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Il trattamento fisioterapico della persona affetta da SLA1

di Gaia Olearo

Meglio aggiungere vita ai giorni che non giorni alla vita.

Rita Levi Montalcini

Abstract

Questo intervento circa la fisioterapia avrà come obiettivo, oltre a quello di fornire ai partecipanti alcorso una panoramica informativa rispetto al tipo di intervento svolto dal fisioterapista sia dal puntodi vista motorio che respiratorio, anche quello di dar loro alcuni strumenti per la gestione delpaziente nella vita quotidiana, proprio nell’ottica di dare alla cura la continuità necessaria.

1 Dispensa interna per il corso di formazione rivolto a familiari di malati SLA organizzati dall’associazione Viva la VitaOnlus.

Indice

IntroduzioneSLA e cure palliativeContinuità dell’assistenzaA cosa serve la fisioterapia

1. Fisioterapia Motoria1.1. Chinesiterapia e mobilizzazioni1.2. Posizionamenti1.3. Trasferimenti

2. Fisioterapia respiratoria2.1. Cenni sulla fisiologia e sulla meccanica respiratoria2.2. Cosa succede nella SLA

2.2.1. Diminuzione della mobilità della gabbia toracica2.2.2. Rischio di accumulo secrezioni2.2.3. Utilizzo della “macchina della tosse” e dell’aspiratore

3. Ausili ed ortesi

4. Sicurezza in casa

Bibliografia

Introduzione

Ogni paziente è diverso. In medicina c’è un’ampia variabilità di situazioni e di reazioni soggettive,e spesso questo pone anche noi fisioterapisti di fronte alla sfida di trovare una soluzionepersonalizzata per quel paziente che magari ha una caratteristica “anomala” rispetto a quanto èscritto nei manuali.Non esiste quindi un trattamento standard che venga effettuato a prescindere su chiunque, ma cisono degli strumenti che vengono scelti in base alla valutazione della singola situazione, nonbisogna dimenticare, infatti, possibili co-morbidità, cioè la presenza contemporanea di malattiediverse i cui effetti si sovrappongono.

SLA e cure palliativeLa SLA è una malattia degenerativa che colpisce i motoneuroni.Colpisce sia il 1º motoneurone a livello della corteccia cerebrale che 2º motoneurone, a livello deltronco encefalico e del midollo spinale.Poiché è una malattia rara la diagnosi è spesso difficile e tardiva, inoltre è resa più difficile dal fattoche l’esordio della malattia può presentare caratteristiche diverse (per giunta simili ai sintomiriscontrabili anche in altre malattie), necessitando quindi di un percorso diagnostico lungo edarticolato.Negli ultimi anni si è prestata più attenzione che in passato a questa patologia ma la ricerca haancora molta strada da fare, così come il coordinamento verso un’assistenza adeguata dal punto divista della collaborazione fra figure professionali diverse.

Il tipo di SLA (esordio spinale o bulbare) e – soprattutto – lo stadio della malattia determinanomolto ciò che è necessario e che è possibile fare.

Ma, fondamentale, è che in tutti in nostri interventi dobbiamo tenere presente che la SLA è unamalattia neurodegenerativa ad esito infausto e che la SLA determina la perdita dell’autonomia.

Per assistere adeguatamente una persona affetta da SLA occorre dunque far ricorso al modello dellecure palliative.Il modello dell’intervento medico palliativo, che si è andato delineando negli ultimi decenni,rispetto al modello curativo sposta l’attenzione, come dice Bonaiuti (2004) “dalle cure risolutivedella malattia (…) al sollievo dalla sofferenza, è centrato sul malato e non sulla malattia, e mira adattenuare la disabilità, ad assistere e a propiziare una morte serena”.Quindi un’impostazione della cura che mette al centro il malato, il quale con la propriaimpostazione etica, culturale e affettiva, orienta i bisogni da soddisfare.

Tutto questo implica che ci soffermiamo su alcuni aspetti che vanno oltre il campo della fisioterapiama che inquadrano il contesto all’interno del quale la fisioterapia deve necessariamente inserirsi perpoter essere efficace come parte di queste cure palliative.

Intanto dobbiamo considerare la relazione che viene a stabilirsi con il malato e che èimprescindibile in quanto la fisioterapia si fa CON la persona e non sulla persona. Il malato non èmai quindi un soggetto passivo ma è una persona che viene coinvolta attivamente, anche quando lapossibilità di un movimento attivo è gravemente ridotta o assente.

È quindi per prima cosa importante stabilire un rapporto di fiducia e per farlo dobbiamo essere ingrado anche di capire in che momento dell’elaborazione della propria condizione è il paziente.

