7/28/2019 Impianti Di Riscaldamento 07may2008 (Saro-Manzaz)
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IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
Onorio SARO, Marco MANZAN
07 maggio 2008
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Abstract
RIVISTE CONSIGLIATE:
La termotecnica Condizionamento dellaria. . . (CDA) Heating, piping, air conditioning (HPAC)
Siti di interesse termotecnico:
http://www.cti2000.it Comitato termotecnico italiano
http://www.ashrae.com American Society of Heating, Refrigerating and Air-ConditioningEngineers (associazione di ingegneri termotecnici statunitensi, conta soci in tutto il mondo)
http://www.aicarr.it Associazione italiana condizionamento dellaria, riscaldamento,refrigerazione (collabora con lASHRAE)
http://www.rehva.com REHVA Federation of European Heating and Air ConditioningAssociations
http://www.caleffi.it Caleffi s.p.a. (idronica)
http://www.isover.it Saint-Gobain Isover Italia s.p.a. (materiali isolanti)
http://www.riello.it Riello s.p.a. (caldaie e altro) http://www.rhoss.it Rhoss s.p.a. (climatizzazione) http://www.irsap.it IRSAP s.p.a. (radiatori) http://www.delonghi.it De Longhi S.p.A. (radiatori e altro) altri
Si sottolinea che a causa del carattere della pubblicazione numerosi possono essere gli errori e le
imprecisioni nelle citazioni di Leggi e di Norme alle quali si rimanda per una lettura autentica.
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Capitolo 1
IMPIANTI DI RISCALDAMENTO
Dal calcolo delle dispersioni si e ottenuta la potenza necessaria per il riscaldamento dei singoli locali:
= T + V
Tale potenza e ricavata in regime stazionario, senza tener conto del funzionamento dei corpi scaldanti
e delle modalita di controllo della temperatura ambiente. Ogni tipologia di terminale dellimpianto
trasferisce calore allambiente secondo modalita che, per mantenere la temperatura interna al valore
di progetto, richiedono una potenza maggiore di quella calcolata idealmente secondo lespressione
precedente. Ad esempio, un radiatore posto in corrispondenza di una parete esterna scalda la parete
posteriore ad una temperatura maggiore di quella che si avrebbe se la parete scambiasse calore con
laria ambiente e per irraggiamento con le altre pareti; questo comporta una maggior dispersione ri-
spetto ai valori calcolati. Anche il sistema di regolazione e controllo della temperatura interna degliambienti puo dare luogo a disuniformita di temperatura che comportano maggiori dispersioni. Le
inefficienze legate allo scambio termico tra i terminali e lambiente vengono valutate mediante un
coefficiente e < 1 detto rendimento di emissione, le inefficienze dovute al sistema di regolazionee controllo vengono valutate mediante un coefficiente c < 1 detto rendimento di regolazione. Aqueste considerazioni si deve aggiungere che i calcoli possono contenere errori o anche le condizioni
in opera possono non corrispondere a quelle di calcolo, ad esempio possono mancare parti di isolante
nelle pareti. Per ovviare a cio si consiglia di aumentare ulteriormente la potenza con un coefficiente
di sicurezza Cs 1, 20. Inoltre, si deve prevedere che i locali possano essere riscaldati a partire dacondizioni di temperatura interna sensibilmente inferiore da quelle di progetto, ad esempio a causa
della intermittenza o attenuazione del funzionamento durante la notte o i fine settimana. Affinche latemperatura interna possa raggiungere il valore di progetto in tempi accettabili la potenza da fornire
deve essere superiore a quella calcolata come somma delle dispersioni. Secondo la vecchia normativa
UNI 7357, la maggiorazione si puo fare mediante un coefficiente di intermittenza Ci maggiore dellu-nita i cui valori sono riportati nella Tabella 1.1, oppure, secondo il progetto di Norma europea prEN
12831, sommando una potenza di preriscaldamento pr alla potenza calcolata in regime stazionario.La maggiorazione per il preriscaldamento deve essere maggiore quanto piu elevata e linerzia termica
interna dellambiente e quanto minore e il tempo richiesto per il raggiungimento della temperatura di
progetto.
Percio, la potenza che il corpo scaldante deve fornire al locale si puo esprimere come:
cs = ec
CiCs
con riferimento al coefficiente di intermittenza Ci oppure
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 3
cs =
ec
Cs + pr
con riferimento alla potenza di preriscaldamento. I simboli nelle precedenti relazioni hanno il seguen-
te significato:
cs potenza del corpo scaldante
potenza ideale richiesta dallambiente
e rendimento di emissione
c rendimento di regolazione
Ci coefficiente di intermittenza
Cs coefficiente di sicurezza
pr potenza di preriscaldamento
I corpi scaldanti sono collegati al sistema di generazione della potenza termica (caldaie, pompe
di calore o altri sistemi) mediante una rete di distribuzione del fluido termovettore (acqua o aria)
di solito organizzata per zone termiche. Le reti di distribuzione pur essendo obbligatoriamente coi-
bentate hanno delle dispersioni verso lesterno che dipendono anche dalle caratteristiche delle zone
termiche e possono essere consistenti. Di questa inefficienza si tiene conto mediante un rendimento
di distribuzione d < 11. La potenza termica da fornire alla singola zona termica si puo esprimere
come:
z =
ncsj=1
cs,j
dove ncs e il numero di corpi scaldanti della zona. E possibile cos risalire alla potenza della caldaia(del sistema di generazione) g.
g nz
k=1
z,kd,k
dove
nz numero di zone servite dallimpianto;
z,k potenza termica della kesima zona;d,k rendimento di distribuzione della kesima zona.La potenza del sistema di generazione calcolata in questo modo puo risultare eccessivamente
sovrastimata soprattutto se si tratta di un impianto centralizzato con numerose utenze. Ad esempio,
una sovrastima puo derivare dal calcolo delle dispersioni se si sono previste dispersioni tra i locali
di una utenza e quella di unaltra adiacente, supposta spenta; nel caso qualche utenza sia spenta,
la potenza non utilizzata da queste resta a disposizione per il riscaldamento delle utenze collegate
e attive, senza necessita di incrementi. Pertanto per il calcolo della potenza del generatore queste
dispersioni e tutte le altre tra vani riscaldati, serviti dallo stesso impianto, non sano da considerare.
Nel seguito si studiano i diversi tipi di terminali dimpianto e le differenze che comportano
sullimpianto. Per cominciare si studiano gli impianti a radiatori che rappresentano il caso piu
comune.
1I valorida utilizzare per i rendimenti di emissione, regolazionee distribuzione sono riportatinella Norma UNI 10348.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 4
Tabella 1.1: Percentuali di maggiorazione della potenzialita termica della caldaia
impianti Impianti con corpi scaldanti Impianti a pannelliFunzionamento ad aria calda con tubi annegati
ad acqua calda a vapore nelle strutture
Continuo, con attenuazione notturna 12 8 10 5
Con utilizzazione giornaliera di 1618 h 15 10 12 8Con utilizzazione giornaliera di 1216 h 20 12 15 10Con utilizzazione giornaliera di 8 12 h 25 15 20 12Con utilizzazione giornaliera di 6 8 h 30 20 25 15Con utilizzazione giornaliera di 4 6 h 35 25 30 20
radiatore
Sezione
Figura 1.1: tipica sezione di radiatore
1.1 Impianto a RADIATORI
I radiatori sono i corpi scaldanti piu diffusi, sono realizzati in lamiera dacciaio stampata oppure inghisa o in alluminio pressofuso, quelli ottenuti da fusione o pressofusione sono modulari. Il radiatore,
a dispetto del nome, e un terminale dimpianto che scambia calore prevalentemente per convezione,
mentre scambia per irraggiamento meno del 20% della potenza totale. La superficie utile allirrag-giamento e solo la frontale, mentre per la convezione conta la superficie totale del radiatore che nei
moderni modelli in commercio supera di molto quella frontale come si puo intuire dalla Fig. 1.1.
Attualmente il dimensionamento del corpo scaldante non viene piu effettuato in funzione della super-
ficie frontale, come in passato, bens in funzione della resa termica del radiatore, cioe della potenza
nominale n, usualmente indicata dal produttore sui cataloghi. Tale valore e ottenuto da prove di la-boratorio secondo procedure normalizzate ed e espressa in funzione della differenza tra la temperatura
media dellacqua e la temperatura dellambiente
La normativa attuale prevede che le prove siano condotte con lacqua in mandata alla temperatura
m = 75oC e acqua al ritorno alla temperatura r = 65
oC ed una temperatura dellambiente di prova
a = 20oC. Questo porta ad una differenza di temperatura tra la temperatura media dellacqua e
lambiente n pari a:
n =(m + r)n
2 a = 50K
La temperatura a e la stessa per laria e per le pareti della camera di prova2. In ogni caso le nor-
me prevedono che la resa termica dei radiatori in condizioni operative diverse da quelle di prova si
possano determinare secondo una relazione del tipo:
= C()n
2La precedente normativa invece prevedeva m = 85oC e n = 60Kcon lambiente sempre a a = 20
oC. Talvolta
si possono trovare ancora cataloghi di radiatori basati sulla precedente normativa.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 5
dove
C e un coefficiente caratteristico di ciascun radiatore;
n e un esponente che viene determinato durante le prove di laboratorio e che viene riportato neicataloghi;
e la differenza di temperatura tra il radiatore e lambiente (temperatura operante):
=m + r
2 a.
Applicando la relazione precedente anche alle condizioni di prova si puo eliminare il coefficiente
C e ottenere:
= n
nn
Nei cataloghi sono riportati i valori di n e dellesponente n, oltre alle condizioni di temperaturautilizzate per valutare la resa.
1.1.1 Osservazioni sul valore dellesponente n
Lesponente n risulta approssimativamente compreso tra 5/4 e 4/3 in quanto la resa dipende preva-lentemente dallo scambio per convezione naturale. A seconda della conformazione del radiatore e
soprattutto dellaltezza, la convezione tendera al regime laminare piuttosto che a quello turbolento.
