PERIODICO QUADRIMESTRALE - Tariffa R.O.C.: Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in Abbonamento PostaleD.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art, 1, comma 1, DCB (Bologna)
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Bollettino Ufficiale d’Informazionedell’Ordine dei Geologi Regione Emilia-Romagna
Anno XI/2011 - N. 43 - NUOVA SERIE
Rischio valanga in Appennino. Testata della Valle del Silenzio, anfiteatro glaciale nell’area del Corno alle Scale (Prov. BO), poco a valle dei “Balzi dell’Ora”, subito a Nord della Croce (Punta Sofia - 1939m s.l.m.). Si nota una vasta area costituita da una valanga di ghiaccio e neve, in movimento incipiente su di un pendio inclinato dai 35° ai 38° e con un fronte di circa 50m. Lo spessore della massa instabile è di circa 2m, la superficie è stimabile in circa 1500 m2 per un volume complessivo di circa 3000 m3. Notare, a valle della massa di neve instabile, la traccia lasciata da un gruppo di escursionisti che, a causa della nebbia, non si erano accorti del pericolo sopra di loro e quindi del rischio a cui si sono esposti. (Foto di Mauro Generali, gennaio 2009)
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Mentre scrivo queste righe è in corso la conver-sione alle Camere del D.L. 20 gennaio 2012 che all’art.9 detta le disposizioni sulle professioni re-golamentate. Non so se il provvedimento passerà all’esame delle Camere tal quale o se siano possi-bili modifiche.Certo è che l’abrogazione tout court delle tariffe professionali sottrae, specie nel pubblico, l’utile ri-ferimento a cui attenersi nel caso di opere o gare ad evidenza pubblica e l’opinamento delle parcelle non sarà più possibile. Nel caso poi di dispute giu-diziarie viene rimandato il tutto a “parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante”. Non sono un cultore della materia giudiziaria ma la cosa mi sem-bra poco ortodossa (può essere immediatamente operativo un decreto che rimanda ad un altro de-creto in divenire?). Comunque il vento è quello della liberalizzazione delle tariffe cui dovremo necessariamente rasse-gnarci. La cosa è particolarmente grave nel pub-blico ove è facile prevedere uno scadimento della qualità delle prestazioni ed un proliferare delle so-cietà di professionisti.Per il privato l’impatto è più lieve dato che da tem-po ci eravamo abituati a forme di concorrenza più o meno (spesso meno) deontologicamente corrette.Come ovviare a tutto ciò? Dato che il problema non può essere affrontato dall’alto vediamo almeno di organizzarci dal basso.Lo spunto ci è dato dai quaderni in corso di ultima-zione da parte dalla Commissione Interregionale di Firenze concernenti i principali aspetti delle proble-matiche geologiche (fondazioni superficiali e pro-fonde, stabilità dei versanti, modellazione sismica, opere di sostegno, fronti di scavo, etc.) di prossima pubblicazione e divulgazione in tutte le regioni.Ebbene all’interno di queste problematiche non dovrebbe essere difficile elaborare o derivare delle linee guida (direi un minimo comun denominatore) contenenti il minimo necessario cui attenersi.Questo dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) cal-mierare le offerte economiche (in modo da renderle almeno congruenti).L’aggiornamento professionale continuo che la leg-ge 12 novembre n. 183 ha reso obbligatorio, do-vrebbe facilitare tale compito.Altri punti introdotti dalla succitata legge quali l’ob-bligo di liberalizzare l’accesso alla professione, l’obbligo di assicurazione, quello di istituire organi a livello territoriale diversi da quelli aventi funzio-ni amministrative per fini disciplinari, la liberalizza-
Liberi tutti… o quasi
zione della pubblicità informativa, con ogni mezzo, non penso dovrebbero preoccuparci più di tanto.Oltre a ciò vi sono sostanziali novità in materia di società tra professionisti che devono prevedere (Rif. Circ. n.347 del C.N.):a) l’esercizio in via esclusiva dell’attività professio-
nale da parte dei soci;b) l’ammissione in qualità di soci soltanto di pro-
fessionisti iscritti ad Ordini e Collegi anche in dif-ferenti sezioni, ovvero soggetti non professionisti soltanto per prestazioni tecniche o per finalità di investimento;
c) l’esecuzione dell’incarico solo da parte dei soci professionisti in possesso dei requisiti di legge;
d) l’esclusione dalla società del socio che sia stato cancellato dall’albo di appartenenza con provve-dimento definitivo.
La denominazione sociale dovrà contenere l’in-dicazione di società fra professionisti e le società potranno essere costituite anche per l’esercizio di più attività professionali, ovvero potranno contem-poraneamente, sempre che rispettino i requisiti di legge, svolgere prestazioni e attività tipiche di altre professioni tecniche, oltre che quelle del geologo.I professionisti soci sono tenuti all’osservanza del codice deontologico del proprio Ordine, così come la società è soggetta al regime disciplinare dell’Or-dine al quale risulti iscritta, ovvero si afferma in maniera netta la sottoposizione delle neocostituite società alla vigilanza e al controllo degli Ordini Pro-fessionali sia per quanto concerne i singoli soci, sia come società nel loro complesso.E’ prevista quindi, l’iscrizione della società in quan-to tale all’Albo Regionale.
Questa è una vera novità.E’ facile prevedere in futuro un pullulare di queste società che offrono il loro prodotto “chiavi in mano”.La geografia del lavoro professionale è destinata a modificarsi; un po’ come quello che è successo quando i supermercati hanno fagocitato i piccoli negozi rionali. Non dimentichiamoci che la realtà della nostra professione è formata da studi profes-sionali costituiti da singoli o da pochi professionisti.La domanda che mi pongo è: ciò porterà una mag-giore qualità del prodotto professionale?Questo aiuterà i giovani geologi a trovare occupa-zione e a quali condizioni?Permettetemi di dubitare.
Maurizio Zaghini
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Cedimenti nelle fondazioni?
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Precipitazioni ed evoluzione dei movimenti di versante. Il caso della frana di Poggio di Chiesanuova nella Repubblica di San MarinoCristiano Guerra
Geologo, libero professionista
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precipitazione rispetto al suo valore medio su una data
scala temporale, divisa per la sua deviazione standard,
corretto in modo da avere distribuzione gaussiana con
media nulla e varianza unitaria. Valori dell’indice SPI
compresi tra -1 e 1 identificano periodi con andamenti
normali delle precipitazioni, valori dell’indice compresi
tra 1 e 1,5 e valori compresi tra -1 e -1,5 evidenziano
rispettivamente periodi moderatamente umidi e modera-
tamente siccitosi. Quando l’SPI assume valori compresi
tra 1,5 e 2 e valori compresi tra -1,5 e -2 si hanno periodi
molto umidi e molto siccitosi, valori superiori a 2 ed in-
feriori a -2 identificano periodi estremamente umidi ed
estremamente siccitosi.
L’indice SPI calcolato per sei mesi appare come il più
adatto ad essere correlato con i fenomeni franosi com-
plessi in quanto questo periodo rappresenta un lasso di
tempo in cui gli andamenti delle precipitazioni influisco-
no in modo incisivo sulle acque di infiltrazione e sulle
falde freatiche.
Esaminando la variazione dell’indice SPI, a sei mesi per
le precipitazioni registrate dalla stazione del Monte Tita-
no, calcolato a partire dal 1961, si osserva come i periodi
sopra ricordati sono stati contraddistinti da valori supe-
riori a 2 per più mesi consecutivi. Nel Novembre 2005
l’SPI a sei mesi ha raggiunto il valore di 2,84, a Dicembre
2,53 e nel Gennaio 2006 2,2; nel Marzo 2010 l’SPI a sei
mesi ha raggiunto il valore di 2,03, ad Aprile 2,06, a Mag-
gio 2,5 e a Giugno 2,52.
Tra i vari movimenti franosi che si sono attivati o riattivati
in questi due periodi, merita attenzione la frana di Pog-
gio di Chiesanuova, che rappresenta un caso particolar-
mente documentato e indagato.
Il confronto tra i dati del monitoraggio relativi a questo
movimento di versante e l’andamento delle precipitazio-
ni, registrate dalla stazione del Monte Titano, distante
circa 3,5 km, permette di trarre significative considera-
zioni in merito alle modalità che possono determinare e
regolare l’evoluzione di fenomeni franosi complessi.
1. INTRODUZIONE
Il rapporto tra precipitazioni intense ed abbondanti e l’in-
nesco e la riattivazione di fenomeni franosi è ovvio, ma
non sono altrettanto ovvie le modalità con cui si esplica.
Gli studi eseguiti da decenni, anche a livello della Re-
gione Emilia-Romagna, hanno evidenziato la grande va-
rietà e variabilità delle componenti di cui tenere conto e
la complessità delle relazioni che si instaurano tra esse.
Ad esempio la determinazione delle soglie pluviometri-
che di innesco per le frane risulta estremamente compli-
cata, anche se è stata ben sviluppata per aree ampie e
con un approccio statistico (Pizziolo et al. 2008).
L’attivazione di movimenti di versante rapidi e con piani
di scivolamento poco profondi, tipo debris flow o cola-
te di fango, a seguito di eventi meteorici intensi, mostra
una correlazione molto netta, ma questo legame risulta
meno chiaro in fenomeni più ampi e complessi (Cancelli
& Nova 1985, Cevasco et al. 2010, Giannecchini 2006).
Negli ultimi dieci anni, nell’area romagnola, si sono regi-
strati diversi periodi di forte attività dei fenomeni franosi,
sia in occasione di eventi meteorici intensi che di pre-
cipitazioni prolungate, con un importante ruolo assunto
dalle precipitazioni nevose.
Nel territorio della Repubblica di San Marino si sono os-
servati due importanti fasi acute del dissesto idrogeo-
logico ed in particolare dei movimenti di versante, una
nell’autunno-inverno 2005-2006, l’altra nell’autunno-in-
verno 2009-2010 e primavera 2010.
In entrambe le fasi, precedute da periodi siccitosi prolun-
gati e severi, si sono registrati importanti apporti nevosi.
Le precipitazioni nel territorio sammarinese sono regi-
strate dalla stazione meteorologica del Monte Titano, at-
tiva da oltre 80 anni, ed il loro andamento può venire ben
rappresentato dall’indice SPI (Standardized Precipitation
Index - McKee et al 1993) in modo da renderlo raffronta-
bile con l’evoluzione dei fenomeni di dissesto.
L’indice SPI si ottiene considerando la deviazione della
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Nella Formazione di Monte Morello è distinguibile una
facies superiore, costituita da calcare marnoso beige e
biancastro, molto fratturato, ed una facies inferiore rap-
presentata da argillite grigia e policroma, intensamente
tettonizzata e marna fogliettata grigio chiara.
I depositi superficiali sono costituiti da Coperture eluvio
colluviali (argilla limosa con detrito) e Corpi di frana, tra
cui quello del fenomeno in esame (argilla limosa plastica
e satura con detrito marnoso e calcareo marnoso.)
La predisposizione al dissesto della zona è determinata
essenzialmente dalla struttura geologica predisponente,
dall’esistenza di movimenti di versante antichi, dalle sca-
denti caratteristiche geotecniche dei terreni di copertura
e dalla presenza di apporti idrici sotterranei abbondanti.
La variabilità litologica della Formazione di Monte Morel-
lo, unita alla estesa fratturazione, determina un quadro
complesso della circolazione idrica ipogea, e fa si che si
creino diversi acquiferi sospesi ed un primo acquifero di
2. INQUADRAMENTO GEOLOGICO, GEOMORFOLOGICO ED IDROGEOLOGICO
La frana di Poggio di Chiesanuova si trova nei pressi del-
la località omonima, nel settore Sud-Ovest del territorio
sammarinese, poco a Nord dell’abitato di Chiesanuova,
nella parte alta del versante che scende in direzione Est
verso il corso del Torrente San Marino (Figura1).
Nell’area il substrato geologico è rappresentato dal-
la Formazione di Monte Morello (calcari marnosi molto
fratturati e marne tettonizzate). Verso Est, scendendo
lungo il versante si passa alle Argille Varicolori della Val
Marecchia (argilliti tettonizzate). Entrambe le formazioni
appartengono ai complessi Liguri della Coltre della Val
Marecchia, con la prima unità posta geometricamente al
di sopra della seconda, in un contatto non ricostruibile,
ma con ogni probabilità contraddistinto da piani di con-
tatto a basso angolo.
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Figura 1 – Inquadramento geografico e territoriale della frana di Poggio di Chiesanuova.
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base, posto probabilmente al contatto tra le due facies,
caratterizzati da flussi idrici anche molto abbondanti,
mentre un secondo acquifero di base si ritrova verosimil-
mente più in profondità, al contatto con le Argille Varicolori.
3. DESCRIZIONE DEL MOVIMENTO FRANOSO
La zona di distacco della frana di Poggio di Chiesanuova si
estende in prossimità della viabilità, coinvolta progressiva-
mente dai fenomeni, e presenta una larghezza di 40 metri.
Il corpo di frana, inteso come massa spostata dal feno-
meno di dissesto nel suo complesso, si estende per una
lunghezza di oltre 200 metri ed una larghezza variabile
tra 40 e 100 metri, coinvolgendo un volume di materia-
le di 100.000 ÷ 160.000 m³. La profondità del piano di
scorrimento principale varia da 6 a 12 metri.
Il movimento è di tipo complesso, probabilmente carat-
terizzato da un piano di scorrimento basale sub-rettilineo
o a bassa curvatura, con alcuni “gradini” morfologici se-
polti, verosimilmente riconducibili ad antiche nicchie di
distacco. Come è tipico dei fenomeni franosi nella Coltre
della Val Marecchia, anche la frana di Poggio di Chie-
sanuova è assimilabile ad un movimento rototraslativo
nella parte alta, passante progressivamente a traslativo,
poi a flusso viscoso e colata verso valle, con una tipica
evoluzione retrogressiva (Figura 2, Figura 3).
Nelle fasi di evoluzione rapida e parossistica si sono os-
servate velocità di spostamento di qualche decina di cm
al giorno nella parte mediana del corpo di frana, per cui
il fenomeno ricade nella classe 3 – MOVIMENTO LENTO
della classificazione proposta da Cruden & Varnes (Cru-
den & Varnes 1996, Varnes 1978).
Sulla base della documentazione esistente e dalle te-
stimonianze dei proprietari dei fondi interessati è stato
possibile ricostruire l’evoluzione dell’area in cui si trova
la frana di Poggio di Chiesanuova (Figura 3). In particola-
re, dall’esame della cartografia storica, della cartografia
tematica e dalle varie riprese aeree si è potuto dedurre
che l’area è stata interessato a più riprese da fenomeni
deformativi negli ultimi 60 anni. Negli anni 1950-55 erano
già presenti due movimenti di versante, le cui zone di
distacco erano posizionati più a valle rispetto alla frana
più recente. Nei decenni successivi non si sono ritrovate
evidenze di movimenti in atto, fino ai primi anni novanta,
quando le deformazioni sono riprese in maniera rilevabi-
le dal confronto tra le foto aeree. Successivamente, dal
1995 al 2002 si è verificata una nuova fase di stasi.
Lo studio geologico dettagliato e l’indagine geognosti-
ca, articolata in quattro sondaggi a carotaggio continuo,
sondaggi a distruzione e numerose prove di laboratorio,
hanno permesso una buona comprensione dei fenomeni
ed il monitoraggio ha consentito di definirne compiuta-
mente l'evoluzione.
Il monitoraggio è stato eseguito sia con strumentazio-
ne geotecnica (inclinometri), nella zona di distacco, sia
ricorrendo a sistemi di controllo topografico nel corpo
di frana.
Figura 2 – Sequenza di visioni panoramiche della frana di Poggio di Chiesanuova dal 2005 al 2011.
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4. EVOLUZIONE DELLA FRANA DAL 2002 AL 2011
Una prima riattivazione dei movimenti è avvenuta nel
gennaio-febbraio 2003, seguita da un periodo di inattivi-
tà durato fino all’autunno 2004, quando una nuova fase
di rapida attivazione ha causato i primi gravi dissesti ai
manufatti e la nicchia di distacco ha lambito la viabilità
di via Fontanelle. Nel febbraio 2005 si è verificata una
prima fase parossistica durata fino ad aprile 2005 che ha
causato il crollo di una porzione di un ricovero attrezzi
esistente nella zona di distacco.
La fase di quiescenza dell’estate 2005 ha consentito
l’esecuzione dell’indagine geognostica e l’installazione
di monitoraggio geotecnico e topografico. Nell’autunno
2005 i movimenti riprendono e raggiungono una nuova
fase e di evoluzione drastica tra novembre e dicembre
2005, dopo la quale i fenomeni si sono attenuati pro-
gressivamente fino a maggio 2006. Nell’estate 2006
sono stati realizzati due pozzi drenanti nella parte alta
del movimento ed è iniziato l’emungimento dell’acqua
di infiltrazione dal corpo di frana. I fenomeni sono rima-
sti in uno stato di quiescenza ed inattività fino all’inizio
dell’inverno 2008-2009. Nel Gennaio 2009 la ripresa dei
movimenti ha determinato una sensibile retrogressione
della nicchia di distacco che ha coinvolto completa-
Figura 3 – Estensione del movimento franoso nelle varie fasi evolutive confrontata con la presunta estensione dei corpi antichi.
mente la sede stradale di Via Fontanelle. Dopo la fase
quiescente dell’estate 2010, una nuova pesante evolu-
zione ed un’ulteriore fase parossistica si sono verificate
da novembre 2009 a giugno 2010. In questo periodo si
sono osservati i movimenti più rapidi del corpo di frana
registrati, grazie al nuovo monitoraggio topografico in-
stallato nel gennaio 2010 (Figura 4).
La situazione ha raggiunto un’elevata pericolosità, al
punto che nel febbraio 2010 alcuni edifici posti nelle im-
mediate vicinanze della zona di distacco sono stati tem-
poraneamente evacuati e sono state realizzate opere di
presidio a carattere d’urgenza a protezione dei fabbricati.
Nel breve periodo di inattività dell’estate 2010 sono state
realizzate le opere di sostegno progettate sulla base dello
studio geologico, costituite da una paratia di pali trivellati
(profondità pali oltre 20 m, diametro 100 cm) disposti ad
arco e dotata di ancoraggi (tiranti). Sono state realizzati
anche alcune trincee drenanti a valle della paratia, senza
poterle però estendere adeguatamente a causa dell’im-
possibilità dei mezzi ad operare nel corpo di frana senza
sprofondare e della difficoltà nell’esecuzione degli scavi.
