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Time: 13/04/20 22:46 IL_MATTINO - SALERNO - 26 - 14/04/20 ----

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Martedì 14 Aprile 2020ilmattino.itPrimoPianoSalerno M

LA LETTERAGiovanni Maria di Lieto*

Ai medici, al personale sanita-rio, ai volontari delle associa-zioni, alle forze dell’ordine, atutti coloro che per compitiistituzionali pongono il loroimpegno al servizio del benecomune. A chi soffre la solitu-dine e l’isolamento forzato. Achi aveva già fatto dell’isola-mento consapevole il propriomodello di vita. All’umanità in-tera che ha pieno diritto allanarrazione di un presente e diun futuro da vivere nella condi-visione di rapporti, amicizia,affetti, sensibilità, abbracci,amori. Al di là dei proclami edei vuoti presenzialismi, pro-pri dei tempi correnti, la lezio-ne dei medici, degli infermieri,dei volontari va còlta e nonsprecata, nel senso che vanno“recuperati” l’eticità e la credi-bilità dei comportamenti, la so-lidarietà e la coesione sociale, ivalori in cui credere, la spintaideale e di passioni, che sonoadempimento del dovere, manon solo. Sognatore è chi trovala sua via alla luce della luna(Oscar Wilde). Nel senso e nelsegno della volontà dell’ottimi-smo, valga la forza della poesiadell’indimenticabile Gianninodi Lieto.

MURI D’ISOLENei cerchi propagati il sole èfermo/ un falco verticale sullapreda/ e nube ambigua, zolfo/

atomi disgregati/ su coni –gronda in tese d’incredibile/stalattiti d’ombra incrostanole grotte/ boccaporti dell’ani-ma:/ innalzeremo muri d’isole/verdi sull’oceano.(Giannino di Lieto da Indecifra-bile perché, Roma 1970)

ACQUA DI CISTERNADondolano/ le case/ annodate/come un fazzoletto/ al poggio/la campana cheta/ gli archi/ fio-riti del bosco/ è il canto dellaterra: a pena d’amore/ il pettosi muove/ sotto la camicia/ dia-fana alla luna. / M’assopisco/in un rigagnolo d’eternità. /Odo sul fosso/ il cuore incline/alla serpe/ uccisa/ nel cerchiod’uno schioppo.(Giannino di Lieto da Poesie, Pa-dova 1969)

PADRESeparazione come accusa laparte una stella sassi e conchi-glie/ mansueti sentieri dor-mendo ancora solo esperienzedel padre/ vissute ormai scrit-tura in quella traccia di un “O”nel buio/ dolci gocce d’erba cu-bo del bosco non più di unafiamma indietro/ rifugio altale-ne magiche anelli con la spigadiamante dei passaggi/ ciascu-no senza fatica sottrae la corteal bianco semi sulla testa/ anfo-re del fiume al suo dominio fi-no al punto che fu terra anche/una piazza una strada figure dianimali secondo soldati a equi-nozi/ li portiamo dopo averliraccolti piccolo ibis riceve lemani/ dal mutare delle foglieuomini in uso dei tatuaggi per-corsi/ neppure città intornofreddissimo rischiato iniziodalle cime.(Giannino di Lieto da Raccontodelle figurine & Croce di Cam-bio, Salerno 1980)

IL COMMENTOCosì si arriva all’estremo esitodell’esperienza della parola,con una felicità dell’invenzio-ne, del pensiero, del fervoredella vita, di catalogazioni dioggetti preziosi come conqui-sta assoluta del possesso dellamente e dell’anima.(Giorgio Bàrberi Squarotti, acommento dell’Opera poetica diGiannino di Lieto – Interlinea2010)

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Michele Schiavino

«È un brusio la vita, e questi persiin essa, la perdono serenamente,se il cuore ne hanno pieno…». Ec-co, mi ritornano prepotenti, inquesti giorni di silenzio ed isola-mento per emergenza coronavi-rus, i versi di Pasolini dal poemet-to «Le ceneri di Gramsci». Il bru-sio della vita ci manca eccome! Arivedere il Vangelo secondo Mat-teo, realizzato dal poeta nel 1964,è sempre un’esperienza. Vitale,oserei dire. Tanto più in un mo-mento dove la Via Crucis tra-smessa in diretta tv da San Pie-tro, un immenso spazio vuoto,contrasta con le scene del Cristonel Vangelo di Pasolini. Cristosempre attorniato da una folla diuomini, donne e bambini, un po-polo in movimento, in un sud po-vero del mondo. Tra pietre e pol-vere millenarie. È un brusio la vi-ta. Una grande dolcezza emana-no le sequenze dei giochi deibambini nelle strade, su cui tantoinsiste il regista nel film. Giochisemplici di cui è testimone anco-ra la nostra memoria. Come di-menticare quegli sguardi intensiche il Messia rivolge loro, e le pa-role del Vangelo di Matteo: la-sciateli, non impedite che i bam-bini vengano a me; a chi è comeloro, infatti, appartiene il regnodei cieli. Come non pensare che

