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40 EDITORIALEOGGI

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OGGIVe n e rd ì5 luglio 2 01 9

AGENDAZAPPING COLPI DI TESTA Stefano TestaAvvocato e scrittorecon l’hobby del giornalismo

Libri, musica e artein ordine sparso

Il librodi Tomasi

di Lampedusave n n e

pubblic atop o st u m onel 1958

Lascorsanotte è statoas-segnato il principale ri-conoscimento lettera-rio italiano: il PremioStrega. Sessant’anni fa,a vincerlo, fu uno scrit-

tore palermitano esordiente, Giu-seppeTomasi diLampedusa, auto-re di uno dei romanzi italiani piùfamosi di sempre: “Il gattopardo”.Le vicende che vi sono narrate sisvolgono in Sicilia (prevalente-mente nel paese immaginario diDonnafugata) tra il 1860 ed il 1910,e vedono, come principale prota-gonista, il principe Fabrizio Salina(personaggio che è ispirato al bi-snonno dell’autore, il ricco aristo-cratico Giulio Fabrizio Tomasi). Iltitolo dell’opera, divenuto oramaianche una moderna aggettivazio-ne colloquiale, si riferisce proprioalla sua nobile figura, ma in realtàderiva dallo stemma di famiglia deiprincipi di Lampedusa, raffiguran-te un animale, noto con il nomescientifico di “Felis leptailurus ser-val” («i villici di Donnafugata nu-trivano davvero un qualche affettoper il loro tollerante signore che co-sì spesso dimenticava di esigere icanoni ed i piccoli fitti; e poi, abi-tuati a vedere il gattopardo baffutoergersi sulla facciata del palazzo,sul frontone della chiesa, in cimaalle fontane barocche, sulle pia-strelle maiolicate delle case, eranolieti di vedere l’autentico gattopar-do in pantaloni di piqué, distribui-re zampate amichevoli a tutti, esorridere nel volto bonario felinocortese»).

Il romanzo venne composto trail 1954 ed il 1956, e la storia dellasua pubblicazione è assai curiosa.Il manoscritto, inizialmente, ven-ne rifiutato da diverse case editri-ci. Elio Vittorini –che in quegli an-ni selezionava le opere di narrati-va inedite per Mondadori ed Ei-naudi, ed al quale era stato fattoleggere – così infatti rispose al-l’autore il 2 luglio del 1956: «...ilsuo Gattopardo l’ho letto davverocon interesse e attenzione. Anchese come modi, tono, linguaggio eimpostazione narrativa può ap-parire piuttosto vecchiotto, il suoè un libro molto serio e onesto…tuttavia esso non mi pare suffi-cientemente equilibrato nelle sueparti... non riesce a diventare (co-me vorrebbe) il racconto di un’e-poca e, insieme, il racconto delladecadenza di quell’epoca».

Sembrava, questo, il preludio atante altre bocciature editoriali. Einvece, alla fine del 1957, ElenaCroce, figlia di Benedetto, conse-gnò a Giorgio Bassani (che avevainiziato a curare una nuova colla-na di narrativa per la casa editriceFeltrinelli), una copia anonimadel manoscritto. Egli rimase cosìincantato da quelle pagine cosìeleganti e da quella prosa cosìispirata, che decise di mettersi al-la ricercadel suo autore. Solo allo-ra apprese che il romanziere eramorto a Roma, a soli 61 anni, giàda diversi mesi. Essendo tuttaviaconvinto che quello straordinariospaccato della Sicilia durante iltrapasso tra l’Italia borbonica equella unitaria meritasse la pub-blicazione, rintracciò la vedovadello scrittore ed il figlio adottivoGioacchino, per ottenere il loroassenso. “Il gattopardo” uscì nellelibrerie l’11 novembre del 1958. Inpochimesi vendetteoltre250.000copie. Ed il 7 luglio del 1959 vinse,come detto, il Premio Strega.

