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storie naturaliLa rivista delle Aree Protette dell’Emilia-Romagna

Numero 1, 2004

DDiirreettttoorree rreessppoonnssaabbiilleePaolo Tamburini

CCoooorrddiinnaammeennttoo eeddiittoorriiaalleeRegione Emilia-RomagnaAssessorato Agricoltura, Ambiente e Sviluppo sostenibileServizio Parchi e Risorse forestaliVia dei Mille, 2140121 Bologna BOtel. 051 6396940fax 051 6396957segrprn@regione.emilia-romagna.itwww.regione.emilia-romagna.it/parchi

A cura diEnzo Valbonesi e Monica Palazzini

Raccolta ed elaborazioni dati, ricerca iconograficaBruno Bedonni, Laura Gavioli, Antonella Lizzani

CCoonnssuulleennzzaa eeddiittoorriiaallee ee rreeddaazziioonnaalleeFondazione Villa GhigiVia San Mamolo, 10540136 Bologna BOtel. 051 3399084 / 3399120fax 051 3392146fondazione@fondazionevillaghigi.191.itwww.fondazionevillaghigi.it

A cura diMino Petazzini, Marco Sacchetti, Monica Soracase. Hanno contribuito Silvia Salvatorelli, Teresa Guerra, Ivan Bisetti, Irene Salvaterra

Coordinamento redazionaleMino Petazzini

AArrtt ddiirreeccttiioonnLisa Marzari

PPrrooggeettttoo ggrraaffiiccoo ee iimmppaaggiinnaazziioonneeEditrice Compositori - Federica Marcheselli, Alessandra Falcone

RReeddaazziioonneeM. Giovanna Pezzolitel. 051 3540108

HHaannnnoo ccoollllaabboorraattooPaola Altobelli (Servizio Pianificazione Paesistica della Provincia di Bologna), Nevio Agostini(Parco Nazionale Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna), Cristina Barbieri (ParcoRegionale Delta del Po), Stefano Bassi (Servizio Parchi e Risorse forestali), Francesco Besio(Servizio Parchi e Risorse forestali), David Bianco (Parco Regionale Gessi Bolognesi eCalanchi dell’Abbadessa), Giorgio Boscagli, Duilio Cangiari (Riserva Naturale Orientata Cassadi Espansione del Fiume Secchia), Margherita Corradi (Parco Regionale Boschi di Carrega),Claudio D’Amico (Corpo Forestale dello Stato), Elena Ferrari (Parco Storico Regionale MonteSole), Valerio Fioravanti (Parco Regionale Alto Appennino Reggiano), Sergio Fiorini (ParcoRegionale Alto Appennino Reggiano), Michela Giannasi (Parco Regionale Alto AppenninoModenese), Carla Lamego (Ecosistema p.s.c.ar.l.), Costanza Lucci (Riserva Naturale OrientataRupe di Campotrera), Sergio Lucci (Parco Regionale Delta del Po), Marco Mencucci (CorpoForestale dello Stato), Lucia Montagni (Parco Regionale Gessi Bolognesi e Calanchidell’Abbadessa), Marco Pattuelli (Servizio Parchi e Risorse forestali), Giuliano Pozzi (RiservaNaturale Orientata Cassa di Espansione del Fiume Secchia), Gianluca Raineri (RiservaNaturale Geologica Piacenziano), Willy Reggioni (Parco Regionale Alto Appennino Reggiano),Andrea Saccani (Riserva Naturale Orientata Monte Prinzera), Dino Scaravelli (RiservaNaturale Orientata Onferno), Andrea Serra (Ecosistema p.s.c.ar.l.), Ruggero Spadoni (ParcoRegionale Delta del Po), Giancarlo Tedaldi (Riserva Naturale Orientata Bosco di Scardavilla),Sergio Tralongo (Parco Fluviale Regionale Stirone), Angelo Vanini (Parco Regionale Boschi diCarrega), Franca Zanichelli (Parco Fluviale Regionale Taro), Nicola Zanini (Parco RegionaleGessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa), Maria Luisa Zanni (Servizio Territorio Ruraledella Regione Emilia-Romagna).

Un particolare ringraziamento ai presidenti, direttori e funzionari dei parchi e delle riser-ve per il contributo in informazioni, suggerimenti e materiale iconografico.

EEddiittoorreeEditrice Compositori © 2004Via Stalingrado 97/240128 Bologna tel 051 3540111fax 051 327877www.compositori.it

SSttaammppaaCompositori Ind. Grafiche, Bologna

Autorizzazione del Tribunale di Bologna n. 7429 del 5 maggio 2004Un numero: € 4,00

La rivista e le altre pubblicazioni regionalisono in vendita nelle librerie, nelle strutturedei parchi e delle riserve, presso l’ArchivioCartografico della Regione Emilia-Romagna,in via dello Scalo 3/2 a Bologna, e on linenel bookshop, dove è consultabile anche il catalogo, all’indirizzo:http://archiviocartografico.regione.emilia-romagna.it/

In copertina: il Monte Nuda nel ParcoRegionale Alto Appennino Modenese (foto di Mario Vianelli)

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editoriale

Da parte degli operatori della pubblica amministrazione che a diverso titolo sioccupano della conservazione e valorizzazione dell’ambiente, e in particolaredelle aree protette, è stata spesso sottovalutata l’importanza di comunicare letante azioni compiute per la difesa del nostro patrimonio naturale e della bio-diversità. Informare l’opinione pubblica è invece essenziale, direi quasi decisi-vo, affinché l’azione per la tutela dell’ambiente, già di per sé molto difficile ecomplessa, abbia davvero successo. Le stesse aree protette, per la cronica caren-za di risorse umane e finanziarie da dedicare a questo scopo, hanno comincia-to solo negli ultimi anni a trasmettere in modo adeguato e accattivante i risul-tati e i successi qualche volta straordinari delle iniziative messe in atto per tute-lare habitat di assoluta importanza, salvare specie minacciate, ripristinaresituazioni compromesse, promuovere culture, tradizioni, identità territorialipressoché dimenticate, indicare una nuova prospettiva di sviluppo per econo-mie in declino.Oggi più che in passato, in un periodo dominato dall’invadenza dei media, learee protette hanno, insieme alla primaria finalità di conservazione e valoriz-zazione delle risorse naturali, la funzione di rappresentare e comunicare all’o-pinione pubblica le forme che può e deve assumere la convivenza tra l’uomo e

la natura, senza supremazie biocentriche o antropocentri-che. Le aree protette, insomma, vanno più che mai intese egestite come grandi laboratori viventi della sostenibilitàambientale, come progetti politici, nel senso più nobile deltermine, culturali e sociali per una nuova e duratura quali-tà dello sviluppo sostenibile. Progetti “speciali” che devonotendere a espandersi anche al di fuori dei propri confini, percontaminare positivamente le altre forme di gestione del ter-ritorio. A questo scopo servono aree protette “aperte” ed“espansive”, tutt’altro che chiuse in logiche autoreferenzia-li e difensive. I parchi migliori, quelli che funzionano esanno conseguire risultati molto significativi nella protezio-ne della natura, sono sempre più integrati in una rete diconnessioni ecologiche, economiche, sociali e culturaliproiettate ben oltre i loro confini. Per questo è necessario che ogni parco sia sempre più attivonel tessere relazioni sociali e istituzionali, proporre proget-ti, praticare nuove e più virtuose forme di partecipazionedei cittadini. La crescita di un parco, intesa come capacitàdi perseguire nel tempo la propria missione, è inevitabil-mente legata alla crescita del consenso di chi vi abita e nonpuò prescindere dalla costante ricerca di un sempre mag-giore coinvolgimento di tutte le forze in qualche modo inte-ressate alla sua gestione. Con questa pubblicazione, cheessenzialmente vuole raccontare cosa stiamo facendo perdifendere e valorizzare i patrimoni naturali più pregiati del-l’Emilia-Romagna, siamo convinti di fare un altro decisivopasso avanti nel percorso di maturazione del sistema regio-nale delle aree protette, nella sua comunicazione all’ester-no, nella sfida, tutta da vincere, per un uso sostenibile dellerisorse nell’insieme del nostro territorio.

di Enzo Valbonesi

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sommario storie naturali La r ivista del le Aree Protette del l 'Emil ia-Romagna

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editoriale 1di Enzo Valbonesi

il sistema regionaleIl nostro impegno per le aree protette 5Intervista a Guido Tampieri

Il punto di vista di Federparchi 7Lavorare insieme 8di Monica PalazziniCronistoria di un parco incompiuto 11di Sergio Fiorini

Il territorio del nuovo parco nazionale 12

il mondo dei parchiI parchi dopo Durban 15di Monica Soracase

Un futuro per i parchi e la tutela della biodiversità? 18di Franca Zanichelli

I numeri e le date di Durban 19

natura protettaLa Rete Natura 2000 in Emilia-Romagna 21di Stefano Bassi e Francesco Besio

La recente legge regionale 22Il lupo è tornato 24

Il lupo nel Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi 24di Claudio D’Amico, Marco Mencucci, Giorgio Boscagli e Nevio Agostini

I nostri lupi uno per uno 25Un progetto per la conservazione del lupo in tre parchi dell’Appennino emiliano 27di Willy Reggioni

Le tracciature sulla neve 28L’ascolto dei lupi 29La dieta del lupo 29Il progetto INFS: la genetica in soccorso del lupo 30

Isole sulla terraferma 31di Andrea Saccani

Dall’Italia agli Urali e agli Appalachi 32Gli obiettivi del CAPO 33

conservazione e gestioneI ripristini ambientali 35

Il recupero della Salina di Comacchio 35di Cristina Barbieri e Sergio LucciGli interventi lungo lo Stirone 36di Sergio Tralongo

I ripristini nelle aree protette regionali 36La riqualificazione idraulica e morfologica del Taro 37di Franca Zanichelli

Il Progetto PellegrinoIntervista a Forte Clò 40

Numeri, luoghi e azioni del progetto 41

numero 1|2004

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ecoturismoParchi naturali e turismo 43di Monica Palazzini

La crescita dell’ecoturismo nel mondo e in Italia 44Una ricerca per lo sviluppo dell’offerta ecoturistica 45di Andrea Serra e Carla Lamego

Le principali tipologie di ecoturismo nelle aree protette regionali 46L’International Po Delta Birdwatching Fair 2004 48

Le porte del parco 49di Nevio Agostini

La cooperativa Oros 50I sentieri natura 51Un sentiero a Campigna 52

Due sedi di prestigio 53La Corte di GiarolaIntervista a Mauro Conti 53

Le nuove funzioni di un antichissimo monastero 54La Corte di RubieraIntervista a Giuseppe Neroni 55

L’esperienza di OnfernoIntervista a Cesare Ferri 57

Il progetto Life “I Chirotteri di Onferno” 59

agricoltura e naturaUn nuovo rapporto col mondo agricolo 61di Enzo Valbonesi

L’impegno dei Boschi di Carrega e delle altre aree protette parmensi 62I progetti per l’agricoltura sostenibile nel Delta del Po 63Il progetto per l’agricoltura nelle aree protette modenesi 64L’Atlante dei prodotti tipici dei parchi italiani 65

cultura e educazionePer montagne, boschi e parchi 67di Mino Petazzini

Antologia di ricordi 68La passione per la pittura 69Profilo biografico 69Umberto Bagnaresi: il Parco, strumento di equilibrio di diversi interessi 70

Natura e storia 71L’educazione ambientale a Monteveglio 71di Irene Salvaterra

Un progetto educativo sul territorio collinare 72L’educazione ambientale nei Gessi Bolognesi 73di Nicola Zanini

rubricheNotizie 74Libri 78

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È trascorso un anno e mezzo dalla seconda conferenza nazionale sulle areeprotette, nella quale il ministro Altero Matteoli ha annunciato l’inizio di unanuova fase per i parchi del nostro paese; una fase caratterizzata dalla centra-lità dell’uomo e dallo sviluppo, con l’obiettivo di superare una cosiddetta pra-tica eccessivamente vincolistica e conservativa nella gestione. Che giudizio dàdella politica praticata dal ministro in questo campo sino ad ora?Parlano i parchi. Dalla conferenza di Torino è passato più di un anno e le pre-visioni pessimistiche formulate allora si sono purtroppo avverate. La centralitàdell’uomo non c’entra. Non vedo alcuno spessore filosofico, vecchio o nuovo,nell’azione di questo ministro. La dominante del suo operato è l’insensibilità aquesti temi, una distanza culturale che si traduce nel non fare e nel disfare ciòche è stato fatto. Non c’è mai stata possibilità di aprire un confronto reale.Regioni, enti locali, ambientalisti, agricoltori sono tagliati fuori. Senza dialetti-ca delle idee quel che resta è solo una gestione burocratica senza passione esenza progetto. Assistiamo così a un progressivo sgretolamento del sistema deiparchi, uno svuotamento del loro significato, della loro iniziativa, testimoniatodall’abnorme pratica dei commissariamenti degli enti parco, in genere con per-sonale politico dequalificato. In stridente contrasto con i proclami che volevanorestituire occasioni di sviluppo alle aree protette, ciò che abbiamo oggi è solooccupazione di poltrone e immobilismo.Cosa servirebbe per rilanciare oggi la politica nazionale a favore delle areeprotette e per costruire il cosiddetto “sistema nazionale dei parchi”, vale a direun insieme coordinato di azioni e progetti rivolti tanto alle aree protette nazio-nali, quanto a quelle regionali e locali, che veda impegnati, in cooperazionetra di loro, Stato, Regioni e Autonomie Locali?Servirebbe innanzitutto un ministro dell’Ambiente. Servirebbe una culturadella biodiversità. Servirebbe una politica ambientale anche al di fuori dellearee protette. Servirebbe una disponibilità al dialogo con le Regioni e le Auto-nomie Locali. Servirebbe il rispetto delle popolazioni, la volontà di renderlerealmente protagoniste, di responsabilizzarle. Date queste condizioni, il mini-stro dovrebbe dare vita a un progetto nazionale, inquadrato in una prospettivaeuropea, di Rete Ecologia Nazionale; una rete di cui siano parte il sistema dellearee naturali protette (di ogni livello e tipologia), i siti di interesse comunitario,gli ambienti naturali che li collegano quali i crinali, i fiumi, ecc. Infine, occor-rerebbe investire risorse umane ed economiche, per dimostrare coi fatti che ladifesa della natura costituisce davvero un obiettivo strategico per il Paese. Insom-ma, servirebbe tutto ciò che non c’è.Come la Regione pensa di contribuire alla prospettiva di crescita del sistemanazionale e alla crescente diffusione di una cultura dei parchi?Anzitutto cercando di far funzionare bene le aree protette qui. Vale e piace ciòche dimostra di rispondere efficacemente agli scopi. L’Emilia-Romagna è tantopiù credibile nel rivendicare una politica nazionale, se dimostra di essere all’a-vanguardia nel tutelare e valorizzare il proprio territorio. Anche in assenza di un

Il nostro impegnoper le aree protette

il sistema regionale

Intervista a Guido TampieriAssessore all’Agricoltura, Ambiente

e Sviluppo sostenibile della Regione Emilia-Romagna

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L’assessore Guido Tampieri e, nella paginaprecedente, le sorgenti del Secchia nelParco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano.

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disegno e di una strategia nazionale,l’Emilia-Romagna sta dunque cercan-do di fare crescere le proprie aree pro-tette nella visione di un sistema nazio-nale. Siamo tra le poche regioni italia-ne che si sono adeguate alle richiestedell’Unione Europea per l’amplia-mento delle ZPS (Zone di ProtezioneSpeciale) ai sensi della Direttiva“Uccelli”. I nostri parchi sono inprima fila nella costruzione del siste-ma APE (Appennino Parco d’Europa)e di quello delle aree fluviali del baci-no del Po. In sostanza proseguiamocon coerenza nel cammino intrapresomolti anni fa, allargando e consolidan-do il nostro sistema di aree protette.Come valuta la situazione delle areeprotette regionali oggi? È soddisfattodel grado di maturazione conseguitonegli ultimi anni dal sistema regiona-le? Può segnalare un obiettivo checonsidera pienamente raggiunto e, alcontrario, un elemento di fragilitàche la preoccupa?In Emilia-Romagna la situazione dellearee protette è buona. Il nostro siste-ma, a differenza di altri sistemi regio-nali che segnano il passo o stanno pur-troppo regredendo, in questi anni si èsviluppato. La crescita è in atto anchegrazie all’impegno delle Province, chestanno accompagnando positivamentelo sviluppo delle aree protette, attra-verso la redazione di progetti mirati ela messa a disposizione di cospicue

risorse finanziarie. Come Regionestiamo concludendo il Programma diinvestimenti 2001-2003, che ha vistoun nostro impegno diretto pari a 10milioni di euro. C’è ancora da fare permigliorare. Serve una maggiore capa-cità di fare sistema, sviluppando pro-getti comuni tra più aree protette, met-tendo insieme le forze, soprattutto neiparchi di minori dimensioni. È moltopositivo che quasi tutti i parchi e leriserve esistenti si siano dotati dei pianiterritoriali, e che alcuni si stianoapprestando ad approvare i rispettiviprogrammi di sviluppo. Ma al di là ditutto questo, o forse anche grazie atutto questo, il risultato più importan-te che si è raggiunto in questi anni è ladiffusione di una sensibilità, di unacultura dei cittadini che sostiene eorienta l’azione di tutela e valorizza-zione dei beni naturali. Un elementodi fragilità è di converso rappresentatoda un grado di coinvolgimento respon-sabile delle comunità locali, che dob-biamo rendere ancora più intenso.Partecipazione è la parola chiave. E aquesto stiamo lavorando.Quali scelte e programmi la Regioneintende mettere in campo per miglio-rare l’efficienza delle aree protettenella gestione dei territori di compe-tenza e nel perseguimento degli altriloro obiettivi istituzionali?Manca un anno alla conclusione dellalegislatura e lo vogliamo impiegarenella preparazione della nuova leggeper il sistema regionale delle areenaturali protette e dei siti della ReteNatura 2000. Una legge che riservialla Regione il ruolo di programma-zione, rafforzi nei Parchi l’autonomiagestionale e affermi una logica di siste-ma in cui trovano un ruolo le popola-zioni residenti, sia attraverso gli entilocali che le rappresentano, sia piùdirettamente: prevediamo un ricono-scimento del ruolo degli agricoltoriche operano dentro le aree protette.Verranno accresciute le competenzedelle Province ed estese le categorie diaree protette oggi esistenti, introdu-cendo quella dei paesaggi naturali e

il sistema regionale Il nostro impegno per le aree protette

Un panorama sulla Vena del Gesso, la spettacolare dorsale che si estende tra le province di Bologna e Ravenna.

Uno scorcio di Monte Adone, il più elevatorilievo del Contrafforte Pliocenico.