Infatti, a parita delle altre condizioni, i radiatori di altezza maggiore hanno potenze rese maggiori,poiche la superficie di convezione e piu alta e si ha una superficie piu ampia su cui si puo sviluppare
il regime di moto turbolento. Nello scambio convettivo infatti si ha:
h =Nu
H
con h coefficiente di scambio convettivo, H altezza di riferimento. Inoltre, nella convezionenaturale si ha:
Nu = c (Gr Pr)p = Rap conp = 1/4 se Ra < 109 regime di moto laminarep = 1/3 se Ra > 109 regime di moto turbolento
dove
Ra = Gr Pr = gH3
2
a
con a diffusivita termica e viscosita cinematica.Pertanto, per il flusso termico convettivo c avremo:
c = hAc (p+1) = (5/4) in regime di moto laminare (4/3) in regime di moto turbolento
dove Ac rappresenta larea di scambio convettivo.Ovviamente a questo flusso si aggiunge la componente radiante che resta praticamente costante e
influisce leggermente sul valore finale dellesponente n.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 6
1.1.2 Portata di fluido nei radiatori
I radiatori sono alimentati ad acqua allo stato liquido3, eventualmente addizionata di glicole per
abbassarne il punto di congelamento qualora si prevedano fermi prolungati dellimpianto durantelinverno.
Il valore della temperatura di mandata m e del salto termico tra mandata e ritorno dellacquacorrispondono a scelte progettuali; la tendenza attuale comunque e quella di porre m = 75
oC man-tenendo il salto m r al valore tipico di 10 K. Il valore della temperatura ambiente a dipendeprevalentemente dalla destinazione duso dei locali, ad esempio, a = 20
oC per edifici ad uso civile(esclusi i bagni) e a = 18
oC per edifici ad uso industriale. Se i valori di m, r e a non coincido-no con quelle di riferimento per i dati del catalogo che si ha a disposizione, si deve determinare la
potenza resa dal radiatore con lespressione presentata in precedenza.
In ogni caso, per ogni locale, la potenza del radiatore, nelle condizioni operative scelte, deve
superare la potenza del corpo scaldante calcolata come indicato in precedenza. Ovviamente la potenza
da fornire al locale puo essere frazionata su piu terminali. Scelta la tipologia di radiatore (solitamente
in base a criteri estetici), si valuta la resa singola, per poi arrivare al calcolo della portata di fluido
necessaria ad avere la potenza desiderata:
= n
n
n= mwcww
con
mw =portata di fluido (acqua normalmente).
cw = calore specifico del fluido (4,187 kJ/kgK per lacqua)
w = m r = 10K tipicamente.Fissato il salto termico tra mandata e ritorno del fluido la portata di fluido resta determinata:
mw =
cw(m r)In base alla portata di fluido si dimensionano le tubazioni, le valvole, etc. . . , in pratica la rete di
distribuzione. Da notare che se viene aumentato il salto di temperatura w, per ottenere la stessapotenza termica sara sufficiente una minore portata di fluido ai terminali, ma limpianto si adeguera
piu lentamente alle variazioni di carico, ed in particolare si allunghera il transitorio per portarlo
a regime. Se il salto termico o le condizioni operative non coincidono con quelle della prova di
laboratorio con cui si e determinata la resa nominale dei radiatori si deve procedere a ritroso e ricavarela n di catalogo per fornire la cs nelle condizioni reali come segue:
n = cs
nw
nNei radiatori modulari, che sono sempre piu diffusi, si calcola invece la resa di un modulo a partire
dalla resa nominale:
1 = n,1
wn
ndove 1 rappresenta la resa di un singolo modulo. Poi si ottiene il numero di moduli:
m cs1
3Sopravvivono pochi vecchi impianti alimentati a vapore dacqua, soprattutto nei paesi nordici, in vecchi edifici molto
disperdenti in quanto un fluido piu caldo permette dimensioni minori dei corpi scaldanti a parita di potenza fornita
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 7
1.1.3 Collocamento ideale dei radiatori
I radiatori ben collocati sono posti di solito in una rientranza della parete, o sotto una piccola mensola,
in modo che la turbolenza dellaria venga aumentata nella zona sopra al radiatore stesso, aumentandocosi lo scambio termico, e le linee di flusso vengano piegate verso il centro della stanza. Il radiatore
sotto la finestra inoltre irradia verso il centro della stanza e la parete opposta, e produce un circolo
daria benefico. vedere anche fotocopie
2132
18
14
Radiatore
migliore
Soluzione
32
25
15
14
Soluzione
peggiore:
piedi piu
freddi.
1.1.4 Altri tipi di corpi scaldanti con disposizione simile
Esistono, oltre ai radiatori, anche altri tipi di corpi scaldanti di dimensioni simili ai radiatori, il cui
dimensionamento e disposizione in ambiente risulta molto simile a quello visto in precedenza per i
radiatori: In particolare
piastre radianti: molto simili ai radiatori, ma presentano una maggiore emissione di calore perirraggiamento, dellordine del 30/35 %.
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il pannello blocca
Sconsigliabile:
il flusso radiativo
ventilconvettori: lo scambio termico e garantito da una ventilazione forzata dellaria su unabatteria alettata in cui circola il fluido.
termoconvettori: simili ai precedenti, ma senza ventilatore: lo scambio ternico e dovuto allaconvezione naturale su batterie alettate, collocate spesso a zoccolo, ovvero a livello del bat-
tiscopa sul pavimento. Sono utilizzati negli USA, e da noi nelle ristrutturazioni o al disotto di
grandi vetrate. Presentano lo svantaggio di favorire il moto delle polveri.
1.2 Calcolo delle perdite di caricoLe reti di distribuzionedel fluido termovettore, essendo a tutti gli effetti circuiti idraulici, sono soggetti
a delle perdite di carico, che devono essere determinate per il corretto dimensionamento dei tubi e
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 8
la scelta delle pompe di circolazione. Le resistenze al moto si manifestano sia lungo le tubazioni e
sono proporzionali alla lunghezza del percorso e sia in corrispondenza a variazioni brusche di sezione
o deviazioni del flusso. Pertanto, le perdite di carico4 possono essere considerate di 2 tipi, distribuite
pd e localizzate o concentrate pc. Di conseguenza, esprimiamo le perdite di carico complessive inun ramo di un circuito idraulico nel seguente modo:
p = pd + pc
Con riferimento al Sistema Internazionale di unita di misura (SI) r si esprime in pascal (Pa) o suoimultipli (kPa o bar). Dividendo lespressione di r per la densita dellacqua e per laccelerazionedi gravita g il salto di pressione viene espresso come altezza di colonna dacqua, metri di colonnadacqua (m c.a.) o col suo sottomultiplo piu utilizzato, il millimetro di colonna dacqua (mm c.a.) e
la perdita di carico per unita di lunghezza sara espressa rispettivamente in (m c.a./m) e (mm c.a./m).
Osservazione: Per la valutazione delle pressioni sono in uso numerose unita di misura di tipo tecnico.
In particolare, nei circuiti idraulici e diffusa la misura in termini di altezza di colonna dacqua espressa
in millimetri (mm c.a.) o metri (m c.a.). Per passare facilmente da pascal a mm c.a. si consideri che
una colonna dacqua alta un metro (1000 mm c.a.) produce alla base, a causa del suo peso, una
pressione:
p =gz
A=
1000 9, 81 11
= 9810N
m2 10000Pa
Pertanto, in ambito tecnico si assume normalmente
1 mc.a. 10 kPa ; 1 mmc.a. 10 PaPer le perdite di carico espresse in metri o millimetri di colonna dacqua useremo nel seguito il
simbolo z. Nella fase di progettazione si cerca di limitare le perdite di carico e le velocita del fluidoentro valori accettabili. Tipicamente, si fa in modo di restare entro i seguenti valori:
0, 5 < w < 2, 5 m/s per la velocita del fluido nei tubi;
10 < zL
< 30 mm c.a./m per la perdita di carico specifica per metro di tubazione.Per quanto riguarda i valori della velocita del fluido, valori elevati di w comportano diametri
minori delle tubazioni con conseguenti minori ingombri e costi di impianto, parallelamente si hanno
maggior usura delle tubazioni, maggior rumore e maggiori perdite di carico con necessita di pompe
piu potenti e maggiori costi di esercizio.
1.2.1 Calcolo delle perdite di carico distribuite
Le perdite distribuite sono funzione della scabrezza del diametro e della lunghezza dei condotti, e
sono proporzionali al quadrato della velocita. Per le tubazioni (a sezione costante) e conveniente fare
riferimento alle perdite per unita di lunghezza:
r = fa1
D
w2
2
con:
r perdita di carico per unita di lunghezza;
D diametro del condotto
4Le perdite di carico sono comunemente espresse in termini di differenze di pressione, trascurando le differenze di
energia cinetica del fluido in diversi punti del circuito.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 9
densita del fluido
w velocita del fluido
fa fattore di attrito (adimensionale)In regime laminare il fattore dattrito risulta:
fa =64
Re
Per il regime turbolento il fattore dattrito si puo ricavare dal diagramma di Moody o si puo calcolare
per iterazioni successive con la relazione di Colebrook:
1fa
= 2log
3, 7D+
2, 51
Re
fa
= scabrezza del condottoRe = numero di Reynolds,
Re =wD
=
wD
con viscosita statica e viscosita cinematica del fluido.In alternativa si puo usare la formula di Altshul che ha il pregio di essere esplicita:
f = 0, 11
D+
68
Re
0,25con fa = f
se f
0, 018 oppure fa = 0, 85f
+ 0, 0028 se f < 0, 018.