Nella prefazione alla prima edi-zione lo stesso Bassani (che aveva

casualmente conosciuto Giusep-pe Tomasi di Lampedusa nell’e-state del 1954, in occasione di unconvegno letterario, senza maipiù rivederlo), così descrisse fisi-camente il romanziere: «...era unsignore alto, corpulento, tacitur-no; pallido in volto, del pallore gri-giastro dei meridionali di pellescura. Dal pastrano accuratamen-te abbottonato, dalla tesa del cap-pellocalata sugliocchi, dallamaz-za nodosa a cui, camminando, siappoggiava pesantemente». Ag-giungendo poi che egli aveva di-mostrato «...ampiezza di visionestorica unita a un’acutissima per-cezione della realtà sociale e poli-tica dell’Italia di adesso; deliziososenso dell’umorismo ed autenticaforza lirica; perfetta, sempre, atratti incantevole, realizzazioneespressiva: tutto ciò fa di questoromanzo una di quelle opere a cuisi lavora o ci si prepara per tuttauna vita... concede assai poco allatrama, all’intreccio, al romanze-sco... si legga dunque con l’abban -dono che pretende per sé la verapoesia».

La lettura de “Il gattopardo” èun’esperienza letteraria memora-bile. Nonostante la sua prosa nonsia affatto agevole, soprattutto alprimo approccio, tuttavia amma-lia e colpisce. Stracolma di riferi-menti storici, linguistici e cultura-li, e gonfia di quella sapidità chesoltanto la Sicilia, ed i suoi figli piùillustri, riescono a regalare. Di pe-riodi incantevoli, di descrizionisublimi, di passaggi narrativi su-blimi, nel romanzo, se ne trovanotantissimi. Ad esempio: «Da infondo al viale principale, chescendeva lento tra le alte siepi dialloro si udiva la dolce pioggia de-gli zampilli che ricadevano nella

IL FILM

D i re ttoda LuchinoViscontie trattodall’omonimoro m a n zodi GiuseppeTo m a s idi Lampedusa,il film“Il gattopardo”ha vintola Palma d’oro al16º Festivaldi Cannes.Nel cast brillanoAlain Delon,Burt Lancaster,Claudia Cardinalee Paolo Stoppa.Uscito nelle salenel 1963, fecere g i s t ra reun ottimosuccessoal botteghinoin Italia, risultandocampionedi incassi.È tuttorauno dei film italianipiù vistidi semprecon quasi tredicimilionidi spettatorip a ga n t i

fontana di Anfitrite… le acqueerompevano in filamenti sottili,picchiettavano con pungente bru-sio la superficie verdastra del ba-cino, suscitavano rimbalzi, bolle,spume, ondulazioni, fremiti, gor-ghi ridenti». O ancora: «Moltiproblemi che apparivano insolutial Principe venivano risolti inquattro e quattr’otto da don Calo-gero; liberato com’egli era dallecento pastoie che l’onestà, la de-cenza emagari labuona educazio-ne impongono alle azioni di moltialtri uomini, egli procedeva nellaforesta della vita con la sicurezzadi un elefante che, svellendo albe-ri e calpestando tane, avanza in li-nea retta non avvertendo neppurei graffi delle spine ed i guaiti deisopraffatti».

Iveri protagonisti del ro-

manzo, a ben vedere, nonsono il Principe di Salina, ilnipote Tancredi, o la suabella promessa sposa Ange-lica. È la solare Sicilia. Sono

i siciliani. Dalla lettura emerge in-fatti non solo una conoscenza pro-fonda dei fatti storici che condus-sero al trapasso tra la monarchiaborbonica e quella sabauda; nonsolo una chiara visione politica esocialedel mondochefa dacontor-no alla trama del libro; ma anche esoprattutto una lucida descrizionedel contesto geografico che costi-tuisce il teatro degli eventi narrati:«Quando i cacciatori giunsero incima al monte, di fra i tamerici e isugheri radi apparve l’aspetto del-la vera Sicilia, quellonei cui riguar-di città barocche ed aranceti nonsono che fronzoli trascurabili: l’a-spetto di una aridità ondulante al-l’infinito in groppe sopra groppe,

sconfortate e irrazionali, dellequa-li la mente non poteva afferrare lelinee principali, concepite in unmomento delirante della creazio-ne: un mare che si fosse ad un trattopietrificato nell’attimo in cui uncambiamento di vento avesse resodementi le onde. Donnafugata,rannicchiata, si nascondeva in unapiegaanonima del terreno,e nonsivedeva anima viva: sparuti filari diviti denunziavano soli un qualchepassaggio d’uomini. Oltre le colli-ne, da una parte, la macchia indacodel mare… Il vento lieve passava sututto, universalizzava odori di ster-co, di carogne e di salvie, cancella-va, elideva, ricomponeva ogni cosanel proprio trascorrere noncuran-te… questo paesaggio che ignora levie di mezzo fra la mollezza lascivae l’arsura dannata... questo climache c’infligge sei mesi di febbre aquaranta gradi... sei volte trentagiorni di sole a strapiombo sulle te-ste; questa nostra estate lunga e te-tra quanto l’inverno russo, e controla quale si lotta con minor succes-so… da noi nevica fuoco come sullecittà maledette della Bibbia; inognuno di quei mesi se un sicilianolavorasse sul serio spenderebbe l’e-nergia che dovrebbe essere suffi-cienteper tre; e poi l’acqua chenonc’è... e dopo ancora le piogge, sem-pre tempestose, che fanno impaz-zire i torrenti asciutti, che annega-no bestie e uomini proprio lì dovedue settimane prima le une e gli al-tri crepavano di sete».