Apriamo quindi una breve parentesi sulle fasi che dal punto di vista psicologico si attraversanodopo che si è ricevuta la diagnosi di una malattia grave ed invalidante.Esistono infatti studi sulle reazioni psicologiche alla malattia grave che nascono dai lavori diElisabeth Kübler-Ross, medico e psichiatra svizzera, che negli anni Sessanta lavorò molto con imalati terminali e mise in luce l’importanza di affrontare anche la sofferenza psichica, oltre chequella fisica.

La distinzione di diverse fasi circa l’accettazione della malattia è, come tutte le classificazioni,didattica. Nella vita questi passaggi tendono a sfumare uno nell’altro e la progressione non ènecessariamente lineare: ad esempio si può saltare una fase o tornare a quella precedente, ecc.

Fase della negazione È una risposta normale se temporanea (anche seci può essere il rischio che si sclerotizzi).Rappresenta un utile meccanismo di difesa chepermette di attenuare l’intensa angoscia iniziale.

Fase della rabbia È l’emozione che permette di cominciare apensare quanto sta accadendo.La persona non è ancora pronta ad affrontaredolore ed angoscia quindi utilizza la rabbia comeunico mezzo a sua disposizione per esprimere leproprie emozioni.

Fase della contrattazione o del patteggiamento La persona cerca di riprendere il controllo dellapropria vita.Riesce a pensare la malattia tramite laconvinzione magica che qualcosa possa portarealla guarigione.

Fase della depressione Il paziente inizia a prendere consapevolezza dellasituazione che sta affrontando: perditadell’autonomia e angoscia per l’esito dellamalattia.

Fase dell’accettazione La persona arriva ad un’accettazione della propriacondizione ed a una consapevolezza di quanto staper accadere (non tutti riescono a raggiungerequesta fase).

È il momento dei saluti e della restituzione a chi èstato vicino al paziente.

Fasi del “lutto” nella malattia grave (Kübler-Ross, 1974).

Questo schema ci aiuta ad interpretare le risposte e le reazioni della persona e questo ci consente dirapportarci con lei in modo più sereno ed efficace.

Continuità dell’assistenzaQuanto appena detto vale non solo per il personale sanitario che ruota intorno al paziente, ma anchee soprattutto per i familiari ed in particolare per il caregiver, che è la persona, che prendendosi curapiù frequentemente dell’assistito, sta anche per più tempo in contatto con lui.Sono quindi importanti e da tenere ben presenti anche i bisogni del caregiver e la tutela della suasalute psicofisica perché sono appunto le sue risorse fisiche ed emotive che gli consentono disvolgere una funzione di assistenza.

A cosa serve la fisioterapiaSeguire un adeguato programma fisioterapico fin dalle fasi precoci della malattia comporta unaserie di benefici soprattutto a livello preventivo.Nella SLA, come anche in altre patologie, la fisioterapia si occupa sia degli aspetti motori che diquelli respiratori.

Dal punto di vista motorio mantenere il trofismo muscolare (mantenere cioè il muscolo allenato)serve a rallentare la progressione della disabilità, anche quando questa è inevitabile.La fisioterapia effettuata regolarmente aiuta inoltre a prevenire complicanze come dolorose rigiditàarticolari, recando anche sollievo rispetto alla sofferenze che posture scorrette possono generare.

Dal punto di vista respiratorio, invece, la fisioterapia mantiene non solo “allenato” il diaframma,cioè il principale muscolo respiratorio, ma mantiene anche le vie respiratorie libere da secrezioni(prevenendone l’accumulo o facilitandone l’espulsione) rientrando quindi nella profilassi dellemalattie polmonari cui i malati di SLA sono particolarmente esposti.

1. Fisioterapia Motoria

La fisioterapia si occupa sia del versante motorio, negli aspetti degli esercizi attivi ed attivi-assistiti(chinesiterapia), della mobilizzazione, del posizionamento e del trasferimento del paziente, sia delversante respiratorio.Inoltre il fisioterapista può valutare insieme alla persona ed ai familiari l’utilizzo di ausili ed ortesi everificare la presenza in casa di situazioni che possono presentare delle potenziali fonti di pericolo,dal punto di vista degli incidenti domestici.

Rispetto alla fisioterapia forniremo qui alcune informazioni per spiegare il senso dell’intervento delfisioterapista, ma non potranno essere date indicazioni particolari in quanto è impossibile stabilire apriori quale può essere il trattamento adatto ad un determinato paziente.Vedremo insieme invece quegli aspetti che sono comuni sia al lavoro del fisioterapista che allagestione della vita quotidiana. Anzi potremmo dire che sono gli aspetti in cui il lavoro delfisioterapista è proprio quello di insegnarli a chi si occupa tutti i giorni del paziente.

La riabilitazione motoria ha, a seconda degli stadi della patologia, l’obiettivo di:- Rallentare la perdita delle attività funzionali;- Sfruttare tutte le potenzialità che vengono messe a disposizione dall’organismo per l’esecuzione diuna medesima funzione, quindi sviluppare strategie alternative (compensi).- Prevenire patologie secondarie.

