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«La pasta è una passione, viviamo di pasta e in azienda tra di noi parliamo di pasta: se ci piace, se vogliamo modificare un formato. Insomma c’è una passione di fondo e per fare una cosa bene bisogna capirne». Massimo Menna ci accoglie nel suo ufficio di via dei Pastai, a

Gragnano. Un secondo piano silenzioso dove si muovono, al lavoro e tra i computer, tanti giovani. Salernitano, non ha mai lasciato la sua città e tutti i giorni percorre 30 chilometri per raggiungere in auto Gragnano, dove ha sede il pastificio. Il suo ufficio affaccia a vista sui capannoni dell’azienda, a voler testimoniare una presenza discreta, ma attenta e protettiva. Cinquantaquattro anni ben portati, sobrio nel look, voce pacata, sorriso accogliente, Massimo Menna, amministratore delegato e azionista del pastificio Lucio Garofalo, ci appare subito una persona concreta, semplice ma determinata. Di lui colpiscono i grandi occhi grigi, accesi e curiosi che lasciano trasparire la sensibilità di un manager galantuomo, molto ospitale con chi ha voglia di saperne di più su quello che viene definito l’«oro bianco» di Napoli: la pasta. E noi siamo lì per quello.

Ingegnere Menna, chi era il signor Garofalo e come è nata la sua azienda?«Il marchio Lucio Garofalo rappresenta un’azienda nata tantissimi anni fa, nel 1789, quando il Consiglio delle Municipalità di Gragnano assegnò a Mi-chele Garofalo e a Salvatore Montella la concessione esclusiva non solo per la produzione ma anche per la commercializzazione di “maccheroni di buona qualità”. Così, grazie a questo privilegio, nei primi del ‘900, la Garofalo è uno dei primi pastifici italiani che opera anche all’estero. La dinastia Garofalo era una grande famiglia, una famiglia numerosa e tra i fratelli, come in tutte le famiglie numerose, ci furono delle suddivisioni del patrimonio ereditario. Un ramo di essa fondò la Lucio Garofalo che è l’attuale nostra azienda».

Come nasce la sua passione per la pasta e il suo legame con il pastificio Garofalo?«Sono in azienda dal 1985 e la mia famiglia è stata sempre fianco a fianco della famiglia Garofalo, infatti tra il signor Luigi Garofalo, che poi ho cono-sciuto in azienda, e mio nonno c’era un rapporto di lavoro, ma soprattutto di grande stima e amicizia. Intorno agli anni 50 mio nonno entrò nell’azienda Garofalo acquisendo il 50 per cento della proprietà fino a rilevarne, nel 1997, il restante 50 per cento e diventando così l‘unica proprietaria. Così si intreccia la storia della famiglia Garofalo con la mia, Menna. Io praticamente sono nato nella pasta, mio padre faceva parte del consiglio di amministrazione e poi alla morte del signor Luigi Garofalo, gli eredi hanno voluto che fossi-mo noi a rilevare l’azienda proprio per il grande rapporto di fiducia e stima che c’era tra le due famiglie. La pasta è una passione, viviamo di pasta e in azienda tra di noi parliamo di pasta: se ci piace, se vogliamo modificare un

formato. Insomma c’è una passione di fondo e per fare una cosa bene bisogna capirne. Io non potrei mai cercare di produrre il miglior whisky perché non bevo, ma posso cerca di produrre la migliore pasta perché ci sono nato, per-ché sono vissuto nella pasta, ho acquisito competenza».Che tipo di imprenditore era Luigi Garofalo e che relazioni aveva con i suoi dipendenti?«Luigi Garofalo era un tipo d’imprenditore all’antica, era soprannominato “il tedesco” per la serietà e il rigore con cui svolgeva il suo lavoro. Preciso, efficiente, onesto, ma non rigido. Anzi aveva un rapporto con i suoi dipen-denti di grande fiducia e si confrontava sempre con loro, non era uno che manteneva le distanze, ma esigeva la serietà e la correttezza sul lavoro. Un galantuomo e si fidava ciecamente di mio nonno».

