IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
VISTI gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
VISTO l’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;
VISTA la legge 6 giugno 2016, n. 106, recante delega al Governo per la riforma del Terzo
settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale ed in
particolare l’articolo 1, comma 2, lettera b), che prevede il riordino e la revisione organica
della disciplina speciale e delle altre disposizioni vigenti relative agli enti del Terzo
settore di cui al comma 1 del medesimo articolo, compresa la disciplina tributaria
applicabile a tali enti, mediante la redazione di un apposito Codice del Terzo settore;
VISTI gli articoli 2, 3, 4, 5, 7 e 9 della citata legge, recanti i principi e i criteri direttivi,
generali e particolari, di esercizio della delega relativa alla riforma del Terzo settore;
VISTA la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del
12 maggio 2017;
UDITO il parere del Consiglio di Stato espresso dalla Sezione consultiva per gli atti
normativi nell’adunanza del 31 maggio 2017;
VISTA la mancata intesa in sede di Conferenza unificata, nella seduta del 20 giugno 2017;
ACQUISITI i pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili
finanziari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
VISTA la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 28 giugno
2017;
SULLA PROPOSTA del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze
Emana
il seguente decreto legislativo:
TITOLO I
DISPOSIZIONI GENERALI
ARTICOLO 1
(Finalità ed oggetto)
1. Al fine di sostenere l’autonoma iniziativa dei cittadini che concorrono, anche in forma
associata, a perseguire il bene comune, ad elevare i livelli di cittadinanza attiva, di
coesione e protezione sociale, favorendo la partecipazione, l’inclusione e il pieno
sviluppo della persona, a valorizzare il potenziale di crescita e di occupazione lavorativa,
in attuazione degli articoli 2, 3, 4, 9, 18 e 118, quarto comma, della Costituzione, il
presente Codice provvede al riordino e alla revisione organica della disciplina vigente in
materia di enti del Terzo settore.
ARTICOLO 2
(Principi generali)
1. È riconosciuto il valore e la funzione sociale degli enti del Terzo settore,
dell’associazionismo, dell’attività di volontariato e della cultura e pratica del dono quali
espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo, ne è promosso lo sviluppo
salvaguardandone la spontaneità ed autonomia, e ne è favorito l’apporto originale per il
perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, anche mediante forme
di collaborazione con lo Stato, le Regioni, le Province autonome e gli enti locali.
ARTICOLO 3
(Norme applicabili)
1. Le disposizioni del presente Codice si applicano, ove non derogate ed in quanto
compatibili, anche alle categorie di enti del Terzo settore che hanno una disciplina
particolare.
2. Per quanto non previsto dal presente Codice, agli enti del Terzo settore si applicano, in
quanto compatibili, le norme del Codice civile e le relative disposizioni di attuazione.
3. Salvo quanto previsto dal Capo II del Titolo VIII, le disposizioni del presente Codice
non si applicano agli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153.
TITOLO II
DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE IN GENERALE
ARTICOLO 4
(Enti del Terzo settore)
1. Sono enti del Terzo settore le organizzazioni di volontariato, le associazioni di
promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali,
le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non
riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti
per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità
sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di
azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di
produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo
settore.
2. Non sono enti del Terzo settore le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le formazioni e le associazioni
politiche, i sindacati, le associazioni professionali e di rappresentanza di categorie
economiche, le associazioni di datori di lavoro, nonché gli enti sottoposti a direzione e
coordinamento o controllati dai suddetti enti, ad esclusione dei soggetti operanti nel
settore della protezione civile alla cui disciplina si provvede ai sensi dell’articolo 32,
comma 4. Sono esclusi dall’ambito di applicazione del presente comma i corpi volontari
dei vigili del fuoco delle Province autonome di Trento e di Bolzano e della Regione
autonoma della Valle d’Aosta.
3. Agli enti religiosi civilmente riconosciuti le norme del presente decreto si applicano
limitatamente allo svolgimento delle attività di cui all’articolo 5, a condizione che per tali
attività adottino un regolamento, in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata,
che, ove non diversamente previsto ed in ogni caso nel rispetto della struttura e della
finalità di tali enti, recepisca le norme del presente Codice e sia depositato nel Registro
unico nazionale del Terzo settore. Per lo svolgimento di tali attività deve essere costituito
un patrimonio destinato e devono essere tenute separatamente le scritture contabili di cui
all’articolo 13.
ARTICOLO 5
(Attività di interesse generale)
1. Gli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali incluse le cooperative sociali,
esercitano in via esclusiva o principale una o più attività di interesse generale per il
perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale.
Si considerano di interesse generale, se svolte in conformità alle norme particolari che ne
disciplinano l’esercizio, le attività aventi ad oggetto:
a) interventi e servizi sociali ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, della legge 8 novembre
2000, n. 328, e successive modificazioni, e interventi, servizi e prestazioni di cui alla
legge 5 febbraio 1992, n. 104, e alla legge 22 giugno 2016, n.112, e successive
modificazioni;
b) interventi e prestazioni sanitarie;
c) prestazioni socio-sanitarie di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 14
febbraio 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001, e successive
modificazioni;
d) educazione, istruzione e formazione professionale, ai sensi della legge 28 marzo 2003,
n. 53, e successive modificazioni, nonché le attività culturali di interesse sociale con
finalità educativa;
e) interventi e servizi finalizzati alla salvaguardia e al miglioramento delle condizioni
dell’ambiente e all’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, con esclusione
dell’attività, esercitata abitualmente, di raccolta e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e
pericolosi;
f) interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e del paesaggio, ai sensi
del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni;
g) formazione universitaria e post-universitaria;
h) ricerca scientifica di particolare interesse sociale;
i) organizzazione e gestione di attività culturali, artistiche o ricreative di interesse sociale,
incluse attività, anche editoriali, di promozione e diffusione della cultura e della pratica
del volontariato e delle attività di interesse generale di cui al presente articolo;
j) radiodiffusione sonora a carattere comunitario, ai sensi dell’articolo 16, comma 5, della
legge 6 agosto 1990, n. 223, e successive modificazioni;
k) organizzazione e gestione di attività turistiche di interesse sociale, culturale o religioso;
l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione scolastica e
al successo scolastico e formativo, alla prevenzione del bullismo e al contrasto della
povertà educativa;
m) servizi strumentali ad enti del Terzo settore resi da enti composti in misura non
inferiore al settanta per cento da enti del Terzo settore;
n) cooperazione allo sviluppo, ai sensi della legge 11 agosto 2014, n. 125, e successive
modificazioni;
o) attività commerciali, produttive, di educazione e informazione, di promozione, di
rappresentanza, di concessione in licenza di marchi di certificazione, svolte nell’ambito
o a favore di filiere del commercio equo e solidale, da intendersi come un rapporto
commerciale con un produttore operante in un’area economica svantaggiata, situata, di
norma, in un Paese in via di sviluppo, sulla base di un accordo di lunga durata finalizzato
a promuovere l’accesso del produttore al mercato e che preveda il pagamento di un prezzo
equo, misure di sviluppo in favore del produttore e l’obbligo del produttore di garantire
condizioni di lavoro sicure, nel rispetto delle normative nazionali ed internazionali, in
modo da permettere ai lavoratori di condurre un’esistenza libera e dignitosa, e di rispettare
i diritti sindacali, nonché di impegnarsi per il contrasto del lavoro infantile;
p) servizi finalizzati all’inserimento o al reinserimento nel mercato del lavoro dei
lavoratori e delle persone di cui all’articolo 2, comma 4, del decreto legislativo recante
revisione della disciplina in materia di impresa sociale, di cui all’articolo 1, comma 2,
lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106;
q) alloggio sociale, ai sensi del decreto del Ministero delle infrastrutture del 22 aprile
2008, e successive modificazioni, nonché ogni altra attività di carattere residenziale
temporaneo diretta a soddisfare bisogni sociali, sanitari, culturali, formativi o lavorativi;
r) accoglienza umanitaria ed integrazione sociale dei migranti;
s) agricoltura sociale, ai sensi dell’articolo 2 della legge 18 agosto 2015, n. 141, e
successive modificazioni;
t) organizzazione e gestione di attività sportive dilettantistiche;
u) beneficenza, sostegno a distanza, cessione gratuita di alimenti o prodotti di cui alla
legge 19 agosto 2016, n. 166, e successive modificazioni, o erogazione di denaro, beni o
servizi a sostegno di persone svantaggiate o di attività di interesse generale a norma del
presente articolo;
v) promozione della cultura della legalità, della pace tra i popoli, della nonviolenza e della
difesa non armata;
w) promozione e tutela dei diritti umani, civili, sociali e politici, nonché dei diritti dei
consumatori e degli utenti delle attività di interesse generale di cui al presente articolo,
promozione delle pari opportunità e delle iniziative di aiuto reciproco, incluse le banche
dei tempi di cui all’articolo 27 della legge 8 marzo 2000, n. 53, e i gruppi di acquisto
solidale di cui all’articolo 1, comma 266, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
x) cura di procedure di adozione internazionale ai sensi della legge 4 maggio 1983, n.
184;
y) protezione civile ai sensi della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e successive
modificazioni;
z) riqualificazione di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità
organizzata.
2. Tenuto conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale di cui all’articolo
1, comma 1, della legge 6 giugno 2016, n. 106, nonché delle finalità e dei principi di cui
agli articoli 1 e 2 del presente Codice, l’elenco delle attività di interesse generale di cui al
comma 1 può essere aggiornato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da
adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 su proposta
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia
e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Unificata, acquisito il parere delle
Commissioni parlamentari competenti, che si esprimono entro trenta giorni dalla data di
trasmissione del decreto, decorsi i quali quest’ultimo può essere comunque adottato.
ARTICOLO 6
(Attività diverse)
1. Gli enti del Terzo settore possono esercitare attività diverse da quelle di cui all’articolo
5, a condizione che l’atto costitutivo o lo statuto lo consentano e siano secondarie e
strumentali rispetto alle attività di interesse generale, secondo criteri e limiti definiti con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, da adottarsi ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge
23 agosto 1988, n. 400, sentita la Cabina di regia di cui all’articolo 97, tenendo conto
dell’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate in tali attività in rapporto
all’insieme delle risorse, anche volontarie e gratuite, impiegate nelle attività di interesse
generale.
ARTICOLO 7
(Raccolta fondi)
1. Per raccolta fondi si intende il complesso delle attività ed iniziative poste in essere da
un ente del Terzo settore al fine di finanziare le proprie attività di interesse generale, anche
attraverso la richiesta a terzi di lasciti, donazioni e contributi di natura non corrispettiva.
2. Gli enti del Terzo settore, possono realizzare attività di raccolta fondi anche in forma
organizzata e continuativa, anche mediante sollecitazione al pubblico o attraverso la
cessione o erogazione di beni o servizi di modico valore, impiegando risorse proprie e di
terzi, inclusi volontari e dipendenti, nel rispetto dei principi di verità, trasparenza e
correttezza nei rapporti con i sostenitori e il pubblico, in conformità a linee guida adottate
con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti la Cabina di regia di
cui all’articolo 97 e il Consiglio nazionale del Terzo settore.
ARTICOLO 8
(Destinazione del patrimonio ed assenza di scopo di lucro)
1. Il patrimonio degli enti del Terzo settore, comprensivo di eventuali ricavi, rendite,
proventi, entrate comunque denominate è utilizzato per lo svolgimento dell’attività
statutaria ai fini dell’esclusivo perseguimento di finalità civiche, solidaristiche e di utilità
sociale.
2. Ai fini di cui al comma 1, è vietata la distribuzione, anche indiretta, di utili ed avanzi
di gestione, fondi e riserve comunque denominate a fondatori, associati, lavoratori e
collaboratori, amministratori ed altri componenti degli organi sociali, anche nel caso di
recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo.
3. Ai sensi e per gli effetti del comma 2, si considerano in ogni caso distribuzione indiretta
di utili:
a) la corresponsione ad amministratori, sindaci e a chiunque rivesta cariche sociali di
compensi individuali non proporzionati all’attività svolta, alle responsabilità assunte e
alle specifiche competenze o comunque superiori a quelli previsti in enti che operano nei
medesimi o analoghi settori e condizioni;
b) la corresponsione a lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o compensi
superiori del quaranta per cento rispetto a quelli previsti, per le medesime qualifiche, dai
contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, salvo
comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini
dello svolgimento delle attività di interesse generale di cui all’articolo 5, comma 1, lettere
b), g) o h);
c) l’acquisto di beni o servizi per corrispettivi che, senza valide ragioni economiche, siano
superiori al loro valore normale;
d) le cessioni di beni e le prestazioni di servizi, a condizioni più favorevoli di quelle di
mercato, a soci, associati o partecipanti, ai fondatori, ai componenti gli organi
amministrativi e di controllo, a coloro che a qualsiasi titolo operino per l’organizzazione
o ne facciano parte, ai soggetti che effettuano erogazioni liberali a favore
dell’organizzazione, ai loro parenti entro il terzo grado ed ai loro affini entro il secondo
grado, nonché alle società da questi direttamente o indirettamente controllate o collegate,
esclusivamente in ragione della loro qualità, salvo che tali cessioni o prestazioni non
costituiscano l’oggetto dell’attività di interesse generale di cui all’articolo 5;
e) la corresponsione a soggetti diversi dalle banche e dagli intermediari finanziari
autorizzati, di interessi passivi, in dipendenza di prestiti di ogni specie, superiori di quattro
punti al tasso annuo di riferimento. Il predetto limite può essere aggiornato con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia
e delle finanze.
ARTICOLO 9
(Devoluzione del patrimonio in caso di scioglimento)
1. In caso di estinzione o scioglimento, il patrimonio residuo è devoluto, previo parere
positivo dell’Ufficio di cui all’articolo 45, comma 1, e salva diversa destinazione imposta
dalla legge, ad altri enti del Terzo settore secondo le disposizioni statutarie o dell’organo
sociale competente o, in mancanza, alla Fondazione Italia Sociale. Il parere è reso entro
trenta giorni dalla data di ricezione della richiesta che l’ente interessato è tenuto a inoltrare
al predetto Ufficio con raccomandata a/r o secondo le disposizioni previste dal decreto
legislativo 7 marzo 2005, n. 82, decorsi i quali il parere si intende reso positivamente. Gli
atti di devoluzione del patrimonio residuo compiuti in assenza o in difformità dal parere
sono nulli.
ARTICOLO 10
(Patrimoni destinati ad uno specifico affare)
1. Gli enti del Terzo settore dotati di personalità giuridica ed iscritti nel registro delle
imprese possono costituire uno o più patrimoni destinati ad uno specifico affare ai sensi
e per gli effetti degli articoli 2447-bis e seguenti del codice civile.
ARTICOLO 11
(Iscrizione)
1. Gli enti del Terzo settore si iscrivono nel registro unico nazionale del Terzo settore ed
indicano gli estremi dell’iscrizione negli atti, nella corrispondenza e nelle comunicazioni
al pubblico.
2. Oltre che nel registro unico nazionale del Terzo settore, gli enti del Terzo settore che
esercitano la propria attività esclusivamente o principalmente in forma di impresa
commerciale sono soggetti all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese.
3. Per le imprese sociali, l’iscrizione nell’apposita sezione del registro delle imprese
soddisfa il requisito dell’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore.
ARTICOLO 12
(Denominazione sociale)
1. La denominazione sociale, in qualunque modo formata, deve contenere l’indicazione
di ente del Terzo settore o l’acronimo ETS. Di tale indicazione deve farsi uso negli atti,
nella corrispondenza e nelle comunicazioni al pubblico.
2. La disposizione di cui al comma 1 non si applica agli enti di cui all’articolo 4, comma
3.
3. L’indicazione di ente del Terzo settore o dell’acronimo ETS, ovvero di parole o
locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere usata da soggetti diversi dagli enti del
Terzo settore.
ARTICOLO 13
(Scritture contabili e bilancio)
1. Gli enti del Terzo settore devono redigere il bilancio di esercizio formato dallo stato
patrimoniale, dal rendiconto finanziario, con l’indicazione, dei proventi e degli oneri,
dell’ente, e dalla relazione di missione che illustra le poste di bilancio, l’andamento
economico e finanziario dell’ente e le modalità di perseguimento delle finalità statutarie.
2. Il bilancio degli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque
denominate inferiori a 220.000,00 euro può essere redatto nella forma del rendiconto
finanziario per cassa.
3. Il bilancio di cui ai commi 1 e 2 deve essere redatto in conformità alla modulistica
definita con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il consiglio
nazionale del terzo settore.
4. Gli enti del Terzo settore che esercitano la propria attività esclusivamente o
principalmente in forma di impresa commerciale devono tenere le scritture contabili di
cui all’articolo 2214 del codice civile.
5. Gli enti del Terzo settore di cui al comma 4 devono redigere e depositare presso il
registro delle imprese il bilancio di esercizio redatto, a seconda dei casi, ai sensi degli
articoli 2423 e seguenti, 2435-bis o 2435-ter del codice civile.
6. L’organo di amministrazione documenta il carattere secondario e strumentale
dell’attività di cui all’articolo 6 nella relazione al bilancio o nella relazione di missione.
7. Gli enti del Terzo settore non iscritti nel registro delle imprese devono depositare il
bilancio presso il registro unico nazionale del Terzo settore.
ARTICOLO 14
(Bilancio sociale)
1. Gli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate
superiori ad 1 milione di euro devono depositare presso il registro unico nazionale del
Terzo settore, e pubblicare nel proprio sito internet, il bilancio sociale redatto secondo
linee guida adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti la
Cabina di regia di cui all’articolo 97 e il Consiglio nazionale del Terzo settore, e tenendo
conto, tra gli altri elementi, della natura dell’attività esercitata e delle dimensioni
dell’ente, anche ai fini della valutazione dell’impatto sociale delle attività svolte.
2. Gli enti del Terzo settore con ricavi, rendite, proventi o entrate comunque denominate
superiori a centomila euro annui devono in ogni caso pubblicare annualmente e tenere
aggiornati nel proprio sito Internet, o nel sito Internet della rete associativa di cui
all’articolo 41 cui aderiscano, gli eventuali emolumenti, compensi o corrispettivi a
qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai
dirigenti nonché agli associati.
ARTICOLO 15
(Libri sociali obbligatori)
1. Oltre le scritture prescritte negli articoli 13, 14 e 17, comma 1, gli enti del Terzo settore
devono tenere:
a) il libro degli associati o aderenti;
b) il libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee, in cui devono essere
trascritti anche i verbali redatti per atto pubblico;
c) il libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’organo di amministrazione,
dell’organo di controllo, e di eventuali altri organi sociali.
2. I libri di cui alle lettere a) e b) del comma 1, sono tenuti a cura dell’organo di
amministrazione. I libri di cui alla lettera c) del comma 1, sono tenuti a cura dell’organo
cui si riferiscono.
3. Gli associati o gli aderenti hanno diritto di esaminare i libri sociali, secondo le modalità
previste dall’atto costitutivo o dallo statuto.
4. Il comma 3 non si applica agli enti di cui all’articolo 4, comma 3.
ARTICOLO 16
(Lavoro negli enti del Terzo settore)
1. I lavoratori degli enti del Terzo settore hanno diritto ad un trattamento economico e
normativo non inferiore a quello previsto dai contratti collettivi di cui all’articolo 51 del
decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81. In ogni caso, in ciascun ente del Terzo settore,
la differenza retributiva tra lavoratori dipendenti non può essere superiore al rapporto uno
a otto, da calcolarsi sulla base della retribuzione annua lorda. Gli enti del Terzo settore
danno conto del rispetto di tale parametro nel proprio bilancio sociale o, in mancanza,
nella relazione di cui all’articolo 13, comma 1.
TITOLO III
DEL VOLONTARIO E DELL’ATTIVITÀ DI VOLONTARIATO
ARTICOLO 17
(Volontario e attività di volontariato)
1. Gli enti del Terzo settore possono avvalersi di volontari nello svolgimento delle proprie
attività e sono tenuti a iscrivere in un apposito registro i volontari che svolgono la loro
attività in modo non occasionale.
2.Il volontario è una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della
comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo
a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni
delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale,
spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di
solidarietà.
3. L’attività del volontario non può essere retribuita in alcun modo nemmeno dal
beneficiario. Al volontario possono essere rimborsate dall’ente del Terzo settore tramite
il quale svolge l’attività soltanto le spese effettivamente sostenute e documentate per
l’attività prestata, entro limiti massimi e alle condizioni preventivamente stabilite
dall’ente medesimo. Sono in ogni caso vietati rimborsi spese di tipo forfetario.
4. Ai fini di cui al comma 3, le spese sostenute dal volontario possono essere rimborsate
anche a fronte di una autocertificazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del
Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, purché non superino l’importo di
10 euro giornalieri e 150 euro mensili e l’organo sociale competente deliberi sulle
tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di
rimborso. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle attività di
volontariato aventi ad oggetto la donazione di sangue e di organi.
5. La qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di rapporto di lavoro
subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il
volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività volontaria.
6. Ai fini del presente Codice non si considera volontario l’associato che occasionalmente
coadiuvi gli organi sociali nello svolgimento delle loro funzioni.
7. Le disposizioni di cui al presente titolo non si applicano agli operatori volontari del
servizio civile universale, al personale impiegato all’estero a titolo volontario nelle
attività di cooperazione internazionale allo sviluppo, nonché agli operatori che prestano
le attività di cui alla legge 21 marzo 2001, n.74
ARTICOLO 18
(Assicurazione obbligatoria)
1. Gli enti del Terzo settore che si avvalgono di volontari devono assicurarli contro gli
infortuni e le malattie connessi allo svolgimento dell’attività di volontariato, nonché per
la responsabilità civile verso i terzi.
2. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi di concerto con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
del presente Codice, sono individuati meccanismi assicurativi semplificati, con polizze
anche numeriche, e sono disciplinati i relativi controlli.
3. La copertura assicurativa è elemento essenziale delle convenzioni tra gli enti del Terzo
settore e le amministrazioni pubbliche, e i relativi oneri sono a carico
dell’amministrazione pubblica con la quale viene stipulata la convenzione.
ARTICOLO 19
(Promozione della cultura del volontariato)
1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, nei limiti delle risorse disponibili, promuovono la cultura del
volontariato, in particolare tra i giovani, anche attraverso apposite iniziative da svolgere
nell’àmbito delle strutture e delle attività scolastiche, universitarie ed extrauniversitarie,
valorizzando le diverse esperienze ed espressioni di volontariato, anche attraverso il
coinvolgimento delle organizzazioni di volontariato e di altri enti del Terzo settore, nelle
attività di sensibilizzazione e di promozione.
2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell’istruzione, dell’università e della ricerca e del Ministro per la semplificazione e la
pubblica amministrazione, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, definisce
con decreto i criteri per il riconoscimento in àmbito scolastico e lavorativo delle
competenze acquisite nello svolgimento di attività o percorsi di volontariato.