Nell’autunno 2010 una nuova riattivazione ha scalzato il
lato valle della paratia per un’altezza di oltre cinque me-
tri, facendo avanzare il corpo di frana di diverse decine
di metri nella parte terminale (vedi Figura 10).
L’opera di sostegno non ha comunque subito deforma-
zioni rilevanti e gli inclinometri a monte non hanno re-
gistrato variazioni significative. Nell’estate 2011 si sono
realizzate le opere di drenaggio del corpo di frana, che
hanno intercettato e captato flussi idrici notevoli.
5. MOVIMENTI E ANDAMENTO DELLE PRECIPITAZIONI
Al di là dei fattori predisponenti, l’evoluzione dei feno-
meni è stata sempre regolata dall’andamento delle pre-
cipitazioni.
La sequenza delle fasi di attività e di quiescenza della fra-
na di Poggio di Chiesanuova mostrano una correlazione
significativa con l’andamento dell’indice SPI a sei mesi.
Tutte le fasi di maggiore attività sono avvenute in periodi
in cui l’indice SPI era in aumento e caratterizzato da valori
alti, superiori a 1,5 e spesso superiori a 2 (vedi Figura 4).
Appare inoltre altrettanto evidente l’importanza delle pre-
cipitazioni nevose, che possono avere avuto una maggio-
re efficacia nell’incrementare l’evoluzione dei fenomeni.
Ulteriori interessanti considerazioni possono essere fatte
analizzando e confrontando nel dettaglio la velocità di
spostamento del movimento franoso, registrata dal mo-
nitoraggio, e l’andamento delle precipitazioni in due dei
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Figura 5 – Sequenza fotografica dell’evoluzione dei dissesti nel 2005-2006. Nell’ultima immagi-ne si può osservare la struttura di fondazione del ricovero attrezzi, al di sotto della parte crollata, con i pali che vengono estrusi dal corpo di frana.
Figura 4 – Sequenza temporale dell’evoluzione della Frana di Poggio di Chiesanuova dal 2002 al 2011, confrontata con le precipitazioni mensili registrate dalla stazione meteorologica del Monte Titano e con l’indice SPI.
periodi di massima attività, precisamente dal 27 settem-
bre 2005 al 31 gennaio 2006 e dal 18 gennaio 2010 al 26
maggio 2010.
Nel primo periodo gli spostamenti sono stati registrati
basandosi sulla posizione di alcuni punti di riferimento
misurata rispetto ad una stazione fissa. In particolare si
sono presi in considerazione due riferimenti posti nella
parte medio - alta del corpo di frana, immediatamente a
valle della zona di distacco.
Le velocità maggiori, nell’ordine di 3 - 4 cm non si sono
verificate successivamente all’evento piovoso più im-
portante, ma dopo diverse settimane, nelle quali si sono
registrate precipitazioni nevose diffuse ed abbondanti
(Figura 5, Figura 6).
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Figura 6 – Confronto tra i movimenti registrati dal monitoraggio e le precipitazioni giornaliere dal 27 settembre 2005 al 1 febbraio 2006.
Figura 7 – Sequenza fotografica dell’evoluzione dal febbraio al giugno 2010. Nella prima immagine si osservano i lavori di realizzazione delle opere urgenti di presidio agli edifici posti nelle immediate vici-nanze della zona di distacco. Si noti la traslazione della struttura su micropali sulla quale era installato un ripetitore per la telefonia mobile.
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Nel secondo periodo i movimenti sono stati registrati
attraverso due allineamenti di capisaldi topografici nel
corpo di frana, misurandone gli spostamenti relativi (Fi-
gura 9). Le velocità medie dei punti in movimento han-
no raggiunto e superato i 20 cm al giorno ed anche in
questo caso l’evoluzione sembra legata non tanto agli
eventi piovosi maggiori ma alla persistenza e durata
delle precipitazioni, soprattutto di quelle nevose (Figura
7, Figura 8).
Si può notare come entrambi i periodi le fasi di massi-
ma attività si siano esplicate in corrispondenza o subito
dopo il verificarsi di precipitazioni nevose sensibilmente
superiori alle medie.
Le precipitazioni nevose del novembre 2005 sono state
superiori alla media del trentennio 1960 - 1991 quasi
del 700%, quelle del gennaio 2010 del 234% e quelle
marzo 2010 del 310%. In tutti i casi il manto nevoso al
suolo nell’area ha superato abbondantemente i 50 cm.
6. CONCLUSIONI
La riattivazione della frana di Poggio di Chiesanuova
e le successive fasi di attività registrate fino al 2011
sembrano essere quindi significativamente correlate a
periodi prolungati caratterizzati da precipitazioni diffu-
se ed abbondanti e non necessariamente con eventi
intensi. Questi periodi sono ben evidenziati dall’indice
SPI a sei mesi, ed in particolare da fasi in cui mostra
un andamento crescente fino a valori superiori a 1,5.
Le precipitazioni nevose sembrano avere un importan-
te ruolo nell’accelerazione dei fenomeni e nel verificarsi
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Figura 8 – Confronto tra i movimenti registrati dal monitoraggio e le precipitazioni giornaliere dal 18 gennaio al 26 maggio 2010.
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Figura 9 – Riprese fotografiche sul monitoraggio topografico installato nel gennaio 2010.
Figura 10 – Riprese fotografiche dei fenomeni di dissesto dopo la realizzazione delle opere di sostegno. Si osserva il vistoso scalzamento a valle della paratia.
delle fasi parossistiche.
Negli stessi periodi si sono osservati altri fenomeni fra-
nosi nel territorio sammarinese e nelle aree circostanti
che sembrano avere avuto un’evoluzione analoga, ed in
quasi tutti i casi si è trattato di riattivazioni di movimenti
quiescenti anche da molti decenni, di tipo complesso e
caratterizzati da estensioni notevoli, con piani di scorri-
mento profondi.
L’analisi di altri fenomeni analoghi sottoposti a monito-
raggio potrebbe confermare o meno le osservazioni fatte
per la Frana di Poggio di Chiesanuova e approfondire
la validità dell’utilizzo dell’indice SPI come indicatore di
possibili attivazioni o riattivazioni di movimenti di versan-
te profondi. Sarebbe altrettanto interessante verificare se
l’importante ruolo delle precipitazioni nevose è riscontra-
bile in maniera così marcata anche altri casi, ampliando
inoltre l’analisi considerando altri possibili fattori, come i
tempi di fusione del manto nevoso accumulato.
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La matrice VFZ: un approccio alternativo alla
classificazione sismica semplificata dei suoliSilvia Castellaro Geologo, Ricercatore, Dipartimento di Fisica e Astronomia, Università di Bologna
formazione e così via) e l’analisi stessa si basa su molti
assunti – come l’esistenza di un terremoto caratteristico,
la dominanza della propagazione verticale di onde SH
nel moto sismico ecc. – che si verificano di rado.
I risultati apparentemente dettagliati delle modellazioni
numeriche vanno pertanto sempre interpretati alla luce
delle enormi incertezze associate.
A proposito di incertezze, faremo alcuni esempi.
PGA0 (Peak Ground Acceleration al bedrock): noto pa-
rametro di base per la definizione dell’input sismico ca-
ratteristico di un sito. Esso viene ricavato a partire da
formule che descrivono l’attenuazione di log(PGA0) in
funzione della magnitudo e della distanza dalla sorgente.
Mentre tutti conosciamo i valori di PGA0 delle zone in cui
operiamo, sapremmo quantificare l’incertezza associata
a tali valori? Uno sguardo alle leggi di attenuazione in cui
essa è riportata, mostra che l’incertezza 1σ sul log(PGA0)
è sempre maggiore di 0.21 (Campbell, 1981; Boore et al.,
1993, Kramer, 2000) e questo implica che usare valori
di PGA0 con 3 cifre significative (come ad es. nelle NTC,
2008), non è ammesso.
Profili di Vs: nei casi migliori l’incertezza associata alla
loro stima è dell’ordine del 20% (Asten et Boore, 2005;
Mulargia et Castellaro, 2009) e spesso è maggiore. L’ef-
fetto di questa incertezza sugli output delle modellazioni
di risposta sismica locale non viene praticamente mai
analizzato (propagazione degli errori).
Uso di accelerogrammi completi nei codici numerici
standard di risposta di sito (analisi lineari equivalenti 1D
e simili): questi codici assumono che l’input sismico sia
una onda SH che si propaga verticalmente dal bedrock
alla superficie, dove viene riflessa e torna al bedrock e
così via secondo un moto che ha la massima ampiezza
alle frequenze di risonanza del sistema. In sismologia è
noto che ad eccezione dei terremoti molto profondi, che
generano poche onde di superficie, le dominatrici incon-
trastate dei sismogrammi sia per ampiezza che per du-
1. PREMESSA
All’ultimo simposio IASPEI/IAEE (International Associa-
tion of Seismology and Physics of the Earth’s Interior
/ International Association for Earthquake Engineering)
che si è tenuto nell’agosto 2011 a Santa Barbara (Cali-
fornia) sul tema “Effetti della Geologia di Superficie sul
Moto del Terreno” (ESG4, 2011), una giornata di dibatti-
to è stata dedicata alla stima dell’amplificazione sismica
stratigrafica attraverso procedure semplificate. Poiché
la sola procedura semplificata di fatto universalmente
adottata è quella basata su Vs30, il dibattito si è artico-
lato in 3 fasi: vantaggi del metodo, difetti del metodo e
alternative al metodo.
Quel giorno fu proposta un’unica alternativa che illustria-
mo nel seguito.
1.1 Perché è necessario un approccio semplificato
alla classificazione sismica di sito
Gli studi di risposta sismica locale alla scala della pia-
nificazione urbanistica e territoriale (microzonazione si-
smica, mappe di scuotimento) o alla scala della singola
costruzione (norme tecniche) richiedono la conoscenza
delle proprietà fisiche del terreno fino al bedrock e del
tipo di moto ‘caratteristico’ atteso al sito.
Come output, essi normalmente forniscono la funzione
di trasferimento del moto dal bedrock alla superficie, ti-
picamente per l’onda SH, e lo spettro di risposta, ossia
la massima accelerazione/velocità/spostamento attesa
su un oscillatore armonico ad un grado di libertà (edificio
ideale) in funzione del suo periodo proprio e per un dato
smorzamento.
Determinare gli input per questi tipi di analisi richiede la
misura di molti parametri (profili di velocità delle onde P
e S fino al bedrock, profilo di densità, profondità della ta-
vola d’acqua, dipendenza del modulo di taglio con la de-
1 Si noti che 0.2 è l’incertezza sul logaritmo. L’incertezza su PGA0 è dunque – a seconda della base del logaritmo – 100.2 o e0.2, ossia 1.6 o 1.2 g(!).
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rata sono le onde di superficie (NMSOP, 2002), le quali si
propagano in modo del tutto diverso dall’onda SH. Non
è dunque chiaro perché si debba dare in input ad un pro-
gramma che modella onde SH, un accelerogramma che
per la maggior parte non è onda SH2. Non è nemmeno
chiaro perché si continui a prestare tanta attenzione alle
sole onde SH ma procediamo con calma e cerchiamo di
superare un problema alla volta.
Quelli appena discussi sono solo 3 esempi di incertezza
ma la loro quantificazione porta alla conclusione che i
risultati delle modellazioni numeriche di risposta di sito
vadano usati nella sola ottica di capire quale sia l’influen-
za dei diversi parametri di input e di fornire andamenti
generali delle funzioni di trasferimento e degli spettri di
risposta e non valori con molte (ma solo apparenti) cifre
significative.
Va notato che il problema degli ampi margini di incer-
tezza si aggrava ulteriormente applicando procedure di
modellazione molto più complesse (3D, agli elementi fi-
niti, alle differenze finite ecc. ecc.). Al simposio (ESG4,
2011) sono stati illustrati i risultati del progetto E2VP che
ha riunito 17 centri di ricerca ubicati in tutto il mondo allo
scopo di modellare la risposta sismica locale con meto-
di numerici. I gruppi hanno applicato 6 metodi diversi e
hanno lavorato sugli stessi input per fornire la risposta
attesa in 15 siti. Dopo numerosi incontri per far conver-
gere i risultati, i risultati forniti differivano di oltre il 100%
nel 13% dei casi, differivano tra il 50 e il 100% nel 40%
dei casi e differivano meno del 50% nel restante 60% dei
casi. Va notato che – non potendo ottenere convergenze
migliori – si considera eccellente un accordo di risultati
entro il 50%.
Questo naturalmente non significa che non si debba
continuare a lavorare sulle modellazioni numeriche: la
ricerca deve concentrarsi su queste. Tuttavia i risultati
che essa al momento fornisce non sono utilizzabili nella
pratica applicativa quotidiana per l’ancora enorme incer-
tezza dei risultati e per i costi economici e pratici richiesti
dalla sua applicazione3.
Per questo motivo sono necessari metodi semplificati
per la classificazione sismica di sito. Ad oggi l’unica pro-
cedura semplificata di fatto applicata a scala mondiale
come stimatore del potenziale di amplificazione sismica
di sito Fa è basata sulla velocità delle onde di taglio nello
strato omogeneo equivalente ai primi 30 m di profondità
(Vs30; Borcherdt, 1994).
Nonostante i limiti di questa procedura siano ampiamen-
te riconosciuti, approcci che tentino di superarli sono
ancora visti con scetticismo, il che è sorprendente se si
pensa che una relazione tra Fa e Vs30 non è nemmeno
mai esistita a livello statistico (Castellaro et al., 2008; Lee
e Trifunac, 2010).
Così, mentre in altri paesi (USA in primo luogo) si fa-
tica ad accettare che sia possibile superare molti limiti
dell’approccio Vs30 impiegando esattamente le stesse
energie profuse per stimare Vs30, in Italia qualche buon
tentativo di superamento è stato effettuato. Ad esem-
pio, gli Indirizzi e Criteri per la Microzonazione Sismica
nazionali (ICMS, 2008) propongono di stimare i fattori di
amplificazione di sito sulla base dei parametri Vs delle
coperture e profondità del bedrock H, slegandosi così
dal limite dei 30 m.
In modo simile si era mosso in precedenza anche l’At-
to di Indirizzo per la Microzonazione Sismica in Emilia-
Romagna (Atto di Indirizzo MZS, 2007), che introduceva
anche il concetto di substrato rigido (Vs > 800 m/s) o
non rigido, ossia il concetto fondamentale di ‘contrasto
di impedenza’.
2. LA MATRICE VFZ
L’amplificazione sismica è un fenomeno con molte cau-
se (si veda Anderson, 2007, per una revisione). L’ampli-
ficazione legata alla stratigrafia è dovuta all’esistenza di
contrasti di impedenza (Z = ρ V, densità x velocità) nel
sottosuolo (Aki e Richards, 1980). Essi infatti governano
la riflessione e la trasmissione delle onde alle interfac-
ce, determinando le interferenze tra onde e i fenomeni di
‘guida d’onda’.
L’amplificazione non risonante prodotta come risultato
della conservazione dell’energia delle onde che si pro-
pagano attraverso materiali con velocità che variano
gradualmente è data da:
A(f) = (Z0 / <Z
i>)½ Eq. 1
dove il pedice 0 indica le proprietà alla sorgente e i le
proprietà al sito. Per una data frequenza, l’amplificazio-
ne sarebbe data dalla radice del rapporto tra l’impeden-
za sismica alla profondità della sorgente Z0 e l’impeden-
2 A conferma di quanto detto e a titolo di curiosità è anche interessante osservare come, tra le decine di definizioni di magnitudo (MS, m
b, m
B, M
L, M
d,
Mw, ecc.), non esistano magnitudo definite sull’ampiezza dell’onda S. Il motivo è perché l’onda S in un sismogramma è generalmente poco riconosci-
bile per la sua ampiezza modesta rispetto alle onde di superficie e per la posizione (sempre racchiusa tra le onde P e le onde di superficie). Si noti che
MS sta per magnitudo delle onde di superficie e non delle onde di volume.
3 Si noti che l’incertezza descritta riguarda solo il comportamento del suolo ma analoga incertezza affligge anche lo studio della risposta dinamica delle
strutture e delle interazioni suolo-struttura.
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za sismica mediata su una profondità corrispondente
al quarto di lunghezza d’onda <Ζi> (Joyner et al., 1981;
Day, 1986).
E’ dunque chiaro dall’Eq. 1 che non è il valore assoluto di
Vs a controllare l’amplificazione sismica. Piuttosto Vs, le-
gata alla rigidità μ secondo la nota legge μ = ρVs2, control-
la lo smorzamento, che è un altro parametro importante.
Allo scopo di capire in che modo l’amplificazione sismi-
ca sia funzione del contrasto di impedenza, studiamo la
risposta lineare equivalente 1D di una serie di modelli
costituiti da 30 strati ciascuno con le seguenti proprietà:
1) Strato 1: livello superficiale caratterizzato da:
a. Vs0 compresa tra 100 e 600 m/s (a passi di 100 m/s) e
b. spessore di 3, 5, 7, 10, 15, 20, 40, 50, 60, 80, 100,
200, 300 m,
2) Strato 2: sottostante Strato 1, caratterizzato da Vs
crescenti (200, 300, 400, 500, 600, 700, 1000, 1200,
1600, 2000 m/s). Quando Strato 1 ha Vs0 = 200 m/s,
Strato 2 ha Vs crescenti da 300 a 2000 m/s; quando
Strato 1 ha Vs0 = 300 m/s, Strato 2 ha Vs crescenti da
400 a 2000 m/s e così via,
3) Strati 3-30: il profilo di velocità aumenta in modo espo-
nenzialmente decrescente fino al bedrock, ubicato alla
profondità di 2 km.
In questi modelli il contrasto di impedenza massimo si
verifica tra Strato 1 e Strato 2. Per ciascuno Strato 1, si
hanno 45 diversi profili di Vs e il numero totale di sotto-
suoli modellati è 13 (spessori di Strato 1) per 45 (contra-
sti di impedenza tra Strato 1 e Strato 2), per un totale di
585 modelli, un esempio dei quali è dato in Figura 1 a.
Per tutti gli strati si è posta densità 2x103 kg/m3 e assen-
za di tavola d’acqua. Per tutti i modelli si sono usate le
curve modulo di taglio - e smorzamento - deformazione
illustrate in Figura 1 b e Figura 1 c rispettivamente per le
coperture e il bedrock.
