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Tesi per il conseguimento del diploma accademico

del biennio di secondo livello

per la formazione dei docenti

di strumento musicale (A077): pianoforte

Indagine su alcuni importanti metodi

per lo studio del pianoforte

Diplomando: M° Francesco Carta

Relatore: M° Sergio Torri

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Indice

Introduzione pag. 3

Bartok - Il Mikrokosmos pag. 5Bastien – Metodo per lo studio del pianoforte pag. 10Beyer – Scuola preparatoria del pianoforte op. 101 pag. 13Brugnoli - Dinamica pianistica pag. 15Cesi - Metodo per lo studio del pianoforte pag. 20Clementi - Il metodo completo per pianoforte pag. 24Cortot - I principi razionali della tecnica pianistica pag. 26Czerny - Metodo per pianoforte pag. 28Dalcroze – Il metodo pag. 29Emonts - Metodo Europeo per pianoforte pag. 31Hall - Piano Time pag. 34Lebert & Stark - Metodo per pianoforte pag. 36Mugellini - Metodo d’esercizi tecnici per pianoforte pag. 38Rossomandi – Antologia pianistica pag. 41Rossomandi – Guida tecnica per lo studio del pianoforte pag. 43Ruocco & Ghezzi – Metodo per pianoforte pag. 45Suzuki - Il metodo pag. 47Thompson – Easiest Piano Course pag. 49Trombone – Il primo libro per lo studio del pianoforte pag. 51Yamaha - Il metodo pag. 52

Conclusione pag. 54

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Introduzione

Insegno pianoforte da molti anni. Ho usato vari metodi a supportodella didattica, cambiandoli in base all’allievo che ho avuto di fronte: la suaetà, le sue esigenze, le sue ambizioni, ecc. Ho visto insegnanti usare semprelo stesso metodo, anche con allievi molto diversi. Penso, al contrario, chesia giusto calibrare la lezione sull’allievo, partendo dal suo vissuto ecercando di capire e intuire i suoi desideri, anche inespressi. Il lavorodell’insegnante diventa così un lavoro che necessita di molte risorse e dimolte competenze: pedagogia, psicologia, didattica. Anche avere lacoscienza di ciò che è ‘bello’ è importante per poter insegnare: è infattifondamentale trasmettere l’amore per la musica vera, qualsiasi essa sia,cioè suonata con competenza, passione, amore, dedizione, onestà. L’arte habisogno d’artigianato e compito dell’insegnante è quello di trasmettere lecompetenze e conoscenze per poter fare da sé. Quando l’allievo saprà fareda sé il compito dell’insegnante sarà cessato. Solo avendo ‘coscienza delbello’ il nuovo musicista potrà diventare un artista.

I metodi per imparare a suonare il pianoforte scritti fino a qualchedecina d’anni fa erano dedicati soprattutto a coloro che potevanopermettersi di studiare musica. Erano pertanto metodi piuttosto impegnativie che esigevano una grande dedizione e applicazione. Era come dire: solochi riesce a passare indenne attraverso queste difficoltà può aspirare adiventare un vero virtuoso del pianoforte. Oggi le cose sono cambiate:molti studiano pianoforte e molti smettono. Nel passato, chi studiava disolito continuava, mentre oggi chi studia spesso smette molto presto, presoda mille altri impegni. Ecco che allora i metodi pianistici si sonotrasformati, diventando molto più simpatici, accattivanti, divertenti. Sonolo specchio della nostra società, dove quello che conta è la pubblicità e lacapacità di attirare nuovi clienti. Non è detto, però, che un metodo facile edivertente possa sortire migliori risultati di uno difficile e impegnativo.Quello che fa la differenza è, come sempre, la ‘stoffa’ dell’allievo, la suavoglia, la sua passione. Il problema è proprio la passione: chi insegna algiovane studente la passione per la musica? La famiglia? La scuola?Questo è il quesito principale da cui dipende tutto, ma questa non è la sedeper affrontare il delicato tema.

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Nella storia del pianoforte ci sono stati moltissimi grandi didatti chehanno scritto importanti metodi. In questa mia tesi ne analizzerò molti tra ipiù celebrati, omettendone però degli altri. Alcuni di questi, come i metodidi Adam, Zinnermann, Marmontel, Fétis con Moscheles, Kohler,Breithaupt, sono stati visionati o comunque sono state raccolte delleinformazioni al riguardo: si tratta però di metodi in alcuni casi moltospecifici, oppure eccessivamente datati, nel senso che oggi si può giudicarlidifficilmente applicabili. I metodi di Leimer/Gieseking, di Casella, diSandor, di Neuhaus più che dei metodi sono dei trattati, nel senso che inessi non troviamo praticamente degli esercizi o degli studi progressivi dasuonare, ma delle analisi sui vari aspetti che concernono l’esecuzione el’interpretazione pianistica. A metà strada si trova il lavoro sui princìpidella tecnica pianistica di Cortot, nel quale vengono sviscerati i problemitecnici inerenti l’esecuzione pianistica, in un senso progressivo e con il finedello studio giornaliero. Il suo è un trattato/metodo/studio: un’opera, non acaso, unica e dall’alto valore didattico-musicale.

In questa carrellata, oltre ai metodi di tipo ‘classico’, ho cercato diconsiderare anche quelli più originali, tra cui il “Mikrokosmos” di Bartok ealcuni dei metodi più recenti, ma interessanti: è il caso del metodo Yamahae di quelli di Bastien, Thompson, Emonts, Hall, Ruocco e Ghezzi. Hovoluto poi aggiungere dei metodi d’insegnamento della musica cheriguardano anche il pianoforte: i metodi Dalcroze e Suzuki.

Si tratta di un lavoro sicuramente parziale, che ‘dimentica’ altrimetodi importanti come il “Metodo russo o il “Metodo rosa”. Per ragioni dispazio è stato necessario fare una scelta e privilegiarne alcuni cherappresentano o dei lavori fondamentali, o dei metodi molto usati, o deibuoni punti di partenza per lo studio, o degli esperimenti interessanti estimolanti, ecc.

La speranza è di aver fornito una sufficiente analisi su alcunifondamentali metodi d’insegnamento del pianoforte e di aver stimolatol’interesse e la curiosità per l’argomento.

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Il “Mikrokosmos” di Béla Bartòk

Béla Bartòk, oltre che un grande compositore e pianista, fu unilluminato e prolifico didatta. Dalla sua attività didattica scaturì l’esigenzadi comporre alcuni cicli pianistici con i quali introdurre l’allievo nellesingolarità melodiche, armoniche e ritmiche del linguaggio popolaredell’Ungheria. Più che didattici, i cicli andrebbero valutati come “connessiall’insegnamento”, opere in cui l’autore esercitò la sua tempra pedagogicanel solco di un’ispirazione creativa di prim’ordine. Il primo ciclo fu quellodei “Dieci pezzi facili” del 1908 cui seguirono nel 1913 diciotto brevi pezziper un metodo per pianoforte a cura di Sàndor Reschofsky (poi estrapolatied autonomamente editi come “Il primo contatto con il pianoforte” nel1929). Di più ampio respiro è il ciclo “Per i bambini” composto fra il 1908e il 1909 e consistente di 85 (poi ridotti a 79) incantevoli pezzi basati sumelodie popolari ungheresi e slovacche.

In età più avanzata Bartòk elaborò cicli di caratura più elevata,avvicinandosi a brani per repertori concertistici: “44 duetti” per due violinidel 1931, i “27 cori” del 1935 e i 153 pezzi pianistici dello straordinario“Mikrokosmos”, concluso nel 1939 e nel quale il linguaggio popolare non èpiù citazione melodica, ma componente grammaticale del tessutocompositivo. Fra le due epoche si pongono opere nelle quali l’intentodidattico passa in secondo piano, ma che ugualmente l’autore volle metterea disposizione degli allievi per mostrar loro cosa fosse un arrangiamento dimelodia popolare: la “Sonatina”, le “Danze popolari rumene”, le “Colinde”e i “15 canti contadini ungheresi”, tutte per pianoforte e composte fra il1914 e il 1918.

• Il “Mikrokosmos” (Sz 107)È composto da 153 pezzi di difficoltà progressiva in 6 volumi (vol. I pezzin°1-36; vol. II n° 37-66; vol. III n° 67-96; vol. IV n° 97-121; vol. V n° 122-139; vol. VI n° 140-153). Composizione: 1926-1939 Edizione: “Boosey & Hawkes” 1940

Nel 1944 lo stesso Bartòk dichiarava: “Il Mikrokosmos può essereinterpretato come una serie di pezzi in stile diverso che rappresentanonell’insieme un piccolo universo, oppure può essere riguardato come unmondo musicale per i bambini”. Il titolo è infatti davvero azzeccato, perchériesce ad illustrare l’incredibile varietà di forme musicali che il ciclo mettein luce.

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L’incentivo alla composizione dell’opera fu il desiderio di creare unciclo didattico, con un valore pedagogico. Inoltre Bartòk fu spinto anchedall’esigenza di insegnare il pianoforte al proprio figliolo. L’autoredichiarò: “I primi quattro volumi di questo ciclo di brani pianistici sonostati composti con l’intenzione di offrire ai principianti uno strumento dilavoro che comprenda nei limiti del possibile tutti i problemi che il futuropianista incontra al suo debutto. I primi tre volumi sono destinati al primooppure ai primi due anni di pianoforte… In fondo a questi quattro volumi sitrovano degli esercizi … raccomandiamo di affrontarli prima dello studiodei pezzi. E’ necessario aggiungere che gli esercizi più comuni (eserciziordinari per le cinque dita, passaggio del pollice, arpeggi, ecc.) non sonocontemplati in questa pubblicazione contrariamente ai metodi abituali.Pezzi ed esercizi sono raggruppati per ordine progressivo secondo la lorodifficoltà tecnica o musicale. Le indicazioni di metronomo, soprattutto neiprimi tre volumi, non devono essere osservate che in modo approssimativo.I pezzi iniziali posso essere suonati più lenti o più veloci. Nel quinto e nelsesto volume in particolare le indicazioni di tempo devono esserestrettamente osservate”. Al di là delle indicazioni di prefazione, è ognisingolo brano a racchiudere in sé i presupposti dell’educazione creativaproprio nel suo essere regola grammaticale e di coordinazione linguistica,l’opera insomma “esemplifica la filosofia della teoria attraverso la pratica”.Il suo inestimabile valore sta infatti nell’introdurre gradualmente a tutti gliaspetti della teoria poiché è un tesoro inesauribile che contiene nello spazioristretto di un ‘microcosmo’ tutti i caratteri dell’opera di Bartòk nonchétutti i problemi della musica contemporanea: la soluzione tecnica deiproblemi esposti corrisponde alla soluzione di quelli musicali e dunque allaloro acquisizione da parte dell’allievo. Oltre a costituire un importantissimoprimo contatto con la musica moderna, la raccolta tende a sviluppare findall’inizio l’indipendenza fra le due mani e il ritmo. L’autore consiglia dinon usare solo il suo metodo, ma di affiancarlo ad esercizi provenienti dallatradizione occidentale. L’opera è basata sulla matura concezione del‘folklore inventato’, al contrario della raccolta “Per i bambini”: in esso itemi sono dell’autore, ma dappertutto sono evidenti gli elementigrammaticali dell’est europeo. Vi sono pezzi con una parte aggiunta per unsecondo pianoforte, oltre a pezzi doppiabili all’ottava superiore e questoper sollecitare la pratica educativa dell’esecuzione in coppia.

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Andiamo, ora, a dare un’occhiata più da vicino ai singoli brani checompongono il “Mikrokosmos”.

Nel primo volume, i brani dall’1 al 9 sono con le due linee a distanzadi due ottave, a parte i numeri 3, 7 e 8 in cui la distanza è di un’ottava.Sono brevi e facili melodie sulle cinque dita, ma su posizioni diverse,anche con il Fa# e il Lab. Sono motivi di derivazione modale e pertanto lealterazioni non rispettano il consueto criterio. I pezzi successivi comincianosubito a complicare le cose, proponendo dei canoni (10), melodie per terze(11), moto contrario (12), cambi di posizione (13), domanda e risposta (14),due alterazioni (15), moto parallelo con cambio di posizione (16). Si ritornaall’unisono, anche se a distanza di un’ottava o due, nei numeri dal 18 al 21.Dal numero 22 vengono proposte altre importanti novità e tecnichemusicali: imitazione e contrappunto (22), imitazione e inversione (23),ripetizione (26), sincope (27), canone all’ottava (28), imitazione speculare,cioè per moto contrario (29), canone alla quinta discendente (30), melodiain modo dorico (32), in modo frigio (34), un corale (35), un canone libero(36). Nell’appendice finale ci sono quattro esercizi, con delle variazioni,che approfondiscono alcuni aspetti riscontrati nei brani.

Nel secondo volume si riparte con una melodia lidia (37), poi con lostaccato e il legato (38-39). Nel numero 40 fa la sua comparsa una melodia(con il solo Do# come alterazione, senza il Fa#) con accompagnamento (un‘basso albertino’): cosa abbastanza rara in Bartòk! Troviamo poi i primibrani da suonare a quattro mani (43-44): basati su quartine di crome, moltoritmici e vivaci, utilissimi per il ritmo, l’uguaglianza, la perfetta divisione.Dal numero 45 si passa a composizioni mediamente più lunghe, di unapagina circa, che si sviluppano in diversi modi e vari tempi: 4/4, 2/2, 5/4,6/8, 3/4, 2/4. Vi è un brano nel modo misolidio (48), uno in stile“transilvano” (53), uno con cromatismi (54), un altro pezzo a quattro maninel modo lidio e con le terzine di crome (55), una melodia in decima (56),un brano con gli accenti spostati (57), uno in stile orientale (58), uno inmodo maggiore e minore (59), poi un canone con le note tenute (60), unamelodia pentafonica (61), seste minori per moto parallelo (62), una concontrappunto (64), c’è anche una canzone con un testo da cantare eaccompagnamento con le due mani uguali per quinte (65). Anche in questovolume c’è l’appendice con 14 esercizi e diverse variazioni.