3. Ai fini del conseguimento di titoli di studio, le Università possono riconoscere, nei
limiti previsti dalla normativa vigente, crediti formativi a favore degli studenti che
abbiano svolto attività di volontariato certificate nelle organizzazioni di volontariato o in
altri enti del Terzo settore rilevanti per la crescita professionale e per il curriculum degli
studi.
4. All’articolo 10, comma 2, della legge 6 marzo 2001, n. 64, dopo le parole “che prestano
il servizio civile o il servizio militare di leva”, sono inserite le seguenti: “o attività di
volontariato in enti del Terzo settore iscritti nel Registro unico nazionale per un numero
di ore regolarmente certificate”.
TITOLO IV
DELLE ASSOCIAZIONI E DELLE FONDAZIONI DEL TERZO SETTORE
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
ARTICOLO 20
(Ambito di applicazione)
1. Le disposizioni del presente titolo si applicano a tutti gli enti del Terzo settore costituiti
in forma di associazione, riconosciuta o non riconosciuta, o di fondazione.
CAPO II
DELLA COSTITUZIONE
ARTICOLO 21
(Atto costitutivo e statuto)
1. L’atto costitutivo deve indicare la denominazione dell’ente; l’assenza di scopo di lucro
e le finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale perseguite; l’attività di interesse
generale che costituisce l’oggetto sociale; la sede legale il patrimonio iniziale ai fini
dell’eventuale riconoscimento della personalità giuridica; le norme sull’ordinamento,
l’amministrazione e la rappresentanza dell’ente; i diritti e gli obblighi degli associati, ove
presenti; i requisiti per l’ammissione di nuovi associati, ove presenti, e la relativa
procedura, secondo criteri non discriminatori, coerenti con le finalità perseguite e
l’attività di interesse generale svolta; la nomina dei primi componenti degli organi sociali
obbligatori e, quando previsto, del soggetto incaricato della revisione legale dei conti; le
norme sulla devoluzione del patrimonio residuo in caso di scioglimento o di estinzione;
la durata dell’ente, se prevista.
2. Lo statuto contenente le norme relative al funzionamento dell’ente, anche se forma
oggetto di atto separato, costituisce parte integrante dell’atto costitutivo. In caso di
contrasto tra le clausole dell’atto costitutivo e quelle dello statuto prevalgono le seconde.
ARTICOLO 22
(Acquisto della personalità giuridica)
1. Le associazioni e le fondazioni del Terzo settore possono, in deroga al decreto del
Presidente della Repubblica 10 febbraio 2000, n. 361, acquistare la personalità giuridica
mediante l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore.
2. Il notaio che ha ricevuto l’atto costitutivo di una associazione o di una fondazione del
Terzo settore, o la pubblicazione di un testamento con il quale si dispone una fondazione
del Terzo settore, verificata la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la
costituzione dell’ente, ed in particolare dalle disposizioni del presente Codice con
riferimento alla sua natura di ente del Terzo settore, nonché del patrimonio minimo di cui
al comma 4, deve depositarlo, con i relativi allegati, entro venti giorni presso il
competente ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore, richiedendo l’iscrizione
dell’ente. L’ufficio del registro unico nazionale del Terzo settore, verificata la regolarità
formale della documentazione, iscrive l’ente nel registro stesso.
3. Se il notaio non ritiene sussistenti le condizioni per la costituzione dell’ente o il
patrimonio minimo, ne dà comunicazione motivata, tempestivamente e comunque non
oltre il termine di trenta giorni, ai fondatori, o agli amministratori dell’ente. I fondatori, o
gli amministratori o, in mancanza ciascun associato, nei trenta giorni successivi al
ricevimento della comunicazione del notaio, possono domandare all’ufficio del registro
competente di disporre l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore. Se nel
termine di sessanta giorni dalla presentazione della domanda l’ufficio del registro non
comunica ai richiedenti il motivato diniego, ovvero non chiede di integrare la
documentazione o non provvede all’iscrizione, questa si intende negata.
4. Si considera patrimonio minimo per il conseguimento della personalità giuridica una
somma liquida e disponibile non inferiore a 15.000 euro per le associazioni e a 30.000
euro per le fondazioni. Se tale patrimonio è costituito da beni diversi dal denaro, il loro
valore deve risultare da una relazione giurata, allegata all’atto costitutivo, di un revisore
legale o di una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro.
5. Quando risulta che il patrimonio minimo di cui al comma 4 è diminuito di oltre un
terzo in conseguenza di perdite, l’organo di amministrazione, e nel caso di sua inerzia,
l’organo di controllo, ove nominato, devono senza indugio, in un’associazione, convocare
l’assemblea per deliberare, ed in una fondazione deliberare la ricostituzione del
patrimonio minimo oppure la trasformazione, la prosecuzione dell’attività in forma di
associazione non riconosciuta, la fusione o lo scioglimento dell’ente.
6. Le modificazioni dell’atto costitutivo e dello statuto devono risultare da atto pubblico
e diventano efficaci con l’iscrizione nel registro unico nazionale del Terzo settore. Il
relativo procedimento di iscrizione è regolato ai sensi dei commi 2 e 3.
7. Nelle fondazioni e nelle associazioni riconosciute come persone giuridiche, per le
obbligazioni dell’ente risponde soltanto l’ente con il suo patrimonio.
CAPO III
DELL’ORDINAMENTO E DELLA AMMINISTRAZIONE
ARTICOLO 23
(Procedura di ammissione e carattere aperto delle associazioni)
1. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, in un’associazione,
riconosciuta o non riconosciuta, del Terzo settore l’ammissione di un nuovo associato è
fatta con deliberazione dell’organo di amministrazione su domanda dell’interessato. La
deliberazione è comunicata all’interessato ed annotata nel libro degli associati.
2. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, l’organo competente ai
sensi del comma 1 deve entro sessanta giorni motivare la deliberazione di rigetto della
domanda di ammissione e comunicarla agli interessati.
3. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, chi ha proposto la
domanda può entro sessanta giorni dalla comunicazione della deliberazione di rigetto
chiedere che sull’istanza si pronunci, l’assemblea o un altro organo eletto dalla medesima,
che deliberano sulle domande non accolte, se non appositamente convocati, in occasione
della loro successiva convocazione.
4. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle fondazioni del Terzo
settore il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo,
comunque denominato, in quanto compatibili ed ove non derogate dallo statuto.
ARTICOLO 24
(Assemblea)
1. Nell’assemblea delle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore
hanno diritto di voto tutti coloro che sono iscritti da almeno tre mesi nel libro degli
associati, salvo che l’atto costitutivo o lo statuto non dispongano diversamente.
2. Ciascun associato ha un voto. Agli associati che siano enti del Terzo settore l’atto
costitutivo o lo statuto possono attribuire più voti, sino ad un massimo di cinque, in
proporzione al numero dei loro associati o aderenti. Si applica l’articolo 2373 del codice
civile, in quanto compatibile.
3. Se l’atto costitutivo o lo statuto non dispongono diversamente, ciascun associato può
farsi rappresentare nell’assemblea da un altro associato mediante delega scritta, anche in
calce all’avviso di convocazione. Ciascun associato può rappresentare sino ad un
massimo di tre associati nelle associazioni con un numero di associati inferiore a
cinquecento e di cinque associati in quelle con un numero di associati non inferiore a
cinquecento. Si applicano i commi quarto e quinto dell’articolo 2372 del codice civile, in
quanto compatibili.
4. L’atto costitutivo o lo statuto possono prevedere l’intervento all’assemblea mediante
mezzi di telecomunicazione ovvero l’espressione del voto per corrispondenza o in via
elettronica, purché sia possibile verificare l’identità dell’associato che partecipa e vota.
5. L’atto costitutivo o lo statuto delle associazioni che hanno un numero di associati non
inferiore a cinquecento possono prevedere e disciplinare la costituzione e lo svolgimento
di assemblee separate, comunque denominate, anche rispetto a specifiche materie ovvero
in presenza di particolari categorie di associati o di svolgimento dell’attività in più ambiti
territoriali. A tali assemblee si applicano le disposizioni di cui ai commi terzo, quarto,
quinto e sesto dell’articolo 2540 del codice civile, in quanto compatibili.
6. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche alle fondazioni del Terzo
settore il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di indirizzo,
comunque denominato, in quanto compatibili ed ove non derogate dallo statuto.
ARTICOLO 25
(Competenze inderogabili dell’assemblea)
1. L’assemblea delle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore:
a) nomina e revoca i componenti degli organi sociali;
b) nomina e revoca, quando previsto, il soggetto incaricato della revisione legale dei conti;
c) approva il bilancio;
d) delibera sulla responsabilità dei componenti degli organi sociali e promuove azione di
responsabilità nei loro confronti;
e) delibera sull’esclusione degli associati, se l’atto costitutivo o lo statuto non
attribuiscono la relativa competenza ad altro organo eletto dalla medesima;
f) delibera sulle modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto;
g) approva l’eventuale regolamento dei lavori assembleari;
h) delibera lo scioglimento, la trasformazione, la fusione o la scissione dell’associazione;
i) delibera sugli altri oggetti attribuiti dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto alla
sua competenza.
2. Gli atti costitutivi o gli statuti delle associazioni che hanno un numero di associati non
inferiore a cinquecento possono disciplinare le competenze dell’assemblea anche in
deroga a quanto stabilito al comma precedente, nel rispetto dei principi di democraticità,
pari opportunità ed eguaglianza di tutti gli associati e di elettività delle cariche sociali.
3. Lo statuto delle fondazioni del Terzo settore può attribuire all’organo assembleare o di
indirizzo, comunque denominato, di cui preveda la costituzione la competenza a
deliberare su uno o più degli oggetti di cui al comma 1, nei limiti in cui ciò sia compatibile
con la natura dell’ente quale fondazione e nel rispetto della volontà del fondatore.
ARTICOLO 26
(Organo di amministrazione)
1. Nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore deve essere
nominato un organo di amministrazione. Salvo quanto previsto dall’articolo 25, comma
2, la nomina degli amministratori spetta all’assemblea, fatta eccezione per i primi
amministratori che sono nominati nell’atto costitutivo.
2. La maggioranza degli amministratori è scelta tra le persone fisiche associate ovvero
indicate dagli enti giuridici associati. Si applica l’articolo 2382 del codice civile.
3. L’atto costitutivo o lo statuto possono subordinare l’assunzione della carica di
amministratore al possesso di specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed
indipendenza, anche con riferimento ai requisiti al riguardo previsti da codici di
comportamento redatti da associazioni di rappresentanza o reti associative del Terzo
settore. Si applica in tal caso l’articolo 2382 del codice civile.
4. L’atto costitutivo o lo statuto possono prevedere che uno o più amministratori siano
scelti tra gli appartenenti alle diverse categorie di associati.
5. La nomina di uno o più amministratori può essere attribuita dall’atto costitutivo o dallo
statuto ad enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, ad enti di cui all’articolo 4, comma
3, o a lavoratori o utenti dell’ente. In ogni caso, la nomina della maggioranza degli
amministratori è, salvo quanto previsto dall’articolo 25, comma 2, riservata
all’assemblea.
6. Gli amministratori, entro trenta giorni dalla notizia della loro nomina, devono
chiederne l’iscrizione nel Registro unico nazionale del terzo settore, indicando per
ciascuno di essi il nome, il cognome, il luogo e la data di nascita, il domicilio e la
cittadinanza, nonché a quali di essi è attribuita la rappresentanza dell’ente, precisando se
disgiuntamente o congiuntamente.
7. Il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori è generale. Le limitazioni del
potere di rappresentanza non sono opponibili ai terzi se non sono iscritte nel Registro
unico nazionale del Terzo settore o se non si prova che i terzi ne erano a conoscenza.
8. Nelle fondazioni del Terzo settore deve essere nominato un organo di amministrazione.
Si applica l’articolo 2382 del codice civile. Si applicano i commi 3, 6 e 7. Nelle fondazioni
del Terzo settore il cui statuto preveda la costituzione di un organo assembleare o di
indirizzo, comunque denominato, possono trovare applicazione, in quanto compatibili, i
commi 4 e 5.
ARTICOLO 27
(Conflitto di interessi)
1. Al conflitto di interessi degli amministratori si applica l’articolo 2475-ter del codice
civile.
ARTICOLO 28
(Responsabilità)
1. Gli amministratori, i direttori, i componenti dell’organo di controllo e il soggetto
incaricato della revisione legale dei conti rispondono nei confronti dell’ente, dei creditori
sociali, del fondatore, degli associati e dei terzi, ai sensi degli articoli 2392, 2393, 2393-
bis, 2394, 2394-bis, 2395, 2396 e 2407 del codice civile e dell’articolo 15 del decreto
legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, in quanto compatibili.
ARTICOLO 29
(Denunzia al tribunale e ai componenti dell’organo di controllo)
1. Almeno un decimo degli associati, l’organo di controllo, il soggetto incaricato della
revisione legale dei conti ovvero il pubblico ministero possono agire ai sensi dell’articolo
2409 del codice civile, in quanto compatibile.
2. Ogni associato, ovvero almeno un decimo degli associati nelle associazioni,
riconosciute o non riconosciute, che hanno più di 500 associati, può denunziare i fatti che
ritiene censurabili all’organo di controllo, se nominato, il quale deve tener conto della
denunzia nella relazione all’assemblea. Se la denunzia è fatta da almeno un ventesimo
degli associati dell’ente, l’organo di controllo deve agire ai sensi dell’articolo 2408,
secondo comma, del codice civile.
3. Il presente articolo non si applica agli enti di cui all’articolo 4, comma 3.
ARTICOLO 30
(Organo di controllo)
1. Nelle fondazioni del Terzo settore deve essere nominato un organo di controllo, anche
monocratico.
2. Nelle associazioni, riconosciute o non riconosciute, del Terzo settore, la nomina di un
organo di controllo, anche monocratico, è obbligatoria quando siano superati per due
esercizi consecutivi due dei seguenti limiti:
a) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 110.000,00 euro;
b) ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate: 220.000,00 euro;
c) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 5 unità.
3. L’obbligo di cui al comma 2 cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non
vengono superati.
4. La nomina dell’organo di controllo è altresì obbligatoria quando siano stati costituiti
patrimoni destinati ai sensi dell’articolo 10.
5. Ai componenti dell’organo di controllo si applica l’articolo 2399 del codice civile. I
componenti dell’organo di controllo devono essere scelti tra le categorie di soggetti di cui
all’articolo 2397, comma secondo, del codice civile. Nel caso di organo di controllo
collegiale, i predetti requisiti devono essere posseduti da almeno uno dei componenti.
6. L’organo di controllo vigila sull’osservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei
principi di corretta amministrazione, anche con riferimento alle disposizioni del decreto
legislativo 8 giugno 2001, n. 231, qualora applicabili, nonché sull’adeguatezza
dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile e sul suo concreto funzionamento.
Esso esercita inoltre il controllo contabile nel caso in cui non sia nominato un soggetto
incaricato della revisione legale dei conti o nel caso in cui un suo componente sia un
revisore legale iscritto nell’apposito registro.
7. L’organo di controllo esercita inoltre compiti di monitoraggio dell’osservanza delle
finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, avuto particolare riguardo alle
disposizioni di cui agli articoli 5, 6, 7 e 8, ed attesta che il bilancio sociale sia stato redatto
in conformità alle linee guida di cui all’articolo 14. Il bilancio sociale dà atto degli esiti
del monitoraggio svolto dai sindaci.
8. I componenti dell’organo di controllo possono in qualsiasi momento procedere, anche
individualmente, ad atti di ispezione e di controllo, e a tal fine, possono chiedere agli
amministratori notizie sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari.
ARTICOLO 31
(Revisione legale dei conti)
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 30, comma 6, le associazioni, riconosciute o non
riconosciute, e le fondazioni del Terzo settore devono nominare un revisore legale dei
conti o una società di revisione legale iscritti nell’apposito registro quando superino per
due esercizi consecutivi due dei seguenti limiti:
a) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 1.100.000,00 euro;
b) ricavi, rendite, proventi, entrate comunque denominate: 2.200.000,00 euro;
c) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 12 unità.
2. L’obbligo di cui al comma 1 cessa se, per due esercizi consecutivi, i predetti limiti non
vengono superati.
3. La nomina è altresì obbligatoria quando siano stati costituiti patrimoni destinati ai sensi
dell’articolo 10.
TITOLO V
DI PARTICOLARI CATEGORIE DI ENTI DEL TERZO SETTORE
CAPO I
DELLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO
ARTICOLO 32
(Organizzazioni di volontariato)
1. Le organizzazioni di volontariato sono enti del Terzo settore costituiti in forma di
associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a sette persone
fisiche o a tre organizzazioni di volontariato, per lo svolgimento prevalentemente in
favore di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5, avvalendosi in modo prevalente
delle prestazioni dei volontari associati.
2. Gli atti costitutivi delle organizzazioni di volontariato possono prevedere l’ammissione
come associati di altri enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, a condizione che il
loro numero non sia superiore al cinquanta per cento del numero delle organizzazioni di
volontariato.
3. La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di organizzazione di
volontariato o l’acronimo ODV. L’indicazione di organizzazione di volontariato o
l’acronimo ODV, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere
usata da soggetti diversi dalle organizzazioni di volontariato.
4. Alle organizzazioni di volontariato che svolgono l’attività di cui all’articolo 5, comma
1, lettera y), le norme del presente capo si applicano nel rispetto delle disposizioni in
materia di protezione civile e alla relativa disciplina si provvede nell’ambito di quanto
previsto dall’articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 16 marzo 2017, n. 30.
ARTICOLO 33
(Risorse)
1. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi
di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura esclusivamente nei limiti necessari al
loro regolare funzionamento oppure nei limiti occorrenti a qualificare o specializzare
l’attività svolta. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può
essere superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari.
2. Salvo quanto previsto dal comma 3, le organizzazioni di volontariato possono trarre le
risorse economiche necessarie al loro funzionamento e allo svolgimento della propria
attività da fonti diverse, quali quote associative, contributi pubblici e privati, donazioni e
lasciti testamentari, rendite patrimoniali ed attività di raccolta fondi nonché delle attività
di cui all’articolo 6.
3. Per l’attività di interesse generale prestata le organizzazioni di volontariato possono
ricevere, soltanto il rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate.
ARTICOLO 34
(Ordinamento ed amministrazione)
1. Tutti gli amministratori delle organizzazioni di volontariato sono scelti tra le persone
fisiche associate ovvero indicate, tra i propri associati, dalle organizzazioni di
volontariato associate. Si applica l’articolo 2382 del codice civile.
2. Ai componenti degli organi sociali, ad eccezione di quelli di cui all’articolo 30, comma
5 che siano in possesso dei requisiti di cui all’articolo 2397, secondo comma, del codice
civile, non può essere attribuito alcun compenso, salvo il rimborso delle spese
effettivamente sostenute e documentate per l’attività prestata ai fini dello svolgimento
della funzione.
CAPO II
DELLE ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE
ARTICOLO 35
(Associazioni di promozione sociale)
1. Le associazioni di promozione sociale sono enti del Terzo settore costituiti in forma di
associazione, riconosciuta o non riconosciuta, da un numero non inferiore a sette persone
fisiche o a tre associazioni di promozione sociale per lo svolgimento in favore dei propri
associati, di loro familiari o di terzi di una o più attività di cui all’articolo 5,
avvalendosi in modo prevalente dell’attività di volontariato dei propri associati.
2. Non sono associazioni di promozione sociale i circoli privati e le associazioni
comunque denominate che dispongono limitazioni con riferimento alle condizioni
economiche e discriminazioni di qualsiasi natura in relazione all’ammissione degli
associati o prevedono il diritto di trasferimento, a qualsiasi titolo, della quota associativa
o che, infine, collegano, in qualsiasi forma, la partecipazione sociale alla titolarità di
azioni o quote di natura patrimoniale.
3. Gli atti costitutivi delle associazioni di promozione sociale possono prevedere
l’ammissione come associati di altri enti del Terzo settore o senza scopo di lucro, a
condizione che il loro numero non sia superiore al cinquanta per cento del numero delle
associazioni di promozione sociale.
4. Il comma 3 non si applica agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal CONI che
associano un numero non inferiore a cinquecento associazioni di promozione sociale.
5. La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di associazione di promozione
sociale o l’acronimo APS. L’indicazione di associazione di promozione sociale o
l’acronimo APS, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli, non può essere
usata da soggetti diversi dalle associazioni di promozione sociale.
ARTICOLO 36
(Risorse)
1. Le associazioni di promozione sociale possono assumere lavoratori dipendenti o
avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo o di altra natura, anche dei propri associati,
fatto comunque salvo quanto disposto dall’articolo 17, comma 5, solo quando ciò sia
necessario ai fini dello svolgimento dell’attività di interesse generale e al perseguimento
delle finalità. In ogni caso, il numero dei lavoratori impiegati nell’attività non può essere
superiore al cinquanta per cento del numero dei volontari o al cinque per cento del numero
degli associati.
CAPO III
DEGLI ENTI FILANTROPICI
ARTICOLO 37
(Enti filantropici)
1. Gli enti filantropici sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione
riconosciuta o di fondazione al fine di erogare denaro, beni o servizi, anche di
investimento, a sostegno di categorie di persone svantaggiate o di attività di interesse
generale.
2. La denominazione sociale deve contenere l’indicazione di ente filantropico.
L’indicazione di ente filantropico, ovvero di parole o locuzioni equivalenti o ingannevoli,
non può essere usata da soggetti diversi dagli enti filantropici.
Articolo 38
(Risorse)
1. Gli enti filantropici traggono le risorse economiche necessarie allo svolgimento della
propria attività principalmente da contributi pubblici e privati, donazioni e lasciti
testamentari, rendite patrimoniali ed attività di raccolta fondi.
2. Gli atti costitutivi degli enti filantropici indicano i principi ai quali essi devono attenersi
in merito alla gestione del patrimonio, alla raccolta di fondi e risorse in genere, alla
destinazione, alle modalità di erogazione di denaro, beni o servizi e alle attività di
investimento a sostegno degli enti di Terzo settore.
Articolo 39
(Bilancio sociale)
1. Il bilancio sociale degli enti filantropici deve contenere l’elenco e gli importi delle
erogazioni deliberate ed effettuate nel corso dell’esercizio, con l’indicazione dei
beneficiari diversi dalle persone fisiche.
CAPO IV
DELLE IMPRESE SOCIALI
ARTICOLO 40
(Rinvio)
1. Le imprese sociali sono disciplinate dal decreto legislativo recante revisione della
disciplina in materia di impresa sociale, di cui all’articolo 1, comma 2, lettera c), della
legge 6 giugno 2016, n. 106.
2. Le cooperative sociali e i loro consorzi sono disciplinati dalla legge 8 novembre 1991,
n. 381.