Per ridurre al minimo il numero di variabili e per com-
prenderne meglio l’influenza, come simulatore del moto
di input (terremoto) usiamo la funzione più semplice pos-
sibile, ossia una ondina di Ricker con frequenza 1 Hz e
0.5 Hz, che rappresenta l’onset dell’onda SH di terremoti
di dimensioni medio-piccole o medio-grandi (Figura 2).
E’ ora possibile ottenere le risposte sismiche attese per
i 585 modelli descritti. A titolo di esempio, le funzioni di
amplificazione ottenute per i modelli con profondità del
contrasto di impedenza principale (Strato 2) a 80 m sono
date in Figura 3.
Se per ciascuna Vs0 (Vs di Strato 1) rappresentiamo solo
la massima amplificazione (picco principale in Figura 3)
in funzione della frequenza a cui si verifica, che dipende
dalla profondità del bedrock, otteniamo i grafici di Figura
4. Ciascuna linea di questi grafici collega i punti carat-
terizzati dallo stesso contrasto di impedenza tra Strato
1 e Strato 2. Questi grafici sono di fatto sezioni di una
funzione 4D del tipo:
Fa = f(Vs0, f
0, Z) Eq. 2
Questa funzione permette di avere una stima di massima
del fattore di amplificazione Fa dell’onda SH a partire da
Vs0, dalla frequenza di risonanza di sito f
0 e dal contrasto
di impedenza Z tra Strato 1 e Strato 2.
Vs0, f
0 e Z (o semplicemente VFZ) costituiscono la
base fisica minima per una classificazione semplificata
dell’amplificazione sismica stratigrafica di sito.
Va notato che i valori assoluti di Fa dipendono anche da
altre variabili, non esplicitamente considerate nella mo-
dellazione. Si raccomanda dunque di leggere la Figura 4
solo in senso relativo (amplificazione alta o bassa), senza
dare ai numeri significati assoluti che non possono avere.
Figura 1 – A) esempio di modello di sottosuolo usato nell’analisi (zoom dei primi 500 m di profondità. Il modello reale arriva fino a 2 km). Questo modello rappresenta 40 m di coperture (Vs
0 = 200 m/s) sovrastanti uno
strato semi-rigido (Vs crescente da 700 m/s verso il basso). B) e C) cur-ve del modulo di taglio e dello smorzamento in funzione della deforma-zione di taglio usate per le coperture e gli strati assimilabili a bedrock.
Figura 2 – L’onda SH del terremoto è modellata come una ondina di Ricker (qui con periodo 1 s e ampiezza massima PGA
0 = 0.35 g). E’
aggiunto del rumore.
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2.1 VFZ vs Vs30
2.1.1 VFZ
Dopo averne visto le basi fisiche, discutiamo quali sa-
rebbero i benefici di una classificazione dei suoli basata
su Vs0, f
0 e Z. A solo titolo di esempio raggruppiamo i
585 modelli costruiti in funzione dell’amplificazione atte-
sa a bassa (< 1 Hz) o alta frequenza (≥ 1 Hz) e dell’am-
piezza dell’amplificazione (bassa < 1.5, intermedia 1.5-2
o alta >2). Per semplicità chiameremo queste categorie
C1, C2, … C6 come mostrato in Figura 5.
In Figura 6 sono rappresentati alcuni modelli di sotto-
suolo suddivisi in base alle amplificazioni che generano,
come descritto dalle classi C1, C2,… C6. Come atteso,
le classi caratterizzate da f0 < 1 Hz (C1, C3, C5) sono
collegate a sottosuoli con contrasti di impedenza a pro-
fondità maggiori rispetto alle classi (C2, C4, C6). Non è
però sufficiente una descrizione nei termini di Vs ‘me-
diata’ entro una certa profondità (come Vs30 o VsH) per
ottenere questa suddivisione.
Figura 3 – Curve di amplificazione dell’on-da SH per i modelli caratterizzati da 80 m di coperture con diverse Vs
0 (nero:
100 m/s, blu: 200 m/s, verde: 300 m/s, viola: 400 m/s, azzurro: 500 m/s, rosso: 600 m/s) sovrastanti strati con contrasto di impedenza crescente (si veda la le-genda di Figura 4 per ciascun valore di Vs
0). I massimi di queste funzioni di am-
plificazione, per ciascun modello e per ciascuna profondità dello strato rigido, sono ridisegnati in Figura 4, raggruppati secondo Vs
0 delle coperture.
Figura 4 – Valori di amplificazione di SH attesi alla frequenza di risonanza in fun-zione di Vs
0 e del contrasto di impedenza
Z tra i due strati che determinano la riso-nanza (Z è semplicemente il rapporto tra Vs, essendo le densità uguali per tutti gli strati modellati). I valori di Fa qui illustrati vanno interpretati solo in senso relativo, poiché dipendono da numerose altre va-riabili.
Figura 5 – Definizione di C1, C2, …, C6 sulla base dell’amplificazione Fa attesa e della frequenza f
0 cui essa si verifica.
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Gli esiti della classificazione proposta in Figura 5 sugli
spettri di risposta per un moto di input di tipo Ricker wa-
velet con frequenza 1 Hz sono dati in Figura 7. In questo
caso si osserva che l’accelerazione massima dello spet-
tro di risposta è attesa, in media, su suoli con Fa ≥ 1.5 e
f0 ≥ 1 Hz, il che è intuitivo. L’accelerazione minima è atte-
sa in media sui suoli caratterizzati da Fa < 1.5 e f0 < 1 Hz.
Nel caso di input a 0.5 Hz, l’accelerazione massima è
attesa per le classi di sottosuolo con Fa ≥ 1.5 e f0 < 1 Hz,
che è di nuovo intuitivo. L’accelerazione minima è attesa
per i sottosuoli con Fa < 1.5 e f0 ≥ 1 Hz.
2.1.2 Vs30
La matrice VFZ e le relative classi (Figura 5) sono conce-
pite allo scopo di distinguere fattori e frequenze di am-
plificazione e, come appena mostrato, questo implica
un ‘potere predittivo’ sugli spettri di risposta, in funzione
del contenuto in frequenza del terremoto, ossia della sua
dimensione.
Le tecniche basate sul concetto di ‘rigidità media’, come
ad esempio Vs30, non hanno le stesse capacità. Le ra-
gioni sono fisiche, in base a quanto esposto in prece-
denza. In ogni caso, come ulteriore verifica, raggruppia-
mo i massimi di amplificazione (e le relative frequenze di
occorrenza) dei 585 modelli in funzione delle loro cate-
gorie Vs30 (NTC, 2008).
I risultati sono mostrati in Figura 8, da cui emerge che il
parametro Vs30 non è in grado di discriminare in modo
efficace né le amplificazioni né le frequenze a cui que-
ste avvengono. Suoli B, C e D risultano infatti in ampli-
ficazioni e frequenze di amplificazione completamente
sovrapposte. Va notato poi come suoli B e C possano
dare amplificazione praticamente di qualsiasi grandez-
za e a qualsiasi frequenza di interesse ingegneristico.
La funzione di trasferimento bedrock-superficie è poco
sensibile al moto di input, per cui i risultati non variano in
modo significativo col tipo di terremoto.
La categoria di suolo A, essendo costituita da al mas-
simo 5 m di coperture sopra il bedrock rigido, risulta in
amplificazione solo in alta frequenza. Appare comunque
sovrapposta ad alcuni suoli E e B.
Figura 6 – Modelli di sottosuolo classificati secondo le categorie di Fi-gura 5 (zoom dei primi 100 m di profondità).
Figura 7 – Spettri di risposta medi per le classi C1, C2, …, C6 nel caso di moto di input (sinistra) Ricker wavelet a 1 Hz e (destra) Ricker wavelet a 0.5 Hz. La deviazione standard non è mostrata per questioni di leggibilità.
Figura 8 – Fattori di amplificazione SH attesi alla frequenza di risonanza per i 585 modelli di sottosuolo analizzati, raggruppati in base alla loro categoria Vs30. Si osserva la totale sovrapposizione delle classi B, C, D e, in larga parte, E.
Figura 9 – Spettri di risposta medi dei sottosuoli modellati suddivisi in base alle loro categorie Vs30 nel caso (sinistra) di moto di input Ricker wavelet a 1 Hz e (destra) Ricker wavelet a 0.5 Hz. La deviazione standard non è mostrata per questioni di leggibilità. Si osserva come lo spettro di risposta sia sensibile al contenuto in frequenza del moto di input.
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Analizziamo ora gli spettri di risposta derivati dai modelli,
suddivisi in base alle classi Vs30. Come già ricordato,
a differenza delle funzioni di amplificazione bedrock-
superficie, gli spettri di risposta sono molto sensibili al
moto di input. In Figura 9A mostriamo i risultati quando
il contenuto in frequenza del moto di input ha una por-
tante a 1 Hz. In questo caso le accelerazioni massime
sono attese per le strutture su suoli E e B e si osserva
uno spostamento generale della frequenza di massima
amplificazione, che diminuisce da E a B a C a D. Un
comportamento diverso si osserva quando il moto di in-
put ha una portante a frequenza inferiore (es. 0.5 Hz in
Figura 9B). In questo caso la massima ampiezza spet-
trale è attesa su suolo B e la frequenza cui è associato il
massimo aumenta da E a B a C a D.
Dall’approccio modellistico-numerico segue che il para-
metro Vs30 non può essere uno stimatore della risposta
di sito nemmeno quando si considerano gli spettri di ri-
sposta, data la loro sensibilità al contenuto in frequen-
za del moto di input e alla sua vicinanza o meno alle
frequenze proprie del sottosuolo, informazioni che non
sono incluse in Vs30.
2.2 VFZ vs. ICMS (2008)
Abbiamo già accennato al fatto che un approccio par-
zialmente simile allo schema classificativo VFZ è già ap-
plicabile in Italia negli studi di microzonazione sismica.
Secondo le linee guida nazionali (ICMS, 2008), infatti,
un fattore di amplificazione approssimato delle onde SH
può essere derivato da appositi abachi in funzione della
profondità del bedrock (Vs > 800 m/s), della velocità del-
le coperture (Vs0), del tipo di materiali, del gradiente di Vs
del sottosuolo e del valore assoluto di PGA0. Rispetto a
questo metodo, l’approccio VFZ si basa su meno para-
metri di input e, ad esempio, non richiede la definizione
di un valore di soglia oltre il quale uno strato vada con-
siderato bedrock.
L’andamento dei fattori di amplificazione presentati negli
ICMS (2008) appare talvolta poco spiegabile. In un ap-
proccio semplificato, a parità di profondità del bedrock
e all’aumentare di Vs0, l’andamento atteso di Fa è gros-
somodo monotonicamente decrescente.
L’andamento di Fa secondo gli abachi di ICMS (2008)
è invece “zig-zagante” (Figura 10) e questo non origina
da errori di calcolo ma probabilmente dalla eccessiva4
sensibilità dei modelli a specifici parametri di input (es.
frequenze specifiche contenute negli accelerogrammi
di input rispetto alle frequenze del terreno) nonché da
problemi di arrotondamento dei valori. L’uso di 3 cifre si-
gnificative per Fa, ricordiamo, non è giustificato in alcun
contesto sperimentale.
2.3 VFZ in pratica
Vediamo ora attraverso alcuni esempi come giungere ad
una classificazione di sottosuolo semplificata nei termini
di VFZ.
Prima di tutto definiamo l’intervallo di ricerca dei para-
metri: è evidente che f0 deve essere commisurata alle
frequenze di interesse ingegneristico che saranno me-
diamente > 1 Hz per strutture inferiori ai 5 piani ma po-
tranno arrivare a 0. 1 Hz per opere più elevate. Ricordia-
mo che caratterizzare un terreno a frequenze inferiori a
1 Hz significa caratterizzare spessori superiori a 100 m
(fino anche a 1-2 km per le frequenze attorno a 0.1 Hz).
Il metodo più immediato per stimare f0 è la prova sismica
passiva a stazione singola (H/V, Nakamura, 1989; SESA-
ME, 2004). In linea teorica è possibile ricavare f0 anche
da opportune modellazioni a partire da un profilo di Vs
noto ma è evidente che i metodi geofisici standard non
permettono di ricostruire il profilo di Vs alle profondità ci-
tate sopra e, quando anche lo facessero, la propagazio-
ne delle incertezze sperimentali sul modello produrrebbe
una stima di f0 mediamente meno affidabile delle prove
passive a stazione singola.
La stima di Vs0 sarà effettuata tramite una delle tante
prove sismiche multicanale, attive o passive. Di queste
prove, che siano basate su onde di volume o superficie,
4 Eccessiva rispetto agli scopi per cui sono realizzati questi abachi.
Figura 10 – Andamento di Fa (SH) in funzione di Vs0 media delle coper-
ture (H è lo spessore delle coperture) proposto secondo ICMS (2008). L’andamento anomalo (‘zig-zagante’) delle curve deriva probabilmente da una eccessiva sensibilità dei modelli a specifici parametri di input (vd. testo). Per il significato che hanno (indicare un Fa mediamente at-teso in un determinato contesto), sarebbe opportuna una rivisitazione di queste curve al fine di lisciarle e rimuovere le cifre significative in eccesso che non possono trovare riscontro nella pratica quotidiana.
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per motivi diversi è nota la difficoltà di penetrazione. Ne-
gli ultimi anni si sono consolidati gli approcci congiunti
di prove multicanale a onde di superficie (ReMi, ESAC,
MASW e simili) e prove H/V che permettono di supe-
rare l’una i limiti principali dell’altra e di ottenere stime
ragionevoli di Vs0 fino a f
0. In casi favorevoli è possibile
stimare un profilo di Vs sufficiente ad una modellazione
semplificata a partire dalla sola curva H/V e da prove
geotecniche di vincolo (Castellaro e Mulargia, 2009 a).
Per quanto riguarda la stima della terza variabile, Z, que-
sta può essere ottenuta dal profilo di Vs oppure dall’am-
piezza A0 del picco da cui si determina f
0 nella curva H/V.
Il campo di microtremore è composto essenzialmente
da onde di superficie e a partire da alcuni assunti sulla
sua composizione (ibid.) è possibile descrivere una rela-
zione tra A0 e Z, la quale necessariamente dipende dal
modulo di Poisson (ossia dal rapporto Vp-Vs, che deter-
mina l’ellitticità dell’onda di Rayleigh) secondo un anda-
mento del tipo indicato in Figura 11. Questa procedura
fornisce anche una stima dell’incertezza nel caso in cui
il modulo di Poisson sia del tutto ignoto. Si ricorda che
esso approssima 0.5 nei terreni molto teneri sotto falda
(per i quali Vs è minima e Vp tende a 1500 m/s) e cala
fino a circa 0.3 negli ammassi rocciosi sani.
2.3.1 CASO DI UN CONTRASTO DI IMPEDENZA NETTO
Consideriamo il sito di Figura 12 in cui la curva H/V mo-
stra un picco con ampiezza 6±0.5 legato alla risonanza di
15 m di coperture (Vs0 = 240 m/s) su uno strato rigido (Vs
≈ 700 m/s). Si verifica quindi un contrasto di impedenza
Z ≈ 3 tra le coperture e lo strato assimilabile a bedrock.
Noti Vs0, f
0 e Z possiamo entrare nella matrice VFZ (at-
traverso uno specifico codice di calcolo oppure ad es.
nella sezione Vs0 = 200-300 m/s di Figura 4) e stimare
per questo sito un Fa ≈ 2.5 a f0 = 4 Hz.
La modellazione numerica del caso in esame attraver-
so codici lineari equivalenti classici avrebbe portato alla
stima di un fattore di amplificazione analogo (Figura 13).
2.3.2 CASO DI CONTRASTO DI IMPEDENZA DEBOLE
Una delle critiche che veniva mossa in passato al meto-
do H/V era il fatto che le curve non mostrassero picchi
significativi in presenza di contrasti di impedenza deboli.
Come si deduce da Figura 11, è necessario Z > 1.5 circa
per osservare un picco H/V significativo.
Allo stesso modo, però, per avere una amplificazione
significativa delle onde SH, sono ugualmente necessari
contrasti di impedenza Z > 1.5 (Figura 4).
Ne segue che una curva H/V senza chiari picchi indica
un terreno con bassi Z e risulterà in altrettanto bassi Fa
che si possono stimare seguendo la linea di bassa im-
pedenza per ciascuna Vs0 in Figura 4. Ciò che era consi-
derato un limite del metodo H/V, in realtà non lo è ai fini
della stima di Fa.
Figura 11 – Esempio di relazione tra ampiezza del picco H/V e contra-sto di impedenza che lo genera, in funzione del rapporto di Poisson ν.Gafico semplificato per il caso monostrato su substrato infinito.
Figura 12 – A) Curva H/V e B) spettro di velocità di fase dell’onda di Rayleigh registrati in un sito con circa 15 m di coperture sovrastanti uno strato rigido. La configurazione dà luogo ad un picco netto a f
0 = 4 Hz e
fissa la Vs media delle coperture a 240 m/s. Il modello suggerisce Vs ≈ 700 m/s per il bedrock, con un contrasto di impedenza Z ≈ 3. I modelli teorici di curva H/V e curva di dispersione sono sovrapposti in azzurro nei grafici A e B.
Figura 13 – Fattore di amplificazione SH da modello lineare-equivalente 1D di risposta di sito. Questo dà Fa(SH) ≈ 2.5, analogo a quanto otte-nuto secondo l’approccio semplificato VFZ a partire da Vs
0 = 240 m/s,
f0 = 4 Hz e Z = 3.
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ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
2.3.3 CASO DI PIU’ DI UN CONTRASTO DI IMPEDENZA
Vediamo ora come si possa caratterizzare un sotto-
suolo che presenta più di un contrasto di impedenza
rilevante attraverso un metodo semplificato. Conside-
riamo l’esempio di Figura 16 in cui appaiono 2 picchi
H/V distinti, uno a 0.5 Hz ed il secondo a 5 Hz. Que-
sto non può – matematicamente parlando – essere un
modo superiore del picco a 0.5 Hz. Esso è associato
ad un livello di argille sovraconsolidate a circa 10 m
di profondità, mentre il picco a bassa frequenza è as-
sociato al bedrock locale a circa 200 m di profondità.
Il fit congiunto delle prove in array e H/V (Figura 16A e B)
fornisce il modello di Vs di Figura 16C. La modellazione
lineare-equivalente suggerisce Fa = 1.7 a f0 = 0.5 Hz (Fi-
gura 17) e, in modo analogo, la procedura semplificata
VFZ per Vs0 = 300 m/s e Z = 2, dà Fa = 1.8. (Figura 4).