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Nel terzo volume, il numero 67 presenta una melodia per terzeaffidata alla mano destra con la melodia alla sinistra. Il brano 68 è una bella“Danza ungherese” da suonarsi a quattro mani. Riprende quindi lamaratona: uno studio sugli accordi (69), una melodia contro delle doppienote (70), le terze (71), le seste e l’accordo in primo rivolto (73), le terzine(75), un piccolo studio sulle semicrome e con cambi di tempo (77), la scalapentafonica (78), un “Omaggio a J. S. B.” (79), un “Omaggio a R. Sch.”(80), una melodia con interruzioni (83), un brano di fantasia (84), gliaccordi spezzati (85), due melodie pentafoniche sovrapposte (86), dellevariazioni (87), un “Largo” a quattro parti (89), un pezzo in stile russo (Fa#contrapposto a Fa naturale!) (90), delle invenzioni cromatiche (91-92),ancora un brano a quattro parti con cambi di tempo (anche da 3/4 a 5/8)(93), di nuovo una canzone (95b). Nell’appendice ci sono 13 esercizi moltointeressanti: doppie terze con note tenute, con il tempo diviso in modoirregolare (3/8+3/8+2/8), con doppie triadi, uno studio per il pedale, doppiaccordi per terza e sesta, con la scala cromatica nell’ambito di una quinta,con l’accento spostato, con il tempo di 7/8, con gli accordi di settima.

Dal quarto volume le cose cominciano a farsi decisamenteinteressanti e anche impegnative, soprattutto a causa della loro originalità ediversità rispetto ai metodi classici occidentali. Un “Notturno”apparentemente in Sol maggiore, ma che presenta molte alterazioni e unagrande ambiguità armonica (97), un brano con le mani incrociate e con ilMib in chiave per la mano destra e Fa# e Sol# per la mano sinistra (99),uno che alterna 5/8 e 3/8 (100), un pezzo con i tasti abbassati e non suonati,che fanno cantare gli armonici per ‘simpatia’ (102), uno che alterna variecombinazioni di tempi in ottavi sui modi minore e maggiore (103), uno chepassa attraverso diverse tonalità (104), un “Piccolo gioco” con due scalepentafoniche (105), una “Canzone per bambini” (106), una “Melodia nellanebbia”, con accordi simili a ‘cluster’(107), un pezzo con una melodiabalinese (109), variazioni su un pezzo folk (112), due brani su un ritmobulgaro (uno in 7/8 composto da 2+2+3 e uno in 5/8 suddiviso in 3+2)(113-115), addirittura un pezzo simile a una ‘bourrée’ (117), gruppi di trecrome in 9/8 (118), un’originale danza in 3/4 (119), una composizione conaccordi di quinta e con l’alternarsi di vari tempi (120), uno studio a duevoci, sempre con diversi tempi (121). Nell’appendice vengono proposti duestudi sul tempo di 7/8, sempre suddiviso in 2+2+3 ottavi.

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Il quinto volume inizia con un pezzo basato sull’idea di accordi chesi muovono insieme e poi opposti, cioè con direzioni diverse (122), unbrano che alterna legato e staccato (123), uno tutto staccato e cromeribattute (124), uno su molti cambiamenti di tempo, ma ripetuti uguali: 2/4,3/4, 3/8, 5/8 (126), una “Nuova canzone popolare ungherese” (127), una“Danza paesana” che contrappone figure di crome e semiminime, anchesfalsate metricamente (123), un pezzo sulle terze alternate tra le due mani(129), uno sulle quarte (131), uno sulle seconde maggiori suonatemelodicamente e armonicamente (132), uno sulla sincope con l’alternarsidi 5/4 e 4/4 (133), uno studio sulle doppie note con vari intervalli diseconda, terza e quarta (134), un “Perpetuum mobile” tutto basato su figuredi crome a doppie note che disegnano un motivo sfasato rispetto alladivisione regolare del 4/4 (135), un brano costruito sulla scala per toniinteri (136), un pezzo tutto sull’unisono, ma con diverse combinazioni esoluzioni. Il volume finisce con due brani leggermente più lunghi e dalcarattere vivace e scherzoso.

Nel sesto volume le cose diventano decisamente più impegnative. Siparte con una variazione libera e diversi tempi che si alternano (140),quindi arpeggi divisi nelle due mani e ritmicamente spostati nellasuddivisione delle quartine di semicrome (143), un pezzo basato su secondeminori e settime maggiori (144), due invenzioni cromatiche (145a+b), unpezzo su un ostinato che a un certo punto viene disgregato e smontato(146), una marcia con figure di terzine di crome e accordi per quinta equarta (147). Il libro si conclude con sei danze nel ritmo bulgaro, con itempi di 9/8 (4+2+3), 7/8 (2+2+3), 5/8 (2+3), 8/8 (3+2+3), ancora 9/8(2+2+2+3), ancora 8/8 (3+3+2), (numeri 148-153).

Il “Mikrokosmos”, più che un metodo, è un tesoro di musicastraordinaria e unica, che solo la mente di Béla Bartòk poteva concepire. Inesso vi troviamo tutto. L’allievo che avrà la costanza e le capacità perstudiarlo ne riceverà degli enormi benefici, sviluppando una culturamusicale e un approccio alla musica originale e multiforme. Anche la suatecnica pianistica diventerà solida, forte, disponibile alle novità e aperta aipiù diversi tipi di scrittura musicale.

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Il “Metodo per lo studio del pianoforte” di James Bastien

Il metodo dello statunitense James Bastien (1934-2005) è forse unodei metodi più usati, oggi. È stato pubblicato dalla ‘Neil A. Kjos MusicCompany’ a partire dal 1963 ed è stato finora tradotto in 14 lingue. Èdedicato soprattutto ai bambini dai sette agli undici anni, ma può essereadatto anche per ragazzi e dispone di volumi specifici per allievi adulti. Èmolto curato, dalla grafica ai contenuti, costituendo a tutti gli effetti unvalido percorso per apprendere le principali nozioni relative all’esecuzionepianistica.

Il metodo è preceduto da due livelli preparatori, A e B, specifici perbambini piccoli, dai cinque ai sette anni, costituiti a loro volta da duelibretti, uno di pianoforte e uno di teoria e tecnica. Dopodiché vi è unlivello cosiddetto preparatorio, o intermedio, adatto ai bambini di circasette anni, suddiviso in quattro volumi: il metodo di piano vero e proprio, lateoria, la tecnica e il repertorio. Dopo la serie preparatoria inizia la collanadidattica principale, costituita da quattro livelli, ognuno dei quali èsuddiviso in: “Piano”; “Teoria”; “Repertorio”; “Tecnica”; “A line a daysight reading” (quest’ultimo è un volume nella sola lingua inglese ededicato alla lettura a prima vista).

Per ragioni di spazio e di coerenza con l’obiettivo del mio lavoro,presento l’analisi della sola serie denominata “Piano”, che costituisce laspina dorsale del metodo di James Bastien.

Il volume preparatorio è dedicato ai bambini piccoli, di circa sei/setteanni. Inizia con l’individuazione dei tasti neri e con dei piccoli motivi su diessi, usando le dita più lunghe della mano. Solo dopo questa prima parte,l’autore insegna a visualizzare la posizione delle note sulla tastiera;propone delle melodie sulle cinque dita, ma senza usare il pentagramma:viene scritto il simbolo della nota con il nome e il valore. Dopo questa parteper così dire introduttiva, viene presentata la chiave di violino con dellebrevi melodie, quindi la chiave di basso con altrettanti motivi. Da questopunto la scrittura comprende le due chiavi, proponendo diverse melodie,che si basano sui vari intervalli: seconda, terza, quarta e quinta. Viene poispiegato l’accordo di Do maggiore e il suo utilizzo pratico. Si passa quindialla posizione del Do centrale, cioè con la sinistra speculare alla destrapartendo dal Do.

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Troviamo brani con le crome, con il segno di diesis (Fa#), nella posizionedi Sol, con il bemolle, per arrivare agli ultimi due brani: una “Danzaindiana” e l’”Inno alla gioia” di Beethoven.

Il volume uno (colore rosa), dopo due pagine dedicate alla teoria,inizia con una lunga parte dedicata a brevi melodie con accompagnamentoin Do maggiore. A pagina 16 Bastien spiega l’armatura di chiave e latonalità di Fa. Ogni tonalità è accompagnata dalla presentazione dei dueprincipali accordi: di tonica e di dominante. A pagina 22 troviamo latonalità di Sol, sempre con dei brani specifici. Tutto il primo volume spaziaattraverso le tonalità di Do, Fa, Sol, con i relativi accordi maggiori e branioriginali o adattamenti di motivi famosi o popolari.

Il volume due (colore blu), presenta subito la scala di Do maggiore edegli esercizi per il passaggio del pollice. I brani seguenti sono basati sullascala e mirano a fissarne la conoscenza. Si arriva all’intervallo di sesta e aun delicato brano con accordi maggiori e minori delle tonalità finoraaffrontate. Quindi all’intervallo di settima. Ancora esercizi e pezzi sugliaccordi di Do, Fa, Sol, anche con i rivolti. A pagina 20 viene spiegatol’accordo di settima di dominante con i relativi rivolti e poi le progressioni.La stessa cosa è in seguito ripetuta per la scala di Sol, con i tre accordi di I,IV e V. A pagina 30 si approfondisce il tempo di 6/8 e la sua correttainterpretazione. Anche la tonalità di Fa è affrontata nello stesso modo, conla relativa progressione. A pagina 38 viene evidenziata la successione deidiesis e successivamente vengono affrontate le tonalità di Re, La e Mi,sempre con i tre accordi principali. I brani usati per queste tre tonalità sonopiù interessanti dei precedenti e troviamo anche dei rifacimenti di brani diMozart, Offenbach, Joplin.

Il volume tre (verde) parte dalle scale minori relative, nello specificoquella di La, spiegando le differenze tra l’armonica e la melodica e con duebrani basati su quella armonica e naturale. Finalmente a pagina 10 fa la suacomparsa l’accordo di Do minore, con la spiegazione. Troviamo poi gliaccordi di I, IV e V in tonalità minore. Viene spiegato l’accordo spezzato,cioè con le note dell’accordo una in seguito all’altra, per arrivare alle scaleminori di Re. A pagina 22 troviamo la terzina di crome e a pagina 26l’accompagnamento ad accordi spezzati, cioè tonica più terza e quinta.

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A pagina 28 si arriva all’intervallo d’ottava e a pagina 34 alla scalacromatica. I brani proposti in queste pagine sono piuttosto carini, anchecon adattamenti da Offenbach, Foster, Sousa, Fucik. A pagina 38 troviamola successione dei bemolli e le tonalità di Reb, Lab, Mib, con le relativescale e i principali accordi (I, IV, V). I brani fino alla fine del volume sonosu queste tre tonalità, con pezzi di carattere, adattamenti da Mozart eBeethoven.

Il volume quattro (giallo), dopo l’ormai classico brano introduttivo,inizia con la tecnica del pedale. Ricomincia quindi con le scale minori equella di Mi. Spiega poi come riconoscere le triadi in primo rivolto, condegli esercizi e con qualche brano. Quindi come riconoscere le triadi insecondo rivolto e ancora un ripasso sulle triadi e i rivolti. Si arriva allesemicrome e a pezzi che utilizzano varie figurazioni con le semicrome ealla croma col punto. A pagina 28 vengono spiegate le triadi aumentate,quindi la sincope e le triadi diminuite. A pagina 34 troviamo le scaleparallele, cioè le scale maggiori e minori che iniziano sulla stessa tonica. Apagina 37 vengono presentate le tonalità di Solb, Sib, Si, con in seguito lerelative scale e vari brani che, come sempre, attingono anche al repertorioclassico facilitato: pezzi di Bach e Rossini. In un’appendice finale vediamoil circolo delle quinte; la tavola degli accordi maggiori, minori, diminuiti,aumentati e di settima di dominante; tutte le scale maggiori e minoriarmoniche con le relative cadenze I, IV, I, V, I.

Sintetizzando, possiamo dire che si tratta senza dubbio di un validometodo, anche se si possono riscontrare delle mancanze nelle parti per lamano sinistra, troppo spesso relegata a semplice accompagnamento conaccordi. Inoltre, le composizioni sono forse spesso troppo semplici e non viè quasi mai un pezzo veramente impegnativo, che riesca a dare una scossaal semplice alternarsi di brani abbastanza simili.

La collana di Bastien è arricchita da moltissimi altri volumi: libridedicati allo studio per gli adulti; raccolte di brani popolari; celebri cantinatalizi; boogie, rock e country; sonatine americane; raccolte di famosibrani classici; ecc. arrivando così a costituire un grande tesoro musicale peril giovane, o meno giovane, pianista.

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La “Scuola preparatoria del pianoforte”, op. 101, di Ferdinand Beyer

Uno dei più importanti e famosi metodi per imparare a suonare ilpianoforte è senz’altro quello di Ferdinand Beyer, che risale alla metàdell’ottocento. Si tratta di una raccolta di 106 semplici esercizi perpianoforte, di graduale complessità, destinati al primo insegnamento.Questo testo è tuttora uno dei riferimenti della didattica di tale strumento.Il metodo è preceduto da una parte teorica, dove sono riassunti i principalielementi della musica: notazione, divisione, intervalli, tempi, alterazioni,scale e accordi. Poi vi sono degli esercizi preliminari dedicati alle maniseparate e quindi unite.

Dopo questa parte introduttiva, ha inizio la serie di melodie,numerate dalla uno alla centosei. La prima è per la mano destra sola epresenta dodici variazioni, ognuna delle quali con una parted’accompagnamento per il maestro. La stessa cosa avviene per la manosinistra e le sue otto variazioni. I brani successivi sono per le due maniinsieme, anche se, per il momento, la mano sinistra suona in chiave diviolino, partendo dal do centrale. I brani fino al numero undici hanno laparte per essere suonati a quattro mani. Dal numero dodici al trent’uno ipezzi sono a due mani e sono sempre per le cinque dita in posizione di Domaggiore. Dal numero trentadue al trentaquattro compreso si passa allatonalità di Sol, anche se non c’è l’alterazione in chiave e pertanto è piùconveniente parlare di ‘posizione di Sol’. In questi brani ritornal’accompagnamento per l’insegnante. I numeri dal trentacinque al quarantapresentano un alternarsi delle due precedenti posizioni, senzaaccompagnamento. I numeri dal quarant’uno al quarantatre compreso sonoin posizione di La minore, con accompagnamento. Il brano quarantaquattroè un esercizio sui diversi valori delle note, con accompagnamento e dalnumero quarantacinque si passa a pezzi decisamente più interessanti e vari,sempre in posizione di Do maggiore: troviamo vari tempi (4/4, 3/4, 2/4,3/8, 6/8), note puntate, legature, ecc. I brani si spostano anche in Solmaggiore, La minore. Da sottolineare che tra il brano cinquanta e ilcinquant’uno fa la sua comparsa, in un piccolo esercizio, la chiave di basso,anche se un po’ in sordina. Viene fatto un parallellismo tra la posizione delDo centrale in chiave di violino con quella in chiave di basso. La notazionein chiave di basso ritorna solo di sfuggita nel numero cinquantaquattro e

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man mano nei numeri seguenti. Solamente dal numero sessant’uno lachiave di basso trova spazio in modo definitivo.