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seminaturali protetti, da tempo sugge-rita a livello internazionale dal-l’IUCN. Sì, credo che stiamo facendoun buon lavoro, in armonia con lamiglior produzione normativa euro-pea. Il confronto col mondo ambien-talista ci fornirà ulteriori indicazioniper perfezionarlo.Nasceranno altri nuovi parchi e riser-ve nei prossimi anni, portando la per-centuale di territorio regionale protet-to oltre la soglia del 10%?La nuova legge favorirà il radicamentoe l’estensione delle aree protette regio-nali e lo farà attraverso la partecipazio-ne dei cittadini. Non siamo in corsacon le percentuali ma vogliamoaumentare la quota di territorio protet-to: un obiettivo che riguarda il benes-sere di tutti i cittadini dell’Emilia-Romagna. Sono in cantiere nuovi par-chi, innanzitutto quello ormai storicodella Vena del Gesso Romagnola, enuove riserve, a partire da quella delContrafforte Pliocenico in provinciadi Bologna. Quello che ci interessanon è solo raggiungere obiettivi quan-titativi ma migliorare la qualità dellepolitiche di conservazione del patri-monio naturale in Emilia-Romagna. Aquesto scopo serve soprattutto crearecollegamenti, corridoi naturalisticiefficienti, capaci di rompere l’isola-mento delle singole aree e della biodi-versità in esse presente. Bisogna evita-re l’ulteriore frammentazione dellaresidua naturalità, specialmente quel-la ancora presente nella pianura, e cer-care con ogni mezzo le condizioni perricostruire connessioni ecologiche chesi stanno sfilacciando o si sono rotte.Tutto questo passa attraverso i provve-dimenti legislativi, l’azione dellenostre aree protette, una buona gestio-ne dell’intero territorio, ma il suo fon-damento più autentico risiede in unfattore culturale, la nostra capacità diessere in armonia con la natura, ripen-sando il nostro ruolo, i modelli di con-sumo, i caratteri dello sviluppo. Sì,credo proprio che lo sviluppo sosteni-bile debba diventare l’obiettivo e ilparametro delle nostre azioni.

il sistema regionale Il nostro impegno per le aree protette

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Federparchi ha svolto poco meno di unanno fa il proprio congresso triennale: chescenario è uscito dall’incontro?Dal Congresso di La Spezia è uscito un qua-dro di grande dinamismo ed effervescenzadei parchi e di rafforzamento del loro ruolodi conservatori della natura. Da anni i par-chi, soprattutto quelli di buona fattura,sanno ben coniugare questa missione conquella, altrettanto importante per la salva-guardia della biodiversità, della promozionedi vere e durevoli opportunità di sviluppoeconomico sostenibile in vastissimi territori,in particolare appenninici, in precedenzadestinati a una progressiva marginalità eco-nomica. I parchi sono oggi una delle piùbelle e utili realtà italiane. Sicuramente laloro presenza e la loro azione rappresentanola più forte risposta di sistema al crescentedegrado ambientale che interessa il nostroPaese. Un sistema, quello delle aree protette,che coinvolge oltre un decimo del territorionazionale e un terzo dei comuni italiani.Non vi è stato un solo comune che abbiachiesto di uscire dal proprio parco. Anzi, stacrescendo il numero delle comunità chechiedono l’istituzione di nuovi parchi o lapossibilità di entrare a far parte di quelli esi-stenti.Quali obiettivi la federazione si è data inquella sede? Sono stati compiuti passiavanti di rilievo per il loro conseguimento?Federparchi è nata per dare rappresentan-za, unità, autorevolezza e incisività allearee naturali protette nell’interlocuzione eleale collaborazione con tutti i soggettipubblici e privati interessati a diverso tito-lo alla loro attività. L’attuale successo deiparchi si deve in buona parte all’azionedella nostra federazione, che ha saputoesportare e socializzare le esperienzemigliori ed esaltarne il ruolo. Solo così sispiega il suo costante rafforzamento sulpiano della rappresentatività e su quelloprogettuale. Ora tutto ciò si tenta di rimet-terlo in discussione con tagli pesantissimialle finanze dei parchi nazionali, scellera-ti tentativi di introdurre la caccia nei par-chi, condoni edilizi a ripetizione, per nonparlare della voglia, non solo governativa,di rimettere in discussione i cardini della394/91, la legge quadro sulle aree protette.Inevitabilmente a La Spezia il dibattito èruotato soprattutto attorno all’esigenza difare argine contro questo clima controri-formistico. Federparchi ha però evitato dichiudersi a riccio e isterilirsi in una posi-zione, alla lunga perdente, di pura resi-stenza e testimonianza. Non ha corso que-sto rischio, scegliendo invece di rafforzarei caratteri di unità e autonomia propri del-l’associazione e di operare dinamicamenteper l’affermazione in Italia di una moder-na idea di parco naturale, nell’ottica dellacostruzione della rete ecologica europea enella convinzione di dare anche un con-tributo essenziale alla tessitura di quellarete mondiale dei parchi auspicata dallaIUCN lo scorso settembre a Durban. Ilsuccesso della recentissima manifestazio-ne promossa da Federparchi, a Riomaggio-

re, per il battesimo dell’Osservatorio sullePolitiche Europee dei Parchi e l’avviodella fase costituente di una Federazionedei Parchi del Mediterraneo è il segno tan-gibile della vitalità e della rafforzata capa-cità di azione di Federparchi.Quali sono i principali problemi cheriscontra nelle aree protette della nostraregione? Quali le potenzialità che ritienenon ancora pienamente espresse?Se facciamo riferimento non alle riservenaturali, ma ai parchi propriamente intesi,sono convinto che il loro problema princi-pale sia quello della dimensione. L’attualeconfigurazione dei parchi dell’Emilia-Romagna è caratterizzata da due parchi diarea vasta che rientrano adeguatamentenegli standard europei, quelli delle ForesteCasentinesi e del Delta del Po, da due par-chi di medie dimensioni, l’Alto AppenninoModenese e il nuovo Parco NazionaleTosco-Emiliano e, per il resto, da dieci pic-coli parchi regionali di superficie compresatra 5.000 e 800 ettari. A questi ultimi, ine-vitabilmente, si attagliano organizzazionigestionali eccessivamen-te “leggere” per assolvereal meglio la modernamissione dei parchi, al dilà, mi preme sottolinear-lo, dell’indiscusso valoredei loro dirigenti. Esistequindi, innanzitutto, perbuona parte dei nostriparchi regionali, un pro-blema di soglia che varisolto creando le condi-zioni istituzionali e nor-mative per la loro messain rete e le ormai indi-spensabili occasioni asso-ciative, salvaguardandoed esaltando, allo stesso tempo, i loro carat-teri identitari.Cosa si aspetta dalla Regione Emilia-Romagna il coordinamento regionale deiparchi e delle riserve naturali nel prossimofuturo?La nostra Regione ha invidiabili tradizioni dibuon governo ed è in grado di dare un signifi-cativo contributo di respiro europeo a rilancia-re, non solo alla scala regionale, il ruolo deiparchi. Anche per questo le chiediamo unanuova legge sulle aree protette che ne miglio-ri la qualità e l’azione e contribuisca a esten-derne la presenza sul territorio. È ormai matu-ra, inoltre, l’istituzione del nuovo Parco Regio-nale dei Gessi Romagnoli. Così come non vi èdubbio che va ampliata la tipologia delle areeprotette della nostra regione, per ricompren-dervi, secondo le più moderne concezioni disalvaguardia ambientale, anche i “Paesagginaturali e seminaturali protetti”, in modo daestendere la tutela a territori fortemente antro-pizzati e di limitata superficie, dove fortunata-mente permangono significativi valori naturalie culturali.

Intervista a Valter ZagoPresidente del Parco Regionale Delta del Po

e Vicepresidente di Federparchi

Il punto di vista di Federparchi

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Nel giugno dello scorso anno il Parco Regionale dei Sassi di Roccamalatina haospitato un seminario, organizzato dal Servizio Parchi e Risorse forestali, che haaperto una prima riflessione sulla gestione delle aree protette regionali e le misu-re per migliorarne l’efficienza. I primi dieci anni di attività hanno permesso a par-chi e riserve di dotarsi di strumenti di pianificazione e strutture e infrastrutturedi base come centri parco, centri visita, reti di sentieri, aree attrezzate. Solo direcente l’attenzione si è orientata in modo più deciso e maturo anche verso laconoscenza del patrimonio naturale, l’educazione ambientale, la promozione diuna fruizione compatibile.Nel medesimo periodo la principale fonte di finanziamento delle attività dellearee protette sono stati i programmi regionali di investimento, promossi in mediaogni tre anni e modulati sulla base delle esigenze espresse dagli enti di gestione.Le tipologie d’intervento finanziate documentano con chiarezza il passaggio dauna fase segnata in prevalenza da azioni di salvaguardia e strutturazione a una sta-gione gestionale più complessa, fondata sull’approfondimento delle conoscenzenaturalistiche e su una crescente definizione degli obiettivi e delle azioni. L’altra fonte decisiva di finanziamento è costituita dal contributo regionaleannuale alle spese di gestione (parte corrente del bilancio), che è pari a circail 50% del bilancio annuale degli enti di gestione. Dall’analisi dei bilanci deiparchi regionali emerge mediamente una ripartizione in spese per il funzio-namento generale (40%) e interventi gestionali e promozionali (60%). Da que-sta proporzione, oltre che dall’entità stessa dei bilanci, si può dedurre come lerisorse finanziarie a disposizione non siano sempre adeguate al complesso difunzioni che le aree protette sono chiamate a svolgere. Non è raro che attivitàche avrebbero carattere ricorrente, come il monitoraggio dello stato del patri-monio naturale o la manutenzione dei sentieri, vengano finanziate con risorsederivate dai programmi regionali di investimento. Questo tipo di scelta, in

Lavorare insiemeil sistema regionale

di Monica Palazzini

Alcune azioni regionali per favorire

la cooperazione tra aree protette

Sotto, il bel nucleo rurale del Fontanazzo è la sede del Parco Regionale Sassi diRoccamalatina e ospita anche uno dei suoicentri visita e, in basso, un momento delseminario; a fianco, la romanica Pieve di Trebbio e le spettacolari guglie arenaceedei Sassi.

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buona parte dettata dalle difficoltàfinanziarie degli enti locali diretta-mente coinvolti, comporta da un latoil pericolo di una non sempre ade-guata continuità d’azione, che rischiaa volte di vanificare i risultati ottenuticon progetti a termine, dall’altro l’esi-genza di una più ampia e qualificatacapacità progettuale degli enti stessi,che consenta di reperire risorse finan-ziarie anche in altri settori della pub-blica amministrazione (agricoltura,turismo, educazione ambientale,ecc.). In proposito è importante sotto-lineare che le previsioni della leggequadro nazionale n. 394/91 e dellalegge regionale n. 11/88 sulla prioritàda attribuire alle aree protette nelriparto dei diversi settori di spesa nonsono in realtà state rispettate. Soloraramente, infatti, i parchi e le riservehanno avuto accesso a finanziamentida fonti diverse rispetto al settoreregionale dedicato. Di recente lemaggiori opportunità sono state coltenell’ambito del piano regionale di svi-luppo rurale che nelle annualità2002-2003 ha visto il finanziamentodi 18 progetti aventi come soggettititolari altrettanti parchi e riserve, edel programma annuale della reteINFEA, con 18 aree protette chegestiscono centri di educazioneambientali accreditati; finanziamentiminori sono venuti anche da altri set-tori regionali, come quello delle poli-tiche energetiche, con la realizzazio-ne di impianti fotovoltaici nei centrivisita e nelle sedi di 9 aree protette. Gli enti di gestione che possiedono unastruttura tecnica e amministrativa ade-guata sono di norma avvantaggiati nellamessa a punto e nella gestione di pro-getti finanziabili. Per quanto riguardale risorse umane a disposizione, si èassistito negli anni, salvo alcune ecce-zioni, alla definizione della pianta orga-nica e alla graduale, ma tuttora incom-pleta, copertura dei posti previsti, conassunzioni a tempo indeterminato oaltre forme contrattuali. In riferimentoal profilo del personale in servizio, si staconsolidando un modello di struttura

che comprende undirettore e uno staffamministrativo e tecni-co, mentre la presenzadi personale di vigilanzaè ancora troppo rara. Èopportuno sottolinearel’importanza del guar-daparco, che oltre allafunzione di sorveglianzadel territorio può assol-vere anche la funzionedi interlocutore direttoper i visitatori. Il fatto che questa figuranon sia ancora operativa nella maggiorparte dei parchi regionali, come pure ildato che attualmente un solo parcoregionale possieda un regolamentocompleto delle attività consentite,lascia supporre che le funzioni di con-trollo e presidio quotidiano del territo-rio siano ancora piuttosto carenti.Nonostante le criticità segnalate, inbuona parte determinate da una gestio-ne per molti versi ancora precaria dalpunto di vista finanziario, le singolearee protette hanno quasi sempre ope-rato da sole, ricorrendo solo raramentea una messa in comune di esperienze econoscenze per l’ottimizzazione dellerisorse umane ed economiche. Perquesta ragione, il servizio regionalepersegue da tempo l’obiettivo di creareun vero e proprio sistema delle areeprotette, fondato su strumenti di coor-dinamento regionali che garantiscanol’unitarietà degli obiettivi e favoriscanocrescenti relazioni tra i diversi parchi e

il sistema regionale Lavorare insieme

Il programma regionale d’investimenti 2001-2003 conferma la tendenza del precedente,con la novità di una nuova tipologiad’intervento finalizzata alla qualificazione e al sostegno delle attività sostenibili(azioni a favore delle attività agricole, fondi per la ristrutturazione di borghistorici montani, ecc.).

Il programma di investimenti 1998-2000evidenzia il peso significativo assunto dalleattività di ricerca e di educazioneambientale; rilevanti restano, comunque, le tipologie d’intervento più tradizionali,come l’allestimento di strutture el’organizzazione del sistema di fruizione.

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riserve per comporre un unico com-plesso organico e vitale, pur nel rispet-to delle specifiche identità. Con questospirito sono state attivate alcune oppor-tunità di finanziamento per progetti einiziative che stabiliscono una concre-ta collaborazione tra aree protette lega-te da vicinanza territoriale, affinitàambientali, comuni obiettivi gestiona-li. Un primo, significativo impulso èvenuto dal programma di investimenti2001-2003, che ha riservato una quotadi risorse ai cosiddetti “progetti di siste-ma”. In questo modo sono stati finan-ziati, all’80% del costo totale e per unammontare di 2.065.827 euro, 16 pro-getti. Si tratta di interventi in buona

parte ancora in corso,sui quali è prematuroesprimere valutazioniin termini di risultati,eventuali difficoltàincontrate, validitàdello strumento nelraggiungere gli obietti-vi prefissati. Alcunisono stati proposti daaree protette già coordi-nate a livello provincia-le, come quelle diParma, Modena eBologna. I progetti sisono in prevalenza arti-colati nella redazione

coordinata dei programmi di sviluppoe dei regolamenti, nella programma-zione e gestione congiunta dell’offertadi educazione ambientale e di turismosostenibile, nella qualificazione e valo-rizzazione delle attività agricole, nellarisoluzione comune di temi tecnicicome l’inserimento paesaggistico diinfrastrutture di rete o il recupero dellafauna selvatica autoctona. Un’ulteriore occasione per la condivi-sione di esperienze è stata creata riser-vando dal 2003 una quota della dispo-nibilità regionale per la spesa correntenelle aree protette a contributi straor-dinari da attribuire ai parchi e alleriserve che si impegnano nella gestio-ne associata, sancita da una appositaconvenzione, di uffici tecnici, funzio-ni amministrative, appalti, consulenzegiuridiche, attività di educazioneambientale, accoglienza e informazio-ne. La priorità è data ai progetti cheprevedono un maggior numero di areeprotette coinvolte e implicano unaeffettiva integrazione, con carattere dicontinuità, tra gli uffici e il personaledegli enti coinvolti. Nel primo annosono stati avviati 5 progetti, che hannocoinvolto 10 enti per un totale di circa150.000 euro, destinati ad aumentarenegli anni successivi. Uno dei progettiè dedicato al servizio di vigilanza didue parchi regionali confinanti, l’AltoAppennino Modenese e il Corno alleScale. Un altro, che prevede la gestio-ne associata dei servizi amministrativi,tecnici e di vigilanza, interessa Stironee Piacenziano, due aree protette vici-ne e accomunate da finalità comuni diconservazione e valorizzazione delpatrimonio paleontologico. L’esigenzadi una maggiore integrazione tra learee protette, tuttavia, rimane moltoelevata anche se, a parte qualche resi-stenza e difficoltà iniziale, oggi gli entidi gestione sembrano sempre più con-sapevoli dei risparmi e dei concretivantaggi che la ricerca di queste solu-zioni organizzative può portare in ter-mini di efficienza, incremento delleiniziative, numero e qualità delle pro-fessionalità a disposizione.

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Ecco come il personale in servizio nei parchiregionali è aumentato negli anni.L’incremento dell’ultimo anno nella categoria“vigilanza e manutenzione” è dovutoall’assorbimento da parte del ParcoRegionale Delta del Po del personale dell’ex-azienda Valli. In realtà i guardaparco operativitutto l’anno sono solo 9.

Il Corno alle Scale, la più alta vettadell’Appennino bolognese.

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Nel 1997 il Parlamento, con DPR del 21 maggio 2001, istituisce il ParcoNazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, ventunesimo parco nazionale ita-liano, in un territorio peraltro già indicato nella legge quadro per le aree pro-tette (Legge 394/91) tra le “aree di reperimento” da cui trarre nuovi parchi.Oltre che da questa indicazione, il parco nasce dall’iniziativa in sede parla-mentare del senatore Fausto Giovanelli, allora presidente della CommissioneAmbiente del Senato e, sotto l’aspetto delle preesistenze territoriali emiliane,da due parchi regionali: quello dell’Alto Appenino Reggiano (Parco del Gigan-te) e, per una porzione, quello dell’Alta Val Parma e Cedra (Parco dei CentoLaghi) in provincia di Parma. Per quanto riguarda la Toscana, che in quantoad aree protette nella zona dispone di tre riserve statali, condividono da subitoil progetto buona parte degli enti massesi dell’Alta Lunigiana, già indicati nellalegge, e alcuni enti lucchesi dell’Alta Garfagnana. Si tratta di un percorso ori-ginale, aggregativo e inclusivo, che ribalta il concetto (o luogo comune) deiparchi imposti dall’alto.Dal 1997 al 2001, i ministri dell’Ambiente Ronchi e Bordon, gli enti locali eil Ministero formano un comitato istituzionale che si riunisce diverse volte aRoma per costruire quel consenso che la legge ha previsto, introducendo perla prima volta, nell’istituzione di un parco nazionale, l’espressione formaledelle comunità locali. Il 21 maggio del 2001, ad elezioni politiche ormai cele-brate, il Capo dello Stato firma il D.P.R. istitutivo.Pur con l’autoesclusione di alcune realtà locali, nelle quali l’opzione politicaha prevalso sulla logica della vocazione e dell’omogeneità del territorio, 14comuni, 4 comunità montane e 4 province hanno deciso attivamente di costi-tuire il parco, hanno vagliato e condiviso il perimetro e le norme di salvaguar-

Cronistoria di unparco incompiuto

il sistema regionale

di Sergio FioriniPresidente del Parco del Gigante (Parco

Regionale Alto Appennino Reggiano)

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L’inconfondibile sagoma della Pietra diBismantova, una delle nuove aree di pregionaturalistico e paesaggistico entrate a farparte del parco nazionale.