Le perdite di carico sono influenzate dalla scabrezza o rugosita dei tubi. I tubi con minor scabrezzasono quelli in rame e quelli in materiale plastico quale polietilene normale, telato o ad alta densita (PE,
PEX, PEAD), polipropilene (PP), polivinil-cloruro (PVC) che si usano sempre piu frequentemente
anche per gli impianti ad acqua calda. I tubi in acciaio infine sono considerati di scabrezza media
e sono utilizzati sia senza trattamento superficiale (acciaio nero) oppure trattati per la resistenza alla
corrosione (acciaio zincato). A seconda del livello di scabrezza, esistono delle formule semplificate
per il calcolo di fa5:
bassa scabrezza: 2m < < 7m (Cu, PE)fa = 0, 316 Re
0,25
media scabrezza: 20m < < 90m (acciaio)fa = 0, 07 Re
0,13 D0,14
alta scabrezza: 0, 2mm < < 1mm tubi incrostati o corrosi.Le perdite di carico per i tubi di diversi materiali si trovano comunque anche diagrammate. Si
hanno diagrammi del tipo schematizzato nella figura seguente diversi per materiale del tubo, e tem-
peratura dellacqua. Si entra nel diagramma con la portata e la perdita di carico unitaria desiderate,
e si trova il diametro commerciale che le soddisfa. Per temperature diverse i valori di perdita di ca-
rico vanno corretti opportunamente6 a causa della variazione delle proprieta termofisiche del fluido:
soprattutto la viscosita.
5Vedere anche il Quaderno CALEFFI: Reti di distribuzione.6Vedi il materiale distribuito a lezione
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0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 11 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 11 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 0
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 11 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 11 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 11 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
0 0 0 0 0 0 0 0 0 0 01 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1
0
000000
0
0
0
0
0
1
111111
1
1
1
1
1
0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 00 0 0 0 0 00 0 0 0 0 00 0 0 0 0 00 0 0 0 0 00 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0
0 0 0 0 0 0
1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 11 1 1 1 1 11 1 1 1 1 11 1 1 1 1 11 1 1 1 1 11 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1
1 1 1 1 1 1
Perdite di carico specifiche
Diametro
Portata
Ad esempio, per lo stesso materiale esistono 3 diversi diagrammi, a seconda della temperatura dellac-
qua: 10o /50o /80oC. Infatti al variare della temperatura la viscosita del fluido cambia sensibilmentee di conseguenza anche le perdite, che sono maggiori alle temperature basse; a parita di portata un
impianto funzionante in raffrescamento con acqua ad una temperatura media di 10oC e caratterizzatoda perdite di carico maggiori di circa il 30% rispetto al funzionamento, in riscaldamento, con acqua
ad una temperatura media di 80oC.
1.2.2 Calcolo delle perdite di carico localizzate
Come perdite di carico localizzate si considerano quelle dissipazioni di energia che si manifestano
per brevi tratti delle condutture, in corrispondenza a deviazioni brusche del moto del fluido, con
insorgenza di fenomeni vorticosi dissipativi (in aggiunta a quelli che si hanno nei tratti rettilinei). Le
brusche deviazioni del moto si possono individuare in presenza di curve a piccolo raggio, raccordi,
variazioni di sezione, valvole, etc. . . , e vanno sommate alle perdite distribuite. Esistono due diversimetodi per la determinazione di tali perdite:
Metodo diretto:
e il piu preciso dei due, e calcola direttamente la perdita in ogni discontinuita:
z = w2
2
con coefficiente di perdita localizzata, che di solito viene fornito per ogni tipo di disturbo che puoessere presente nel circuito. La perdita totale, per un tratto di tubo a diametro costante, risulta
z = L r + w2
2
Metodo delle lunghezze equivalenti:
ad ogni elemento di disturbo viene associata una perdita aggiuntiva da sommare alle distribuite. Di-
mensionalmente sono lunghezze. In pratica si determina una lunghezza virtuale del tubo maggiore
della reale, cos le perdite totali vengono calcolate come sole perdite distribuite su tale lunghezza
fittizia. Si avra:
Ltot = L +Leqdove Ltot e la lunghezza fittizia da usare nei calcoli, L la lunghezza effettiva della tubazione, Leq lelunghezze equivalenti delle diverse discontinuita. La perdita di carico totale sara:
z = r Ltot
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 11
Una volta determinate le perdite di carico per ogni tratto, si deve operare il bilanciamento idraulico
dellimpianto.
1.3 Tipologie di distribuzione:
Esistono diversi modi di collegare i terminali tra lora ed alla caldaia: per gli edifici ad uso civile
principalmente vengono utilizzati 3 tipi di distribuzione diversa:
monotubo a 2 tubi a collettore, di solito complanare.
1.3.1 Distribuzione monotubo
Si tratta di una distribuzione ad anello sul perimetro dellambiente da scaldare in cui i corpi scaldanti
sono posti in serie. In passato veniva utilizzato specialmente nelledilizia a basso costo, in quanto
consente risparmi sul costo delle tubazioni.
Terminali in serie
Caldaia
pregi: basso costo di installazione e di tubazioni difetti: se si chiude un radiatore si blocca il flusso anche agli altri, essendo posti in serie. Questo
problema viene risolto con un by-pass per ogni terminale. Inoltre il salto termico avviene non
in ogni terminale, che quindi scambia poco calore, ma in tutto lanello, costringendo ad alzare
le portate e di conseguenza le perdite di carico.
Attualmente questo sistema viene utilizzato dove gli altri riultano troppo costosi,ad esempio per
riscaldare locali molto ampi.
1.3.2 Calcolo nella distribuzione monotubo
Si possono distinguere 3 diverse sottotipologie a seconda di come si garantisce il passaggio della
portata scaldante di progetto nel radiatore o altro tipo di terminale.
valvola a 4 vie: garantisce un rapporto costante tra la portata nel corpo scaldante e quellanellanello.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 12
Rit.Mand.
ValvolaRadiatore
In pratica, e un dispositivodi regolazione con 4 bocche che realizzano 2 percorsi, uno attraverso
il radiatore e laltro di by-pass.
tubo venturi: il rapporto tra le portate non e piu costante, dipende dalle condizioni di funzio-namento.
collegamento normale con detentore, ovvero valvola a perdita di carico variabile.Per il dimensionamento, vengono date solo indicazioni di massima, per uno studio particolareggiato
si faccia riferimento ai manuali dei produttori. Indipendentemente dal numero di anelli, si procede
con un anello per volta, procedendo come segue:
1. Si calcola la potenza A da fornire a tutto lanello. Se ci sono n corpi scaldanti in un anello, la
A e la somma delle potenze termiche T di ogni terminale.
A =
T
2. Si sceglie la tA, salto termico nellanello. Di solito si prende un valore compreso tra 10 e 15K.
3. Si calcola la portata nellanello, GA:
GA =A
c tA
4. in base a tale portata ed alla perdita di carico unitaria desiderata, si trova il diametro del tubo
grazie agli appositi grafici.
Perdite di carico specifiche
nei tubi
Velocita
Portata
Diametro
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 13
Bisogna tener presente che i tubi in acciaio zincato sono piu costosi di quelli non zincati, ma
piu economici del rame. Il Cu pero e flessibile (mentre lacciaio costringe a fare solo curve a
gomito), ed a sua volta puo essere ricotto, per migliorare ancora la flessibilita e diminuire dun-
que il raggio delle curve fattibili. il costo del Cu e circa una volta e mezza quello dellacciaio,ed e meglio tenersi al disotto di 18/20 mm di diametro, per evitare prezzi degli acessori troppo
alti. Se le portate risultassero in questo caso troppo elevate, la soluzione e quella di suddividere
lanello in due.
5. Nel caso di collegamento con tubo venturi,
Radiatore
GagiGa
gi
Ga
Valvola
si possono operare sul singolo terminale i bilanci di energia e delle forze:
Bilancio di ENERGIA (o di potenze termiche):
GAc(te,i te,i+1) = t,ie si ricavano cos le temperature di entrata nei diversi terminali te,i.
Bilancio di FORZE (o di pressioni): si hanno 2 rami con 2 nodi in comune, e quindi perlequilibrio si deve avere lo stesso salto di pressione:
PA(GA Gi) = Pi(Gi)
scegliendo il diametro di Gi e regolando la valvola si impone una certa pardita di pressionetra i 2 nodi.
6. Una volta dimensionato lanello, si trova la perdita di carico globale:
PA =
PAi + rALA = rALeq
Leq = LA +
PAirA
dove
PA perdita di carico globale sullanello
PAi perdita di carico sul singolo terminale
rA perdita di carico per unita di lunghezza nel tubo principale dellanello
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 14
LA Lunghezza di tale tubo.
Leq Lunghezza equivalente di tale tubo, che considera anche le perdite concentrate.
In presenza di piu anelli esistono perdite diverse per ogni anello: si tratta di introdurre unacaduta di pressione PV negli anelli che hanno perdite minori della massima, in modo dabilanciare limpianto: per ogni anello con perdita PA risultera
PV = PA,max PASe non si introducessero tali cadute di pressione, negli anelli con perdita minore della massima
si avrebbe un aumento della portata fino ad avere un bilanciamento spontaneo dellimpianto,
con portata totale piu grande di quella di progetto, e potenza maggiore da fornire alle pompe.
Per valutare di quanto aumentano le portate, si fanno due considerazioni:
la velocita aumenta linearmente con la portata
Le perdite aumentano con il quadrato della velocita.Si puo calcolare la nuova portata, passando per la lunghezza equivalente:
PA,max = Leqr
A
con rA perdita concentrata con la nuova portata
rA =PA,max
Leq
Una volta noto rA
, dal diagramma delle perdite si ricava la nuova portata GA
, che comunque
deve soddisfare:GA GA
GA< 10%
1.3.3 Distribuzione a 2 tubi
E il tipo di distribuzione che consente minor impiego di tubazioni senza precludere la possibilita di
regolare il singolo terminale, come avviene nella monotubo. Consiste nel servire in serie e parallelo
con due tubi i diversi terminali , che prendono il fluido dal tubo di mandata e lo scaricano su quello
di ritorno. Il ritorno di un terminale NON va quindi a quelli successivi, come nel monotubo. Il
collegamento puo esser fatto in due modi diversi, a seconda della lunghezza dellimpianto:
ritorno semplice
, usato per gli impianti piccoli la distribuzione E presentata in figura 1.2 Si noti che le portate sono
diverse nelle diverse zone di distribuzione, infatti ad ogni uscita verso un terminale la portata cala nel
tubo di mandata, che verra quindi dimensionato con diametri decrescenti, per avere perdita di carico
costante per unita di lunghezza.