I numeri sessantatre e sessantaquattro sono in Sol maggiore conaccompagnamento per il maestro. Prima del numero sessantacinquevengono spiegati il passaggio del pollice e la scala di Do maggiore. I branidal sessantacinque al sessantasette sono in Do e presentano le ‘doppienote’, con intervalli armonici di terza e sesta. Dal sessant’otto si passa allascala di Sol maggiore con l’indicazione del Fa# in chiave: il settantaquattroè un bel brano in Sol con l’introduzione delle terzine di crome. Quindi siarriva alla scala di Re maggiore e a un solo esercizio in questa nuovatonalità. Si ritorna poi a tre brani in Sol e Do. Vengono presentate le scaledi La e Mi maggiore con dei brani relativi. I successivi brani fino alnovanta spaziano attraverso le tonalità di Do e Sol, proponendo esercizi perl’agilità, per le successioni di terze, sulla diversa durata dei suoni. Si arrivaalla scala di La minore, ma solamente melodica, con un relativo esercizio.Finalmente si trova la scala di Fa maggiore, con alcuni brani carini inquesta tonalità. L’ultima scala maggiore a venire proposta è quella di Sibemolle, con un solo brano per applicarla. Gli ultimi pezzi del metodo sonotutti in Do e Fa maggiore, con un leggero intensificarsi delle difficoltà, conla comparsa dell’acciaccatura, della semiminima con due punti, della cromapuntata in 3/8. Dopo una pagina dedicata alla scala cromatica, troviamo gliultimi due brani basati su figure di crome e semicrome e molti passaggicromatici.

È interessante l’Appendice, dove vi sono molti esercizi per le duemani, prima separate e poi unite, che affrontano varie figure ritmiche emelodiche e diverse diteggiature, arrivando anche alle doppie terze. Allafine ci sono due pagine dedicate a tutte le scale maggiori e relative minoriarmoniche. Il metodo di Beyer è senza dubbio un metodo valido e il suo grandesuccesso nella storia della didattica pianistica ne è la conferma. Oggi, però,con la notevole varietà d’opere a disposizione, esso appare datato einsufficiente. È necessario affiancargli altri testi per approfondimentiulteriori e per una maggiore varietà. Soprattutto la conoscenza della chiavedi basso e la lettura per la mano sinistra devono essere incentivate con altreopere e altri strumenti didattici.

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La “Dinamica pianistica” di Attilio Brugnoli

Il metodo di Brugnoli ha un preciso sottotitolo: “Trattatosull’insegnamento razionale del pianoforte e sulla motilità muscolare neisuoi aspetti psico-fisiologici”. E’ stato stampato dalla Ricordi per la primavolta nel 1927 e poi ristampato in quindici capitoli nel 1961 a cura di AldoLazzari che ha ritenuto opportuno eliminare tutte le dimostrazioni diesercizi ginnastici preparatori considerandoli ‘superati’. Il metodo analizzatutti gli aspetti del fare musica e della pratica pianistica. È diviso in venticapitoli, ognuno dei quali affronta un preciso argomento.

Il primo capitolo parla del potere emotivo della musica in confrontoa quello della letteratura e delle arti visive; del rapporto fra la concezioneartistica musicale e l’esecuzione. Passa in rassegna, quindi, le grandi scuoledel passato e i grandi virtuosi della tastiera, arrivando alla presentazionedell’albero genealogico dei pianisti, molto complesso e articolato, che servea rivendicare le origini italiane dell’arte dell’esecuzione pianistica.Testualmente, Brugnoli scrive: “Questo quadro è la documentazioneinconfutabile dell’origine italiana di quasi tutti i grandi pianisti d’ognipaese. … è italiana non soltanto l’origine dello strumento, ma anche quelladei grandi virtuosi”.

Nel secondo capitolo Brugnoli cita Clementi come primo veropianista e pedagogista; arriva quindi a Liszt visto come virtuoso edinsegnante; parla poi del rapporto fra sentimento artistico e mezzid’espressione in confronto all’esecuzione, di come un artista possa tradurrein opera d’arte le proprie sensazioni e di che cos’è l’esecuzione artistica.

Nel terzo capitolo inizia a parlare d’aspetti tecnici inerenti lostrumento e dei criteri didattici adottati nel passato; spiega i tipi di eserciziadottati nei metodi precedenti e il meccanismo delle azioni muscolari; parladei vantaggi e degli svantaggi dell’imitazione, della tradizionenell’insegnamento e nell’esecuzione.

Il quarto capitolo passa in rassegna gli strumenti precedenti alpianoforte: il clavicordo e il clavicembalo. Analizza quindi il caratteredell’opera di Bach e traccia una sintesi dell’evoluzione della musicastrumentale dal 1500 fino ad oggi.

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Nel quinto capitolo ritorna ad aspetti generali e analizza l’anatomia delcorpo umano: lo scheletro e i muscoli, gli aspetti nervosi e i movimenti chesi possono imprimere agli arti toracici.

Nel sesto capitolo parla dei muscoli interessati al movimento dellebraccia e delle mani e il loro rapporto con la dinamica, l’agilità, la velocità.Approfondisce poi aspetti inerenti l’indipendenza, la volontà, il rapporto traagilità e intelligente allenamento, l’agilità contrattile, le funzioni muscolariin rapporto alla memoria.

Nel settimo capitolo spiega come l’intensità sonora sia dipendentealle varie cause che possono produrla. Quindi azione muscolare, peso,inerzia, immobilità; inerzia e agilità; azione alternativa d’attività e riposomuscolare; l’azione del peso considerata in rapporto ai vari elementicostituenti il braccio e alla velocità con cui il peso si fa agire sulla tastiera;il rilassamento muscolare; il suono naturale; l’impiego razionaledell’energia; inerzia e uguaglianza; conseguenze degli sforzi muscolari.

Nell’ottavo capitolo approfondisce aspetti di tipo psicologico e disensibilità connessi all’esecuzione; cosa significa “capire la musica”; lasensibilità tattile, muscolare e articolare; gli automatismi; la sensibilità el’arte. A questo proposito Brugnoli dice: “La grandezza di un artista è inrapporto diretto alla sua sensibilità; gli esseri poco sensibili rinunzinoquindi a studiare musica”!

Nel nono capitolo egli insiste ancora su aspetti fisiologici in relazioniall’atto del suonare: statica del braccio e della mano; contrazioni muscolari;come si scompone l’azione del peso del braccio; equilibrio della mano sullatastiera e rendimento delle varie dita.

Nel decimo capitolo ancora la funzione istintiva e normale dellamano; l’analisi del gesto prensile; la flessione articolare; dove simanifestano le resistenze da vincere per suonare il pianoforte; l’importanzae l’influenza del peso sul piano in rapporto alla direzione in cui lo si faagire; scomposizione e composizione delle forze; come il perfettofunzionamento muscolare influisca sul suono; la posizione naturale dellamano sulla tastiera; rapporto fra l’azione prensile e l’intelligenza; comedebbano essere concepiti gli esercizi tecnici, intesi come “cura fisica chemira a sviluppare o a creare qualità essenziali e di carattere generale”.

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Nell’undicesimo capitolo passa in rassegna il timbro, l’altezza el’intensità dei suoni; il tocco; la bellezza del suono; corrispondenza trafenomeno meccanico e fonico; differenze tra mano magra e grassa;influenza dell’azione del peso; differenze strutturali tra il braccio dell’uomoe della donna; azione delle dita combinata con quella del braccio; il suonarpiano che richiede maggiore attività muscolare che il suonar forte; suonistaccati e legati; gli accenti; l’artificio nell’arte; in arte tutto è relatività,proporzioni, armonia.

Nel dodicesimo capitolo inizia con delle osservazioni preliminaricirca le azioni muscolari dell’allievo principiante; con degli esercizi per ilrilassamento del braccio nel suo insieme; con la pratica della ‘caduta’ edesercizi specifici con note singole, terze, salti, ecc.; mostra i movimenti delpolso e della mano; indica l’importanza degli esercizi a note tenute.

Nel tredicesimo capitolo parla del suono legato, del portamento,dell’influenza del pedale destro sul suono legato, del quarto dito,dell’uguaglianza e come ottenerla, dell’inutilità di estendere le dita perlasciare i tasti; scrive poi degli esercizi per la dissociazione tra muscoliflessori ed estensori; esercizi su due, tre, quattro suoni consecutivi in tuttele combinazioni; il moto divergente e parallelo; esercizi su cinque suoni;combinazioni per l’azione indipendente delle due mani; l’importanza delleazioni lente per il controllo delle azioni muscolari; l’opportunità diimmaginare raggruppamenti di note per poterle eseguire con sicurezza;l’influenza di simili discipline sulla memoria.

Nel quattordicesimo capitolo parla del tempo e del ritmo e deirapporti tra la musica e la matematica; dell’orecchio in rapporto alle leggidell’acustica; dei valori e delle figurazioni musicali; della notazione deigreci e di quella mensurale; dell’origine del battere il tempo e delle misure;del metronomo; del tempo ‘rubato’; del ritmo e degli accenti.

Nel quindicesimo capitolo scrive degli esercizi per il motoalternativo degli avambracci, combinato con l’azione delle dita sullatastiera, a gruppi di due, tre o quattro suoni. Alterazioni ritmiche di unostesso disegno musicale; esercizi per i contrasti ritmici.

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Nel sedicesimo capitolo inizia con gli arpeggi, prima nell’estensionedella mano, poi propone degli esercizi per l’estensione del palmo;movimenti laterali, dall’alto al basso e circolari del polso; criteri per laditeggiatura degli arpeggi nel legato; concatenamento degli accordi;accordi arpeggiati; tavole d’accordi; applicazioni di sviluppo degli accordi.

Nel diciassettesimo capitolo affronta i movimenti di rotazione, laloro origine funzionale e quale uso ne fecero i pianisti del passato; larotazione volontaria e involontaria; riferimenti ai lavori di Matthay,Breithaupt, Mugellini; il trillo, sua origine ed essenza con esercizi; gliabbellimenti e la loro esecuzione; il tremolo; i trilli a mani alternate, in notesemplici e doppie.

Nel diciottesimo capitolo approfondisce l’uso del pollicenell’esecuzione delle scale; esercizi per l’allenamento dei flessori delpollice; movimenti circolari del polso ed esercizi per svilupparli;allenamento all’esecuzione delle scale simmetriche; esercizi vari sulle scalee considerazioni sulle diteggiature; applicazione alle scale di variraggruppamenti ritmici; scale in ritmi misti e per moto irregolare; scalacromatica; scale nelle modalità greche; scale cinesi; scale nei modiecclesiastici e plagali; tecnicismo degli arpeggi lunghi in tutte lecombinazioni.

Nel capitolo diciannovesimo parla di quanto e perché sia necessariala varietà di tocco nella polifonia; di come essa nacque e quale importanzaessa abbia; la polifonia in Frescobaldi, Bach; esame di una sua invenzione atre voci; esercizi per la polifonia; esercizi polifonici sugli accordi di tre equattro suoni; poi su cinque suoni; sulle doppie terze; esercizi a tre parti perciascuna mano, su quattro suoni; esercizi a cinque parti, su cinque suoni;contrasti ritmici fra due parti eseguite dalla stessa mano; esercizi per loscavalcamento delle dita; scale legate da eseguire con un solo dito; scale indoppie terze, doppie seste e doppie ottave; scale cromatiche in doppie note(in tutti gli intervalli); trillo in doppie note e in ottave; l’uso e la segnaturadel pedale.

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L’ultimo capitolo conclude la mastodontica opera, analizzandol’applicazione delle teorie precedentemente esposte in relazione aqualunque fenomeno dinamico riguardante ‘il moto delle membra’. Qualirisultati possono dare queste teorie dal punto di vista artistico e pedagogico.La disposizione al lavoro di qualsiasi genere esso sia e le cause che ladeterminano. Ingegno e genio. L’ispirazione. Perché certe opere d’artecommuovono. Come hanno lavorato alcuni tra i più grandi artisti. Ildilettante e l’artista. Perché è fondamentale un bravo artista nella guida diun allievo. Studiare e suonare. La disciplina dell’allenamento. L’esame deiprincipali apparecchi usati nel passato. L’impiego di apparecchiriproduttori dell’esecuzione pianistica usati a scopo didattico. Come vaconsiderato l’allievo. Il bello e il sublime. In che cosa l’arte musicaledifferisce dalle altre arti. Che cos’è perfezionare l’esecuzione.

Nelle note finali, Brugnoli raccomanda di mirare alla qualità dellavoro e non alla quantità: la prima è questione di mezzi, la secondariguarda soltanto il tempo. “Chi riesce a suonare bene un pezzo è incondizione di suonare bene qualunque numero di pezzi, perché riuscendoad eseguirne uno ha implicitamente conquistata la possibilità di eseguirnequanti ne vuole”. Conclude dicendo: “L’arte musicale è godimento sublimeper chi ascolta e godimento ma, al tempo stesso, tormento perenne per chila produce”.

Per la completezza, profondità, attenzione, conoscenza e meticolositàcon la quale sono stati affrontati e analizzati tutti i possibili aspetti del faremusica con il pianoforte, la “Dinamica pianistica” può a ragione essereconsiderato uno dei migliori trattati mai realizzati nella storia delpianoforte.

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“Metodo per lo studio del pianoforte” di B. Cesi

Molto interessante il metodo di Beniamino Cesi, del 1929, suddivisoin 12 fascicoli, ognuno dei quali affronta vari aspetti. Nella prefazione delmetodo, l’autore scrive:

“Questi esercizi nuovamente ordinati per la presente pubblicazionesono parte integrale del metodo che mi prefiggo dare alla luce nella suacompleta totalità. Furono questi esercizi dettati in classe giorno per giornoed allo scopo di correggere e vincere i difetti, dirò così, naturali delle manie sviluppare il meccanismo specificamente deficiente. I sempre facili,pronti, buoni, a volte splendidi risultati per essi durante i miei venticinqueanni d’insegnamento nei conservatori di Napoli e Pietroburgo, mi fannosperare che questi esercizi possano riuscire ai giovani tuttaviaprofittevoli.”