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dia, hanno elaborato i lineamenti disviluppo economico che il ministroRonchi ha colto con proprio decretoe che sono richiamati dallo stessoD.P.R. istitutivo.Alla fine del 2001, il nuovo ministroMatteoli nomina presidente del parcoTarcisio Zobbi, senza ricercare, comeprevisto dalla legge quadro nazionalel’intesa delle due Regioni. È una deci-sione grave ma non isolata, che rap-presenta il primo anello di una catenadi commissariamenti, rimozioni,nomine anche illegittime in moltiorganismi ministeriali, oltre che neiparchi. Una vera e propria occupazio-ne con metodi quantomeno autoritari,che sfocia in una serie di iniziative pro-ditorie in gran parte fallite (Cilento,Pollino, Arcipelago Toscano; quest’ulti-mo con recente sentenza della CorteCostituzionale che sancisce l’indispen-sabilità dell’intesa per le nomine deipresidenti dei parchi nazionali).Per ottenere il rispetto della legge ledue Regioni ricorrono contro lanomina di Zobbi. Il TAR del Lazionel novembre 2002 accoglie il ricorsoe dichiara illegittima la nomina,annullandola. Subito dopo la senten-za, il ministro commissaria il parco,affidando a uno dei principali diri-genti del suo dicastero, Aldo Casenti-no, l’incarico di traghettare il parcoverso le nuove nomine. Il commissa-rio fa qualcosa in più, deliberandoalcuni atti (incarichi e bilancio, tra glialtri) prima ancora di chiedere il

parere della Comunità del Parco,come sarebbe stato suo dovere.Dopo quasi un altro anno, siamo all’e-state del 2003, il ministro proponecome presidente il prefetto a riposoRaffaele Guerriero. Le Regioni accet-tano, gli enti locali sono d’accordo, ilconflitto istituzionale si chiude. Ilnuovo presidente si mostra attivo, purevidenziando qualche limite nel rela-zionarsi con la Comunità del Parco,che non incontra neppure una voltanei primi mesi di incarico; cominciaperò a sviluppare un programma,organizza una sede in città, a ReggioEmilia, indica una sede nel territorio,stipula contratti di collaborazione.Guerriero compie i primi atti da solo,anche perché il ministro non ha con-fermato la validità del consiglio diretti-vo in carica nel 2002, né avviato, nelcaso lo avesse considerato decaduto, laprocedura per la nomina di un nuovoorgano. Sull’operato del presidente sidiscute, in modo neppure troppo acce-so, ma questo basta a indurre Guerrie-ro alle dimissioni, motivate dalla noncomprensione di qualche attacco rice-vuto da esponenti di istituzioni e forzepolitiche locali.Il ministro, invece di ricercare l’intesaper un nuovo presidente, nomina nuo-vamente Casentino commissario. LaComunità del Parco non è d’accordo,ma è sorpresa dalle prime dichiarazio-ni di Casentino, che nell’incontro del2 aprile scorso manifesta l’intenzionedi impugnare e azzerare per irregolari-

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Oltre 23.000 ettari di splendidi paesaggimontani, con vette spettacolari come ilMonte Prado, l’Alpe di Succiso e ilMonte Cusna che superano i 2.000 m,vasti panorami, brughiere impreziositeda rare fioriture, folte faggete dove trova-no rifugio lupi, caprioli, cervi e tantespecie di uccelli, incantevoli specchid’acqua incorniciati dai boschi, spessoaccolti in conche modellate da antichighiacciai o evoluti in verdeggianti torbie-re. Sono soltanto alcuni degli elementidi particolare bellezza e interesse natura-listico del nuovo Parco Nazionale, cheriunisce in un progetto unitario varierealtà territoriali di grande valoreambientale. Le profonde valli dei torren-ti Secchia, Riarbero e Ozola, segnate daorridi di pareti arenacee, e quelle delDolo e dell’Enza, ricche di acque e anti-chi boschi, tutte in precedenza compre-se nel Parco Regionale Alto AppenninoReggiano, costituiscono l’ossatura cen-trale dell’area protetta. A ovest si aggiun-gono le belle morfologie glaciali e i laghidell’alta valle del torrente Parma, in pre-cedenza inclusa nel Parco RegionaleAlta Val Parma e Cedra, mentre versonord il parco si prolunga sino al MonteVentasso, la cui cima si specchia nel-l’ampio lago Calamone, e comprendeanche due unità territoriali separate diassoluto rilievo geologico, come l’incon-fondibile Pietra di Bismantova e i viciniGessi Triassici, per le quali è allo studiouna più completa integrazione nell’am-bito dell’area protetta. Sull’impervio ver-sante toscano il Parco Nazionale si dira-ma verso la Lunigiana e la Garfagnana, acomprendere le alte valli di alcuniaffluenti del Magra, la zona dell’Orec-chiella, con le riserve naturali statali diLamarossa, Pania di Corfino e Orec-chiella, e parte della foresta demanialeregionale dell’alta valle del Serchio. Aitanti aspetti naturali di assoluto rilievo siaggiunge l’interesse culturale di un terri-torio ricco di tradizioni e costellato diantichi borghi montani, eremi, mulini,metati nei castagneti, storiche vie di col-legamento tra i due versanti appenninici,che trova riscontro nell’odierna acco-glienza turistica, forte di un’ampia e bensegnalata rete escursionistica, di numero-se strutture di informazione per i visita-tori e di una valida offerta ricettiva, conrifugi, agriturismi e alberghi nei princi-pali centri abitati.

il territorio del nuovo parco nazionale

Il parco possiede un ricco patrimoniodi edifici e manufatti minori legati allacultura materiale e alle tradizioni dellamontagna emiliana. A

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tà molti atti di Guerriero, tra cui ilbilancio di previsione 2004, di chiude-re la sede di Reggio Emilia e ripartiredal programma di investimenti dispo-nendone il finanziamento. In definiti-va, di interpretare la reggenza dinami-camente, ma collaborando con laComunità del Parco. Siamo ai giorni nostri, e la futura evo-luzione della situazione non è datoconoscerla e valutarla. In ogni caso, asette anni dalla legge 344/97, a treanni dal DPR istitutivo, a sei mesidalla nomina di un presidente legitti-mo, si è punto a capo. E, ancora unavolta, spetta al ministro avanzare alledue regioni una o più proposte di livel-lo, sorrette da adeguato curriculum econdivisibili per validità rispetto aicompiti di chi deve guidare un enteimportante come un parco nazionale.Alla data odierna il ministro non haconvocato nessun incontro, e rispondeai solleciti dei presidenti Errani e Mar-tini con lettere in cui dice che lo farà,ma di fatto continua a temporeggiare.Sin qui la cronistoria. A tutto ciò pos-siamo aggiungere alcune valutazioni.Un parco nazionale è cosa di grandeeffetto nell’immaginario collettivo equindi anche nelle attese della gente.Oggi, tra la gente, è ritenuto una realiz-zazione di grande importanza, mentresolo pochi anni fa era avversato da tanti,e quasi tutti gli avversari di un tempooggi ne sostengono la validità.Ci sono attese tra i cittadini, c’è statadi recente una manifestazione di pro-testa che ha chiesto di avviare subitoil parco. Il parco come prospettiva diuno sviluppo diverso e possibilesupera il parco come ente, e la forzaintrinseca che esprime è più fortedelle contraddizioni che emergonotrattando degli organi che presiedo-no alla sua gestione. Il parco è ormaiun dato di fatto, non è più in discus-sione. In questo contesto colpisce lasfilza di errori di un governo chesembra muoversi contro uno svilup-po armonico dei parchi e compie attiche privilegiano scelte di parte e pre-rogative di consonanza politica

prima che di capacità e competenza.Anche se il sistema delle autonomielocali del parco non ha sempre bril-lato per univocità di intenti, capacitàdi rappresentanza e forza propositiva,esso sta emergendo come l’unicovero punto di riferimento al cospettodegli atti sbagliati e dei ritardi delministro che sta tenendo fermi concommissari e mancate nomine novedei ventitre parchi nazionali e hariempito gli altri di esponenti politicidei partiti di governo. Questo stato dicose però non può funzionare, einfatti non funziona, e il governonon può esimersi dallo svolgereresponsabilmente il proprio ruolo.Nella fattispecie, deve avanzare rapi-damente proposte credibili e rimet-tersi a un tavolo di concertazionecon le due regioni per raggiungereun’intesa. Nel contempo deve espri-mersi sul consiglio direttivo e darecompletezza agli organi del parco.Nel frattempo i due parchi regionaliemiliani coinvolti nel Parco Naziona-le continuano a lavorare e garantisco-no comunque la non interruzionedelle iniziative di tutela, valorizzazio-ne e promozione del territorio. Sonopronti allo scioglimento, come preve-de il decreto, hanno già pronte pro-poste e persino bozze di atti delibera-tivi. Hanno già maturato quanto diloro competenza per garantire ilmiglior passaggio di competenze pos-sibile, senza traumi e senza eccessivepretese, ma neppure intendono esse-re cancellati con un semplice attoburocratico. Su questo hanno avviato,insieme alla Regione, il confrontocon il commissario.Oggi, e siamo al maggio del 2004, iprogrammi del Parco del Gigantecontinuano a svilupparsi. Appenapossibile, speriamo prestissimo, cesse-ranno di essere elaborati dal Parco delGigante e saranno espressi dal ParcoNazionale e/o dai singoli enti localisoci di quello che, prossimamente,sarà l’ex Consorzio di Gestione.Quello che è certo è che non scom-pariranno.

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L’escursione di una scolaresca sullemontagne reggiane e un opuscolo che presenta le proposte per le scuole del Parco del Gigante.

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Il V Congresso Mondiale dei Parchi, l’appuntamento decennale promossodalla IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura) che siè tenuto a Durban (Sud Africa) dall’8 al 17 settembre 2003, con la partecipa-zione di circa 2500 delegati di oltre 150 paesi, è stato l’occasione per fare ilpunto sullo stato dei parchi e delle riserve nel mondo e sul contributo che essistanno offrendo alla tutela del patrimonio naturale, nonché per delineare lestrategie del prossimo decennio.Quanto emerso a Durban è stato oggetto di un seminario organizzato il 26 feb-braio 2004 dal Servizio Parchi e Risorse forestali della Regione Emilia-Roma-gna, con la partecipazione di Federparchi. Il seminario, introdotto dal respon-sabile del servizio Enzo Valbonesi, si è sviluppato attraverso gli interventi diGiuseppe Rossi, direttore di Federparchi, Franca Zanichelli, direttore delParco Fluviale Regionale Taro, e Valter Zago, presidente del Parco RegionaleDelta del Po e vicepresidente di Federparchi. Obiettivo dell’incontro era deli-neare un quadro generale dello stato delle aree protette nel mondo, tratteg-giando a grandi linee anche la situazione nazionale, nella convinzione chel’impegno a favore delle aree protette sia indispensabile per invertire il dram-matico declino della biodiversità e rispettare gli impegni presi nelle conven-zioni internazionali.Nella seduta conclusiva del congresso, come noto, è stato approvato l’Accordodi Durban, al quale sono allegati un Piano d’Azione per la sua attuazione, unelenco di 32 Raccomandazioni scaturite dai workshop tematici e un messaggioalla Convenzione sulla Biodiversità, nel quale si mette in luce il valore incon-testabile dell’istituzione, negli ultimi vent’anni, di oltre 100.000 aree protette,definite “sorgente di benefici oltre i confini: oltre i loro confini segnati sullacarta, oltre i confini degli Stati, oltre le società, i sessi e le generazioni”. Lostesso motto del congresso, benefits beyond boundaries (benefici oltre i confi-ni), punta a segnalare la necessità di una gestione condivisa degli scrigni di bio-diversità del pianeta e, nello stesso tempo, a mettere in risalto l’importanza

delle aree protette nel contaminarecon pratiche efficaci e innovative ilterritorio esterno ai parchi. Nel coin-volgente documento Il nostro impe-gno mondiale per l’umanità e le areeprotette della Terra, accanto alle“ragioni per celebrare”, emergonoforti preoccupazioni per le moltearee naturali e selvagge sottoposte agravi minacce, il notevole ritardo,rispetto alla rilevante percentuale disuperficie terrestre protetta (12%),nella tutela di oceani, mari, litorali,ecosistemi di acqua dolce, l’insuffi-cienza dei finanziamenti destinatialle aree protette, valutata in circa 25

I parchi dopo Durban

il mondodei parchi

di Monica Soracase

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Un momento del seminario regionalededicato agli esiti di Durban e, nella pagina precedente, un puntopanoramico nel Parco Nazionale Svizzero.

Un seminario regionale

sul V Congresso Mondiale

dei Parchi

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miliardi di dollari USA, l’assegnazio-ne dei costi di gestione delle stessealle comunità locali, in particolare apopolazioni povere, a fronte di unadistribuzione dei benefici a livellomondiale.Il richiamo a un deciso impegno chepermea l’ultima parte dell’Accordo siconcentra sulla necessità di rafforzaregli aspetti politici, giuridici e istituzio-nali dei sistemi di aree protette, ilriconoscimento di relazioni indissolu-bili tra uomo e ambiente, l’amplia-mento della partecipazione delle gio-vani generazioni al nuovo program-ma delle aree protette, il coinvolgi-mento delle comunità locali nei pro-cessi decisionali. A questo riguardo ilPiano d’Azione riconosce che «inmolti casi le aree protette sono statestabilite senza la necessaria attenzio-ne e rispetto per i diritti delle popola-zioni indigene o nomadi, soprattuttoil loro diritto alla terra e alle sue risor-se». Hanno trovato spazio anche pro-poste di riconoscimento dell’econo-mia locale come strumento per lavalorizzazione delle aree protette,oltre all’utilizzo della comunicazionee dell’educazione come mezzi diconoscenza e quindi di sostegno esensibilizzazione. L’Accordo si chiu-de con la promessa di mantenereaperte le vie del dialogo in «un climadi umiltà, di credibilità e di fiducia»,

nel tentativo di «condividere la visio-ne di un avvenire sostenibile per l’u-manità, fondato su di una alleanzarispettosa con la natura».L’Italia si è presentata a Durban fortedi una lunga e fruttuosa esperienzanella creazione e gestione di aree pro-tette, rafforzatasi soprattutto negli ulti-mi anni, ma priva di una rappresen-tanza politico-istituzionale. Nelladelegazione italiana presente a Dur-ban ha così assunto particolare rile-vanza la partecipazione di Federpar-chi, rappresentata dal presidente Mat-teo Fusilli, dal vicepresidente ValterZago e dal direttore Giuseppe Rossi.Nella giornata seminariale sono stateprese in esame le possibili ricadutegenerate dal Piano d’Azione e dalle 32Raccomandazioni sull’auspicata inte-grazione dei diversi sistemi gestionaliregionale, nazionale, comunitario emondiale ed è stata rimarcata l’urgen-za di politiche di sistema più efficaci.Giuseppe Rossi ha rilevato come,rispetto al precedente congresso diCaracas (1992), si sia assistito a unpositivo sviluppo del concetto di spa-zio protetto, inteso come modelloesportabile utile alla pianificazioneterritoriale, nel quale la qualità dellaprotezione si pone in primo pianorispetto alla quantità. A rendere diffi-coltoso il cammino intrapreso, tutta-via, concorrono gli scarsi finanzia-

il mondo dei parchi I parchi dopo Durban

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Un centro per il recupero e lareintroduzione dell’orango in Borneo.

Le peculiari morfologie delle cime tutelatedal Parco Nazionale Torri del Paine, in Cile.

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menti, il labile consenso sociale, lamancanza di volontà politica, la fidu-cia ancora troppo debole nei parchicome realtà economicamente fruttuo-se. Franca Zanichelli, in proposito, hasottolineato come il mantenimentodell’integrità degli ecosistemi possagarantire il loro funzionamento in unaprospettiva durevole, soprattutto da unpunto di vista economico. Questo valein particolare per i paesi del sud delmondo, dove le conoscenze tradizio-nali spesso custodiscono preziose espe-rienze di uso e gestione sostenibiledelle risorse naturali, che impongonouna gestione delle aree protette atten-ta al contesto locale e ai diritti dellepopolazioni autoctone e migranti.I relatori hanno segnalato che durantela giornata congressuale dedicata alnostro paese è stato riconosciuto comein Europa, e in particolare in Italia,anche le zone più selvagge presentinoun grado di antropizzazione tale darichiedere un’analisi specifica, bendistinta dalla concezione conservazio-nistica anglosassone, applicabile avasti territori selvaggi come quelli deiparchi statunitensi. A riguardo sonostati richiamati i contenuti del proget-to APE (Appennino Parco d’Europa)come modello di integrazione tra areeprotette e territorio, i progetti relativi

ad altri grandi sistemi ambientali e ter-ritoriali del nostro paese, CIP (CosteItaliane Protette) e ITACA (Rete delleIsole Minori del Mediterraneo), non-ché la Convenzione delle Alpi. È statoinfine ricordato come il sistema nazio-nale delle aree protette abbia potutorafforzarsi e ampliarsi grazie all’appli-cazione della Direttiva “Habitat”92/43 e della Direttiva “Uccelli”, attra-verso l’istituzione di circa 2500 Sitid’Importanza Comunitaria (SIC) eZone di Protezione Speciale (ZPS),con i quali contribuire alla costruzio-ne della rete di Natura 2000.Nell’intervento conclusivo ValterZago ha rilevato come il provvedi-mento comunitario non riguardi iparchi nazionali e regionali, non-ostante questi ultimi ospitino un grannumero di SIC e ZPS, sottolineandola necessità di ricondurre la gestionedei siti a quella dei parchi nei qualiessi si trovano, cercando di colmare,come suggerisce il documento I par-chi in Europa elaborato da Federpar-chi, la disparità di trattamento tralegislazioni e politiche nazionali, chericonoscono pienamente ai parchiqueste specifiche funzioni, e le politi-che comunitarie che, invece, limita-no questo riconoscimento sostanzial-mente a SIC e ZPS.

il mondo dei parchi I parchi dopo Durban

Un magnifico scorcio della catenahimalayana.

Una balena franca australe nella RiservaNaturale Penisola di Valdes, in Argentina.

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Di fronte agli allarmi sullo stato del pianeta, l’umanità reagisce chiamandosi aconfronto in periodici appuntamenti planetari: Rio de Janeiro, Johannesburg,Kyoto, Durban, Kuala Lumpur, per citare i più significativi. Si tratta di momen-ti eccezionali, preparati con grande impegno dagli addetti ai lavori che selezio-nano temi di discussione, opzioni strategiche, procedure attuative per far con-vergere la riflessione comune sulle decisioni da assumere per fronteggiare legrandi questioni. Lo scopo è sollecitare la composizione di azioni positive daintraprendere ai differenti livelli, dai programmi nazionali fino alle ricadute didettaglio che coinvolgono le comunità locali.Questi meeting possono diventare tappe effettive nella storia del progresso delleidee e occasioni formidabili per esercitare l’intelligenza umana, a una condizione:che le risultanze siano incisive e si sviluppino coerenti processi di assunzione diresponsabilità per affrontare la complessità delle problematiche emerse, superan-do la rete dei poteri sanciti e la geografia dei privilegi. Di cosa ne è stato delle risul-tanze di Rio, Johannesburg e Kyoto, è ben noto a tutti: il nodo è sempre quello ditrainare le posizioni di vantaggio economico verso comportamenti “etici”, per nonstemperare inesorabilmente la portata delle raccomandazioni.Speriamo che il messaggio vitale di Durban abbia colpito nel segno: Beneficisenza frontiere è stata davvero la ragione di essere di questo incontro, dove ha trion-fato in primo luogo la diversità umana, migliaia di delegati di tantissimi paesi acco-munati da un unico grande progetto: dare un futuro alle aree protette. Nella ceri-monia inaugurale il grande Nelson Mandela ha infiammato la platea con la vocedi chi ha a cuore i problemi dell’Africa e si batte per riconsegnare dignità a questa

Un futuro per i parchi e la tutela della biodiversità?

il mondodei parchi

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di Franca ZanichelliDirettore del Parco Fluviale Regionale Taro

Trasporto di legname tropicale destinatoalla commercializzazione.

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terra. Restituire vitalità alle culturenative che possono essere custodi deipatrimoni naturali più importanti è unimperativo dal quale non si può pre-scindere.Il mondo opulento può fare molto,perché può giocare almeno tre carteimportanti: per prima cosa è indispen-sabile rafforzare la ricerca per esplora-re ancora la straordinaria diversità bio-logica sconosciuta; poi è necessarioformare classi dirigenti attente ai pro-blemi della salvaguardia delle risorsenaturali, dalle quali si traggono rimediper la salute e alimenti primari per lasopravvivenza di interi popoli; è indiffe-ribile, infine, combattere la povertà,che costituisce la prima condizione diminaccia dei grandi ecosistemi residua-li ancora funzionanti.Sono problemi di portata planetaria,che coinvolgono soprattutto i Paesi delSud del mondo, detentori di un prima-to di ricchezza biologica incomparabi-le. Ma anche nella vecchia Europa enel continente nordamericano si lan-ciano allarmi per la perdita di superficiee qualità delle aree protette. Soprattut-to emerge il rischio che parchi e riservenaturali rimangano isole vulnerabili inun ambiente sempre più o meno den-samente metropolizzato. Da un lato,infatti, crescono i riferimenti normativie i processi d’integrazione delle politi-che ambientali, ma dall’altro la pressio-ne per mantenere gli attuali livelli disviluppo economico induce a sacrifica-re anche le acquisizioni consolidate.Tra le 32 Raccomandazioni di Durbance ne sono alcune molto pertinenti perla nostra realtà nazionale. Stimolareuna maggiore efficienza gestionalenelle aree protette potrebbe rafforzare ilconcetto virtuoso che la cura e la tutelafanno la differenza e che il processo didepauperamento si può contrastare, sti-molando una visione positiva rispettoalle aspettative di futuro delle giovanigenerazioni. Creare network di portataterritoriale più ampia potrebbe consoli-dare politiche ambientali meno margi-nalizzate rispetto ai grandi filoni econo-mici. Incoraggiare la ricerca applicata e

investire nella formazione dei giovanipotrebbe portare a una maggioreresponsabilizzazione collettiva verso itemi dell’occupazione e dello svilupposociale. Armonizzare le aspettativedelle comunità locali con una gover-nance intelligente e responsabile neiconfronti del territorio e dell’ambientepotrebbe ridurre la spesa pubblicanecessaria per sanare gli esiti di unapoco lungimirante attività di pianifica-zione e programmazione. Alla fine,continua a rimanere centrale il temaeducativo, come supporto essenzialeper arginare la preoccupante deriva diun modello di sviluppo asservito solo alrendimento economico.