Qual è la ragione per cui Gragnano è la «città dei macche-roni»? «Già nel Seicento gli abitanti di Gragnano avevano compreso l’importanza delle caratteristiche peculiari della loro collocazione geografica e ambienta-le: la disponibilità delle sorgenti di acqua particolarmente pura e poco dura che conferisce un gusto caratteristico all’impasto, un ambiente ideale per l’essiccatura grazie all’umidità presente nella giusta misura e alla ventilazio-ne sostenuta dalla brezza marina che sale verso le colline. L’acqua alimentava anche i mulini per la macinazione del grano. Un altro vantaggio era la pos-sibilità agevole di approvvigionamento del grano grazie alla vicinanza con il porto di Castellammare, e in quest’ottica la produzione si sviluppò in via Roma, definito ancora oggi il corso dei pastai. Da allora Gragnano è diventata “la città della pasta”, e fra il 1843 e il 1847 la via principale fu ricostruita proprio in funzione delle esigenze di produzione dei maccheroni, che proprio in quegli anni erano stati accolti ufficialmente alla corte di Re Ferdinando di Borbone».

Come è cambiata nel tempo la produzione della pasta? La Garofalo cosa ha conservato del lavoro del lavoro artigia-nale del “maccaronaro”?«Per me essere artigiani non significa fare il prodotto manualmente piutto-sto che con le macchine, essere artigiani significa continuare realizzare un prodotto secondo quei principi nella scelta delle materie prime, nei passaggi di lavorazione, nel modo di valutare il prodotto, simili a quelli del passato. Ci sono delle sensibilità che si tramandano da operaio a operaio e sono quel valore aggiunto che ci dà la tecnica moderna. Il nostro prodotto è rimasto artigianale per la qualità immutata degli ingredienti di base che usiamo: ac-qua e semola. Ciò che è cambiato negli anni nel processo di produzione è la procedura legata all’essicazione grazie all’introduzione dei ventilatori e degli apparecchi di riscaldamento, che tuttavia riproducono immutate le condizioni ambientali della lavorazione manuale».

LUCIO GAROFALO,

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enogastronomiaMariella NicaAntonino Siniscalchi

la pasta di Gragnano che regala emozioni

INtERvIStA ALL’AMMINIStRAtoRE DELEGAto MASSIMo MENNA

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enogastronomia

Quali sono gli aspetti più complessi e nodali nella produ-zione della pasta?«Sicuramente il processo più delicato è quello dell’essiccazione che varia da 4 a 20 ore a seconda del formato che trasforma l’impasto da umido a sec-co. Nel passato questo processo veniva effettuato all’aperto, poi nelle stanze, fino all’automazione delle linee continue negli anni ’60. Il dottor Garofalo era un profondo conoscitore della storia della tecnologia della pasta per cui spiegava i segreti ai colleghi che gli chiedevano consigli sulle nuove tecniche dell’essiccazione. Ancora oggi resistono i criteri di produzione legati alla fi-losofia di fare la pasta frutto delle particolari competenze di Luigi Garofalo che è l’ultimo depositario dei segreti dell’arte bianca».

Nel mercato italiano e mondiale della produzione della pa-sta, che posto occupa il pastificio Garofalo e come si piani-fica la collocazione tra il mercato interno e l’export? Quali sono i Paesi esteri dove si concentra la Vostra esportazione e con quali percentuali? La produzione del 2011?«oggi, a più di due secoli dalla nascita, il Pastificio Garofalo è uno dei più importanti produttori di pasta a livello mondiale, infatti è il quarto marchio italiano sul mercato dopo Barilla, De Cecco e Divella. Dal suo stabilimento, dove lavorano circa 146 addetti, escono ogni giorno prodotti destinati al mer-cato europeo e americano. E naturalmente all’Italia, dove il marchio è stato protagonista di un’importante operazione di rilancio dal 2002. I paesi in cui è presente la nostra pasta sono Stati Uniti, Inghilterra, Francia, Giappone,

Austria, Benelux, Brasile, Corea, Portogallo, paesi Scandinavi e Spagna. Es-portiamo il 60 per cento della produzione: 30 per cento sul mercato estero con marchio Garofalo, 30 per cento con altri marchi.Il primo mercato extra europeo sono gli Stati Uniti, tra la Costa ovest e l’area newyorkese, 20 per cento garofalo e 13 per cento altri marchi. Un trend complessivo caratterizzato da 93mila tonnellate di vendita e 100 milioni di fatturato nel 2011».