I dodici fascicoli sono divisi nel seguente modo: 1 – 20 esercizi;2 – esercizi e scale; 3 – arpeggi; 4 – eguaglianza per le mani; 5 – noteribattute; 6 – articolazione del polso; 7 – tecnicismo delle ottave; 8 –legato; 9 – terze legate; 10 – doppie note; 11 – seste; 12 – meccanismodifficile.

I fascicoli sono raccolti in due volumi: numeri 1 – 6 e numeri 7 –12. Il metodo presenta un capitolo denominato “Elementi”, dove

l’autore spiega gli elementi fondamentali della musica: le note, le chiavi,gli accidenti, la durata dei suoni, i tempi. Quindi presenta 44 esercizi, sia inchiave di violino, sia di basso, per iniziare a suonare: esercizi consemibrevi, minime, semiminime, con le crome, con le pause, con la notacol punto, con le legature di valore, con le terzine, con le alterazioni e neivari tempi, anche composti.

Dopo questa parte introduttiva, inizia il metodo vero e proprio, con ilprimo capitolo dedicato agli esercizi: i primi si basano su piccoli motivi dinote ribattute con una nota tenuta: primo dito, secondo e terzo dito, terzodito. Poi, nell’esercizio 3, passa a degli esercizi con semicrome, dove ledue mani suonano in modo speculare partendo dal Do terzo spazio inchiave di violino (m.d.) e dal Mi terzo spazio in chiave di basso (m.s.);dapprima con due dita, poi via via aumentando fino al quinto dito. Finoall’esercizio 5 compreso, Cesi dedica molta attenzione agli esercizi sullecinque dita con le semicrome, con diverse soluzioni melodiche.

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Il numero 6 ritorna alle note tenute, ma con molte alterazioni. Poi ancoraesercizi sulle cinque dita, ma con i tasti neri. Dal numero 14 si passasempre ad esercizi per le cinque dita, ma sugli arpeggi di un’ottava. Quindiarriva con i numeri 18, 19, 20 a dei motivi, sempre con semicrome, ma conmolte alterazioni e su piccoli intervalli, per poi allargare con seste minorinel numero 20.

Il fascicolo due si basa su esercizi e scale. Prima presenta i “soliti”esercizi con coppie di note da eseguirsi con tutte le dita per favorire ilpassaggio del pollice. Quindi con il numero 7 passa alla scala di Do, dasuonarsi partendo da tutti i gradi, anche per la mano sinistra. A questopunto passa senza esitazioni a presentare tutte le scale maggiori con larelativa minore, sempre per tutt’e due le mani. In seguito anche per motocontrario. Troviamo anche tutte le scale da suonarsi in quattro posizioni: interza, in sesta, in decima, alla distanza di due ottave. C’è poi una piccolaparentesi sulle scale ‘semitonate’, per moto retto, in terza, sesta, decima,due ottave, con terzine. Di nuovo propone tutte le scale maggiori e minori amoto retto e contrario. Per completare il quadro, presenta un “Grandeesercizio in tutti i modi maggiori e minori”: lunghissimo, tutto basato susemicrome e senza pause; una bella sfida.

Nel terzo capitolo viene affrontato il tema degli arpeggi, con unaparte introduttiva preparatoria e poi tutti gli arpeggi maggiori, minori permoto retto e contrario. Poi troviamo arpeggi con gli accordi di settima. Laseconda parte dello stesso capitolo presenta esercizi per l’indipendenza,articolazione e forza delle dita, sempre basati su arpeggi maggiori, minori,diminuiti.

Nel fascicolo quattro troviamo degli originali esercizi perl’”Alternamento delle mani”: arpeggi, scale e passi alternati fra le due maniper ottenere la perfetta uguaglianza di tatto e di agilità della sinistra e delladestra.

Il quinto fascicolo affronta le ottave ribattute, con note tenute dalsecondo e terzo o quarto dito, sempre per le due mani. Subito passa allenote ribattute, con tutte le combinazioni di dita e in scale diverse. Ritornapoi alle ottave, alternate con le note ribattute.

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Nel sesto fascicolo viene affrontata l’articolazione del polso: esercizibasati su intervalli di quarta aumentata, terza, sesta minore e maggiore,accordi maggiori e minori con i rivolti.

Il fascicolo sette, inizia con il “Tecnicismo delle ottave”. Ci sonodegli esercizi, sempre con semicrome, da eseguirsi tutti col solo quinto ditoche deve percuotere il tasto con tutta la punta. Quindi troviamo ottavestaccate, anche cromaticamente. Esercizi di ottave per terze, quarte. Poi lescale per ottave a moto retto e contrario in tutti i toni, poi anche per terza esesta; arpeggi a moto retto e contrario. Esercizi per le ottave legate, anchesu scala cromatica e per moto contrario, con le terzine. Troviamo anche“Ottave e accordi vibrati”: accordi ribattuti. Per arrivare alle scale di terze eottave in tutti i toni maggiori e minori, ottave intrecciate con l’alternarsidelle mani.

Nell’ottavo fascicolo ci sono esercizi con motivi basati su intervallidi semitono da suonarsi con lo stesso dito. Poi con la sostituzione delle ditasullo stesso tasto e con degli esercizi specifici al riguardo, per arrivare airivolti degli accordi con note tenute.

Il fascicolo nono presenta esercizi con terze o accordi ribattuti e connote tenute. Quindi si passa ad esercizi sulle terze, andando poi a settimealternate a quarte. Poi ancora terze in tutti i modi possibili e in tutte lescale.

Nel decimo capitolo si trovano degli interessanti esercizi permigliorare la capacità di far risaltare una nota rispetto alle altre. Quindi cisono esercizi con accordi ribattuti dove una nota va suonata ‘marcatissima’.Similmente si passa ad accordi con note tenute di diverso valore:semibrevi, minime, semiminime. In seguito troviamo esercizi a doppiequarte aumentate, seste maggiori, settime minori e quarte, quarte e quinte,ecc.

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Il capitolo undici continua similmente, con molti esercizi con ottavee note ribattute, seste maggiori alternate, anche cromaticamente, perarrivare alle scale di seste legate in tutti i toni maggiori e minori. Poi anchearpeggi di seste e arpeggi e scale di seste alternate fra le mani. Quindi sestearpeggiate.

Nell’ultimo fascicolo si arriva al “Meccanismo difficile”. Accordi dicinque note ribattuti per ambo le mani e con una nota da suonaremarcatissima. Arpeggi con quintine. Si arriva poi all’esecuzione degliabbellimenti: il trillo, la scala trillata, la catena di trilli, il trillo con tema, iltrillo doppio; il mordente; l’appoggiatura, l’appoggiatura a doppie note; ilgruppetto; il tremolo; le ottave arpeggiate; doppie terze con salto all’ottavasuperiore; doppie seste minori per salto; ottave interrotte. Alla fine delcapitolo presenta varie forme di scale: il modo dorico, ipodorico, frigio,ipofrigio, lidio, ipolidio e tutte le relative trasposizioni. Per finire arrivaaddirittura a esercizi con le doppie decime, anche arpeggiate. Finisce conun lunghissimo studio dove si trovano quasi tutte le difficoltà possibili.

Come si può evincere dalla presente descrizione, si tratta di unmetodo monumentale, che parte dalle nozioni basilari per arrivare alle piùgrandi difficoltà che un pianista possa immaginare di dover affrontare.Un’opera veramente colossale!

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Il “Metodo completo del Piano-Forte” di Clementi

Tra i grandi metodi storici va sicuramente annoverato quello diMuzio Clementi, grande pianista e didatta nato a Roma nel 1752 e morto aEvesham nel 1832. Nella prefazione del libro vi leggiamo un avvertimentodell’autore: “Offro al pubblico un nuovo metodo riguardante l’arte disuonare il Piano-Forte. Convinto da una lunga esperienza, che non sipossono, senza l’aiuto del maestro, appianare le numerose difficoltà che siincontrano nella maggior parte dei pezzi di musica scritti pel Piano-Forte,mio scopo si è quello d’indicare alle persone che si dedicanoall’insegnamento del medesimo la miglior strada da seguire, onde rendernelo studio più facile e più gradevole ai loro allievi. Il mio zelo peiprogrammi dell’arte possa trovare la sua rincompensa nell’approvazionedegli amatori illuminati”.

Il metodo, del 1801, si apre con la presentazione dei principielementari della musica. Inizia con vari paragrafi riguardanti i seguentiargomenti: Dei tuoni (le note musicali) – Della riga (il pentagramma) –Delle chiavi (le chiavi di fa e sol con le relative scale) - Degli intervalli –Della battuta (intesa come simboli delle figure e dei valori) – Del punto diprolungazione – Delle terzine – Dei segni di alterazione – Di molti altrisegni – Dello stile (legato, staccato, ecc.) – Del movimento edell’espressione (segni di agogica e dinamica) – Delle note di abbellimento– Della costituzione del tuono (suono) e della formazione del modo (modimaggiore e minore) – Del diteggiare.

Quindi, con il titolo “Istruzione preliminare” , si passa a delleistruzioni riguardanti la posizione del corpo e il collocamento delle manisulla tastiera. Senza esitazioni Clementi presenta subito tutte le scalemaggiori con la relativa minore, per ambedue le mani e la scala per‘Semituoni’, cioè la scala cromatica.

A questo punto inizia il vero e proprio metodo, con la presentazionedi molte piccole melodie con accompagnamento, alcune scritte da Clementistesso e altre di diversi autori. Troviamo infatti pezzi tratti da composizionidi Mozart, Haendel, Haydn, Mayer, Paisiello, Dussek, Martini, Steibelt,Beethoven, Cramer. Egli trascrive anche molti motivi popolari di varienazionalità: troviamo arie inglesi, spagnole, italiane e anche siciliane,alemanne (tedesche), irlandesi, tirolesi, persiane, russe, gallesi, dei Pirenei.

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Ogni brano viene considerato come una lezione e quindi numerato. Finoalla lezione nove i brani sono in Do maggiore e La minore, poi si passa adaltre tonalità: Sol maggiore per molti altri pezzi, quindi Mi minore; Famaggiore e Re minore; Re maggiore e Si minore; Sib maggiore e Solminore; La maggiore e Fa# minore; Mib maggiore e Do minore. In tutto cisono 53 lezioni.

Va osservato che fin dal primo brano s’inizia a suonare con tutte edue le mani, con le due chiavi e che i pezzi sono abbastanza impegnativi,per un principiante.

Dopo la lezione 53 c’è una sezione dedicata agli esercizi: noteribattute, per terze, terzine, semicrome, arpeggi, terze e seste.

Troviamo poi una pagina dedicata a tutte le sette chiavi e alla loroscrittura sul pentagramma.

Da questo punto del metodo Clementi propone dapprima cinque suoipreludi in Do maggiore e poi delle variazioni sul tema “Dio salvi laregina”, quindi un’”Aria” e la “Marcia funebre” di Haendel. Poi presenta lo“Studio giornaliero del pianoforte”, con le scale in tutti i toni maggiori eminori. Si tratta di vari esercizi scritti da Clementi stesso partendo dallediverse scale. Poi riprende con brani, intervallati da esercizi, suoi e di altriautori basati sulle scale di Do magg. e Do min. Troviamo pezzi di Corelli,Haendel, Mozart, Couperin, Scarlatti, Bach, Dussek, Pleyel, Haydn chespaziano tra le varie tonalità, similmente a quanto proposto nella sezioneprecedente del metodo. Clementi propone, tra i vari brani, scale ed esercizinelle varie tonalità, arrivando a brani di una certa difficoltà e rilevanzapianistica. Arriva a ‘toccare’ tutte le tonalità, anche le meno frequentate: Simagg. e Sol# min., Fa# magg. e Mib min.

Concludendo, si tratta sicuramente di un metodo completo eabbastanza impegnativo per il pianista principiante, che si trova a doveraffrontare certe difficoltà fin dai primi brani, quindi con poca‘preparazione’. Ma forse era questo il modo d’imparare il pianoforte aitempi dell’autore, quando l’impegno dello studente e la sua dedizione allostudio erano sicuramente superiori rispetto ai giorni nostri.

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I “Princìpi razionali della tecnica pianistica” di Cortot

Discorso a parte merita l’importante lavoro di Cortot intitolato:“Princìpi razionali della tecnica pianistica”. Ci troviamo di fronte aun’opera completa, dall’alto valore artistico e scientifico, in cui tutti iproblemi tecnici vengono considerati secondo il loro principio fisiologico ein base a questo risolti. Si tratta di un lavoro dedicato a pianistidiscretamente abili e preparati ad affrontare i vari studi. I risultati che sipossono trarre dal libro sono notevoli, sia per lo sviluppo tecnico, sia perl’interpretazione che dipende da una perfetta padronanza dello strumento.

Secondo il pensiero di Alfred Cortot, due sono i fattori alla base ditutto lo studio strumentale: un fattore psichico, dal quale scaturiscono ilgusto, l’immaginazione, il ragionamento, il senso della sfumatura dellasonorità, in una parola, lo stile; un fattore fisiologico, cioè l’abilità manualee digitale, che deriva dalla sottomissione assoluta di muscoli e nervi alleesigenze materiali dell’esecuzione.

Uno dei progressi più significativi dell’insegnamento strumentale èconsistito nel sostituire all’esercizio meccanico, lungamente ripetuto, di unpassaggio difficile, lo ‘studio ragionato della difficoltà’, riportata al suoprincipio elementare, che il passaggio stesso contiene.

Cortot ha cercato di generalizzare una formula per estenderla alledifficoltà pianistiche di ogni specie, riducendole a cinque categorieessenziali. Ciascuna di queste viene analizzata in un capitolo specifico.

Vi è un capitolo preliminare dedicato allo studio dei movimenti delledita, della mano e del polso. Esso è suddiviso in nove esercizi dedicati allaindipendenza delle dita, allo sviluppo dei muscoli e ai movimenti lateralidelle dita, all’ammorbidimento dei movimenti laterali del polso, allosviluppo della fermezza d’attacco delle dita, alla flessibilità del polso,all’avambraccio, ecc. Dopodiché inizia ad affrontare i princìpi razionalidella tecnica pianistica, dividendoli, appunto, in cinque categorieessenziali:1 – uguaglianza, indipendenza e mobilità delle dita2 – passaggio del pollice (scale-arpeggi)3 – doppie note e tecnica polifonica4 – estensioni5 – tecnica del polso, esecuzione degli accordi

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Ciascun capitolo è suddiviso in tre serie: A, B, C, che vanno studiatein tempi diversi e consequenziali. Ogni serie è suddivisa in paragrafi cheaffrontano le varie difficoltà. Ogni esercizio di ciascun paragrafo vasuonato ogni giorno in una diversa tonalità (maggiore e minore). Altermine di un primo periodo in cui si devono suonare tutti gli esercizi inordine, si può mescolare lo studio delle difficoltà, sia concatenandoquotidianamente le serie contenute in ciascun capitolo, sia spezzandone laregolare successione. Al termine di quest’altro periodo, l’allievo, conl’aiuto dell’insegnante, può annotare alla fine d’ogni capitolo degli altriesercizi per approfondire e sviluppare particolari aspetti o problemiriscontrati nello studio.

