la ratio di tale disposizione è quella di consentire all’ente non solo
la valutazione relativa al potenziale conflitto d’interessi, ma anche quella di tutelare le
finanze pubbliche.
Ritiene tuttavia questo Collegio che valutando la vicenda ex post, entrambi i sopra
richiamati presupposti sono stati rispettati sicché non è configurabile alcun danno
patrimoniale.
In altri termini dalla lettura della sentenza emerge che il tecnico comunale ed il vice
sindaco, unitamente agli altri componenti della commissione edilizia sono stati assolti con
formula piena in quanto non hanno posto in essere alcuna condotta illegittima; detta
circostanza esclude la sussistenza di un concreto conflitto d’interessi tra la condotta posta
in essere da costoro e l’ente di appartenenza.
Ma v’è di più.
Nel libello introduttivo, parte attrice afferma “per la pratica relativa al rimborso delle spese
sostenute dall’ex sindaco, dott. Roberto G., il procedimento è stato pedissequamente
seguito” ; ed in effetti, detto rimborso non è stato contestato come danno agli odierni
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convenuti.
Orbene, se i presupposti di cui all’art. 67 del d.p.r. 268/1987 sussistono per l’ex sindaco
G., non si comprende per quale motivo detti presupposti siano carenti nella pratica di
rimborso relativa al tecnico comunale ed al vice sindaco atteso che costoro sono stati
imputati per gli stessi fatti ed assolti con la stessa formula.
Ancora, sotto il profilo della tutela delle finanze del comune, non si può non evidenziare
che se il rimborso è stato ritenuto congruo per la parcella del G. ( pari ad € 26.000 circa)
altrettanto lo deve essere per parcelle del tecnico comunale e del vice sindaco (ognuna
della somma di circa €12.000), in quanto nettamente inferiori.
In conclusione, poiché nel nostro ordinamento è consentito il rimborso delle spese legali
sostenute dai dipendenti nonché degli amministratori degli enti locali, si ritiene che in
presenza dei presupposti di cui all’art. 67 sopra richiamato, sebbene accertati ex post, la
delibera n. 149 del 23 ottobre 2002 non costituisca danno erariale nella parte relativa al
vice- sindaco Guido Rizzo ed al dipendente comunale sig. Battista Quintiero.
Alla luce di quanto sin qui esposto questo giudice non condivide la quantificazione del
danno operata da parte attrice, ritenendo di dover sottrarre € 24.000 ( somma rimborsata
ai suddetti ) dalla cifra indicata in citazione ( 74.754,63).
3.5) Nesso causale
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Sentenza n. 102/2009
Presidente Arganelli, Relatore Contino
Sentenza reperita e brevemente annotata dall’avvocato Mario Tocci, iscritto del Foro di Cosenza nonché specialista forense SSPL e dottorando di ricerca in “Impresa, Stato e Mercato” nell’Università Statale degli Studi della Calabria
In ultimo il Collegio evidenzia la sussistenza del nesso eziologico tra la condotta illecita
posta in essere dagli assessori che hanno deliberato il rimborso ed il danno erariale per
cui è causa.
In proposito si consideri che le delibere poste in essere il 23 ottobre 2002 rappresentano
tutte una condicio sine qua non dell’evento dannoso per cui è causa.
Tuttavia è opportuno soffermarsi sulla posizione del segretario comunale anche in
considerazione degli assunti difensivi formulati dal medesimo in sede di memoria di
costituzione.
E’ indubbio che il segretario comunale svolge una specifica funzione di garante della
legalità e di correttezza amministrativa dell’azione dell’ente locale, di assistenza e di
collaborazione giuridica ed amministrativa proprio in virtù dell’art. 17, comma 68 della l.
127 del 1997 ma ancor prima in virtù della l. 142 del 1990.
Ne consegue che l’evoluzione in materia non ha di certo determinato una sottrazione del
segretario alla responsabilità amministrativa per il parere eventualmente espresso su atti
deliberativi. Al contrario ne ha sottolineato maggiori responsabilità proprio in ragione della
rilevante estensione delle funzioni.