Considerando come rilevante f0 = 5 Hz, si avrebbe inve-
ce Vs0 = 100 m/s, Z < 2 e un Fa trascurabile (Figura 4).
In Figura 14 mostriamo il caso di un H/V acquisito su
argille che mostra un picco decisamente modesto ma la
cui esistenza è ben confermata nella zona da numerose
prove nella zona. Il fit congiunto di H/V e curve di disper-
sione fornisce il profilo di Vs illustrato nel pannello C). Si
osserva che la curva di dispersione fornisce informazioni
solo fino a circa 20 m di profondità e il resto del modello
è ottenuto dal fit della sola curva H/V.
La frequenza fondamentale di sito è f0 = 0.8 Hz ed è ri-
conducibile ad uno strato assimilabile al bedrock a circa
70 m di profondità. Il modello suggerisce Vs0 = 230 m/s
e Z = 1.7 (pannello C in Figura 14). Secondo la procedu-
ra semplificata, l’amplificazione attesa al sito è Fa = 1.8
(Figura 4). Per validare i risultati dell’approccio sempli-
ficato eseguiamo una modellazione lineare-equivalente
1D ed otteniamo la funzione di amplificazione illustrata
in Figura 15, che suggerisce Fa = 1.6 alla frequenza di
risonanza.
Figura 14 – Caso di sottosuolo caratterizzato da profilo di Vs gradual-mente crescente con la profondità. A) curva H/V sperimentale (rosso con deviazione standard in nero) e teorica (blu). B) spettro di velocità di fase dell’onda di Rayleigh con curva di dispersione teorica (blu), C) modello di Vs per il sito ottenuto dal fit congiunto delle due prove. La prova B) fornisce informazioni solo fino a 5 Hz. Il modello teorico sotto questa frequenza è ottenuto dalla prova H/V.
Figura 15 – Fattore di amplificazione SH da modello lineare-equivalente 1D di risposta di sito. Questo dà Fa(SH) ≈ 1.6 a f
0.
Figura 16 – Caso di sottosuolo caratterizzato da due netti contrasti di impedenza. A) curva H/V sperimentale (rosso con deviazione standard in nero) e teorica (blu). B) spettro di velocità di fase dell’onda di Ray-leigh con curva di dispersione teorica (blu), C) modello di Vs per il sito ottenuto dal fit congiunto delle due prove. La prova B) fornisce infor-mazioni solo fino a 5 Hz. Il modello teorico sotto questa frequenza è ottenuto dalla prova H/V.
Figura 17 – Fattore di amplificazione SH da modello lineare-equivalente 1D di risposta di sito. Questo dà Fa(SH) ≈ 1.7-1.8 a f
0, analogo a quanto
stimato secondo l’approccio semplificato VFZ a partire da Vs0 = 300
m/s, Z = 2 e f0 = 0.4 Hz.
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relativa incertezza, nonché diverse altre scelte di input
(posizione della tavola d’acqua, curve di smorzamen-
to, posizione della sorgente ecc.) e il tutto risulta molto
più laborioso e dà un output che per i motivi presentati
nell’introduzione non è scientificamente meno impreciso
di una procedura semplificata.
La matrice VFZ si può rivelare utile anche nella sempli-
ce interpretazione delle curve H/V. Essa infatti dà una
stima della grandezza dell’amplificazione dell’onda SH
attesa a partire dall’ampiezza dei picchi H/V, indipen-
dentemente dalla loro origine (da bedrock rigido o altri
strati) permettendo così di capire a quali picchi H/V dare
importanza maggiore.
Sottolineiamo ancora che i valori di Fa forniti dalla ma-
trice VFZ (e in generale dagli approcci semplificati) non
vanno intesi come valori assoluti ma come relativi (sito a
bassa o alta amplificazione) poiché dipendono da nume-
rose altre variabili e assunti.
Ultimo, ma non meno importante, il già citato fatto che
stiamo purtroppo continuando a dare tanta attenzione
al problema dell’amplificazione delle onde SH quando
buona parte del terremoto non è onda SH, né per am-
piezza né per durata.
Nota finale: Lo scopo di questo scritto non è di proporre
l’ennesima serie di abachi per derivare Fa ma di indica-
re quali sono i parametri fisici minimi necessari per una
classificazione semplificata di sito e di mostrare perché
è scientificamente preferibile una classificazione sempli-
ficata ai minimi termini (ma razionale) a classificazioni più
articolate ma con pari livello di incertezza.
7. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
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ce Books, 700 p.
ANDERSON J.G., 2007. Physical Processes that control strong ground
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bert ed., Elsevier, Amsterdam.
ASTEN, M. W., AND D. M. BOORE (2005). Comparison of shear-velocity
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(CCOC) measured with fourteen invasive and non-invasive methods.
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tes in San Jose, California, ed. M. W. Asten and D. M. Boore,. USGS
Open File Report 2005-1169; http://pubs.usgs.gov/of/2005/1169/.
3. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Poiché l’obiettivo finale degli studi di risposta sismica
locale è prevedere il comportamento di un oscillatore (la
struttura) fondato su un altro oscillatore (il sottosuolo),
sembra ragionevole trasferire il ragionamento da un ap-
proccio funzione della profondità (Vs30) ad un approccio
funzione della frequenza (f0).
A partire dall’osservazione che la principale causa di
amplificazione sismica stratigrafica è l’esistenza di con-
trasti di impedenza nel sottosuolo, si propone uno sche-
ma classificativo semplificato di sito basato su 3 para-
metri: Vs0, f
0 e Z (in breve VFZ), ossia la velocità media
delle coperture, la frequenza di risonanza del sottosuolo
e il contrasto di impedenza tra coperture e strato che
genera la risonanza.
L’analisi della risposta sismica 1D di diversi sottosuoli
(tutti caratterizzati da Vs che aumentano con la profon-
dità) ha permesso di creare una funzione 4D che correla
il fattore di amplificazione Fa atteso per l’onda SH a (Vs0,
f0, Z).
VFZ costituisce la base fisica minima per una stima
dell’amplificazione stratigrafica e può essere misurata
con lo stesso impegno strumentale richiesto per una mi-
sura di Vs30. L’interpretazione congiunta di una prova
multicanale a onde di superficie e una prova H/V o – in
casi favorevoli – la sola prova H/V accompagnata da una
adeguata conoscenza della stratigrafia del sito sono suf-
ficienti per la stima di VFZ nel dominio di frequenze di
interesse ingegneristico. In particolare, la prova H/V for-
nisce una stima ragionevole di f0
5. La prova multicanale
o il fit vincolato della prova H/V forniscono una stima
di Vs0. Infine Z può essere inferita dall’ampiezza A
0 dei
picchi H/V6.
E’ stato mostrato che lo schema classificativo basato su
(Vs0, f
0, Z) può essere usato anche in assenza di risonan-
ze marcate (dovute all’assenza di contrasti di impedenza
netti) e su suoli che presentano più di una risonanza.
Una obiezione che potrebbe nascere è che una volta che
per un sito siano disponibili i parametri VFZ, si potreb-
be – con uno sforzo minimo maggiore – effettuare una
modellazione numerica 1D completa in luogo della pro-
cedura semplificata.
In realtà l’applicazione di una modellazione numerica
richiede lo studio della risposta con diverse funzioni
di input (terremoti), al fine di fornire un valore medio e
5 La prova H/V suggerisce inoltre la presenza di inversioni di velocità rilevanti (Castellaro and Mulargia, 2009b), ossia di casi non considerati nella mo-
dellazione presentata.6 Le prove in array, specialmente attivo con energizzazione in superficie permettono di caratterizzare bene Vs
0 delle coperture mentre faticano a dare
informazioni sotto riflettori rigidi per questioni energetiche (percentuale di onde riflesse vs. percentuale di onde rifratte alle interfacce). Per questo motivo
talvolta forniscono stime poco precise o insufficienti (per limiti di profondità) di Z.
Aartic
olo
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ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
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Un tentativo di determinazione empirica del Cv
(coefficiente di consolidazione) da prove CPT (prova
penetrometrica statica) e della permeabilita’ dai limiti
di AtterbergGianluca Ferioli Geologo, Dottore di Ricerca
riguardante le caratteristiche meccaniche dei terreni di
fondazione. In generale tali caratteristiche si ottengono
da normalissime prove penetrometriche statiche CPT,
dato il basso costo relativo e la rapidità di esecuzione.
In fase definitiva, poi, sono solitamente necessarie veri-
fiche più precise di laboratorio con campioni indisturbati
prelevati nel corso di sondaggi a rotazione.
E’ in questo contesto noto a tutti che le prove CPT , par-
tendo dagli unici due valori direttamente letti in campa-
gna, permettono, attraverso una serie di formule empiri-
che, di ottenere in modo indicativo i parametri meccanici
del terreno, che come tali (cioè indicativamente) vanno
considerati ed utilizzati.
Negli ultimi anni abbiamo raccolto una serie abbastanza
significativa (circa 300) di dati ottenuti da prove CPT af-
fiancate a sondaggi geognostici in cui sono stati raccolti
campioni indisturbati su cui sono state eseguite prove di
consolidazione edometrica.
Una volta raccolti e confrontati tali dati abbiamo cercato
una correlazione empirica tra il coefficiente di consolida-
zione e i valori Rp-Rl (resistenza alla punta e resistenza
laterale).
Il coefficiente di consolidazione primaria Cv si ricava con
precisione da prove edometriche, attraverso il diagram-
ma tempo-cedimenti che viene registrato durante un
intervallo di carico. Esso viene utilizzato per una stima
del tempo di esaurimento dei cedimenti di un’opera oltre
che per la misura della permeabilità di terreni coesivi.
Le prove in questione sono piuttosto lunghe e costose,
necessitano di campionature indisturbate e vanno previ-
ste in modo “mirato”, solitamente dopo una campagna
preliminare di prove CPT.
Una prima valutazione del Cv può essere utile già dalla
succitata campagna preliminare di CPT per avere una
idea dell’ordine di grandezza, oltre che dei tempi di ce-
dimento, anche della permeabilità dei terreni, calcolabile
dalla formula K (permeabilità) =Cv*mv*YH2O utilizzata
1. PREMESSA
La Geotecnica in quanto scienza che necessita di ten-
dere a fornire numeri il più possibile precisi ed affinati
deve, naturalmente, cercare di avvalersi di strumenta-
zioni sempre più sofisticate ed in grado di aumentare
costantemente il numero di cifre significativamente re-
alistiche “dopo la virgola”. Ovviamente questa filosofia
generale ad un certo punto perde in parte di valore a
fronte della precisione richiesta da un calcolo, che talora
può necessitare di un range abbastanza largo.
Per questo motivo vengono ancora comunemente utiliz-
zate prove come le CPT, prove penetrometriche statiche
con punta meccanica, in cui la parte empirica in fase di
elaborazione la fa da padrona, con delega alla coscienza
del professionista di utilizzarle cum grano salis, affian-
cando ad esse un adeguato numero di sondaggi con
campionature indisturbate per una taratura precisa della
campagna d’indagine.
In questo contesto si inserisce lo studio statistico che
da anni stiamo facendo per ottenere qualche ulteriore
parametro preliminare che possa avere un po’ di utilità,
oltre a quelli solitamente ricavati.
Abbiamo a tale proposito tentato di ottenere un valore
empirico di due grandezze che necessitano, per essere
determinate con precisione, di prove piuttosto lunghe e
di campionature indisturbate, da prove semplici e sbri-
gative: il coefficiente di consolidazione primaria Cv dalla
prova CPT e la permeabilità dai limiti di Atterberg, il tutto
tarato sui terreni prevalentemente coesivi della fascia tra
Venezia e Bologna.
2. DETERMINAZIONE EMPIRICA DEL CV
Capita che il professionista necessiti in una preliminare
prima battuta di indagini di un’indicazione di massima
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ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
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per le diffusissime prove di permeabilità indiretta ese-
guite sempre con edometro. Già il coefficiente di com-
pressibilità di volume mv è normalmente ricavato per via
empirica dalle prove CPT, con il calcolo empirico del Cv
il cerchio si chiude, per quanto approssimato.
Sia comunque chiaro che dato che tutte le grandezze
derivate dalle prove CPT sono ricavate in modo indiret-
to, si possono cambiare i coefficienti di calcolo da zona
a zona dipendentemente dalle caratteristiche note dei
terreni. Le nostre comparazioni sono risultate attendibi-
li per la bassa padana, nella fascia tra Venezia-Pado-
va-Ferrara e Bologna, in cui abbiamo eseguito CPT e
sondaggi di taratura. Ad esempio il classico RP/20 per
il calcolo della coesione non drenata può cambiare di-
pendentemente dalle aree.
Questa nota vuole quindi essere unicamente un’invito
alla ricerca verso quei colleghi che si trovano ad elabora-
re dati da sondaggi e penetrometrie per un affinamento
sempre migliore dei parametri ricavabili da prove econo-
miche ma spesso incerte, come le CPT, senza dimenti-
care che il modo migliore di calcolare queste grandezze
è con campioni indisturbati ed in laboratorio.
La formula per il calcolo del Cv è:
Cv = (RP/RL*(RP/10000)/(RLm)
in cui:
RP = 1° LETTURA AL MANOMETRO
DEL PENETROMETRO (infissione punta)
RLm = 2° LETTURA AL MANOMETRO
DEL PENETROMETRO (infissione punta + manicotto)
RL = RESISTENZA LATERALE
Costante del Penetrometro: 10
Riportiamo in figura 1-2-3 a titolo di esempio i grafici Cv-
RP/RL per RP= 5,10,20 daN/cm2.
In fig. 4 un penetrometro su autocarro posizionato per
la prova.
Figura 1 - Nel grafico si osservano in ascissa il coefficiente di conso-lidazione primaria ed in ordinata il rapporto tra resistenza alla punta e resistenza laterale, con resistenza alla punta di 5 daN/cm2
Figura 4 - Penetrometro su autocarro
Figura 2 - Nel grafico si osservano in ascissa il coefficiente di conso-lidazione primaria ed in ordinata il rapporto tra resistenza alla punta e resistenza laterale, con resistenza alla punta di 10 daN/cm2
Figura 3 - Nel grafico si osservano in ascissa il coefficiente di conso-lidazione primaria ed in ordinata il rapporto tra resistenza alla punta e resistenza laterale, con resistenza alla punta di 20 daN/cm2
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3. DETERMINAZIONE EMPIRICA DELLA PERMEABILITÀ DAI LIMITI DI ATTERBERG
Anche in questo caso la formula in primissima appros-
simazione, può fornire utili indicazioni relativamente alla
permeabilità dei terreni attraverso l’esecuzione dei limiti
di Atterberg. Ovviamente il risultato è puramente indi-
cativo, pur se compatibile con gli ordini di grandezza
ricavati da verifiche di laboratorio e letteratura. Ricor-
diamo che i limiti di Atterberg (liquido e plastico) sono
grandezze ricavabili da prove di laboratorio economiche,
semplici e rapide, e si riferiscono all’umidità, caratteri-
stica per ogni tipologia di terreno, per la quale il terreno
stesso si comporta in modo fluido o plastico. Dai limiti
di Atterberg si ricava la nota carta di plasticità di Casa-
grande, utilizzata per varie classificazioni dei terreni. La
permeabilità, invece, è la velocità con cui l’acqua può
“attraversare” il terreno, che sarà tanto più alta quanto
più il terreno è granulare (sabbioso ghiaioso) e più bassa
con terreni limoso-argillosi.
Le prove di permeabilità sono, specialmente nei secon-
di, lunghe e complesse, quindi una primissima e pur ap-
prossimativa indicazione della permeabilità ricavata dai
limiti può in certi casi essere utile. La formula proposta
è la seguente, con K espressa in centimetri al secondo:
K (permeabilità) = 1/ (Limite liquido*Indice plastico4)
In figura 5 sono riportati alcuni valori esemplificativi rica-
vati dai calcoli, in linea con i noti ordini di grandezza dei
materiali della nostra area di lavoro, in fig. 6 un cucchiaio
di Casagrande per la determinazione del limite liquido
dei terreni.
4. CONCLUSIONE
Lo spirito del breve articolo dovrebbe essere, spero, suf-
ficientemente chiaro. Un invito ai colleghi a sperimentare
tutto questo per arrivare ad avere un piccolo strumen-
to senza particolari pretese in più, da usare con tutte le
cautele che si convengono ad un qualunque “RP/20”.
Un buon lavoro a tutti.
5. BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
ASTM D4318 - 10 Standard Test Methods for Liquid Limit, Plastic Li-
mit, and Plasticity Index of Soils
ASTM D2435 - 04 Standard Test Methods for One-Dimensional Con-
solidation Properties of Soils Using Incremental Loading
ASTM D3441 - 05 Standard Test Method for Mechanical Cone Pene-
tration Tests of Soil
UNI CEN ISO/TS 17892 - 12:2005: Indagini e prove geotecniche - Pro-
ve di laboratorio sui terreni - Parte 12: Determinazione dei limiti di
Atterberg
UNI CEN ISO/TS 17892 - 5:2005: Indagini e prove geotecniche - Prove
di laboratorio sui terreni - Parte 5: Prova edometrica ad incrementi
di carico
Aartic
olo
Figura 6 - Cucchiaio di Casagrande per determinare il Limite Liquido delle terre.
Figura 5 - Valori di permeabilità (cm/S) per terreno con Indice Plastico fino a 40.
Iinse
rto
GEO-PRO-CIV ASSOCIAZIONE GEOLOGI EMILIA ROMAGNA PER LA PROTEZIONE CIVILE
10 ANNI DI ATTIVITÀ
Aldo Antoniazzi*, Fabio Parmeggiani*, Riccardo Triches Geologi, liberi professionisti e Presidenti dell’Associazione
Per noi geologi dell’Emilia Romagna il 2012 è un anno
di ricorrenze: oltre al ventennale dell’Ordine Regionale
(come del resto per tutti gli Ordini Regionali d’Italia), ri-
corre anche il decennale della nostra Associazione per
la Protezione Civile. GeoProCiv è nata, infatti, il 3 luglio
2002 a Bologna, presso l’allora sede dell’Ordine Regio-
nale in Via Belfiore 3, per iniziativa proprio del Consiglio
dell’Ordine Regionale, di cui ricordiamo il compianto
Presidente Dott. Gianfranco Bruzzi, oltre che per il con-
tributo fondamentale della Protezione Civile Regionale. Il
6 dicembre 2002 l'Assemblea degli iscritti, riunitasi pres-
so la sede della Protezione Civile Regionale, eleggeva i
primi membri degli organi ufficiali previsti dallo statuto
(Consiglio Direttivo, Collegio dei Revisori e Collegio dei
Probiviri) e il 20 dicembre 2002 avveniva l’insediamen-
to del Consiglio e dei Collegi. Iniziava così l’operatività
dell’Associazione che quest’anno compie, appunto, i
suoi primi 10 anni di attività. Questa ricorrenza cade in
un momento in cui le problematiche di Protezione Civile
sono particolarmente attuali a livello nazionale, anche se
è bene ricordare come GeoProCiv rimanga, nel pano-
rama nazionale, la prima e finora unica associazione di
volontariato di protezione civile formata esclusivamente
da geologi liberi professionisti.