Un primo aspetto cui dobbiamo prestare attenzione è il tipo di compromissione neuronale presente:infatti se è interessato il primo motoneurone avremo presenza di spasticità, perdita dicoordinazione, rigidità e perdita del controllo volontario del movimento.Mentre nel caso dell’interessamento del secondo motoneurone i sintomi prevalenti sono ipostenia(cioè la riduzione della forza muscolare), fascicolazioni e atrofia muscolare.I pazienti con iniziale prevalente compromissione bulbare presentano invece disartria, disfagia,scialorrea, aspirazione, ma questi sintomi interessano principalmente la fisioterapia respiratoria (e illavoro di altre figure professionali, come ad esempio il logopedista).

1.1. Chinesiterapia e mobilizzazioniAbbiamo detto che la SLA è una patologia ingravescente. Dal punto di vista muscolare c’è quindiuna progressiva perdita di forza che tuttavia può essere rallentata da una moderata attività fisica lacui intensità sarà comunque adeguata alla condizione della persona. Verranno previsti degli eserciziadatti alla situazione specifica e sarà consigliato il mantenimento di quelle attività che possonoanche incentivare il paziente a mantenere una vita sociale2 (es.: passeggiate).

Sarà inoltre importante mantenere la flessibilità tramite esercizi di stretching.

Ci sarà poi una fase in cui si passerà ad esercizi attivi con un minimo di assistenza. E l’aiuto,progressivamente aumenterà, in parallelo alla perdita della forza.

Ad uno stadio più avanzato della patologia si passerà invece ad una mobilizzazione passiva mirata amantenere la mobilità articolare allo scopo di ridurre irrigidimenti dolorosi e che possonocomplicare la gestione delle attività della vita quotidiana, muovere tutte le articolazioni è

2 Questo aspetto è chiaramente importante a prescindere dall’attività fisica.

importante, infatti, per mantenere l’integrità delle articolazioni e prevenire contratture dolorose edeformazioni.

Eventualmente il fisioterapista che nello specifico tratterà la persona potrà richiedere la vostracollaborazione nell’aiutare la persona ad eseguire alcuni semplici esercizi/compiti che potrannocoadiuvare la fisioterapia dando continuità all’intervento stesso.

Precauzioni:

NON mobilizzare il paziente se non si è sicuri.

L’assistenza nei movimenti deve essere delicata elenta, adeguata al livello di autonomia residuadella persona.

Se insorge dolore, il movimento deve essereinterrotto.

Evitare di tirare il paziente per le braccia.

È bene inoltre “contrattare” sempre conl’interessato ciò che si sta facendo.

Quando prevale la perdita dei motoneuroni corticali si evidenzia la presenza di spasticità, è unfenomeno per il quale i muscoli sono costantemente contratti e si oppongono all’allungamento,causando rigidità articolare, retrazioni e l’assunzione di posture disfunzionali e/o dolorose.Il trattamento deve essere delicato, la mobilizzazione deve essere cauta e lenta, mirata almantenimento della mobilità articolare nonostante la cronicizzazione della contrattura.In generale, in presenza di spasticità va EVITATA la mobilizzazione passiva brusca che tende,paradossalmente, a stimolare una ancora maggiore contrazione dei muscoli.

1.2. PosizionamentiÈ importante come il paziente, soprattutto quando non più autonomo negli spostamenti, vieneposizionato. È vero che la conservazione della sensibilità in buona parte previene la formazione dipiaghe da decubito (in quanto il paziente segnala se ha dolore o se ha assunto una posizione nonidonea), tuttavia dobbiamo ricordare che la posizione del soggetto va cambiata ogni 2/4 ore.Oltre alle posture corrette per i momenti di riposo, dobbiamo inoltre considerare che una posturaadeguata dovrebbe anche anticipare qualsiasi operazione si intenda far eseguire o eseguire con ilpaziente.Un buon posizionamento implica infatti un atteggiamento posturale anticipatorio di qualsiasi azionesi intenda svolgere, e questo vale anche per qualsiasi tipo di movimentazione passiva.

OBIETTIVIPrevenzione dei decubiti e degli edemi.Evitare le retrazioni muscolo-scheletriche.Variare la qualità delle informazioni propriocettive.

Posizionamento a letto3

Vi sono due posizioni di base in un letto standard: supina e sul fianco.La posizione dovrebbe essere cambiata almeno ogni due ore, passando dal fianco destro allaposizione supina e poi al fianco sinistro.

Nelle immagini vediamo sia il modo in cui va posizionato il paziente, sia le posizioni che ilcaregiver deve adottare o evitare.

Da: Azienda Ospedaliera e Azienda ULSS 16 di Padova, Cambio posturale dei pazienti e uso degli ausili antidecubito.

3 Non consideriamo qui la posizione di Fowler (semiseduta) in quanto è una variante della posizione supina.

Da: Regione Lazio, Azienda Unità Sanitaria Locale Rieti, Servizio prevenzione e protezione. Raccolta di procedure perla corretta movimentazione dei pazienti e dei carichi.