Mand.
Rit.
Diametroinferiore
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 15
Ritorno semplice
Caldaia
Figura 1.2: circuito a ritorno semplice
Caldaia
Ritorno inverso
Figura 1.3: circuito a ritorno inverso
Per quanto riguarda le perdite di carico, lultimo terminale servito sara soggetto a perdite molto piu
alte del primo, per la maggior lunghezza dei tubi di mandata e ritorno. Per mantenere le portate
di progetto, si agisce sulle valvole dei diversi terminali. Se pero limpianto e molto lungo, occorre
pessare allaltra disposizione:
ritorno inverso
, in questo caso tutti i terminali sono soggetti a perdite simili figura 1.3, anche se si deve utilizzare un
tubo di ritorno piu lungo: Per il dimensionamento delle reti a 2 tubi, si parte scegliendo una perdita
unitaria (e dunque il diametro adatto alla nostra portata iniziale), e si dimensionano i vari tratti dei
tubi cercando di mantenere costante tale perdita, pur con variazioni di portata. Per determinare le
portate, si parte dalla potenza dei vari terminali:
gi =i
ct
con t = 10K, valore tipico, uguale per tutti i terminali. L aportata globale sara
G =
gi
Per mantenere costanti le perdite di carico unitarie nei 2 tubi, ogni terminale dovra avere un suo
diametro di mandata e di ritorno.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 16
Caldaia
Pianta edificio
La disposizione a 2 tubi si presta allutilizzo di tubi in acciaio, poichele curve sono di solito solo a
gomito. attualmente pero si preferisce il rame, che consente collegamenti a freddo e senza filettatura,
grazie alla tecnologia a pressare, o press fitting. Ad esempio, per il collegamento di 2 tubi in Cu
di diverso diametro,
Azione pinzea freddo
Figura 1.4: raccordo a freddo
si usa, come raffigurato in fig 1.3.3, un raccordo con due anelli di tenuta in gomma e pinze che
garantiscono la tenuta, pur operando a freddo e senza filettature.
1.3.4 Distribuzione a collettore complanare
E un sistema molto diffuso, e va molto bene per gli impianti nuovi in edifici di nuova costruzione,
non si usa nelle ristrutturazioni. Prevede una distribuzione a livello locale, cioe di unita abitativa, a
partire da due collettori, uno di mandata e uno di ritorno giacenti sullo stesso piano che costituiscono
un unico componente, a cui sono collegati in parallelo tutti i terminali. Il collettore, di solito dottone
e di spessore di poco superiore al diametro esterno dei tubi di collegamento alla rete di distribuzione,
viene posizionato in una nicchia ricavata in una parete anche sottile, in posizione il piu possibile
baricentrica rispetto ai corpi scaldanti, per minimizzare la quantita di tubo utilizzato e le perdite di
carico; la nicchia e di solito coperta da una lamiera metallica o una piastra in materiale plastico. I tubi
di collegamento, di solito in rame ricotto o in materiale plastico, si staccano dal collettore, scendono
verticalmente fino al pavimento in cui scorrono in orizzontale e contribuiscono,anche se in piccola
parte, al riscaldamento dei locali7 fino ai radiatori; in corrispondenza dei radiatori i tubi vengonopiegati e fatti risalire nella parete e fatti fuoriuscire dalla parete in corrispondenza dellattacco dei
7Si vedano le fotocopie allegate
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 17
corpi scaldanti ai quali vengono collegati mediante la valvola ed il detentore. Il posizionamento
dei tubi nel pavimento avviene prima del getto di allettamento e della finitura del pavimento. Per
quanto riguarda il dimensionamento, le relazioni da utilizzare sono le stesse della distribuzione a
due tubi. Da notare pero che in questo caso ogni terminale e collegato ai collettori con due tubi dilunghezza anche elevata, che quindi vanno scelti in modo da ottenere perdite di carico accettabili (pur
restando preferibilmente sotto i 14 mm di diametro interno se si utilizza il rame, che oltre diventa
molto costoso). Ogni terminale avra quindi la sua lunghezza equivalente ed il suo diametro, che porta
ad una perdita totale che, in generale, e diversa per ognuno di essi. Si vuole pero che con le portate di
progetto le cadute di pressione siano uguali in tutti i rami, poiche questi sono collegati in parallelo nei
collettori: altrimenti la portata nei rami meno sfavoriti aumenterebbe eccessivamente rispetto a quella
di progetto. Il sistema va dunque bilanciato idraulicamente. Per ottenere cio si usano delle valvole di
regolazione, in modo da ottenere la stessa perdita del ramo piu sfavorito anche sugli altri rami. Per
la regolazione si puo intervenire anche sui detentori dei corpi scaldanti. Infine, si dovra garantire ai
collettori una differenza di pressione pari alla perdita di carico del ramo piu sfavorito.
1.4 Pannelli radianti
Sono terminali che scambiano calore gran parte per irraggiamento. Si distinguono 3 diversi tipi:
1. Pannelli ad elevata temperatura, s > 680oC, destinati ad ambienti industriali, sono appli-
cati sospesi per non essere raggiungibili dalle persone e staccati dalle strutture, date le alte
temperature. Alcune tipologie realizzano la combustione sul supporto ceramico che costituisce
lelemento radiante, in tal caso, siccome i prodotti della combustione vengono immessi nei lo-
cali da riscaldare il loro uso e limitato a locali aperti o semi aperti. In altre tipologie il fluidotermovettore e costituito da acqua calda pressurizzata, vapore o gas di scarico di un sistema di
combustione.
2. Pannelli a media temperatura, 80200oC, anche questi sono destinati ad ambienti industriali,magazzini, ecc. e sono applicati sospesi e staccati dalle strutture. Il fluido termovettore e acqua
calda o gas di scarico di un sistema di combustione. Questo tipo ed i precedenti si usano
in particolare quando la zona da riscaldare e relativamente piccola rispetto allintero locale.
Presentano comunque degli scambi termici per convezione che scaldando laria al di sopra
delle zone occupate sono da considerarsi come perdite.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 18
Zona di lavoro
3. Pannelli a bassa temperatura, 2545oC, sono usati per impianti di riscaldamento, ma ultima-mente anche per il raffrescamento estivo, facendo circolare nello stesso impianto acqua fredda
(a temperature di circa 18oC). Questi ultimi possono essere:
a pavimento: buone prestazioni sia per riscaldamento che per il raffrescamento. Sono ipiu utilizzati.
a parete: efficienti per riscaldamento e raffrescamento. a soffitto: efficienti soprattutto per il raffrescamento
Lo scambio termico si realizza per convezione naturale con laria ambiente e in modo signi-
ficativo anche per irraggiamento. Per i pannelli orizzontali, lo scambio termico e piu efficace
con flusso termico ascendente. Percio, per il riscaldamento sono migliori i pannelli a pavimen-
to, mentre per il raffrescamento estivo la resa migliore si ha con i pannelli a soffitto, che pero
sono meno efficienti nella stagione invernale perche producono stratificazione dellaria. Lo
stesso varrebbe per il raffrescamento a pavimento, se non ci fosse una condizione favorevole:la radiazione solare di solito entra dallalto verso il basso e colpisce il pavimento freddo che
raccoglie cos subito una parte del carico termico da asportare. Rimane comunque la limitazio-
ne sulla convezione. Da notare che la presenza di mobili sul pavimento di solito limita poco
la diffusione del calore, mentre bisogna tener conto dei carichi che devono essere sopportati.
limpianto deve quindi essere robusto, di solito si hanno tubi annegati in profondita nel masset-
to di calcestruzzo che deve avere spessore maggiore di 45 mm. Questo problema non si pone
per i pannelli a parete o a soffitto, che quindi possono essere molto piu prossimi alla superficie,
ricoperti dallintonaco o solo dalla tinteggiatura.
1.4.1 Riscaldamento a pavimento
E un tipo di impianto molto diffuso nei paesi dellEuropa centrale che si sta diffondendo sempre di
piu anche in Italia. La sua realizzazione non richiede tecnologie particolari e puo portare a risparmi
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 19
energetici soprattutto in abbinamento con caldaie a condensazione. Viene trattato nella norma UNI
EN 1264 (suddivisa in 4 parti). La prima parte e riservata a definizioni e simbologia, la seconda
alla determinazione della potenza emessa (utile ai produttori), la terza al dimensionamento (utile ai
progettisti) e la quarta riguarda prescrizioni per linstallazione (utile ai progettisti, direttori dei lavorie installatori).
Finitura
Massetto con tubi
Vengono chiamati pannelli radianti in quanto buona parte dello scambio termico avviene per irraggia-
mento.
Irraggiamento e convezione
I pannelli sono realizzati disponendo nel massetto del pavimento, prima del getto, un tubo a spirale
o a serpentina. E consigliabile per il massetto lutilizzo di materiali con buona resistenza meccanica
ed alta conduttivita termica, come ad esempio il calcestruzzo (cls). Lobiettivo, nella realizzazione
del pavimento contenente i pannelli, e quello di favorire lo scambio termico verso lalto e di limitarlo
verso il basso, utilizzando uno strato compatto di isolante (va bene il polistirolo o il poliuretano
espanso, non la lana di vetro o simili).