Lucidità narrativa, dunque, mi-rabilmente mescolata ad unastraordinaria visione culturale,sociale, umana, storica e politica.Peraltro attualissima: «Questaviolenza del paesaggio, questacrudeltà del clima, questa tensio-ne continua di ogni aspetto, que-

sti monumenti... magnifici ma in-comprensibiliperché nonedifica-ti da noi e che ci stanno intorno co-me bellissimi fantasmi muti; tuttiquestigoverni, sbarcati inarmidachissà dove, subito serviti, prestodetestati, e sempre incompresi,che si sono espressi soltanto conopere d’arteper noienigmatiche econ concretissimi esattori d’im -poste spese poi altrove: tutte que-ste cose hanno formato il caratte-re nostro, che così rimane condi-zionato da fatalità o esteriorità,oltre che da una terrificante insu-larità d’animo... in Sicilia non im-porta far male o bene: il peccatoche noi siciliani non perdoniamomai è semplicemente quello di fa-re... il sonno è ciò che i siciliani vo-gliono, ed essi odieranno semprechi li vorrà svegliare, sia pure perportar loro i più bei regali… nonvorranno mai migliorare, per lasemplice ragione che credono diessere perfetti; la loro vanità è piùforte della loro miseria».

Dal romanzo vennetratto il celebre,omonimo film. In-terpretato da BurtLancaster, Alain De-lon e Claudia Cardi-

nale. La pellicola vinse, nel 1963, laPalma d’Oro al Festival di Cannes.La regia fu affidata a Luchino Vi-sconti. Il qualeunavolta cosìdisse:«Se qualcuno affermasse che, inTomasi di Lampedusa, i modi par-ticolaridi affrontare i temi dellavi-ta sociale e dell’esistenza che furo-no del realismo verghiano e della“memoria”di Proust trovano un lo-ropunto di incontro edi sutura, sa-rei d’accordo con lui... il tema cen-trale del Gattopardo – “perché tut-

to rimanga com’è bisogna che tuttocambi” – non è solo una criticaspietata al trasformismo che pesasul nostro paese, e che gli ha impe-dito di cambiare davvero fino adoggi, ma lo èanche verso la tenden-za più universale, e purtroppo at-tualissima, di piegare la spinta delmondo verso il nuovo alle regoledel vecchio, facendo ambiguamen-te e ipocritamente sovraneggiarequelle da queste». Per realizzare lapellicola la casa cinematograficasostenne costi enormi. Il produtto-re Goffredo Lombardo ricordò che«il regista effettuò i sopralluoghiassieme a Gioacchino Lanza To-masi di Lampedusa… pretese cheogni giorno gli arrivassero da Sa-nremo quintali di fiori freschi perabbellire determinate scene. Inquella del ballo volle tutti i lampa-dari della sala illuminati con lecandele vere. Che si squagliavano.Oltre al trambusto iniziale per ac-cenderle si doveva interrompere lalavorazione ogni ora, prendere dinuovo le scale, cambiare le cande-le, e riaccenderle… tutti gli uominiportavano i guanti bianchi. Che do-po un po’, col sudore, si ombrava-no… Visconti pretese che impian-tassimo una lavanderia con unacinquantina di donne addette a la-varli… Il lavoro degliarredatori co-minciò molti mesi prima, alla ri-cerca di mobili, quadri, tappezze-rie dell’epoca… Tutta l’isola venneperlustrata per trovare delle car-rozze, alcune erano ancora in fun-zione presso delle imprese di pom-pe funebri; altre, trovate nelle stal-le delle antiche ville, vennero re-staurate, imbottite e riverniciate».Una cura maniacale per ogni detta-glio, dunque; tuttavia ben riposta.Perché “Il Gattopardo”ancora oggiè considerato il “Via col vento” del -