Il libro è fornito di una ‘tavola mobile’ che serve da guida per lostudio sistematico di ogni capitolo. In essa sono segnati:1 – elenco delle 12 scale maggiori e minori per le trasposizioni tonaliquotidiane2 – modello della formula cromatica che deve essere usata per alcuniesercizi3 – quadro delle combinazioni armoniche4 – quadro dei differenti ritmi5 – quadro delle diteggiature

Al termine del libro vi è un’appendice dedicata al ‘Repertorio’, nelquale Cortot indica, per ogni brano della letteratura pianistica, il capitolodel suo metodo nel quale la specifica difficoltà è stata affrontata. Eglisuggerisce inoltre che gli esercizi tecnici possono essere ricavati dalle variecomposizioni. Passa in rassegna le composizioni dei più diversi autori dellevarie scuole clavicembalistiche: italiana, francese, inglese, tedesca. Quindiindica brani del periodo di transizione dal clavicembalo al pianoforte(includendo Haydn e Mozart) e poi elenca le più importanti composizionidedicate al pianoforte, andando da Beethoven a Franck.

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Il “Metodo per pianoforte” di Czerny

Il titolo completo del metodo è: “Il maestro di pianoforte ossiaistruzione teorico-pratica per pianoforte che insegna nel più breve tempo asuonar bene speditamente e con precisione”. Il metodo presenta l’aggiuntadi “Quindici sonatine di ricreamento” di E. Becucci e le “Scale in tutti itoni maggiori e minori” di F. Pollini.

Il metodo è diviso in quattro capitoli.Il primo passa in rassegna le nozioni fondamentali, dalle note al rigo

musicale, dalle chiavi alle alterazioni.Il secondo le figure musicali e il loro valore, le terzine e sestine, le

indicazioni di tempo, le abbreviature, gli accordi, le legature, lo staccato,gli abbellimenti, la sincope, gli accenti, i termini indicanti il movimento el’effetto dominante della composizione (moderato, vivace, allegro, ecc.)

Nel capitolo terzo troviamo gli intervalli, i toni e semitoni, i modidelle scale; il prospetto dei 24 toni maggiori e minori; le cadenze.

Nel capitolo quarto troviamo le regole fondamentali del portamentodelle mani, cioè le diteggiature ed esercizi con le cinque dita; l’uso deipedali; la posizione del corpo, delle braccia, delle mani; il primo eserciziocon dita tenute; dodici esercizi sulle cinque note; esercizi preparatori allescale; scale in tutti i toni con le relative cadenze; otto esercizi sugli arpeggi;dodici esercizi sulle note doppie; quattro esercizi sulle ottave; quindicisonatine elementari; quindici sonatine di ricreamento (di Becucci).Il metodo si conclude con tutte le scale maggiori, minori e cromatichecurate da F. Pollini (da sottolineare che come minore vi è solamente lamelodica).

Si tratta di un metodo piuttosto sintetico, ma esaustivo, che prende inesame tutti gli aspetti principali della tecnica pianistica e li analizza inmodo asciutto e pratico. Czerny ha scritto centinaia d’esercizi di tecnicapianistica e di studi; è stato un grande didatta e ha contribuito in mododeterminante allo sviluppo dell’esecuzione pianistica. Questo metodorappresenta una tappa importante del suo percorso d’insegnante, rimanendotuttora valido e attuale.

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Il “Metodo Jacques-Dalcroze”

Il Metodo Jaques-Dalcroze, altrimenti noto come ‘Ritmica Dalcroze’,è un metodo di educazione musicale che si pone all’origine dei nuovisistemi d’insegnamento della musica di questo secolo. Fu creato all’iniziodel ‘900 dal musicista, compositore e pedagogo svizzero Emile JaquesDalcroze (Vienna 1865 – Ginevra 1950) il quale, spinto dalle difficoltàritmiche e di ascolto che riscontrava nei suoi allievi in Conservatorio, spesetutta la vita alla ricerca di un metodo di educazione musicale alternativo.Egli perseguì l’unione perfetta tra musica, corpo, mente e sfera emotiva epose il corpo e il movimento alla base dei suoi rivoluzionari principieducativi.

Il lavoro teorico e pratico di Dalcroze ha influito in maniera decisivanon solo sulla pedagogia musicale, ma anche sulla danza e la coreografia,gettando le basi per un uso educativo e rieducativo della musica e delmovimento.

La Ritmica, disciplina fondamentale di questo metodo, consiste nelmettere in relazione i movimenti naturali del corpo, il linguaggio musicalee le facoltà di immaginazione e di riflessione. In questo modo la coscienzadel legame esistente fra percezione e azione si acuisce e le capacitàespressive del corpo si ampliano e si diversificano favorendo di pari passol’arricchimento del pensiero musicale. Inoltre, facoltà diverse quali lariflessione, la memoria e la concentrazione, come anche la spontaneità e lacreatività, vengono esercitate in modo armonioso.

“... l’elemento fondamentale, maggiormente legato alla vita e all’artedel suono è il Ritmo! Il Ritmo dipende esclusivamente dal movimento etrova l’esempio perfetto nel nostro sistema muscolare.”(Émile Jaques-Dalcroze)

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Le lezioni di Ritmica si praticano in gruppo, ma ogni singolo allievone è parte attiva ed integrante poiché l’esperienza individuale è centralenella pedagogia dalcroziana. I diversi aspetti del discorso musicalevengono percepiti e espressi con il movimento, stimolati e sostenutidall’improvvisazione pianistica/vocale/strumentale dell’insegnante il qualeadegua costantemente la musica alle capacità e ai progressi degli allievitenendo conto della loro individualità e possibilità espressiva.

L’educazione musicale secondo questo metodo si articola su tre areedi studio:- la Ritmica che sviluppa la capacità di risposta spontanea del corpo allamusica attraverso il movimento;- il Solfeggio che educa l’orecchio e la voce;- l’Improvvisazione che riunisce tutti gli elementi finora menzionati elibera le potenzialità creative individuali.

Con i bambini o con gli adulti principianti questi tre aspetti del lavorovengono integrati in singole classi nelle quali gli allievi utilizzano ilmovimento, la voce e gli strumenti in una varietà di attività che coinvolgel’ascolto, la capacità elaborativa e inventiva.

Gli obiettivi educativi sono molteplici: trovare il piacere di esprimersicon il corpo in sintonia con la musica; sviluppare l’orecchio e acquisire unacomprensione musicale globale e profonda; sviluppare la consapevolezzacorporea (coordinazione, reazione, dosaggio dell’energia, equilibrio, usodel peso ecc.); sviluppare la personalità nella sua interezza (sfera cognitiva,affettiva, psico-motoria); e-ducare le capacità creative ed artistiche;collaborare e adeguarsi al gruppo, nel rispetto di sé e degli altri.

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Il “Metodo Europeo per Pianoforte” di F. Emonts

Molto ben fatto e interessante è il “Metodo Europeo per Pianoforte”di Fritz Emonts. È pubblicato dalla tedesca ‘Scott Music’ ed è piuttostorecente: la prima pubblicazione è del 1992 e l’ultima ristampa del 2007. E’suddiviso in tre volumi e, come la maggior parte dei moderni metodi, èrallegrato da disegni molto belli e pagine colorate. S’intitola “MetodoEuropeo” per la seguente motivazione espressa dallo stesso autore: “Inconsiderazione del crescente sviluppo della Comunità Europea ritengoimportante che i nostri giovani, anche nel quadro della loro formazionemusicale, abbiano l’opportunità di entrare in contatto con la cultura dialtri paesi. Per questo ho voluto inserire numerosi canti e brani musicaliprovenienti da ogni parte d’Europa”.

Il primo volume parte con una serie di ‘pagine gialle’ con i “Primipassi sui tasti neri”, contenenti dei pezzi molto semplici che devono veniresuonati dall’insegnante e poi, per imitazione, dall’allievo. Si tratta di branibasati soprattutto sull’uso, più che delle singole dita, della mano ecoinvolgono i movimenti dell’intero braccio. Dalla pagina 30 iniziano dellepiccole melodie per le due mani, con la sinistra spesso speculare alla destra.Addirittura alcuni brani lasciano lo spazio da riempire per la mano sinistra,che l’allievo deve scrivere imitando la parte in chiave di violino. I branisuccessivi si sviluppano nell’ambito delle cinque dita e spesso i branihanno una parte di accompagnamento per l’insegnante. Le melodie per lecinque dita sono poi trasposte in altre tonalità, per imparare a conoscere eusare i tasti neri e le alterazioni. Come detto nella prefazione, sono molti ibrani estrapolati dal repertorio popolare delle varie nazioni dell’Europa.

Si arriva quindi alla differenziazione maggiore/minore e allo studiodelle tonalità di Re, Sol, La, sempre con brani sulle cinque dita, senzapassaggio del pollice. Il primo libro termina con alcuni pezzi adattati dacomposizioni di Beethoven, Bartok e alcune melodie di derivazionepopolare: sempre sulle cinque dita, in diverse posizioni e con cambio diposizione all’interno dello stesso pezzo.

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Il secondo volume offre un approfondimento sul piano tecnico emusicale. Inizia con alcuni brani per approfondire gli aspetti del fraseggio edell’articolazione. Dopodiché si passa allo studio delle scale maggiori equindi allo studio del passaggio del pollice, alle scale minori armoniche emelodiche. A questo punto si apre un’importante parte del metodo dedicataalle tonalità maggiori e relative minori, con aggiunte le rispettive cadenzeIV-V-I (riprendendo, forse, l’idea presente nell’Hanon). Ogni sezione èaccompagnata da composizioni tratte dal repertorio dei paesi dell’Europa:Paesi Bassi, Italia, Grecia, Inghilterra, Ungheria, Germania, Svezia,Spagna, Russia, Francia, Estonia e in più gli Stati Uniti (con il blues).

Troviamo, dalla pagina 54, degli esercizi per la velocità el’uguaglianza e dei pezzi di vari compositori che sviluppano dei problemitecnici.

Un capitolo viene dedicato al pedale di risonanza, con varieindicazioni sul suo uso. A pagina 70 è spiegato il termine “cantabile”, conla “Piccola canzone” di Schumann. Da pagina 76 ritornano esercizi per lavelocità e uguaglianza, con pezzi di Czerny, Kuhlau, Bertini, Bach e altriimportanti autori. Il secondo volume si chiude con degli esempi diaccompagnamenti per canzoni e danza, con le cadenze e gli accordicostruiti sulla scala maggiore e minore, su come accompagnare unacanzone con due o tre accordi, con una danza con armonie cadenzanti.

Il terzo libro si propone, più che come metodo per pianoforte insenso tradizionale, come raccolta di materiale e stimolo per le lezioni dilivello avanzato, per degli allievi ormai cresciuti e abbastanza esperti. FritzEmonts ha individuato alcuni brani del vasto repertorio per pianoforte e liha ordinati secondo precisi criteri metodologici. Aspetti tecnici come terze,seste vanno di pari passo con tematiche musicali come il tocco espressivo,la consapevolezza ritmica, l’uso del pedale. Questi due processi di sviluppointeragiscono costantemente: il lavoro tecnico deve procedere di pari passocon lo sviluppo delle capacità espressive. Troviamo quindi moltecomposizioni dei grandi della musica affiancate a motivi dei vari paesieuropei che contengono e affrontano varie difficoltà tecniche.

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Ci sono anche studi ritmici, con pezzi che usano cambi di tempo, misureirregolari e tempi composti. Si arriva addirittura a pezzi moderni con autoricome Lutoslawski. Il libro si conclude con moltissime composizioni divaria difficoltà e diverso periodo storico. Il capitolo finale s’intitola: “Pezzida concerto di tre secoli diversi”.

Molto utile, interessante e stimolante è l’Appendice, dedicata asuggerimenti per l’improvvisazione: su un basso ostinato, in forma diciaccona, con ritmo asimmetrico. Vengono presentate poi diverse soluzionidi accompagnamento usando gli accordi, per imparare le loro funzioni. Cisono anche brani dove bisogna completare la melodia e sui quali si puòimprovvisare. Troviamo le cadenze attraverso le dominanti secondarie e gliaccordi di settima, nelle diverse specie. Si conclude con l’introduzioneall’armonia jazz e con un paio di famosi ‘standard’: “Autumn leaves” e Teafor two”.

Il “Metodo Europeo per Pianoforte” è veramente un bel metodo,completo, articolato, interessante e stimolante, dove lo sviluppo dellafantasia e della creatività dell’allievo viene curato particolarmente e con uncerto ‘ordine’. Esso costituisce una delle migliori novità degli ultimi anniin fatto di didattica pianistica.

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“Piano Time” di Pauline Hall

“Piano Time” è un metodo curato da Pauline Hall e pubblicato dalla“Oxford University Press” per la prima volta nel 1983; ha avuto finoravarie edizioni. Si tratta, come spesso accade nei moderni metodi, di unaserie di volumi separati che costituiscono un completo percorso perimparare a suonare il pianoforte. Il metodo è in inglese.

Il percorso è diviso in tre livelli, con l’aggiunta di raccolte di branidedicati al repertorio e alla tecnica.

Il livello uno è diviso in due libri: “Tutor” e “Repertoire”. Con“Tutor” si intende il vero e proprio metodo, con le spiegazioni, gli esempi,gli esercizi, i pezzi relativi. Con “Repertoire”, brani di vario carattere e didiversi autori.

Il livello due è diviso in tre libri: “Tutor”, “Repertoire” e “Duets”,cioè brani da fare a quattro mani.

Il livello tre è diviso in modo simile al due.Questi tre livelli sono preceduti da dei libretti introduttivi, con

semplici brani per le dieci dita.Ci sono poi altri libri suddivisi per stili: arrangiamenti di brani

classici; musiche d’opera; carole natalizie; pezzi dal carattere divertente egiocoso, con insieme dei giochi e quiz musicali; pezzi dal caratterejazzistico.

Per finire, troviamo delle raccolte d’esercizi per la tecnica e trelibretti dedicati all’aspetto della scrittura e dell’analisi musicale.