Finitura
Massetto con tubi
IsolanteSopra il solaio portante si dispone lo strato di isolante, i cui spessori devono rispettare i valori di resi-
stenza minima previsti nella UNI EN 1264-4 e riportati nella Tabella 1.4.1. Lisolante e poi protetto
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 20
con un foglio di polietilene o equivalente. Al di sopra si posa solitamente una rete metallica che serve
sia a evitare crepe nel massetto che per lancoraggio dei tubi mediante ganci. I tubi sono raramente di
rame, di solito sono di materiale plastico quale polietilene (PE) o polipropilene (PP) con una guaina
per bloccare la diffusione dellossigeno che trasportato poi dallacqua andrebbe ad intaccare le partiossidabili dellimpianto. I tubi vengono posati sopra la rete metallica con un passo stabilito in fase di
progettazione 8.
Tabella 1.2: Resistenza termica minima degli strati di isolamento sottostanti limpianto di
riscaldamento a pavimento
Resistenza termica minima (m2K/W)
Pavimento verso
Ambiente sottostante Ambiente sottostante
riscaldato non riscaldato o Ambiente esternoriscaldato in modo
non continuativo o Temperatura esterna di progetto
direttamente sul terreno (*) e 0oC 5 e 0oC 15 e 5oC0,75 1,25 1,25 1,50 2,00
(*) Con un livello di falda freatica 5m il valore dovrebbe essere aumentato
Pianta Sezione
Tubo
Esempi di posa:
8Una soluzione alternativa alla rete metallica e costituita da pannelli isolanti con delle sporgenzecilindriche che hanno
lo scopo di trattenere i tubi in modo da rispettare il passo previsto. In questo caso il passo tra i tubi puo variare solamente
ad intervalli discreti corrispondenti al passo tra le sporgenze.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 21
Infittimento nel lato freddo
della stanza
Per riscaldare un edificio si hanno piu circuiti che fanno capo ad un unico collettore, posto di solito
in una nicchia in una parete verticale non necessariamente in posizione baricentrica in quanto la
lunghezza dei tubi dipende meno dalla posizione dei collettori. I tubi di norma hanno tutti lo stesso
diametro, e le perdite dei diversi circuiti dipendono quindi solo dalle diverse lunghezze. Essendo i
circuiti in parallelo nel collettore, per avere le portate di progetto si deve procedere al bilanciamentoidraulico dellimpianto, tramite opportune valvole regolabili posizionate sul collettore. I collettori
di mandata e ritorno per i pannelli radianti non sono complanari e neppure collegati rigidamente
e solitamente sono piu ingombranti di quelli per impianti a collettori, anche per la presenza delle
valvole di regolazione.
Le norme prendono in considerazione diverse configurazioni (tipi) di pannelli:
Tipo A
Finitura superficiale
Massettocon tubi
Isolante
Protezioneisolante
Strutturaportante
Dallalto verso il basso:
rivestimento finale
massetto contenente i tubi in cui fluisce il fluido caldo
strato di protezione ed isolante
struttura portante
Tipo B
Finitura
Tubi disposti
nell'isolante
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 22
I tubi sono disposti sullo strato piu superficiale dellisolante con delle sottili lamelle che permettono
miglior distribuzione orizzontale del flusso termico.
Tipo C
si ha un pannello prefabbricato contenente al suo interno tubi gia predisposti, collocati sopre lisolan-
te.
Poiche lo scambio termico avviene principalmente per irraggiamento, oltre alla temperatura del-
laria, assume particolare importanza la temperatura delle superfici interne delle pareti. E opportuno
percio fare riferimento alla temperatura operante o dellambiente che e una media pesata tra latemperatura dellaria a e la temperatura media radiante mr delle superfici interne:
o = Aa + (1 A)mrdove A e il coefficiente di pesata (ovviamente A < 1). Per velocita dellaria basse si puo assumereA = 0, 5 e pertanto:
o =a + mr
2
La temperatura media radiante delle pareti mr e la temperatura uniforme che le pareti dovrebberoavere per scambiare per irraggiamento lo stesso calore, lesatto valore di mr si ottiene pesando con ifattori di vista e con larea il valore della temperatura assoluta delle diverse pareti:
mr = Tmr 273, 15
dove
Tmr =4
nj=1
(sj + 273)Fj
ed inoltre
n numero di pareti
sj temperatura della j-esima parete
Fj fattore di vista della j-esima parete
Quando le pareti hanno temperature superficiali poco diverse tra loro ( < 5K si puo assumere:
mr n
j=1 sjAjnj=1 Aj
con Aj area della j-esima parete.Nella norma UNI EN 1264-2 e fornita unespressione per il calcolo della potenza termica per
unita di superficie che il pannello puo fornire in funzione delle temperature in gioco:
q = B
(ai)miH (1.1)
dove
q flusso termico per unita di superficie fornito dal pannello
B = coefficiente caratteristico dellimpianto
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 23
ai, mi coefficienti caratteristici del pavimento
H differenza di temperatura media logaritmica tra lacqua nei tubi e lambiente.
La differenza di temperatura media logaritmica e data dalla seguente relazione:
H =V R
ln( ViRi
)
con
V temperatura di mandata dellacqua
R temperatura di ritorno dellacqua
i temperatura dellambiente
Ci sono diversi fattori che influenzano la potenza scambiata e di cui si tiene conto mediante i
termini amii :
Il passo tra i tubi, T; Lo spessore del supporto, su. Normalmente il supporto e il massetto in CLS. La conduttivita termica del supporto, E; La resistenza termica del rivestimento, RB;
Il diametro esterno dei tubi, D, che solitamente sono rivestiti da una barriera alla migrazionedi O2: elementi conduttivi addizionali, KW L; Il contatto tra i tubi e il pavimento.
In realta la potenza scambiata dovrebbe essere
q = f(nH)
con 1, 00
n
1, 05, ma di fatto si usa sempre n = 1. Mediante la formula 1.1 il produttore
del pannello (o il progettista) al variare dei parametri costruttivi determina le curve caratteristichedel pannello in funzione di H in particolare, per i valori del passo T che si intendono utilizzare,sono utili le curve ottenute con resistenze del rivestimento R,B = 0, 0 ed R,B = 0, 1 m
2K/W. Sui
diagrammi che rappresentano le curve caratteristiche sono riportate anche le curve che rappresentano
le massime potenze ottenibili qG, al variare di H, per una temperatura massima superficiale di29oC (zona calpestabile) e 35oC (zona perimetrale)9. Lemissione massima qG per per un salto termicoF,max i = 9 K (curva limite inferiore si ottiene dalla seguente relazione:
qG = BG (H)nG
9Le curve limite inferiore e superiore valgono per differenze tra la massima temperatura del pavimento e lambiente
di 9 K e 15 K rispettivamente. In particolare la curva limite inferiore si puo utilizzare anche per i bagni dove e previstauna temperatura superficiale massima di 33oC per una temperatura ambiente di 24oC, associate a R,B = 0, 0.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 24
mentre lemissione massima qG per per un salto termico F,max i = 15 K (curva limite superioresi ottiene dalla analoga relazione:
qG = BG
159
1,1(1
nG)(H)
nG
dove BG ed nG sono riportati in prospetti nella Norma UNI EN 1264-2 in funzione del passo tra itubi T e dello spessore su e conduttivita termica E dello strato di supporto. Dalla uguaglianza traqueste espressioni di qG e la resa del pannello fornita dalla 1.1 si ottiene il valore di H,G salto ditemperatura medio logaritmico in corrispondenza della intersezione tra le curve caratteristiche e le
curve limite10.
Per i limiti sulla temperatura massima del pavimento a 29oC nella zona calpestabile un pannelloha una emissione massima di circa 100 W/m2 in tale zona. Mentre ai bordi dei locali, dove si ha
maggiore dispersione e dove e concessa una temperatura massima di 35
o
C il limite di emissioneraggiunge dirca 175 W/m2. Valori tipici di emissione in fase di progetto per la zona calpestabile sonoq = 80/90 W/m2.
1.4.2 Prestazioni e dimensionamento dei pannelli a pavimento
Il dimensionamento dei pannelli a pavimento per i diversi ambienti viene effettuato utilizzando un
diagramma, su cui sono riportate le curve caratteristiche, calcolate con la formula 1.1, che in ascissa
presenta la differenza di temperatura media logaritmica H tra ambiente e lacqua nei tubi, mentre inordinata il flusso termico specifico qper diversi valori del passo T e della resistenza del rivestimentoR,B vedi figura 1.5.
q''
175
100
R
h
Limite alto
pavim.
Limite basso
pavim.
Figura 1.5: Esempio di diagramma con le curve caratteristiche e le curve limite
Per il dimensionamento dellimpianto il punto di partenza e sempre la potenza da fornire ad
ogni singolo locale, indicata nella Norma come QN,f che deve essere depurata della dispersione dal
10Per i dettagli vedere la Norma UNI EN 1264-2.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 25
pavimento verso il basso11 in quanto questa viene compensata da una maggior portata dacqua, senza
influire sulla temperatura della superficie superiore.
Si valuta poi, per ogni stanza, la richiesta di potenza per unita di superficie utile di pavimento:
qj =QN,f,jAF,j
(1.2)
dove AF,j rappresenta larea utilizzabile per disporre i tubi del pannello nella j-esima stanza. Siindividua la stanza piu sfavorita, che e quella che richiede la massima emissione:
qmax = max {qj}da questo calcolo sono esclusi i bagni, che vengono considerati con i = 24
oC e quindi con un
Area
calpestabile
Area
perimetrale
0, 1 bisogna utilizzare le curve caratteristiche valutate per la resistenza
effettiva del rivestimento.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 26
q''R
h
B
RB
= 0
Figura 1.7: Curve caratteristiche di un pannello a pavimento per diversi valori della resistenza del
rivestimento
intersezioni al di sotto della curva limite inferiore individuano tutte dei passi utilizzabili. Se non ci
sono intersezioni al di sotto della curva limite inferiore si procede a suddividere il pavimento in zona
perimetrale e zona calpestabile13. Individuata la fascia che si vuole utilizzare come perimetrale, con
larghezza massima di 1 metro, se ne calcola larea AR alla quale competera un flusso specifico qRscelto tra quelli ottenibili dal pannello al di sotto della curva limite superiore. Scelto il passo
TR, che
fornisce qR, si calcola la potenza termica residua da soddisfare con il pannello nella zona occupata(calpestabile) di area AA = AF AR come:
QA = QN,f qRARQuindi, lemissione richiesta su tale area e:
qA =QAAA
Se questo qA non e piu il qmax si ripete il procedimento a ripartire dalla stanza con qj = qmax.