la cinematografia italiana.La scrittrice siracusana Simona

Lo Iacono ha dedicato, alla figuradi Giuseppe Tomasi di Lampedu-sa, la sua ultima fatica letteraria. Èstato infatti appena edito da NeriPozza un romanzo (“L’albatro”),che ripercorre, con una prosa inci-siva e raffinata, la vita del granderomanziere palermitano. La LoIacono mescola abilmente realtàstorica e fantasia, ripercorrendole vicende personali di colui ilquale non riuscì a provare, a causadi un crudele destino, la soddisfa-zione di vedere pubblicato il suocapolavoro. Sull’onda della me-moria del protagonista, e di unsuo immaginario amico d’infan -zia («sentendo parlare del mare,Antonno si era illuminato. Lochiamava “il cielo capovolto”. E ilcielo era “il mare risalito”»), la LoIacono ci regala un piccolo gioiel-lo. Frasi sapide («la controra sfo-gavasu dinoi tutte le suemaligne-rie») e visionarie («ciò che si sgre-tolava non erano i sassi, ma i ricor-di, le nascite, lemorti»). Maanchedescrizioni di grande efficacianarrativa, che evidenziano gesti(«scuoteva i riccioli, lasciava chele spolverassero le sopracciglia»),richiamano profumi («esalavaodore di mirto e di caramelle allacarruba») ed esaltano sentimenti(«quel gattopardo che ha ruggitocosì disperatamente in me, che miha forzato a tanta fretta, che ho ri-pescato dalle profondità del mioessere, è rimasto improvvisamen-te rauco. Niente, neanche unosbadiglio, esce dalla sua bocca»).Non mancano i richiami ai luoghied alle usanze della meravigliosaTrinacria («i lutti in Sicilia sem-bravano ordinazioni sacerdotali,investiture di re. I nostri cadaveri

avevano i paramenti delle litur-gie, gli abiti fastosi delle celebra-zioni sacre… li sistemavamo nellecatacombe dei cappuccini comese fossero vivi, i maschida un lato,le femmine dall’altro. I capitanicon ledivise di gala. Levergini congli abiti da sposa. I bambini con igiocattoli. Mescolavamo la vita ela morte, così come univamo for-malina e alcol, acido salicilico ezinco»). In diverse occasioni lascrittrice utilizza termini poco co-muni nel moderno colloquiare,(«gloglottare», «supplici», «pla-ghe», «pintori»), o di chiara origi-ne dialettale («tramestuliare»,«tumminiata», «murmuriare»).Ma lo fa sempre con garbo ed effi-cacia. Neviene fuoriun’opera che,con grande maestria, accompa-gna il lettore sino alla fine terrenadel grande scrittore siciliano.

Il destino volle che il PrincipeFabrizio Salina, e Giuseppe To-masi di Lampedusa, morisseroentrambi in un letto; entrambi inun torrido luglio; entrambi lonta-no da casa. Chissà se anche que-st’ultimo, come il personaggio cheaveva inventato, prima di chiude-re gli occhi fece il bilancio dellasua vita; chissà se raggranellò«fuori dall’immenso mucchio dicenere delle passività, le pagliuzzed’oro dei momenti felici». Chissàse anche lui si domandò se quellepagliuzzepotessero «esserecollo-cate nell’attivo della vita», e fosse-ro davvero «un’elargizione antici-pata delle beatitudini mortua-rie». Se così fu, siamo certi che an-che il granderomanzieresicilianodiede la medesima risposta cheaveva dato, alla fine del romanzo,anche il suo “Gattopardo”: «Nonimportava. C’erano state». l

Stefano Testa

ii

nfo

IL GATTOPARDO,LA SICILIAE L’I TA L I ADI IERI E DI OGGICorsi e ricorsi Un romanzo ancora oggi attualeChe racconta una fase fondamentale del nostro PaeseSessant ’anni fa vinceva il Premio Strega

GIUSEPPETO M AS IDI LAMPEDUSA

Nato a Palermonel 1896.Il suo libropiù famoso,“Il gattopardo”,fu pubblicatopostumonel novembre del1958, quandoElena Crocelo inviòa Giorgio Bassani,che lo fecep u bbl i c a redalla casa editriceFeltr inelli.Nel 1959il romanzo vinseil Premio Strega

Il filmdi Luchino

Vis contiresta uno

dei capolavoridel cinema

it aliano

050719_FR_05072019_40 - Frosinone - Stampato da: cricci_ng - 08/07/2019 20:54:04