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La superficie della Terra attualmente pro-tetta, più che raddoppiata rispetto al1992, interessa oltre il 12% delle terreemerse, con un addizionale 10% stretta-mente tutelato in Antartide; una percen-tuale che scende a meno dello 0,5% per imari e gli oceani, a riprova della ancorainsufficiente attenzione per gli ecosistemimarini. In Europa esistono 32.504 areeprotette, un terzo circa del totale mondia-le, che coprono una superficie di70.511.239 ettari, pari al 14,1% del conti-nente; di queste 712 sono parchi naturali(5,5%), 9.289 “paesaggi protetti” (6,3%),20.209 riserve naturali (2,3%), 2.294monumenti naturali e altre aree naturaliprotette (0,1%).In Italia le aree protette sono 751 e interes-sano oltre il 10% del territorio nazionale (lasuperficie protetta raggiunge il 20% se siconsiderano anche SIC e ZPS). Attualmen-te nel nostro paese esistono 22 parchi nazio-nali, 146 riserve naturali statali, 23 riserve ealtre aree protette marine, 105 parchi, 335riserve naturali e 141 altre aree protetteregionali. In questo quadro il territorioappenninico svolge un ruolo di assoluta pre-minenza, ospitando il 56% della superficieprotetta nazionale, pari a circa 1,5 milionidi ettari. Per il futuro, il primo obiettivo siconferma quello di ottenere entro il 2010una forte riduzione dell’attuale ritmo di per-dita della diversità biologica a livello mon-diale, regionale e nazionale e di completareuna rete mondiale di aree protette rappre-sentativa di tutti gli ecosistemi del pianeta;entro il 2012, come stabilito nel VerticeMondiale sullo Sviluppo Sostenibile diJohannesburg, è anche prevista la creazio-ne di una rete rappresentativa di aree mari-ne protette. Un altro importante obiettivostrategico è il collegamento entro il 2015 ditutte le aree protette nell’ambito di sistemiecologico-ambientali più vasti, sia terrestriche marini. Su scala europea, nel giugnodel 2003, Federparchi ha avviato un dibatti-to per arrivare alla preparazione di un “libroverde”, da inserire nella costituzione italia-na ed europea, per una politica comune afavore delle aree protette in conformità a undocumento già elaborato da Federparchi epresentato alla Commissione Europea.

I numeri e le date di Durban

il mondo dei parchi I parchi dopo Durban

Un pannello per la protezione delle tartarughe marine in Malesia.

I relatori del seminario regionale sul VCongresso Mondiale dei Parchi di Durban.

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Natura 2000 ha origine dalla Direttiva “Habitat” n. 43 del 1992 dell’Unione Euro-pea, finalizzata alla conservazione della diversità biologica presente nel territorioeuropeo. La direttiva, come noto, prevede che gli stati contribuiscano alla costitu-zione della rete ecologica europea, denominata appunto Natura 2000, in funzio-ne della presenza e della rappresentatività nel proprio territorio di determinatiambienti e specie, individuando aree di particolare pregio ambientale, i Siti diImportanza Comunitaria (SIC), ai quali si aggiungono le Zone di Protezione Spe-ciale (ZPS) previste dalla Direttiva “Uccelli” n. 409 del 1979. Con Natura 2000l’Unione Europea ha inteso porre le basi per la creazione di un sistema di areestrettamente relazionato e non di un semplice insieme di territori scelti tra i piùsignificativi e tra loro isolati. In risposta a questa sollecitazione, lo stato italiano hapromosso nel 1995 il progetto “Bioitaly”, che ha segnalato le aree di maggior pre-gio ambientale comprese sia all’interno dei parchi e delle riserve naturali che nelresto del territorio nazionale, individuando gli habitat di interesse comunitario ecensendo le specie animali e vegetali presenti negli Allegati I e II delle DirettiveHabitat e Uccelli. Su questa base nel nostro paese sono stati sinora individuati2.330 SIC e 434 ZPS, ripartiti nelle tre regioni biogeografiche in cui è stata sud-divisa l’Italia (alpina, continentale e mediterranea), ma varie regioni stanno anco-ra aggiornando i loro elenchi e il dato è in costante evoluzione. Nel frattempo l’I-talia ha recepito la direttiva europea attraverso il D.P.R. 357/97, successivamentemodificato dal D.P.R. 120/03, in quanto l’Unione Europea aveva avviato una pro-cedura di infrazione perché l’ambito di applicazione del primo decreto era rite-nuto non conforme a quanto stabilito nella Direttiva “Habitat”.La Regione Emilia-Romagna, che nel 1977 aveva già posto l’attenzione sullaconservazione della biodiversità attraverso la L.R. n. 2/77, a tutela delle specievegetali rare presenti nel territorio, e nel 1988 aveva emanato la L.R. n. 11/88sui parchi e le riserve naturali, nell’ambito di “Bioitaly” ha provveduto a cen-sire i siti più significativi (SIC e ZPS) attraverso il coinvolgimento di universi-tà, amministrazioni pubbliche e specialisti dei vari settori interessati. Dopoquesta importante fase di studio e censimento sono stati complessivamente

individuati 106 siti e, in particolare,104 SIC e 41 ZPS, delle quali solodue esterne ai SIC, per un totale di202.172 ha (183.043 ha di SIC e97.966 ha di ZPS, in gran partesovrapposti). Nel periodo 2001-2003è stata avviata una seconda fase dilavoro, per l’individuazione di nuovisiti e l’aggiornamento di quelli giàdesignati, che ha coinvolto le ammi-nistrazioni pubbliche locali, in parti-colare le province e gli enti di gestio-ne delle aree protette, ma anchediversi comuni e singoli specialisti.Nel luglio 2002 si è potuto così

La Rete Natura 2000 in Emilia-Romagna

natura protetta

di Stefano Bassi, Francesco BesioServizio Parchi e Risorse forestali

della Regione Emilia-Romagna

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La tutela delle specie

animali e vegetali e degli

habitat particolarmente rari

Un tipico ambiente delle Valli di Comacchio, caratterizzato dalla presenzadi salicornia, nel Parco Regionale Delta del Po.Nella pagina precedente, scorcio di unbosco misto con agrifoglio nel ParcoNazionale delle Foreste Casentinesi.

Nel volume Habitat dell’Emilia-Romagna,Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali, Regione Emilia-Romagna, 2001, si può trovare la descrizione degli habitatpresenti in regione secondo il metodoeuropeo “CORINE-biotopes”.

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aggiornare l’elenco dei SIC, che sonosaliti a 113, per una superficie com-plessiva di 194.715 ha (oltre 10.000ha in più rispetto all’indagine prece-dente). Nel settembre 2003, anche inseguito ai ripetuti solleciti dell’Unio-ne Europea all’Italia, considerata par-zialmente inadempiente nell’applica-zione della Direttiva “Uccelli” soprat-tutto riguardo al numero di ZPS desi-gnate, in ambito regionale si è prov-veduto all’aggiornamento di quelleindividuate nel 1995, portandole da41 a 61, per un totale di oltre 155.000ha (con un incremento del 58%).Dal momento che molti SIC coincido-no, totalmente o parzialmente, con le

ZPS, la Rete Natura 2000 in Emilia-Romagna è oggi costituita da 139 siti,raggruppati in 127 aree, per un totale di236.548 ha, pari a oltre il 10% dell’in-tero territorio regionale: un traguardoimportante per la realizzazione di unarete di aree a elevato pregio ambienta-le, a integrazione dei parchi e delleriserve statali e regionali già esistenti.La superficie complessiva dei siti diNatura 2000 e delle aree protette inEmilia-Romagna, infatti, è oggi di278.000 ha, in quanto il 73% dei153.000 ha di parchi e riserve naturali,pari a circa 111.000 ha, ricade all’inter-no della Rete Natura 2000, mentre il47% dei siti di Natura 2000 si trovaall’interno di aree protette.L’Italia è il paese europeo con il piùalto grado di biodiversità e l’Emilia-Romagna è tra le regioni più ricche dispecie animali e vegetali, nonché diambienti che li ospitano. Siamo dun-que responsabili di un patrimonio natu-rale di valore europeo e mondiale, daconservare e gestire con il contributo ditutti. Nei siti della Rete Natura 2000individuati in Emilia-Romagna sonopresenti habitat di interesse comunita-rio che rientrano in tutte le categorieclassificate dalla commissione europea:habitat costieri, di acque dolci, salma-stre e salate, fiumi, laghi, stagni, prate-rie umide o aride, steppe e arbusteti,rupi e grotte, diversi tipi di foreste. Dei78 habitat strettamente connessi allapresenza dell’acqua, almeno 20 sonopresenti in regione e, in particolare,sono di prioritaria rilevanza le Lagunecostiere, come la Sacca di Goro, e leDune fisse a vegetazione erbacea, pre-senti anche a una certa distanza dalmare come avviene a Massenzatica(FE). Tutti questi habitat ospitano unaflora e una fauna rara e importante, inun complesso mosaico di situazioni dif-ferenti, nelle quali, soprattutto inAppennino, prevale una sorta di effettomargine o di transizione tra un ambien-te e l’altro, importantissimo per gliscambi tra le varie cenosi.In base a quanto stabilito dalla nor-mativa regionale a livello di pianifica-

natura protetta La Rete Natura 2000 in Emilia-Romagna

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La Regione Emilia-Romagna, recependoquanto indicato nel D.P.R. 120/03, ha rite-nuto opportuno approvare una legge chesoprattutto definisse i ruoli dei soggetti avario titolo coinvolti nella gestione dei siti diNatura 2000. La L.R. n. 7 del 14.4.04 “Dis-posizioni in materia ambientale” (articoli 1-9) disciplina in maniera dettagliata questamateria, con particolare riferimento ai ruolidei diversi enti pubblici e dei soggetti priva-ti e alle procedure da seguire per l’approva-zione di piani e progetti che interessanodirettamente o indirettamente i siti di Natu-ra 2000. Nell’art. 2, in particolare, vengonoesplicitati i compiti di coordinamento, pro-mozione, verifica e monitoraggio dellaRegione e l’attenzione da riservare alla ste-sura delle direttive che definiranno gli indi-rizzi a livello gestionale e procedurale per ladefinizione delle misure di conservazione edella valutazione di incidenza. L’art. 3 defi-nisce i ruoli degli enti in materia di Misuredi conservazione (obbligatorie) e Piani digestione (facoltativi), stabilendo in 18 mesi

dall’entrata in vigore della legge il tempo adisposizione di province ed enti gestoridelle aree protette regionali e statali per pre-disporre tali provvedimenti, di notevoleimportanza anche ai fini delle istruttoriedelle valutazioni di incidenza e del monito-raggio periodico degli habitat e delle specieanimali e vegetali previsti dalla normativaeuropea e recepiti da quella statale. L’art. 4è riservato all’attività di monitoraggio, coor-dinata dalla Regione, mentre agli artt. 5, 6 e7 sono demandate le norme relative allaValutazione di incidenza di piani e progettiche la legge regionale demanda agli stessienti che approvano tali documenti, con lasola eccezione degli interventi all’internodelle aree protette, valutati dall’ente gestore(una novità importante rispetto alla norma-tiva nazionale che, invece, assegna all’enteparco un ruolo consultivo). Gli ultimi duearticoli sono riservati alle norme transitoriedi eventuale surroga da parte della Regionenei confronti di enti inattivi e agli aspettifinanziari.

la recente legge regionale

In alto, un altro particolare habitat deltizio:il suggestivo bosco allagato di PunteAlberete e, sopra, la farfalla Lycaenadispar, una specie prioritaria per l’Unione Europea.

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zione nelle aree SIC e ZPS, maanche per supportare tecnicamente isoggetti preposti a effettuare le valuta-zioni di incidenza di piani e progetti,la Regione sta attualmente cercandodi integrare il quadro conoscitivo dis-ponibile in materia di habitat e haavviato una nuova fase di studio, coin-volgendo IPLA (Istituto per le Pianteda Legno e l’Ambiente) e ARPA(Agenzia Regionale per la ProtezioneAmbientale), con l’obiettivo di forni-re una più precisa localizzazionedegli habitat di interesse comunitariopresenti all’interno dei siti; l’indagi-ne, che si concluderà entro l’anno, èper il momento limitata ai siti esternialle aree protette, in genere menoconosciuti. La Regione ha inoltre inprogramma la realizzazione di pub-blicazioni, corsi e seminari su temispecifici, allo scopo di incrementare

il livello di conoscenza tra i tecnicidel settore rispetto alle problematicheconnesse alla corretta gestione dellearee di elevato pregio ambientale. Learee interessate da Natura 2000, infi-ne, hanno in questi anni beneficiatodi specifici finanziamenti comunitari,come i progetti Life, e sono state con-siderate prioritarie o preferenziali invari programmi regionali (dal PianoRegionale di Sviluppo Rurale aiFondi ordinari degli interventi di fore-stazione di iniziativa pubblica). LaRete Natura 2000, insomma, dopouna prima fase di studio e ricerca, staraggiungendo una sempre maggioreconcretezza a livello sia pianificatorioche direttamente gestionale: perquanto ancora lungo, si tratta di unprocesso che nei prossimi anni, con ilconcorso di tutti i soggetti interessati,pubblici e privati, potrà e dovrà darepiena attuazione ai principi enunciatinelle direttive comunitarie.

natura protetta La Rete Natura 2000 in Emilia-Romagna

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DISTRIBUZIONE SITI NATURA 2000

ProvinciaN. Siti (SIC)

N. Siti (ZPS)

Totale siti(SIC+ZPS)

Superficie siti(SIC+ZPS)

Percentuale(%)

Piacenza 13 3 13 26.126 ha 11,0

Parma 15 5 19 29.210 ha 12,3

Reggio Emilia 18 10 20 27.322 ha 11,6

Modena 12 8 17 22.573 ha 9,5

Bologna 16 8 21 36.069 ha 15,2

Ferrara 11 12 16 46.719 ha 19.7

Ravenna 15 13 20 19.793 ha 8,4

Forlì-Cesena 11 2 11 26.231 ha 11,1

Rimini 2 0 2 2.507 ha 1,0

TOTALE 113 61 139 236.548 ha 100,0

TIPOLOGIE SITI NATURA 2000 N.

Siti costieri o subcostiericon ambienti umidi salati o salmastri e con pinete litoranee

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Siti in pianuracon ambienti fluviali, zone umide d’acqua dolce e ultimi relitti forestali planiziali

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Siti in collina e bassa montagnacon prevalenza di ambienti fluvio-ripariali oppure rupestri, spesso legati a formazioni geologiche rare e particolari come gessi, calcareniti, argille

27

Siti in aree submontane di ambiente forestale o rupestri su arenarie oppure ofioliti

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Siti ubicati in montagna a quote prevalenti superiori agli 800 m, con estese foreste, rupi, praterie-brughiere divetta e rare torbiere, talora su morfologie paleo-glaciali

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TOTALE 127

Ulteriori informazioni in materia di Rete Natu-ra 2000 sono reperibili in vari siti web, tra iquali quelli dell’Unione Europea (www.euro-pa.eu.int/ comm/environment/nature/ natura.htm, www.europa.eu.int/scadplus/leg/ it/lvb/l28076.htm), del Ministero Ambiente e Tuteladel Territorio (www.minambiente.it/ Sito/ setto-ri_azione/scn/rete_natura2000/ rete_natu-ra2000.asp) e della Regione Emilia-Romagna(www.regione.emilia-romagna.it/ natura2000/index.html).

Per saperne di più

Sopra, giovane esemplare di storione, un pesce divenuto estremamente raro nei fiumi italiani; in alto, il succiacapre(Caprimulgus europaeus) ha subito un fortedeclino a livello europeo; in basso, al fragile ambiente dei prati aridi montani è legato il calandro (Anthus campestris).

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Il piano d’azione nazionale per la conservazione del lupo elaborato nel 2002dall’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica per conto del Ministero del-l’Ambiente si apre con le seguenti parole: «Il lupo rappresenta un elementofondamentale degli ecosistemi naturali e la conservazione di questa speciecomporta un beneficio per tutte le altre componenti ambientali ad essa inter-relate...». Nei fatti si tratta forse del più grande problema di conservazionedella natura su scala nazionale e continentale, con esiti che, alternativamente,inducono alla fiducia o alla preoccupazione, sulla base, tuttavia, di una con-vinzione comune a tutto il mondo ambientalista, che riconosce a questo temaun ruolo guida nelle politiche di tutela dell’ambiente. Contesti del tutto diver-si per caratteri territoriali e situazioni sociali si trovano improvvisamente riav-vicinati e accomunati da questa “spettrale” presenza, discreta eppure dirom-pente, che è stata testimone dell’evoluzione del territorio e della storia socialee culturale di un intero continente e ancora riaccende paure ancestrali, incu-te rispetto, suscita entusiasmo come massima espressione dell’equilibrio pro-prio della natura allo stato selvaggio.L’Italia e l’Europa del terzo millennio non sono più la distesa di foreste chenei secoli l’uomo ha grandemente ridotto per affermare i propri spazi disopravvivenza e oggi la conservazione del lupo non è certamente un proble-ma per le città, lo sviluppo economico e produttivo, l’attività agricola. Lastessa montagna ha conosciuto un po’ ovunque una riscoperta che ha spessoportato a condizioni di benessere inimmaginabili sino a qualche decennio fa,quando le regole erano la fatica e la miseria. Esistono, dunque, tutte le con-

Il lupo è tornato

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Il lupo nel ParcoNazionale

delle ForesteCasentinesi

Le ricerche nel crinale

romagnolo e in quello emiliano

di Claudio D’Amico (1) Marco Mencucci (1)Giorgio Boscagli (2)

Nevio Agostini (3)

(1) Corpo Forestale dello Stato, CoordinamentoTerritoriale per l’Ambiente del Parco Nazio-nale delle Foreste Casentinesi

(2) Biologo consulente del Parco Nazionale delleForeste Casentinesi

(3) Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi

Nel nostro Paese il lupo è forse il simbolo più evocativo della natura selvaggia.

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dizioni per un piano d’azione coor-dinato che garantisca almeno lasopravvivenza della specie, perché lasua estinzione, che pure è stata vici-nissima, sarebbe il male assoluto,una perdita irrimediabile. La sensa-zione, per fortuna, è che probabil-mente la salvezza del lupo è oggiassicurata, ma viene da chiedersiquanto la nostra società sia consape-vole di essere stata davvero a unpasso da un evento tanto terribilecome la sua definitiva scomparsa.Aver imboccato la strada giusta perscongiurare il rischio di estinzionedel lupo non significa, tuttavia, averrisolto i problemi di conservazionedella specie. In Italia i parchi hannogiocato un ruolo fondamentale nellasvolta che ha portato da una situa-zione di rischio estremo a una pro-spettiva di salvaguardia e recupero; epiù dei singoli parchi è stato sicura-mente il sistema delle aree protette,che nel nostro paese si è sviluppatoverso la fine del Novecento, l’ele-mento vincente. Ma se un positivorisultato è stato raggiunto, è certoche non esiste ancora un equilibrioaffidabile.La storia più recente del lupo nelloscenario dell’Appennino centro-set-tentrionale è, a questo proposito,emblematica della situazione. Dailupai della prima metà del Nove-cento, premiati per ogni capo abbat-tuto, oltre che stimolati e sorrettidall’opinione pubblica dell’epoca,convinta della necessità di liberareil territorio da questo presunto peri-colo, siamo arrivati a una nuovafigura di lupaio, che oggi cerca ilupi non per ucciderli ma per stu-diarli e poterli difendere, riscuoten-do una nuova e importante ammira-zione nella società civile. Ma c’èancora chi contrasta, consapevol-mente, il lupo, non più con ostenta-zione della preda, ma illegalmente,con mezzi infidi e pericolosi come ibocconi avvelenati. Ci sono ancorapastori che reagiscono secondo abi-tudini comprensibili ma non più

giustificate dai nuovi regimi di soste-gno e indennizzo ormai diffusi ericonosciuti. C’è anche chi, soprat-tutto nell’ambito localizzato e circo-scritto delle squadre di caccia al cin-ghiale, abbatte illegalmente il lupoperché lo sente come un antagoni-sta, che limita il serbatoio di selvag-gina cacciabile. Si tratta di figuremiserevoli, che macchiano unambiente che cerca di affermare elegittimare una cultura venatoriaevoluta ma non è ancora capace diespellere questa residua minoranzacriminale, ostinandosi nell’omertàsenza comprendere la gravità delfenomeno.Il territorio del Parco Nazionaledelle Foreste Casentinesi, MonteFalterona e Campigna è stato teatro,negli ultimi vent’anni, di varie inda-gini sulla presenza, la stima e la dis-tribuzione della popolazione dilupo, sia prima che dopo l’istituzio-ne dell’area protetta. In questo com-prensorio, come nel resto dell’Ap-pennino, si è assistito a una fase diricolonizzazione ed espansione del-l’areale della specie, contestualealla riduzione della presenza antro-pica per l’abbandono delle zone dialta collina e montagna e all’espan-sione delle popolazioni di ungulati

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L’interesse suscitato dal convegno diSanta Sofia ha avuto un immediato epositivo riscontro, quando il parco si èassociato alla ricerca promossa dall’Istitu-to Nazionale per la Fauna Selvatica edalla Regione Emilia-Romagna per ilmonitoraggio genetico del lupo, delegan-do a condurla il CTA CFS, già protago-nista del programma di formazione sulmonitoraggio faunistico e della stima dellupo mediante wolf howling, sempre conGiorgio Boscagli come referente operati-vo e coordinatore delle attività. Dall’ini-zio dei rilevamenti al 17 febbraio 2004(ultimo aggiornamento), in un arco tem-porale di 15 mesi, sono stati raccolti 226campioni biologici, per la quasi totalitàcampioni fecali, oltre a un campione diurina e tre reperti tessutali (muscoli epeli prelevati da esemplari morti). Illaboratorio dell’Istituto Nazionale per laFauna Selvatica ha analizzato i 76 cam-pioni dei primi due trimestri di attività,che hanno dato 35 risposte positive e 5incerte, con la definitiva individuazionedi 19 distinti genomi di lupo. Dalmomento che il lavoro non è ancoraconcluso, se si considera che nel novem-bre del 2001 furono stimati 26-36 esem-plari nell’ambito del parco, sembra profi-larsi una straordinaria corrispondenza trai risultati del wolf howling e quelli del-l’indagine genetica. Quattro dei 19 geno-mi individuati, inoltre, sono stati cam-pionati anche dai rilevatori della provin-cia di Forlì: una prova che i “nostri” lupiin realtà spaziano per un territorio benpiù ampio del parco.