Lo scopo per cui è nata GeoProCiv è quello di fornire
un sostegno tecnico alle azioni di prevenzione e di pro-
tezione civile per quanto concerne le problematiche di
carattere geologico.
Tra gli obiettivi che l’Associazione persegue i due princi-
pali sono i seguenti:
- offrire nei momenti di emergenza la propria disponi-
bilità operativa sul territorio, mettendo a disposizione
delle Autorità competenti e degli enti locali le proprie
conoscenze tecnico-scientifiche;
- fornire, in situazioni di ordinaria gestione, le sue specifi-
che competenze alla Protezione Civile in merito all’ag-
giornamento dei volontari e alla programmazione di
ricerche, di studi e di analisi orientative per individuare
le criticità geologico-ambientali in ambito regionale (ri-
schi sismico, idraulico, idrogeologico ecc.).
Nell’ottobre del 2004 GeoProCiv aderiva al Coordina-
mento Provinciale del volontariato di Bologna.
In questi 10 anni l’Associazione ha promosso per i
propri soci (e non solo) numerosi eventi formativi, (an-
ticipando di fatto l’APC), ha partecipato e contribuito
all’organizzazione di molteplici esercitazioni, è interve-
nuta in progetti europei di Protezione Civile, ha aderito
a importanti gruppi di lavoro promossi dalla Protezione
Civile regionale assieme alle altre associazioni di volon-
tariato ed ha raccolto la disponibilità di un cospicuo nu-
mero di soci per portare un aiuto diretto alle popolazioni
colpite da eventi catastrofici sia in Italia che nel resto
del mondo.
Elencare tutti gli eventi organizzati fin dai primi anni di
attività risulterebbe arduo, ma possiamo ricordare, tra
i più importanti, quello dedicato alla normativa e all’or-
ganizzazione di Protezione Civile (Parma, 22 maggio
2004), quello sul rischio sismico (Bagno di Romagna,
02 ottobre 2004) e quello sul rischio idraulico (Ferra-
ra, 07 maggio 2005). Tra le esercitazioni a cui abbiamo
partecipato, sono da annoverare come tappe importanti
per la crescita dell’associazione quella nazionale sul ri-
schio sismico denominata “Forlivese 2003”, alla quale
hanno partecipato 13 volontari, quella europea sul ri-
schio idraulico “Po 2005 - Flood Emergency”, svoltasi a Ottobre 2004 - Giornata formativa sul rischio sismico a Bagno di Ro-magna (FC)
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* ex Presidenti
I
Nel 2004, dopo il maremoto avvenuto nel sud-est asiati-
co, numerosi colleghi hanno fornito la propria disponibi-
lità a fornire aiuto, anche sul luogo del disastro. Questa
disponibilità è stata comunicata alla Regione Emilia-
Romagna, con l’obiettivo di partecipare ai progetti che
eventualmente sarebbero stati svolti in Asia. Nel 2009
la mattina stessa del sisma de L’Aquila, la centrale ope-
rativa di Bologna ci richiedeva un geologo, da unire alla
prima colonna mobile in partenza nella stessa giorna-
ta; uno dei nostri iscritti ha immediatamente fornito la
propria disponibilità ed è partito, insieme alla colonna
mobile regionale, per portare soccorso alla popolazione
aquilana. Da sottolineare come altri 17 iscritti abbiano
dato la loro disponibilità per una partenza immediata per
i luoghi colpiti dal terremoto abruzzese (cosa che non
si è poi concretizzata in quanto le operazioni per cui gli
iscritti avrebbero potuto dare un contributo significativo
sono state svolte da strutture tecniche del Dipartimento
di Protezione Civile o da tecnici appartenenti a enti pub-
blici, e questo per una precisa scelta del DPC). Nel corso
dell’emergenza, prolungatasi come sappiamo per un pe-
riodo di tempo abbastanza lungo, alcuni iscritti all’Asso-
ciazione hanno partecipato alle operazioni di Protezione
Civile come volontari “normali” (ammesso che si possa
utilizzare questo aggettivo per definire persone che per
diversi giorni si sono adoperate sul posto per aiutare le
popolazioni terremotate), e inoltre nell’estate del 2009 è
stato richiesto il nostro contributo in alcune operazioni di
rilevamento affidate alla regione Emilia Romagna.
L’esperienza aquilana, che anche se breve e limitata ad
alcune operazioni, è stata tuttavia la prima in un evento
di portata nazionale (evento di tipo C - eventi che per in-
tensità ed estensione sono fronteggiati con mezzi e po-
teri straordinari e per i quali, su richiesta del Presidente
della Regione, il Presidente del Consiglio dei Ministri di-
chiara lo stato di emergenza): a partire dalla fondazione
fino all’aprile 2009 non si erano mai verificate, fortunata-
mente, vere emergenze che coinvolgessero la nostra re-
gione e quindi le strutture regionali di Protezione Civile.
Questa esperienza è stata estremamente utile, in quanto
ha messo in luce alcuni punti che, proprio perché mai
verificatisi, non erano mai emersi in precedenza. Si sono
così evidenziate problematiche riguardanti per esempio
la logistica (trasporti, alloggi, equipaggiamento) connes-
Ferrara, l’esercitazione provinciale sul rischio idraulico e
idrogeologico tenutasi a Reggio Emilia (2006), l’esercita-
zione “Rotta Omega 2” - Fiume Po (2007) e le esercita-
zioni “Sisma 2007” (Parma) e Argenta (FE) 2007, entram-
be sul rischio sismico.
Altrettanto significativa è stata la visita guidata svolta
sulla frana del Vajont (18 giugno 2005). L’escursione, ac-
compagnata dall’esposizione degli eventi e dalla descri-
zione dei caratteri geologici, geomorfologici e strutturali
dell’area da parte della Dott.ssa Maria Chiara Turrini e
dal Prof. Giovanni Masè, si è svolta sul versante setten-
trionale del Monte Toc e si è conclusa con la visione
della mostra fotografica “Vajont, per non dimenticare”
a Longarone. Restando in tema di invasi artificiali, Ge-
oProCiv ha organizzato nel 2006 una bella giornata for-
mativa presso la diga di Ridracoli (FC) ove sono stati
presentati la storia dello sbarramento, i caratteri geolo-
gico strutturali dell’invaso, le opere di consolidamento e
il sistema integrato di Protezione Civile dell’Appennino
forlivese. Infine, è stata molto coinvolgente anche la visi-
ta, accompagnata dal Prof. Giovanni Tosatti (UniMoRe),
ai luoghi in cui si è verificata la tragedia della Val di Stava
(19 maggio 2007).
L’Associazione si è occupata anche di rischio idraulico
e idrogeologico costiero connesso con le problematiche
di protezione civile (Ravenna, 24 settembre 2005), di
protocolli di primo soccorso nelle emergenze (Bologna,
01 aprile 2006), di rischio idrogeologico in ambiente ap-
penninico (Baiso, 10 giugno 2006), della subsidenza e
vulnerabilità della costa ravennate (Ravenna, 09 maggio
2008).
Nel 2005 alcuni soci hanno illustrato agli studenti di nu-
merose scuole la mostra sul rischio sismico presente
nel Comune di Montefiore-Conca (RN) e organizzata dal
Servizio Sismico Nazionale. Nel 2006 infine, in collabo-
razione con l’Associazione Psicologi per i Popoli Emilia
Romagna, è stato organizzato il primo corso di psicolo-
gia dell’emergenza.
Ma GeoProCiv ha dimostrato di non essere solo teoria.
La risposta dei soci a vere e proprie emergenze che han-
no colpito l’Italia e il mondo è stata, quando necessario,
immediata.
inse
rto
Maggio 2007 - giornata formativa a Stava (TN)
La diga di Ridracoli (FC), settembre 2006
31Emili
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ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
ITornando alla nostra regione e alla nostra associazio-
ne, la situazione attualmente è in evoluzione, e pone in
essere alcune problematiche all’ordine del giorno per il
Consiglio Direttivo, recentemente rinnovato nel corso
dell’Assemblea Generale del 2 dicembre 2011. L’emana-
zione del nuovo Regolamento regionale per il volontaria-
to di Protezione Civile, per esempio, impone alcune con-
dizioni, prima tra tutte l’obbligatorietà della formazione
specifica per tutti i volontari e la possibile suddivisione
delle Associazioni regionali in coordinamenti provinciali.
Infine, l’attuale Consiglio Nazionale dei Geologi ha inse-
rito la Protezione Civile tra le proprie priorità attivando,
pochi mesi dopo l’insediamento, un accordo di collabo-
razione tra CNG e DPC (sottoscritto il 14 aprile 2011).
Sulla base di questo accordo è stato costituito un Grup-
po di Lavoro misto tra DPC e CNG, gruppo che ha già
definito un primo Protocollo d’Intesa per il rischio sismi-
co (sottoscritto il 15 settembre 2011), mentre è in fase di
approvazione un secondo Protocollo d’Intesa sul rischio
idrogeologico. Tutta la documentazione è reperibile nel
sito del CNG (www.cngeologi.it).
Inoltre è stata costituita una Commissione del CNG per
la Protezione Civile, con lo scopo di affrontare tutte le
problematiche di protezione civile e in particolare quelle
riguardanti il coinvolgimento dei geologi.
Questi accordi, stipulati a livello nazionale, riguardano
eventi di tipo C, mentre per eventi di carattere più limi-
tato si continuerà a fare riferimento alle strutture locali.
Come si vede la materia è in continua evoluzione e sta
conoscendo un momento di grande interesse, anche a
causa delle frequenti e ripetute emergenze che purtrop-
po si susseguono sul territorio nazionale.
Intanto il 2012 è iniziato con un buon auspicio ….. la
nostra Associazione ha partecipato ufficialmente (con
9 associati) alla esercitazione provinciale sul Rischio
Idraulico - ambito Fiume Po (organizzata e gestita dalla
Provincia di Reggio Emilia - UO Difesa del Suolo e Pro-
tezione Civile e dal Coordinamento Organizzazioni di vo-
lontariato di protezione civile di Reggio Emilia), svolta il
3-4 marzo scorso, con sede del COM a Guastalla ed at-
tività che hanno coinvolto i Comuni di Brescello, Boretto,
Gualtieri, Luzzara, ed altre strutture operative attive nei
comuni di Reggio Emilia, Novellara, Poviglio, Reggiolo
nonché anche in comuni rivieraschi extra provincia (zona
parmense comuni di Mezzani Sorbolo e Colorno e pro-
vincia di Mantova).
Le attività operative, messe a punto per simulare un
evento di piena del Po, (come quello reale dell’ottobre
2000, che è stato il secondo evento critico degli ultimi
50 anni paragonabile a quello catastrofico del ‘51) sono
state attuate simulando interventi con il coinvolgimento
di ARPA, AIPO, Consorzio Bonifica, AUSL, CRI, ARI (ra-
dioamatori), Servizio Tecnico Bacini Affl. del Po di Reg-
gio Emilia, Corpo Forestale, Vigili del Fuoco, Prefettura
se con questo tipo di interventi.
Nel frattempo qualcosa ha cominciato a muoversi anche
in altre regioni. L’Ordine dei Geologi della Sicilia, in occa-
sione degli eventi franosi di Giampilieri (Comune di Mes-
sina) e di Scaletta Zanclea (ME) dell’Ottobre 2009, aveva
istituito un nucleo di geologi volontari di Protezione Civile
a supporto del Dipartimento Regionale di Protezione Ci-
vile siciliano, attivando attività di monitoraggio e presidio
territoriale. Successivamente, in occasione degli eventi
franosi del Febbraio - Marzo 2010 nei Nebrodi (Comuni
di San Fratello e Caronia, ME) è stato attivato un Nucleo
Emergenza Nebrodi, costituito da geologi liberi profes-
sionisti a supporto del DRPC. Da questi eventi è nata la
convenzione in vigore tra la Regione Sicilia e l’ODGS per
la costituzione di Presidi Territoriali e Squadre di Geologi
di Zona, con compiti di monitoraggio, presidio territoria-
le, censimento e catalogazione dei dissesti e concorso
alla gestione dell’emergenza, a supporto degli Enti locali
e del DRPC. Nei mesi in cui avvenivano questi eventi vi
sono stati alcuni primi contatti tra GeoProCiv ed i col-
leghi siciliani, scaturiti in un invito a partecipare ad un
convegno organizzato nel Comune di San Fratello (ME),
svoltosi in data 22/05/2010 e intitolato “Il ruolo del geo-
logo nella protezione civile - La gestione dell’emergenza
- Previsione e prevenzione”. Il convegno si è svolto po-
chi giorni dopo la firma della convenzione tra l’ODGS e
la Regione Sicilia. Il confronto tra la nostra associazione
e l’iniziativa attuata dai colleghi siciliani è stato piuttosto
interessante. Il fine di dare un supporto geologico tec-
nico agli enti pubblici ed alla Protezione Civile è stato
perseguito, in Emilia Romagna, attraverso la costituzio-
ne di una associazione di volontariato di geologi (appun-
to GeoProCiv) inserita nel sistema di volontariato di PC
regionale, mentre in Sicilia si è puntato direttamente su
una convenzione tra Regione e Ordine Regionale, con
l’attivazione di nuclei di volontari territoriali non ricom-
presi nell’organizzazione del volontariato regionale.
inse
rto
Convegno di San Fratello (ME) sul ruolo del geologo in protezione ci-vile, maggio 2010
32 Emili
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ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
Idi Protezione Civile (DGRER 259/2010) come accennato
in precedenza richiede a tutte le Associazioni di volonta-
riato di ottemperare ad un programma di formazione di
base dei propri associati, con una sorta di “certificazio-
ne” dei volontari, mediante corsi di formazione di base
organizzati secondo linee guida di Giunta regionale. Il re-
golamento contiene inoltre alcune indicazioni in contra-
sto con la struttura della nostra associazione, come ad
esempio suddivisione delle Associazioni di volontariato
in “unità operative provinciali”, con un numero minimo
di associati per provincia ecc.; la materia è comunque in
fase di discussione, anche da parte di altre Associazioni
e sono auspicabili opportuni “aggiustamenti” specifici
per associazioni di ambito specialistico, come la nostra
o per altre come Associazioni Medici d’emergenza, Psi-
cologi, Ingegneri, Geometri, Radio Amatori e simili.
Nei programmi futuri dell’Associazione l’impegno sarò
profuso per realizzare una banca dati informatizzata del
territorio Regionale (di tipo geologico, geomorfologico
e/o di vincolo idrogeologico ecc.) che ci consenta ad
esempio di poter fornire ai nostri associati, qualora coin-
volti in attività di Protezione Civile (reale o di esercitazio-
ne), informazioni di carattere geologico-ambientale da
poter consultare direttamente sul luogo in cui si è chia-
mati ad operare anche al di fuori del proprio territorio di
provenienza.
Sono inoltre in previsione ed in fase di predisposizione,
per l’anno 2012, incontri di “formazione e aggiornamen-
to” sul rischio frane, da realizzare in collaborazione con
i Servizi Tecnici regionali di competenza dei rispettivi
territori (probabilmente in provincia di Modena e Reggio
Emilia), nonché un programma di massima, per realizza-
re una escursione-aggiornamento, nei luoghi colpiti dalle
alluvioni in Liguria dello scorso autunno.
Buon compleanno GeoProCiv e cento di questi giorni!
di Reggio Emilia Uff. Terr. di Governo, ed ovviamente
anche GeoProCiv.
L’esperienza è stata molto fruttifera e formativa soprat-
tutto per le attività assegnate e richieste alla nostra As-
sociazione, come momenti di formazione dei volontari in
merito ai fenomeni geologici ed idrogeologici relativi alla
formazione di fontanazzi, erosioni di sponda, filtrazione
arginale ecc. Abbiamo anche partecipato attivamente
sia alle operazioni di contenimento dei fontanazzi me-
diante la realizzazione di coronelle sia alla protezione de-
gli argini attraverso telonamenti. Inoltre sono state svolte
attività di monitoraggio arginale, per istruire i volontari di
protezione civile delle varie associazioni locali al ricono-
scimento, rilievo e segnalazione di eventuali situazioni
“anomale” di possibile rischio idraulico, da segnalare al
responsabile del tratto arginale verificato.
Esperienze come questa crediamo siano la strada giusta
per la formazione e la crescita personale dei nostri as-
sociati. Anche dal punto di vista “istituzionale”, poiché il
nuovo Regolamento Regionale in materia di volontariato
inse
rto
Esercitazione sul rischio idraulico Po, marzo 2012
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ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
Roma, 4 novembre 2011
Rif. P/I/2090
Egr. Dott. Geol.
OGGETTO:
Quesito in merito alla possibilità di iscrizione
all’elenco ministeriale degli Esperti qualificati
in radioprotezione.
Egregio Collega,
in riferimento alla Sua e-mail, osservato che,
come dal Lei già evidenziato, il legislatore
ha indicato (all’Allegato V - p.to 9 del D.Lgs.