CAPO V
DELLE RETI ASSOCIATIVE
ARTICOLO 41
(Reti associative)
1. Le reti associative sono enti del Terzo settore costituiti in forma di associazione,
riconosciuta o non riconosciuta, che:
a) associano, anche indirettamente attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non
inferiore a 100 enti del Terzo settore, o, in alternativa, almeno 20 fondazioni del Terzo
settore, le cui sedi legali o operative siano presenti in almeno cinque regioni o province
autonome;
b) svolgono, anche attraverso l’utilizzo di strumenti informativi idonei a garantire
conoscibilità e trasparenza in favore del pubblico e dei propri associati, attività di
coordinamento, tutela, rappresentanza, promozione o supporto degli enti del Terzo settore
loro associati e delle loro attività di interesse generale, anche allo scopo di promuoverne
ed accrescerne la rappresentatività presso i soggetti istituzionali.
2. Sono reti associative nazionali le reti associative di cui al comma 1 che associano,
anche indirettamente attraverso gli enti ad esse aderenti, un numero non inferiore a 500
enti del Terzo settore o, in alternativa, almeno 100 fondazioni del Terzo settore, le cui
sedi legali o operative siano presenti in almeno dieci regioni o province autonome. Le
associazioni del terzo settore formate da un numero non inferiore a 100 mila persone
fisiche associate e con sedi in almeno 10 regioni o provincie autonome sono equiparate
alle reti associative nazionali ai fini di cui all’articolo 59, comma 1, lettera b).
3. Le reti associative nazionali possono esercitare, oltre alle proprie attività statutarie,
anche le seguenti attività:
a) monitoraggio dell’attività degli enti ad esse associati, eventualmente anche con
riguardo al suo impatto sociale, e predisposizione di una relazione annuale al Consiglio
nazionale del Terzo settore;
b) promozione e sviluppo delle attività di controllo, anche sotto forma di autocontrollo e
di assistenza tecnica nei confronti degli enti associati.
4. Le reti associative possono promuovere partenariati e protocolli di intesa con le
pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo
2001, n. 165, e con soggetti privati.
5. È condizione per l’iscrizione delle reti associative nel Registro unico nazionale del
Terzo settore che i rappresentanti legali ed amministratori non abbiano riportato condanne
penali, passate in giudicato, per reati che comportano l’interdizione dai pubblici uffici.
L’iscrizione, nonché la costituzione e l’operatività da almeno un anno, sono condizioni
necessarie per accedere alle risorse del Fondo di cui all’articolo 72 che, in ogni caso, non
possono essere destinate, direttamente o indirettamente, ad enti diversi dalle
organizzazioni di volontariato, dalle associazioni di promozione sociale e dalle
fondazioni del Terzo settore.
6. Alle reti associative operanti nel settore di cui all’articolo 5, comma 1, lettera y), le
disposizioni del presente articolo si applicano nel rispetto delle disposizioni in materia di
protezione civile, e alla relativa disciplina si provvede nell’ambito di quanto previsto
dall’articolo 1, comma 1, lettera d), della legge 16 marzo 2017, n. 30.
7. Gli atti costitutivi o gli statuti disciplinano l’ordinamento interno, la struttura di
governo e la composizione e il funzionamento degli organi sociali delle reti associative
nel rispetto dei principi di democraticità, pari opportunità ed eguaglianza di tutti gli
associati e di elettività delle cariche sociali.
8. Gli atti costitutivi o gli statuti delle reti associative possono disciplinare il diritto di
voto degli associati in assemblea anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo 24,
comma 2.
9. Gli atti costitutivi o gli statuti delle reti associative possono disciplinare le modalità e i
limiti delle deleghe di voto in assemblea anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo
24, comma 3.
10. Gli atti costitutivi o gli statuti delle reti associative possono disciplinare le competenze
dell’assemblea degli associati anche in deroga a quanto stabilito dall’articolo 25, comma
1.
CAPO VI
DELLE SOCIETÀ DI MUTUO SOCCORSO
ARTICOLO 42
(Rinvio)
1. Le società di mutuo soccorso sono disciplinate dalla legge 15 aprile 1886, n. 3818, e
successive modificazioni.
ARTICOLO 43
(Trasformazione)
1. Le società di mutuo soccorso, già esistenti alla data di entrata in vigore del presente
Codice, che nei successivi tre anni da tale data si trasformano in associazioni del Terzo
settore o in associazioni di promozione sociale, mantengono, in deroga all’articolo 8,
comma 3, della legge 15 aprile 1886, n. 3818, il proprio patrimonio.
ARTICOLO 44
(Modifiche e integrazioni alla disciplina)
1. Alle società di mutuo soccorso non si applica l’obbligo di versamento del contributo
del 3 per cento sugli utili netti annuali di cui all’articolo 11 della legge 31 gennaio 1992,
n. 59.
2. In deroga all’articolo 23, comma 1, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179,
convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, non sono soggette
all’obbligo di iscrizione nella sezione delle imprese sociali presso il registro delle imprese
le società di mutuo soccorso che hanno un versamento annuo di contributi associativi non
superiore a 50.000 euro e che non gestiscono fondi sanitari integrativi.
TITOLO VI
DEL REGISTRO UNICO NAZIONALE DEL TERZO SETTORE
ARTICOLO 45
(Registro unico nazionale del Terzo settore)
1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito il Registro unico
nazionale del Terzo settore, operativamente gestito su base territoriale e con modalità
informatiche in collaborazione con ciascuna Regione e Provincia autonoma, che, a tal
fine, individua, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto,
la struttura competente. Presso le Regioni, la struttura di cui al periodo precedente è
indicata come “Ufficio regionale del Registro unico nazionale del Terzo settore”. Presso
le Province autonome la stessa assume la denominazione di “Ufficio provinciale del
Registro unico nazionale del Terzo settore”. Il Ministero del lavoro e delle politiche
sociali individua nell’ambito della dotazione organica dirigenziale non generale
disponibile a legislazione vigente la propria struttura competente di seguito indicata come
“Ufficio statale del Registro unico nazionale del Terzo settore”.
2. Il registro è pubblico ed è reso accessibile a tutti gli interessati in modalità telematica.
ARTICOLO 46
(Struttura del Registro)
1. Il Registro unico nazionale del Terzo settore si compone delle seguenti sezioni:
a) Organizzazioni di volontariato;
b) Associazioni di promozione sociale;
c) Enti filantropici;
d) Imprese sociali, incluse le cooperative sociali;
e) Reti associative;
f) Società di mutuo soccorso;
g) Altri enti del Terzo settore.
2. Ad eccezione delle reti associative, nessun ente può essere contemporaneamente
iscritto in due o più sezioni.
3. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali può, con decreto di natura non
regolamentare, sentita la Conferenza Unificata, istituire sottosezioni o nuove sezioni o
modificare le sezioni esistenti.
ARTICOLO 47
(Iscrizione)
1. Salvo quanto previsto dall’articolo 22, la domanda di iscrizione nel Registro unico
nazionale del Terzo settore è presentata dal rappresentante legale dell’ente o della rete
associativa cui l’ente eventualmente aderisca all’Ufficio del Registro unico nazionale
della Regione o della Provincia autonoma in cui l’ente ha la sede legale, depositando
l’atto costitutivo, lo statuto ed eventuali allegati, ed indicando la sezione del registro nella
quale l’ente chiede l’iscrizione. Per le reti associative la domanda di iscrizione nella
sezione di cui all’articolo 46 comma 1, lettera e) è presentata all’Ufficio statale del
Registro unico nazionale.
2. L’ufficio competente di cui al comma 1 verifica la sussistenza delle condizioni previste
dal presente Codice per la costituzione dell’ente quale ente del Terzo settore, nonché per
la sua iscrizione nella sezione richiesta.
3. L’ufficio del Registro, entro 60 giorni dalla presentazione della domanda, può:
a) iscrivere l’ente;
b) rifiutare l’iscrizione con provvedimento motivato;
c) invitare l’ente a completare o rettificare la domanda ovvero ad integrare la
documentazione.
4. Decorsi 60 giorni dalla presentazione della domanda o dalla presentazione della
domanda completata o rettificata ovvero della documentazione integrativa ai sensi del
comma 3, lettera c), la domanda di iscrizione s’intende accolta.
5. Se l’atto costitutivo e lo statuto dell’ente del Terzo settore sono redatti in conformità a
modelli standard tipizzati, predisposti da reti associative ed approvati con decreto del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali, l’ufficio del registro unico nazionale del
Terzo settore, verificata la regolarità formale della documentazione, entro 30 giorni dalla
presentazione della domanda iscrive l’ente nel Registro stesso.
6. Avverso il diniego di iscrizione nel Registro è ammesso ricorso avanti al tribunale
amministrativo competente per territorio.
ARTICOLO 48
(Contenuto e aggiornamento)
1. Nel Registro unico nazionale del Terzo settore devono risultare per ciascun ente almeno
le seguenti informazioni: la denominazione; la forma giuridica; la sede legale, con
l’indicazione di eventuali sedi secondarie; la data di costituzione; l’oggetto dell’attività
di interesse generale di cui all’articolo 5, il codice fiscale o la partita IVA; il possesso
della personalità giuridica e il patrimonio minimo di cui all’articolo 22, comma 4; le
generalità dei soggetti che hanno la rappresentanza legale dell’ente; le generalità dei
soggetti che ricoprono cariche sociali con indicazione di poteri e limitazioni.
2. Nel Registro devono inoltre essere iscritte le modifiche dell’atto costitutivo e dello
statuto, le deliberazioni di trasformazione, fusione, scissione, di scioglimento, estinzione,
liquidazione e cancellazione, i provvedimenti che ordinano lo scioglimento, dispongono
la cancellazione o accertano l’estinzione, le generalità dei liquidatori e tutti gli altri atti e
fatti la cui iscrizione è espressamente prevista da norme di legge o di regolamento.
3. I rendiconti e i bilanci di cui agli articoli 13 e 14 e i rendiconti delle raccolte fondi
svolte nell’esercizio precedente devono essere depositati entro il 30 giugno di ogni anno.
Entro 30 giorni decorrenti da ciascuna modifica, devono essere pubblicate le informazioni
aggiornate e depositati gli atti di cui ai commi 1e 2, incluso l’eventuale riconoscimento
della personalità giuridica.
4. In caso di mancato o incompleto deposito degli atti e dei loro aggiornamenti nonché di
quelli relativi alle informazioni obbligatorie di cui al presente articolo nel rispetto dei
termini in esso previsti, l’Ufficio del Registro diffida l’ente del Terzo settore ad
adempiere all’obbligo suddetto, assegnando un termine non superiore a 180 giorni,
decorsi inutilmente i quali l’ente è cancellato dal Registro.
5. Del deposito degli atti e della completezza delle informazioni di cui al presente articolo
e dei relativi aggiornamenti sono onerati gli amministratori. Si applica l’articolo 2630 del
codice civile.
6. All’atto della registrazione degli enti del Terzo settore di cui all’articolo 31, comma 1,
l’Ufficio del registro unico nazionale acquisisce la relativa informazione antimafia.
ARTICOLO 49
(Estinzione o scioglimento dell’ente)
1. L’Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore accerta, anche d’ufficio,
l’esistenza di una delle cause di estinzione o scioglimento dell’ente e ne dà comunicazione
agli amministratori e al presidente del tribunale ove ha sede l’Ufficio del Registro unico
nazionale presso il quale l’ente è iscritto affinché provveda ai sensi dell’articolo 11 e
seguenti delle disposizioni di attuazione del codice civile.
2. Chiusa la procedura di liquidazione, il presidente del tribunale provvede che ne sia data
comunicazione all’Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore per la
conseguente cancellazione dell’ente dal Registro.
ARTICOLO 50
(Cancellazione e migrazione in altra sezione)
1. La cancellazione di un ente dal Registro unico nazionale avviene a seguito di istanza
motivata da parte dell’ente del Terzo settore iscritto o di accertamento d’ufficio, anche a
seguito di provvedimenti della competente autorità giudiziaria ovvero tributaria, divenuti
definitivi, dello scioglimento, cessazione, estinzione dell’ente ovvero della carenza dei
requisiti necessari per la permanenza nel Registro unico nazionale del Terzo settore.
2. L’ente cancellato dal Registro unico nazionale per mancanza dei requisiti che vuole
continuare a operare ai sensi del codice civile deve preventivamente devolvere il proprio
patrimonio ai sensi dell’articolo 9, limitatamente all’incremento patrimoniale realizzato
negli esercizi in cui l’ente è stato iscritto nel Registro unico nazionale.
3. Se vengono meno i requisiti per l’iscrizione dell’ente del Terzo settore in una sezione
del Registro ma permangono quelli per l’iscrizione in altra sezione del Registro stesso,
l’ente può formulare la relativa richiesta di migrazione che deve essere approvata con le
modalità e nei termini previsti per l’iscrizione nel Registro unico nazionale.
4. Avverso il provvedimento di cancellazione dal Registro, è ammesso ricorso avanti al
tribunale amministrativo competente per territorio.
ARTICOLO 51
(Revisione periodica del Registro)
1. Con cadenza triennale, gli Uffici del Registro unico nazionale del Terzo settore
provvedono alla revisione, ai fini della verifica della permanenza dei requisiti previsti per
l’iscrizione al Registro stesso.
ARTICOLO 52
(Opponibilità ai terzi degli atti depositati)
1. Gli atti per i quali è previsto l’obbligo di iscrizione, annotazione ovvero di deposito
presso il Registro unico nazionale del Terzo settore sono opponibili ai terzi soltanto dopo
la relativa pubblicazione nel Registro stesso, a meno che l’ente provi che i terzi ne erano
a conoscenza.
2. Per le operazioni compiute entro il quindicesimo giorno dalla pubblicazione di cui al
comma 1, gli atti non sono opponibili ai terzi che provino di essere stati nella impossibilità
di averne conoscenza.
ARTICOLO 53
(Funzionamento del Registro)
1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto, il Ministro del lavoro
e delle politiche sociali, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, definisce, con
proprio decreto, la procedura per l’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo
settore, individuando i documenti da presentare ai fini dell’iscrizione e le modalità di
deposito degli atti di cui all’articolo 48, nonché le regole per la predisposizione, la tenuta,
la conservazione e la gestione del Registro unico nazionale del Terzo settore finalizzate
ad assicurare l’omogenea e piena conoscibilità su tutto il territorio nazionale degli
elementi informativi del registro stesso e le modalità con cui è garantita la comunicazione
dei dati tra il registro delle Imprese e il Registro unico nazionale del Terzo settore con
riferimento alle imprese sociali e agli altri enti del Terzo settore iscritti nel registro delle
imprese.
2. Le Regioni e le province autonome entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore del decreto di cui al comma 1 disciplinano i procedimenti per l’emanazione dei
provvedimenti di iscrizione e di cancellazione degli enti del Terzo settore; entro sei mesi
dalla predisposizione della struttura informatica rendono operativo il Registro.
3. Le risorse necessarie a consentire l’avvio e la gestione del Registro unico nazionale del
Terzo settore sono stabilite in 25 milioni di euro per l’anno 2018, in 20 milioni di euro
per gli anni 2019 e 2020, in 14,7 milioni di euro per l’anno 2021 e in 20 milioni di euro a
decorrere dall’anno 2022, da impiegare per l’infrastruttura informatica nonché per lo
svolgimento delle attività di cui al presente titolo e di cui all’articolo 93, comma 3, anche
attraverso accordi ai sensi dell’articolo 15 della legge 9 agosto 1990, n. 241, con le
Regioni e le Province autonome, previa intesa in sede di Conferenza Stato – Regioni.
ARTICOLO 54
(Trasmigrazione dei registri esistenti)
1. Con il decreto di cui all’articolo 53 vengono disciplinate le modalità con cui gli enti
pubblici territoriali provvedono a comunicare al Registro unico nazionale del Terzo
settore i dati in loro possesso degli enti già iscritti nei registri speciali delle organizzazioni
di volontariato e delle associazioni di promozione sociale esistenti al giorno antecedente
l’operatività del Registro unico nazionale degli enti del Terzo settore.
2. Gli uffici del Registro unico nazionale del Terzo settore, ricevute le informazioni
contenute nei predetti registri, provvedono entro 180 giorni a richiedere agli enti le
eventuali informazioni o documenti mancanti e a verificare la sussistenza dei requisiti per
l’iscrizione.
3. L’omessa trasmissione delle informazioni e dei documenti richiesti agli enti del Terzo
settore ai sensi del comma 2 entro il termine di 60 giorni comporta la mancata iscrizione
nel Registro unico nazionale del Terzo settore.
4. Fino al termine delle verifiche di cui al comma 2 gli enti iscritti nei registri di cui al
comma 1 continuano a beneficiare dei diritti derivanti dalla rispettiva qualifica.
TITOLO VII
DEI RAPPORTI CON GLI ENTI PUBBLICI
ARTICOLO 55
(Coinvolgimento degli enti del Terzo settore)
1. In attuazione dei principi di sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed
economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità
dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare, le amministrazioni
pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,
nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello
territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5,
assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-
programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei
principi della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché delle norme che disciplinano specifici
procedimenti ed in particolare di quelle relative alla programmazione sociale di zona.
2. La co-programmazione è finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica
amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine
necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili.
3. La co-progettazione è finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione
di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla
luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2.
4. Ai fini di cui al comma 3, l’individuazione degli enti del Terzo settore con cui attivare
il partenariato avviene anche mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi
di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento, previa definizione, da
parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e specifici
dell’intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali dello stesso nonché dei criteri
e delle modalità per l’individuazione degli enti partner.
ARTICOLO 56
(Convenzioni)
1. Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le
associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno sei mesi nel Registro unico
nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di
attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al
mercato.
2. Le convenzioni di cui al comma 1 possono prevedere esclusivamente il rimborso alle
organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese
effettivamente sostenute e documentate.
3. L’individuazione delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di
promozione sociale con cui stipulare la convenzione è fatta nel rispetto dei principi di
imparzialità, pubblicità, trasparenza, partecipazione e parità di trattamento, mediante
procedure comparative riservate alle medesime. Le organizzazioni di volontariato e le
associazioni di promozione sociale devono essere in possesso dei requisiti di moralità
professionale, e dimostrare adeguata attitudine, da valutarsi in riferimento alla struttura,
all’attività concretamente svolta, alle finalità perseguite, al numero degli aderenti, alle
risorse a disposizione e alla capacità tecnica e professionale, intesa come concreta
capacità di operare e realizzare l’attività oggetto di convenzione, da valutarsi anche con
riferimento all’esperienza maturata, all’organizzazione, alla formazione e
all’aggiornamento dei volontari.
4. Le convenzioni devono contenere disposizioni dirette a garantire l’esistenza delle
condizioni necessarie a svolgere con continuità le attività oggetto della convenzione,
nonché il rispetto dei diritti e della dignità degli utenti, e, ove previsti dalla normativa
nazionale o regionale, degli standard organizzativi e strutturali di legge. Devono inoltre
prevedere la durata del rapporto convenzionale, il contenuto e le modalità dell’intervento
volontario, il numero e l’eventuale qualifica professionale delle persone impegnate nelle
attività convenzionate, le modalità di coordinamento dei volontari e dei lavoratori con gli
operatori dei servizi pubblici, le coperture assicurative di cui all’articolo 18, i rapporti
finanziari riguardanti le spese da ammettere a rimborso fra le quali devono figurare
necessariamente gli oneri relativi alla copertura assicurativa, le modalità di risoluzione
del rapporto, forme di verifica delle prestazioni e di controllo della loro qualità, la verifica
dei reciproci adempimenti nonché le modalità di rimborso delle spese, nel rispetto del
principio dell’effettività delle stesse, con esclusione di qualsiasi attribuzione a titolo di
maggiorazione, accantonamento, ricarico o simili, e con la limitazione del rimborso dei
costi indiretti alla quota parte imputabile direttamente all’attività oggetto della
convenzione.
ARTICOLO 57
(Servizio di trasporto sanitario di emergenza e urgenza)
1. I servizi di trasporto sanitario di emergenza e urgenza possono essere, in via prioritaria,
oggetto di affidamento in convenzione alle organizzazioni di volontariato, iscritte da
almeno sei mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, aderenti ad una rete
associativa di cui all’articolo 41, comma 2, ed accreditate ai sensi della normativa
regionale in materia, ove esistente, nelle ipotesi in cui, per la natura specifica del servizio,
l’affidamento diretto garantisca l’espletamento del servizio di interesse generale, in un
sistema di effettiva contribuzione a una finalità sociale e di perseguimento degli obiettivi
di solidarietà, in condizioni di efficienza economica e adeguatezza, nonché nel rispetto
dei principi di trasparenza e non discriminazione.
2. Alle convenzioni aventi ad oggetto i servizi di cui al comma 1 si applicano le
disposizioni di cui ai commi 2, 3 e 4 dell’articolo 56.
TITOLO VIII
DELLA PROMOZIONE E DEL SOSTEGNO
DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE
CAPO I
DEL CONSIGLIO NAZIONALE DEL TERZO SETTORE
ARTICOLO 58
(Istituzione)
1. Presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali è istituito il Consiglio nazionale
del Terzo settore, presieduto dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali o da un suo
delegato.
ARTICOLO 59
(Composizione)
1. Il Consiglio nazionale del Terzo settore è composto da:
a) otto rappresentanti designati dall’associazione di enti del Terzo settore più
rappresentativa sul territorio nazionale, in ragione del numero di enti del Terzo settore ad
essa aderenti, tra persone che siano espressione delle diverse tipologie organizzative del
Terzo settore;
b) quattordici rappresentanti di reti associative, di cui otto di reti associative nazionali,
che siano espressione delle diverse tipologie organizzative del Terzo settore;
c) cinque esperti di comprovata esperienza professionale in materia di Terzo settore, che
abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati o aziende pubbliche e private
ovvero che abbiano conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale
e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post-universitaria;
d) tre rappresentanti delle autonomie regionali e locali, di cui due designati dalla
Conferenza Stato-Regioni di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, ed uno
designato dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI).
2. Del Consiglio nazionale del Terzo settore fanno altresì parte, senza diritto di voto:
a) un rappresentante designato dal presidente dell’ISTAT con comprovata esperienza in
materia di Terzo settore;
b) un rappresentante designato dal presidente dell’INAPP con comprovata esperienza in
materia di Terzo settore;
c) il direttore generale del Terzo settore e della responsabilità sociale delle imprese del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
3. I componenti del Consiglio nazionale del Terzo settore sono nominati con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali e rimangono in carica per tre anni. Per ogni
componente effettivo del Consiglio è nominato un supplente. I componenti del Consiglio
aventi diritto di voto non possono essere nominati per più di due mandati consecutivi. La
partecipazione al Consiglio dei componenti effettivi e supplenti è gratuita e non dà diritto
alla corresponsione di alcun compenso, indennità, rimborso od emolumento comunque
denominato.