Mettiamo l’attenzione sui due volumi denominati “Tutor”. Nel primosi parte dalle fondamentali nozioni musicali: le note, i valori, le misure, ledita e la posizione della mano. Subito si passa a dei semplici esercizi per ledue mani, in chiave di violino e di basso, partendo dal Do centrale. Latendenza dei nuovi metodi per pianoforte è quella di far iniziare la manosinistra in modo speculare alla destra e quindi non partendo dalle cinquenote di seguito, ma scendendo dal Do centrale. Gli esercizi per le due manidapprima usano solo tre note, rispettivamente Do, Re, Mi e Do, Si, La edopo qualche pagina arrivano alle cinque dita. Nei brani successivivengono introdotte le pause, le legature di valore e il punto, le legature difrase, il legato e lo staccato.

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Finalmente da pagina 15 iniziano dei brevi pezzi a due mani insieme,con la sinistra che suona alternata alla destra oppure con piccoli movimentidi tono o semitono. Da pagina 18 vengono introdotte le alterazioni: Fa# perla destra e Sol# per la sinistra; quindi Sib in chiave di basso e Mib in chiavedi violino.

A pagina 23 la mano sinistra viene sistemata nella classica posizionedelle cinque dita partendo dal Do nel secondo spazio. Ora le due manipossono suonare in tonalità di Do maggiore e la sinistra può iniziare conqualche bicordo e piccolo accompagnamento. Nelle pagine seguenti fannola loro comparsa rispettivamente: le crome, l’accordo di Do magg., ladenominazione degli intervalli fino alla quinta e pezzi con gli intervalliarmonici relativi.

Da pagina 32 si passa alla tonalità di Sol magg., con piccoli branicon dei semplici accompagnamenti. Quindi si affronta la tonalità di Famagg. e viene poi spiegato il ritmo puntato di semiminima. Il libro siconclude con la scala di Sol magg. e due brani da suonare a quattro mani.

Il secondo volume del metodo si apre con dei pezzi in tonalità di Solmagg. e Re min. Vengono poi presentati gli intervalli di tono e semitono.Dalla pagina 11 si affrontano le scale (di Do) per moto contrario partendodal Do centrale. Quindi viene spiegata anche la scala in due ottave.Vengono proposti dei brani appositi per far pratica sulla difficoltà delpassaggio del pollice. Improvvisamente ci s’imbatte in un pezzo dove lamano destra suona sempre per intervalli di sesta.

A pagina 20 si passa alla scala di Sol in due ottave, con pezzi relativi.A pagina 22 vengono spiegate le indicazioni di tempo e i brani che

troviamo spaziano dal 3/2 al 3/8, dal 3/4 al 2/4. Si arriva alla scala di Fa,sempre in due ottave, con brani relativi e quindi di Re. A pagina 36troviamo le scale minori armoniche di La e Re. A pagina 38 ci sono degliesercizi sul ritmo di 6/8 e viene spiegata la differenza di interpretazione trail 6/8 e i 3/4.

Il libro si conclude con alcune composizioni un po’ più impegnativedi Diabelli, Berens, Blackwell, Joplin.

La serie “Piano Time” è arricchita, come detto, da parecchi volumiche spaziano attraverso diversi repertori e varie tematiche. Interessanti sonoi tre volumi intitolati “Music through time” che presentano brani di grandicompositori classici.

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Il “Metodo per pianoforte” di Lebert & Stark

Il metodo di Lebert & Stark è diviso in tre volumi; qui affrontiamo ilprimo volume, per ragioni di spazio. Il metodo è stato scritto nel 1858 erivisto dal maestro Filippo Ivaldi nel 1919. Vi è una prefazione nella qualevengono dati dei consigli per colui che si attinge a studiare il pianoforte.Quindi passa ai principi elementari della musica: le note, le chiavi, ledurate e i valori delle note, le pause, le terzine e sestine, il ritmo, il tempo eil movimento. Poi spiega molto bene, con degli esempi, i tempi semplici ecomposti. Passa a spiegare le indicazioni di movimento, il colorito(dinamica) e la nozione di intervallo, di tonalità e scala. Apre poi unparagrafo sulla teoria del meccanismo, parlando del tocco e dellaformazione del suono, della posizione della mano, del meccanismo dellostrumento pianoforte, del legato e dello staccato. Troviamo quindi trepagine con delle tavole: nella prima la posizione delle note sul pianoforte,in tutta l’estensione; nella seconda i valori delle note e della pause; nellaterza la corretta posizione delle braccia, delle mani, delle dita.

A questo punto, dopo la lunga premessa, può iniziare il metodo, congli esercizi per le cinque dita: dapprima per due dita, poi per tre e viadicendo. Si passa poi alle terzine e ad esercizi con semicrome, sempre intonalità di Do maggiore. Dal paragrafo 24 iniziano dei piccoli pezzi sucinque note e sui soli tasti bianchi da suonare a quattro mani conl’insegnante, nei vari tempi e con la parte dell’allievo che passa, a un certopunto, alla chiave di basso. Nel paragrafo seguente si passa ad esercizi epezzi per il tocco dei tasti neri, sempre a quattro mani. Nel paragrafo 26 lostudente viene lasciato solo, nel senso che i brani non sono più a quattromani e vengono proposte delle semplici melodie in varie tonalità: Domaggiore, Sol maggiore, Fa maggiore, Do minore, Mi minore, prendendoanche spunto da canzoni popolari. Nel paragrafo 27, molto breve, ci sonovari esercizi per allargare e avvicinare le dita in un’estensione di sei note.

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Dal paragrafo 28 si ritorna alle quattro mani con pezzinell’estensione di sei note (seste). Va messo in evidenza che le linee delledue mani sono solitamente all’ottava. Anche qui l’allievo passa dalla partein chiave di violino a quella in chiave di basso, attraversando vari tempi ediverse tonalità. Nel paragrafo 29 si ritorna a pezzi a due mani, in unaestensione di sei note e a due parti indipendenti. Il materiale musicale èspesso tratto da canzoni popolari. Nel paragrafo 30 riprende la cavalcata aquattro mani, con brani in una più larga estensione, ma senza quellad’ottava, da studiarsi alternativamente con i pezzi a due mani. Ci sono poiesercizi supplementari per “imparare a conoscere la differenza fra i solitiottavi (crome) e quelli delle terzine”. Quindi si passa a esercizi su terzine esestine, sempre a quattro mani.

Dal paragrafo 31 torniamo ai pezzi a due mani e a due partiindipendenti, la cui estensione è maggiore degli esercizi precedenti, masenza raggiungere l’ottava. Quindi nel paragrafo seguente ritroviamoquattro altri pezzi a quattro mani, basati sulle semicrome e note alterate.Dal 33° troviamo esercizi con la sinistra che tiene note lunghe e la destrache si muove con semicrome. La sinistra poi arriva a due, tre e anchequattro note tenute, sempre per la durata di 4/4. Finalmente dal paragrafo44 iniziano dei pezzi con le due mani che suonano in modo indipendente,con lo scopo di sviluppare il carattere melodico dell’esecuzione, cioè il‘cantabile’. C’è anche l’esempio di un tema con quattro variazioni. Ladifficoltà raggiunta con questi ultimi brani è discreta, circa da terzo anno dipianoforte.

Il metodo di Lebert & Stark è molto interessante, originale e benorganizzato, apprezzabile soprattutto per i molti brani da suonare a quattromani, cosa sempre valida e per l’allievo stimolante.

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Il “Metodo d’esercizi tecnici per pianoforte” di Bruno Mugellini

È un metodo che risale al 1911, basato su esercizi di tecnicapianistica e diviso in otto volumi, ognuno dei quali affronta le seguentitematiche:

1 – elementi della teoria e primi esercizi tecnici, 2 – le scale e altriesercizi d’agilità; 3 – gli arpeggi; 4 – le note doppie legate e staccate; 5 – leseste, le ottave e gli accordi; 6 – esercizi per lo stile polifonico; 7 – eserciziper il legato-cantabile e l’uso del pedale, 8 – esercizi di perfezionamento.

Il primo libro presenta una parte teorica con nozioni di teoriamusicale, solfeggi facilissimi ed esercizi riassuntivi. La parte pratica iniziacon degli esercizi preliminari, per poi passare alla percussione di suoniisolati, congiunti, suoni tenuti con vari ritmi in Do maggiore; la tonalità efigure ritmiche diverse in Mi maggiore e Fa minore; il pollice e il mignolosui tasti neri; esercizi con note tenute in Do maggiore; lo staccato delle dita;la preparazione del trillo; esercizi sui tasti neri; esercizi cromatici e per unamaggiore indipendenza delle dita, per l’allontanamento e l’avvicinamentodelle dita, per l’agilità lungo la tastiera, preparatori per l’esecuzione delledoppie note e di agilità con accento ritmico vario.

Il secondo libro inizia con la preparazione alle scale; le scale permoto retto in tutte le tonalità e le minori armoniche; esempi di scale convarietà di ritmi e coloriti. Nella seconda parte ci sono esercizi per losviluppo delle dita più deboli; trilli semplici e con note tenute; noteribattute; scale per terza, sesta, decima e per moto contrario; scalecromatiche; scale a mani alternate. Nella terza parte altri esercizi per le ditadeboli; scale minori con la quarta e settima alterate; scale scivolate;passaggi cromatici d’agilità.

Il terzo libro è diviso in tre parti. La prima presenta esercizi senzavoltata del pollice: arpeggi per moto retto e contrario, accordi arpeggiati,accordi in forma d’arpeggi spezzati per moto retto e contrario, esercizid’arpeggi con note doppie, accordi arpeggiati. La seconda parte presentaaccordi a quattro parti e arpeggi di due ottave, in tutti i toni, arpeggispezzati per moto retto e contrario, arpeggi su accordi di settima. La parteterza propone esercizi con il quarto e quinto dito, esercizi preparatori aigrandi arpeggi, con note doppie, accordi di tredicesima in forma d’arpeggi,grandi arpeggi in varie forme.

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Il quarto libro è diviso anch’esso in tre parti. La prima presentaesercizi per le note doppie legate e staccate, le scale di doppie terze, permoto retto, in tutte le tonalità. La seconda parte i trilli di doppie note; lescale, in doppie terze, per moto contrario; esercizi di quarte legate; la scalacromatica per doppie note. La terza parte le scale di doppie note a manialternate; esercizi vari legati e staccati; esercizi di scivolamento; le scalemaggiori in doppie terze.

Il quinto libro, nella prima parte affronta le seste legate e le scale didoppie seste per moto retto in tutte le tonalità; le scale cromatiche in motoretto e contrario per doppie seste maggiori e minori. Nella seconda parteesercizi per le ottave staccate e legate, con le relative scale; scalecromatiche per ottave; ottave interrotte; ottave disgiunte; doppie seste amani alternate. Nella terza parte si affrontano gli accordi: doppie note aaccordi con note da rilevarsi; scale per accordi di terza e sesta; scale perottave con terza; ottave framezzate da accordi; ottave e accordi a manialternate; scale in doppie note scivolate; arpeggi per ottave.

Il sesto volume affronta varie problematiche nella prima parte:esercizi con mano ferma, con vario accento e ritmo; scale con vario tocco ecolorito; arpeggi con diversità di tocco; scivolamento delle dita;accavallamento delle dita; sostituzione delle dita; contrasto di ritmi;esercizi polifonici facili a mani unite. Nella seconda parte le doppie notecon un suono da porsi in rilievo; doppie note di valore diverso; esercizipolifonici uguali per ambo le mani con ‘fraseggiature’; esercizi concontrasto d’accento e di ritmo fra le due mani; arpeggi disposti a due vociin vario modo; passaggi in forma di progressione tratti dalle opere di J. S.Bach.

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Il settimo volume affronta il tema del legato-cantabile e dell’uso delpedale. Ecco che troviamo vari esercizi per la mano destra sola, sinistrasola, sull’uso del pedale con vari esempi e consigli. Finisce con alcunibrani di autori celebri pedalizzati.

L’ultimo volume è dedicato ad esercizi di perfezionamento ed è unasorta di riepilogo. Troviamo esercizi per acquistare una maggioreestensione ed elasticità della mano; il perfezionamento delle scale; le scalecromatiche; i salti; le note doppie scivolate; le note ribattute; il contrasto diritmi; esercizi in forma di preludi.

Come suggerisce il titolo, si tratta di un metodo prettamente tecnico,che lascia poco spazio al repertorio e ai problemi dell’interpretazione,focalizzando l’attenzione su tutti i principali problemi di natura tecnica e dimeccanica delle dita. Da questo punto di vista è un’opera completa edesaustiva, di grande utilità per il pianista professionista che vogliaraggiungere notevoli traguardi e abilità ragguardevoli.

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La “Antologia didattica per lo studio del pianoforte” di F. Rossomandi

Imponente il lavoro compiuto da Florestano Rossomandinell’”Antologia didattica per lo studio del pianoforte”, scritta negli annisessanta del novecento. Il successo ottenuto dalla precedente antologiadidattica e dalla “Guida per lo studio tecnico del pianoforte”, ha portatol’autore a pubblicare una nuova edizione riveduta e ampliata d’entrambe leopere didattiche, destinate a svolgersi contemporaneamente nei corsi distudio. L’antologia è divisa in tre categorie: A, B, C. La serie A comprendedieci fascicoli contenenti un repertorio di studi d’ogni stile, scelti, riveduti eordinati dal facile al difficile progressivamente. La serie B, di otto fascicoli,si basa su pezzi e sonate a due mani, di vario stile, classico, romantico,brillante, coordinati progressivamente. La serie C, di otto fascicoli,contiene composizioni da suonare a quattro mani di diverso tipo:trascrizioni, sonate, danze, marce, pezzi romantici, temi e variazioni,ouvertures, rapsodie. I volumi costituenti le tre serie vanno studiatiparallelamente, completandosi a vicenda. L’antologia, unitamente allaguida, svolge lo studio pianistico per un percorso di cinque/sei anni, ossiaconduce l’alunno a un grado d’esecuzione sufficiente per intraprendere il“Gradus ad Parnassum” di Muzio Clementi.

Categoria A. Il fascicolo uno inizia con le lezioni progressive per lostudio del pianoforte, si tratta di 67 studietti scelti dalle opere diRossomandi, Czerny, Kohler, Bertini, Duvernoy, Hummel, Beyer, Lebert &Stark. Poi passa a 15 pezzi a due mani degli stessi precedenti compositori,con in più Bellini e Beethoven e quindi a 13 pezzi a quattro mani diDiabelli, Wohlfahrt, Enke, Rossomandi, Bellini.