Serviranno eventualmente una serie di cuscini e asciugamani/teli che aiuteranno a mantenere nellaposizione corretta le varie articolazioni (ad es: ai piedi del letto per prevenire l’equinismo del piede,dietro la schiena per sostenerla nel decubito laterale, ecc.).

Rotolamento nel lettoPer effettuare il rotolamento, cioè il passaggio posturale dalla posizione supina al decubito laterale(cioè sul fianco), si effettuano una serie di passaggi:- si posiziona il paziente con la testa girata verso il lato su cui lo si sposterà;- il braccio sullo stesso lato, quello che risulterà alla fine “sotto”, viene abdotto (cioè aperto verso ilbordo del letto).Questi primi due passaggi consentono al paziente di prepararsi allo spostamento e sentire e vederequale spazio c’è fino al bordo del letto. Si prosegue poi:- l'altro braccio è sull'addome;- si accavalla la gamba più lontana su quella che poi risulterà in appoggio.Chi sposta il paziente si colloca sul lato verso cui il paziente deve girare e, ponendo una mano sulcingolo scapolare ed una su quello pelvico, ruota il paziente controbilanciandosi con il proprio peso(stando anche in quest'occasione attento ad avere una base d'appoggio sufficientemente larga ed anon piegare la schiena, utilizzando invece le gambe)

Posizionamento in carrozzinaNel posizionamento in carrozzina consideriamo:- il tronco, il cui asse dovrebbe coincidere con l’asse mediano;- i cingoli scapolare e pelvico (spalle e anche) che, se l’assetto della colonna è corretto, devonoessere paralleli fra loro;- il bacino, che deve essere centrato rispetto alla seduta, con l’osso sacro nell’angolo tra sedile eschienale (con uso degli appositi cuscini nel caso di piaga sacrale), evitando quindi scivolamenti delcingolo pelvico in avanti;- il capo (eventualmente con l’ausilio del poggiatesta, posizionato in sede nucale) che dovrebberisultare centrato, con l’occipite in linea con le scapole e l’osso sacro;- gli arti superiori vanno posizionati sugli appositi sostegni, in quanto una leggera abduzione diciascun arto risulta facilitante l’espansione toracica ed inibente la postura flessoria;- i piedi vengono posizionati sull’appoggiapiedi, possibilmente mantenendo l’articolazione delginocchio a 90°; l’appoggio plantare da ricercarsi è con tutta la fascia plantare.

NB: Può essere in alcuni casi necessario l’utilizza di cinghie e sostegni per assicurare al pazienteuna maggiore stabilità.

Può essere utile lasciare un tavolino davanti alla persona: ciò offre maggiore sicurezza e puòrappresentare una possibilità per avere maggiori stimoli e maggiore autonomia.È da ricordare inoltre che la carrozzina non deve sostituire la funzione del cammino, laddove questasia ancora conservata, ma serve a prolungare la possibilità di spostamento ed evitare l’allettamento.

Da: http://portale.siva.it/bancadati/ausili/SchedaAusilio.asp?id=9104

1.3. TrasferimentiQuesto è uno degli aspetti più delicati con cui soprattutto il caregiver ha che fare vista la necessitàquotidiana di aiutare il paziente a spostarsi.A seconda dello stadio di progressione della malattia cambierà il modo di gestire questo ambito.Quando iniziano i primi segni della perdita di autonomia infatti l’aiuto richiesto è ovviamenteminimo (e in alcuni casi bisogna insistere col paziente perché lo accetti), mentre, progredendo lamalattia, diventerà sempre più importante (nonché fonte di nuove elaborazioni del lutto di cuidicevamo prima).

Ci sono due aspetti da prendere in considerazione, entrambi ugualmente importanti.

Il primo riguarda il paziente in quanto la sensibilità, di norma, è conservata. Dobbiamo quindiprestare molta attenzione alle modalità che utilizziamo in quando essere poco delicati potrebbeprovocare dolore.Inoltre durante le mobilizzazioni o trasferendolo bisogna prestare attenzione al rischio di causaredanni veri e propri alla persona. Ad esempio si corre il rischio di arrecare danni ad articolazioniparticolarmente fragili come la spalla: i muscoli indeboliti infatti non possono più proteggerel’articolazione. Per questo motivo bisogna evitare di TIRARE per le braccia il paziente ma è piùimportante sostenerne il busto ed il capo.Naturalmente, se parte della forza è conservata il paziente può usarla per aggrapparsi a dei sostegni.Un’altra cosa molto importante è spiegare alla persona ciò che si fa e, nel caso di manovre a cui nonpuò collaborare, anticipare sempre verbalmente ciò che stiamo per fare.