ARTICOLO 60
(Attribuzioni)
1. Il Consiglio svolge i seguenti compiti:
a) esprime pareri non vincolanti, ove richiesto, sugli schemi di atti normativi che
riguardano il Terzo settore;
b) esprime parere non vincolante, ove richiesto, sulle modalità di utilizzo delle risorse
finanziarie di cui agli articoli 72 e seguenti;
c) esprime parere obbligatorio non vincolante sulle linee guida in materia di bilancio
sociale e di valutazione di impatto sociale dell’attività svolta dagli enti del Terzo settore;
d) designa un componente nell’organo di governo della Fondazione Italia Sociale;
e) è coinvolto nelle funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo, con il supporto delle
reti associative nazionali;
f) designa i rappresentanti degli enti del Terzo settore presso il CNEL ai sensi della legge
30 dicembre 1986, n. 936.
2. Per lo svolgimento dei compiti indicati al comma 1, il Consiglio nazionale del Terzo
settore si avvale delle risorse umane e strumentali del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali.
3. Le modalità di funzionamento del Consiglio nazionale del Terzo settore sono fissate
con regolamento interno da adottarsi a maggioranza assoluta dei componenti.
CAPO II
DEI CENTRI DI SERVIZIO PER IL VOLONTARIATO
ARTICOLO 61
(Accreditamento dei Centri di servizio per il volontariato)
1. Possono essere accreditati come centri di servizio per il volontariato, di seguito CSV,
gli enti costituiti in forma di associazione riconosciuta del Terzo settore da organizzazioni
di volontariato e da altri enti del Terzo settore, esclusi quelli costituiti in una delle forme
del libro V del codice civile, ed il cui statuto preveda:
a) lo svolgimento di attività di supporto tecnico, formativo ed informativo al fine di
promuovere e rafforzare la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo
settore;
b) il divieto di erogare direttamente in denaro le risorse ad essi provenienti dal fondo
unico nazionale, di seguito FUN nonché di trasferire a titolo gratuito beni mobili
o immobili acquisiti mediante le medesime risorse;
c) l’obbligo di adottare una contabilità separata per le risorse provenienti da fonte
diversa dal FUN;
d) l’obbligo di ammettere come associati le organizzazioni di volontariato e gli altri
enti del Terzo settore, esclusi quelli costituiti in una delle forme del libro V del
codice civile, che ne facciano richiesta, fatta salva la possibilità di subordinare il
mantenimento dello status di associato al rispetto dei principi, dei valori e delle
norme statutarie;
e) il diritto di tutti gli associati di votare, direttamente o indirettamente, in assemblea,
ed in particolare di eleggere democraticamente i componenti degli organi di
amministrazione e di controllo interno dell’ente, salvo quanto previsto dalle
lettere f), g), ed h);
f) l’attribuzione della maggioranza di voti in ciascuna assemblea alle organizzazioni
di volontariato;
g) misure dirette ad evitare il realizzarsi di situazioni di controllo dell’ente da parte
di singoli associati o di gruppi minoritari di associati;
h) misure destinate a favorire la partecipazione attiva e l’effettivo coinvolgimento di
tutti gli associati, sia di piccola che di grande dimensione, nella gestione del CSV;
i) specifici requisiti di onorabilità, professionalità, incompatibilità ed indipendenza
per coloro che assumono cariche sociali, ed in particolare il divieto di ricoprire
l’incarico di presidente dell’organo di amministrazione per:
1) coloro che hanno incarichi di governo nazionale, di giunta e consiglio
regionale, di associazioni di comuni e consorzi intercomunali, e incarichi
di giunta e consiglio comunale, circoscrizionale, di quartiere e simili,
comunque denominati, purché con popolazione superiore a 15.000
abitanti;
2) i consiglieri di amministrazione e il presidente delle aziende speciali e
delle istituzioni di cui all’articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto
2000, n. 267;
3) i parlamentari nazionali ed europei;
4) coloro che ricoprono ruoli di livello nazionale o locale in organi dirigenti
di partiti politici;
j) un numero massimo di mandati consecutivi per coloro che ricoprono la carica di
componente dell’organo di amministrazione, nonché il divieto per la stessa
persona di ricoprire la carica di presidente dell’organo di amministrazione per più
di nove anni;
k) il diritto dell’organismo territoriale di controllo, di seguito OTC competente di
nominare, qualora l’ente fosse accreditato come CSV, un componente dell’organo
di controllo interno del CSV con funzioni di presidente e dei componenti di tale
organo di assistere alle riunioni dell’organo di amministrazione del CSV;
l) l’obbligo di redigere e rendere pubblico il bilancio sociale;
m) misure dirette a favorire la trasparenza e la pubblicità dei propri atti.
2. L’organismo nazionale di controllo, di seguito ONC stabilisce il numero di enti
accreditabili come CSV nel territorio nazionale, assicurando comunque la presenza di
almeno un CSV per ogni regione e provincia autonoma ed evitando sovrapposizione di
competenze territoriali tra i CSV da accreditarsi. A tal fine, e fatto salvo quanto previsto
dal comma 3, l’ONC accredita:
a) un CSV per ogni città metropolitana e per ogni provincia con territorio
interamente montano e confinante con Paesi stranieri ai sensi della legge 7 aprile
2014, n. 56;
b) un CSV per ogni milione di abitanti non residenti nell’ambito territoriale delle
città metropolitane e delle province di cui alla lettera a).
3. I criteri di cui alle lettere a) e b) del comma 2 possono essere derogati, con atto motivato
dell’ONC, in presenza di specifiche esigenze territoriali del volontariato o di
contenimento dei costi. In ogni caso, il numero massimo di CSV accreditabili, in ciascuna
regione o provincia autonoma, non può essere superiore a quello dei CSV istituiti alla
data di entrata in vigore del presente decreto sulla base della previgente normativa.
4. L’accreditamento è revocabile nei casi previsti dal presente decreto.
ARTICOLO 62
(Finanziamento dei Centri di servizio per il volontariato)
1. Al fine di assicurare il finanziamento stabile dei CSV è istituito il FUN, alimentato da
contributi annuali delle fondazioni di origine bancaria di cui al decreto legislativo 17
maggio 1999, n. 153, di seguito FOB, ed amministrato dall’ONC in conformità alle norme
del presente decreto.
2. Il FUN costituisce ad ogni effetto di legge patrimonio autonomo e separato da quello
delle FOB, dell’ONC, e dei CSV, vincolato alla destinazione di cui al comma 9.
3. Ciascuna FOB destina ogni anno al FUN una quota non inferiore al quindicesimo del
risultato della differenza tra l’avanzo dell’esercizio meno l’accantonamento a copertura
dei disavanzi pregressi, alla riserva obbligatoria e l’importo minimo da destinare ai settori
rilevanti ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettere c) e d), del decreto legislativo 17 maggio
1999, n. 153.
4. Le FOB calcolano ogni anno, in sede di approvazione del bilancio di esercizio, le
somme dovute ai sensi del comma 3 e le versano al FUN entro il 31 ottobre dell’anno di
approvazione del bilancio, secondo modalità individuate dall’ONC.
5. Le FOB sono inoltre tenute a versare al FUN i contributi integrativi deliberati dall’ONC
ai sensi del comma 11 e possono in ogni caso versare al FUN contributi volontari.
6. A decorrere dall’anno 2018, per le somme che, ai sensi dei commi 4 e 5, vengono
versate al FUN, alle FOB è riconosciuto annualmente un credito d’imposta pari al 100
per cento dei versamenti effettuati, fino ad un massimo di euro 15 milioni per l’anno 2018
e di euro 10 milioni per gli anni successivi. Il credito di imposta è utilizzabile
esclusivamente in compensazione, nei limiti dell’importo riconosciuto, ai sensi
dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24
esclusivamente mediante servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate,
pena il rifiuto dell’operazione di versamento. Al credito d’imposta non si applicano i
limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e all’articolo
34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni. Il credito è cedibile,
in esenzione dall’imposta di registro, nel rispetto delle disposizioni di cui agli articoli
1260 e seguenti del codice civile, a intermediari bancari, finanziari e assicurativi, ed è
utilizzabile dal cessionario alle medesime condizioni applicabili al cedente. Con decreto
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia
e delle finanze, sono definite le disposizioni applicative necessarie, ivi comprese le
procedure per la concessione del contributo nel rispetto del limite di spesa stabilito.
7. L’ONC determina l’ammontare del finanziamento stabile triennale dei CSV, anche
sulla base del fabbisogno storico e delle mutate esigenze di promozione del volontariato
negli enti del Terzo settore, e ne stabilisce la ripartizione annuale e territoriale, su base
regionale, secondo criteri trasparenti, obiettivi ed equi, definiti anche in relazione alla
provenienza delle risorse delle FOB, ad esigenze di perequazione territoriale, nonché
all’attribuzione storica delle risorse. L’ONC può destinare all’associazione dei CSV più
rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di CSV ad essa aderenti una
quota di tale finanziamento per la realizzazione di servizi strumentali ai CSV o di attività
di promozione del volontariato che possono più efficacemente compiersi su scala
nazionale.
8. L’ONC determina, secondo criteri di efficienza, di ottimizzazione e contenimento dei
costi e di stretta strumentalità alle funzioni da svolgere ai sensi del presente decreto,
l’ammontare previsto delle proprie spese di organizzazione e funzionamento a valere sul
FUN, inclusi i costi relativi all’organizzazione e al funzionamento degli OTC e ai
componenti degli organi di controllo interno dei CSV nominati ai sensi dell’articolo 65,
comma 6, lettera e), in misura comunque non superiore al 5 per cento delle somme versate
dalle FOB ai sensi del comma 3. In ogni caso, non possono essere posti a carico del FUN
eventuali emolumenti riconosciuti ai componenti e ai dirigenti dell’ONC e degli OTC. Le
somme non spese riducono di un importo equivalente l’ammontare da destinarsi al
medesimo fine nell’anno successivo a quello di approvazione del bilancio di esercizio.
9. Le risorse del FUN sono destinate esclusivamente alla copertura dei costi di cui ai
commi 7 ed 8. L’ONC, secondo modalità dalla stessa individuate, rende annualmente
disponibili ai CSV, all’associazione dei CSV di cui al comma 7, e agli OTC le somme ad
essi assegnate per lo svolgimento delle proprie funzioni.
10. Negli anni in cui i contributi obbligatori versati dalle FOB al FUN ai sensi del comma
3 risultino superiori ai costi annuali di cui ai commi 7 e 8, la differenza è destinata
dall’ONC ad una riserva con finalità di stabilizzazione delle assegnazioni future ai CSV.
11. Negli anni in cui i contributi obbligatori versati dalle FOB al FUN ai sensi del comma
3 risultino inferiori ai costi annuali di cui ai commi 7 e 8, ed anche la riserva con finalità
di stabilizzazione sia insufficiente per la loro copertura, l’ONC pone la differenza a carico
delle FOB, richiedendo a ciascuna di esse il versamento al FUN di un contributo
integrativo proporzionale a quello obbligatorio già versato.
12. I CSV possono avvalersi di risorse diverse da quelle del FUN, che possono essere
liberamente percepite e gestite dai CSV, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 61,
comma 1, lettera c). I CSV non possono comunque accedere alle risorse del Fondo di cui
all’articolo 72.
ARTICOLO 63
(Funzioni e compiti dei Centri di servizio per il volontariato)
1. I CSV utilizzano le risorse del FUN loro conferite al fine di organizzare, gestire ed
erogare servizi di supporto tecnico, formativo ed informativo per promuovere e rafforzare
la presenza ed il ruolo dei volontari negli enti del Terzo settore, senza distinzione tra enti
associati ed enti non associati, e con particolare riguardo alle organizzazioni di
volontariato, nel rispetto e in coerenza con gli indirizzi strategici generali definiti
dall’ONC ai sensi del articolo 64, comma 5, lettera d).
2. Ai fini di cui al comma 1, i CSV possono svolgere attività varie riconducibili alle
seguenti tipologie di servizi:
a) servizi di promozione, orientamento e animazione territoriale, finalizzati a dare
visibilità ai valori del volontariato e all’impatto sociale dell’azione volontaria nella
comunità locale, a promuovere la crescita della cultura della solidarietà e della
cittadinanza attiva in particolare tra i giovani e nelle scuole, istituti di istruzione, di
formazione ed università, facilitando l’incontro degli enti di Terzo settore con i cittadini
interessati a svolgere attività di volontariato, nonché con gli enti di natura pubblica e
privata interessati a promuovere il volontariato;
b) servizi di formazione, finalizzati a qualificare i volontari o coloro che aspirino ad
esserlo, acquisendo maggiore consapevolezza dell’identità e del ruolo del volontario e
maggiori competenze trasversali, progettuali, organizzative a fronte dei bisogni della
propria organizzazione e della comunità di riferimento;
c) servizi di consulenza, assistenza qualificata ed accompagnamento, finalizzati a
rafforzare competenze e tutele dei volontari negli ambiti giuridico, fiscale, assicurativo,
del lavoro, progettuale, gestionale, organizzativo, della rendicontazione economico-
sociale, della ricerca fondi, dell’accesso al credito, nonché strumenti per il riconoscimento
e la valorizzazione delle competenze acquisite dai volontari medesimi;
d) servizi di informazione e comunicazione, finalizzati a incrementare la qualità e la
quantità di informazioni utili al volontariato, a supportare la promozione delle iniziative
di volontariato, a sostenere il lavoro di rete degli enti del Terzo settore tra loro e con gli
altri soggetti della comunità locale per la cura dei beni comuni, ad accreditare il
volontariato come interlocutore autorevole e competente;
e) servizi di ricerca e documentazione, finalizzati a mettere a disposizione banche
dati e conoscenze sul mondo del volontariato e del Terzo settore in ambito nazionale,
comunitario e internazionale;
f) servizi di supporto tecnico-logistico, finalizzati a facilitare o promuovere
l’operatività dei volontari, attraverso la messa a disposizione temporanea di spazi,
strumenti ed attrezzature.
3. I servizi organizzati mediante le risorse del FUN sono erogati nel rispetto dei seguenti
principi:
a) principio di qualità: i servizi devono essere della migliore qualità possibile
considerate le risorse disponibili; i CSV applicano sistemi di rilevazione e controllo della
qualità, anche attraverso il coinvolgimento dei destinatari dei servizi;
b) principio di economicità: i servizi devono essere organizzati, gestiti ed erogati al
minor costo possibile in relazione al principio di qualità;
c) principio di territorialità e di prossimità: i servizi devono essere erogati da ciascun
CSV prevalentemente in favore di enti aventi sede legale ed operatività principale nel
territorio di riferimento, e devono comunque essere organizzati in modo tale da ridurre il
più possibile la distanza tra fornitori e destinatari, anche grazie all’uso di tecnologie della
comunicazione;
d) principio di universalità, non discriminazione e pari opportunità di accesso: i
servizi devono essere organizzati in modo tale da raggiungere il maggior numero
possibile di beneficiari; tutti gli aventi diritto devono essere posti effettivamente in grado
di usufruirne, anche in relazione al principio di pubblicità e trasparenza;
e) principio di integrazione: i CSV, soprattutto quelli che operano nella medesima
regione, sono tenuti a cooperare tra loro allo scopo di perseguire virtuose sinergie ed al
fine di fornire servizi economicamente vantaggiosi;
f) principio di pubblicità e trasparenza: i CSV rendono nota l’offerta dei servizi alla
platea dei propri destinatari, anche mediante modalità informatiche che ne assicurino la
maggiore e migliore diffusione; essi inoltre adottano una carta dei servizi mediante la
quale rendono trasparenti le caratteristiche e le modalità di erogazione di ciascun servizio,
nonché i criteri di accesso ed eventualmente di selezione dei beneficiari.
4. In caso di scioglimento dell’ente accreditato come CSV o di revoca
dell’accreditamento, le risorse del FUN ad esso assegnate ma non ancora utilizzate
devono essere versate entro 120 giorni dallo scioglimento o dalla revoca all’ONC, che le
destina all’ente accreditato come CSV in sostituzione del precedente, o in mancanza, ad
altri CSV della medesima regione o, in mancanza, alla riserva con finalità di
stabilizzazione del FUN.
5. In caso di scioglimento dell’ente accreditato come CSV o di revoca
dell’accreditamento, eventuali beni mobili o immobili acquisiti dall’ente mediante le
risorse del FUN mantengono il vincolo di destinazione e devono essere trasferiti dall’ente
secondo le indicazioni provenienti dall’ONC.
ARTICOLO 64
(Organismo nazionale di controllo)
1. L’ONC è una fondazione con personalità giuridica di diritto privato, costituita con
decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al fine di svolgere, per finalità di
interesse generale, funzioni di indirizzo e di controllo dei CSV. Essa gode di piena
autonomia statutaria e gestionale nel rispetto delle norme del presente decreto, del codice
civile e dalle disposizioni di attuazione del medesimo. Le funzioni di controllo e di
vigilanza sull’ONC previste dall’articolo 25 del codice civile sono esercitate dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
2. Il decreto di cui al comma 1 provvede alla nomina dei componenti dell’organo di
amministrazione dell’ONC, che deve essere formato da:
a) sette membri, di cui uno con funzioni di Presidente, designati dall’associazione delle
FOB più rappresentativa sul territorio nazionale in ragione del numero di FOB ad essa
aderenti;
b) due membri designati dall’associazione dei CSV più rappresentativa sul territorio
nazionale in ragione del numero di CSV ad essa aderenti;
c) due membri, di cui uno espressione delle organizzazioni di volontariato, designati
dall’associazione degli enti del Terzo settore più rappresentativa sul territorio nazionale
in ragione del numero di enti del Terzo settore ad essa aderenti;
d) un membro designato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali;
e) un membro designato dalla Conferenza Stato-Regioni.
3. I componenti dell’organo di amministrazione sono nominati con decreto del Ministro
del lavoro e delle politiche sociali, durano in carica tre anni, ed in ogni caso sino al
rinnovo dell’organo medesimo. Per ogni componente effettivo è designato un supplente.
I componenti non possono essere nominati per più di tre mandati consecutivi. Per la
partecipazione all’ONC non possono essere corrisposti a favore dei componenti
emolumenti gravanti sul FUN o sul bilancio dello Stato.
4. Come suo primo atto, l’organo di amministrazione adotta lo statuto dell’ONC col voto
favorevole di almeno dodici dei suoi componenti. Eventuali modifiche statutarie devono
essere deliberate dall’organo di amministrazione con la medesima maggioranza di voti.
5. L’ONC svolge le seguenti funzioni in conformità alle norme, ai principi e agli obiettivi
del presente decreto e alle disposizioni del proprio statuto:
a) amministra il FUN e riceve i contributi delle FOB secondo modalità da essa
individuate;
b) determina i contributi integrativi dovuti dalle FOB ai sensi dell’articolo 62, comma 11;
c) stabilisce il numero di enti accreditabili come CSV nel territorio nazionale nel rispetto
di quanto previsto dall’articolo 61, comma 2 e 3;
d) definisce triennalmente, nel rispetto dei principi di sussidiarietà e di autonomia ed
indipendenza delle organizzazioni di volontariato e di tutti gli altri enti del terzo settore,
gli indirizzi strategici generali da perseguirsi attraverso le risorse del FUN;
e) determina l’ammontare del finanziamento stabile triennale dei CSV e ne stabilisce la
ripartizione annuale e territoriale, su base regionale, secondo quanto previsto dall’articolo
62, comma 7;
f) versa annualmente ai CSV e all’associazione dei CSV più rappresentativa sul territorio
nazionale in ragione del numero di CSV ad essa aderenti le somme loro assegnate;
g) sottopone a verifica la legittimità e la correttezza dell’attività svolta dall’associazione
dei CSV di cui all’articolo 62, comma 7, attraverso le risorse del FUN ad essa assegnate
dall’ONC ai sensi dell’articolo medesimo;
h) determina i costi del suo funzionamento, inclusi i costi di funzionamento degli OTC e
i costi relativi ai componenti degli organi di controllo interno dei CSV, nominati ai sensi
dell’articolo 65, comma 6, lettera e);
i) individua criteri obiettivi ed imparziali e procedure pubbliche e trasparenti di
accreditamento dei CSV, tenendo conto, tra gli altri elementi, della rappresentatività degli
enti richiedenti, espressa anche dal numero di enti associati, della loro esperienza nello
svolgimento dei servizi di cui all’articolo 63, e della competenza delle persone che
ricoprono le cariche sociali;
j) accredita i CSV, di cui tiene un elenco nazionale che rende pubblico con le modalità
più appropriate;
k) definisce gli indirizzi generali, i criteri e le modalità operative cui devono attenersi gli
OTC nell’esercizio delle proprie funzioni, e ne approva il regolamento di funzionamento;
l) predispone modelli di previsione e rendicontazione che i CSV sono tenuti ad osservare
nella gestione delle risorse del FUN;
m) controlla l’operato degli OTC e ne autorizza spese non preventivate;
n) assume i provvedimenti sanzionatori nei confronti dei CSV, su propria iniziativa o su
iniziativa degli OTC;
o) promuove l’adozione da parte dei CSV di strumenti di verifica della qualità dei servizi
erogati dai CSV medesimi attraverso le risorse del FUN, e ne valuta gli esiti;
p) predispone una relazione annuale sulla proprie attività e sull’attività e lo stato dei CSV,
che invia al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro il 31 maggio di ogni anno
e rende pubblica attraverso modalità telematiche.
6. L’ONC non può finanziare iniziative o svolgere attività che non siano direttamente
connesse allo svolgimento delle funzioni di cui al comma 5.
ARTICOLO 65
(Organismi territoriali di controllo)
1. Gli OTC sono uffici territoriali dell’ONC privi di autonoma soggettività giuridica,
chiamati a svolgere, nell’interesse generale, funzioni di controllo dei CSV nel territorio
di riferimento, in conformità alle norme del presente decreto e allo statuto e alle direttive
dell’ONC.
2. Sono istituiti i seguenti OTC:
- Ambito 1: Liguria;
- Ambito 2: Piemonte e Val d’Aosta;
- Ambito 3: Lombardia;
- Ambito 4: Veneto e Friuli Venezia Giulia;
- Ambito 5: Trento e Bolzano;
- Ambito 6: Emilia-Romagna;
- Ambito 7: Toscana;
- Ambito 8: Marche e Umbria
- Ambito 9: Lazio e Abruzzo;
- Ambito 10: Puglia e Basilicata;
- Ambito 11: Calabria;
- Ambito 12: Campania e Molise;
- Ambito 13: Sardegna;
- Ambito 14: Sicilia.
3. Gli OTC di cui agli ambiti 1, 3, 6, 7, 11, 13 e 14 sono composti da:
a) quattro membri, di cui uno con funzioni di Presidente, designati dalle FOB;
b) un membro, espressione delle organizzazioni di volontariato del territorio, designato
dall’associazione degli enti del Terzo settore più rappresentativa sul territorio di
riferimento in ragione del numero di enti del Terzo settore ad essa aderenti, aventi sede
legale o operativa nel territorio di riferimento;
c) un membro designato dalla Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI);
d) un membro designato dalla Regione.