17/03/1995 n.° 230 e s.m.i.1) i “Titoli per
l’ammissione all’esame di abilitazione per
l’iscrizione nell’elenco degli esperti qualifi-
cati” come di seguito riportato
“9.1. Per l'accesso ai vari gradi di abilitazione
previsti dall'articolo 78 sono richiesti:
a) per l'abilitazione di primo grado:
- laurea o diplomi universitari (laurea bre-
ve) in fisica, o in chimica, o in chimica
industriale o in ingegneria e un periodo
di tirocinio di almeno 120.giorni lavorativi
presso strutture che utilizzano sorgenti per
le quali è richiesta l’abilitazione di I grado
e sotto la guida del relativo esperto qualifi-
cato.
b) per l’abilitazione di II grado:
- laurea o diplomi universitari (laurea bre-
ve) in fisica, o in chimica, o in chimica indu-
striale o in ingegneria, il periodo di tirocinio
di cui al punto a) ed un periodo di tiroci-
nio di almeno 120 giorni lavorativi presso
strutture che utilizzano sorgenti per le quali
è richiesta l’abilitazione di II grado e sot-
to la guida del relativo esperto qualificato.
c) per l’abilitazione di III grado:
- laurea in fisica, o in chimica o in chimica
industriale o in ingegneria, i periodi di ti-
rocinio di cui ai punti a) e b) ed un periodo
di tirocinio di almeno 120 giorni lavorativi
presso strutture che utilizzano acceleratori
di elettroni di energia superiore a 10 MeV o
acceleratori di particelle diverse dagli elet-
troni, o presso impianti di cui al Capo VII,
sotto la guida del relativo esperto qualifi-
cato”;
considerato inoltre che, per quanto attiene il
potenziale “ambito geologico”, il citato de-
creto prevede l’applicazione delle norme in
esso contenute nel campo minerario (art.
11) ma indica anche che “Il presente decreto
- organizzazione della radioprotezione: ruolo
degli esperti qualificati, cultura in materia di
sicurezza (importanza del comportamento
umano), abilità a comunicare (capacità di in-
stillare una cultura della sicurezza negli altri),
registrazione (sorgenti, dosi, eventi anomali),
permessi di lavoro ed altre autorizzazioni,
definizione delle zone e classificazione dei
lavoratori, controlli di qualità per sorgenti che
richiedono il I grado di abilitazione, relazioni
con gli esercenti”.
posto che la Legge 03/02/1963 n.° 112 – “Di-
sposizioni per la tutela del titolo e della pro-
fessione di geologo” – Art. 3 “Oggetto della
professione” ed il Decreto del Presidente
della Repubblica 5 giugno 2001, n.° 328 –
“Modifiche ed integrazioni della disciplina dei
requisiti per l’ammissione all’esame di Stato
e delle relative prove per l’esercizio di talune
professioni, nonché della disciplina dei rela-
tivi ordinamenti” – Capo VIII Professione di
geologo – Art. 41 “Attività professionali” nulla
indicano relativamente al tema delle “radia-
zioni ionizzanti” (pur rilevandosi una certa at-
tinenza della materia in diversi “contesti Ge-
ologici”2) e che la ns. formazione universitaria
non comprende le materie per le quali viene
richiesta “adeguata conoscenza” (vd. argo-
menti d’esame già elencati);
emerge come la scarsa possibilità di ap-
plicazione delle competenze del Geolo-
go in “materia di radioprotezione” renda
difficilmente argomentabile la richiesta
estensione del decreto anche alla ns. figu-
ra professionale.
L’osservazione (da Lei fatta in chiusura di email)
dell’indebita esclusione della ns. Laurea spe-
cialistica o magistrale (in Scienze geologiche)
“se paragonata” alla pur contemplata “gene-
rica laurea breve in ingegneria”, appare infine
una “deminutio” del ns. titolo di studio che, se
sostenuta, comporterebbe sicuri “effetti colla-
terali” (si pensi ai campi progettuale, geotecni-
co, idrogeologico - idrologico – idraulico, ecc.),
ben più gravi per la categoria che la mancata
possibilità di iscrizione all’elenco ministeriale
degli esperti qualificati in radioprotezione.
Cordiali saluti.
non si applica all'esposizione al radon nelle
abitazioni o al fondo, naturale di radiazione,
ossia non si applica né ai radionuclidi con-
tenuti nell'organismo umano, né alla radia-
zione cosmica presente al livello del suolo,
né all'esposizione in superficie ai radionuclidi
presenti nella crosta terrestre non perturbata.
Dal campo di applicazione sono escluse le
operazioni di aratura, di scavo o di riempi-
mento effettuate nel corso di attività agricole
o di costruzione, fuori dei casi in cui dette
operazioni siano svolte nell'ambito di inter-
venti per il recupero di suoli contaminati con
materie radioattive" (art. 1-bis);
rilevato inoltre che “il richiedente l'iscrizione (al
grado inferiore di abilitazione, di cui al citato
D.Lgs) deve dimostrare di possedere un'a-
deguata conoscenza in materia di:
- fisica nucleare e fisica atomica di base;
- biologia di base;
- natura e proprietà della radiazione elettro-
magnetica ionizzante, modalità di interazione
con la materia;
- caratteristiche di funzionamento delle ap-
parecchiature emittenti raggi X, parametri
radioprotezionistici, carico di lavoro, barriere
primarie e secondarie, loro progettazione e
verifica;
- tipi e usi delle sorgenti RX : attrezzature sani-
tarie per diagnostica e terapia, industriali, per
la ricerca scientifica (es.cristallografia);
- protezione del paziente, in particolare legi-
slazione nazionale e comunitaria in materia
di radioprotezione del paziente, incluse le di-
sposizioni relative alle esposizioni potenziali e
alle attrezzature;
- problemi specifici del controllo delle esposi-
zioni del personale e del pubblico in ambito
sanitario;
- grandezze e unità di misura;
- rilevazione e dosimetria dei raggi X: principi
teorici, teoria della cavità, metodi e strumenti
di misura (incluse le incertezze e i limiti di rive-
lazione), loro taratura e collaudo ;
- dosimetria personale per esposizione a raggi
X, dosimetri e principi di funzionamento;
- effetti biologici delle radiazioni ionizzanti;
- principi fondamentali delle norme di radiopro-
tezione (epidemiologia, ipotesi lineare degli
effetti stocastici, effetti deterministici);
- principi ICRP: giustificazione, ottimizzazione,
limitazione delle dosi;
- raccomandazioni/convenzioni internazionali;
- disposizioni legislative nazionali e comunitarie
e normative tecniche sulla tutela contro il ri-
schio da radiazioni ionizzanti;
- protezione della popolazione: concetto di
gruppo di riferimento, calcolo di dose per
tale gruppo;
- valutazione e riduzione dei rischi;
- monitoraggio delle zone classificate;
- ergonomia;
- norme operative e pianificazione per le emer-
genze;
- procedure di emergenza;
- analisi degli infortuni passati;
Ccorr
ispon
denz
a
1 D.Lgs. 26 maggio 2000, n. 187, D.Lgs. 26 maggio 2000, n. 241, D.Lgs. 9 maggio 2001, n. 257, D.Lgs. 26 marzo 2001, n.151 e Legge 1 marzo 2002, n. 39.2 Quali l'individuazione e la valutazione delle pericolosità geologiche e ambientali; l'analisi, prevenzione e mitigazione dei rischi geologici e ambientali; il reperimento, la valutazione e gestione delle geo-risorse e dei geomateriali d'interesse industriale e commerciale compresa la relativa programmazione, progettazione e direzione dei lavori; l'analisi, la gestione e il recupero dei siti estrattivi dimessi; la geologia applicata alla pianificazione per la valutazione e per la riduzione dei rischi geoambientali, le analisi geologiche, idrogeologiche, geochimiche delle componenti ambientali relative alla esposizione e vulnerabilità a fattori inquinanti e ai rischi conseguenti; l'individuazione e la definizione degli interventi di mitigazione dei rischi; la funzione di Direttore responsabile in tutte le attività estrattive a cielo aperto, in sotterraneo, in mare.
36
Ccorr
ispon
denz
a
Emili
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36
Roma, 14 dicembre 2011
Rif. P/CR.c/4995
A tutti gli Ordini Regionali dei Geologi
LORO SEDI
CIRCOLARE N° 345
OGGETTO:
Certificazione energetica degli edifici-Com-
petenza del geologo
Il Consiglio Nazionale nella riunione del 17
novembre 2011, a seguito di quesiti posti in
materia di iscrizione di geologi all'elenco dei
certificatori energetici degli edifici, ritenendo
che, nelle more della definizione del complesso
normativa, anche ai geologi (soggetti in pos-
sesso di titoli di studio tecnico scientifici, indivi-
duati in ambito territoriale da Regioni e Provin-
ce autonome), qualora abilitati dalle predette
amministrazioni, a seguito di specifici corsi di
formazione con superamento di esame finale,
non sia preclusa l' iscrizione all'elenco dei cer-
tificatori energetici degli edifici, ha deliberato l'
approvazione del documento "CERTIFICAZIONE
ENERGETICA DEGLI EDIFICICOMPETENZA DEL GEOLOGO",
che si trasmette in allegato.
N.B. Per consultare la circolare e l'allegato
accedere al sito http://cngeologi.it-sezionecir-
colari.
presente decreto, con uno o più decreti del
Presidente della Repubblica, sono definiti:
...omissis
c) i requisiti professionali e i criteri di accre-
ditamento per assicurare la qualificazione e
l'indipendenza degli esperti o degli organi-
smi a cui affidare la certificazione energetica
degli edifici e l’ispezione degli impianti di
climatizzazione. I requisiti minimi sono rivisti
ogni cinque anni e aggiornati in funzione dei
progressi della tecnica.
In latenza della emanazione della prevista di-
sposizione, è intervenuto il D.Lgs. 115/2008,
il cui art. 18 comma 6 prevede che:
6. Ai fini di dare piena attuazione a quanto
previsto dal decreto legislativo 19 agosto
2005, n. 192, e successive modificazioni,
in materia di diagnosi energetiche e certifi-
cazione energetica degli edifici, nelle more
dell'emanazione dei decreti di cui all'articolo
4, comma 1, lettere a), b) e c), del medesimo
decreto legislativo e fino alla data di entrata
in vigore degli stessi decreti, si applica l'al-
legato III al presente decreto legislativo. Ai
sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo
19 agosto 2005, n. 192, le disposizioni di cui
all'allegato III si applicano per le regioni e
province autonome che non abbiano ancora
provveduto ad adottare propri provvedimen-
ti in applicazione della direttiva 2002/91/CE
e comunque sino alla data di entrata in vi-
gore dei predetti provvedimenti nazionali o
regionali. Le regioni e le province autonome
che abbiano già provveduto al recepimento
della direttiva 2002l91/CE adottano misure
atte a favorire la coerenza e il graduale rav-
vicinamento dei propri provvedimenti con i
contenuti dell'allegato III.
In Allegati III, il citato D.Lgs. 115/08 prevede
che siano riconosciuti come soggetti abilitati
alla certificazione energetica i "tecnici abilita-
ti", cosi definiti:
2. Si definisce tecnico abilitato un tecnico
operante sia in veste di dipendente di enti
ed organismi pubblici o di società di servizi
pubbliche o private (comprese le società di
ingegneria) che di professionista libero od
IL DIRETTORE GENERALE:
ATTIVITA’ PRODUTTIVE,
COMMERCIO e TURISMO
MORENA DIAZZI
REGIONE EMILIA-ROMAGNA: GIUNTA
PG.2012. 0034800
del 09/0212012
Spett. le Ordine dei Geologi Emilia-Romagna
Via Guerrazzi. 6 - 40125 Bologna
Dott. Zaghini Maurizio - Presidente
OGGETTO:
Competenze dei geologi in materia di certi-
ficazione energetica degli edifici
Gentile dott. Zaghini,
con riferimento alla Vostra comunicazione
del 16 gennaio ultimo scorso (ns. protocollo
PG.2012.0012153), con la quale ci mettete
a conoscenza della circolare n. 345 del Con-
siglio Nazionale dei Geologi, siamo a rappre-
sentarVi quanto segue. Occorre innanzitutto
premettere che la Regione Emilia-Romagna,
con la deliberazione di Assemblea Legislativa
n. 156 del 4 marzo 2008, ha definito le con-
dizioni di funzionamento del proprio sistema
di certificazione energetica degli edifici, in
attuazione della Direttiva 2002l91/CE e nel
rispetto degli indirizzi formulati dal Decreto
Legislativo 192/2005 e s.m.i.. Tra gli aspetti
disciplinati dalla citata norma regionale, vi è
quello relativo al riconoscimento della qualifica
di "certificatore energetico", tema che forma
oggetto della Vostra circolare e richiesta di
chiarimento.
Va precisato che tale aspetto dovrebbe es-
sere regolato da una disposizione emanata
a livello nazionale, ai sensi di quanto previsto
dall'art. 4 comma 1 lett. c) del citato D.Lgs.
192/2005, ove si rinviene che: "Entro cento-
venti giorni dalla data di entrata in vigore del
37Emili
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ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
e più in generale con la disciplina inerente la
libera circolazione dei servizi, la Giunta regio-
nale, secondo quanto previsto al punto 3.3,
provvede con proprio Atto ad aggiornare il
contenuto del punto 7.1. Ai fini del relativo
accreditamento, i soggetti certificatori di cui
al punto 7.1 devono inoltre risultare in pos-
sesso di adeguate capacità organizzative,
gestionali ed operative, come specificato
nella procedura di accreditamento di cui al
punto 6. 2 lett. a). Confermiamo quindi che,
attualmente, il possesso del titolo di studio e
l'abilitazione alla professione di geologo non
è ritenuta condizione di ammissibilità per l'i-
scrizione all'elenco regionale dei certificatori
energetici, né ci risulta esserlo per altre Re-
gioni. A tal proposito, peraltro - pur potendo
ai sensi del citato D.Lgs. 115/08 le Regioni
individuare gli ulteriori titoli di studio tecnico-
scientifici che possono costituire, insieme alla
frequenza ad un corso riconosciuto, condi-
zione di ammissibilità all'elenco dei soggetti
certificatori - occorre tener presente le con-
dizioni di mutuo riconoscimento tra i sistemi
regionali, che rendono necessaria una certa
omogeneità dei criteri di accreditamento. In
conclusione, Vi confermiamo che è intenzio-
ne della Regione Emilia-Romagna procede-
re senz'altro all'aggiornamento dei criteri di
accreditamento di cui al punto 7 della DAL
156/08 e s.m.i. a seguito dell'emanazione del
decreto presidenziale di cui all'art. 4 comma
1 lett. c) del citato D.Lgs. 192/2005, al fine di
uniformare ad esso i criteri medesimi. In tale
occasione, sarà possibile verificare se il titolo
di geologo e la relativa abilitazione professio-
nale sono requisiti utili per l'iscrizione all'elen-
co dei soggetti certificatori energetici. I nostri
Uffici e in particolare l'arch. Stefano Stefani
(tel. 051/527.6569; mail: sstefani@regione.
emllia-romagna.it) del Servizio Energia ed
Economia verde per ulteriori approfondimenti.
Cordialmente
- diploma di geometra, perito industriale, pe-
rito agrario, agrotecnico, perito chimico in-
dustriale.
Adeguata competenza, comprovata da:
- abilitazione all'esercizio della professione re-
lativa alla progettazione di edifici ed impianti
asserviti agli edifici stessi, nell'ambito del-
le competenze attribuite dalla legislazione
vigente,accompagnata da una esperienza
almeno annuale nei seguenti campi: proget-
tazione dell'isolamento termico degli edifici,
progettazione di impianti di climatizzazione
e di valorizzazione delle fonti rinnovabili negli
edifici, progettazione delle misure di miglio-
ramento del rendimento energetico degli
edifici, diagnosi e certificazione energetica
di edifici, gestione dell'uso razionale dell'e-
nergia;
- oppure partecipazione ad uno specifico cor-
so di formazione, con superamento dell'e-
same finale, anche antecedente alla data di
entrata in vigore della deliberazione dell'As-
semblea Legislativa 4 marzo 2008, n. 156,
riconosciuto dalla Regione o da altre Regioni
e Province Autonome.
Persone giuridiche, pubbliche e private, do-
tate di tecnici accreditati ai sensi del punto a)
precedente e regolarmente costituite come:
- società di ingegneria;
- società di servizi energetici;
- enti pubblici, organismi di diritto pubblico;
- organismi di ispezione, pubblici e privati,
accreditati presso il Sincert o presso altro
soggetto equivalente in ambito nazionale ed
europeo sulla base delle norme UNI CEI EN
ISO/IEC 17020 nel settore delle "costruzioni
edili ed impiantistica connessa";
- organismi di certificazione, pubblici e privati,
accreditati presso il Sincert o presso altro
soggetto equivalente in ambito nazionale ed
europeo sulla base delle norme UNI CEI EN
45011 nel settore della "certificazione ener-
getica degli edifici".
7.1 bis AI fine di assicurare la sistematica co-
erenza del presente provvedimento con l'evo-
luzione della normativa nazionale in materia
di riconoscimento dei soggetti certificatori,
associato, iscritto ai relativi ordini e collegi
professionali, ed abilitato all'esercizio del-
la professione relativa alla progettazione di
edifici ed impianti, asserviti agli edifici stes-
si, nell'ambito delle competenze ad esso
attribuite dalla legislazione vigente. Il tec-
nico abilitato opera quindi all'interno delle
proprie competenze. Ove il tecnico non sia
competente nei campi sopra citati (o nel
caso che alcuni di essi esulino dal proprio
ambito di competenza), egli deve operare
in collaborazione con altro tecnico abilitato
in modo che il gruppo costituito copra tutti
gli ambiti professionali su cui è richiesta la
competenza. Ai soli fini della certificazione
energetica, sono tecnici abilitati anche i sog-
getti in possesso di titoli di studio tecnico
scientifici, individuati in ambito territoriale
da regioni e province autonome, e abilitati
dalle predette amministrazioni a seguito di
specifici corsi di formazione per la certifi-
cazione energetica degli edifici con supe-
ramento di esami finale. / predetti corsi ed
esami sono svolti direttamente da regioni e
province autonome o autorizzati dalle stesse
amministrazioni.
Intervenendo quindi in materia, la Deliberazio-
ne di Assemblea Legislativa n. 156/2008, cosi
come modificata ed integrata dalla successi-
va Deliberazione n. 255/2009, specifica i cri-
teri di accreditamento dei soggetti certificatori
nei modi seguenti:
Possono essere accreditati quali soggetti cer-
tificatori nel rispetto dei principi fondamentali
fissati in materia dal legislatore statale: perso-
ne fisiche, ovvero tecnici professionisti singoli
o associati, regolarmente iscritti all'Ordine o
al Collegio professionale di competenza, se
istituito ai sensi della legge vigente, ed in pos-
sesso dei seguenti requisiti:
almeno uno dei seguenti titoli di studio:
- diploma di laurea specialistica in ingegneria,
architettura, scienze ambientali, scienze e
tecnologie agrarie, scienze e tecnologie fo-
restali ed ambientali, chimica;
- diploma di laurea in ingegneria, architettura,
scienze ambientali;
Ccorr
ispon
denz
a
Ccorr
ispon
denz
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Emili
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omag
na
ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
38
Spett.le
Ordini Regionali dei Geologi della Lombardia
Via Pirelli 29
20124 MILANO
A tutti gli
Ordini Regionali dei Geologi
LORO SEDI
Roma, 7 febbraio 2012
Rif. P/CR.c/4754
OGGETTO:
Chiarimento sulle competenze professionali
in merito alla redazione di “Relazione idrauli-
ca di autorizzazione per immissione di acque
di scarico in corso d’acqua”.