I nostri lupi uno per uno

Alla determinazione genotipica dei singoliindividui di lupo è dedicato un progettospecifico, coordinato dall’Istituto Nazionaleper la Fauna Selvatica di Ozzano Emilia.

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selvatici (cinghiale, capriolo, daino,cervo). Gli avvistamenti diretti e isegni indiretti di presenza, comepure le predazioni e le feci poste amarcatura del territorio, si sono neltempo fatti sempre più frequenti esono stati confermati dai rilievi sulcampo che, per quanto parzialirispetto all’intero territorio delparco, indicavano con certezza lagià significativa e mobile presenzadel predatore.Nel 1983 le stime parlavano di 5-6esemplari che si muovevano anchenel settore centro orientale dell’attua-le parco. Nel 1995 si stimavano 20-22esemplari, tra adulti e piccoli, nel ver-sante toscano del parco e su parte diquello romagnolo, con 4 nuclei ripro-duttivi. Tra il 1992 e il 1997 nell’areanord-occidentale furono individuati 4nuclei riproduttivi, oscillanti neltempo tra 8 e 20 esemplari. Tra il1998 e il 2001 vennero rilevati 4nuclei riproduttivi e 3 individui isola-ti in un’area di circa 45.000 ha; unaspecifica indagine dell’ottobre 2000nel versante romagnolo stimò la pre-senza di 9-10 individui in 3 gruppi.Ulteriori e continuative ricerche con-dotte tra il 1993 e il 2000 rilevarono3-5 branchi, con una densità a tardaestate di 4-8 esemplari ogni 100 km2.La prima stima generalizzata in tuttoil territorio del parco e nelle zoneimmediatamente circostanti (circa50.000 ettari) è del novembre 2001.Lo studio, condotto tramite la tecnicadel wolf howling dal Corpo Forestaledello Stato - Coordinamento Territo-riale per l’Ambiente, con la supervi-sione di Giorgio Boscagli, ha eviden-ziato la presenza di non meno di 6nuclei sociali, almeno tre dei qualicon la presenza di giovani dell’anno.La valutazione numerica prudenzialeè quindi oggi compresa tra 26 e 36esemplari.Il dato è una conferma della presen-za, nel Parco Nazionale delle Fore-ste Casentinesi, di uno dei popola-menti di lupo a più alta densità del-l’Appennino. Non sembra dunque

azzardato affermare che in quest’a-rea protetta il lupo trova un ambien-te eccezionalmente adatto alle suenecessità, in termini di rifugio escarso disturbo, facilità di sposta-menti in zone rivestite di foreste,abbondanza di prede. Su quest’ulti-mo aspetto i dati a disposizione,risalenti alla metà degli anni Novan-ta, hanno determinato che nell’areala dieta del lupo è costituita percirca il 90% da ungulati selvatici, inprevalenza cinghiali, rispetto adaltre zone d’Italia dove, invece, lacomponente di ungulati domesticiraggiunge e supera il 50% delladieta complessiva. È un fatto chenel parco sembrano decrescere sia ilnumero di capi domestici predati,sia i risarcimenti collegati. Dati piùrecenti non sono ancora disponibili,ma non sembrano da escludere pos-sibili variazioni del regime alimen-tare, in relazione all’aumento dellepopolazioni di cervo e, localmente,di daino, vista l’adattabilità del pre-datore alle caratteristiche dei popo-lamenti delle specie preda.Un aspetto particolarmente critico èil rinvenimento di esemplari morti:tra 1993 e 2004 sono stati ritrovati 32lupi uccisi clandestinamente, 7 nelparco e i rimanenti in zone prossimeai suoi confini. Le cause accertate,per quanto possibile, sono collegate afenomeni di bracconaggio diretto,con arma da fuoco (10-11 casi), eindiretto, con bocconi avvelenati elacci (9 casi); cause secondarie sonogli incidenti stradali o altre causeaccidentali (6 casi) e le morti natura-li (2 casi). Negli ultimi mesi si è pur-troppo assistito a una recrudescenzadelle morti per bocconi avvelenati.Di fronte a questi fenomeni, conti-nuare a proteggere il lupo e diffonde-re sempre più la conoscenza di questaspecie meravigliosa è la sola strada daseguire, come ha ben sintetizzato ilManifesto per la protezione del Lupo,approvato durante il convegno “Lupoe Parchi”, svoltosi a Santa Sofia nel-l’aprile del 2002.

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Un agente del Corpo Forestale dello Statointento a raccogliere campioni.

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Nei parchi regionali Alta Val Parma e Cedra, Alto Appennino Reggiano e AltoAppennino Modenese nel marzo del 2001 è stato avviato un progetto finaliz-zato alla conservazione del lupo. Il progetto, finanziato da Life-Natura 2000, èl’estensione ai due parchi del modenese e del parmense delle azioni già intra-prese nell’area protetta reggiana nell’ambito del precedente progetto Life-Natura ’96 e ha coinvolto anche l’Università “La Sapienza” di Roma e l’Istitu-to Nazionale per la Fauna Selvatica. L’obiettivo principale è contribuire allaconservazione del lupo in un’ottica di convivenza possibile con l’uomo e diconcreta soluzione dei conflitti legati alla presenza del predatore. Anche perquesto, l’attuazione di gran parte delle azioni previste è stata affidata diretta-mente ai tre parchi regionali, che le hanno realizzate e sviluppate in modocooperativo e coordinato, in un’ottica di sistema, su un vasto territorio che rac-chiude 10 Siti di Importanza Comunitaria destinati a divenire parte della reteeuropea Natura 2000.La tutela diretta e indiretta delle attività zootecniche, in particolare della pasto-rizia, è stata attivata attraverso la costruzione di recinti a prova di lupo e lamessa a punto di un sistema di relazioni tra gli enti competenti (Province eAusl) in grado di semplificare le procedure di indennizzo dei danni da preda-zione. Negli ultimi anni sono stati realizzati dieci stazzi per il ricovero nottur-no delle greggi al pascolo: recinti in rete metallica, alti circa tre metri e con laparte sommitale inclinata verso l’esterno, in grado di ospitare sino a 250 capi.Dopo i primi non facili contatti con i pastori locali, segnati da una percepibi-le tensione, è stato possibile soddisfare le aspettative di tutela della propria atti-vità di buona parte dei pastori che utilizzano i pascoli dell’area. Anche l’assi-stenza del personale legato al progetto, offerta in tutti i casi di predazioni avve-nute nei tre parchi e in zone limitrofe, ha contribuito a creare un clima di mag-giore distensione e cordialità.La divulgazione dei risultati presso un pubblico più ampio e la sensibiliz-zazione e informazione sulla convivenza possibile tra uomo e lupo sono

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Un progetto perla conservazione

del lupo in tre parchi

dell’Appenninoemiliano

di Willy ReggioniCoordinatore tecnico del progetto

Un’immagine invernale del Monte Cusna, il “gigante” della montagna reggiana.

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Il 24 aprile scorso, a Busana,nell’Appennino Reggiano, si è tenuto il workshop “Il ritorno del lupo. Uomini e lupi: convivenza possibile”, dedicato a stato delle conoscenze, tecniche di monitoraggio, strategie e progetti per informare e sensibilizzare l’opinionepubblica sulla specie.

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state affidate a numerosi incontripubblici, giornate di studio, works-hop, pubblicazioni, una newslettere un sito internet. Il consenso dellecategorie più direttamente coinvol-te (cacciatori, pastori, allevatori,forestali, agricoltori, ecc.), comepure il crescente coinvolgimentodegli altri cittadini, sono stati cerca-

ti soprattutto attra-verso attività infor-mative ed educati-ve, con la direttapartecipazione deivolontari che colla-borano al progetto.Molto proficuo èstato, infine, il rap-porto creato con gli

amministratori locali, anche attra-verso visite presso altre aree protetteitaliane ed europee in cui il lupo èpresente.L’organigramma del progetto ha pre-visto l’impiego di varie figure profes-sionali, con una precisa e puntualedefinizione dei ruoli. Il responsabile èstato individuato in un funzionario

della Regione Emilia-Romagna,mentre la supervisione scientifica èstata affidata a Paolo Ciucci, in virtùdi una convenzione con il Diparti-mento di Biologia Animale e dell’Uo-mo dell’Università “La Sapienza”. Unimportante elemento di novità è cheal supervisore scientifico spettanol’individuazione degli obiettivi rag-giungibili, la scelta e la definizionedei metodi di indagine e di analisi deidati, la verifica dei risultati e la for-mazione del personale, mentre ilcoordinatore tecnico è stato indivi-duato tra i collaboratori dei parchi. Leattività di monitoraggio, raccolta,archiviazione e digitalizzazione deidati sono state affidate a 7 biologi enaturalisti segnalati dai parchi. Nellevarie attività sono stati inoltre impe-gnati 10 studenti delle università diModena-Reggio Emilia e Parma. Unimpegno rilevante è stato riservatoall’attivazione di un sistema integratodi monitoraggio, con protocolli appli-cativi di ricerca standardizzati, accu-ratamente messi a punto attraverso 16workshop di formazione, due prove diconcordanza e scambi periodici dellearee di competenza tra gli operatori.Obiettivi specifici sono stati la stimadella consistenza numerica dei lupi edelle loro principali prede selvatiche,la stima della dimensione, della com-

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I dati invernali di presenza/assenza dellupo, gli spostamenti, le aree di attività, ilcomportamento di marcatura, la dimen-sione e la composizione dei branchi sonostati rilevati tramite tracciatura intensivasu neve (snow-tracking), sulla base di unosforzo continuativo di ricerca su neve deibranchi presenti attraverso un sistema dicircuiti disposti opportunamente all’inter-no di settori adiacenti, in modo da massi-mizzare le probabilità di intercettare lepiste di lupi nella nevee aumentare la pene-trabilità nell’area di stu-dio e l’efficacia di rico-gnizione da parte deglioperatori. Per questomotivo i circuiti di rico-gnizione sono stati svi-luppati soprattuttolungo strade sterrate,mulattiere, sentieri ealtri tipi di piste foresta-li. In ogni parco, cop-pie di operatori si sono attivate lungo i cir-cuiti prestabiliti dopo ogni utile nevicata,tale da rendere distinguibili le tracce piùrecenti da quelle preesistenti. Una voltacontattata una pista di lupi, gli operatoriabbandonavano il circuito per seguire lapista, anche per più giorni consecutivi,registrando il percorso seguito dai lupi sucarta topografica e digitalizzandolo inseguito su base GIS, con una specificatabella di informazioni associata.

Le tracciature sulla neve

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posizione e della coesione dei bran-chi locali, la definizione della dieta,l’analisi delle potenziali fonti di dis-turbo, la stima degli arrangiamentiterritoriali di ciascun branco, l’indivi-duazione dei siti di allevamento deicuccioli, la determinazione delladiversità genetica e del grado diparentela dei diversi individui dellapopolazione.L’attività invernale di tracciatura suneve è stata avviata nel gennaio del

2002 e si è conclusa nel marzo del2004. Nel corso di tre stagioni inver-nali è stato possibile realizzare sessio-ni di tracciatura corrispondenti acirca 600 km di piste di lupi, con unosforzo complessivo di oltre 4760 km.Nel corso del primo inverno sonostate seguite piste di lupi per com-plessivi 84 km, a fronte di uno sforzoa piedi su neve di circa 600 km. Nellaseconda stagione invernale le piste dilupi su neve sono state seguite per346 km, a fronte di uno sforzo a piedidi oltre 2400 km. Nell’inverno 2003-2004, infine, gli spostamenti di lupisono stati seguiti e ricostruiti su baseGIS per complessivi 171 km a frontedi uno sforzo di campionamento di1750 km.I dati di tracciatura hanno permessodi evidenziare la dimensione massi-ma, il grado di coesione e la stimadegli arrangiamenti territoriali deibranchi presenti nell’area di proget-to durante la stagione invernale. Ilnumero massimo di lupi rinvenutinel corso di una sessione di traccia-tura invernale è stato di 6 elementi(nell’Alto Appennino Reggiano),ma nel 90% delle tracciature ese-guite non sono stati trovati più di trelupi. La determinazione del nume-ro di animali presenti in contempo-ranea su ciascuna pista è stata possi-bile solo in corrispondenza delleaperture ad asola o a ventaglio che ilupi alternano a lunghi tratti in cui

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L’analisi della dieta del lupo è stata com-piuta attraverso lo studio dei resti indige-sti contenuti nei campioni fecali. La rac-colta e la selezione dei campioni è stataattuata lungo una serie di circuiti (scat-trail) nei territori dei tre parchi e, nelperiodo invernale, durante l’attività ditracciatura su neve. Ciascun circuito èstato percorso a intervalli regolari, rispet-tando un preciso calendario per renderecostante lo sforzo di ricerca nelle diversestagioni dell’anno, stimare con maggioreprecisione la data di deposizione degliescrementi e massimizzare la probabilitàdi trovare gli escrementi stessi. Sono statiraccolti soltanto escrementi attribuibilicon sufficienti margini di certezza allaspecie, in base al contenuto, alla forma,alla dimensione, alla localizzazione,all’esperienza degli operatori e alla ricor-renza nel ritrovamento. Nel caso deimammiferi, il riconoscimento delle spe-cie preda si è basato sulle caratteristichemicroscopiche distintive del pelo. A sup-porto della stima del numero e dellacomposizione dei branchi presenti nel-l’area, nonché della localizzazione deirispettivi ambiti territoriali, ci si è avvalsianche del contributo della geneticamolecolare non-invasiva, in collegamen-to con il progetto promosso dall’IstitutoNazionale per la Fauna Selvatica.

La dieta del lupo

I dati di presenza/assenza di cucciolate e lalocalizzazione dei siti di allevamento (rendez-vous) sono stati invece ricavati applicando inestate la tecnica dell’ululato indotto (wolfhowling). Nell’area sono state individuate212 stazioni d’emissione-ascolto e sono statisuccessivamente studiati i percorsi ottimaliper collegare le varie stazioni d’emissioneentro circuiti di campionamento, arrivandoalla definizione di 22 circuiti, da percorrerein auto e a piedi, contenenti dalle 8 alle 12stazioni ciascuno. Il survay è stato condottodurante la stagione estiva, nelle ore tra il tra-monto e l’alba, quelle con maggiori probabi-lità di risposta. Sono state realizzate duerepliche stagionali di campionamento in cia-scun anno di attività, la prima tra giugno eluglio, la seconda tra agosto e settembre, con

un intervallo di circa due settimane tra la finedella prima e l’inizio della seconda. Duranteogni replica tutti i punti di emissione-ascoltosono stati stimolati tre volte, in tre notti con-secutive, per massimizzare le probabilità dirisposta di eventuali branchi in ascolto. Perogni notte di wolf howling sono uscite insimultanea da 3 a 8 squadre, in relazione alladisponibilità di personale, mezzi e attrezzatu-re. Lo stimolo utilizzato è composto da unasequenza di 3 trial intervallati da 90 secondidi pausa. Durante la sessione, il primo trial èstato emesso sempre a volume piuttostobasso, per non intimidire i lupi eventualmen-te presenti nelle vicinanze, inibendo unapossibile risposta, mentre nei due successiviil volume è stato aumentato progressivamen-te per estendere l’udibilità degli ululati. Al

termine del terzo trial, sono stati osservati 10-15 minuti di silenzio, prima di abbandonarela stazione e recarsi in quella successiva. Nelcaso di risposta prima del termine di un trial,l’emissione è stata immediatamente interrot-ta per avviare il cronometraggio della duratadell’ululato. Per ogni risposta udita è statadeterminata la direzione di provenienza,ricorrendo all’uso della bussola. Quando nel-l’ululato di risposta sono state individuateanche voci di cuccioli, si è tentato di indivi-duarne la localizzazione attraverso la tecnicadella triangolazione acustica, disponendo glioperatori (o le squadre) in due o più posizio-ni d’ascolto strategiche, selezionate in basealla particolare dominanza rispetto alla pre-sunta zona di provenienza degli ululati e traloro orientate a 90° rispetto al sito di risposta.

L’ascolto dei lupi

Nella pagina precedente, la ricerca delletracce di lupo sulla superficie innevata e, in basso, l’analisi degli escrementi forniscediversi dati utili alle ricerche. A fianco, un altro splendido lupo e i rilievi analiticisu un ungulato selvatico predato.A

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camminano lungo la stessa traietto-ria, rendendo impossibile distingue-re le impronte dei singoli animali.Soprattutto i dati di consistenzanumerica “massima” ottenuti nelcorso dei tre inverni risultano affida-bili, proprio perché la gran partedelle sessioni di tracciatura sonorisultate sufficientemente lunghe dapermettere l’intercettamento di unadeguato numero di aperture. Il40% delle tracciature su neve realiz-zate nel corso dei tre inverni hannoinfatti avuto una lunghezza superio-re ai 4 km. La tracciatura più lunga,di oltre 24 km, è stata seguita nel-l’Alta Val Parma e Cedra durantel’inverno 2002-03.Nel corso dell’estate 2002 sono statistimolati con la tecnica dell’ululatoindotto 212 punti d’emissione, percomplessive 1.272 sessioni di emis-sione da tre trial ciascuna. Sonostate ottenute complessivamente 21risposte attribuibili con sufficientemargine di certezza al lupo. La pre-senza di cuccioli è stata osservata in12 casi. Nell’estate successiva sonostate osservate complessivamente 54

risposte, di cui 30 con presenzaaccertata di cuccioli. La realizzazio-ne del survay ha comportato unosforzo di campionamento di oltre3.000 ore/operatore e di circa22.000 km percorsi in auto e a piedi.Nei due anni il survay ha permessola localizzazione acustica di 9 siti diallevamento dei cuccioli, apparte-nenti a 4 nuclei familiari diversi.L’interpretazione integrata dei risul-tati del monitoraggio ha consentito dievidenziare, per l’anno 2003, la pre-senza nell’area di progetto di almeno6 nuclei familiari, che occupano sta-bilmente e con continuità questa por-zione di Appennino. I risultati, anco-ra parziali, delle analisi genetichesembrano rafforzare le ipotesi distima numerica e gli arrangiamentiterritoriali evidenziati con le traccia-ture invernali e l’ululato indotto. Inparticolare, la dimensione “massima”media invernale per branco è risulta-ta, nel periodo di studio, di 2,4 (± 0,1)animali/branco. A questa stimanumerica corrisponde una densità“amministrativa” di circa 2 animaliper 100 km2.