4.Gli OTC di cui agli ambiti 2, 4, 5, 8, 9, 10 e 12 sono composti da:
a) sette membri, di cui uno con funzioni di Presidente, designati dalle FOB;
b) due membri, di cui uno espressione delle organizzazioni di volontariato del territorio,
designati dall’associazione degli enti del Terzo settore più rappresentativa sul territorio
di riferimento in ragione del numero di enti del Terzo settore ad essa aderenti, aventi sede
legale o operativa nei territori di riferimento;
c) due membri designati dalla Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI);
d) due membri designati, uno per ciascun territorio di riferimento, dalle Regioni o dalle
Province autonome.
5. I componenti dell’OTC sono nominati con decreto del Ministro del lavoro e delle
politiche sociali, durano in carica tre anni, ed in ogni caso sino al loro rinnovo, e non
possono essere nominati per più di tre mandati consecutivi. Per ogni componente effettivo
è designato un supplente. Per la partecipazione all’OTC non possono essere corrisposti
emolumenti a favore dei componenti, gravanti sul FUN o sul bilancio dello Stato.
6. Come suo primo atto, ciascun OTC adotta un proprio regolamento di funzionamento e
lo invia all’ONC per la sua approvazione.
7. Gli OTC svolgono le seguenti funzioni in conformità alle norme, ai principi e agli
obiettivi del presente decreto, alle disposizioni dello statuto e alle direttive dell’ONC, e
al proprio regolamento che dovrà disciplinarne nel dettaglio le modalità di esercizio:
a) ricevono le domande e istruiscono le pratiche di accreditamento dei CSV, in particolare
verificando la sussistenza dei requisiti di accreditamento;
b) verificano periodicamente, con cadenza almeno biennale, il mantenimento dei requisiti
di accreditamento come CSV; sottopongono altresì a verifica i CSV quando ne facciano
richiesta formale motivata il Presidente dell’organo di controllo interno del CSV o un
numero non inferiore al 30 per cento di enti associati o un numero di enti non associati
pari ad almeno il 5 per cento del totale degli enti iscritti nelle pertinenti sezioni regionali
del Registro unico nazionale del Terzo settore;
c) ripartiscono tra i CSV istituiti in ciascuna regione il finanziamento deliberato
dall’ONC su base regionale ed ammettono a finanziamento la programmazione dei CSV;
d) verificano la legittimità e la correttezza dell’attività dei CSV in relazione all’uso delle
risorse del FUN, nonché la loro generale adeguatezza organizzativa, amministrativa e
contabile, tenendo conto delle disposizioni del presente decreto e degli indirizzi generali
strategici fissati dall’ONC;
e) nominano, tra i revisori legali iscritti nell’apposito registro e con specifica competenza
in materia di Terzo settore, un componente dell’organo di controllo interno del CSV con
funzioni di presidente e diritto di assistere alle riunioni dell’organo di amministrazione
del CSV;
f) propongono all’ONC l’adozione di provvedimenti sanzionatori nei confronti dei CSV;
g) predispongono una relazione annuale sulla propria attività, che inviano entro il 30
aprile di ogni anno all’ONC e rendono pubblica mediante modalità telematiche.
8. Gli OTC non possono finanziare iniziative o svolgere attività che non siano
direttamente connesse allo svolgimento delle funzioni di cui al comma 7.
ARTICOLO 66
(Sanzioni e ricorsi)
1. In presenza di irregolarità, gli OTC invitano i CSV ad adottare i provvedimenti e le
misure necessarie a sanarle.
2. In presenza di irregolarità non sanabili o non sanate, gli OTC denunciano l’irregolarità
all’ONC affinché adotti i provvedimenti necessari. L’ONC, previo accertamento dei fatti
e sentito in contraddittorio il CSV interessato, adotta i seguenti provvedimenti a seconda
della gravità del caso:
a) diffida formale con eventuale sospensione dell’accreditamento nelle more della
sanatoria dell’irregolarità;
b) revoca dell’accreditamento, esperita dopo aver sollecitato, senza ottenere riscontro, il
rinnovo dei componenti dell’organo di amministrazione del CSV.
3. Contro i provvedimenti dell’ONC è ammesso ricorso dinanzi al giudice
amministrativo.
CAPO III
DI ALTRE SPECIFICHE MISURE
ARTICOLO 67
(Accesso al credito agevolato)
1. Le provvidenze creditizie e fideiussorie previste dalle norme vigenti per le cooperative
e i loro consorzi sono estese, senza ulteriori oneri per lo Stato, alle organizzazioni di
volontariato e alle associazioni di promozione sociale che, nell’ambito delle convenzioni
di cui all’articolo 56, abbiano ottenuto l’approvazione di uno o più progetti di attività e di
servizi di interesse generale inerenti alle finalità istituzionali.
ARTICOLO 68
(Privilegi)
1. I crediti delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale,
inerenti allo svolgimento delle attività di cui all’articolo 5, hanno privilegio generale sui
beni mobili del debitore ai sensi dell’articolo 2751-bis del codice civile.
2. I crediti di cui al comma 1 sono collocati, nell’ordine dei privilegi, subito dopo i crediti
di cui alla lettera c) del secondo comma dell’articolo 2777 del codice civile.
ARTICOLO 69
(Accesso al Fondo sociale europeo)
1. Lo Stato, le Regioni e le Province autonome promuovono le opportune iniziative per
favorire l’accesso degli enti del Terzo settore ai finanziamenti del Fondo sociale europeo
e ad altri finanziamenti europei per progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi
istituzionali.
ARTICOLO 70
(Strutture e autorizzazioni temporanee per manifestazioni pubbliche)
1. Lo Stato, le Regioni e Province autonome e gli Enti locali possono prevedere forme e
modi per l’utilizzazione non onerosa di beni mobili e immobili per manifestazioni e
iniziative temporanee degli enti del Terzo settore, nel rispetto dei princìpi di trasparenza,
pluralismo e uguaglianza.
2. Gli enti del Terzo settore, in occasione di particolari eventi o manifestazioni, possono,
soltanto per il periodo di svolgimento delle predette manifestazioni e per i locali o gli
spazi cui si riferiscono, somministrare alimenti e bevande, previa segnalazione certificata
di inizio attività e comunicazione ai sensi dell’articolo 6 del Regolamento (CE) n.
852/2004, in deroga al possesso dei requisiti di cui all’articolo 71 del decreto legislativo
26 marzo 2010, n. 59.
ARTICOLO 71
(Locali utilizzati)
1. Le sedi degli enti del Terzo settore e i locali in cui si svolgono le relative attività
istituzionali, purché non di tipo produttivo, sono compatibili con tutte le destinazioni
d’uso omogenee previste dal decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n.
1444 e simili, indipendentemente dalla destinazione urbanistica.
2. Lo Stato, le Regioni e Province autonome e gli Enti locali possono concedere in
comodato beni mobili ed immobili di loro proprietà, non utilizzati per fini istituzionali,
agli enti del Terzo settore, ad eccezione delle imprese sociali, per lo svolgimento delle
loro attività istituzionali. La cessione in comodato ha una durata massima di trent’anni,
nel corso dei quali l’ente concessionario ha l’onere di effettuare sull’immobile, a proprie
cura e spese, gli interventi di manutenzione e gli altri interventi necessari a mantenere la
funzionalità dell’immobile.
3. I beni culturali immobili di proprietà dello Stato, delle regioni, degli enti locali e degli
altri enti pubblici, per l'uso dei quali attualmente non è corrisposto alcun canone e che
richiedono interventi di restauro, possono essere dati in concessione a enti del terzo
settore, che svolgono le attività indicate all'articolo 5, comma 1, lettere f), i), k), o z) con
pagamento di un canone agevolato, determinato dalle amministrazioni interessate, ai fini
della riqualificazione e riconversione dei medesimi beni tramite interventi di recupero,
restauro, ristrutturazione a spese del concessionario, anche con l'introduzione di nuove
destinazioni d'uso finalizzate allo svolgimento delle attività indicate, ferme restando le
disposizioni contenute nel decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. La concessione
d'uso è finalizzata alla realizzazione di un progetto di gestione del bene che ne assicuri la
corretta conservazione, nonché l'apertura alla pubblica fruizione e la migliore
valorizzazione. Dal canone di concessione vengono detratte le spese sostenute dal
concessionario per gli interventi indicati nel primo periodo entro il limite massimo del
canone stesso. L'individuazione del concessionario avviene mediante le procedure
semplificate di cui all'articolo 151, comma 3, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
Le concessioni di cui al presente comma sono assegnate per un periodo di tempo
commisurato al raggiungimento dell’equilibrio economico-finanziario dell’iniziativa e
comunque non eccedente i 50 anni.
4. Per concorrere al finanziamento di programmi di costruzione, di recupero, di restauro,
di adattamento, di adeguamento alle norme di sicurezza e di straordinaria manutenzione
di strutture o edifici da utilizzare per le finalità di cui al comma 1, per la dotazione delle
relative attrezzature e per la loro gestione, gli enti del Terzo settore sono ammessi ad
usufruire, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, al ricorrere dei presupposti e in
condizioni di parità con gli altri aspiranti, di tutte le facilitazioni o agevolazioni previste
per i privati, in particolare per quanto attiene all’accesso al credito agevolato.
CAPO IV
DELLE RISORSE FINANZIARIE
ARTICOLO 72
(Fondo per il finanziamento di progetti e attività di interesse generale nel terzo settore)
1. Il Fondo previsto dall’articolo 9, comma 1, lettera g), della legge 6 giugno 2016, n.
106, è destinato a sostenere, anche attraverso le reti associative di cui all’articolo 41, lo
svolgimento di attività di interesse generale di cui all’articolo 5, costituenti oggetto di
iniziative e progetti promossi da organizzazioni di volontariato, associazioni di
promozione sociale e fondazioni del Terzo settore, iscritti nel Registro unico nazionale
del Terzo settore.
2. Le iniziative e i progetti di cui al comma 1 possono essere finanziati anche in attuazione
di accordi sottoscritti, ai sensi dell’articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dal
Ministero del lavoro e delle politiche sociali con le pubbliche amministrazioni di cui
all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
3. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali determina annualmente con proprio atto
di indirizzo gli obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento e le linee di attività
finanziabili nei limiti delle risorse disponibili sul Fondo medesimo.
4. In attuazione dell’atto di indirizzo di cui al comma 3, il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali individua i soggetti attuatori degli interventi finanziabili attraverso le
risorse del Fondo, mediante procedure poste in essere nel rispetto dei principi della legge
7 agosto 1990, n. 241.
5. Per l’anno 2017, la dotazione della seconda sezione del Fondo di cui all’articolo 9,
comma 1, lettera g), della legge 6 giugno 2016, n. 106, è incrementata di 40 milioni di
euro. A decorrere dall’anno 2018 la medesima dotazione è incrementata di 20 milioni di
euro annui, salvo che per l’anno 2021, per il quale è incrementata di 3,9 milioni di euro.
ARTICOLO 73
(Altre risorse finanziarie specificamente destinate al sostegno degli enti del Terzo
settore)
1. A decorrere dall’anno 2017, le risorse finanziarie del Fondo nazionale per le politiche
sociali, di cui all’articolo 20, comma 8, della legge 8 novembre 2000, n. 328, destinate
alla copertura degli oneri relativi agli interventi in materia di Terzo settore di competenza
del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di cui alle seguenti disposizioni, sono
trasferite, per le medesime finalità, su un apposito capitolo di spesa iscritto nello stato di
previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nel programma ”Terzo settore
(associazionismo, volontariato, Onlus e formazioni sociali) e responsabilità sociale delle
imprese e delle organizzazioni”, nell’ambito della missione “Diritti sociali, politiche
sociali e famiglia”:
a) articolo 12, comma 2 della legge 11 agosto 1991, n. 266, per un ammontare di 2 milioni
di euro;
b) articolo 1 della legge 15 dicembre 1998, n. 438, per un ammontare di 5,16 milioni di
euro;
c) articolo 96, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, per un ammontare di 7,75
milioni di euro;
d) articolo 13 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, per un ammontare di 7,050 milioni di
euro;
2. Con uno o più atti di indirizzo del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono
determinati annualmente, nei limiti delle risorse complessivamente disponibili, gli
obiettivi generali, le aree prioritarie di intervento, le linee di attività finanziabili e la
destinazione delle risorse di cui al comma 1 per le seguenti finalità:
a) sostegno alle attività delle organizzazioni di volontariato;
b) sostegno alle attività delle associazioni di promozione sociale;
c) contributi per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie e beni
strumentali.
3. In attuazione degli atti di indirizzo di cui al comma 2, il Ministero del lavoro e delle
politiche sociali individua, mediante procedure poste in essere nel rispetto dei principi
della legge 7 agosto 1990, n. 241, i soggetti beneficiari delle risorse, che devono essere
iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore.
ARTICOLO 74
(Sostegno alle attività delle organizzazioni di volontariato)
1. Le risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera a), sono finalizzate alla concessione
di contributi per la realizzazione di progetti sperimentali elaborati anche in partenariato
tra loro e in collaborazione con gli enti locali, dalle organizzazioni di volontariato per far
fronte ad emergenze sociali e per favorire l’applicazione di metodologie di intervento
particolarmente avanzate.
ARTICOLO 75
(Sostegno alle attività delle associazioni di promozione sociale)
1. Le risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera b), sono finalizzate alla concessione
di contributi per la realizzazione di progetti elaborati dalle associazioni di promozione
sociale, anche in partenariato tra loro e in collaborazione con gli enti locali, volti alla
formazione degli associati, al miglioramento organizzativo e gestionale, all’incremento
della trasparenza e della rendicontazione al pubblico delle attività svolte o a far fronte a
particolari emergenze sociali, in particolare attraverso l’applicazione di metodologie
avanzate o a carattere sperimentale.
2. Il contributo in favore dei soggetti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge
19 novembre 1987, n. 476, nella misura indicata all’articolo 1 comma 2, della legge 15
dicembre 1998, n. 438, continua ad essere corrisposto, a valere sulle risorse di cui
all’articolo 73, comma 2, lettera b).
3. I soggetti di cui al comma 2 trasmettono entro un anno dall’erogazione del contributo
al Ministero del lavoro e delle politiche sociali la rendicontazione sull’utilizzazione
nell’anno precedente del contributo di cui al comma 2.
ARTICOLO 76
(Contributo per l’acquisto di autoambulanze, autoveicoli per attività sanitarie
e beni strumentali)
1. Le risorse di cui all’articolo 73, comma 2, lettera c), sono destinate a sostenere l’attività
di interesse generale delle organizzazioni di volontariato attraverso l’erogazione di
contributi per l’acquisto, da parte delle medesime, di autoambulanze, autoveicoli per
attività sanitarie e di beni strumentali, utilizzati direttamente ed esclusivamente per
attività di interesse generale, che per le loro caratteristiche non sono suscettibili di diverse
utilizzazioni senza radicali trasformazioni, nonché, per le sole fondazioni, per la
donazione dei beni ivi indicati nei confronti delle strutture sanitarie pubbliche.
2. Per l’acquisto di autoambulanze e di beni mobili iscritti in pubblici registri destinati ad
attività antincendio da parte dei vigili del fuoco volontari, in alternativa a quanto disposto
al comma 1, le organizzazioni di volontariato possono conseguire il predetto contributo
nella misura corrispondente all’aliquota IVA del prezzo complessivo di acquisto,
mediante corrispondente riduzione del medesimo prezzo praticata dal venditore. Il
venditore recupera le somme corrispondenti alla riduzione praticata mediante
compensazione, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
3. Per le organizzazioni di volontariato aderenti alle reti associative di cui all’articolo 41,
comma 2, la richiesta e l’erogazione dei contributi di cui al comma 1 deve avvenire per il
tramite delle reti medesime.
4. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali sono stabilite le modalità
per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo.
TITOLO IX
TITOLI DI SOLIDARIETÀ DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE
ED ALTRE FORME DI FINANZA SOCIALE
ARTICOLO 77
(Titoli di solidarietà)
1. Al fine di favorire il finanziamento ed il sostegno delle attività di cui all’articolo 5,
svolte dagli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, iscritti
al Registro di cui all’articolo 45, gli istituti di credito autorizzati ad operare in Italia, in
osservanza delle previsioni del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di
cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, di seguito “emittenti” o,
singolarmente, l’“emittente”, possono emettere specifici “titoli di solidarietà” , di seguito
“titoli”, su cui gli emittenti non applicano le commissioni di collocamento.
2. I titoli sono obbligazioni ed altri titoli di debito, non subordinati, non convertibili e non
scambiabili, e non conferiscono il diritto di sottoscrivere o acquisire altri tipi di strumenti
finanziari e non sono collegati ad uno strumento derivato, nonché certificati di deposito
consistenti in titoli individuali non negoziati nel mercato monetario.
3. Per le obbligazioni e per gli altri titoli di debito restano ferme le disposizioni legislative
e regolamentari in materia di strumenti finanziari di cui al decreto legislativo 24 febbraio
1998, n. 58, e relative disposizioni attuative. Per i certificati di deposito consistenti in
titoli individuali non negoziati nel mercato monetario restano ferme le disposizioni in
materia di trasparenza bancaria dettate dal decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385.
4. Le obbligazioni e gli altri titoli di debito di cui al comma 3 hanno scadenza non inferiore
a 36 mesi, possono essere nominativi ovvero al portatore e corrispondono interessi con
periodicità almeno annuale, in misura almeno pari al maggiore tra il tasso rendimento
lordo annuo di obbligazioni dell’emittente, aventi analoghe caratteristiche e durata,
collocate nel trimestre solare precedente la data di emissione dei titoli e il tasso di
rendimento lordo annuo dei titoli di Stato con vita residua similare a quella dei titoli. I
certificati di deposito di cui al comma 3 hanno scadenza non inferiore a 12 mesi,
corrispondono interessi con periodicità almeno annuale, in misura almeno pari al
maggiore tra il tasso rendimento lordo annuo di certificati di deposito dell’emittente,
aventi analoghe caratteristiche e durata, emessi nel trimestre solare precedente la data di
emissione dei titoli e il tasso di rendimento lordo annuo dei titoli di Stato con vita residua
similare a quella dei titoli. Gli emittenti possono applicare un tasso inferiore rispetto al
maggiore tra i due tassi di rendimento sopra indicati, a condizione che si riduca
corrispondentemente il tasso di interesse applicato sulle correlate operazioni di
finanziamento secondo le modalità indicate nel decreto attuativo di cui al comma 15.
5. Gli emittenti possono erogare, a titolo di liberalità, una somma commisurata
all’ammontare nominale collocato dei titoli, ad uno o più enti del Terzo settore di cui al
comma 1, per il sostegno di attività di cui all’articolo 5, ritenute meritevoli dagli emittenti
sulla base di un progetto predisposto dagli enti destinatari della liberalità. Qualora tale
somma sia almeno pari allo 0,60 per cento del predetto ammontare agli emittenti spetta il
credito d’imposta di cui al comma 10.
6. Gli emittenti, tenuto conto delle richieste di finanziamento pervenute dagli enti del
Terzo settore e compatibilmente con le esigenze di rispetto delle regole di sana e prudente
gestione bancaria, devono destinare una somma pari all’intera raccolta effettuata
attraverso l’emissione dei titoli, al netto dell’eventuale erogazione liberale di cui al
comma 5, ad impieghi a favore degli enti del Terzo settore di cui al comma 1, per il
finanziamento di iniziative di cui all’articolo 5.
7. Salvo quanto previsto al comma 5, il rispetto da parte degli emittenti della previsione
di cui al comma 6 è condizione necessaria per l’applicazione dei commi da 8 a 13.
8. I titoli di solidarietà non rilevano ai fini del computo delle contribuzioni dovute dai
soggetti sottoposti alla vigilanza della CONSOB e da quest’ultima determinate ai sensi
dell’articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724.
9. Gli interessi, i premi ed ogni altro provento di cui all’articolo 44 del testo unico delle
imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre
1986 n. 917 e i redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter) del medesimo
decreto, relativi ai titoli, sono soggetti al regime fiscale previsto per i medesimi redditi
relativi a titoli ed altre obbligazioni di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973 n. 601.
10. Agli emittenti è riconosciuto un credito d’imposta pari al 50 per cento delle erogazioni
liberali in danaro di cui al comma 5 effettuate a favore degli enti del Terzo settore. Tale
credito d’imposta non è cumulabile con altre agevolazioni tributarie previste con
riferimento alle erogazioni liberali, è utilizzabile tramite compensazione ai sensi
dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e non rileva ai fini delle
imposte sui redditi e dell'imposta regionale sulle attività produttive. Al credito d'imposta
di cui al presente articolo non si applicano i limiti di cui all'articolo 1, comma 53, della
legge 24 dicembre 2007, n. 244 e di cui all'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n.
388.
11. I titoli non rilevano ai fini della previsione di cui all’articolo 1, comma 6-bis del
decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito, con modificazioni, dalla legge 22
dicembre 2011, n. 214.
12. I titoli non concorrono alla formazione dell’attivo ereditario di cui all’articolo 9 del
decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.
13. I titoli non rilevano ai fini della determinazione dell’imposta di bollo dovuta per le
comunicazioni relative ai depositi titoli, di cui alla nota 2-ter dell’Allegato A - Tariffa
(Parte I), al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642.
14. Gli emittenti devono comunicare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali entro
il 31 marzo di ogni anno, il valore delle emissioni di Titoli effettuate nell’anno precedente,
le erogazioni liberali impegnate a favore degli Enti di cui al comma 1 e gli importi erogati
ai sensi del comma 5 del presente articolo specificando l’Ente beneficiario e le iniziative
sostenute e gli importi impiegati di cui al comma 6 specificando le iniziative oggetto di
finanziamento.
15. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, emanato ai sensi dell’articolo
17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità attuative delle
disposizioni di cui al presente articolo.
ARTICOLO 78
(Regime fiscale del Social Lending)
1.I gestori dei portali on line che svolgono attività di social lending, finalizzato al
finanziamento e al sostegno delle attività di cui all’articolo 5, operano, sugli importi percepiti
a titolo di remunerazione dai soggetti che prestano fondi attraverso tali portali, una
ritenuta alla fonte a titolo di imposta, secondo le previsioni dell’articolo 26, comma 4 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, con l’aliquota prevista
per le obbligazioni e gli altri titoli di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 601.
2. Gli importi percepiti, a titolo di remunerazione, dai soggetti che, al di fuori
dell’esercizio di attività di impresa, prestano fondi attraverso i portali di cui al comma 1,
costituiscono redditi di capitale ai sensi dell’articolo 44, comma 1, lettera a), del testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917.
3. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottarsi ai sensi
dell’articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabilite le modalità
attuative delle disposizioni di cui al presente articolo.