I fascicoli dal due al dieci contengono studi progressivi scelti dalleopere di vari compositori: Clementi, Czerny, Bertini, Kohler, Bergmuller,Rossomandi, Diabelli, Hunten, Schumann, Beethoven, Donizetti, Enke,Mozart, Thalberg, Weber, Rossini, Lemoine, Duvernoy, Hummel,Loeschhorn, Bergmuller, Schmitt, Heller, Bach, Berens, Steibelt, Haendel,Dohler, Cramer, Jensen, Chopin, Mendelssohn, Frescobaldi, P. Martini.

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Categoria B (da notare che i primi due fascicoli delle Categorie B eC si trovano distribuiti nel primo e secondo fascicolo della Categoria A). Ivolumi della categoria B contengono brani diversi per stile, comprendendoun vasto repertorio classico, romantico e ‘brillante’. Vi troviamo brani dicompositori come: Schumann, Rameau, Beethoven, Rossomandi,Bergmuller, Diabelli, Bertini, Kuhlau, Herz, Hummel, Rossini, Haydn,Schmitt, Boccherini, Pescetti, Dussek, Rutini, Padre Martini, Chopin,Clementi, Mozart, Vento, Dandrieu, D. Scarlatti, Field, Mendelssohn,Ketten, Galuppi, Sacchini, Handel, Couperin, Schubert, Lulli, Liszt,Thalberg. I brani sono sistemati nei diversi volumi in ordine progressivo,costituendo un grande repertorio di brani ordinati per difficoltà tecnica einterpretativa.

Categoria C. Questa serie di volumi contiene un repertorio di branida suonare a quattro mani, sempre ordinati in ordine progressivo didifficoltà. Troviamo una grande quantità di composizioni estrapolatedall’opera di Rossomandi, Wohlfahrt, Enke, Diabelli, Bellini, Weber,Mozart, Thalberg, Rossini, Schumann, Meyerbeer, Schubert, Haendel,Schmitt, Beethoven, Chopin, Haydn, N. Rubinstein, Mendelssohn, Liszt.

Tutti questi fascicoli delle tre diverse categorie possono esserespalmati in cinque corsi di studi. Il primo corso avrà, ad esempio, i fascicoliuno e due della categoria A, il fascicolo due della categoria B e C. Inquesto modo ogni livello avrà una parte di studi, una di composizioni a duemani e una a quattro mani.Si tratta di un corso molto ben articolato e complesso, che può portarel’allievo ad un ottimo grado di preparazione e a studiare, come dice lostesso autore, il “Gradus ad Parnassum” di M. Clementi.

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La “Guida per lo studio tecnico del pianoforte” di F. Rossomandi

La “Guida per lo studio tecnico del pianoforte”, scritta negli annicinquanta del novecento, va affrontata parallelamente all’altro grandelavoro didattico di Rossomandi: l’”Antologia didattica”. Gli esercizipresenti nella guida per lo studio tecnico mirano allo sviluppo delle facoltàmeccaniche del pianista, mentre i brani dell’antologia sono direttiall’educazione artistica. La guida, suddivisa in otto volumi, definiscequanto occorre per rendere sicura e artistica l’esecuzione: impianto dellamano alla tastiera, sviluppo della tecnica, mezzi per rendere l’espressivitàmusicale, l’uso dei pedali. Gli esercizi sono sviluppati con tutte le varietàritmiche e tonali, avvalendosi di ogni procedimento armonico, compresol’esacordale.

Il primo volume tratta dell’impianto, cioè della posizione allostrumento e presenta gli esercizi fondamentali. Nel modulo A s’inizia con ilsistema tradizionale della scuola napoletana e con degli esercizi peraddestrare le mani alla posizione classica: la mano destra partendo dal Donel terzo spazio in chiave di violino e la mano sinistra partendo con ilpollice dal Sol nell’ultimo spazio in chiave di basso (quindi con movimentoper moto contrario rispetto alla destra). Nel modulo B si presenta il sistemaChopin dove si suona nella posizione dei tre tasti neri con il Mi e il Do aidue estremi. Successivamente si ritorna alla posizione di Do con le duemani a distanza di due ottave. Poi vengono presentati i segni di legato estaccato, degli esercizi di caduta del peso sul dito, esercizi di doppie note,esercizi per la scorrevolezza e l’agilità, per lo slancio delle braccia, per ilpassaggio del pollice. Poi si passa alle scale maggiori nell’ambito di unaottava e, alla fine del libro, dopo una serie d’esercizi, a degli altri piccolistudi sulle cinque dita nelle varie tonalità.

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Dal secondo volume in poi, la tecnica si trova suddivisa in cinqueparti che si studiano contemporaneamente: esercizi sulle diverse specie ditecnica senza passaggio del pollice; esercizi con passaggio del pollice:scale maggiori e minori, armoniche e melodiche, per terze e seste, doppieterze e seste, scale di ottave; esercizi con movimento del polso e delbraccio, esercizi a doppie note: terze, seste, ottave, accordi, note ribattute eottave disgiunte; esercizi con passaggio del pollice: arpeggi sulle variespecie di accordo; esercizi di tecnica per il doppio meccanismo etrascendentale.

Rossomandi indica che per compiere tutto il percorso di studio, civorranno all’incirca sette anni, che potranno variare a seconda delle facoltàe del tempo dedicato allo studio. Chi riuscirà a percorrere tutta la guida,riuscirà a maturare una tecnica notevole che andrà poi perfezionata con altristudi e altri metodi.

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Il “Metodo per pianoforte” di Ruggero Ruocco ed Emilio Ghezzi

Il metodo è opera di due pianisti/compositori ed è stato pubblicatonel 1990.

Il libro si articola in undici capitoli e traccia un itinerario didatticoche va dall’impostazione agli arpeggi, fornendo uno strumento di base per iprimi quattro/cinque anni di studio. I primi otto capitoli si suddividono intre parti ciascuno, di cui la parte A concerne problematiche piùpropriamente tecniche; la parte B riguarda aspetti musicali connessi a quellitecnici; la parte C applica in uno o più brani espressamente compostiquanto trattato nelle due parti precedenti. I capitoli nove e dieci sonoincentrati sulle scale e gli arpeggi; il capitolo undici è di carattereprincipalmente teorico.

Il percorso del metodo è determinato dalla successione degliargomenti trattati nelle parti A. I primi sei capitoli si sviluppano in modoconseguente a partire dal principio della caduta, passando da successioni dinote via via più lunghe, dapprima a mano fissa, poi in spostamentoprogressivo, infine con spostamento di salto. Il capitolo sette affrontal’indipendenza delle dita mediante esercizi con note tenute. L’ottavo, ilnono e il decimo il passaggio del pollice e le sue più dirette applicazioni:scale e arpeggi. L’ultimo capitolo tratta il metodo di studio e i principi diditeggiatura.

Tra gli argomenti sviluppati nelle parti B vengono approfonditi inparticolare i due principali tipi di scrittura pianistica: la polifonia e il cantocon accompagnamento, ripartendone lo studio in diversi capitoli, sempre inconnessione con gli argomenti tecnici delle parti A.

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I pezzi delle parti C sono spesso riferiti a epoche e a autori precisi,abituando così l’allievo ad accostare una larga gamma di problemistilistico-musicali. Ogni brano impiega quasi esclusivamente elementitecnici già studiati senza quindi anticipare quelli dei capitoli successivi.Inoltre il frequente ricorso alla scrittura a quattro mani facilital’apprendimento del senso ritmico e introduce alle problematiche dellamusica d’insieme.

La parte tecnica del metodo è stata maggiormente curata da RuggeroRuocco, mentre le composizioni presenti, ricche e originali, anche se, forse,di non semplice esecuzione, sono opera dell’ingegno di Emilio Ghezzi.

È un metodo molto articolato e dettagliato, con un approccio di tiposcientifico alle problematiche inerenti lo studio del pianoforte: ogniproblema tecnico viene smontato in tutte le minime frazioni; nulla èlasciato al caso, tutto è previsto, calcolato e analizzato.

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Il “Metodo Suzuki”

Il reale motivo della venuta in Occidente di Shinichi Suzuki, fondatoredell'omonimo metodo, era quello di comprendere il vero significatodell'Arte, risposta che sperava di trovare nell'Europa degli anni '20 - '30. ABerlino egli non solo studiò violino con Karl Klingher, allievo di Joachimed affermato violinista e insegnante, ma divenne intimo amico di AlbertEinstein e conobbe le nuove idee sull'educazione dei bambini che sistavano diffondendo grazie alla generazione di Maria Montessori e JeanPiaget.

La sintesi di questo "apprendimento", avvenuto in un ricco e variegatopanorama culturale, si riassunse alla fine nella sua frase: "L'arte non èqualcosa che sta sopra o sotto di me, l'arte è legata alla mia essenza piùprofonda". Questa profondità d'indagine, la ricchezza della culturamusicale europea e la messa a punto di nuovi e rivoluzionari metodieducativi in cui il bambino diventava soggetto, dunque, furono il fertileterreno da cui, grazie a quel lungimirante e intraprendente didatta che eraShinichi Suzuki, nacque il "Metodo Suzuki".

E' un fatto che il repertorio appreso dagli studenti del metodo Suzuki,dai pezzi più semplici fino ai brani da concerto, si rifà interamente alpatrimonio compositivo barocco o romantico dell'Europa, principalmente aquello della Germania, dell'Italia e della Francia. Nel suo libro Suzuki fariferimento a Pablo Casals e ad altri artisti esecutori europei come modellidi studio per gli studenti, intendendo sottolineare l'importanza di unacorretta imitazione del suono e di un buon dominio tecnico nel momento incui si muovono i primi passi nell'esecuzione strumentale.

Suzuki aveva compreso che proprio "l'imitazione" è alla base delprocesso d'apprendimento umano nei primi stadi della vita e, attraverso ilmetodo che egli chiamò "della lingua madre", dimostrò che si potevainsegnare ad un bambino così come gli si insegna a parlare: niente di piùovvio, eppure niente di più straordinariamente rivoluzionario per queitempi in cui il gran maestro giapponese ideava e codificava il metodo.

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Come, infatti, un bambino impara a parlare ascoltando e ripetendocontinuamente le parole dette infinite volte dai genitori, così impara asuonare ascoltando e ripetendo continuamente un frammento musicale, unritmo, una melodia che gli stessi genitori, "addestrati" dall'insegnante, gliproporranno nel corso della giornata affinché gli risultino familiari. Poichéla musica sarà a questo punto entrata a far parte in modo del tutto naturaledella vita del bambino e della sua famiglia, diventerà per loro "metodo divita", attraverso il quale verrà costruito il carattere, si coltiverà il buongusto, si svilupperanno le buone maniere, si imparerà ad entrare inrelazione con gli altri rispettando le regole, ma anche affinando lasensibilità; soprattutto si troverà in essa quella compagnia che non verràmai meno, ancor più se si sarà in grado di suonare uno strumento.

Inoltre, attraverso l'inserimento nei gruppi di ritmica prima ed'orchestra poi, il bambino (con i suoi genitori) si potrà confrontarecostantemente con i suoi compagni, imparando a capire in modo concreto ilproprio ruolo all'interno di un gruppo, il proprio stile particolarissimo, lapropria capacità di stare e di fare con gli altri senza rinunciare ad essere,come direbbe Suzuki, "profondamente se stesso". Elevato obiettivo questo,ma come dicono gli orientali: "Bisogna mirare alla luna per colpirel'aquila".

In queste poche e significative parole ritroviamo tutto lo spirito dellescuole Suzuki: massimo impegno di tutti (allievi, genitori, insegnanti) perperseguire i livelli di studio e preparazione e l'ingresso nell'orchestra, che èla grande ambizione di tutti i bambini.

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“Easiest Piano Course” di John Thompson

Il metodo di John Thompson, degli anni novanta, rientra tra queimetodi moderni suddivisi in vari volumi di crescente livello e dedicatiprincipalmente a giovani allievi. È anch’esso abbellito da simpatici disegnie adotta una grafica chiara, facilmente leggibile. È pubblicato in linguainglese.

Il primo volume inizia con le nozioni basilari e passa subito a deisemplici esercizi ritmici su una nota, Do, con le due mani. Poi aggiunge ilRe in chiave di violino e il Si in chiave di basso. Via via aggiunge le altrenote, ma con molta calma e soffermandosi su ogni piccolo passo con degliesercizi. È un approccio interessante per dar modo al giovane allievo di farepratica e assimilare le nuove informazioni.

Il secondo volume riprende con la posizione delle due mani sul Docentrale, in modo speculare. Vengono quindi presentate, nell’ordine: lecrome; il segno di alterazione (Fa#, Sib) e la tonalità con l’indicazionedell’accidente in chiave. Dalla pagina 16 ci si sposta sulle tre notemancanti, cioè sul La, Si e Do, per tutt’e due le mani. In questo modo sipuò passare alla tonalità di Fa e alla relativa posizione sulle cinque dita. Ibrani seguenti ‘sfruttano’ tutte queste informazioni, spaziando in diversetonalità e posizioni. A pagina 30 vengono spiegati gli accordi, divisi nelledue mani, con degli esercizi specifici. Quindi troviamo pezzi con gliaccordi a parti strette per la mano sinistra. Il volume si chiude con duebrani da suonare a quattro mani.

Il terzo libro si apre con la spiegazione del concetto di frase musicalee con la relativa legatura. Quindi viene mostrato come spesso un periodomusicale sia costituito da quattro semifrasi. A pagina 16 si spiegano gliintervalli di tono e semitono, con due brani basati su questi intervalli. Apagina 20 è illustrata la scala maggiore e si invita l’allievo a scrivernealcune, trasportando il modello. I brani seguenti spaziano, toccando letonalità di Sol, Fa, Do, Do min. Si ritorna agli accordi maggiori e allaspiegazione dei rivolti. Il volume si chiude con molti altri pezzi, in diversetonalità e con sette diverse scale maggiori con la relativa cadenza.

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Il quarto volume inizia con la nozione di ‘staccato’ e con un branodove la melodia è alla mano sinistra. Quindi troviamo la spiegazione deitagli addizionali, per la chiave di basso verso l’acuto, per quella di violinoverso il grave. Si arriva alla tonalità di Mi maggiore e a brani in 6/8. Poi aun brano dove l’accordo viene spezzato. Ci sono quindi vari pezzi dovetroviamo lo studio dello ‘staccato’, del salto di una mano nell’altra chiave,del ritmo sincopato. Arriviamo quindi alle tonalità di Si magg., Reb magg.,Solb magg., ognuna accompagnata da uno o più brani. Il libro si chiude conaltre sette scale maggiori (anche Do# maggiore!).