Riassumendo, lemissione nella zona calpestabile deve star sotto la curva limite inferiore, nella zonaperimetrale sotto quella superiore. Se nemmeno cossi riesce a soddisfare QN,f, tenuto conto che lafascia perimetrale non puo essere piu larga di 1m, si inserisce nellambiente un terminale di altro tipo,
tipicamente un ventilconvettore che funziona con temperature simili a quelle dei pannelli radianti
oppure un radiatore o uno scalda salviette (nei bagni). In questo caso il contributo del terminale va
sottratto al QN,f.
Temperatura di mandata dellacqua in condizioni di progetto
Poiche il qviene fornito tramite itacqua calda, il passo successivo e la valutazione della temperaturadi mandata dellacqua: La temperatura superficiale del pavimento non e uniforme ma e maggiore
in corrispondenza dei tubi e massima in corrispondenza del primo tubo del circuito dove lacqua e
13Le zone periferiche che hanno temperature superficiali piu elevate (fino a 35oC sono generalmente situate lungo le
pareti esterne dellambiente, in corrispondenza quindi delle zone a maggior dispersione.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 27
alla temperatura di mandata V. In pratica, la limitazione sulla temperatura superficiale si traducein un limite sulla temperatura di mandata dellacqua. La formula 1.1 permette di determinare la
resa in funzione della differenza di temperatura media logaritmica tra lacqua e lambiente H ma
da questa non e direttamente esplicitabile la temperatura di mandata dellacqua che costituisce unparametro progettuale fondamentale.
H =V R
ln( ViRi
)(1.3)
Lacqua subisce dunque un salto termico tra la temperatura di mandata V e quella di ritorno R:
= V R (1.4)
V e la stessa per tutti i circuiti che confluiscono allo stesso collettore di zona. Per gli impianti
semplici e preferibile che V sia la stessa per tutti i circuiti anche per un impianto con piu zonecontrollate separatamente. Oltre al passo tra i tubi, la temperatura di mandata dellacqua rappresenta
laltra incognita da determinare nella fase di progettazione. Si definisce temperatura di mandata
di progetto V,des, quella calcolata partendo dal locale piu sfavorito, cioe quello con flusso termicospecifico piu alto. La differenza tra questo valore e la temperatura dellambiente viene definita come:
V,des = V,des iPer il locale piu sfavorito si fissa come riferimento 5 K.La V,des puo essere ricavata direttamente dalla espressione di H,des
14, infatti dalle equazioni
1.3 e 1.4 si ottiene:
H = ln( V
V)
da questa, passando dal logaritmo agli esponenziali si esplicita rispetto a V e si ottiene:
V =
1 e H(1.5)
La stessa equazione 1.5 si puo usare per il valore di progetto V,des, e sufficiente sostituire H conH,des. In alternativa alla 1.5, la norma propone due espressioni approssimate per V a secondadel valore del rapporto/H, i due casi sono:
/H 0, 5
oppure
/H > 0, 5
Nel primo caso, se si assume = 5 K allora H 10 K e si ha:
V,des H,des + 2
/H > 0, 5, e quindi se = 5 K H 10 K, si ha:
V,des H,des + 2
+ 212H,des
14il pedice des indica il valore assunto in condizioni progetto
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 28
Nelle precedenti equazioni la norma permette di utilizzare al posto della differenza H,des cor-rispondente alla emissione in condizioni di progetto qdes la differenza H,G corrispondente allaemissione limite qG per lo stesso passo, con la limitazione:
V,des H,G + 2
con 5 K. Dal diagramma si ottengono la H,des a partire da qmax e dalla curva caratteristicadel pannello scelto per il locale e la H,G in corrispondenza della intersezione tra la stessa curvacaratteristica e la curva limite inferiore, come rappresentato nella figura 1.8 Se lambiente e previsto
Figura 1.8: Uso del diagramma per la scelta della temperatura di mandata dellacqua
con la zona periferica a temperatura piu elevata la scelta della temperatura di mandata acqua puo
essere fatta con riferimento alla curva limite superiore se il circuito della zona periferica e separato
da quello della zona occupata ed e alimentato con un controllo separato della temperatura dellacqua,
oppure anche nel caso in cui il circuito sia in serie, a monte di quello della zona calpestabile, purche
il salto termico sul circuito della zona periferica sia calcolato in modo che la temperatura dellacquaallingresso della zona occupata non violi il limite imposto dalla curva limite inferiore, per la curva
caratteristica corrispondente al passo scelto per la zona occupata.
Salto termico per lacqua negli altri ambienti
Per gli altri ambienti alimentati con la stessa temperatura di mandata e quindi con lo stesso V,des, ilvalore della differenza di temperatura media logaritmica acqua-ambiente H,j si ricava dal diagram-ma delle curve caratteristiche in corrispondenza della emissione qj richiesta per il locale jesimo. Sicalcola il salto termico sullacqua:
j = 2(V,des H,j )
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 29
tale valore e accettabile se soddisfa la limitazione (j/H,j ) < 0, 5 altrimenti deve essere calcolatocon la seguente formula:
j = 3H,j
1 + 34
V,des H,jH,j
12 1
Portata dacqua nei circuiti
Fissato il salto termico V,des tra acqua e ambiente ed il salto termico sullacqua j resta da determi-nare la portata dacqua nei circuiti. Ogni circuito deve fornire una potenza termica QNf,j verso laltoal locale da riscaldare ma contemporaneamente disperde verso il basso una potenza termica Qu,j infunzione della condizione al contorno inferiore e della resistenza termica della struttura al disotto dei
tubi.
Quindi, per il j-esimo locale, la totale potenza che lacqua deve fornire e:
Qw,j = QNf,j + Qu,j = mH,j cw(V R)j = mH,j cwj (1.6)dove:
mH,j portata di fluido nel j-esimo circuito;
cw = 4190 J/(kg K) calore specifico dellacqua;
Qu,j perdita dal pannello verso il basso.
Con riferimento alla unita di superficie di pannello, la potenza che lacqua deve fornire puo essere
espressa come:Qw,jAF,j
= qJ + qu,j
dove:
qu,j perdita dal pannello verso il basso, per unita di superficie
AF,j area del pavimento
Tralasciando per brevita il pedice j, con riferimento alla figura 1.9, indicando con qo = qj il flussotermico da fornire verso lalto e con w la temperatura dellacqua in un generico punto del circuito, sipossono fare le seguenti considerazioni:
Flusso termico specifico verso lalto:
qo =w i
Ro
dove con Ro si e indicata la resistenza termica per unita di superficie tra i tubi e lambiente superiore,ottenuta come somma delle resistenze dei singoli strati di materiale e della resistenza superficiale
superiore:
Ro =1
hi+ R,B +
suu
1
hi = 0, 093 (m2
K)/W dove:1
hi= 0, 093 (m2 K)/W e la resistenza superficiale superiore
R,B e la resistenza conduttiva del rivestimento,
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 30
Finitura superficiale Ti
Tu
Ro
Ru
Tw
Isolante
Supporto
Figura 1.9: Schema di riferimento per la determinazione della portata dacqua
su e lo spessore dello strato di supporto,
u e la conduttivita termica dello strato di supporto.
Flusso termico specifico verso il basso:
qu =w u
Ru
dove con Ro si e indicata la resistenza termica per unita di superficie tra i tubi e lambiente inferiore,ottenuta come somma delle resistenze dei singoli strati di materiale e della resistenza superficiale
inferiore:Ru = R,ins + R,sol + R,int +
1
hu
dove:
R,ins e la resistenza conduttiva dellisolante,
R,sol e la resistenza conduttiva della soletta,
R,int e la resistenza conduttiva dellintonaco,1
hu= 0, 017 (m2 K)/W e la resistenza superficiale inferiore.
Somma dei due contributi:
qo + qu =w i
Ro+
w uRu
si aggiunga e si sottragga i al numeratore della seconda frazione del membro di destra, si ottiene:
qo + qu =w i
Ro+
w iRu
+i u
Ru
infine:
qo + qu =w i
Ro 1 +
RoRu
+RoRu
i uw
i
e poiche
qo = qj =w i
Ro
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 31
si ha:
qo + qu = qj
1 +
RoRu
+i u
qjRu
Cos, moltiplicando per larea del pavimento, la potenza totale da fornire al locale j-esimo risulta:
Qw,j = (qj + qu,j)AF,j = AF,j qj
1 +
RoRu
+i u
qjRu
dalla equazione 1.6 per il locale j-esimo si ha la seguente portata dacqua:
mH,j =Qw,jcwj
=AF,j qjcwj
1 +
RoRu
+i u
qjRu
Nel caso in cui si abbia u = i, ovvero lambiente sottostante sia riscaldato, la formula sisemplifica come segue:
mH,j == AF,j qjcwj
1 + Ro
Ru
Il qu (calore ceduto verso il basso) e equivalente al calore di un pannello radiante a soffitto per il vanoinferiore, e bisogna tenerne conto.