TITOLO X
REGIME FISCALE DEGLI ENTI DEL TERZO SETTORE
CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI
ARTICOLO 79
(Disposizioni in materia di imposte sui redditi)
1. Agli enti del Terzo settore, diversi dalle imprese sociali, si applicano le disposizioni di
cui al presente titolo nonché le norme del titolo II del testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in
quanto compatibili.
2. Le attività di interesse generale di cui all’articolo 5, ivi incluse quelle accreditate o
contrattualizzate o convenzionate con le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1,
comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, l’Unione europea,
amministrazioni pubbliche straniere o altri organismi pubblici di diritto internazionale, si
considerano di natura non commerciale quando sono svolte a titolo gratuito o dietro
versamento di corrispettivi che non superano i costi effettivi, tenuto anche conto degli
apporti economici degli enti di cui sopra e salvo eventuali importi di partecipazione alla
spesa previsti dall’ordinamento.
3. Sono altresì considerate non commerciali:
a) le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettera h), se svolte direttamente dagli enti di
cui al comma 1 la cui finalità principale consiste nello svolgere attività di ricerca
scientifica di particolare interesse sociale e purché tutti gli utili siano interamente
reinvestiti nelle attività di ricerca e nella diffusione gratuita dei loro risultati e non vi sia
alcun accesso preferenziale da parte di altri soggetti privati alle capacità di ricerca
dell’ente medesimo nonché ai risultati prodotti;
b) le attività di cui all’articolo 5, comma 1, lettera h), affidate dagli enti di cui al comma
1 ad università e altri organismi di ricerca che la svolgono direttamente in ambiti e
secondo modalità definite dal decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 2003, n.
135.
4. Non concorrono, in ogni caso, alla formazione del reddito degli enti del Terzo settore
di cui al comma 5:
a) i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente anche
mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in
concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
b) i contributi e gli apporti erogati da parte delle amministrazioni pubbliche di cui
all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 per lo
svolgimento delle attività di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo.
5. Si considerano non commerciali gli enti del Terzo settore di cui al comma 1 che
svolgono in via esclusiva o prevalente le attività di cui all'articolo 5 in conformità ai criteri
indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo. Indipendentemente dalle previsioni
statutarie gli enti del Terzo settore assumono fiscalmente la qualifica di enti commerciali
qualora i proventi delle attività di cui all’articolo 5, svolte in forma d’impresa non in
conformità ai criteri indicati nei commi 2 e 3 del presente articolo, nonché le attività di
cui all’articolo 6, fatta eccezione per le attività di sponsorizzazione svolte nel rispetto dei
criteri di cui al decreto previsto all’articolo 6, superano, nel medesimo periodo d’imposta,
le entrate derivanti da attività non commerciali, intendendo per queste ultime i contributi,
le sovvenzioni, le liberalità, le quote associative dell'ente e ogni altra entrata assimilabile
alle precedenti, ivi compresi i proventi e le entrate considerate non commerciali ai sensi
dei commi 2, 3 e 4, lettera b), tenuto conto altresì del valore normale delle cessioni o
prestazioni afferenti le attività svolte con modalità non commerciali. Il mutamento della
qualifica opera a partire dal periodo d’imposta in cui l’ente assume natura commerciale.
6. Si considera non commerciale l’attività svolta dalle associazioni del Terzo settore nei
confronti dei propri associati, familiari e conviventi degli stessi in conformità alle finalità
istituzionali dell’ente. Non concorrono alla formazione del reddito delle associazioni del
Terzo settore le somme versate dagli associati a titolo di quote o contributi associativi. Si
considerano, tuttavia, attività di natura commerciale le cessioni di beni e le prestazioni di
servizi effettuate nei confronti degli associati, familiari o conviventi degli stessi verso
pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari
determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti
corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del
reddito di impresa o come redditi diversi a seconda che le relative operazioni abbiano
carattere di abitualità o di occasionalità.
ARTICOLO 80
(Regime forfetario degli enti del Terzo settore non commerciali)
1. Gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, possono
optare per la determinazione forfetaria del reddito d’impresa applicando all’ammontare
dei ricavi conseguiti nell’esercizio delle attività di cui agli articoli 5 e 6, quando svolte
con modalità commerciali, il coefficiente di redditività nella misura indicata nelle lettere
a) e b) e aggiungendo l’ammontare dei componenti positivi di reddito di cui agli articoli
86, 88, 89 e 90 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917:
a) attività di prestazioni di servizi:
1) ricavi fino a 130.000 euro, coefficiente 7 per cento;
2) ricavi da 130.001 euro a 300.000 euro, coefficiente 10 per cento;
3) ricavi oltre 300.000 euro, coefficiente 17 per cento;
b) altre attività:
1) ricavi fino a 130.000 euro, coefficiente 5 per cento;
2) ricavi da 130.001 euro a 300.000 euro, coefficiente 7 per cento;
3) ricavi oltre 300.000 euro, coefficiente 14 per cento.
2. Per gli enti che esercitano contemporaneamente prestazioni di servizi ed altre attività
il coefficiente si determina con riferimento all'ammontare dei ricavi relativi all’attività
prevalente. In mancanza della distinta annotazione dei ricavi si considerano prevalenti le
attività di prestazioni di servizi.
3. L'opzione di cui al comma 1 è esercitata nella dichiarazione annuale dei redditi ed ha
effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non
è revocata e comunque per un triennio. La revoca dell'opzione è effettuata nella
dichiarazione annuale dei redditi ed ha effetto dall'inizio del periodo d'imposta nel corso
del quale la dichiarazione stessa è presentata.
4. Gli enti che intraprendono l'esercizio d'impresa commerciale esercitano l'opzione nella
dichiarazione da presentare ai sensi dell'articolo 35 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni.
5. I componenti positivi e negativi di reddito riferiti ad anni precedenti a quello da cui ha
effetto il regime forfetario, la cui tassazione o deduzione è stata rinviata in conformità
alle disposizioni del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, che dispongono o consentono il
rinvio, partecipano per le quote residue alla formazione del reddito dell'esercizio
precedente a quello di efficacia del predetto regime.
6. Le perdite fiscali generatesi nei periodi d'imposta anteriori a quello da cui decorre il
regime forfetario possono essere computate in diminuzione del reddito determinato ai
sensi dei commi 1 e 2 secondo le regole ordinarie stabilite dal testo unico delle imposte
sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n.
917.
7. Gli Enti che optano per la determinazione forfetaria del reddito di impresa ai sensi del
presente articolo sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore di cui all’articolo 62-
bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge
29 ottobre 1993, n. 427 e dei parametri di cui all'articolo 3, comma 184, della legge 28
dicembre 1995, n. 549, nonché degli indici sistematici di affidabilità di cui all’articolo 7-
bis del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193 convertito con modificazioni dalla legge 1
dicembre 2016, n. 225.
ARTICOLO 81
(Social Bonus)
1. È istituito un credito d’imposta pari al 65 per cento delle erogazioni liberali in denaro
effettuate da persone fisiche e del 50 per cento se effettuate da enti o società in favore
degli enti del Terzo settore, che hanno presentato al Ministero del lavoro e delle politiche
sociali un progetto per sostenere il recupero degli immobili pubblici inutilizzati e dei beni
mobili e immobili confiscati alla criminalità organizzata assegnati ai suddetti enti del
Terzo settore e da questi utilizzati esclusivamente per lo svolgimento di attività di cui
all’art. 5 con modalità non commerciali. Per le suddette erogazioni non si applicano le
disposizioni di cui all’articolo 83 né le agevolazioni fiscali previste a titolo di deduzione
o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge.
2. Il credito d'imposta spettante ai sensi del comma 1 è riconosciuto alle persone fisiche
e agli enti non commerciali nei limiti del 15 per cento del reddito imponibile ed ai soggetti
titolari di reddito d'impresa nei limiti del 5 per mille dei ricavi annui. Il credito d'imposta
è ripartito in tre quote annuali di pari importo.
3. Ferma restando la ripartizione in tre quote annuali di pari importo, il credito d’imposta
di cui ai commi 1 e 2 è utilizzabile tramite compensazione ai sensi dell'articolo 17 del
decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e non rileva ai fini delle imposte sui redditi e
dell'imposta regionale sulle attività produttive.
4. Al credito d'imposta di cui al presente articolo non si applicano i limiti di cui all'articolo
1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e di cui all'articolo 34 della legge 23
dicembre 2000, n. 388.
5. I soggetti beneficiari delle erogazioni liberali di cui al comma 1 del presente articolo
effettuate per la realizzazione di interventi di manutenzione, protezione e restauro dei beni
stessi, comunicano trimestralmente al Ministero del lavoro e delle politiche sociali
l'ammontare delle erogazioni liberali ricevute nel trimestre di riferimento; provvedono
altresì a dare pubblica comunicazione di tale ammontare, nonché della destinazione e
dell'utilizzo delle erogazioni stesse, tramite il proprio sito web istituzionale, nell'ambito
di una pagina dedicata e facilmente individuabile, e in un apposito portale, gestito dal
medesimo Ministero, in cui ai soggetti destinatari delle erogazioni liberali sono associate
tutte le informazioni relative allo stato di conservazione del bene, gli interventi di
ristrutturazione o riqualificazione eventualmente in atto, i fondi pubblici assegnati per
l'anno in corso, l'ente responsabile del bene, nonché le informazioni relative alla fruizione,
in via prevalente, per l’esercizio delle attività di cui all’articolo 5.
6. Sono fatte salve le disposizioni del Codice in materia di protezione dei dati personali,
di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.
7. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro
dell’interno, il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro dei beni e delle attività
culturali e del turismo, emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 3 della Legge 23 agosto
1988 n. 400, sono individuate le modalità di attuazione delle agevolazioni previste dal
presente articolo, comprese le procedure per l’approvazione dei progetti di recupero
finanziabili.
ARTICOLO 82
(Disposizioni in materia di imposte indirette e tributi locali)
1. Le disposizioni del presente articolo si applicano agli enti del Terzo settore comprese
le cooperative sociali ed escluse le imprese sociali costituite in forma di società, salvo
quanto previsto ai commi 4 e 6.
2. Non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni e alle imposte ipotecaria e
catastale i trasferimenti a titolo gratuito effettuati a favore degli enti di cui al comma 1
utilizzati ai sensi dell’articolo 8, comma 1.
3. Agli atti costitutivi e alle modifiche statutarie, comprese le operazioni di fusione,
scissione o trasformazione poste in essere da enti del Terzo settore di cui al comma 1, le
imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa. Le modifiche
statutarie di cui al periodo precedente sono esenti dall’imposta di registro se hanno lo
scopo di adeguare gli atti a modifiche o integrazioni normative.
4. Le imposte di registro, ipotecaria e catastale si applicano in misura fissa per gli atti
traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e per gli atti traslativi o
costituitivi di diritti reali immobiliari di godimento a favore di tutti gli enti del Terzo
settore di cui al comma 1, incluse le imprese sociali, a condizione che i beni siano
direttamente utilizzati, entro cinque anni dal trasferimento, in diretta attuazione degli
scopi istituzionali o dell’oggetto sociale e che l’ente renda, contestualmente alla stipula
dell’atto, apposita dichiarazione in tal senso. In caso di dichiarazione mendace o di
mancata effettiva utilizzazione del bene in diretta attuazione degli scopi istituzionali o
dell’oggetto sociale, è dovuta l’imposta nella misura ordinaria, nonché la sanzione
amministrativa pari al 30 per cento dell’imposta dovuta oltre agli interessi di mora
decorrenti dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere versata. 5. Gli atti, i documenti, le istanze, i contratti, nonché le copie anche se dichiarate
conformi, gli estratti, le certificazioni, le dichiarazioni, le attestazioni e ogni altro
documento cartaceo o informatico in qualunque modo denominato posti in essere o
richiesti dagli enti di cui al comma 1 sono esenti dall’imposta di bollo.
6. Gli immobili posseduti e utilizzati dagli enti non commerciali del Terzo settore di cui
all’articolo 79, comma 5, destinati esclusivamente allo svolgimento con modalità non
commerciali, di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, di ricerca scientifica,
didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché delle attività di cui all'articolo
16, comma 1, lettera a), della legge 20 maggio 1985, n. 222, sono esenti dall’imposta
municipale propria e dal tributo per i servizi indivisibili alle condizioni e nei limiti previsti
dall’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504,
dall’articolo 9, comma 8, secondo periodo, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23,
dall’articolo 91-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, e dall’articolo 1, comma 3, del decreto-
legge 6 marzo 2014, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 maggio 2014, n.
68, e relative disposizioni di attuazione.
7. Per i tributi diversi dall’imposta municipale propria e dal tributo per i servizi
indivisibili, per i quali restano ferme le disposizioni di cui al comma 6, i Comuni, le
Province, le Città metropolitane e le Regioni possono deliberare nei confronti degli enti
del Terzo settore che non hanno per oggetto esclusivo o principale l'esercizio di attività
commerciale la riduzione o l'esenzione dal pagamento dei tributi di loro pertinenza e dai
connessi adempimenti.
8. Le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano possono disporre nei confronti
degli enti di cui al comma 1 del presente articolo la riduzione o l’esenzione dall’imposta
regionale sulle attività produttive di cui decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nel
rispetto della normativa dell’Unione europea e degli orientamenti della Corte di Giustizia
dell’Unione europea.
9. L'imposta sugli intrattenimenti non è dovuta per le attività indicate nella tariffa allegata
al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640, svolte dagli enti di cui
al comma 1 del presente articolo occasionalmente o in concomitanza di celebrazioni,
ricorrenze o campagne di sensibilizzazione. L'esenzione spetta a condizione che
dell'attività sia data comunicazione, prima dell'inizio di ciascuna manifestazione, al
concessionario di cui all’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 640.
10. Gli atti e i provvedimenti relativi agli enti di cui al comma 1 del presente articolo sono
esenti dalle tasse sulle concessioni governative di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 641.
ARTICOLO 83
(Detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali)
1. Dall’imposta lorda sul reddito delle persone fisiche si detrae un importo pari al 30 per
cento degli oneri sostenuti dal contribuente per le erogazioni liberali in denaro o in natura
a favore degli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, per
un importo complessivo in ciascun periodo d’imposta non superiore a 30.000 euro.
L’importo di cui al precedente periodo è elevato al 35 per cento degli oneri sostenuti dal
contribuente, qualora l’erogazione liberale in denaro sia a favore di organizzazioni di
volontariato. La detrazione è consentita, per le erogazioni liberali in denaro, a condizione
che il versamento sia eseguito tramite banche o uffici postali ovvero mediante altri sistemi
di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
2. Le liberalità in denaro o in natura erogate a favore degli enti del Terzo settore non
commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, da persone fisiche, enti e società sono
deducibili dal reddito complessivo netto del soggetto erogatore nel limite del 10 per cento
del reddito complessivo dichiarato. Qualora la deduzione sia di ammontare superiore al
reddito complessivo dichiarato, diminuito di tutte le deduzioni, l'eccedenza può essere
computata in aumento dell'importo deducibile dal reddito complessivo dei periodi di
imposta successivi, ma non oltre il quarto, fino a concorrenza del suo ammontare. Con
apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze, sono individuate le tipologie dei beni in natura
che danno diritto alla detrazione o alla deduzione d’imposta e sono stabiliti i criteri e le
modalità di valorizzazione delle liberalità di cui ai commi 1 e 2.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano a condizione che l’ente dichiari
la propria natura non commerciale ai sensi dell’articolo 79, comma 5, al momento
dell’iscrizione nel Registro Unico di cui all’articolo 45. La perdita della natura non
commerciale va comunicata dal rappresentante legale dell’ente all’Ufficio del Registro
unico nazionale del Terzo settore della Regione o della Provincia autonoma in cui l’ente
ha la sede legale, entro 30 giorni dalla chiusura del periodo d’imposta nel quale si è
verificata. In caso di mancato tempestivo invio di detta comunicazione, il legale
rappresentante dell’ente è punito con la sanzione amministrativa da 500 euro a 5.000 euro.
4. I soggetti che effettuano erogazioni liberali ai sensi del presente articolo non possono
cumulare la deducibilità o detraibilità con altra agevolazione fiscale prevista a titolo di
deduzione o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge a fronte delle
medesime erogazioni.
5. Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento dei contributi associativi
per un importo superiore a 1300 euro versati dai soci alle società di mutuo soccorso che
operano esclusivamente nei settori di cui all'articolo 1 della legge 15 aprile 1886, n. 3818,
al fine di assicurare ai soci un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di
vecchiaia, ovvero, in caso di decesso, un aiuto alle loro famiglie.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli enti del terzo settore di cui
al comma 1 dell’articolo 82 a condizione che le liberalità ricevute siano utilizzate ai sensi
dell’articolo 8, comma 1.
CAPO II
DISPOSIZIONI SULLE ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO E SULLE
ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE
ARTICOLO 84
(Regime fiscale delle organizzazioni di volontariato)
1. Non si considerano commerciali, oltre alle attività di cui all’articolo 79, commi 2 e 3,
le seguenti attività effettuate dalle organizzazioni di volontariato e svolte senza l’impiego
di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato:
a) attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione,
a condizione che la vendita sia curata direttamente dall'organizzazione senza alcun
intermediario;
b) cessione di beni prodotti dagli assistiti e dai volontari sempreché la vendita dei
prodotti sia curata direttamente dall'organizzazione di volontariato senza alcun
intermediario;
c) attività di somministrazione di alimenti e bevande in occasione di raduni,
manifestazioni, celebrazioni e simili a carattere occasionale.
2. I redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non
commerciale da parte delle organizzazioni di volontariato sono esenti dall’imposta sul
reddito delle società.
ARTICOLO 85
(Regime fiscale delle associazioni di promozione sociale)
1. Non si considerano commerciali le attività svolte dalle associazioni di promozione
sociale in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di
corrispettivi specifici nei confronti dei propri associati e dei familiari conviventi degli
stessi, ovvero degli associati di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che
per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione
locale o nazionale, nonché nei confronti di enti composti in misura non inferiore al
settanta percento da enti del Terzo settore ai sensi dell’articolo 5, comma 1, lettera m).
2. Non si considerano, altresì, commerciali, ai fini delle imposte sui redditi, le cessioni
anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati e ai familiari
conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi
istituzionali.
3. In deroga a quanto previsto dai commi 1 e 2 del presente articolo si considerano
comunque commerciali, ai fini delle imposte sui redditi, le cessioni di beni nuovi prodotti
per la vendita, le somministrazioni di pasti, le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica
e vapore, le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e le prestazioni
di servizi portuali e aeroportuali nonché le prestazioni effettuate nell'esercizio delle
seguenti attività:
a) gestione di spacci aziendali e di mense;
b) organizzazione di viaggi e soggiorni turistici;
c) gestione di fiere ed esposizioni a carattere commerciale;
d) pubblicità commerciale;
e) telecomunicazioni e radiodiffusioni circolari.
4. Per le associazioni di promozione sociale ricomprese tra gli enti di cui all’articolo 3,
comma 6, lettera e), della legge 25 agosto 1991 n. 287, iscritte nell’apposito registro, le
cui finalità assistenziali siano riconosciute dal Ministero dell’interno, non si considera in
ogni caso commerciale, anche se effettuata a fronte del pagamento di corrispettivi
specifici, la somministrazione di alimenti o bevande effettuata presso le sedi in cui viene
svolta l’attività istituzionale da bar e esercizi similari, nonché l’organizzazione di viaggi
e soggiorni turistici, sempre che vengano soddisfatte le seguenti condizioni:
a) tale attività sia strettamente complementare a quelle svolte in diretta attuazione
degli scopi istituzionali e sia effettuata nei confronti degli associati e dei familiari
conviventi degli stessi;
b) per lo svolgimento di tale attività non ci si avvalga di alcuno strumento
pubblicitario o comunque di diffusione di informazioni a soggetti terzi, diversi
dagli associati.
5. Le quote e i contributi corrisposti alle associazioni di promozione sociale di cui al
presente articolo non concorrono alla formazione della base imponibile, ai fini
dell’imposta sugli intrattenimenti.
6. Non si considerano commerciali le attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo
gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente
dall'organizzazione senza alcun intermediario e sia svolta senza l’impiego di mezzi
organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato.
7. I redditi degli immobili destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non
commerciale da parte delle associazioni di promozione sociale sono esenti dall’imposta
sul reddito delle società.
ARTICOLO 86
(Regime forfetario per le attività commerciali svolte dalle associazioni di promozione
sociale e dalle organizzazioni di volontariato)
1. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale possono
applicare, in relazione alle attività commerciali svolte, il regime forfetario di cui al
presente articolo se nel periodo d’imposta precedente hanno percepito ricavi, ragguagliati
al periodo d’imposta, non superiori a 130.000 euro o alla diversa soglia che dovesse essere
autorizzata dal Consiglio dell’Unione europea in sede di rinnovo della decisione in
scadenza al 31 dicembre 2019 o alla soglia che sarà eventualmente armonizzata in sede
europea. Fino al sopraggiungere della predetta autorizzazione si applica la misura speciale
di deroga rilasciata dal Consiglio dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 395 della
direttiva 2006/112/CE.
2. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale possono
avvalersi del regime forfetario comunicando nella dichiarazione annuale o, nella
dichiarazione di inizio di attività di cui all’articolo 35 del decreto del Presidente della
Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 di presumere la sussistenza dei requisiti di cui al
comma 1 del presente articolo.
3. Le organizzazioni di volontariato che applicano il regime forfetario determinano il
reddito imponibile applicando all'ammontare dei ricavi percepiti nei limiti di cui al
comma 1 un coefficiente di redditività pari all’1 per cento. Le associazioni di promozione
sociale che applicano il regime forfetario determinano il reddito imponibile applicando
all'ammontare dei ricavi percepiti nei limiti di cui al comma 1 un coefficiente di
redditività pari al 3 per cento.
4. Qualora sia esercitata l’opzione per il regime forfetario di cui ai commi precedenti si
applica il comma 5 e 6 dell’articolo 80 considerando quale reddito dal quale computare
in diminuzione le perdite quello determinato ai sensi del comma 3.
5. Fermo restando l'obbligo di conservare, ai sensi dell’articolo 22 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, i documenti ricevuti ed emessi, le
organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano il
regime forfetario sono esonerati dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture
contabili. La dichiarazione dei redditi è presentata nei termini e con le modalità definiti
nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322.
6. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano
il regime forfetario non sono tenuti a operare le ritenute alla fonte di cui al titolo III del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600; tuttavia, nella
dichiarazione dei redditi, i medesimi contribuenti indicano il codice fiscale del percettore
dei redditi per i quali all'atto del pagamento degli stessi non è stata operata la ritenuta e
l'ammontare dei redditi stessi.
7. Ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, le organizzazioni di volontariato e le
associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario:
a) non esercitano la rivalsa dell'imposta di cui all'articolo 18 del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 per le operazioni nazionali;
b) applicano alle cessioni di beni intracomunitarie l'articolo 41, comma 2-bis, del decreto-
legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993,
n. 427;
c) applicano agli acquisti di beni intracomunitari l'articolo 38, comma 5, lettera c), del
decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29
ottobre 1993, n. 427;
d) applicano alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti non residenti o rese ai
medesimi gli articoli 7-ter e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633;
e) applicano alle importazioni, alle esportazioni e alle operazioni ad esse assimilate le
disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633,
ferma restando l’impossibilità di avvalersi della facoltà di acquistare senza applicazione
dell'imposta ai sensi dell'articolo 8, comma 1, lettera c), e comma 2, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Per le operazioni di cui al presente comma le organizzazioni di volontariato e le
associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfettario non hanno diritto
alla detrazione dell'imposta sul valore aggiunto assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti
ai sensi degli articoli 19 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633.
8. Salvo quanto disposto dal comma 9, le organizzazioni di volontariato e le associazioni
di promozione sociale che applicano il regime forfetario sono esonerati dal versamento
dell'imposta sul valore aggiunto e da tutti gli altri obblighi previsti dal decreto del
Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ad eccezione degli obblighi di
numerazione e di conservazione delle fatture di acquisto e delle bollette doganali, di
certificazione dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti. Resta fermo
l'esonero dall'obbligo di certificazione di cui all'articolo 2 del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1996, n. 696 e successive
modificazioni.
9. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che applicano
il regime forfetario, per le operazioni per le quali risultano debitori dell'imposta, emettono
la fattura o la integrano con l'indicazione dell'aliquota e della relativa imposta e versano
l'imposta entro il giorno 16 del mese successivo a quello di effettuazione delle operazioni.
10. Il passaggio dalle regole ordinarie di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto al
regime forfetario comporta la rettifica della detrazione di cui all’articolo 19-bis del
decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, da operarsi nella
dichiarazione dell’ultimo periodo d’imposta di applicazione delle regole ordinarie. In
caso di passaggio, anche per opzione, dal regime forfetario alle regole ordinarie è operata
un’analoga rettifica della detrazione nella dichiarazione del primo periodo d’imposta di
applicazione delle regole ordinarie.
11. Nell’ultima liquidazione relativa al periodo d’imposta in cui è applicata l’imposta sul
valore aggiunto è computata anche l'imposta relativa alle operazioni, per le quali non si è
ancora verificata l’esigibilità, di cui all’articolo 6, comma 5, del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e all’articolo 32-bis del decreto-legge 22 giugno
2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134. Nella stessa
liquidazione può essere esercitato, ai sensi degli articoli 19 e seguenti del citato decreto
del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il diritto alla detrazione dell’imposta
relativa alle operazioni di acquisto effettuate in vigenza dell'opzione di cui all’articolo
32-bis del citato decreto-legge n. 83 del 2012, i cui corrispettivi non sono stati ancora
pagati.
12. L’eccedenza detraibile emergente dalla dichiarazione presentata dalle organizzazioni
di volontariato e associazioni di promozione sociale che applicano il regime forfetario,
relativa all'ultimo periodo d’imposta in cui l'imposta sul valore aggiunto è applicata nei
modi ordinari, può essere chiesta a rimborso ovvero può essere utilizzata in
compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
13. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che
applicano il regime forfetario possono optare per l'applicazione dell'imposta sul valore
aggiunto nei modi ordinari di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre
1972, n. 633 e delle imposte sul reddito nei modi ordinari ovvero in quelli di cui
all’articolo 80. L'opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima
dichiarazione annuale da presentare successivamente alla scelta operata. Trascorso il
periodo minimo di permanenza nel regime ordinario, l'opzione resta valida per ciascun
periodo d’imposta successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della
scelta operata.
14. Il regime forfetario cessa di avere applicazione a partire dal periodo d’imposta
successivo a quello in cui viene meno taluna delle condizioni di cui al comma 1.
15. Nel caso di passaggio da un periodo d'imposta soggetto al regime forfetario a un
periodo d'imposta soggetto al regime ordinario ovvero a quello di cui all’articolo 80, al
fine di evitare salti o duplicazioni di imposizione, i ricavi che, in base alle regole del
regime forfetario, hanno già concorso a formare il reddito non assumono rilevanza nella
determinazione del reddito degli anni successivi ancorché di competenza di tali periodi;
viceversa i ricavi che, ancorché di competenza del periodo in cui il reddito è stato
determinato in base alle regole del regime forfetario, non hanno concorso a formare il
reddito imponibile del periodo assumono rilevanza nei periodi di imposta successivi nel
corso dei quali si verificano i presupposti previsti dal regime forfetario. Corrispondenti
criteri si applicano per l'ipotesi inversa di passaggio dal regime ordinario ovvero da quello
di cui all’articolo 80 a quello forfetario. Nel caso di passaggio da un periodo di imposta
soggetto al regime forfetario a un periodo di imposta soggetto a un diverso regime, i costi
sostenuti nel periodo di applicazione del regime forfetario non assumono rilevanza nella
determinazione del reddito degli anni successivi. Nel caso di cessione, successivamente
all'uscita dal regime forfetario, di beni strumentali acquisiti in esercizi precedenti a quello
da cui decorre il regime forfetario, ai fini del calcolo dell'eventuale plusvalenza o
minusvalenza determinata, rispettivamente, ai sensi degli articoli 86 e 101 del testo unico
delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917, si assume come costo non ammortizzato quello risultante alla fine
dell'esercizio precedente a quello dal quale decorre il regime. Se la cessione concerne
beni strumentali acquisiti nel corso del regime forfetario, si assume come costo non
ammortizzabile il prezzo di acquisto.
16. Le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale che
applicano il regime forfetario sono escluse dall’applicazione degli studi di settore di cui
all’articolo 62-bis del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con
modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427 e dei parametri di cui all'articolo 3,
comma 184, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, nonché degli indici sistematici di
affidabilità di cui all’articolo 7-bis del decreto-legge 22 ottobre 2016, n. 193, convertito,
con modificazioni dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225.
CAPO III
DELLE SCRITTURE CONTABILI
ARTICOLO 87
(Tenuta e conservazione delle scritture contabili degli Enti del terzo settore)
1. Gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, che non
applicano il regime forfetario di cui all’articolo 86, a pena di decadenza dai benefici fiscali
per esse previsti, devono:
a) in relazione all’attività complessivamente svolta, redigere scritture contabili
cronologiche e sistematiche atte ad esprimere con compiutezza e analiticità le
operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione, e rappresentare
adeguatamente in apposito documento, da redigere entro sei mesi dalla chiusura
dell'esercizio annuale, la situazione patrimoniale, economica e finanziaria
dell’ente, distinguendo le attività indicate all’articolo 6 da quelle di cui all’articolo
5, con obbligo di conservare le stesse scritture e la relativa documentazione per
un periodo non inferiore quello indicato dall'articolo 22 del decreto del Presidente
della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;
b) in relazione alle attività svolte con modalità commerciali, di cui agli articoli 5 e 6,
tenere le scritture contabili previste dalle disposizioni di cui all’articolo 18 del
decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, anche al di
fuori dei limiti quantitativi previsti al comma 1 del medesimo articolo.
2. Gli obblighi di cui al comma 1, lettera a), si considerano assolti anche qualora la
contabilità consti del libro giornale e del libro degli inventari, tenuti in conformità alle
disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 del codice civile.
3. I soggetti di cui al comma 1 che nell'esercizio delle attività di cui agli articoli 5 e 6 non
abbiano conseguito in un anno proventi di ammontare superiore a 50.000 euro possono
tenere per l’anno successivo, in luogo delle scritture contabili previste al primo comma,
lettera a), il rendiconto economico e finanziario delle entrate e delle spese complessive di
cui all’articolo 13, comma 2.
4. In relazione all’attività commerciale esercitata, gli enti del Terzo settore non
commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, hanno l’obbligo di tenere la contabilità
separata.
5. Fatta salva l’applicazione dell’articolo 86, commi 5 e 8 , e fermi restando gli obblighi
previsti dal titolo secondo del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633, gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5,
limitatamente alle attività non commerciali di cui agli articoli 5 e 6, non sono soggetti
all'obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante ricevuta o scontrino fiscale.
6. Gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, che
effettuano raccolte pubbliche di fondi devono inserire all’interno del rendiconto o del
bilancio redatto ai sensi dell’articolo 13, entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio,
un rendiconto specifico redatto ai sensi del comma 3 dell’articolo 48, tenuto e conservato
ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.
600, dal quale devono risultare, anche a mezzo di una relazione illustrativa, in modo
chiaro e trasparente, le entrate e le spese relative a ciascuna delle celebrazioni, ricorrenze
o campagne di sensibilizzazione di cui all’articolo 79, comma 4, lettera a). Il presente
comma si applica anche ai soggetti che si avvalgono del regime forfetario di cui
all’articolo 86.
7. Entro tre mesi dal momento in cui si verificano i presupposti di cui all’articolo 79,
comma 5, ai fini della qualificazione dell’ente del Terzo settore come ente commerciale,
tutti i beni facenti parte del patrimonio dovranno essere compresi nell’inventario di cui
all’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, con
l’obbligo per il predetto ente di tenere le scritture contabili di cui agli articoli 14, 15, 16
del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973. Le registrazioni
nelle scritture cronologiche delle operazioni comprese dall’inizio del periodo di imposta
al momento in cui si verificano i presupposti che determinano il mutamento della qualifica
di cui all’articolo 79, comma 5, devono essere eseguite, in deroga alla disciplina ordinaria,
entro tre mesi decorrenti dalla sussistenza dei suddetti presupposti.
CAPO IV
DELLE DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
ARTICOLO 88
(“De minimis”)
1. Le agevolazioni di cui all’articolo 82, commi 7 e 8 e all’articolo 85, commi 2 e 4, sono
concesse ai sensi e nei limiti del regolamento (UE) n. 1407/2013 della Commissione, del
18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul
funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de minimis”, e del regolamento (UE) n.
1408/2013 della Commissione, del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli
articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti “de
minimis” nel settore agricolo.
ARTICOLO 89
(Coordinamento normativo)
1. Agli enti del Terzo settore di cui all’articolo 79, comma 1, non si applicano le seguenti
disposizioni:
a) l’articolo 143, comma 3, l’articolo 144, commi 2, 5 e 6 e gli articoli 148 e 149 del
testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
b) l’articolo 3, commi 1 e 2, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 e gli
articoli 1, comma 2 e 10, comma 3 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 347;
c) la legge 16 dicembre 1991, n. 398.
2. Le norme di cui al comma 1, lettera b) continuano ad applicarsi ai trasferimenti a titolo
gratuito, non relativi alle attività di cui all’articolo 5, eseguiti a favore dei soggetti di cui
all’articolo 4, comma 3, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo Settore.
3. L’articolo 145 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, si applica ai soggetti di cui
all’articolo 4, comma 2, nonché a quelli di cui all’articolo 4, comma 3, che non sono
iscritti nel Registro unico nazionale del terzo settore. Ai soggetti di cui all’articolo 4,
comma 3, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore l’articolo 145 del testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917 si applica limitatamente alle attività diverse da quelle elencate
all’articolo 5.
4. All’articolo 148, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 le parole “Per le
associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive
dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona non
si considerano commerciali” sono sostituite dalle seguenti: “Per le associazioni politiche,
sindacali e di categoria, religiose, sportive dilettantistiche non si considerano
commerciali”.
5. All’articolo 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601,
è aggiunto, in fine, il seguente comma: “La riduzione non si applica agli enti iscritti nel
Registro Unico nazionale del terzo settore. Ai soggetti di cui all’articolo 4, comma 3,
codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno
2016, n. 106, iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore, la riduzione si applica
limitatamente alle attività diverse da quelle elencate all’articolo 5 del medesimo decreto
legislativo”.
6. All'articolo 52, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972,
n. 633, le parole: “al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460” sono sostituite dalle
seguenti: “al codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge
6 giugno 2016, n. 106”.
7. Si intendono riferite agli enti non commerciali del Terzo settore di cui all’articolo 82,
comma 1, le disposizioni normative vigenti riferite alle ONLUS in quanto compatibili
con le disposizioni del presente decreto. Al decreto del Presidente della Repubblica 26
ottobre 1972, n. 633, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 3, terzo comma, primo periodo, le parole “di enti e associazioni che senza
scopo di lucro perseguono finalità educative, culturali, sportive, religiose e di assistenza
e solidarietà sociale, nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale
(ONLUS)” sono sostituite dalle seguenti: “di enti del Terzo settore di natura non
commerciale”;
b) all’articolo 10, primo comma, ai numeri 15), 19), 20) e 27-ter), la parola “ONLUS” è
sostituita dalle seguenti: “enti del Terzo settore di natura non commerciale”
8. All’articolo 1, comma 3, della legge 22 giugno 2016, n. 112 le parole: “organizzazioni
non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 4
dicembre 1997, n. 460, riconosciute come persone giuridiche, che operano
prevalentemente nel settore della beneficenza di cui al comma 1, lettera a), numero 3),
dell’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, anche ai sensi del comma
2-bis dello stesso articolo” sono sostituite dalle seguenti: “enti del Terzo settore non
commerciali, che operano prevalentemente nel settore della beneficenza di cui all’articolo
5, comma 1, lettera u)”.
9. All’articolo 32, comma 7, della legge 11 agosto 2014 n. 125 è aggiunto in fine il
seguente periodo: “Le Organizzazioni non governative di cui al presente comma sono
iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore”.
10. All’articolo 6, comma 9, della legge 22 giugno 2016, n. 112 le parole “le agevolazioni
di cui all'articolo 14, comma 1, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con
modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e i limiti ivi indicati sono elevati,
rispettivamente, al 20 per cento del reddito complessivo dichiarato e a 100.000 euro” sono
sostituite dalle seguenti: “le agevolazioni previste per le organizzazioni di volontariato ai
sensi dell’articolo 83, commi 1 e 2, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1,
comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”.
11. Ai soggetti che effettuano erogazioni liberali agli enti del Terzo settore non
commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, nonché alle cooperative sociali, non si
applicano, per le medesime erogazioni liberali, le disposizioni di cui all’articolo 15,
comma 1.1. e all’articolo 100, comma 2, lettera h), del testo unico delle imposte sui redditi
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
12. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali prevista dall’articolo
10, comma 1, lettera g), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a condizione che
per le medesime erogazioni il soggetto erogante non usufruisca delle detrazioni d'imposta
di cui all'articolo 15, comma 1.1, del medesimo testo unico.
13. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali previste dall’articolo
100, comma 2, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a
condizione che per le medesime erogazioni liberali il soggetto erogante non usufruisca
delle deduzioni previste dalla lettera h) del medesimo articolo 100, comma 2.
14. La deducibilità dal reddito imponibile delle erogazioni liberali previste all’articolo
153, comma 6, lettere a) e b), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, è consentita a
condizione che per le medesime erogazioni liberali il soggetto erogante non usufruisca
delle detrazioni d'imposta previste dal comma 3 del medesimo articolo 153.
15. Alle Fondazioni lirico-sinfoniche di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367
e di cui alla legge 11 novembre 2003, n. 310, e successive modificazioni, iscritte nel
Registro unico nazionale del Terzo settore, non si applica l’articolo 25, comma 5 del
suddetto decreto legislativo.
16. Alle associazioni che operano o che partecipano a manifestazioni di particolare
interesse storico, artistico e culturale, legate agli usi ed alle tradizioni delle comunità
locali, iscritte nel Registro unico nazionale del Terzo settore, non si applica l’articolo 1,
commi 185, 186 e 187 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
17. In attuazione dell'articolo 115 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, il
Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, le regioni, gli enti locali e gli
altri enti pubblici possono attivare forme speciali di partenariato con enti del Terzo settore
che svolgono le attività indicate all'articolo 5, comma 1, lettere f), i), k) o z), individuati
attraverso le procedure semplificate di cui all'articolo 151, comma 3, del decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50, dirette alla prestazione di attività di valorizzazione di
beni culturali immobili di appartenenza pubblica.
18. Le attività indicate all’articolo 79, comma 4, lett. a), fermo restando il regime di
esclusione dall’imposta sul valore aggiunto, sono esenti da ogni altro tributo.
19. Alla legge 19 agosto 2016, n. 166, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 2, comma 1, lettera b), le parole “i soggetti di cui all’articolo 10 del
decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460” sono sostituite dalle seguenti: “gli
enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice
del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno
2016, n. 106”;
b) all’articolo 16, comma 5, lettera a), numero 2, le parole “agli enti pubblici, alle
ONLUS e agli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di
finalità civiche e solidaristiche e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e
in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano
attività d'interesse generale anche mediante la produzione e lo scambio di beni e
servizi di utilità sociale nonché attraverso forme di mutualità” sono sostituite dalle
seguenti: “ai soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, lettera b), della legge 19
agosto 2016, n. 166.
20. All’articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982 n. 571,
comma 6, le parole “i soggetti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre
1997, n. 460” sono sostituite dalle seguenti: “gli enti del Terzo settore non commerciali
di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma
2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”.
21. All'articolo 1, comma 236, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 le parole “i soggetti
di cui all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460” sono sostituite dalle
seguenti: “gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del
codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno
2016, n. 106”.
22. All'articolo 1, comma 1 della legge 25 giugno 2003, n. 155 le parole “i soggetti di cui
all’articolo 10 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460” sono sostituite dalle
seguenti: “gli enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del
codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno
2016, n. 106”.
23. All’articolo 157, comma 1-bis, del decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219, sono
apportate le seguenti modifiche:
a) le parole “organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS)” sono sostituite dalle
seguenti: “enti del Terzo settore non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del
codice del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno
2016, n. 106”;
b) le parole “Alle ONLUS” sono sostituite dalle seguenti: “Agli enti del Terzo settore non
commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo settore di cui all’articolo
1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”.
TITOLO XI
DEI CONTROLLI E DEL COORDINAMENTO
ARTICOLO 90
(Controlli e poteri sulle fondazioni del Terzo settore)
1. I controlli e i poteri di cui agli articoli 25, 26 e 28 del codice civile sono esercitati sulle
fondazioni del Terzo settore dall’Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore.
ARTICOLO 91
(Sanzioni a carico dei rappresentanti legali e dei componenti degli organi
amministrativi)
1. In caso di distribuzione, anche indiretta, di utili e avanzi di gestione, fondi e riserve
comunque denominate a un fondatore, un associato, un lavoratore o un collaboratore, un
amministratore o altro componente di un organo associativo dell’ente, anche nel caso di
recesso o di ogni altra ipotesi di scioglimento individuale del rapporto associativo, i
rappresentanti legali e i componenti degli organi amministrativi dell’ente del Terzo
settore che hanno commesso la violazione o che hanno concorso a commettere la
violazione sono soggetti alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a
20.000,00 euro.
2. In caso di devoluzione del patrimonio residuo effettuata in assenza o in difformità al
parere dell’Ufficio del Registro unico nazionale, i rappresentanti legali e i componenti
degli organi amministrativi degli enti del Terzo settore che hanno commesso la violazione
o che hanno concorso a commettere la violazione sono soggetti alla sanzione
amministrativa pecuniaria da 1.000,00 euro a 5.000,00 euro.
3. Chiunque utilizzi illegittimamente l’indicazione di ente del Terzo settore, di
associazione di promozione sociale o di organizzazione di volontariato oppure i
corrispondenti acronimi, ETS, APS e ODV, è punito con la sanzione amministrativa
pecuniaria da 2.500,00 euro a 10.000,00 euro. La sanzione medesima è raddoppiata
qualora l’illegittimo utilizzo sia finalizzato ad ottenere da terzi l’erogazione di denaro o
di altre utilità.
4. Le sanzioni di cui ai commi 1, 2 e 3 e di cui al comma 5 dell’articolo 48 sono irrogate
dall’Ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore ai sensi dell’articolo 45.
5. Le somme dovute a titolo di sanzioni previste dal presente articolo sono versate
all’entrata del bilancio dello Stato, secondo modalità da definirsi con decreto del Ministro
dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche
sociali.
ARTICOLO 92
(Attività di monitoraggio, vigilanza e controllo)
1. Al fine di garantire l’uniforme applicazione della disciplina legislativa, statutaria e
regolamentare applicabile agli Enti del Terzo settore e l’esercizio dei relativi controlli, il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali:
a) vigila sul sistema di registrazione degli enti del Terzo settore nel rispetto dei requisiti
previsti dal presente codice e monitora lo svolgimento delle attività degli Uffici del
Registro unico nazione del Terzo settore operanti a livello regionale;
b) promuove l’autocontrollo degli enti del Terzo settore autorizzandone l’esercizio da
parte delle reti associative nazionali iscritte nell’apposita sezione del registro unico
nazionale e dei Centri di servizio per il volontariato accreditati ai sensi dell’articolo
61;
c) predispone e trasmette alle Camere, entro il 30 giugno di ogni anno, una relazione sulle
attività di vigilanza, monitoraggio e controllo svolte sugli enti del Terzo settore anche
sulla base dei dati acquisiti attraverso le relazioni di cui all’articolo 95, commi 2 e 3,
nonché sullo stato del sistema di registrazione di cui alla lettera b).
2. Restano fermi i poteri delle Amministrazioni pubbliche competenti in ordine ai
controlli, alle verifiche ed alla vigilanza finalizzati ad accertare la conformità delle attività
di cui all’articolo 5 alle norme particolari che ne disciplinano l’esercizio.
ARTICOLO 93
(Controllo)
1. I controlli sugli enti del Terzo settore sono finalizzati ad accertare:
a) la sussistenza e la permanenza dei requisiti necessari all’iscrizione al Registro unico
nazionale del Terzo settore;
b) il perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche o di utilità sociale;
c) l’adempimento degli obblighi derivanti dall’iscrizione al Registro unico nazionale del
Terzo settore;
d) il diritto di avvalersi dei benefici anche fiscali e del 5 per mille derivanti dall’iscrizione
nel Registro unico nazionale del Terzo settore;
e) il corretto impiego delle risorse pubbliche, finanziarie e strumentali, ad essi attribuite.
2. Alle imprese sociali si applicano le disposizioni contenute nell’articolo 15 del decreto
legislativo recante revisione della disciplina in materia di impresa sociale, di cui
all’articolo 1, comma 2, lettera c), della legge 6 giugno 2016, n. 106.
3. L’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore territorialmente competente
esercita le attività di controllo di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1, nei confronti
degli enti del Terzo settore aventi sede legale sul proprio territorio, anche attraverso
accertamenti documentali, visite ed ispezioni, d’iniziativa, periodicamente o in tutti i casi
in cui venga a conoscenza di atti o fatti che possano integrare violazioni alle disposizioni
del presente codice, anche con riferimento ai casi di cui al comma 1, lettera b). In caso di
enti che dispongano di sedi secondarie in regioni diverse da quella della sede legale,
l’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore competente ai sensi del primo
periodo può, ove necessario, attivare forme di reciproca collaborazione e assistenza con i
corrispondenti uffici di altre regioni per l’effettuazione di controlli presso le sedi
operative, le articolazioni territoriali e gli organismi affiliati degli enti di terzo settore
interessati.
