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IL CONTENUTO DEL TRATTATO DI COTONOU E LE NORMATIVESUGLI EXTRACOMUNITARI. PARLA L'AVV. FERRARI.

La Parola all'Esperto 

LUCA FERRARI, AVVOCATO SPECIALIZZATO NELLA CONSULENZALEGALE IN MATERIA DI DIRITTO SPORTIVO, COMMERCIALE-SPORTIVO,DIRITTI DI IMMAGINE E TRASMISSIONE DI EVENTI. HA MATURATO UNA

LUNGA ESPERIENZA IN TRASFERIMENTI NAZIONALI EDINTERNAZIONALI DI GIOCATORI, SPONSORIZZAZIONI, PROPRIETA’INDUSTRIALE E LICENZE NONCHE’ NEL CONTENZIOSO SPORTIVO INMATERIE DISCIPLINARI ED ECONOMICHE, PARTICOLARMENTE INQUELLO ARBITRALE NAZIONALE ED INTERNAZIONALE. COLLABORACON VARIE RIVISTE GIURIDICHE ED E’ COAUTORE DI LIBRIPUBBLICATI IN TUTTA EUROPA. E’ INOLTRE RELATORE IN DIVERSE

CONFERENZE NAZIONALI ED INTERNAZIONALI IN TEMI DI DIRITTO SPORTIVO.

"I giornali hanno recentemente attribuito al Presidente del Palermo, Maurizio Zamparini,l’intenzione di far valere l’Accordo di Cotonou per superare i limiti posti dalla FIGC altesseramento dei calciatori extracomunitari provenienti dagli stati dell’African-Caribbean-Pacific (ACP). L’Accordo di Cotonou, c.d. “Cotonou Agreement” , è stato firmato il 23giugno del 2000 in Benin tra gli stati dell'ACP da un lato e, dall’altro, la Comunità Europeae suoi Stati Membri. L’intesa ha una durata di 20 anni dalla sua sottoscrizione ed ègiuridicamente classificata quale accordo di “parternariato”. L’obiettivo più altodell’accordo consiste nella riduzione e, in prospettiva, eliminazione della povertàattraverso la progressiva integrazione dei paesi dell’ACP nell’economia mondiale, nelrispetto degli obiettivi dello sviluppo sostenibile. Il raggiungimento di tale ambiziosotraguardo richiede tra l’altro una cooperazione ad ampio raggio su distinti ambiti quali: ilpotenziamento della dimensione politica delle relazioni tra gli Stati ACP e l’UE; lapromozione di approcci partecipativi; strategie di sviluppo mirate alla riduzione dellapovertà; introduzione di un quadro efficace per la cooperazione economica e commercialee il riordino della cooperazione finanziaria. All’interno dell’Accordo di Cotonou sonopreviste, tra le altre, disposizioni in tema di trattamento accordato ai lavoratori provenientidagli Stati ACP legalmente occupati negli stati dell’UE (art. 13.3 Cotonou Agreement ). Inbase all’art. 13.3 il trattamento accordato da ciascuno stato membro deve essere privo didiscriminazioni basate sulla nazionalità per quanto attiene le condizioni di lavoro, laremunerazione ed i licenziamenti. Dai riferimenti esposti prendono spunto i fautori dellatesi per cui la “applicazione” dell’Accordo di Cotonou determinerebbe una “apertura dellefrontiere italiane” ad atleti professionisti provenienti dagli Stati ACP cui sia offerto unimpiego in Italia. Successivamente all’ingresso in Italia, sulla base del concetto di nondiscriminazione enunciato all’art.13.3, agli stessi sarebbe applicabile il medesimotrattamento dei lavoratori cittadini comunitari ivi incluso il diritto di circolare liberamentenell’Area Economica Europea, con tutto quel che ne consegue. Purtroppo questa tesiappare infondata. Innanzitutto va smentita la generica ed imprecisa asserzione in basealla quale si dichiara che l’applicazione dell’Accordo di Cotonou “apre le frontiere italiane”agli atleti extracomunitari provenienti dagli stati dell’ACP. Deve essere chiaro che in Italia,come in tutti gli altri Stati dell’Unione Europea, gli extracomunitari “entrano” sulla basedelle norme nazionali che disciplinano i flussi migratori. È altresì doveroso chiarire che tali

norme sono contenute in provvedimenti legislativi emanati da ciascuno Stato qualeespressione delle propria sovranità, in un ambito –per ora- non subordinato al dirittocomunitario. Un accordo di parternariato, tra l’altro, punta soprattutto alla crescita e allosviluppo delle attività economiche in loco . Ciò vale già ad affermare che non si è di frontead alcuno scardinamento delle regole sull’immigrazione né ad alcuna apertura

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indiscriminata ai calciatori extracomunitari. In secondo luogo, dalla semplice letturadell’articolo 13.3 dell’Accordo di Cotonou, emerge con chiarezza che questo si riferisce aisoli lavoratori “legalmente occupati” in uno Stato membro, quindi alle persone (in questocaso provenienti dagli Stati ACP) che già sono regolarmente immigrate nel nostro Paese.La portata della normativa deve quindi ridursi solamente a tali ultimi soggetti. Temacentrale della normativa introdotta da accordi di associazione e parternariato quali quellodi Cotonou è il principio di uguaglianza e non discriminazione delle condizioni di lavoro.Tuttavia, anche sotto questo profilo, occorre fare attenzione. Principio di eguaglianza nonsignifica anche libertà di circolazione intracomunitaria dei soggetti in questione. Il principio

di non discriminazione va considerato in ordine alle condizioni di lavoro sotto il profilodello svolgimento  dell’attività lavorativa. Dunque, ove anche l’atleta extracomunitario siaresidente nel territorio di uno stato membro, non si realizza l’assimilazione ai cittadini, ilcui status comporta, per i soli atleti-lavoratori comunitari, il diritto di lavorare ovunque nelterritorio europeo, e perciò di spostarsi liberamente in tale ambito. In altre parole, laddoveun atleta extracomunitario (il cui Stato di provenienza abbia firmato un accordo diassociazione o di parternariato con l’Unione Europea) fosse interessato a trasferirsi in unaltro Stato membro sarà tenuto a rispettare, anche in questo caso, le normesull’immigrazione dello stato nel quale intende portare la sua residenza. E’ quindi correttoconcludere che, ai sensi dell’Accordo di Cotonou, come anche di molti altri accordi diassociazione o praternariato conclusi dall’UE e dagli Stati Membri:

a.  i calciatori extracomunitari che non sono già legalmente residenti nel nostroPaese, non vantano alcun diritto all’ingresso in Italia; 

b.  i calciatori extracomunitari legalmente impiegati in altro Stato Membro non hannoalcun diritto di trasferirsi in Italia". 

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