Il secondo aspetto riguarda invece il caregiver: quando aiutiamo il paziente a muoversi bisognaprestare particolare attenzione al modo in cui ci posizioniamo noi stessi.È molto facile che movimenti eseguiti in modo non adeguato e, soprattutto, ripetuti, possanoincidere negativamente sulla salute del caregiver.

È importante quindi tenere una postura corretta durante le operazioni di movimentazione deipazienti:- l’operatore deve posizionarsi con le gambe leggermente divaricate e un piede posizionatoleggermente in avanti per assicurare una base di sostegno più ampia;- non piegare la schiena, ma utilizzare le gambe: bisogna chinarsi piegando le gambe e poiraddrizzando lentamente le ginocchia mentre si solleva il paziente. La colonna vertebrale deveessere tenuta in una posizione che segua la sua curva naturale, facendo in modo da evitare disovraccaricarla quando ci si allunga o ci si china. Inoltre, l’operatore deve sempre spostare ilproprio peso seguendo la direzione del movimento che sta facendo.- indossare calzature e indumenti adatti (gli indumenti non devono limitare i movimentidell’operatore e le calzature consentire stabilità, quindi no a: scarpe coi tacchi alti, zoccoli opantofole);- afferrare bene il paziente durante le operazioni di movimentazione: va sempre usata tutta la mano,identificare le aree che consentono una presa salda. Il paziente va quindi afferrato intorno alla zonapelvica, alla vita, alle scapole e mai per le braccia o per le gambe.

Prima di qualsiasi trasferimento dobbiamo prestare MASSIMA ATTENZIONE alla SICUREZZA:frenare SEMPRE la carrozzina e/o il sollevatore; il trasferimento può essere eseguito solo tra unasuperficie stabile e un’altra superficie stabile.

I trasferimenti si effettuano con tecniche diverse, a seconda se il paziente sia parzialmentecollaborante (può sfruttare una residua capacità di movimento) o non collaborante (non può aiutareil movimento né con gli arti superiori né con gli arti inferiori).

PAZIENTE PARZIALMENTE COLLABORANTE

Trasferimento dal letto alla sedia

PAZIENTE NON COLLABORANTEI trasferimenti del paziente non in grado di collaborare vengono effettuati da almeno due persone.

Per spostarlo nel letto si utilizza la traversa (anche se il paziente è minuto potrebbe essere possibilead un solo operatore muoverlo spostando il cingolo pelvico e quello scapolare).

Alzare il paziente dal letto

Trasferimento letto-carrozzina

Trasferimento carrozzina-letto

Da: Direzione Sanitaria A.S.L. Brescia, Servizio medicina preventiva. Procedure per contenere il rischio legato alla movimentazione manuale deipazienti e all’assunzione di posture incongrue.

UTILIZZO del SOLLEVATOREAnche per questa manovra è preferibile siano presenti due operatori.L’imbragatura va posizionata sotto il paziente (disteso a letto o seduto in carrozzina) ponendoattenzione al fatto che sia centrata in modo da avvolgere simmetricamente la persona. In sensolongitudinale deve invece sostenere adeguatamente la persona dal capo al bacino.

Gli arti superiori del paziente devono essere addotti e flessi (braccia incrociate).Il braccio del sollevatore viene abbassato e l’imbragatura viene agganciata saldamente. Importanteincrociare le fasce che vanno sotto gli arti inferiori in modo da contenere adeguatamente il bacino,infatti il bacino, ossia la base del tronco stesso, riveste un ruolo chiave nell’assetto del torace, degliarti e del capo, nel momento in cui il paziente viene trasferito sulla carrozzina col sollevatore.Il paziente deve essere mantenuto in posizione semi-orizzontale prima di essere spostato verso lacarrozzina; il cambio di assetto (in senso verticale) avviene in prossimità della carrozzina.Attenzione agli arti inferiori durante il trasferimento.Il braccio mobile del sollevatore viene abbassato e poi viene rimossa l’imbragatura stessa.

PRECAUZIONE: effettuare la manovra lentamente e rassicurando il paziente (le prime voltesoprattutto. Specie nel caso di esperienze di cadute precedenti, può generare un certo timore).

2. Fisioterapia respiratoria

Obiettivi della fisioterapia respiratoria sono essenzialmente due: limitare il deterioramento dellafunzionalità polmonare e prevenire le infezioni respiratorie.Gli interventi che vengono effettuati mirano quindi a:- aiutare i meccanismi fisiologici di pulizia delle vie respiratorie (quindi favorire il drenaggio dellesecrezioni, per disostruire le vie respiratorie);- ri-espandere zone atelettasiche (collassate) o scarsamente ventilate;- migliorare la distribuzione dell’aria inspirata;- mantenere la mobilità della gabbia toracica.Tramite questi interventi, inoltre si accelerano i processi di guarigione delle infezioni acute(drenando il muco diminuisce la carica batterica che ristagna all’interno dei polmoni) e si riducel’incidenza delle riacutizzazioni.