L’esame delle norme che disciplinano le attività
professionali dei geologi supportano la sussi-
stenza della competenza concorrente del geo-
logo in materia idrologica e idraulica.
L’art. 3, lettera d), della Legge 112/1963 indi-
vidua tra le attività oggetto della professione
di geologo “le indagini geologiche relative alle
acque superficiali e sotterranee”.
L’art. 41 del D.P.R. 328/2001 prevede le
competenze del geologo in materia di analisi,
prevenzione e mitigazione dei rischi geologici-
ambientali, che contengono, ovviamente, an-
che gli specifici aspetti relativi all’evoluzione dei
corsi di acqua e quindi alla dinamica geomorfo-
logica ovvero all'intero ciclo evolutivo delle ter-
re emerse ed alla valutazione della pericolosità
geologico-idraulica per fenomeni di esondazio-
ne di un corso di acqua naturale o derivante dai
corsi di acqua esistenti variamente antropizzati.
Il successivo art. 42 del D.P.R. 328/2001, nel
disciplinare le prove per l’ammissione all’esa-
me di Stato ai fini dell’iscrizione alla Sezione “A”
dell’Albo dei Geologi, prevede - tra le materie
di esame - anche specifici settori dell’idraulica,
sul presupposto che quest’ultima rientra tra gli
insegnamenti universitari dei Corsi di Laurea in
Scienze geologiche.
L’art. 26, lettera b), del D.P.R. 207/2010, in ma-
teria di contratti pubblici, definisce unitamente
le “relazioni idrologica e idraulica”, ritenendo che
esse riguardano lo studio delle acque meteori-
che, superficiali e sotterranee ed aggiungendo
che tale studio illustra i calcoli preliminari rela-
tivi al dimensionamento dei manufatti idraulici.
Le previsioni sopra riportate sono recepite dalle
Il Presidente Napolitano ha ricevuto una dele-
gazione del Consiglio Nazionale dei Geologi
C o m u n i c a t o
Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napo-
litano, ha ricevuto questa mattina al Quirinale
una delegazione del Consiglio Nazionale dei
Geologi, guidata dal Presidente Gian Vito Gra-
ziano.
Roma, 7 febbraio 2012
Appello al Presidente della Repubblica Gior-
gio Napolitano
“Per un nuovo risorgimento delle scienze ge-
ologiche”
Illustrissimo Sig. Presidente,
a nome mio personale, del Consiglio Nazionale
dei Geologi qui presente e che ho l'onore di
presiedere e, soprattutto, a nome dei 15.000
geologi italiani che operano sul territorio, de-
sidero innanzitutto ringraziarLa per averci con-
cesso questa importante occasione, che è
motivo di grande orgoglio per l'intera categoria
professionale.
Il principale motivo della nostra visita è quello
di rappresentare a Lei, Presidente, che negli
ultimi anni ha richiamato più volte e con for-
za l’attenzione della politica alle problematiche
connesse alle calamità naturali, la particolare
contingenza in cui si trova l’insegnamento
delle Scienze della Terra, sia nelle scuole se-
condarie sia, e particolarmente, nelle Univer-
sità, soprattutto dopo l’ultima riforma, che
incide sulla sopravvivenza dei Dipartimenti,
esclusivamente su considerazioni tecnico
organizzative, quali il numero dei docenti
strutturati. La conseguenza è che ora sono
a rischio di chiusura Dipartimenti importan-
tissimi e con una grande tradizione storica.
La diminuzione dei Dipartimenti - secondo
alcune proiezioni ne rimarrebbero solo 7 su
38 - provocherebbe una contrazione sensibile
anche nel numero degli studenti e dei laureati,
che mai sono stati, per la loro specificità cultu-
rale, numerosi come in altre discipline, con gra-
ve pregiudizio per la sicurezza generale delle
popolazioni dalle calamità e dai rischi naturali.
Per questa ragione Presidente, Le rivolgiamo
l'appello “Per un nuovo risorgimento delle
scienze geologiche”, che è stato reso pubblico
lo scorso 25 novembre in occasione dell’im-
vigenti Norme Tecniche per le Costruzioni, le
quali all’art. 5.1.2.4 (“Compatibilità idraulica”)
prevedono espressamente che i progetti relativi
a grandi opere - quali i ponti - dovranno essere
corredati da una relazione idrologica e da una
relazione idraulica riguardanti le scelte proget-
tuali, la costruzione e l’esercizio dell’opera da
realizzare.
Pertanto, la competenza concorrente del ge-
ologo in materia idraulica - così come ricono-
sciuta dal T.A.R. Veneto, Sezione Prima, con la
sentenza n° 1500 del 12.04.2007, poi ribadita
in sede di ottemperanza dalla sentenza dello
stesso T.A.R., Sezione Prima, con la sentenza
n° 938 del 13.03.2008 ed, infine, dal Consiglio
di Stato, Sezione Quinta, con la sentenza n°
5013 del 21.08.2009 - dovrebbe essere in-
terpretata in conformità alle disposizioni sopra
richiamate: queste ultime, difatti, non limitano
tale competenza “agli studi di compatibilità
idraulica propedeutici alla valutazione dei rischi
del territorio”, ma estendono la stessa alla ge-
nerale “valutazione di compatibilità idraulica”
presupposta e propedeutica alla realizzazione
di manufatti, opere e/o strutture (in quanto tale
valutazione contiene anche i calcoli per l’uso
ottimale di risorse idriche).
Ne deriva che sussistono due diverse, ma
complementari attività: quella del professio-
nista competente a redigere gli elaborati di
supporto alla progettazione dell’opera idrauli-
ca e quella del professionista competente alla
progettazione dell’opera stessa, che dovrà
acquisire, tra gli elaborati progettuali, gli studi
specialistici previsti per legge.
In conclusione, in materia di studi idraulici sus-
siste sempre una competenza prodromica e
concorrente del geologo, non essendo confi-
gurabile - in difetto di espressa riserva di legge
- una competenza monopolistica di un unico
professionista (come più volte riconosciuto dalla
giurisprudenza amministrativa e civile, nonché
dall’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato); con la conseguenza che le istanze di
“concessione/autorizzazione per opere idrauli-
che” di cui al R.D. 25.07.1904 n.° 523, conte-
nenti studi idrologici e idraulici redatti da geolo-
gi iscritti al relativo albo professionale, devono
essere accettate dagli enti pubblici territoriali.
A disposizione per ogni ulteriore chiarimento, si
inviano i più cordiali saluti.
39Emili
a - R
omag
na
ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
senza tregua il nostro Paese.
Lo fa attraverso l’attivazione di un protocollo di
intesa con il Dipartimento Nazionale di Prote-
zione Civile ed aiutando, soprattutto i più gio-
vani attraverso relazioni internazionali, a trovare
alternative di lavoro all'estero.
Mi permetta di segnalarLe, Presidente, due im-
portanti e recenti iniziative di questo Consiglio
Nazionale: la sottoscrizione di un protocollo di
intesa con la Federazione dei Geologi del Ca-
nada e l'organizzazione, su invito del Presiden-
te della Camera Maltese, di una visita al Parla-
mento di quello Stato con interscambi con le
locali realtà produttive.
Una categoria quella dei geologi, che ben
prima del recente obbligo di legge, si era già
data l'impegno e l'onere dell'Aggiornamen-
to Professionale Continuo (APC), per porsi a
servizio della collettività in maniera adeguata e
moderna, con professionisti sempre più prepa-
rati pronti ad operare sul territorio e pronti a co-
gliere gli spunti che le innovazioni scientifiche e
tecnologiche sanno dare.
Forti di questo impegno, e tornando all'appel-
lo che siamo venuti a rivolgerLe, auspichiamo
un Suo autorevole intervento nella costituzione
delle condizioni che possano consentire l'af-
fermarsi di una nuova epoca, un Risorgimento
della geologia italiana, che riporti dignità e pre-
stigio a tutti i settori delle Scienze della Terra,
professionale, accademico, della ricerca, e che
possa essere sentito come patrimonio e orgo-
glio di tutti gli italiani.
In quest’ottica è necessario potenziare gli inse-
gnamenti delle Scienze della Terra nelle scuo-
le e nelle Università; è necessario superare la
politica dell'emergenza per far posto a quella
della prevenzione; è necessario valorizzare
l'immenso patrimonio naturalistico e ambien-
tale del nostro bel Paese per farne volano di
sviluppo economico. In una parola, Presidente,
è necessario investire in cultura geologica.
Ci spinge a cercare una Sua condivisione non
uno spirito corporativo, né un mero interesse
di categoria, motivazioni entrambe che non ci
appartengono, ma la radicata convinzione che
proprio le Scienze della Terra (per la loro stretta
radice con l’evoluzione del Pianeta), attraverso
l'intrinseca cultura che esse portano con sé,
possano e debbano contribuire allo sviluppo di
questo Paese.
Stati europei, anche di un Servizio Geologico.
Quell'illuminismo culturale che seguì la rag-
giunta Unità d’Italia era figlio di un Ministro del
Regno, Quintino Sella, e di diversi altri illustri
uomini di scienza e di governo.
Oggi persino la sede storica di quel Servizio
Geologico, in Largo Santa Susanna qui a
Roma, un tempo sede unica e centrale depu-
tata a raccogliere i materiali lapidei ed i minerali
del territorio nazionale e, più in particolare, i
campioni di roccia provenienti dalle campagne
di rilevamento della Carta Geologica d’Italia,
strumento fondamentale per la rappresenta-
zione e per lo studio del territorio e delle sue ri-
sorse, viene utilizzata per altre finalità, di sicuro
meno nobili, nonostante ancora campeggi sul-
la facciata l'insigne scritta “Ufficio Geologico”.
Inaugurata da Re Umberto I, il 3 maggio 1885,
quella sede dotava l'Italia di una vetrina geolo-
gica comparabile a quella delle altre potenze
europee e le collezioni che essa conteneva
erano considerate un vanto per la Nazione e
portate nelle esposizioni internazionali a rap-
presentare, proprio, la geodiversità dell'Italia.
Insieme a Lei, Presidente, sensibile a questi
temi ben oltre il suo ruolo istituzionale, ci chie-
diamo che cosa ne sia, oggi, di tutto questo;
in un Paese che dovrebbe investire fortemente
e senza dubbi sui saperi, in generale, e sulla
geologia in particolare, soprattutto in un mo-
mento di forte crisi economica, quale quello
attuale.
Il Consiglio Nazionale dei Geologi, ben oltre le
attribuzioni conferitogli dal proprio ordinamen-
to, anche rispetto allo scenario che si configu-
rerà all’indomani delle avvenute liberalizzazioni,
si spende incessantemente in questa direzio-
ne, convinto come è del proprio ruolo di sussi-
diarietà e di servizio.
Lo fa ponendosi a disposizione dei Ministe-
ri, delle Commissioni parlamentari, degli Enti
pubblici, organizzando Forum, ai quali Ella,
Presidente, ha voluto concedere il Suo Alto
Patronato, su temi di grande attualità e di alto
valore sociale, come la sicurezza delle co-
struzioni, il dissesto idrogeologico, la tutela e
la gestione delle acque (in questo momento
mi preme evidenziaLe che siamo impegnati
nell'organizzazione del Convegno internazio-
nale per la celebrazione del 50° Anniversario
della frana del Vajont che si terrà l'anno prossi-
mo sui luoghi della tragedia).
Ma lo fa anche partecipando ai tavoli di altre
istituzioni italiane ed internazionali, quali ad
esempio la Federazione Europea dei Geologi
(FEG) e spendendosi, attraverso l'impegno so-
ciale dei propri iscritti, nella gestione degli effet-
ti prodotti dalle calamità naturali, che investono
portante e partecipato convegno tenutosi a
Firenze, nel Salone dei Cinquecento di Palazzo
Vecchio, dal titolo “Il risorgimento e la Geologia
Italiana”, svoltosi nell’ambito delle celebrazioni
del 150° Anniversario dell’Unità d’Italia.
L’appello è stato sottoscritto, fra gli altri, dai
Rettori delle Università italiane e dai Presidi di
Facoltà, oltre che da migliaia di professionisti,
ricercatori e cittadini sensibili alla problematica.
L'appello che Le rivolgiamo costituisce anche
l’occasione per soffermarci, seppur brevemen-
te, su alcune delle più incalzanti problematiche
che investono il territorio italiano:
- la prima riguarda la drammatica situazione di
dissesto idrogeologico, il contestuale ritardo
culturale che ancora accompagna la salva-
guardia della nostra più grande infrastruttura,
che è appunto il nostro territorio, e, ancora,
la complessa e poco efficace strutturazione
di leggi in materia, che rendono di difficile
applicazione anche le più elementari attività
di prevenzione. Desideriamo ragguagliarLa,
Presidente, circa l’iniziativa assunta dal Con-
siglio Nazionale dei Geologi di predisporre,
tramite una Commissione di altissimo profilo
accademico e professionale, un documento
per attualizzare in un unico provvedimento
di legge (legge quadro) le numerose norme
succedutesi negli anni e che determinano
non poche difficoltà per una corretta gestio-
ne del territorio. Il documento prenderà in
considerazione anche l’istituzione, auspicata
e già sperimentata in parte della Sicilia, dei
presìdi territoriali;
- la seconda riguarda la difficile opera di pre-
venzione dal rischio sismico, nonostante
l’entrata in vigore delle nuove Norme Tecni-
che sulle Costruzioni (2008). La presenza di
geologi all’interno dei Ministeri dell’Ambiente,
delle Infrastrutture e, soprattutto, all’interno
del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici,
culturalmente pronti ad affrontare le temati-
che delle pericolosità naturali (tra cui quella
sismica) ed i conseguenti riflessi sul tessuto
antropico (rischio sismico) è decisamente
esigua in termini numerici. Ciò penalizza un
approccio tecnico e scientifico ampio e multi-
disciplinare, riducendo l’efficienza e l’efficacia
delle azioni di prevenzione.
Mai prima d'ora, e ce lo confermano gli ap-
pelli che Lei, Presidente, ha lanciato in più
occasioni, si è sentita la necessità un risorgi-
mento culturale, che riconsegni all'Italia e agli
italiani quelle prospettive di ricostruzione e di
riorganizzazione scientifica, industriale ed in-
frastrutturale per certi versi similari a quelle
avviate 150 anni fa, dopo l’Unità d’Italia, che
portò il nostro Paese a dotarsi, al pari di altri
Ccorr
ispon
denz
a
Llett
ere
internazionale si sono già messi al lavoro
per cercare di dare una spiegazione a que-
sto nuovo male di tipo prevalentemente
sociale e culturale.
L’Amministrazione Provinciale di Bologna
(dove svolgo quotidianamente il mio lavo-
ro da oltre 23 anni e a cui rivolgo un vero
pensiero di affetto, ma con sincero e pro-
fondo senso critico), sembra essere tra gli
enti più colpiti dal nuovo male, nonostan-
te che la normativa nazionale attribuisca
alle province, in base all’art. 19 del Decreto
Legislativo 267/2000 “Testo Unico delle
leggi sull'ordinamento degli enti lo-
cali”, nei primi due punti sui dieci totali,
le seguenti funzioni:
1) difesa del suolo, tutela e valorizzazione
dell'ambiente e prevenzione delle cala-
mità;
2) tutela e valorizzazione delle risorse
idriche ed energetiche.
La Provincia di Bologna negli ultimi anni,
nonostante i compiti istituzionali sopra
evidenziati, dove la geologia riveste un
ruolo da protagonista, ha investito nella
Difesa del Suolo ecc. ecc., una somma pari
a ZERO EURO!!
“Sarà stata la crisi, mi chiedo? O lo
scarso interesse che esiste in Italia
circa gli investimenti sulla preven-
zione?”
La città di Bologna, per chi non lo sapes-
se, nel corso della sua storia ha avuto un
ruolo di primo piano nei confronti delle
scienze geologiche:
• è stato coniato per la prima volta nel
mondo il termine di GEOLOGIA dal na-
turalista bolognese Ulisse Aldrovandi
nel 1603;
• il giorno 29 settembre 1881 in una sala
dell’Archiginnasio di Bologna è nata
la Società Geologica Italiana (tra gli
studiosi dell’epoca troviamo Giovanni
Capellini, Quintino Sella, Felice Gior-
dano).
• a Bologna è nato L’Istituto di Geologia
Marina del CNR, per primo in tutta Italia
e, sempre a Bologna l’Istituto di Geolo-
gia (soprattutto nella persona del Prof.
Mario Ciabatti) ha collaborato con il
“Carissimi Colleghi,
con la presente Vi saluto tutti cordialmen-
te perchè ho deciso di cessare
ogni forma d'attività professionale per l'e-
tà avanzata.
Sto percorrendo il 74° della mia lunga vita
e gli acciacchi non mi mancano (purtrop-
po) e questi mi limitano notevolmente
nella nostra dura professione.
E' triste, ma posso consolarmi constan-
do che ho raggiunto le "nozze d'oro" con
una delle due compagne della mia vita
(la geologia) essendomi laureato nel lon-
tano anno accademico 1961/62 fra i pri-
mi laureati in geologia a Modena (forse
il primo in assoluto essendomi iscritto al
primo anno di istituzione della facoltà in
geologia all'università di Modena che fu il
1958).
Un caloroso abbraccio a tutti e un altret-
tanto caloroso augurio di buon lavoro.
Modena, 27 gennaio 2012
ANTONIO SCAGLIONI
....AllerGeologia!
Da qualche anno sembra che nella nostra
regione sia apparsa una nuova malattia
mai vista prima al mondo, chiamata co-
munemente “AllerGeologia”.
Pare, che alcune categorie di persone in
presenza di geologi comincino a presen-
tare strani sintomi sia fisici che psichici
di tipo allergiologici, come pruriti, sensi
di nausea e vomito ecc., oppure sensi di
inferiorità, invidia e gelosia.