Dal quinto volume si ha un cambiamento: il libro non è più informato orizzontale come i precedenti, ma in formato verticale. Esso iniziacon una breve spiegazione delle semicrome e un relativo brano. Vengonopresentati i tagli addizionali delle note estreme, verso il grave e versol’acuto, ma solo fino a tre linee addizionali. Viene poi mostratal’acciaccatura e lo studio del pedale di risonanza. Vi sono vari brani peraffrontare i vari usi del pedale. Le semicrome vengono presentate in branicon diverso tempo: 4/4, 3/4, 2/4, 6/8. Gli studi successivi affrontano inveceil problema del passaggio del pollice, dopo il secondo e il terzo dito. I braniseguenti, quasi tutti originali tranne qualche adattamento di composizionid’altri autori, sviluppano in maniera graduale e progressiva le variedifficoltà, arrivando a un livello discreto, che potrebbe coincidere con unsecondo anno di pianoforte classico.

Anche i seguenti volumi continuano sulla stessa strada, presentandobrani di diverso genere e carattere, in vari tempi e tonalità. Troviamo anchebrani adattati da Chopin, Thomè, Rimsky-Korsakoff e molti altri.

In generale, si tratta senza dubbio di un buon metodo,sufficientemente articolato. Forse non approfondisce particolarmente alcuniaspetti (scale minori, arpeggi, esercizi, ecc.) e i brani proposti hanno spessola mano sinistra usata a sostegno della destra, ma questo è un problemagenerale dei metodi moderni, che cercano di portare nel più breve tempopossibile lo studente a poter suonare. Il rischio è però quello di nonpotenziare a sufficienza la mano sinistra e non sfruttare appieno tutte lerisorse possibili.

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“Il primo libro per lo studio del pianoforte” di Antonio Trombone

Il lavoro di Trombone, degli anni cinquanta del ‘900, è dedicato acoloro che iniziano lo studio del pianoforte. L’autore sottolinea che, periniziarne lo studio, è necessario che l’allievo conosca i primi elementi diteoria e solfeggio. Il libro è diviso in tre parti.

Nella prima parte troviamo: esercizi sulle cinque dita perl’impostazione della mano e l’indipendenza delle dita, scritti nella solachiave di violino; 28 piccoli studi nella estensione delle cinque note a dueparti indipendenti e con l’uso graduale delle dita della mano sinistra,sempre nella sola chiave di violino; esercizi per lo studio del legato e dellostaccato.

Nella seconda parte ci sono: 16 studietti nella estensione delle cinquenote, in varie tonalità, nelle chiavi di violino e basso, preceduti da esercizipreparatori; esercizi per lo spostamento graduale delle mani e per l’agilitàprogressiva delle dita; esercizi preliminari di arpeggi senza il passaggio delpollice.

Nella terza parte vengono proposti: 12 studietti nella estensionesuperiore alle cinque note, senza il passaggio del pollice; esercizipreparatori al passaggio del pollice; scale maggiori e minori armoniche emelodiche per moto retto, raggruppate secondo le affinità di digitazione.

Gli esercizi della prima parte sono scritti nella sola chiave di violinoper facilitare la lettura e vanno suonati a mani separate per evitare cheall’inizio dello studio l’allievo si abitui a un movimento uguale fra le mani.La parte della mano sinistra, scritta con i numeri delle dita sotto le note,può essere suonata all’ottava inferiore.

Gli esercizi della seconda parte, che si muovono attraverso diversetonalità, sono preceduti da esercizi specifici per fare pratica delle nuoveposizioni e delle alterazioni relative.

In generale, si tratta di un metodo piuttosto succinto, essenziale, maabbastanza completo. E’ basato più su esercizi che su brani veri e propri: vasottolineato, comunque, che i brani presenti sono tutti composizionidell’autore. È forse uno dei metodi che più si avvicina al famoso “Beyer”,con il vantaggio che, in quello di Trombone, la chiave di basso entra inscena prima, dando modo alla mano sinistra di rendersi maggiormenteautonoma e indipendente.

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Il “Metodo Yamaha”

Il “Metodo Yamaha” è progettato per educare i bambini alla musica,dai 5-6 anni fino agli 8-9 anni, nel massimo divertimento. Il bambinoapprende in modo naturale, cominciando dallo sviluppo dell’orecchiomusicale e imparando man mano vari brani. Questi ultimi sono staticoncepiti non soltanto per la loro validità, ma anche per l’attrattiva cheesercitano sui bambini. Le lezioni sono collettive, allo scopo di facilitare l’apprendimento.Partecipando alla lezione con i loro coetanei, infatti, gli allievi condividonola gioia di imparare a suonare. Sviluppano un’attitudine positiva versol’apprendimento. Sono più motivati e traggono giovamento dall’ascoltoreciproco.

Già dalla prima lezione, gli allievi imparano a suonare il primo branomusicale, accompagnati dall’insegnante e dalla base registrata su compactdisc. Man mano che gli allievi progrediscono, i brani diventano sempre piùcomplessi e divertenti da suonare.

I libri del corso sono ricchi di brani musicali vivaci e divertenti,appositamente creati per i bambini di questa età. Ogni libro di testo èaccompagnato da un CD che contiene le registrazioni orchestrali di tutti ibrani e che aiuta l’allievo a suonare in modo più musicale ed espressivo.

Gli insegnanti dei corsi Yamaha, musicisti specializzatinell’educazione musicale, hanno una qualificata esperienza di lavoro con ibambini di questa età. Vengono accuratamente selezionati e seguono unarigorosa preparazione prima di cominciare la loro attività.

Si tratta di un corso per imparare a suonare il pianoforte a gruppi diallievi, ognuno dei quali ha a sua disposizione un pianoforte elettronico.Tutte le attività vengono condotte in modo collettivo, senza l’utilizzo dicuffie. La durata delle lezioni è di un’ora, una volta a settimana. È lostandard del “Metodo Yamaha”, adottato da più di trent’anni in tutto ilmondo. In base a questo metodo, l’allievo dapprima ascolta la frasemusicale proposta dall’insegnante, poi la memorizza cantando. Quando ilbrano è perfettamente memorizzato, si passa a suonare, mediante unatecnica particolare “ad imitazione”. L’ultima fase è quella della lettura, sulpentagramma, delle note che l’allievo ha memorizzato e che sa già suonare.

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In sintesi, lo schema è il seguente:ASCOLTARE >> CANTARE >> SUONARE >> LEGGEREIl metodo tradizionale fa esattamente il contrario: si comincia dalla letturadelle note e poi si passa a suonare, con la conseguenza di scoraggiare lamaggior parte degli allievi.

Il corso è articolato in sei volumi, ciascuno corrispondente ad unlivello progressivo. Ogni volume è suddiviso in unità e le materie diciascuna di esse sono le seguenti:1. Brani di repertorio di difficoltà progressiva2. Esercizi tecnici per l’agilità delle dita.3. Esercizi per imparare ad armonizzare ed arrangiare melodie di vario tipo.4. Esercizi per la musica d’insieme.

Ogni brano è dotato di base musicale su dischetto. Oltre a imparare unnotevole numero di brani di repertorio, l’allievo impara anche adarmonizzare le melodie in svariate tonalità e ad arrangiarle con stili diversidi accompagnamento. Il corso propone una formazione musicale completa,in grado di abbracciare tutti i generi musicali, dalla musica classica a quellapopolare, al jazz, al rock.

Il corso ha una durata media di quattro anni, dal primo passaggio alcompletamento di ogni volume, con il rilascio di certificati di studio convalidità internazionale. E’ stato progettato per rendere l’apprendimento nonsolo facile ed immediato, ma anche divertente. Si impara in modo naturale,soprattutto sviluppando prima l’orecchio musicale e affrontando man manovari brani di difficoltà progressiva. Questi ultimi sono stati concepiti nonsoltanto per la loro validità, ma anche per l’attrattiva che esercitano su tutti.Partecipando alla lezione con altre persone, c’è più motivazione e si traegiovamento dall’ascolto reciproco. L’atmosfera è più simpatica ed è privadi tensione. La musica favorisce la socialità. Si diventa tutti amici e siimpara a fare musica d’insieme, ed è questa un’esperienza di valorestraordinario. Fin dalla prima lezione, si impara a suonare il primo branomusicale, con l’accompagnamento dell’insegnante e della base registratasul compact disc. I brani successivi sono molto attraenti e vari, studiati perincontrare i gusti e le esigenze degli allievi nelle varie fasce d’età.

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Conclusione

Lo scopo di questo mio lavoro è stato quello di vedere come sonostati concepiti e scritti alcuni tra i più importanti metodi pianistici dellastoria. È stato, inoltre, molto interessante vedere come essi siano cambiati,come contenuti e struttura, nel corso del tempo.

I metodi più ‘vecchi’, tra quelli qui inclusi, sono quelli di Clementi,del 1801, di Czerny, della prima metà dell’800, di Beyer, dello stessoperiodo, di Lebert & Stark, del 1858. Seguenti a questi sono i metodi diMugellini, del 1911, di Brugnoli, del 1927, di Bartok, del 1926-39, di Cesi,del 1929. Si arriva ai metodi degli anni cinquanta/sessanta del novecento diTrombone, Rossomandi e poi a quelli recenti di Bastien (anche se egli hainiziato negli anni sessanta il suo è un metodo che si è imposto da noisuccessivamente), Thompson, Hall, Emonts.

L’aspetto che maggiormente emerge è che i metodi del passato eranospesso corposi ed impegnativi. Ad eccezione del metodo di Beyer, gli altrierano di solito lunghi e molto dettagliati. Anche altre opere non compresenel mio lavoro, ma che però sono state visionate (ad esempio i lavori diBreithaupt, Adam ed altri), erano estremamente articolate, comprendendoanche aspetti fisiologici, muscolari, ecc. Tra i metodi che ho analizzatoquello di Brugnoli è forse l’unico che riprende queste idee, andando astudiare tutte le componenti dell’attività di suonare il pianoforte. La sua è,infatti, un’opera addirittura impressionante per la quantità d’aspetti trattatie d’informazioni fornite. Altro lavoro colossale è quello di Cesi, in dodicifascicoli, ognuno dei quali affronta un argomento relativo all’esecuzionepianistica. E’ un metodo monumentale, che parte dalle nozioni basilari perarrivare alle più grandi difficoltà che un pianista possa immaginare di doveraffrontare. Anche il metodo di Clementi è molto impegnativo, soprattuttoper il pianista principiante e sottintende una notevole applicazione. Ilmetodo di Lebert & Stark è forse meno difficile dei precedenti e ha in più ilvantaggio di avere molti brani da suonare a quattro mani. Quello che glimanca, però, è la profondità d’analisi di tutti i particolari che caratterizza igrandi metodi storici menzionati.

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Discorso a parte merita il lavoro di Bartok, anche se molto è già statodetto nel capitolo specifico. Più che un metodo è un cammino progressivoattraverso le numerose difficoltà che un pianista è chiamato ad affrontare,stimolando lo studio e la fantasia dello studente con un ricchezza dicontenuti e una freschezza compositiva davvero straordinarie.

Molto interessanti sono anche le due opere di Rossomandi, checostituiscono insieme un imponente lavoro, degno dei più grandi didatti.Dei metodi moderni, quello che forse merita un’attenzione particolare èquello di Fritz Emonts: è un lavoro estremamente stimolante e vario, cheparte dai rudimenti per arrivare a dei brani belli e anche impegnativi;inoltre è accompagnato da ricche spiegazioni e aperture a musiche diverse,come il jazz. Questo è un aspetto da mettere in rilievo, in quanto manca amolti metodi moderni.

Dal punto di vista meramente tecnico, molte sarebbero le cose dasottolineare. La più evidente è forse il cambiamento che si è avuto nelcorso del tempo al riguardo dell’inizio degli studi da parte di unprincipiante. Nei metodi storici l’alunno veniva subissato di informazioni etenuto ‘fermo’ per molto tempo su aspetti come la lettura, il solfeggio, gliesercizi; oggi si tende a farlo suonare subito, per non correre il rischio difargli ‘odiare’ la musica. Molti sono, infatti, coloro che hanno abbandonatola musica per il troppo tempo passato a solfeggiare! Nei metodi moderni sisuona subito, anche con i pugni, sui tasti neri, con due note: tutto è utile perprendere subito confidenza con la tastiera e partire senza esitazioni. Ilrischio è quello di trascurare aspetti importanti come, appunto, il solfeggioe costruire castelli sulla sabbia: dipende dalle capacità del maestro riuscirea insegnare anche le cose ‘noiose’, rendendole chiare e comprensibili.

Altro aspetto che può essere evidenziato è quello della differenza diimpostazione per i pezzi più facili. Nei metodi storici si iniziava, spesso,dalla chiave di violino con tutt’e due le mani a distanza di ottava, oppurecon la sinistra in chiave di basso, ma sempre partendo con il mignolo dalDo. Oggi la tendenza è invece quella di partire con la sinistra speculare alladestra dal Do centrale, e quindi subito con la chiave di basso, per noncomplicare le cose con il mignolo della sinistra, sempre ‘indisciplinato’ edifficile da gestire nel primo periodo di studi.

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Quello che rimane in comune a tutti i metodi è la parte inizialededicata alle principali nozioni di teoria musicale: le note, le chiavi, lanotazione, il tempo musicale, le alterazioni, ecc. Diverso è poi il modo dimettere in pratica le cose e il ‘come’ far iniziare l’allievo. Un particolaremetodo preferisce insistere sull’aspetto ritmico, uno sul suonare subitoqualcosa, anche partendo dai tasti neri, un altro da esercizi su tre note,oppure su cinque, e via dicendo. Tutti i metodi sono validi; la responsabilitàè dell’insegnante che deve valutare con attenzione l’allievo che ha davantie ‘calibrare’ il metodo in base alle esigenze. L’ideale è, quindi, adottare unmetodo come guida principale cercando quello che più si adatta al singolostudente e nello stesso tempo allargare l’orizzonte ‘pescando’ da altrimetodi o altri testi che possono essere complementari a quello principale.Probabilmente il metodo ideale non esiste: la soluzione si può quinditrovare prendendo le cose che più interessano da vari testi, riunendole inmodo omogeneo, senza creare degli sbilanciamenti e senza concentrarsitroppo su un aspetto a discapito di un altro. Ecco che la programmazionepersonale per ciascun allievo può risultare uno strumento utile, se nonaddirittura indispensabile, per tenere sempre sotto controllo la situazione,calibrando le azioni dell’oggi in base agli obiettivi e ai risultati daperseguire.