Consentire al paziente di raggiungere la migliore condizione funzionale possibile significa, inoltre,migliorare anche la sua condizione psicologica (come per altro avviene in tutti gli interventi checomportino il sollievo da una situazione di sofferenza).

2.1. Cenni sulla fisiologia e sulla meccanica respiratoriaLa respirazione è una funzione complessa che prevede il coordinamento di una serie di muscoli estrutture. Gli atti respiratori, fisiologicamente, sono dai 12 ai 16 al minuto e, ad ogni inspirazione,viene immesso nel torace circa mezzo litro di aria.È una funzione semi-automatica, regolata principalmente da centri di controllo neuronali collocatinel bulbo e nel ponte (strutture del sistema nervoso centrale che si trovano all’incirca alla base delcranio), ma che può essere influenzata dal controllo volontario.

La respirazione è costituita da due fasi: inspirazione ed espirazione.L’inspirazione è una fase attiva nella quale il muscolo diaframma4 (il principale muscolorespiratorio) abbassandosi aumenta il volume del torace. Questo meccanismo determinal’espansione dei polmoni e consente quindi all’aria di raggiungere, attraversando le vie aeree5, glialveoli polmonari, piccole strutture a forma di sacchetto dove avviane lo scambio tra ossigeno, cheentra nel sangue, ed anidride carbonica che ne esce.

L’espirazione è, invece, una fase passiva nella quale il semplice rilassamento dei muscoli respiratoriconsente l’espulsione dell’aria poiché i polmoni tornano spontaneamente al volume precedenteall’inspirazione.

Per entrambe le fasi è possibile aumentare i volumi d’aria spostati impiegando forzatamente tutta lamuscolatura respiratoria.Infatti, normalmente, non abbiamo bisogno di utilizzare per respirare tutta l’ampiezza possibile deipolmoni (azione che richiede un notevole dispendio di energie), ma se necessario possiamoampliare il volume di aria inspirata aumentandolo di circa 2-3 litri.Allo stesso modo possiamo anche aumentare i volumi di aria espirata6.

4 In sinergia con una serie di altri muscoli respiratori.5 Naso o bocca, faringe, laringe, trachea, bronchi e bronchioli.6 I valori forniti in questa sede sono esemplificativi in quanto esiste una variabilità fisiologica che dipende dacaratteristiche fisico-anagrafiche e dal sesso della persona.

Oltre all’apporto di ossigeno il flusso di aria che circola nei polmoni ha un ruolo anche neldrenaggio delle secrezioni.Ogni organismo sano produce infatti muco che protegge la mucosa e, inglobando batteri e particelleestranee, aiuta a prevenire infezioni e infiammazioni.Il muco, fisiologicamente, per poter essere eliminato viene spinto verso l’alto, verso la faringe7, siadal movimento delle ciglia (microscopiche) presenti sulla mucosa sia dal flusso dell’aria espirata.

2.2. Cosa succede nella SLA

2.2.1. Diminuzione della mobilità della gabbia toracicaNella SLA (più precocemente in quella ad esordio bulbare e più tardivamente in quella ad esordiospinale) quando vengono colpiti i muscoli respiratori vengono a ridursi la mobilità del torace edell’addome.La perdita di capacità contrattile da parte di questi muscoli riduce l’ampiezza della respirazione equindi l’apporto di ossigeno e, contemporaneamente, provocano un accumulo delle secrezioni chevengono drenate in modo meno efficiente.Questo comporta un aumento automatico della frequenza respiratoria come meccanismo dicompenso. Tuttavia in questo modo il respiro diventa superficiale e meno funzionale: l’aria deveinfatti attraversare più volte lo “spazio morto respiratorio” dove non avviene lo scambio gassosoche permette l’ossigenazione del sangue.

L’esito della debolezza muscolare è quello di non consentire più una respirazione autonoma da partedel paziente che dovrà ricorrere alla ventilazione meccanica non invasiva (NIV) e successivamentealla tracheostomia che consente un allungamento della sopravvivenza, ma comporta anche unpeggioramento della qualità della vita.

2.2.2. Rischio di accumulo secrezioniSe il flusso d’aria che entra ed esce dai polmoni non è sufficientemente intenso viene a mancare unaimportante forza che aiuta il muco a risalire lungo le vie aeree per poter poi essere espulso.

Ci sono inoltre altri due importanti fattori da tenere in considerazione: la scarsa idratazione ed ilpericolo dell’aspirazione di saliva/cibo/bevande.

La scarsa idratazione dipende anche dal fatto che i pazienti tendono a bere ed assumere in generaleuna quantità di liquidi insufficiente al fabbisogno dell’organismo. Questo è un problema che neicasi di disfagia ovviamente è ancora più evidente.La disidratazione, però, in ambito fisioterapico è un ostacolo ulteriore per il corretto drenaggio dellesecrezioni: il muco infatti diviene più vischioso e pertanto più difficilmente mobilizzabile.