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Per la Direttiva “Habitat” il lupo è una specie“prioritaria”, con un particolare regime ditutela e interesse rispetto alle aree che saran-no comprese nella rete Natura 2000 e speci-fiche considerazioni in termini di “valutazio-ne d’incidenza”. Dall’anno 2000 un progettodi monitoraggio genetico della popolazionedi lupo in Emilia-Romagna, promosso dall’I-stituto Nazionale per la Fauna Selvatica edalla Regione, cerca di diradare l’alea dimistero che ha sempre avvolto la specie econdurre con discrezione a una sua piùapprofondita conoscenza. Il progetto nascedall’esigenza di ottenere informazioni piùdettagliate sulla presenza di questo predatore,collocato al vertice della catena alimentare,capace di spostarsi rapidamente per grandidistanze e caratterizzato da una bassa densitàdi popolazione, pertanto difficile da studiarecon le tecniche di monitoraggio tradizionali.Attraverso le tecniche di biologia molecolare gliesperti dell’INFS, coordinati da Ettore Randi,possono estrarre il DNA da campioni fecali oaltri reperti organici, stabilendo il genotipo del-l’esemplare di provenienza, le relazioni paren-tali tra i diversi genotipi campionati al fine diidentificare i gruppi familiari, la composizionedei branchi, i casi di ibridazione ma anche glispostamenti sul territorio dei vari individui. Allo

studio partecipano tutte le amministrazioni pro-vinciali interessate dalla presenza del lupo, i treparchi coinvolti nel progetto Life e il ParcoNazionale delle Foreste Casentinesi. L’attivitàprevede la raccolta sistematica dei campionilungo sentieri prestabiliti e secondo un benpreciso protocollo, in gran parte dell’areale fre-quentato dal lupo. Seguono a cadenza trime-strale le analisi genetiche, i cui risultati con-fluiscono in un data base informatizzato capa-ce di rivelare, mediante l’utilizzo della carto-grafia digitalizzata, l’entità e la distribuzionedella specie nella nostra regione, completandoe chiarendo le informazioni ottenute dalle altretecniche di ricerca sul campo.Grazie allo studio è già stato possibile racco-gliere informazioni su gran parte dell’arealedel lupo in Emilia-Romagna, che, per quantopreliminari e relative a un limitato periodo ditempo, risultano estremamente importanti:per la prima volta, infatti, si è potuto operaresu un’area così vasta e il protrarsi del progettoper un numero considerevole di anni consen-tirà di ottenere un quadro conoscitivo comple-to sulla diffusione del lupo in Emilia-Roma-gna. Le prime indicazioni scaturite sono statepresentate il 20 novembre del 2003 in unseminario tenuto a Bologna: in tutto il territo-rio emiliano romagnolo, dall’analisi di 737

campioni di feci pervenuti all’Istituto Nazio-nale per la Fauna Selvatica, sono stati identifi-cati tramite il loro genotipo 111 esemplari, il47% dei quali è stato ricampionato più di unavolta nell’arco di un anno, suggerendo chesolo una parte della popolazione di lupo èstanziale, mentre molti sono gli individui chescompaiono o vanno in dispersione. I risultatisinora ottenuti sono da ritenersi davvero inco-raggianti, ma l’impegno non può limitarsi alconfine amministrativo di una sola regione,quando l’intera dorsale dell’Appennino setten-trionale costituisce il corridoio di dispersioneche ha permesso l’irradiazione del lupo dall’I-talia centrale verso le Alpi. L’obiettivo cheoggi impegna la Regione Emilia-Romagna èdunque il coinvolgimento delle altre ammini-strazioni regionali, allo scopo di ottenere unquadro conoscitivo completo sulla distribuzio-ne e sulla dinamica di popolazione del luponell’intero arco appenninico settentrionale dautilizzare come strumento di base per un’ade-guata gestione congiunta finalizzata alla con-servazione di una specie che riveste unaimportanza conservazionistica tanto elevata.

Maria Luisa ZanniServizio Territorio Rurale

della Regione Emilia-Romagna

Il Progetto INFS: la genetica in soccorso del lupo

Raccolta estiva di escrementi per le analisigenetiche ed etologiche.

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di Andrea SaccaniDirettore della Riserva Naturale Orientata

Monte Prinzera e referente del Coordinamento Aree Protette Ofiolitiche

Silenziosi, remoti e selvaggi, i luoghi delle rocce verdi dell’Emilia-Romagnatorreggiano sui più diffusi e conosciuti sistemi ambientali (boschi, valli, prati-pascoli, colture, zone umide), dischiudendo agli occhi dei visitatori suggestio-ni davvero speciali e uno straordinario patrimonio ambientale. Gli aspri e scuririlievi rocciosi disseminati dall’Appennino piacentino a quello bolognese, cheuna leggenda vuole siano “chicchi” di frumento trasformati dal diavolo, sonoper molti versi mondi a sé stanti, che viene da paragonare a vere e proprie“isole” sulla terraferma.Questi emblematici geositi e le loro immediate adiacenze sono testimoni dellepiù antiche fasi geologiche ed evolutive della nostra regione: dal consolida-mento di densi magmi e frammenti di litosfera nelle tormentate profondità del-l’oceano giurassico (180 milioni di anni fa) al succedersi di strati sedimentari,frane e cataclismi sottomarini e, infine, all’orogenesi appenninica, che si inca-ricò di trasportare le rocce ofiolitiche, come iceberg galleggianti sulle massesedimentarie, dove si trovano ora e oggi le vediamo emergere per erosioneselettiva da formazioni più giovani. Risalirne le pendici, allora, diventa comeprocedere a ritroso in una sorta di macchina del tempo.Se i fossili dei più recenti mari padani sono ovviamente assenti, nelle ofioliti lemolecole degli elementi più disparati, spesso metallici, si sono in mille modiriarrangiate creando un prestigioso e multiforme contingente di minerali. E, inpassato, ci fu chi scatenò una vera e propria corsa all’oro, ingannato dal lucci-care del rame nei gialli noduli di calcopirite. Alle selettive e isolate aree rupe-

stri ofiolitiche, mosaico di microclimi e acque circolanti, pla-smate da sole, acqua e vento in forme bizzarre che si aprono suvasti orizzonti, la storia naturale e quella dell’uomo hannoaffidato un patrimonio di biodiversità e cultura che si sta rive-lando sempre più d’eccezione.Baluardo roccioso affacciato sulle valli di Taro, Ceno e Spor-zana, nel medio Appennino parmense, ben noto già ad esplo-ratori e scienziati ottocenteschi, il Monte Prinzera è stato dal1992 individuato e protetto dalla Regione Emilia-Romagnacome significativo esempio di affioramenti di substrato ofioliti-co, in questo caso di matrice peridotitica-serpentinitica. Lasuperficie di 300 ha rende la riserva una delle più ampie nel-l’ambito del sistema regionale delle aree protette, con altezzeche vanno dai 280 ai 736 m della cima del monte.In questo vero e proprio “laboratorio naturale di ecologiaapplicata”, secondo solo al Delta del Po e ai grandi parchi dicrinale per originalità floristica, convivono decine di specievegetali e animali endemiche ofiolitiche e/o geografiche,relittuali, rare, con areale irregolare o ai limiti d’areale, tipi-che di differenti aree geografiche o altitudinali. I peculiariadattamenti si spingono fino alla differenziazione genetica,tant’è che nella riserva si registra uno dei pochissimi casi inregione di descrizione di nuove entità con il nome dedicato

Isole sulla terraferma

I tesori naturali

delle ofioliti emiliane

Un endemismo botanico legato agliaffioramenti ofiolitici: Stipa pennata subsp.eriocaulis.

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natura protetta Isole sulla terraferma

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al luogo (la crucifera Biscutella lae-vigata subsp. prinzerae). E molti altrisono i nomi che sembrano fatti appo-sta per stupire e incuriosire: linodelle fate, silene paradosso, alisso,minuartia, stregonella, cardo pallot-tola coccodrillo, alcifrone, mona-chella, ascalafo, biancone. Territoriodi riferimento per il Sito di Impor-tanza Comunitaria (SIC) “MontePrinzera”, la riserva ospita almeno25 raggruppamenti vegetazionali euna decina di habitat di importanzacomunitaria.Anche i segni dell’uomo sono vari epreziosi: dal villaggio d’altura delBronzo medio alle fortificazionidominanti la Via Francigena dei pel-legrini medievali, dal priorato con-ventuale benedettino della Rocchet-ta, emanazione della rete europea disiti affiliati alla Chaise Dieu nell’Al-vernia francese, alla strada napoleoni-ca della Cisa e alle ardite mulattieredei fanti zappatori degli inizi delNovecento. Per la natura dei terreni,limitati sono i nuclei rurali e le attivi-tà agro-silvo-pastorali (colture agrariee foraggere, pascolo), comunqueattuate in forma sostenibile anchegrazie al sostegno del Piano Regiona-le di Sviluppo Rurale. Elevata rimanela frammentazione delle proprietàprivate, che viene attentamente gesti-ta dalla riserva, con analisi e monito-raggi dei singoli casi e continui con-tatti diretti.

A riprova del grande interesse che leofioliti rivestono, nel 1999 il sistemaregionale si è arricchito di una nuovariserva naturale, quella della Rupe diCampotrera, a tutela di un comples-so ofiolitico in territorio reggiano,costituito da lave consolidate (basal-ti), nel contesto di grande rilievo sto-rico-ambientale delle Terre Matildi-che, nelle vicinanze delle fortifica-zioni di Rossena, Rossenella e Canos-sa. Nella rupe sono ben evidenti itipici “cuscini lavici” (pillows-lavas),mentre la presenza di filoni di origineidrotermale ha originato pregevoliassociazioni di minerali (datolite, cal-cite, prehnite). Sulle rupi allignanopiante come semprevivo dei tetti, vio-laciocca, campanula toscana, felci eil curioso e ormai naturalizzato ficod’India nano. Per la presenza diuccelli e habitat di interesse, anchela Rupe di Campotrera si trova all’in-terno di un Sito di ImportanzaComunitaria.

In Emilia-Romagna le ofioliti sono partico-larmente diffuse nell’Appennino piacentinoe parmense, mentre più a est, sino al bolo-gnese, la loro presenza diventa sempre piùlimitata e sporadica. Tra gli affioramenti piùnoti e rappresentativi, oltre al Monte Prin-zera e alla Rupe di Campotrera, spiccanoquelli di Pietra Parcellara, Pietra di Corvo-Sassi Neri e Monte Pradegna-Barberino inprovincia di Piacenza, i monti Penna e Mag-giorasca tra piacentino, parmense e genove-se, il complesso Monte Nero-Monte Ragolatra piacentino e parmense, quello di Gusa-liggio-Groppo di Gorro-Val Manubiola inprovincia di Parma e dei Sassi di Varana-Sas-somorello nel modenese, il Monte Gurlano,il Sasso della Mantesca e il Sasso di SanZenobi, al confine tra bolognese e pistoiese.Numerosi altri affioramenti e, a volte, anchesingoli massi senza nome punteggiano irilievi delle valli di Trebbia, Nure, Ceno,Taro, Baganza, Enza, Secchia e Dragone, indiversi casi nell’ambito delle ampie areeprotette regionali montane. Per quantoriguarda il resto d’Italia le ofioliti spuntanonell’arco alpino centro-occidentale, dallaValtellina alle Alpi piemontesi e alla Vald’Aosta, nell’Appennino ligure e tosco-emi-liano sino alla Val Tiberina, nella Toscanameridionale e nell’arcipelago toscano;nuclei disgiunti si trovano anche nell’Ap-pennino lucano-calabro (Pollino, Aspro-monte). In Europa le ofioliti sono dispersetra Portogallo, Spagna, Corsica, Francia,Croazia, Serbia, Albania, Grecia e vari paesidella parte orientale del continente sino agliUrali. Nel mondo compaiono dai montiAppalachi all’Himalaya, dal Sudafrica all’In-donesia.

Dall’Italia agli Urali e agli Appalachi

Una scolaresca durante un’escursione nellaRiserva Naturale Monte Prinzera.

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natura protetta Isole sulla terraferma

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Nel giugno del 2001, infine, è acca-duto un fatto davvero importanteper la conoscenza, la tutela e lavalorizzazione dei rilievi ofioliticiitaliani: la costituzione del Coordi-namento Aree Protette Ofiolitiche(CAPO), ideato e promosso dallaRiserva Naturale Monte Prinzera inoccasione del convegno nazionale

“Le ofioliti: isole sulla terraferma.Per una rete di Aree Protette”. Ilcoordinamento riunisce varie areeprotette rappresentative di contestisia alpini che appenninici e medi-terranei, con una matrice comunedata dalle formazioni geologicheofiolitiche che ne caratterizzano iterritori.

La nascita del Coordinamento Aree Pro-tette Ofiolitiche è stata sancita dalla sotto-scrizione di un Protocollo d’Intesa da partedi un nucleo fondante di nove aree protet-te: il Parco Naturale Regionale del MontAvic (Valle d’Aosta), il Parco NaturaleRegionale del Beigua (Liguria), il ParcoNaturale Regionale Capanne di Marcaro-lo (Piemonte), il Parco Naturale Regiona-le dell’Aveto (Liguria), la Riserva NaturaleRegionale Monte Prinzera (Emilia-Roma-gna), la Riserva Naturale Regionale Rupedi Campotrera (Emilia-Romagna); l’AreaNaturale Protetta del Monteferrato (Tosca-na), l’Area Naturale Protetta Serpentine diPieve Santo Stefano (Toscana), la RiservaNaturale Regionale Monti Rognosi(Toscana). La superficie complessiva diterritorio tutelato ammonta a 30.920 ha,con il coivolgimento di 5 regioni, 7 pro-vince, 31 comuni, 11 comunità montane,14 Siti di Importanza Comunitaria(pSIC), una Zona di Protezione Speciale(ZPS). Il coordinamento, pur nel rispettodelle specifiche identità e attività di cia-scuna area protetta, si propone come unpossibile esempio di attuazione di strategiee politiche di sistema e come punto di rife-rimento permanente sulle tematiche ine-renti ai territori con substrato ofiolitico.Tra le sue prime iniziative, il CAPO hapubblicato un pieghevole, anche in versio-ne inglese, e sta predisponendo un modu-lo web che sarà attivo nei prossimi mesi(www.parks.it/aree.protette.ofiolitiche).

Gli obiettivi del CAPO

Il convegno sulle ofioliti che ha dato vita al Coordinamento Aree Protette Ofiolitiche(CAPO) è documentato nell’ampio volume:A. Saccani (a cura di), Le ofioliti : isolesulla terraferma. Per una rete di AreeProtette, Atti del Convegno Nazionale,Regione Emilia-Romagna, Comuni diFornovo Taro e Terenzo, Comunità MontanaValli Taro e Ceno, Graphital, Parma 2002.

In alto, la Rocca di Cavrenno, un rilievoofiolitico nei pressi del Passo della Raticosae, a fianco in basso, la gialla fioritura di Linaria supina spicca sul substratoroccioso ofiolitico.

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I ripristiniambientali

conservazionee gestione

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Il recuperodella Salina

di Comacchiodi Cristina Barbieri, Sergio Lucci

Parco Regionale Delta del Po

Una modalità per tornare

nel solco della natura

A pochi chilometri dalle spiagge che ogni estate si affollano di turisti, la Sali-na di Comacchio è un gioiello naturalistico e storico incastonato ai marginiorientali delle Valli di Comacchio. La sua origine è molto antica. Probabil-mente già gli Etruschi di Spina praticavano forme di estrazione e commercia-lizzazione del sale, ma fu in epoca medievale che quello di Comacchio diven-ne un prodotto particolarmente pregiato. Per secoli Venezia, gli Estensi e il Papato si contesero il prezioso minerale,lasciando ai comacchiesi soltanto miseria e la rischiosa pratica del contrab-bando. Dopo la calata di Napoleone in Italia e la successiva restaurazione pon-tificia, la salina venne trasformata in un moderno stabilimento industriale, ingrado di realizzare grandi produzioni salifere. Questa situazione perdurò sinoall’inizio degli anni Sessanta, quando la decisione di meccanizzare la raccoltadel sale stravolse gli equilibri idrici dell’impianto, facendone precipitare la pro-duzione. Non più economicamente conveniente, la salina venne definitiva-mente chiusa nel 1985.Da allora, grazie all’abbandono pressoché totale, la salina si è trasformata inun’oasi di tranquillità per un gran numero di uccelli acquatici, molti deiquali di notevole valore protezionistico. L’elemento più spettacolare è sen-z’altro la colonia stanziale di fenicotteri, la cui macchia rosea, formata dacentinaia di esemplari, può comparire all’improvviso tra l’ordinato labirintodegli arginelli che delimitano i bacini. L’area della salina, tuttavia, non si può considerare un territorio completa-mente rinaturalizzato, perché permangono molti segni della precedente atti-vità antropica. E lo stesso abbandono che ha favorito il ritorno degli uccellipuò progressivamente alterare alcune delle condizioni ecologiche necessariealle specie oggi presenti. Per evitare questi pericoli nel luglio 2001 è statoavviato il progetto “Life” di ripristino ecologico della salina. Una parteimportante dell’intervento è indirizzata a garantire un certo grado di salinitàdelle acque, necessario al mantenimento degli habitat adatti all’avifaunalocale, attraverso il ripristino della funzionalità idraulica dell’impianto e lacreazione di una “salinetta” di pochi ettari, nella quale si tornerà a produrreil sale. Un altro intervento di rilievo è la creazione di nuovi dossi seminatu-rali, sui quali varie specie importanti potranno nidificare. Insieme a questeazioni di difesa ambientale, il progetto prevede l’adozione di misure idoneea rendere la salina fruibile al pubblico, come la creazione di percorsi turisti-co-didattici ecocompatibili e l’installazione di telecamere fisse nelle aree dimaggior pregio naturalistico, per poter osservare la vita degli uccelli senzarecar loro disturbo (è il primo intervento del genere in Italia). La stessa “sali-netta” permetterà al pubblico di assistere, in presa diretta, al metodo tradi-zionale di estrazione del sale. La salina di domani, dunque, sarà un luogo nel quale la protezione ecologi-ca diventa presupposto essenziale per la promozione della cultura ambien-tale e la riscoperta delle tradizioni storico-culturali del territorio.

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L’azione del parco si è fin dalla sua istituzione concentrata nel recupero dellesituazioni di degrado, per eliminarne le cause, ristabilire le condizioni iniziali eavviare processi naturali di ripristino degli habitat vicini a quelli originari. Così èavvenuto nella sistemazione di sponde soggette a erosione: nei pressi di tre monu-mentali pioppi bianchi tutelati dalla legge regionale, ad esempio, dove il torrenteaveva portato alla luce una vecchia discarica di inerti, si è intervenuti con tecni-che di “ingegneria naturalistica”: una volta asportati i rifiuti, la stabilizzazione

della sponda è stata ottenuta con gabbioni posti sotto illivello dell’acqua, mentre il rinverdimento della scarpataè stato realizzato con specie erbacee, arbustive e arboreeautoctone disposte in maniera casuale, per evitare unospiacevole effetto di artificialità. I lavori si sono conclusida otto anni e il risultato è oggi “invisibile” agli occhi ditutti, nel senso che la sponda, ormai stabilizzata, è statarapidamente colonizzata dalla vegetazione spontanea enon c’è più traccia dell’intervento realizzato.Analogamente, nei pressi del forno inceneritore di SanNicomede, oggi dismesso, si è proceduto alla bonifica di

un’area fortemente compromessa dal deposito di ceneri (oltre 3.000 metri cubi) ealla sistemazione della sottostante sponda oggetto di erosione da parte del torren-te. In questo caso l’intervento, molto più ampio e complesso, è stato realizzato confondi statali, regionali e di altri soggetti (Consorzio Intercomunale SmaltimentoRifiuti). Le scorie sono state asportate e conferite in una discarica autorizzata,mentre la sistemazione della sponda è stata compiuta anche in questo caso contecniche di ingegneria naturalistica. Alle opere in alveo (difesa longitudinale congabbioni rinverditi e creazione di un bacino di acque basse per non ostacolare glispostamenti della fauna ittica), si sono affiancati i lavori di rinaturazione dell’area

prima occupata dalle ceneri, con ripor-to di terreno vegetale e messa a dimoradi alberi e arbusti autoctoni. Quando lavegetazione spontanea avrà completatola colonizzazione del sito, sarà anchepossibile riaprire il sentiero pedonale,oggi interrotto, e illustrare al pubblicol’intervento realizzato.Un altro progetto, da poco concluso, hainteressato il ripristino di una zonaumida nei pressi di Laurano attraversola creazione di tre bacini di diversa pro-fondità per favorire la sosta e la riprodu-zione dell’avifauna. La scelta del sitonon è casuale: un’area periodicamenteallagata sino a qualche decennio fa cheoggi, per l’abbassamento dell’alveo, sipresenta come un terrazzo pianeggian-te. L’inserimento di tre capanni per l’os-servazione della fauna ha completatol’intervento, che ha già mostrato le suepotenzialità: le prime nidificazioni, leprime osservazioni di cavaliere d’Italia,una buona presenza di anfibi (soprat-tutto tritone crestato).

di Sergio TralongoDirettore del Parco Fluviale Regionale Stirone

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Gli interventilungo lo Stirone

conservazione e gestione I ripristini ambientali

Recuperare una situazione di degrado, favori-re il ritorno di specie qualificanti o semplice-mente indirizzare in modo più opportuno lanaturale evoluzione del territorio, significagarantire una maggiore ricchezza ambientalee determinare un aumento della biodiversitàcomplessiva. A questi obiettivi le aree protetteregionali lavorano già da tempo, mettendo ingioco e sviluppando una specifica progettuali-tà nella gestione del territorio che si esprime,lungo i corsi d’acqua ma anche in altri ambiti,con interventi discreti e attenti a non turbare ipositivi equilibri precostituiti o a non rischiaredanni involontari al patrimonio naturale, per iquali si ricorre spesso ai metodi dell’ingegnerianaturalistica.Su questa base nei parchi e nelle riserve dellaregione sono stati negli ultimi anni studiati erealizzati numerosi interventi di ripristino,che nell’insieme cominciano a comporre uninteressante quadro delle modalità di inter-vento per riparare e ricostruire ambienti, pae-saggi ed equilibri scompaginati da preceden-ti interventi dell’uomo. Lungo i corsi d’acquale iniziative sono servite a ridurre in varipunti l’eccessivo potere erosivo della corren-te, favorire la vegetazione ripariale, ricrearezone umide di contorno, permettere la risali-ta della fauna ittica. In altri casi si è trattato diopere di sistemazione e consolidamento delle

sponde o di ripristino di zone umide periflu-viali. In pianura si è puntato soprattutto atutelare adeguatamente i circoscritti ambitidi interesse, restituendo loro una maggiorecomplessità e naturalità. Nei Fontanili diCorte Valle Re, per esempio, gli interventisono serviti a favorire un migliore deflussodelle acque in grado di mantenere vitale que-sta preziosa testimonianza delle risorgive dipianura. Un’accorta gestione idraulica è l’o-biettivo principale delle zone umide costieredel Delta del Po, dove gli interventi cercanodi favorire un adeguato apporto idrico e giu-sti livelli di profondità, salinità e qualità delleacque. Nelle aree di collina le attività direcupero tendono prevalentemente a riquali-ficare ambienti boscati in situazioni di parti-colare rilievo, come ai Boschi di Carrega osulle pendici del colle dell’Abbazia di Mon-teveglio, o a conservare e restaurare lembi dipaesaggio agrario di pregio. Nei parchi mon-tani, infine, l’attenzione si è rivolta al mante-nimento delle radure e dei prati, alla rico-struzione di aree forestali naturali mediante iltaglio selettivo delle specie indesiderateoppure, come nel caso dell’Alto AppenninoModenese, al contenimento di frane e alrecupero e inerbimento di pendii in erosione.