Pare che le categorie più colpite siano
quelle degli ingegneri, degli architetti e
degli amministratori di enti pubblici in
prevalenza locali. Altre categorie invece
risultano totalmente immuni, anzi sem-
bra proprio che in presenza di laureati in
scienze geologiche nelle immediate vici-
nanze, ci sia come un miglioramento del
senso dell’umore e del senso della vita in
generale.
Il motivo di tutto ciò al momento non è
ancora ben chiaro; alcuni studiosi di fama
LETTERE
“E’ con viva e vibrante soddisfazione” (pa-
rafrasando gli incipit dei discorsi del Presi-
dente Giorgio Napolitano) che ho letto l’e-
ditoriale dell’altro nostro Presidente, Mau-
rizio Zaghini, nel numero 42 della rivista “Il
Geologo”.
Per chi come me si occupa da sempre di
pianificazione (da intendersi anche come
prevenzione) ci si è accorti che con l’ac-
crescere del potere attribuito nel tempo alla
Protezione Civile si sono parallelamente
svuotate di contenuti le attività e i ruoli
che venivano legittimamente - e con frut-
ti da tutti visibili (vedasi Piani di Bacino)
- svolte da chi ha (aveva) responsabilità
assegnate dalla L. 183/89. Esempio ne è la
tumultuosa vicenda della nascita (aborto)
delle Autorità di Distretto Idrografico.
Ciò ha comportato anche la perdita della
buona abitudine di assegnare finanziamen-
ti in materia di difesa del suolo sulla base
di priorità stabilite dalla concertazione
tra tutti i soggetti pubblici interessati che
partecipano in maniera paritetica al tavolo
decisionale nelle sedi opportune.
In questo modo si è allontanato sempre più
un approccio metodologico e il più possibile
obiettivo nell’attribuire risorse per la difesa
del suolo e si è (re)introdotto un meccani-
smo anche di tipo clientelare, affaristico,
opportunistico, politico.
Grazie Maurizio per aver dato voce a chi,
come me, pensa che le attribuzioni delle
competenze di Protezione Civile siano cor-
rettamente individuate nella L. 225/92 (ed
in quel campo la Protezione Civile svolge un
ruolo meritorio e rappresenta un’eccellenza
in ambito internazionale) e quelle di piani-
ficazione nella L. 183/89.
Rimini, 30 gennaio 2012
MASSIMO FILIPPINI
Ufficio Difesa del Suolo
Provincia di Rimini
Via Dario Campana, 64
47900 RIMINI
tel 0541 716311; fax 0541 716298
Emili
a - R
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ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
40
41Emili
a - R
omag
na
ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
Carissimi colleghi ed amici geologi, quanto
sopra raccontato con un po’ di ironia e con
passione, è ciò che in realtà sta accadendo
ahimè alla nostra categoria presso alcune
amministrazioni pubbliche; le conseguen-
ze di tali situazioni chiaramente vanno poi
a ricadere in maniera pesante ed evidente,
su tutti i geologi liberi professionisti, per
ovvie ragioni.
Il motivo principale di ciò, io credo sia da
imputarsi al fatto che la nostra professio-
ne, a detta di alcuni ignoranti e non, è che
crea problemi in senso generale, in pratica
noi rompiamo sempre… Probabilmente
sarà anche vero, ma…, chi dovrebbe allora
metterci in guardia dalle problematiche del
territorio per la salvaguardia della pubbli-
ca incolumità oltre ai soliti meteorologi?
Visto quello che attualmente sta accadendo
un po' su tutto il territorio nazionale (vedi
per ultimo: Cinque Terre, Genova, Sicilia
ecc.)!
E’ possibile, mi chiedo, che si dia voce e
spazio ai geologi solo quando ci sono le
emergenze? E’ ora, di fare cambiare que-
sta pessima abitudine e tendenza proprio
a coloro che ci dovrebbero amministrare!!
Il discorso in conclusione non è né lungo
né complesso, è semplicissimo, ai malati di
“allergeologia” ecc..ecc.., basta indicargli
un bravo medico e, come dicono a Bolo-
gna: “ma cal sepà dimondi brév!” (ma che
sia molto bravo!).
Granarolo dell’Emilia (BO), 28 gennaio
2012
DANIELE MAGAGNI
prietà (in particolare edifici scolastici
in tutto il territorio provinciale), e di
viabilità (si ricorda che la provincia ha
la gestione di circa 1.500 Km di strade
in un territorio caratterizzato da parti-
colari criticità geologiche), non ha alcun
geologo a tempo pieno al suo interno
(saltuariamente utilizza il sottoscrit-
to, oppure da incarichi esterni all’ente,
quando va bene);
• su 62 nuove posizioni organizzative
presentate dall’ente, non ce n’è nessuna
esclusiva per i geologi, mentre per in-
gegneri, architetti, urbanisti, avvocati e
laurea in economia e commercio ecc. si!
La parola GEOLOGIA non è mai menzio-
nata neppure una sola volta, mentre per
tutte le altre professionalità si, c’è addi-
rittura: scienze naturali, scienze biologi-
che, scienze forestali, scienze informati-
che, laurea in matematica, laurea in fisi-
ca, scienze statistiche, scienze politiche,
scienze sociali, diploma di archivista,
diploma di geometra, diploma di perito
industriale edile. Preciso comunque che
ci sono alcune posizioni organizzative
a cui possono accedervi anche i geolo-
gi, però nel bando c’è scritto solamente:
“Laurea, attinente alla posizione, in ma-
terie tecniche e scientifiche”, in sostanza
possono accedervi quasi tutti; gli inge-
gneri e gli architetti possono accedere
pertanto alle posizioni organizzative
dei geologi, però i geologi non possono
accedere a quelle esclusive degli inge-
gneri e degli architetti. Alla faccia delle
pari opportunità, se mi è consentito!
CNR all’allestimento strumentale della
prima nave oceanografica italiana (la
“Bannock”), per ricerche di geologia
marina;
• il nome del più grande vulcano europeo
“Il Marsili”, sito nel mare a nord della Si-
cilia, è dedicato al naturalista bolognese,
Luigi Ferdinando Marsili, dal compianto
Prof. Raimondo Selli (bolognese anch’e-
gli).
Insomma, nonostante tutte queste bellissi-
me e promettenti premesse, la Provincia di
Bologna …:
• ha dismesso il laboratorio di analisi delle
terre, intorno al 1999; si sottolinea unico
laboratorio del genere presso una ammi-
nistrazione pubblica in tutta la regione;
• ha sostituito, sempre nel 1999, alla di-
rigenza del Servizio di Geologia, un ge-
ologo con un ingegnere (la provincia
accortasi in ritardo della “strana mossa”
ha pensato bene di sostituire il nome del
Servizio di Geologia, con il nuovo nome
di Servizio Assetto Idrogeologico); da
allora la provincia di Bologna non ha
più avuto un dirigente con la laurea in
scienze geologiche;
• tra i 31 membri della “CABINA DI REGIA”
(così ufficialmente chiamata), del Piano
Territoriale di Coordinamento Provin-
ciale (PTCP) della Provincia di Bologna,
non ha inserito neanche un geologo (dire
che la cosa è allucinante è dire poco, cir-
ca la metà delle tematiche presenti sono
di tipo geologico ed idrogeologico!!);
• nel Settore Lavori Pubblici, che si occu-
pa prevalentemente degli edifici di pro-
Llett
ere
Sono temi chiaramente intrecciati fra
loro che il volume di Garbin e Ridolfi
sviluppano in cinque capitoli princi-
pali (corpo stradale, materiali, realiz-
zazione del corpo stradale, prove ge-
otecniche, pavimentazioni flessibili e
semirigide) e 4 appendici (elementi
di reologia,marcatura CE dei materia-
li stradali, elenco delle norme tecni-
che, unità di misura).
Gli argomenti sono tutti ben svilup-
pati e trattati in maniera esaustiva.
Che dire? Un volume che non può
mancare sulla scrivania dei geologi
professionisti ma direi di tutti i tec-
nici che si occupano, a vario titolo,
di strade.
M. Z.
Titolo:
Visita al Museo Vittorino
Cazzetta di Selva di Cadore
ed escursione“geologica”
al rifugio G. Palmieri
alla Croda da Lago
Se dovesse capitarvi di passare per
la splendida Val Fiorentina, nelle
Dolomiti bellunesi, non potrete non
fermarvi a fare visita al Museo Civi-
co Vittorino Cazzetta di Selva di Ca-
dore (www.museoselvadicadore.it).
A parte il fatto che il luogo è splen-
didamente disteso ai piedi del Monte
Pelmo, il “Caregon”, ma poi il picco-
lo museo, recentemente rinnovato è
splendido e vale quindi la visita, spe-
cie per un geologo/a, soprattutto se
quella geotecnica. Questo potrebbe
ingenerare il dubbio che l’indagine
geotecnica sia possibile anche se pri-
va della modellazione geologica.
Per il resto il volume si dipana in ben
18 capitoli descritti in maniera piana
e con argomenti ben sviluppati per
cui se ne consiglia l’acquisto ai geo-
logi professionisti.
M. Z.
Titolo:
Geologia e Geotecnica stradale
(i materiali stradali e la loro carat-
terizzazione)
Autori:
Fabio Garbin
e Sergio Storoni Ridolfi
Editore:
Flaccovio Editore Palermo, 2010
pagg. 646
Prezzo:
65,00 e
La Casa Editri-
ce Flaccovio,
molto attiva
sulle tematiche
relative alle
Scienze del-
le Terra, nelle
sue molte dira-
mazioni, pub-
blica questo
bel volume dedicato alle strade. Gli
Autori sono geologi di lunga e col-
laudata esperienza.
Dopo un’introduzione sull’evoluzio-
ne delle infrastrutture stradali nel no-
stro paese che hanno di gran lunga
soppiantato quelle ferroviarie (più di
800.000 Km di rete stradale contro
poco più di 19.000 Km di rete ferro-
viaria per dare il senso delle propor-
zioni) il volume si sofferma sui temi
della corretta progettazione, costru-
zione e manutenzione delle strade.
RECENSIONIa cura di Annalisa Parisi
Titolo:
L’indagine geotecnica 2° edizione
marzo 2011
Autori:
Maurizio Tanzini
Editore:
Flaccovio Editore Palermo,
pagg. 471
Prezzo:
55,00 e
Siamo a re-
censire questo
volume di Tan-
zini dedicato
a l l ’ i nd ag i ne
geotecnica. Si
tratta della 2°
edizione ag-
giornata dopo
l’approvazione
dell’Eurocodice 7 le cui norme sono
entrate in vigore per tutti i paesi eu-
ropei a partire dal 2010 e recepite
dalle NTC del 14 gennaio 2008.
Ciò ha comportato un diverso ap-
proccio alle problematiche geotec-
niche (verifica di sicurezza agli stati
limite, uso di appropriati valori ca-
ratteristici dei parametri caratteristici
ecc.) che hanno reso necessario l’ag-
giornamento del testo.
Mi ha fatto specie che nell’introdu-
zione del volume non si faccia rife-
rimento nelle indagini geotecniche,
alla caratterizzazione e modellazione
geologica del sito (par. 6.2.1 delle
NTC ’08) ma unicamente alle inda-
gini, caratterizzazione e modellazio-
ne geotecnica (par. 6.2.2 delle NTC
’08) in quanto nell’articolazione del
progetto la modellazione geologica
deve precedere, come ovvio, sempre
Rrece
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oni
L’esterno del museo(immagine tratta dal sito del museo)
42 Emili
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omag
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ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
geologa…..) e comunque vi condur-
rà in luoghi da cui potrete godere di
uno splendido panorama sull’intera
regione delle Dolomiti e principali
gruppi montuosi.
L’escursione di due giorni potreste
organizzarla così: lasciate l’automo-
bile al primo tornante della strada
della Forcella Staulanza, in pratica il
parcheggio del Rifugio Città di Fiu-
me, ai piedi del Pelmo. Raggiungete
il Città di Fiume con una decisa salita
su larga strada ghiaiata non transita-
bile ai veicoli privati. Dal rifugio pro-
seguite ancora in salita verso il cri-
nale, ovvero verso Forcella Puina e
Forcella Roan. Lungo facile sentiero
proseguite poi in falso piano verso il
Col Duro e la Forcella Ambrizzola (o
Da Lago) ai piedi del Becco di Mez-
zodì. Sarete a questo punto arrivati
alla conca di Mondeval, avrete cam-
minato circa 3 o 4 ore.
rie. L’importanza scientifica del ritro-
vamento è indiscutibile anzi, unica.
Per chi avesse poi curiosità… più re-
centi, la sezione storica ci parla della
vita nelle Dolomiti bellunesi e nel-
la Val Fiorentina dal tardo Neolitico
sino al Regno d’Italia.
La collezione del museo è introdotta
da un filmato di una quindicina di
minuti, nel quali i ricercatori che si
sono nel tempo occupati degli scavi
di Mondeval (dell’Università di Ferra-
ra e di Padova, il gruppo è stato diret-
to dal Prof. Guerreschi), illustrano sia
la sepoltura che la storia del museo.
Finita la visita non vi resterà che
passare nella “zona all’aperto” del
museo! Dopo aver visto la sepoltura
nel museo, dovrete andare sul posto
dove l’uomo è stato ritrovato, appun-
to a Mondeval. Ovvero alla Malga
Mondeval de Sora, a 2150 m. Ai piedi
dei Lastoni di Formin, della Croda da
Lago (Cima d’Ambrizzola) e del Bec-
co di Mezzodì. Una piccola conca
glaciale, a dir poco splendida, dalla
quale si può godere della vista della
Civetta, del Pelmo e della Marmolada.
Il paesaggio è mozzafiato, viene
proprio da pensare che l’Uomo di
Mondeval si fosse scelto (circa 7500
anni fa) uno dei migliori sepolcri del
mondo.
La camminata vi costerà certo un po’
di fatica (ma per un geologo, per una
accompagnato/a da consorte e figli.
La bella struttura che ospita il museo
racchiude veramente un piccolo scri-
gno come tanti ve ne sono in quella
che viene chiamata, in maniera non
corretta: “Italia minore”. Il museo
presenta, grazie ad un allestimento
moderno, raffinato e di impatto, al-
cune perle che cattureranno l’interes-
se del geologo/a e, lo ripeto anche
della sua eventuale famiglia o degli
amici “profani”.
Intitolato ad un entusiasta del luogo,
amante delle proprie montagne e do-
tato di competenza scientifica e di raro
e fortunato intuito, il museo dispone
di tre “percorsi”: Geologico, Archeo-
logico e Storico (in rigorosa colonna
stratigrafica, dal basso verso l’alto!).
Nella sezione geologica, che sarebbe
più corretto descrivere come geolo-
gica/ paleontologica sono presentati
vari pannelli che descrivono anche le
ricchezze giacimentologiche locali ed
il relativo sfruttamento sino all’epoca
storica. Sono poi presentati numerosi
fossili anche di dinosauri del Triassi-
co ed infine… ci si potrà imbattere
nell’incombente e spettacolare calco
della “camminata del Pelmetto”. Mas-
so crollato appunto dal Pelmetto (ap-
pendice del monte Pelmo) sul quale
vennero rintracciate orme di vari ver-
tebrati fra i quali alcuni dinosauri. Il
calco è poi “animato” da una spetta-
colare proiezione olografica.
La sezione archeologica è dedicata
ad uno dei più importanti ritrova-
menti del Mesolitico, ovvero l’Uomo
di Mondeval. Il ritrovamento di que-
sta splendida sepoltura è scaturito
da una fortunata intuizione di Vitto-
rino Cazzetta a cui è appunto dedi-
cato il museo. L’uomo di Mondeval
è presentato in maniera veramente
suggestiva ed emozionante, seppur
semplice. Andateci e vedrete, a me
ha fatto molto effetto, eppure sono
abbastanza avvezzo a sepolture va-
Rrece
nsi
oni
Ricostruzione del cacciato-re-raccoglitore di Mondeval (immagine tratta dal sito del museo)
La conca di Mondeval (foto dell’autore)
Amenità periglaciali in riva al Lago da Lago(foto dell’autore)
Il rifugio G. Palmieri alla Croda da Lago. Dietro a si-nistra il Sorapiss e a destra la piramide dell’Antelao. Nella botticella di fronte al rifugio… la sauna (foto dell’autore)
43Emili
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ilGEOLOGOdell’EMILIA-ROMAGNA
Sulla destra vedrete il grande sasso
quadrato (poco sopra c’è la piccola
malga, ormai quasi abbandonata), al
riparo del quale venne appunto se-
polto il nostro ormai famoso caccia-
tore- raccoglitore Cro- Magnon.
Continuate a scendere fino a Pescul,
da dove poi, in una qualche manie-
ra (!, i montanari sono forse un po’
burberi, ma cortesi) potrete recupe-
rare l’automobile (anche chiudendo
l’anello a piedi, perché no, fra i bo-
schi), mangiarvi un tagliere di speck
e formaggi locali annaffiati da una
birretta e ripensare al nostro ami-
co cacciatore- raccoglitore che 7500
anni fa aveva l’enorme privilegio del-
la totale e tanto attualmente ricercata
wilderness.
R. BRUNALDI
la cattura fluviale verso la soglia tet-
tonica, i depositi di frana di crollo,
i rock- glacier. Tutto come in una
sorta di museo geologico anzi ge-
omorfologico all’aperto. Giunti poi
alla forcella potrete scendere ver-
so Sud (sentiero 466) attraversando
finalmente la conca di Mondeval.
Ora vi suggerirei di scendere verso
la splendida conca di Cortina e di
fermarvi all’incantevole Rifugio G.
Palmieri alla Croda da Lago (preno-
tate, è meglio: www.cortina.dolomi-
ti.org/crodadalago). Rifugio incasto-
nato come una preziosa gemma fra
lo splendido Lago da Lago (ai piedi
della Croda, appunto….da Lago) e la
valletta glaciale sospesa di Federa.
Dopo esservi gustati i canederli ver-
di di Modesto e della sua numerosa
famiglia, dopo esservi fatti una sauna
pressoché en plen air e dopo esservi
goduti il sonno fra le infuocate (al
tramonto) vette dolomitiche, l’indo-
mani potrete risalire verso Forcella
Ambrizzola. Salendo osservate le nu-
merose forme glaciali e periglaciali,
Rrece
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oni
Il sasso della sepoltura, dietro il Becco di Mezzodì e For-cella Ambrizzola (immagine tratta dal sito del museo).
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