L’aspirazione, cioè l’ingresso in trachea di materiale destinato al passaggio nell’esofago, invece, èdi estrema pericolosità in quanto introduce in trachea sostanze irritanti, batteri ed il cibo che sitrasforma in una serie di sostanze nutritive per questi ultimi.Si creano così le condizioni per il probabile sviluppo di infezioni respiratorie (polmoniti ab ingestis)che, sovrapponendosi ad un quadro di debolezza muscolare, possono essere molto pericolose.

7 Il canale muscolo-membranoso comune sia alle vie respiratorie che a quelle digerenti.

Va quindi posta MASSIMA attenzione a seguire le prescrizioni sulle modalità di alimentazione chedà il logopedista (anche per piccolissime quantità di alimento)!

2.3. Utilizzo della “macchina della tosse” e dell’aspiratore

2.3.1. Meccanismo della TosseLa tosse è un meccanismo di difesa di tipo riflesso che il nostro corpo adotta pulire le vierespiratorie da eccessi di secrezione, particelle estranee ed irritanti o corpi estranei come puòaccadere se il cibo entra nella trachea invece che nell’esofago (fenomeno che accade spesso allepersone che soffrono di disfagia, cioè che hanno difficoltà a deglutire a causa di unmalfunzionamento dell’epiglottide).

Dal punto di vista meccanico la tosse può essere suddiviso in tre fasi: una fase inspiratoria, unacompressiva ed una espulsiva.La tosse è un’energica inspirazione, seguita da chiusura della glottide e dalla repentina riaperturadella stessa cui consegue una rapida espirazioneL’efficacia della tosse è tanto maggiore quanto più alto è il volume inspirato.Può essere secca o produttiva, ossia se fa uscire saliva, muco o altre sostanze.L’interazione aria espirata-muco non dipende solo dalla velocità del flusso espiratorio, ma anchedalle caratteristiche del muco stesso (ad es.: densità, stato di idratazione, ecc.).

2.3.2. “Macchina della tosse” ed aspiratoreL’in-exufflator (la “macchina della tosse”) è uno strumento importantissimo alla luce di quantoappena detto. Questo ventilatore ha un funzionamento abbastanza semplice: insuffla (cioè spingeforzatamente) l’aria all’interno delle vie aeree fino agli alveoli ed altrettanto forzatamente laessuffla (risucchia).Questo veloce movimento di aria mobilizza le secrezioni e ne facilita la risalita e l’espulsioneautonoma da parte del paziente (stimola il riflesso della tosse, se ancora elicitabile) o la rimozionecon l’aspiratore.La macchina della tosse va eseguita secondo la frequenza e con i parametri di impostazione stabilitidallo pneumologo. Solitamente dalle 3 alle 5 volte al giorno per cicli di 5-6 insufflazioni ripetuti 3-5volte, di preferenza dopo circa mezz’ora dall’esecuzione dell’aerosol (laddove prescritto) ecomunque MAI appena dopo i pasti (devono passare preferibilmente un paio d’ore).Durante l’utilizzo della “macchina della tosse” è bene comunque monitorare saturazione e,soprattutto, frequenza cardiaca che non deve salire sopra i 100 battiti cardiaci al minuto.Tra un ciclo e l’altro, a seconda della situazione si aspira il muco espulso e si dà tempo al pazientedi recuperare (è un tipo di presidio che può stancare parecchio la persona).

Per quanto riguarda il saturimetro è bene, soprattutto se si evidenziano problematiche di tiporespiratorio, tenere un diario con le varie rilevazioni che vengono compiute nell’arco della giornata.

3. Ausili ed ortesi

Sempre in base alla situazione specifica della persona si può valutare l’utilizzo di ortesi ed ausili peraiutarla a mantenere il più a lungo possibile l’autonomia personale.In questa sede l’argomento non verrà particolarmente approfondito in quanto nel corso è previstauna lezione apposita con la terapista occupazionale.

A titolo introduttivo distinguiamo tra ausili ed ortesi.I primi sono quegli strumenti che facilitano l’esecuzione di determinati movimenti sia mirando alrisparmio di energie, sia (soprattutto) al prolungamento dell’autonomia del paziente (bastonetripode, deambulatore).Altri ausili possono essere il trapezio (comunemente detto “capra”) da appendere sopra il letto (ouna corda per aiutare l’autonomia nel sollevamento dalla posizione supina) oltre tutti quegli oggettidi uso domestico con impugnature modificate.Sono invece delle ortesi quegli strumenti che supportano una funzione fisiologica deficitaria; sonoortesi, ad esempio la molla di codivilla (ortesi tibio-tarsica) o vari altri tipi di tutore.