le nostre strade oggi sono vuote eforse lo rimarranno per un po’, onon saranno le stesse di prima.Di certo da tempo non sono piùfrequentate dai giochi dei bambi-ni. Tra l’altro è la prima volta cheal mondo accade di essere messiin sicurezza in casa. Una pande-mia che, come una grande ola,costringe l’intero pianeta in qua-rantena. A scaglioni prima la Ci-na poi la Corea poi l’Italia poi laSpagna e poi gli Stati Uniti, tuttichiusi. Molti si sono allora chie-sti cosa avrebbe detto Pasolini.

L’AMMONIMENTOCi manca la sua voce. Altri anco-ra, leggendo fra le sue parole, di-cono che aveva previsto tutto, unprofeta. Si cita un’intervista diFurio Colombo del 1 novembre1975, pubblicata postuma, «Sia-mo tutti in pericolo»: «Qual è latragedia? La tragedia è che non cisono più esseri umani, ci sonostrane macchine che sbattonol’una contro l’altra. E noi, gli in-tellettuali, prendiamo l’orarioferroviario dell’anno scorso, o didieci anni prima, e poi diciamoma strano, ma questi due trenipassano di lì, e come mai sonoandati a fracassarsi in quel mo-do? O il macchinista è impazzitoo è un criminale isolato o c’è uncomplotto. Soprattutto il com-plotto ci fa delirare. Ci libera datutto il peso di confrontarci da so-li con la verità». Già, la verità.Torniamo per un attimo a Pilato,che cos’è la verità? Per il poeta diCasarsa, nato a Bologna, cresciu-to al rumore e al profumo delpaese dei temporali e delle pri-mule, il Friuli amato della ma-dre, la verità è qualcosa di tal-mente importante da mettere ingioco tutto il resto, leggi la vita.Alla fine del 1966, di ritorno dagliUsa, scriverà su Paese Sera un ar-ticolo dal titolo Guerra civile:«Ciò che si richiede ad un intellet-tuale americano è tutto se stesso,

un sincerità totale... Gli intellet-tuali della nuova sinistra (poichédove si lotta c’è sempre una chi-tarra e un uomo che canta) sem-brano fare proprio ciò che dice ilverso di un innocente canto dellaresistenza negra: “Bisogna getta-re il proprio corpo nella lotta”».A chi scrive è successo di recente,metà dello scorso dicembre - esembra passato chissà quanto daallora - di avviare un laboratoriocon gli studenti del Da Vinci diSalerno sulla ricerca della verità,a partire da Pathmos di Pasolini,un poemetto sulle vittime dellastrage di stato alla banca nazio-nale dell’Agricoltura di Milano.Un progetto di laboratorio civilecon gli studenti che doveva conti-nuare a febbraio, ma è stato fer-mato quando le scuole per primesono state chiuse per il coronavi-rus. Io so, diceva il poeta, non so inomi ma so che c’è stato un gol-pe, lo so sul mio corpo di scritto-re... Un poeta fa paura... concate-nare fra di loro i fatti... Noi scrit-tori, noi giornalisti, siamo unospecchio, tanto più nitido e rive-latore, quanto più ci spendiamo equanto più gettiamo il nostro cor-po nella lotta. Questo specchio sichiama diritto alla libertà di opi-nione e di espressione». La lezio-ne del Cristo!

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IN QUESTA PASQUAVISSUTA IN SOLITUDINEVENGONO IN MENTELE SCENE DEL VANGELOCOL CRISTO IN STRADATRA LA FOLLA FELICE