In altri termini l’intervenuta soppressione, ai sensi dell’art. 17 comma 85 della l. 127/1997
del parere di legittimità su ogni proposta di deliberazione giuntale o consiliare, non
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A FAVORE DEI MEMBRI LAICI DI UNA COMMISSIONE EDILIZIA COMUNALE
Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale Calabria
Sentenza n. 102/2009
Presidente Arganelli, Relatore Contino
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costituisce comudus recessus da dette responsabilità soprattutto ove si consideri che il
segretario comunale ove richiestogli debba comunque rendere il proprio parere in ordine
alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, agli statuti ed ai regolamenti e che
del parere reso debba rispondere ai sensi dell'art. 53 comma 3 l. n. 142 del 1990, che
costituisce espressione di un principio generale, operante a prescindere dalla natura
obbligatoria o facoltativa del parere espresso.
Alla luce delle testè riportate considerazioni, il segretario comunale, tecnico del diritto,
non avrebbe dovuto rilasciare il parere favorevole nella deliberazioni per cui è causa.
In conclusione si ritiene che gli odierni convenuti abbiano assunto una condotta
gravemente colposa allorché hanno deciso di rimborsare le spese ai componenti laici
della commissione edilizia causando così al patrimonio del Comune di B. un danno
erariale pari ad € 64.754,63.
3.6) Ripartizione del danno
Ultima questione che il Collegio deve esaminare attiene alla ripartizione del danno tra i
convenuti ritenuti responsabili, tenendo presente che “se il fatto dannoso è causato da
più persone, la Corte di conti, valutate le singole responsabilità, condanna ciascuno per la
parte che vi ha preso” (art. 1 quater l. 20/1994 ).
Il Collegio ritiene innanzi a tutto che l’evento dannoso per cui è causa è stato
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determinato non solo dalla condotta colposa degli odierni convenuti ma anche dal
comportamento di soggetti che hanno reso parere favorevole ai sensi dell’art. 49 T.u.e.l.
nelle delibere per cui è causa; si consideri in proposito il responsabile dell’Ufficio tecnico.
Alla luce di tali considerazioni ritiene equo imputare ai convenuti l’80% del danno sopra
evidenziato pari appunto ad € 51. 803,704.
In ordine alla ripartizione, si giudica che il 30 % debba essere imputato al segretario
comunale in ragione delle considerazioni sopra esposte in ordine alla funzione del
medesimo funzionario all’interno dell’apparato burocratico dell’Ente Comunale e la
restante somma debba essere ripartita in parti uguale tra gli odierni convenuti.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la regione Calabria, definitivamente
pronunciando
ACCOGLIE
L’atto di citazione e per l’effetto
CONDANNA
A. al pagamento di € 7.252,51 a titolo di risarcimento del danno nei confronti del Comune
di B. oltre alla maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria su base
annua secondo gli indici Istat dalla data dell’evento sino alla pubblicazione della presente
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sentenza. Da tale data sono dovuti gli interessi legali .
A. al pagamento di € 15.541,11 a titolo di risarcimento del danno nei confronti del
Comune di B. oltre alla maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria
su base annua secondo gli indici Istat dalla data dell’evento sino alla pubblicazione della
presente sentenza. Da tale data sono dovuti gli interessi legali
F. al pagamento di € 7.252,51 a titolo di risarcimento del danno nei confronti del Comune
di B. oltre alla maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria su base
annua secondo gli indici Istat dalla data dell’evento sino alla pubblicazione della presente
sentenza. Da tale data sono dovuti gli interessi legali
M. al pagamento di € 7.252,51 a titolo di risarcimento del danno nei confronti del Comune
di B. oltre alla maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria su base
annua secondo gli indici Istat dalla data dell’evento sino alla pubblicazione della presente
sentenza. Da tale data sono dovuti gli interessi legali
O. al pagamento di € 7.252,51 a titolo di risarcimento del danno nei confronti del Comune
di B. oltre alla maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria su base
annua secondo gli indici Istat dalla data dell’evento sino alla pubblicazione della presente
sentenza. Da tale data sono dovuti gli interessi legali
R. al pagamento di € 7.252,51 a titolo di risarcimento del danno nei confronti del Comune
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di B. oltre alla maggior somma tra gli interessi legali e la rivalutazione monetaria su base
annua secondo gli indici Istat dalla data dell’evento sino alla pubblicazione della presente
sentenza. Da tale data sono dovuti gli interessi legali.
Ala soccombenza seguono le spese di giudizio che si liquidano in € *1453,30*
* millequattrocentocinquantatre/30 *.
Così deciso in Catanzaro, nella camera di consiglio del 19.11.2008. Il giudice estensore Il Presidente
f.to Ida Contino f.to Maria Teresa Arganelli
Depositata in Segreteria il 03/03/2009
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