4. Sicurezza in casa

In considerazione delle difficoltà motorie crescenti della persona è importante predisporre anche unambiente domestico che agevoli gli spostamenti e sia il più possibile esente da pericoli.Questo vuol dire in alcuni casi apportare modifiche alle proprie abitudini, tuttavia porsi di fronte atali cambiamenti accogliendoli come una possibilità invece che come un peggioramento aiuta adintegrarli funzionalmente nella propria quotidianeità.Anche qui è necessario un lavoro di tipo psicologico che aiuti ad assumere un atteggiamentopropositivo, verso le difficoltà che inevitabilmente si incontrano.La presenza di tappeti, ad esempio, rende più alta la probabilità di inciampare.Anche l’abitudine di dare la cera ai pavimenti (abitudine meno diffusa ora che in passato, ma ancorapresente in molte famiglie) può rendere più facile scivolare.Fa parte della sicurezza anche l’igiene: anche se può essere un compito estremamente noioso èimportante seguire le regole di detersione per i singoli presidi.Ad esempio, una maschera che non viene lavata dopo ogni utilizzo accumula una carica battericache per noi può sembrare non importante ma per il paziente, che magari è già indebolito a causa diuna serie di circostanze (malnutrizione, disidratazione, infezioni di varia natura, fisiologicoindebolimento del sistema immunitario secondario a stress ed inattività, etc...) può risultareestremamente dannosa.In generale è importante tenere presenti quegli accorgimenti che il personale sanitario può suggeriredurante una visita domiciliare, chiedendo chiarimenti nel caso non si fosse convinti dell’utilità diquanto viene proposto.

IN CASO DI CADUTACADUTA A TERRA DI PAZIENTE PARZIALMENTE AUTONOMO- Il paziente assume la posizione sul fianco- Si spinge col gomito del lato appoggiato a terra e con l’altra mano per alzare il busto- Assume la posizione inginocchiata- Assume la posizione del “cavalier servente” (dalla posizione in ginocchio, solleva una gambaappoggiando il piede a terra fino ad avere il ginocchio a 90°)- Spinge con entrambe le mani sul ginocchio e si solleva, oppure si appoggia ad un sostegno e sisolleva- L’operatore coadiuva il paziente nei vari movimenti.

Appel, V., SLA: Mantenimento della Mobilità. “Guida alla Terapia Fisica ed Occupazionale”. Stampato a curadell’Associazione “Aldo Perini” e di Italtriest SpA.

CADUTA A TERRA DI PAZIENTE NON AUTONOMOServono almeno due persone.Portare il paziente in posizione seduta.Anche in questo caso bisogna usare i muscoli delle gambe invece di piegare la schiena.Durante il trasferimento dal pavimento alla sedia, spostare il proprio peso da un lato all’altromantenendo dritta la schiena.Chiedere all’assistito (se possibile) di piegare le articolazioni.I movimenti dei due operatori devono essere sincronizzati mentre si esegue il trasferimento delpaziente. La comunicazione tra i due operatori è, ovviamente, importantissima.

Da: Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. Tecniche di movimentazione dei pazienti per prevenire i disturbi muscoloscheletrici nellasanità.

Bibliografia

Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. Tecniche di movimentazione dei pazienti perprevenire i disturbi muscoloscheletrici nella sanità.http://osha.europa.eu

Appel, V., SLA: Mantenimento della mobilità. Guida alla terapia fisica ed occupazionale. Stampatoa cura dell’Associazione “Aldo Perini” Onlus e di Italtriest SpA.

Azienda Ospedaliera e Azienda ULSS 16 di Padova, Cambio posturale dei pazienti e uso degliausili antidecubito.http://www.lesionicutaneecroniche.it/PDF%20LINEE%20GUIDA/protocolli/ASL%2016%20PADOVA%20procedura_operativa_postura.pdf

Bonaiuti, D. (2004), Modello curativo e palliativo: quale intervento medico nella sclerosi lateraleamiotrofica? In Journal of Medicine and The Person, vol. 2, n. 2.

Direzione Sanitaria A.S.L. Brescia, Servizio medicina preventiva. Procedure per contenere il rischiolegato alla movimentazione manuale dei pazienti e all’assunzione di posture incongrue.http://ww2.unime.it/prevenzione/pdf/pubblicaltrienti/Movimentazione_pazienti.pdf

Regione Lazio, Azienda Unità Sanitaria Locale Rieti, Servizio prevenzione e protezione. Raccoltadi procedure per la corretta movimentazione dei pazienti e dei carichi.http://www.asl.ri.it/staff/prevenzione/documentazione/pdf/procedure/manuale-MMC.pdf

Kübler-Ross, E. (1974), Domande e risposte sulla morte ed il morire. RED Edizioni, Como 2004.

Società Italiana di Cure Palliative (2010), SLA: accanto a malato e famiglia, con quale percorso dicura? Documento di consenso. XVII Congresso Nazionale, Roma 30 Novembre-1 Dicembre 2010.Divulgazione a cura di Fondazione Floriani.