Lunghezza dei circuiti
La lunghezza dei circuiti puo essere valutata con buona approssimazione, trascurando il contributo
delle curve, nel modo seguente:
L =AFT
dove AF e larea del pavimento, e T il passo tra i tubi. E preferibile che la lunghezza dei circuiticada nel seguente intervallo:
30 < L < 100 m
In quanto percorsi molto lunghi hanno perdite di carico elevate, gravando troppo sulla pompa di
circolazione, la cui prevalenza dipende direttamente dalla lunghezza del circuito piu sfavorito. Da tale
prevalenza e dalla portata totale dipende poi la potenza ed il consumo di energia della pompa. Se dal
calcolo risultano valori di L troppo elevati, occorre spezzare il circuito in 2 o piu rami, ridistribuendola portata a parita di salto termico sullacqua cos si riducono di molto le perdite di carico. Questo e
consigliato nel caso ci sia un circuito molto piu lungo degli altri, che condiziona tutto limpianto.
Stanza 1 Stanza 2
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 32
Nella posa in opera ci sono dei locali (di solito i corridoi) in cui passano i tubi di diversi circuiti ed il
passo puo essere troppo stretto per il rispetto della temperatura massima del pavimento, in tal caso si
provvede ad isolare alcuni tratti di tubo per evitare surriscaldamento. Tale isolamento protegge anche
dalla formazione di condensa superficiale nel caso i pannelli vengano usati anche per il raffrescamentoestivo.
Per concludere, si sottolinea che gli impianti di riscaldamento in cui il fluido termovettore e a
bassa temperatura come per i pannelli radianti e spesso per i ventilconvettori si possono utilizzare
efficacemente le caldaie a condensazione che in questi casi funzionano in condizioni ottimali.
1.5 Confronto tra caldaie tradizionali ed a condensazione
Nelle caldaie tradizionali i fumi vengono espulsi a temperature tali da evitare la formazione di con-
dense nel condotto dei fumi: valori tipici sono attorno ai120/140
o
C. Nelle caldaie a condensazione
invece, gli scambiatori fumi-acqua sono fatti in modo da tollerare la condensazione del vapor dacqua
presente nei fumi e di sfruttarne cos il calore di cambiamento di fase r che per i livelli di temperaturain gioco vale circa 2500 kJ/kg. Il metano (CH4), combustibile utilizzato in queste caldaie, tra gliidrocarburi e quello che presenta il maggior rapporto H/C, che si traduce nella maggior differenzatra il potere calorifico inferiore e quello superiore (circa il 10%).
Combustibile Potere calorifico a 25oC Densita
normale
[kJ/kg] [kJ/m3n] [kg/m3n]
inferiore superiore inferiore superiore
Idrogeno 120000 141900 10800 12770 0,090
Metano 50050 55550 35890 39830 0,717
Propano 46350 50400 93630 101800 2,020
Tabella 1.3: Poteri calorifici per alcuni combustibili gassosi
Da qui la convenienza nel far condensare il vapore presente nei fumi, che normalmente contengo-
no acqua CO2, N2 e tracce di altri composti trascurabili dal punto di vista energetico. La temperaturadi rugiada del vapore contenuto nei fumi di una combustione stechiometrica di metano e di circa
59oC15. Raffreddando i fumi sotto tale vapore si ha dunque formazione di condensa. Piu fredda elacqua di ritorno dallimpianto, piu bassa puo essere la temperatura dei fumi in uscita, maggiore sara
la quantita di vapore condensato, e dunque il calore latente recuperato. Le caldaie a condensazio-
ne si accoppiano quindi perfettamente con gli impianti a pannelli radianti a pavimento, che hanno
temperature molto piu basse di quelle dei radiatori. La temperatura superficiale del pavimento deve
infatti restare al disotto dei 29oC, che corrisponde ad una temp. di mandata attorno a 40 50oC.Altro buon accoppiamento e quello con i ventilconvettori, che per evitare un eccessivo riscaldamento
dellaria vengono fatti funzionare con una termperatura dellacqua dellordine di 45 50oC. Si notiche le temperature di ritorno sono minori, tipicamente di 10K, rispetto a quelle di mandata, e risultaquindi molto semplice far condensare il vapore nei fumi. Comunque, non si realizza mai la conden-
sazione di tutto il vapore presente nei fumi in quanto man mano che questi si seccano diminuisce la
15La combustione avviene sempre con un eccesso daria ed il valore della temperatura di rugiada diminuisce
allaumentare delleccesso daria nella combustione a causa della diluizione dei fumi.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 33
pressione di vapore e la temperatura di rugiada. Per aumentare le prestazioni di queste caldaie esse
sono di solito accoppiate ad una sonda climatica esterna16 e ad una centralina elettronica che regola la
temperatura di mandata dellacqua allimpianto facendola diminuire allaumentare della temperatura
esterna17. Una caldaia a condensazione provvista di sonda climatica esterna e centralina di controllopuo risultare vantaggiosa anche su un impianto a radiatori, in quanto ai carichi parziali le temperature
di ritorno possono scendere al disotto del valore critico. Una caldaia a condensazione che lavori a
temperature sufficientemente basse arriva ad avere rendimenti superiori del 10/15% rispetto ad una
tradizionale.
caldaia tradizionale a CH4 ad alto rendimento ha:
t100 =u
mcHi + R 91%
dovet100 = rendimento a massimo carico riferito ad Hi
Hi = potere calorifico inferiore
R = potenza del ventilatore del bruciatore (trascurabile)
Si vede che la massima potenza ottenibile e forzatamente legata allHi, non avendosi conden-sazione.
caldaia a condensazione a CH4:
Acqua di ritorno
Condensa
=u, condmcHs
90/92%
t100 = 98/102%
dove
16Sonda che misura la temperatura dellaria esterna17La regolazione si basa sulla dipendenza quasi lineare tra il carico sullimpianto e la differenza di temperatura tra gli
ambienti riscaldati e lesterno
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 34
rendimento a massimo carico riferito ad HsHs potere calorifico superiore
Si noti che il valore di t100 puo superare lunita in quanto e riferito al potere calorifico inferiore.
Come si puo notare, il rendimento effettivo di una caldaia a condensazione puo essere nettamen-
te superiore, anche se bisogna controllare con continuita la temperatura dellacqua per garantire la
condensazione in tutte le situazioni in cui e possibile.
In definitiva, una caldaia a condensazione rispetto ad una normale comporta:
- minori spese di combustibile
maggiori spese di acquisto e manutenzione.
1.6 Locali caldaie e sicurezzaLa caldaia e un sistema che trasforma lenergia chimica di una portata di combustibile, mc, in energiatermica, trasportata poi alledificio con una linea di distribuzione del fluido caldo. La portata di fluido
in uscita e garantita da una pompa, e poche il circuito e chiuso e il regime stazionario ci sara un ritorno
con la stessa portata. Si rendono necessari dispositivi di controllo e sicurezza:
-
VASOESPANSIONE
TRM
REG TRM
CD
VAC
VS(RM)
RITORNO
MANDATASFIATO
TRM RM
POMPA
PRST
RM
MANOMETRO
TRM RM= termostato di sicurezza a riarmo manuale: si interviene manualmente per riattivareil sistema. Scatta quando la temperatura supera quella di regolazione.
TRM REG= termostato di regolazione, spegne la caldaia quando si raggiunge la temperaturadellacqua voluta.
VAC= valvola di controllodel combustibile, che puo essere chiusa da un dispositivodi sicurezzaattiva quando si raggiungono temperature troppo elevate.
TRM CAL= tremometro caldaia, senza funzioni di sicurezza.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 35
TRM MA= termometro sulla tubazione di mandata MAN= manometro per controllare la pressione PRS RM= pressostato a riarmo manuale, scatta al superamento di una pressione ritenuta peri-
colosa
SFT= sfiato, che sfiata i gas presenti nella caldaia VS RM= valvola di sicurezza, la cui apertura e controllata da una molla, quando scatta si ha
uno scarico di parte del fluido contenuto nel generatore. anche questa e a riarmo manuale, ed e
sensibile alla pressione nel fluido.
VE= vaso di espansione, che compensa le dilatazioni del fluido alle diverse temperature.
1.6.1 Vasi di espansione
Il fluido che riempie tutti i componenti dellimpianto e tutti i tubi, durante il funzionamento dellim-
pianto subisce delle variazioni di temperatura cicliche (cicli giornalieri, settimanali, stagionali). Le
maggiori variazioni si hanno tra i lunghi periodi di spegnimento ed i periodi di pieno regime. A
causa delle variazioni di temperatura il fluido e soggetto a variazioni di volume per effetto della dila-
tazione termica. Per impianti a liquido, la variazione di volume tra impianto freddo e impianto caldo
(espansione) si valuta in funzione del contenuto di fluido18 e delle sue caratteristiche, come segue:
E = Vl()(max min)con:
E variazione di volume del liquido dellimpianto;
Vl volume di liquido contenuto nellimpianto;
() coefficiente di dilatazione volumica del liquido19;
max massima temperatura prevista per il funzionamento normale dellimpianto;
min minima temperatura prevista per il liquido dellimpianto.
Per gli impianti di riscaldamento ad acqua, assumendo normalmente:
max = 80oC
min = 10oC
tenuto conto della dipendenza di dalla temperatura si puo assumere:
(max min) = 0, 03In pratica la variazione di volume del liquido risulta pari al 3% del volume iniziale. Per gli impianti
a radiatori il volume dacqua Vl contenuto nellimpianto e proporzionale alla potenza dellimpianto evale circa 1520 l/kW. La variazione di volume del fluido, durante lesercizio normale dellimpianto,e compensata mediante dei dispositivi detti vasi di espansione20. I vasi di espansione sono collegati
al generatore mediante dei tubi detti tubi di sicurezza che devono rispettare particolari disposizioni
dimensionali e di collegamento riportate nella Norma gia citata UNI 10412.
I vasi di espansione possono essere di due tipi, aperti o chiusi.