L’epidemia, la cultura

NEI VERSI ETICIDEL POETA COSTIEROPASSIONE, IMPEGNOE CONDIVISIONESONO LA SPINTAALLA R(I)ESISTENZA

IL LUTTOLara Adinolfi

Il suo cognome faceva subitopensare ai fiori, quei fiori chehanno scandito la sua lunga vita.Un’esistenza spesa tra bocciolied addobbi floreali nel suo nego-zio tra i portici di Cava de’ Tirre-ni, nella parte più antica del bor-go porticato. Lina Di Florio, se neè andata, a 86 anni, al termine diuna lunga malattia. Allegra, sola-re, sempre pronta a creare opered’arte floreali per i suoi clienti.Impossibile non rimanere incan-tati dalle sue composizioni raffi-nate, ideate per le sue spose. ACava de’ Tirreni era davvero unaistituzione. E così quando la noti-zia della sua scomparsa si è diffu-

sa in città, una pioggia di aneddo-ti da parte di quanti l’hanno co-nosciuta ha inondato i social.Messaggi lasciati in rete non po-tendo accompagnarla nell’ulti-mo saluto per le disposizioni go-vernative legate all’emergenzaCovid. «Non dimenticherò mai lasua gentilezza d’animo. Ora c’èun nuovo angelo che porterà consé il profumo dei fior più belli».«Era una persona buona e gene-rosa che ha combattuto in silen-zio – annota Ivana - Se ne è anda-ta in questi giorni assurdi, è usci-ta di scena senza un canto, unamusica, lei che amava cantare,che era eccentrica e innovativa.Ha dato un posto nel suo cuore atante persone e se oggi neppureun fiore può accompagnare ilsuo ultimo e pesante silenzio, ioho bisogno di scrivere quanto

l’abbia amata, e quanto manche-rà a tutti noi. Un addio in punta dipiedi in questi giorni senza sen-so». «La lady dei fiori – sottolineaBarbara Mauro - Un’artista conl’animo puro. La ricordo sin dabambina, di un fascino antico edindelebile negli anni. Comperavoda lei i più bei mazzolini di fiori,dono semplice per mia nonna».Lina oltre ai fiori, era appassiona-ta di musica. «Grande animo sen-sibile, amante del bel canto edimpareggiabile artista dei fiori»,si legge nei commenti. E, ancora:«L’ho conosciuta ad una gita inSicilia, cantò una romanzaall’orecchio di Dionisio». «I mieipomeriggi con passeggino sotto iportici erano accompagnati daisuoi racconti», dice infine unamamma. Lina Di Florio affascina-va. «Era bella e sorridente come

una primavera», «Conquistavagrandi e piccini. Una donna fuoridal suo tempo», sono alcuniamarcord. «La Sofia Loren di Ca-va per la sua grande bellezza –sottolinea Felice Gabriele - Pernoi Landi era una di famiglia, damio padre che lei affettuosamen-te chiamava Paoluccio a mio non-no Felice che immancabilmentecomprava dopo una lunga fila, edio con lui, i fiori da loro nel porto-ne dei Bertolucci, dov’è TeresaBarba e poi di fronte successiva-mente un po’ più avanti. Oggi sisarà rincontrata con loro e scher-zeranno come sempre».

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Cava piange Lina di Floriolady dei fiori e del belcanto

La poesia come terapiale liriche di Di Lietosono l’invito a sperare

L’AGENDACiro Manzolillo

In vetrina la questione «Coro-nabonds». Primo appuntamen-to del ciclo di seminari «Backto Europe», curati dal CentroStudi Europei del Campus diFisciano, nell’ambito delle atti-vità didattiche della cattedra diSociologia dell’Europa. Il 15aprile (ore 12,30 in modalitàonline) la prima lezione dal ti-tolo «L’Europa, la Grande crisifinanziaria e Angela Merkel»di Beatrice Benocci. La docen-te dell’ateneo salernitano par-tendo dal concetto di occasio-ne mancata, affronta, con dovi-zia di particolari, anche il deli-cato, e nello stesso tempo va-riamente dibattuto a livello in-ternazionale, tema dei succes-

si e degli insuccessi, del ruolo edello status internazionale del-la Comunità europea a partiredagli anni Novanta fino al Trat-tato di Lisbona del 2009. «Findalla sua fondazione - ricordaMassimo Pendenza, direttoredel Centro Studi Europei - par-lare di Europa/Unione euro-pea ha sempre significato par-lare di Germania, nel bene onel male. All’inizio, quando laGermania si dichiarava figliadel progetto europeo, leggiSchmidt e Kohl, fino ad oggi,con la Merkel, in cui la stessasembra dire ai partner euro-pei: L’Europa siamo noi!». Nelprimo seminario la Benocci ri-flette sul ruolo giocato dallaGermania nella crisi del 2007,tema tuttavia che si collegasenza mezzi termini a quelli dioggi e ai Coronabonds».

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Coronabonds e la grande crisiseminario virtuale con Benocci

Il silenzio e il brusio della vitail Covid-19 secondo Pasolini