Marco Sacchetti

I ripristini nelle aree protette regionali

L’intervento di rinaturalizzazione di un bacino nei pressi di Laurano.Nelle pagine precedenti: un esemplare di raganella italica (Hyla intermedia) su un tronco di pioppo, i più vistosiabitanti delle saline sono i fenicotteri(Phaenicopterus ruber) e un’immagine aereadel complesso sistema idrico delle Valli di Comacchio, con la salina sullo sfondo.

SERGIO

TRALO

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I fiumi non sono solo corsi d’acqua, ma laboratori dove avvengono reazioni acatena: ogni tratto è influenzato da ciò che avviene a monte e, a sua volta,prende parte allo scenario seguente. Nell’alta pianura, l’acqua disperde e accu-mula localmente il trasporto solido, con isole e barre che la corrente aggirasuddividendosi in vari rami. A questa struttura corrisponde una sequenza diambienti diversificati, disposti a mosaico lungo il profilo ripariale. In questecondizioni, l’ecosistema fluviale è vitale e assolve molteplici funzioni idrologi-che e idrauliche, con vantaggi per l’approvvigionamento idrico, il drenaggio,il mantenimento della qualità ambientale del territorio. I paesaggi fluvialidella Pianura Padana denotano, invece, gravi sintomi di degrado e mostranouna perdita di funzionalità ecologica sempre più evidente. In alcuni casi, tut-tavia, sono ancora possibili concrete azioni di riqualificazione, anche se non èfacile ricostituire la complessità perduta negli ultimi quarant’anni.Per di più ci sono molte competenze in materia idraulica e di pianificazione enon è facile individuare la strada più efficace per un coordinamento tra i sog-getti che operano a diversa scala. Nel nostro caso abbiamo agito a due livelli:promuovendo un confronto tra i vari enti e avviando una serie di interventi supiccola scala. Nel 2000, grazie al sostegno della Regione e alla collaborazionedel Servizio Difesa del Suolo, abbiamo stipulato un Accordo di Programma traAutorità di Bacino del Po, AIPO, Regione Emilia-Romagna, Provincia diParma e Parco del Taro, per un’approfondita ricerca sui modelli idraulici, alloscopo di individuare la configurazione dell’alveo in grado di disinnescare i pro-cessi di banalizzazione strutturale e impoverimento della qualità funzionaledegli ecosistemi. Dal punto di vista operativo, grazie a un finanziamento dellaRegione Emilia-Romagna e della Comunità Europea, abbiamo realizzato unprogetto Life, concluso nel 2001, attuando opere e interventi localizzati pertamponare i fenomeni di degrado più consistenti, e abbiamo promosso azioniconcrete per adempiere agli obiettivi di conservazione dettati dalla Direttiva“Habitat”. È importante sottolineare che il processo di riqualificazione dell’a-sta fluviale comporta un quadro generale di interventi molto onerosi e che unpiano strategico efficace può essere implementato solo sul lungo periodo. Èperò possibile sin da subito concorrere a un’evoluzione positiva, anche attra-verso interventi parziali.

di Franca ZanichelliDirettore del Parco Fluviale Regionale Taro

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In alto, l’intervento per la riapertura di un ramo secondario nell’alveo del Taroe, sotto, i gabbioni utilizzati per deviare il flusso della corrente.

Lariqualificazione

idraulica e morfologica

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In generale, si tratta di trovare le solu-zioni per riaffermare le condizioniche lungo i corsi d’acqua, in passato,sostenevano una straordinaria varietàdi habitat e rendevano possibili inaturali processi di metabolismo edecomposizione dei nutrienti. In talmodo possono essere ripristinate lefunzioni autodepurative che rendonol’ambiente fluviale idoneo per la vitadi ricche comunità biologiche, con-sentendo anche un equilibrato utiliz-zo delle risorse naturali.Per la ricostituzione delle fasce fluvia-li, non è facile trovare rapide soluzio-ni a causa dell’estesa privatizzazionedelle aree golenali. La normativavigente, tuttavia, consente di affronta-re il processo di riacquisizione dellafunzionalità di queste fasce indispen-sabili per disperdere i volumi di pienastraordinaria. Attraverso le prescrizio-ni e i divieti introdotti dal Piano Stral-cio delle Fasce Fluviali del Po, è infat-ti possibile imporre limitazioni alfuturo utilizzo produttivo delle areelimitrofe ai corsi d’acqua. Altri prov-vedimenti normativi favoriscono ilprocesso di delocalizzazione delleinfrastrutture presenti. Nel Taro sonostate avviate consultazioni per risolve-re un importante nodo critico in loca-lità Maraffa, dove due stabilimenti sifronteggiano sulle opposte rive delfiume, riducendo la sezione dell’al-veo a soli 200 m. È stata altresì richie-sta al Servizio Tecnico di Bacino delTaro la concessione delle aree dema-niali residue per le previste finalità dipubblica utilità nella gestione fluvia-

le. Nel 2001, grazieal progetto Life, sonostati acquistati 13 hadi bosco ripariale cheospita da tempoimmemorabile la piùimportante coloniadi aironi del parco.Per quanto riguardal’abbassamento dellivello della quota difondo, le analisicompiute per la reda-

zione delle linee guida alle qualidovranno attenersi i vari enti hannomesso in evidenza diversi aspetti posi-tivi. Dal confronto tra le sezioni del-l’alveo negli anni Settanta e quellepiù recenti, ad esempio, emerge unprogressivo ripascimento del fiume eun lieve innalzamento della quota difondo. I dati dimostrano, inoltre, unaumento del potere laminativo dellepiene nel tratto fluviale compreso nelparco e suggeriscono che le prescri-zioni introdotte dalla L.R. 17/91, chevieta l’asportazione di ghiaia dall’al-veo, e la normativa di tutela associataalla presenza dell’area protetta posso-no aver innescato una tangibile inver-sione di tendenza, altrove non ricono-scibile. La vigilanza promossa dalparco, peraltro, garantisce un maggio-re controllo delle attività di movi-mentazione e sistemazione idraulica,assicurando la dovuta perizia nelleesecuzioni e l’adozione di tecniche diingegneria naturalistica.Altri importanti problemi sono comecontrastare l’inalveamento e la nettaincisione dei rami d’acqua attivi chedanno luogo a percorsi meandriformicon profonde anse che scalzano leripe fluviali, come ridurre la velocitàdella corrente e accrescere la capacitàdi laminazione delle piene e comeaumentare la superficie di interfacciadinamica tra terra e acqua. A riguardosi è in primo luogo proceduto allariapertura di canali secondari, perfavorire il deflusso su una maggioresuperficie della corrente incanalatanei rami attivi che originavano profon-de incisioni. L’intervento di parzialeriscavo è stato completato con l’inseri-mento, in punti decisivi, di idrorepel-lenti che deviano il filone dell’acqua,adottando manufatti tradizionali, rea-lizzati con gabbioni in rete riempiti diciottoli. Per come sono costruiti i gab-bioni stessi funzionano come nicchiedi rifugio per la fauna acquatica.I rami secondari rivestono una grandeimportanza per il fiume, non solosotto il profilo idraulico e morfologi-co, ma anche come preziosi ambien-

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L’attività erosiva esercitata dal fiumedurante una piena.

Uno dei cartelli che segnalano l’avvenutaacquisizione da parte del parco dei terreniche ospitano la garzaia presente a lato del corso d’acqua.

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ti per la sopravvivenza della fauna itti-ca, dal momento che danno origine amicrohabitat con raschi e correntininei quali si insedia una ricca compo-nente biotica e si creano nicchie ido-nee per la riproduzione delle specie adeposizione litofila. Le profondedepressioni nel fondo, originate daimulinelli dell’acqua, riproduconocondizioni simili ai “fondoni” ali-mentati dalla salienza delle falde, chein passato mantenevano ambienti fre-schi e di rifugio per i pesci del Taronelle torride magre estive. Con altresomme a disposizione si è provvedutoalla realizzazione di una scala di risa-lita per la fauna ittica, idonea a favo-rire gli spostamenti verso monte dispecie di importanza europea, comeBarbus plebejus, Chondrostoma geneie Alosa fallax, che trovavano ostacoliinsormontabili in corrispondenza delbasamento del ponte ferroviario diPonte Taro. L’intervento ha compor-tato la creazione di microbacini sullasoglia in calcestruzzo con traversineferroviarie, la sistemazione dellarampa in pietrame con l’innalzamen-to della quota di fondo medianteriempimento degli interstizi tra imassi con una miscela cementante e,infine, il prolungamento della stessarampa verso valle con massi di mino-ri dimensioni. Il manufatto ha con-sentito di ridurre la mortalità degli

esemplari di grosse dimensioni, cherimanevano intrappolati tra i massi alcalare delle piene. L’efficacia dell’o-pera per la risalita riproduttiva è inve-ce ancora da confermare.Il lavoro più significativo è stato com-piuto per salvaguardare l’habitat del-l’Allegato I della Direttiva “Habitat”denominato “Vegetazione arbustivapioniera dei greti torrentizi”, nelquale compare la rarissima Myricariagermanica, associata a Salix eleagnose Salix purpurea. Sino alle piene del-l’ottobre 2000 nel Taro si trovavanoancora importanti lembi di questohabitat, ma oggi sono quasi del tuttoscomparsi per l’erosione della fasciaripariale. Prima del loro definitivoannientamento, il parco aveva avviatouna sperimentazione per la riprodu-zione da seme con la collaborazionedi un esperto vivaista, sono state pro-dotte centinaia di piantine che com-piono le prime fasi del loro ciclo inserra e poi vengono trapiantate invivai in situ e messe a dimora, annodopo anno, nei luoghi che presenta-no condizioni idonee alla loro soprav-vivenza. Al momento alcuni piccolis-simi nuclei di tamerice continuano avegetare e anche nell’aprile del 2004sono sbocciati i suoi minuti fiori rosa:un regalo che corona gli sforzi di tuttiquesti anni e dimostra che invertire larotta è ancora possibile.

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Gli interventi di riqualificazione ambientalelungo il Taro sono legati anche allasalvaguardia dell’occhione (Burhinusoedicnemus), una specie di particolaresignificato biologico e, in basso, la scala di risalita realizzata sotto il ponte ferroviariodi Ponte Taro.

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conservazionee gestione

Intervista a Forte ClòAssessore all’Ambiente uscente

della Provincia di Bologna

Cos’è il Progetto Pellegrino?È la più grande opera pubblica, sul piano ambientale, che è stata realizzata dallaProvincia di Bologna da quando faccio l’amministratore, quindi da alcuni decen-ni. Lo dico con una punta d’orgoglio non dissimulato, perché è stata ed è un’o-pera che si pone seriamente il problema della tutela e conservazione della biodi-versità. Un intervento che ha prodotto risultati significativi, segnato da un rap-porto molto forte tra un ente pubblico, altri enti pubblici e la complessa struttu-ra del volontariato ambientalista. Devo dire che soprattutto in questa direzione irisultati sono straordinari sul piano dell’attivazione di disponibilità, forze volon-tarie, forze private, con 170 progetti specifici che hanno toccato gran parte delterritorio provinciale.Quali presupposti e stimoli hanno consentito di avviare questa complessa ini-ziativa?L’idea è nata in un convegno, che aveva per titolo “Delle specie neglette ovveroquanto costa un rospo”, promosso nelle prime settimane di attività del mio man-dato. Domanda provocatoria, gentilmente provocatoria, ma intellettualmenteforte, volta a considerare il valore economico della biodiversità a partire da quel-le specie, come il rospo, che nell’immaginario collettivo non hanno valore alcu-no. Da lì è nato l’impegno che ci ha consentito di partecipare a un progetto Life,finanziato al 50% dall’Unione Europea, e realizzare iniziative per la tutela deichirotteri, degli anfibi, dell’avifauna, di varie specie di mammiferi e così via. Conesiti positivi persino inaspettati, come nel caso dei chirotteri che vivono all’aper-to, già nel corso del primo anno. Ma non voglio dimenticare gli impianti di risa-lita per i pesci lungo i nostri corsi d’acqua, come pure la straordinaria funzioneche sta esercitando il Centro Anfibi, creato con il progetto ma destinato a prose-guire la sua opera anche oltre. Chi ha voluto creare polemiche giornalistiche,chiedendo conto dei soldi spesi, ha poi dovuto fare rapidamente marcia indietro,davanti alle testimonianze non politiche, ma tecnico-scientifiche, di quantihanno contribuito al progetto. Mi sembra di straordinaria importanza che per il

Progetto Pellegrino la Provincia diBologna sia stata insignita del Pandad’Oro dal WWF, per l’innovativa atti-vità in difesa della biodiversità, tantoche il progetto è più conosciuto inEuropa che a Bologna.Quali criteri sono stati seguiti per lascelta delle aree dove attuare gliinterventi?Il progetto è stato realizzato nei parchie nelle riserve naturali e nei siti diimportanza comunitaria, anche su ter-reni privati, alla ricerca di un rapportopositivo con il mondo agricolo, con-sentendo la realizzazione di vasche eraccolte d’acqua per gli anfibi, il posi-

Il Progetto Pellegrino

Forte Clò e, in basso, il Centro Anfibi di Pian di Macina, nel Comune di Pianoro,che cura la riproduzione di varie specie dianfibi allo scopo di reintrodurli in natura.Nella pagina seguente, in alto, la salamandrina (Salamandrina terdigitata) è un anfibio molto localizzato e legato adambienti collinari e montani poco disturbatie, in basso, una rampa per la risalita dei pesci.

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La tutela delle specie neglette

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conservazione e gestione Il Progetto Pellegrino

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zionamento di nidi e così via. La cosache mi interessa mettere in luce è cheil progetto ha generato un piano per latutela e lo sviluppo degli spazi naturali,che è parte integrante della rete ecolo-gica provinciale. E ne sono discesetante altre cose, come il progetto control’inquinamento luminoso, per far pacecon la biodiversità notturna, finanziatodalla Fondazione Cassa di Risparmio inBologna. Il progetto, inoltre, ha moltofavorito la crescita della sensibilità inquesta direzione. Se non ricordo male,la stessa definizione “specie neglette”ha sostituito nella letteratura scientificala più semplicistica definizione di“fauna minore”.Ha da poco concluso la sua esperien-za di assessore provinciale. Ripren-dendo la metafora del rospo, è riusci-to a stabilirne il costo di partenza e afarne aumentare il valore?Averne parlato ci ha aiutato a fare deipassi in avanti. Siamo una provinciapilota nella contabilità ambientale,nel bilancio ambientale dell’ente,nei processi di certificazione, proprioperché si è verificato concretamenteche ogni volta che scompare una spe-cie il danno è sempre e comunquerilevante. Nel vivo di una fase pole-mica sulla presenza del lupo, abbia-mo dedicato uno dei nostri Quadernidel Rospo alla “cattura fotografica”degli esemplari delle nostre monta-gne, alle ricerche compiute dalla

polizia provinciale e ai primi ele-menti per uno specifico progetto ditutela. Registriamo una sequenza difenomeni virtuosi grazie ai qualidiverse specie sono ricomparse nelterritorio della nostra provincia. Ioconsidero questo un arricchimentoeconomico di biodiversità e appetibi-lità del nostro territorio, e sfidochiunque a dimostrare il contrario.Per contro siamo invischiati in unaserie di annosi problemi legati al con-trollo degli scempi biologici provoca-ti dagli esseri umani. Mi riferiscoespressamente alla questione dei cin-ghiali, con tutti i danni che arrecanoalle aziende agricole e alla biodiver-sità. Su questo, nel marzo scorso,abbiamo tenuto alla Facol-tà di Veterinaria unimportante conve-gno per presentare edibattere l’esperienzaavviata nel ParcoRegionale deiGessi Bolognesi.Vorrei sottolineare che c’èstata una precisa impostazione politi-ca, culturale e scientifica alla base diquesto lavoro e mi auguro che i nuoviamministratori riflettano sui risultati diesperienze condotte non posso dire insolitudine, perché sarebbe scorretto,sbagliato e presuntuoso, ma tuttaviaall’interno di un circolo ristretto di per-sone, di uomini e donne che hannodato la loro libera e gratuita disponibi-lità a questo impegno. Per questo mipiace concludere con uno straordina-rio ringraziamento al movimento divolontariato ambientalista e alle guar-die ecologiche volontarie.

Il progetto, nato per tutelare habitat e specierare e minacciate a livello comunitario efinanziato con il programma europeo LIFENatura, si è svolto dal 1998 al 2002. Ha coin-volto, con il coordinamento della Provinciadi Bologna, 7 comuni (San Lazzaro di Save-na, Pianoro, Sasso Marconi, Monghidoro,Loiano, Monzuno, Castiglione dei Pepoli), 2comunità montane (Cinque Valli Bolognesi,Alta e Media Valle del Reno) e 5 aree protet-te (Corno alle Scale, Gessi Bolognesi eCalanchi dell’Abbadessa, Monte Sole, LaghiSuviana e Brasimone, Bosco della Frattona),oltre a 50 soggetti privati. Le azioni hannoriguardato 7 Siti di Importanza Comunitariadell’Appennino bolognese (Gessi Bolognesie Calanchi dell’Abbadessa, Corno alle Scale,Monte Sole, Bosco della Frattona, Contraf-forte Pliocenico, Monte Vigese, La Martina -Monte Gurlano), per una superficie com-plessiva di 19.932 ettari. Oltre alla definizio-ne di linee guida per la gestione e gli inter-venti nei SIC e alla messa a punto dei pianidi gestione di due di questi, il progetto hacomportato una nutrita serie di interventidimostrativi di conservazione, ripristino e

gestione agro-forestale degli habitat, recu-pero, creazione e gestione di stagni e

pozze per anfibi, costruzione disottopassi stradali e barriere

anti-attraversamento percontenere la mortalità di

rettili, anfibi e piccolimammiferi, sostituzione

dei conduttori delle linee amedia tensione con cavi isolati per ridurre

il rischio di morte degli uccelli, realizzazionedi rampe di risalita per i pesci in corrispon-denza di briglie e ricostruzioni di habitat deiboschi ripariali, protezione di cavità naturalie artificiali a favore dei pipistrelli e installa-zione di nidi artificiali per pipistrelli forestali.Il progetto ha anche visto la realizzazione diun Centro Anfibi alle porte di Bologna, nelterritorio di Pianoro, che svolge attività diricerca e conservazione sugli anfibi rari eminacciati e iniziative educative e di sensibi-lizzazione dell’opinione pubblica. Il centro siavvale del Laboratorio di Pian di Macina,sede operativa e aula didattica, e di una vastaarea lungo il Savena, con vasche e pozzerecintate (per informazioni: www.provin-cia.bologna.it/ambiente/pellegrino).