La scelta di rispondere a esigenze di palati diversi, ha av-viato la Garofalo verso un percorso di produzione anche per un target molto giovane: i neonati. Di che si tratta? «L’esperienza e la flessibilità delle linee produttive della nostra azienda ci dà la possibilità di produrre per ogni mercato prodotti che, reinterpretando la tradizione partenopea, rispondono al gusto e alle richieste locali attraverso una ricca gamma di formati. Fra le novità più recenti introdotte in Italia c’è la linea denominata “La Giostra dei Bambini”, composta da prodotti dedicati ai più piccoli, fin dalla delicata fase dello svezzamento. L’iniziativa è nata da una conversazione informale con un amico medico, pediatra e alimentarista, Luigi Greco, professore ordinario dell’Università Federico II di Napoli, che sostiene che bisogna finirla con i prodotti per neonati belli e pronti e pieni di additivi, il bambino già a sei mesi si può svezzare con la pasta, così come la capretta piccolina, stando vicino alla mamma, mangia come lei l’erba solo un po’ più morbida».

L’apertura al mercato passa anche attraverso l’immagine e il pastificio Garofalo ha iniziato un percorso in tal senso sponsorizzando produzioni cinematografiche.L’iniziativa “Garofalo firma il cinema” è una strategia necessaria o è frutto di un’altra passione oltre la pasta?

«La presenza di Pasta Garofalo nel cinema nasce da una intuizione del diret-tore commerciale Emidio Mansi, ma è ormai consolidata. Ci piace sostenere il cinema e i giovani registi emergenti ed è questo il senso dell’accordo che per primi abbiamo siglato con Cinecittà Holding - Istituto Luce, allo scopo di firmare l’opera prima di un regista emergente; inoltre, per i ragazzi che del cinema vogliono fare la propria vita, abbiamo colla-borato con il Corso di Cinema di Gianni Canova, allo IULM di Milano, per realizzare un lungometraggio. Perché lo facciamo? Semplicemente perché ci piace. tecnicamente si chiama product placement, ma per noi è una passione che ci consente di raccontare storie all’interno delle quali possiamo raccontare anche quella della nostra pasta. Poi da cosa nasce cosa e ci è piaciuto a un certo punto co-produrre e produrre interi film».

Quali?«Con FoX abbiamo co-prodotto l’Alchimia del Gusto, un cortometraggio di Edo tagliavini con Alessandro Preziosi. Abbiamo interamente prodotto Questione di gusti, di Pappi Corsicato, con Ennio Fantastichini e Iaia Forte. “Armandino e il MADRE” è stato il terzo cortometraggio d‘autore per “Garo-falo firma il cinema”, un cortometraggio di valeria Golino con Esther Garrel, Gianluca Di Gennaro, il piccolo Denis Nikolic nel ruolo di Armandino e con la partecipazione di Iaia Forte; ancora the Wholly Family scritto e diretto da terry Gilliam. L’ultimo è il corto Di là dal vetro con Erri De Luce e Isa Danieli che vanta la regìa davvero efficace di Andrea Di Bari. Il particolare che accomuna tutti questi cortometraggi è il magnifico paesaggio della città di Napoli».

Ingegnere Menna, Lei ha due figli: dove immagina il loro futuro? In azienda? «Sì, ho due figli, un ragazzo di 21 anni e una ragazza di 16 e per loro mi interessa soprattutto un futuro sereno. Poi potranno decidere liberamente che strada professionale scegliere e spero con la stessa libertà con cui ho potuto scegliere e decidere io. Ma ripeto, prima di ogni altra cosa auguro a loro la serenità».

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