18Il progettista ha lobbligo di dichiarare il volume di fluido contenuto nellimpianto19Il coefficiente di dilatazione volumica e una proprieta che dipende sensibilmente dalla temperatura20La norma di riferimento per i vasi di espansione e gli altri dispositivi di sicurezza sugli impianti ad acqua calda e la
UNI 10412.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 36
Vasi aperti:
Presenti solo nei vecchi impianti e negli impianti con generatore di calore a combustibile solido non
polverizzato, sono posti al di sopra del punto piu alto dellimpianto e sono collegati a questo puntomediante un tubo detto tubo di sicurezza. Sono costituiti da una vaschetta con coperchio e di solito
sono muniti di galleggiante per il controllo del livello minimo. Allinterno della vaschetta il liquido
puo oscillare tra il livello minimo, controllato dal galleggiante, ed un livello massimo, determinato
da un tubo di troppo pieno che scarica il liquido in eccesso in una tubazione o canale di scarico. Le
oscillazioni del liquido allinterno del vaso devono compensare le variazioni di volume del liquido
nellimpianto che passando da impianto freddo a impianto caldo subisce una dilatazione. Pertanto
il volume compreso tra il livello dellacqua a impianto inattivo (punto di chiusura del galleggiante)
ed il livello dellacqua in corrispondenza al bordo inferiore del tubo di troppo pieno deve essere non
inferiore allespansione E del fluido. Oltre al troppo pieno il vaso aperto deve essere dotato di untubo di sfogo comunicante con latmosfera. Il tubo di troppo pieno e quello di sfogo devono essere
indipendenti e senza valvole di intercettazione. I vasi di espansione, i tubi di sicurezza e i tubi di
troppo pieno devono essere protetti dal gelo.
E
troppo pieno
canale di sfogo
tubo di sicurezza
Figura 1.10: Schema di un vaso di espansione aperto
Vasi chiusi:
Si possono classificare nel modo seguente:
autopressurizzati senza diaframma o membrana;
prepressurizzati senza membrana o con membrana;
a pressione costante senza membrana;
a pressione e volume costanti costituiti da due serbatoi senza membrana.
Vengono collegati alla tubazione di mandata, al di sotto della flangia oppure al ritorno in prossi-
mita della caldaia; i primi due tipi si evita di collegarli a valle della pompa di circolazione per non
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 37
assoggettarli alla prevalenza della pompa. I vasi di espansione chiusi senza membrana, vedi Figura
1.11, quando vengono collegati allimpianto sono pieni di gas (solitamente aria o azoto), a pressione
atmosfericapo se auto pressurizzati o alla pressione di precarica pp se prepressurizzati. Il collegamen-
to e fatto in modo che lingresso dellacqua sia rivolto verso il basso in modo da non lasciare uscirelaria o il gas.
ipE
fp
Vi
Vf
Figura 1.11: Schema di un vaso di espansione chiuso senza membrana
Durante il caricamento dellacqua nellimpianto il vaso si riempie parzialmente dacqua e la pres-
sione interna si porta alla pressione dellimpianto spento pio di inizio esercizio (pressione idrostaticain corrispondenza del vaso)21. Nei vasi autopressurizzati la pressione di inizio carica e pari alla
pressione atmosferica po. Durante lesercizio, a causa della dilatazione dellacqua contenuta nellim-pianto, dellacqua entra nel vaso, ne occupa una parte e comprime il gas contenuto in esso. Alla
temperatura massima di esercizio la pressione pf allinterno del vaso non deve determinare in altreparti dellimpianto il superamento del valore della pressione massima di esercizio dei componenti
dellimpianto alla quale sono tarati i dispositivi di sicurezza quali ad es. le valvole di sicurezza. La
pressione assoluta massima pf viene posta pari alla pressione di taratura della valvola di sicurezzadiminuita di una quantita corrispondente al dislivello di quota esistente tra il vaso di espansione sequestultima e posta piu in basso ovvero aumentata se posta piu in alto. Per calcolare il volume del
vaso Vv si ipotizza che le trasformazioni, prima descritte, di compressione del gas allinterno del vasosiano isoterme e che il gas abbia comportamento ideale. Pertanto, lespansione del liquido E e com-pensata dalla diminuzione di volume del gas contenuto nel vaso compresso dalla pressione assoluta
iniziale desercizio pi alla pressione assoluta massima desercizio pf22. Cos si puo scrivere:
E = Vi Vf (1.7)con:
21Nei calcoli del volume del vaso il valore della pressione assoluta iniziale pi viene aumentato di una quantita stabilitadal progettista comunque non minore di 15 kPa.
22Con riferimento alla pressione massima desercizio, gli impianti si distinguono in impianti con pressione di esercizio
minore o maggiore di 5 bar (0,5 MPa).
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 38
Vi volume occupato dal gas a impianto fermo;
Vf volume occupato dal gas alla pressione massima di esercizio;
Per la compressione isoterma di gas ideale si ha:
poVo = piVi = pfVf
dove Vo = Vv e pari al volume occupato dal gas alla pressione atmosferica po.Si possono esprimere Vi e Vf in funzione di Vv come:
Vi = Vvpopi
e Vf = Vvpopf
sostituendo nella equazione 1.7 si ottiene:
E = Vvpo
pi po
pf
ed infine:
Vv =E
popi po
pf
(1.8)
Sul valore di Vv e accettabile una tolleranza del 10%
ip
Vi
fp
Vf
acqua
gasgas
membrana
Figura 1.12: Schema di un vaso di espansione chiuso con membrana
Nei vasi prepressurizzati (con o senza membrana) la pressione iniziale pp (pressione di precarica)nel vaso e superiore alla pressione atmosferica po. Nei vasi senza membrana questa pressione deveessere inferiore alla pressione minima di esercizio pi per evitare la fuoriuscita del gas a impiantofreddo mentre in quelli con membrana o diaframma, in cui il gas e trattenuto dalla membrana, deve
essere superiore a tale valore per sfruttare tutta la capacita del vaso. In tal caso (vasi con membrana),vedi Figura 1.12, il volume massimo Vi occupato dal gas a impianto fermo coincide col volume delVv del vaso. Lequazione 1.7 diventa:
E = Vv Vf
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 39
Mentre, sempre nellipotesi di trasformazione isoterma si ha:
ppVv = pfVf
si espliciti rispetto a Vf e si sostituisca nella precedente e si ottiene:
Vv =E
1 pppf
(1.9)
I diaframmi o membrane di separazione dei vasi chiusi devono essere fabbricati con materiali resi-
stenti alla massima pressione e temperatura di esercizio prevista per limpianto.
Per i vasi prepressurizzati senza membrana si potrebbe utilizzare lequazione 1.8 usando la pres-
sione di precaricapp al posto della pressione atmosfericapo. La Norma UNI 10412, invece, impone diutilizzare lequazione 1.9 per calcolare Vi e poi di aggiungere a questo il volume di liquido presente
nel vaso a impianto freddo23. A parita di variazioni di volume da compensare e di pressioni mini-
ma e massima desercizio, i vasi despansione chiusi prepressurizzati senza membrana risultano piu
piccoli di quelli autopressurizzati e quelli con membrana risultano minori di quelli senza membrana
prepressurizzati.
I vasi di espansione privi di diaframma o membrana di separazione tra lacqua e il gas in pressione
devono essere muniti di un mezzo per accertare il livello dellacqua allinterno del vaso stesso 24.
I vasi di espansione a pressione costante sono dei serbatoi chiusi, allinterno dei quali viene man-
tenuta la pressione minima possibile nellimpianto, pari a quella idrostatica di carica dellimpianto,
grazie ad un cuscino daria, vedi la figura 1.13. Il livello di liquido nel vaso deve poter variare per una
variazione di volume pari alla espansione E. In pratica il vaso a pressione costante e come un vaso
aperto che invece di lavorare a pressione atmosferica lavora alla pressione pi. La pressione nel vasoviene mantenuta costante mediante una valvola che scarica aria allesterno quando nel vaso entra del
liquido a causa dellaumento di temperatura nellimpianto e mediante un compressore che introdu-
ce aria nel vaso quando questo si svuota di liquido durante le fasi di raffreddamento dellimpianto.
Questo tipo di vaso ha i seguenti vantaggi:
ha le dimensioni minime possibili, infatti il suo volume e di poco maggiore dellespansione E; non produrre aumenti di pressione nellimpianto per compensare le dilazioni del liquido
e quindi adatto per i grandi impianti e per quegli impianti che sono gia soggetti a impianto freddo a
pressioni prossime a quelle massime accettabili per qualche componente dellimpianto. Ovviamen-te la presenza del compressore aumento sensibilmente il costo del sistema di compensazione delle
dilatazioni del liquido.
Per i grossi impianti in cui il contenuto di liquido e elevato anche il volume dellespansione E egrande. Per non utilizzare un serbatoio di grande diametro a elevata pressione 25 puo essere conve-
niente adottare vasi di espansione a pressione e volume costanti. Essi sono costituiti da due serbatoi:
uno di dimensioni minori operante alla pressionepi ed uno di dimensioni maggiori operante alla pres-sione atmosfericapo, vedi la figura 1.14. Il serbatoio di piccole dimensioni deve consentire le minime
23Questo e probabilmente voluto per cautelarsi dalla incertezza che ci puo essere sul valore di pp per i vasi senzamembrana.
24
Ad esempio un tubicino che collega la parte inferiore del vaso, in cui ce il liquido, con la parte superiore, in cui ceil gas, ed avente un tratto trasparente in corrispondenza della variazione di livello prevista.25A parita di pressione e di materiale per la resistenza meccanica lo spessore della lamiera di cui e costituito il serbatoio
aumenta proporzionalmente al diametro del serbatoio.
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CAPITOLO 1. IMPIANTI DI RISCALDAMENTO 40
E
Vi
Vfi
p
Figura 1.13: Schema del vaso di espansione a pressione costante
oscillazioni di livello del liquido che gli strumenti devono percepire per far intervenire i dispositi-
vi di carica o svuotamento mentre il serbatoio di eleva
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