4. Le Amministrazioni pubbliche e gli enti territoriali che erogano risorse finanziarie o
concedono l’utilizzo di beni immobili o strumentali di qualunque genere agli enti del
Terzo settore per lo svolgimento delle attività statutarie di interesse generale, dispongono
i controlli amministrativi e contabili di cui alla lettera e) del comma 1 necessari a
verificarne il corretto utilizzo da parte dei beneficiari.
5. Le reti associative di cui all’articolo 41, comma 2 iscritte nell’apposita sezione del
Registro unico nazionale del Terzo settore e gli enti accreditati come Centri di servizio
per il volontariato previsti dall’articolo 61, appositamente autorizzati dal Ministero del
lavoro e delle politiche sociali, possono svolgere attività di controllo ai sensi del comma
1, lettere a), b) e c) nei confronti dei rispettivi aderenti.
6. Ai fini del rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 5, le reti associative nazionali
ed i Centri di servizio per il volontariato devono risultare in possesso dei requisiti tecnici
e professionali stabiliti con il decreto di cui all’articolo 96, tali da garantire un efficace
espletamento delle attività di controllo. L’autorizzazione è rilasciata entro 90 giorni dalla
presentazione dell’istanza e mantiene validità fino alla avvenuta cancellazione della rete
associativa dall’apposita sezione del Registro unico nazionale del Terzo settore, ai sensi
dell’articolo 41, o alla revoca dell’accreditamento del CSV, ai sensi dell’articolo 66 o
fino alla revoca della stessa autorizzazione di cui al comma 5, disposta in caso di accertata
inidoneità della rete associativa o del Centro di servizio ad assolvere efficacemente le
attività di controllo nei confronti dei propri aderenti. Decorso il predetto termine di 90
giorni, l’autorizzazione si intende rilasciata.
7. L’attività di controllo espletata dalle reti associative nazionali e dai Centri di servizio
per il volontariato autorizzati ai sensi del presente articolo è sottoposta alla vigilanza del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
ARTICOLO 94
(Disposizioni in materia di controlli fiscali)
1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del titolo X l’Amministrazione finanziaria
esercita autonomamente attività di controllo in merito al rispetto di quanto previsto dagli
articoli 8, 9, 13, 15, 23, 24 nonché al possesso dei requisiti richiesti per fruire delle
agevolazioni fiscali previste per i soggetti iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo
settore di cui all’articolo 45, avvalendosi dei poteri istruttori previsti dagli articoli 32 e 33
del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dagli articoli 51
e 52 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e, in presenza di
violazioni, disconosce la spettanza del regime fiscale applicabile all’ente in ragione
dell’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore. L’ufficio che procede alle
attività di controllo ha l’obbligo, a pena di nullità del relativo atto di accertamento, di
invitare l’ente a comparire per fornire dati e notizie rilevanti ai fini dell’accertamento.
L’ufficio del Registro unico nazionale del Terzo settore trasmette all’Amministrazione
finanziaria gli esiti dei controlli di competenza, ai fini dell’eventuale assunzione dei
conseguenti provvedimenti.
2. L’Amministrazione finanziaria, a seguito dell’attività di controllo, trasmette all’ufficio
del Registro unico nazionale del Terzo settore ogni elemento utile ai fini della valutazione
in merito all’eventuale cancellazione dal Registro unico di cui all’articolo 45 ove ne
ricorrano i presupposti.
3. Resta fermo il controllo eseguito dall’ufficio del Registro Unico nazionale del Terzo
settore ai fini dell’iscrizione, aggiornamento e cancellazione degli enti nel Registro
medesimo.
4. Agli enti del Terzo settore non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 30 del
decreto-legge 29 novembre 2008 n. 185, convertito, con modificazioni dalla legge 28
gennaio 2009, n. 2 e comunque tali enti non sono tenuti alla presentazione dell’apposito
modello di cui al comma 1 del medesimo articolo 30.
ARTICOLO 95
(Vigilanza)
1. La funzione di vigilanza, esercitata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è
finalizzata a verificare il funzionamento del sistema di registrazione degli enti del Terzo
settore e del sistema dei controlli al fine di assicurare principi di uniformità tra i registri
regionali all’interno del Registro unico nazionale e una corretta osservanza della
disciplina prevista nel presente codice.
2. A tal fine, entro il 15 marzo di ogni anno le Regioni e le Province autonome trasmettono
al Ministero del lavoro e delle politiche sociali una relazione sulle attività di iscrizione
degli enti al Registro unico nazionale del Terzo settore e di revisione periodica con
riferimento ai procedimenti conclusi nell’anno precedente e sulle criticità emerse, nonché
sui controlli eseguiti nel medesimo periodo e i relativi esiti.
3. L’Organismo nazionale di controllo di cui all’articolo 64 trasmette al Ministero del
lavoro e delle politiche sociali la relazione annuale sulla propria attività e sull’attività e
lo stato dei Centri di servizio per il volontariato entro il termine previsto nel medesimo
articolo.
4. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali può effettuare verifiche, anche in loco
avvalendosi degli Ispettorati territoriali del lavoro, o a campione, sulle operazioni
effettuate e sulle attività svolte dagli enti autorizzati al controllo, ai sensi dell’articolo 80
93, dirette al soddisfacimento delle finalità accertative espresse nel comma 1.
5. La vigilanza sugli enti di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 19 novembre
1987, n. 476 è esercitata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Negli organi di
controllo di tali enti deve essere assicurata la presenza di un rappresentante
dell’Amministrazione vigilante. Gli enti medesimi trasmettono al Ministero del lavoro e
delle politiche sociali il bilancio di cui all’articolo 13 entro dieci giorni dalla sua
approvazione. Al Ministero del lavoro e delle politiche sociali sono trasferite le
competenze relative alla ripartizione dei contributi di cui all’articolo 2, comma 466, della
legge 24 dicembre 2007, n. 244 e successive modificazioni.
ARTICOLO 96
(Disposizioni di attuazione)
1. Ai sensi dell’articolo 7, comma 4, della legge 6 giugno 2016, n. 106, con decreto del
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentito il Ministro dell’interno e previa intesa
in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province
autonome di Trento e Bolzano, sono definiti le forme, i contenuti, i termini e le modalità
per l’esercizio delle funzioni di vigilanza, controllo e monitoraggio, le modalità di
raccordo con le altre Amministrazioni interessate e gli schemi delle relazioni annuali. Con
il medesimo decreto sono altresì individuati i criteri, i requisiti e le procedure per
l’autorizzazione all’esercizio delle attività di controllo da parte delle reti associative
nazionali e dei Centri di servizio per il volontariato, le forme di vigilanza da parte del
Ministero del lavoro e delle politiche sociali sui soggetti autorizzati, nonché i criteri, che
tengano anche conto delle dimensioni degli enti da controllare e delle attività da porre in
essere, per l’attribuzione ai soggetti autorizzati ad effettuare i controlli ai sensi
dell’articolo 93, delle relative risorse finanziarie, entro il limite massimo di 5 milioni di
euro annui, a decorrere dall’anno 2019.
ARTICOLO 97
(Coordinamento delle politiche di governo)
1. E’ istituita, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, una Cabina di regia con il
compito di coordinare, in raccordo con i ministeri competenti, le politiche di governo e le
azioni di promozione e di indirizzo delle attività degli enti del Terzo settore.
2. Ai fini di cui al comma 1, la Cabina di regia:
a) coordina l’attuazione del presente codice al fine di assicurarne la tempestività,
l’efficacia e la coerenza ed esprimendo, là dove prescritto, il proprio orientamento in
ordine ai relativi decreti e linee guida;
b) promuove le attività di raccordo con le Amministrazioni pubbliche interessate, nonché
la definizione di accordi, protocolli di intesa o convenzioni, anche con enti privati,
finalizzati a valorizzare l’attività degli enti del Terzo settore e a sviluppare azioni di
sistema;
c) monitora lo stato di attuazione del presente codice anche al fine di segnalare eventuali
soluzioni correttive e di miglioramento.
3. La composizione e le modalità di funzionamento della Cabina di regia sono stabilite
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare, di concerto con il
Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore
del presente codice, assicurando la presenza di rappresentanti del sistema degli enti
territoriali. La partecipazione alla Cabina di regia è gratuita e non dà diritto alla
corresponsione di alcun compenso, indennità, emolumento o rimborso spese comunque
denominato.
4. All’attuazione del presente articolo si provvede con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri a carico della
finanza pubblica.
TITOLO XII
DISPOSIZIONI TRANSITORIE E FINALI
ARTICOLO 98
(Modifiche al codice civile)
1. Dopo l’articolo 42 del codice civile, è inserito il seguente:
“Art. 42-bis. Trasformazione, fusione e scissione.
Se non è espressamente escluso dall’atto costitutivo o dallo statuto, le associazioni
riconosciute e non riconosciute e le fondazioni di cui al presente titolo possono operare
reciproche trasformazioni, fusioni o scissioni.
La trasformazione produce gli effetti di cui all’articolo 2498. L’organo di
amministrazione deve predisporre una relazione relativa alla situazione patrimoniale
dell’ente in via di trasformazione contenente l’elenco dei creditori, aggiornata a non più
di centoventi giorni precedenti la delibera di trasformazione, nonché la relazione di cui
all’articolo 2500-sexies, secondo comma. Si applicano inoltre gli articoli 2499, 2500,
2500-bis, 2500-ter, secondo comma, 2500-quinquies e 2500-nonies, in quanto
compatibili.
Alle fusioni e alle scissioni si applicano, rispettivamente, le disposizioni di cui alle sezioni
II e III del capo X, titolo V, libro V, in quanto compatibili.
Gli atti relativi alle trasformazioni, alle fusioni e alle scissioni per i quali il libro V prevede
l’iscrizione nel Registro delle Imprese sono iscritti nel Registro delle Persone Giuridiche
ovvero, nel caso di enti del Terzo settore, nel Registro unico nazionale del Terzo settore.”.
ARTICOLO 99
(Modifiche normative)
1. Al decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178 sono apportate le seguenti
modificazioni:
a) all’articolo 1, comma 1, le parole: “nei registri regionali e provinciali delle associazioni
di promozione sociale, applicandosi ad essa, per quanto non diversamente disposto dal
presente decreto, la legge 7 dicembre 2000, n. 383” sono sostituite dalle seguenti: “nella
sezione organizzazioni di volontariato del registro unico nazionale del Terzo settore,
applicandosi ad essa, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, il codice
del Terzo settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n.
106”;
b) all’articolo 1, comma 6, le parole: “L’utilizzazione da parte della Associazione delle
risorse disponibili a livello nazionale, regionale e locale per le Associazioni di
promozione sociale è condizionata all’emanazione di un decreto del Ministro della salute,
di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentita la Conferenza per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, con il quale
è stabilita la misura massima della medesima utilizzazione” sono soppresse;
c) all’articolo 1-bis, le parole: “nei registri provinciali delle associazioni di promozione
sociale, applicandosi ad essi, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto,
la legge 7 dicembre 2000, n. 383” sono sostituite dalle seguenti: “nella sezione
organizzazioni di volontariato del registro unico nazionale del Terzo settore, applicandosi
ad essi, per quanto non diversamente disposto dal presente decreto, il codice del Terzo
settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”.
2. All’articolo 26, comma 2, della legge 11 agosto 2014 n. 125 le parole “Organizzazioni
non lucrative di utilità sociale (ONLUS)” sono sostituite dalle seguenti “enti del Terzo
settore (ETS) non commerciali di cui all’articolo 79, comma 5, del codice del Terzo
settore di cui all’articolo 1, comma 2, lettera b), della legge 6 giugno 2016, n. 106”.
3. Fino all’abrogazione di cui all’articolo 102, comma 2, lettera h), all’articolo 14, comma
1, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35 dopo le parole: “Le liberalità in denaro o in
natura erogate da persone fisiche o da enti soggetti all'imposta sul reddito delle
società” sono soppresse le seguenti “in favore di organizzazioni non lucrative di utilità
sociale di cui all'articolo 10, commi 1, 8 e 9, del decreto legislativo 4 dicembre 1997,
n. 460, nonché quelle erogate in favore di associazioni di promozione sociale iscritte nel
registro nazionale previsto dall'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 7 dicembre 2000, n.
383,”.
ARTICOLO 100
(Clausola di salvaguardia per le Province autonome)
1. Le disposizioni del presente decreto sono applicabili nelle regioni a statuto speciale e
nelle province autonome di Trento e di Bolzano compatibilmente con i rispettivi statuti e
le relative norme di attuazione, anche con riferimento alla legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3.
2. Tenendo conto della tutela delle minoranze, prevista dall’articolo 6 della Costituzione
e dallo Statuto di Autonomia, la Provincia autonoma di Bolzano disciplina l’istituzione e
la tenuta del registro unico del Terzo settore e l’utilizzo degli acronimi di cui al presente
codice, nonché le funzioni di vigilanza, monitoraggio e controllo pubblico di cui al
presente codice del terzo settore, nel rispetto dei principi previsti dagli articoli 99 e 100
del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670.
ARTICOLO 101
Norme transitorie e di attuazione
1. Ogni riferimento nel presente decreto al Consiglio nazionale del Terzo settore diviene
efficace dalla data di adozione del decreto di nomina dei suoi componenti ai sensi
dell’articolo 59, comma 3. Ogni riferimento nel presente decreto al Registro unico
nazionale del Terzo settore diviene efficace dalla sua operatività ai sensi dell’articolo 53,
comma 2.
2. Fino all’operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, continuano ad
applicarsi le norme previgenti ai fini e per gli effetti derivanti dall’iscrizione degli enti
nei Registri Onlus, Organizzazioni di Volontariato, Associazioni di promozione sociale e
Imprese sociali che si adeguano alle disposizioni del presente decreto entro diciotto mesi
dalla data della sua entrata in vigore. Entro il medesimo termine, esse possono modificare
i propri statuti con le modalità e le maggioranze previste per le deliberazioni
dell’assemblea ordinaria.
3. Il requisito dell’iscrizione al Registro unico nazionale del Terzo settore previsto dal
presente decreto, nelle more dell’istituzione del Registro medesimo, si intende soddisfatto
da parte delle reti associative e degli enti del Terzo settore attraverso la loro iscrizione ad
uno dei registri attualmente previsti dalle normative di settore.
4. Le reti associative, ove necessario, integrano, entro diciotto mesi dalla data di entrata
in vigore del presente decreto, il proprio statuto secondo le previsioni di cui all’articolo
41, comma 1, lettera b) e comma 2, pena l’automatica cancellazione dal relativo registro.
5. I comitati di gestione di cui all’articolo 2, comma 2, del decreto del Ministro del tesoro
8 ottobre 1997, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 241 del 15 ottobre 1997, sono sciolti
dalla data di costituzione dei relativi OTC, e il loro patrimonio residuo è devoluto entro
novanta giorni dallo scioglimento al FUN, nell’ambito del quale conserva la sua
precedente destinazione territoriale. I loro presidenti ne diventano automaticamente i
liquidatori. Al FUN devono inoltre essere versate dalle FOB, conservando la loro
destinazione territoriale, tutte le risorse maturate, ma non ancora versate, in favore dei
fondi speciali di cui all’articolo 15 della legge 11 agosto 1991, n. 266.
6. In sede di prima applicazione del presente decreto e fino al 31 dicembre 2017, sono
accreditati come CSV gli enti già istituiti come CSV in forza del decreto del Ministro del
tesoro 8 ottobre 1997. Successivamente a tale data, tali enti, o eventualmente l’ente
risultante dalla loro fusione o aggregazione, sono valutati ai fini dell’accreditamento in
base alle disposizioni del presente decreto. Nel caso di valutazione negativa, si procede
all’accreditamento di altri enti secondo le norme del presente decreto. All’ente già istituito
CSV in forza del decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997, che non risulti accreditato
sulla base delle norme del presente decreto, si applica, per quanto attiene agli effetti
finanziari e patrimoniali, l’articolo 63, commi 4 e 5.
7. Il divieto di cui all’articolo 61, comma 1, lettera j), non si applica alle cariche sociali
in essere al momento dell’entrata in vigore del presente decreto e fino alla naturale
scadenza del relativo mandato, così come determinato dallo statuto al momento del
conferimento.
8. La perdita della qualifica di ONLUS, a seguito dell’iscrizione nel Registro unico
nazionale degli enti del Terzo settore, anche in qualità di impresa sociale, non integra
un’ipotesi di scioglimento dell’ente ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dagli
articoli 10, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e articolo
4, comma 7, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.
633. Per gli enti associativi, l’iscrizione nel Registro unico nazionale del Terzo settore,
anche in qualità di impresa sociale, non integra un’ipotesi di scioglimento dell’ente, ai
sensi e per gli effetti di quanto previsto dal comma 8 dell’articolo 148 del testo unico
delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986. Le disposizioni che precedono rilevano anche qualora l’iscrizione al
Registro unico nazionale del Terzo settore avvenga prima dell’autorizzazione della
Commissione europea di cui al comma 10.
9. Tenuto conto di quanto previsto dall’articolo 1, comma 7, della legge 6 giugno 2016,
n. 106, a far data dall’entrata in vigore delle disposizioni contenute nel presente decreto
è svolto uno specifico monitoraggio, coordinato dalla Cabina di regia di cui all’articolo
97, con l’obiettivo di raccogliere e valutare le evidenze attuative che emergeranno nel
periodo transitorio ai fini della introduzione delle disposizioni integrative e correttive dei
decreti attuativi.
10. L’efficacia delle disposizioni di cui agli articoli 77, comma 10, 80 e 86 è subordinata,
ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea, all’autorizzazione della Commissione europea, richiesta a cura del Ministero del
lavoro e delle politiche sociali
11. Al fine di aumentare il numero dei volontari da avviare al servizio civile universale,
la dotazione del Fondo nazionale per il servizio civile di cui all'articolo 19 della legge 8
luglio 1998, n. 230, è incrementata di 82 milioni di euro per l’anno 2018, di 47,2 milioni
di euro per l’anno 2019, di 42,1 milioni di euro per l’anno 2020 e di 10,2 milioni di euro
annui a decorrere dal 2022.
12. I decreti di cui agli articoli 6 comma 1, 7 comma 2, 13 comma 3, 14 comma 1, 18
comma 2, 19 comma 2, 46 comma 3, 47 comma 5, 53 comma 1, 59 comma 3, 62 comma
6, 54 comma 1, 64 comma 3, 65 comma 4, 76 comma 4, 77 comma 15, 78 comma 3, 81
comma 7, 83 comma 2, e 96 comma 1 ove non diversamente disposto, sono emanati entro
un anno dall’entrata in vigore del presente decreto.
ARTICOLO 102
(Abrogazioni)
1. Sono abrogate le seguenti disposizioni salvo quanto previsto ai commi 2, 3 e 4:
a) la legge 11 agosto 1991, n. 266, e la legge 7 dicembre 2000, n. 383;
b) gli articoli 2, 3, 4 e 5, della legge 15 dicembre 1998, n. 438;
c) il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 14 settembre 2010, n.
177;
d) il decreto del Ministro del tesoro 8 ottobre 1997, recante “Modalità per la
costituzione dei fondi speciali per il volontariato presso le regioni”;
e) l’articolo 100, comma 2, lettera l), del testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
f) l’articolo 15, comma 1, lettera i-quater), del testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
g) l’articolo 15, comma 1, lettera i-bis) del testo unico delle imposte sui redditi,
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.
2. Sono altresì abrogate le seguenti disposizioni a decorrere dal termine di cui all’articolo
104, comma 2:
a) gli articoli da 10 a 29 del decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, fatto salvo
l’articolo 13, commi 2, 3 e 4;
b) l’articolo 20-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973,
n. 600;
c) l’articolo 150 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917;
d) l’articolo 8, comma 2, primo periodo e comma 4 della legge 11 agosto 1991, n.
266;
e) l’articolo 9-bis del decreto-legge 30 dicembre 1991, n. 417, convertito, con
modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1992, n. 66;
f) l’articolo 2, comma 31, della legge 24 dicembre 2003 n. 350;
g) gli articoli 20 e 21 della legge n. 383 del 7 dicembre 2000;
h) l’articolo 14, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n.80;
3. Le disposizioni di cui all’articolo 12, comma 2, della legge 11 agosto 1991, n. 266,
all’articolo 13 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, e all’articolo 96, comma 1, della legge
21 novembre 2000, n. 342, sono abrogate a decorrere dalla data di efficacia del decreto
del Ministro dell’economia e delle finanze di cui all’articolo 103, comma 2, finalizzato a
dare attuazione a quanto previsto dall’articolo 73, comma 1.
4. Le disposizioni di cui all’articolo 6, della legge 11 agosto 1991, n. 266, agli articoli 7,
8, 9 e 10 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, nonché il decreto del Ministro del lavoro e
delle politiche sociali 14 novembre 2001, n. 471, sono abrogate a decorrere dalla data di
operatività del Registro unico nazionale del Terzo settore, ai sensi dell’articolo 53.
ARTICOLO 103
(Disposizioni finanziarie)
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione degli articoli 53, 62, 72, 77, 79, 80, 81, 82 e 83, 84,
85, 86, 96 e 101, pari a 40 milioni di euro per l’anno 2017, a 163 milioni di euro per
l’anno 2018, a 166,1 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019, si provvede
mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1,
comma 187, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
2. Ai fini dell’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, e all’articolo 73, comma
1, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti,
le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Dall’attuazione delle ulteriori disposizioni del presente decreto non devono derivare
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le amministrazioni interessate
provvedono all’attuazione delle disposizioni con le risorse umane, strumentali e
finanziarie disponibili a legislazione vigente.
ARTICOLO 104
(Entrata in vigore)
1. Le disposizioni di cui agli articoli 77, 78, 81, 82, 83 e 84, comma 2, 85 comma 7 e
dell’articolo 102, comma 1, lettere e), f) e g) si applicano in via transitoria a decorrere dal
periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2017 e fino al periodo
d’imposta di entrata in vigore delle disposizioni di cui al titolo X secondo quanto indicato
al comma 2, alle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale di cui all’articolo 10, del
decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460 iscritte negli appositi registri, alle
organizzazioni di volontariato iscritte nei registri di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266,
e alle associazioni di promozione sociale iscritte nei registri nazionali, regionali e delle
provincie autonome di Trento e Bolzano previsti dall’articolo 7 della legge 7 dicembre
2000, n. 383. 2. Le disposizioni del titolo X, salvo quanto previsto dal comma 1, si applicano agli enti
iscritti nel Registro unico nazionale del Terzo settore a decorrere dal periodo di imposta
successivo all’autorizzazione della Commissione europea di cui all’articolo 101, comma
10, e, comunque, non prima del periodo di imposta successivo di operatività del predetto
Registro.
3. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione
nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale
degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarlo e di farlo osservare.
Dato a
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