Paola AltobelliDirigente del Servizio Pianificazione Paesistica della Provincia di Bologna

Numeri, luoghi e azioni del progettoGIA

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Gli indirizzi internazionali e le leggi nazionali e regionali affidano ai parchiun ruolo chiave nello sviluppo sostenibile dell’economia locale, per la quale ilturismo è una risorsa di fondamentale importanza. Le aree protette, dunque,come peraltro suggeriscono le più avanzate realtà italiane e straniere, hannoun forte interesse a promuovere e sostenere forme di fruizione a basso impattobasate sulle risorse ambientali. Nel contesto regionale, tuttavia, il turismo neiparchi, che pure è da tempo oggetto di programmi e finanziamenti, ha in que-sti anni sofferto di un coordinamento ancora insufficiente delle varie iniziativee delle possibili sinergie tra di esse.Alla luce di questa consapevolezza il Servizio Parchi e Risorse forestali ha rite-nuto indispensabile definire alcune strategie “di sistema” per rendere più effi-caci le azioni svolte in questo ambito dalle singole aree protette o da altri sog-getti operanti nel settore. Il punto di partenza è stato la costruzione di un qua-dro conoscitivo sull’offerta di ecoturismo nei parchi della regione, corredato daun’analisi delle principali potenzialità e criticità, al quale sono seguite indagi-ni mirate alla selezione di pacchetti ecoturistici e azioni di sostegno per il loroperfezionamento. Queste prime attività, commissionate a Ecosistema p.s.c.ar.l., sono state condotte tra il 2001 e il 2003.

Parchi naturali e turismo

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di Monica Palazzini

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La qualificazione e promozione

dell’offerta ecoturistica

nei parchi dell’Emilia-Romagna

Un birdwatcher intento a osservare limicolisvernanti presso le Vene di Bellocchio, nel Parco Regionale Delta del Po.Nella pagina precedente, gli aspri paesaggialpestri tra il Monte Rondinaio e il MonteGiovo, nel Parco Regionale Alto AppenninoModenese (Parco del Frignano).

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Contemporaneamente, è stato aper-to un tavolo di confronto sul temadel turismo sostenibile nei parchicon la partecipazione dei principalisoggetti istituzionali direttamentecoinvolti: i Servizi regionali “Turi-smo e qualità delle aree turistiche” e“Territorio rurale”, APT Servizi (lastruttura pubblico-privata che sioccupa della promozione e commer-cializzazione del turismo dell’Emi-lia-Romagna sui mercati nazionali einternazionali), l’unione di prodotto

“Appennino e verde”, le amministra-zioni provinciali, i GAL (Gruppi diAzione Locale). Nel corso del 2003,una volta tracciati i primi lineamen-ti dell’offerta dei parchi della regio-ne, è parso indispensabile avviareanche uno studio, a cura di APT Ser-vizi, che analizzasse domanda e con-correnza, individuando le azionipromozionali idonee alle offertemaggiormente strutturate presentinei parchi regionali.Allo stato attuale, i soggetti che parte-cipano al tavolo di confronto hannoconcordato di far convergere risorsefinanziarie per un budget iniziale dicirca 200.000 euro per la realizzazio-ne delle prime iniziative promoziona-li e di supporto al turismo nei parchi,da attuarsi in una logica di integrazio-ne secondo le direttrici del piano dimarketing strategico in corso di stesu-ra da parte di APT Servizi. L’obiettivoconcreto è fare in modo che alcuniprodotti turistici delle aree protetteescano finalmente dalla marginalitàper entrare nel mercato turistico veroe proprio, avviando un percorso vir-tuoso che veda i parchi lavorare incollaborazione con altri soggetti perfornire “materia prima di qualità” alladomanda turistica, ma anche, esoprattutto, accompagni una crescitasignificativa e duratura degli impren-ditori turistici locali, legata ai paradig-mi della sostenibilità ambientale.

ecoturismo Parchi naturali e turismo

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Negli ultimi anni il tema del turismo neiparchi è stato oggetto di una vivace discus-sione tra aree protette, operatori del turismoe organismi internazionali come UNEP(United Nations Environment Programme)e WTO (World Tourism Organization) e lastessa Unione Europea lo ha affrontato nelsuo 5° Programma Ambiente, arrivando aelaborare nel 1994 una “Raccomandazionerelativa a una politica generale di sviluppo diun turismo durevole e rispettoso dell’am-biente”. Più di recente un contributo sostan-ziale alla definizione di linee guida in que-sto ambito è stato offerto dall’Anno Interna-zionale dell’Ecoturismo e ha trovato una sin-tesi nella relazione finale del Summit Mon-diale per l’Ecoturismo tenuto in Canada nelmaggio 2002. La Carta Europea del TurismoDurevole nei Parchi è il documento chemeglio sintetizza gli indirizzi per il settore,individuando l’ecoturismo come la tipologiadi prodotto turistico “specifica” per i parchi.In parallelo è molto cresciuta la sensibilitàdegli stessi turisti verso la qualità ambientalee tutti gli indicatori economici segnalanoche “turismo sostenibile” ed ecoturismosono oggi una precisa esigenza di mercato.Nel nostro paese, del resto, dall’ultimo Rap-

porto sul Turismo Italiano (2003) emerge unquadro del turismo nelle aree protette che,soprattutto negli aspetti quantitativi, rendeevidente come si tratti più di un fenomeno dinicchia. A conferma, una ricerca svolta sem-pre nel 2003 da ENIT (Ente Nazionale per ilTurismo) e Federparchi, riferisce di oltre 10milioni di visitatori all’anno nelle aree protet-te (con oltre 81 milioni di giorni di perma-nenza), 5,4 miliardi di euro di consumi totali(il 6,7% del giro d’affari turistico nazionale),2,9 miliardi di euro di valore aggiunto,102.000 posti di lavoro attivati direttamente.E la tendenza è a una forte crescita. Nelpanorama mondiale il giro d’affari legatoall’ecoturismo, infatti, è intorno al 2% delmercato turistico globale, con potenziali dicrescita annua del 20%, mentre in Italia, sinoal 2005, l’aumento annuo della domanda èstimato intorno al 3%. Una recente indaginedegli uffici ENIT in Europa ha, del resto,confermato l’interesse dei tour operator stra-nieri per i parchi italiani, visti come luoghinei quali la scoperta delle componenti natu-rali si arricchisce di quella dei beni architet-tonici e delle tradizioni locali, dei prodottienogastronomici tipici e di qualità, delle atti-vità artigianali e artistiche.

La crescita dell’ecoturismo nel mondo e in Italia

Durante l’estate gli ambienti appenninici di crinale sono una meta privilegiata per gliescursionisti e, a fianco, una passeggiataguidata nel Parco Regionale Sassi di Roccamalatina.

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La ricerca ha puntato innanzitutto a inquadrare il turismo legato alle aree pro-tette nel “sistema turistico” regionale e alla selezione dei parchi maggiormen-te vocati, sui quali concentrare un ulteriore approfondimento. All’individua-zione di questi ultimi si è arrivati attraverso un’attenta considerazione dellaloro “valenza turistica”, ma anche dell’impegno degli enti di gestione a inve-stire sul turismo, sulla base di dati statistici quantitativi e informazioni qualita-tive reperite mediante indagini dirette presso i parchi e le amministrazionilocali, interviste a testimoni autorevoli (imprenditori turistici, addetti ai servi-zi, ecc.), materiale informativo e promozionale.Nel panorama regionale il parco predominante per “valenza” turistica poten-ziale è risultato quello del Delta del Po, per i massicci flussi turistici (oltre unmilione di visitatori per 8 milioni di giorni di permanenza), la ricettività extral-berghiera qualificata e in parte già orientata alla sostenibilità ambientale dellestrutture, la rapida affermazione del soggetto parco nell’ambito turistico loca-le. A una certa distanza segue il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi(58.000 visitatori, per 300.000 giorni di permanenza), caratterizzato da unaconsolidata frequentazione legata al termalismo e una crescente fruizione turi-stica “verde”, legata alle aree di pregio ambientale e paesaggistico. Interessan-te è anche il sistema dei parchi montani (Alta Val Parma e Cedra, Appennino

Una ricerca per lo sviluppodell’offerta ecoturistica

ecoturismo

di Andrea Serra, Carla LamegoEcosistema p.s.c.a r.l.

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Una manifestazione teatrale all’apertodurante una delle rassegne estive spessoorganizzate dalle aree protette regionali in luoghi di particolare suggestione.

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ecoturismo Parchi naturali e turismo

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Turismo naturalisticoÈ la tipologia più propria alle aree protette ealle altre zone di pregio naturalistico, conun’utenza specializzata di alto livello cultura-le e medio-alta capacità di spesa. Il bacino èsia nazionale sia estero (con circuiti di vendi-ta tutti stranieri). Il birdwatching è la praticamaggiormente consolidata, con pacchetti insperimentazione nel Parco Regionale Deltadel Po, che potrebbe diventare capofila di uncircuito regionale comprensivo di altre ZPSpresenti nelle aree protette ma anche al difuori. In quasi tutti i parchi esistono buonepotenzialità per lo sviluppo di prodotti analo-ghi legati a specie e habitat particolarmenteevocativi (flora spontanea rara e minacciata,funghi, lupo e ungulati, anfibi e rettili, geo-logia, mineralogia, paleontologia, speleolo-gia, biospeleologia e chirotteri troglobi, foto-grafia naturalistica). Importante è la presenzadi infrastrutture idonee a mitigare gli impattifruitivi e di figure professionali adeguate aiservizi specialistici richiesti.

Turismo di ricerca e conservazione attiva della naturaIn genere coinvolge giovani e adulti con ele-vata sensibilità ambientale provenienti anchedall’estero. La domanda dei bacini stranieri,soprattutto centro-nord europei, è numerica-mente interessante, ma i cataloghi specializ-zati raccolgono pochissime offerte dall’Italia,dove ci si limita a poche proposte dell’asso-ciazionismo ambientalista. Nel panoramaregionale è una tipologia quasi del tuttoassente, che può essere sviluppata in moltiparchi. Una situazione favorevole è il ParcoRegionale Alto Appennino Modenese, chegià promuove attività giornaliere con le stessecaratteristiche; buone sono anche le poten-zialità negli altri parchi che, ad esempio, par-tecipano ai progetti di ricerca sul lupo.

Turismo rurale integratoÈ un’offerta imperniata su agriturismi, bed &breakfast e strutture alberghiere tipiche incontesti rurali, che oggi interessa famiglie,adulti, giovani, gruppi organizzati. Nel conte-sto collinare-montano è per certi versi un’e-voluzione del vecchio modello di turismo cli-matico, arricchito da attività ricreative espunti culturali e ambientali. È un prodottosviluppato e promosso in tutte le aree protet-te, anche grazie a programmi e finanziamen-ti comunitari e regionali. In ambito rurale è

la tipologia che muove i flussi turistici piùapprezzabili, ma è anche quella meno legatain modo specifico ai parchi, che tuttaviapotrebbero contribuire a una qualificazionedell’offerta sulla base di standard in sintoniacon la domanda ecoturistica, attraverso speci-fiche label e circuiti specializzati.

Turismo enogastronomico di qualitàÈ un turismo imperniato sui tour tematicilegati a prodotti agroalimentari ed enogastro-nomici tipici e di qualità (degustazioni conesperti, visite guidate alle aziende produttrici,corsi sulle tecniche di preparazione dei pro-dotti, acquisto presso produttori certificati,ecc.). Il target di riferimento sono adulti eturisti della terza età, con propensione dispesa piuttosto elevata. Il bacino di riferimen-to è sia nazionale sia internazionale. È unaforma di turismo in rapidissima affermazionein alcune aree della regione, in particolarelegata al vino, ma non esistono pacchetti spe-cifici per i territori delle aree protette. Il lavo-ro per l’Atlante dei prodotti tipici e di qualitàdelle Aree Protette può essere il punto di par-tenza per lo sviluppo di offerte potenzial-mente di eccellenza, con nuovi presidi suiprodotti, pacchetti di turismo enogastronomi-co di qualità, offerte specializzate sempre piùcomplesse e articolate.

Turismo sportivo/escursionisticoÈ una tipologia che coniuga l’attività fisica(escursioni a piedi, in mountain-bike e bici-cletta, equitazione) con la scoperta dei valoriambientali e culturali. Gli utenti, in genereorganizzati in gruppi medio-piccoli con lapresenza di una guida/accompagnatore, sonogiovani e adulti con propensione alla vacanzaattiva. In regione le proposte non si configu-rano ancora come prodotti pienamente turi-stici, a parte quelle legate a eventi e competi-zioni di particolare rilevanza. È tuttavia giàbuona la dotazione di infrastrutture e mate-riali di supporto (reti sentieristiche segnate,piste ciclabili, ippovie, maneggi, centri spor-tivi, cartellonistica, cartografia tematica,depliantistica). Tutti i parchi possono svilup-

pare pacchetti di questo tipo, peraltro giàrichiesti da gruppi e operatori stranieri chenon hanno ancora trovato appropriate rispo-ste. Importante è la formazione diguide/istruttori sportivi in grado di utilizzarecon proprietà le lingue straniere e presentareadeguatamente il territorio, come pure ilsostegno alla crescita qualitativa e quantitati-va delle strutture di accoglienza (rifugi, agri-turismi con maneggio, bike-hotel), soprattut-to negli itinerari di lunga percorrenza piùevocativi.

Turismo scolastico “verde”È un prodotto legato all’evoluzione in sensoturistico delle attività educative svolte nei ter-ritori di interesse ambientale, che si rivolge ascuole provenienti da bacini sovralocali edextra-regionali. È una tipologia diffusa inmolti parchi, che in alcuni ha già raggiuntoun elevato grado di maturità. Nel settore sononate e cresciute le esperienze più significati-ve di imprenditoria turistica “verde”, comequella di Atlantide, ormai divenuta leader alivello nazionale. Tutti i parchi che propon-gono servizi di educazione ambientale posso-no rapidamente sviluppare eccellenti prodot-ti e si può ipotizzare un catalogo dell’offertaregionale che selezioni i pacchetti più rap-presentativi.

Turismo giovanile extrascolastico “verde”Sono proposte caratterizzate da alloggiextralberghieri e servizi di animazione. Pos-sono essere residenziali (campi natura,campi avventura) oppure prevedere soggior-ni in più località (campeggi itineranti). Iltarget sono gruppi di bambini, adolescenti egiovani provenienti da bacini sovralocali. Latipologia, molto diffusa in ambito regionalenei decenni passati, ha conosciuto un rapidodeclino, soprattutto per la diminuzione deicontributi pubblici che la sostenevano(“campi estivi” promossi da capoluoghi diprovincia e altre città). Al momento le pro-poste, provenienti soprattutto dai circuitidelle associazioni ambientaliste o da singolicentri di educazione ambientale, non sonosufficienti per un vero e proprio catalogotematico di offerta. La domanda è tuttaviamolto forte, e di nuovo in crescita, e garanti-sce buoni ritorni economici e una discretastabilità delle attività imprenditoriali. È unprodotto che, in regione, può essere rapida-mente sviluppato in buona parte dei parchi,soprattutto in quelli montani.

Le principali tipologie di ecoturismo nelle aree protette regionaliANDREA

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Tosco-Emiliano, Alto AppenninoModenese, Corno alle Scale, LaghiSuviana e Brasimone), con enti digestione molto impegnati nello svi-luppo di strutture e servizi per il turi-smo (centri visita, sentieri didattici,attività ricreative giornaliere, pro-grammi di educazione ambientale,eventi) e ampie potenzialità di trasfor-mazione delle varie iniziative in pac-chetti turistici. Particolare attenzione è stata dedicataalla valutazione delle caratteristiche edel grado di organizzazione delleprincipali tipologie di prodotti ecotu-ristici offerti dai parchi e dagli opera-tori che operano nei loro territori, chehanno mostrato un livello di maturitàpiuttosto disomogeneo in termini distrutturazione delle proposte, consi-stenza numerica, qualità imprendito-riale degli operatori. Dall’analisi si èarrivati all’ipotesi di concentrare l’at-tenzione sulle tre tipologie di prodot-to turistico dotate di una maggiorepotenzialità di sviluppo nel sistemacomplessivo dei parchi (il turismoscolastico “verde”, il turismo giovani-le extrascolastico “verde”, il turismodel volontariato per la ricerca e laconservazione della natura) e alla rea-lizzazione di un censimento mirato arilevare la quantità e il livello qualita-tivo delle proposte commerciali inquesti tre segmenti. Dove era neces-sario, è anche stato stimolato unmiglioramento delle proposte attra-verso un’azione di supporto tecnico eassistenza agli operatori economicicoinvolti. Al termine del lavoro sono state sele-zionate una quarantina di proposteturistiche in grado di competere qua-litativamente sul mercato, sulle qualiconcentrare le future azioni di pro-mozione e commercializzazione. Diqueste, ben 31 si rivolgono alle scuo-le, 8 ai gruppi giovanili organizzati(campeggi itineranti, campi natura,ecc.), una soltanto al turismo delvolontariato. I programmi sono moltoarticolati e ricchi di stimoli. I pac-chetti di turismo scolastico propongo-

no, ad esempio, esperienze di bird-watching o di ricerca delle tracce digrandi mammiferi come cervo e lupo,lo studio della flora rara e minacciata,un approccio al mondo rurale, lariscoperta delle tradizioni alimentarie dei prodotti tipici dei diversi territo-ri, la conoscenza degli ambienti carsi-ci anche attraverso visite speleologi-che guidate. I pacchetti di turismogiovanile prevedono varie attivitàricreative di tipo esperienziale-educa-tivo (giochi, laboratori, letture “ani-mate”) o pratiche sportive in natura

ecoturismo Parchi naturali e turismo

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In alto, i parchi e le riserve naturali sonouna straordinaria opportunità perl’educazione e la didattica ambientale e,sopra, esplorazione speleologica nei Gessi Bolognesi.

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(canoa, escursionismo a piedi e acavallo, orienteering). Le destinazio-ni più frequenti sono i parchi monta-ni (11 pacchetti nelle Foreste Casen-tinesi, 8 nell’Appennino Tosco-Emi-liano, 4 nell’Alto Appennino Mode-nese) e il Delta del Po (8 pacchetti).In alcuni casi sono gli stessi parchi aprogettare e gestire le proposte, ma inprevalenza i prodotti sono pensati eorganizzati in collaborazione con glioperatori turistici del territorio e laloro commercializzazione coinvolge6 agenzie di viaggio, 2 consorzi turi-stici e un club di prodotto.

ecoturismo Parchi naturali e turismo

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La nuova check-list dell’avifauna regionaleNel numero 56 della rivista «Picus» è stata dapoco pubblicata, a cura di L. Bagni, M. Sighe-le, M. Passarella, G. Premuda, R. Tinarelli, L.Cocchi e G. Leoni, la nuova Check-list degliuccelli dell’Emilia-Romagna dal 1900 al giu-gno 2003. La check-list è consultabile anche nelsito web www.ebnitalia.it/lists/emilia. Per lacheck-list nazionale, invece, i riferimenti sono:P. Brichetti e B. Massa, Check-list degli Uccel-li italiani aggiornata a tutto il 1997, «RivistaItaliana di Ornitologia», 68, 1998 e il sito web:www.unipv.it/webbio/ciso/checklist.

Una grande fiera del turismo naturalistico e del birdwatchingDal 29 aprile al 2 maggio a Comacchio si èsvolta con notevole successo la prima edi-zione della fiera, organizzata da Delta 2000e promossa dalla Regione Emilia-Roma-gna, dal Parco Regionale Delta del Po edalle Province di Ferrara e Ravenna. Lamanifestazione, la prima in Italia intera-mente dedicata al turismo naturalistico, si ètenuta nello scenario dello storico PalazzoBellini, nel cuore della città lagunare, con900 metri quadrati di stand aperti al pub-blico e oltre cento espositori da tutta Euro-pa: un’occasione davvero speciale perrichiamare nel Delta tutti gli amanti dellevacanze nella natura. Il birdwatching èun’attività molto diffusa all’estero, soprat-tutto in Inghilterra e in altri paesi del NordEuropa, nella quale l’Italia sta comincian-do a credere, anche per il numero crescen-te di praticanti, e il Delta del Po è per que-sta pratica uno dei siti più importanti alivello internazionale, ben noto a tutti gliappassionati europei. Forte di questa consa-pevolezza, la manifestazione ha più ingenerale puntato a promuovere la culturadel turismo naturewatching e natureliving,proponendo all’apprezzamento del pubbli-co il ricchissimo repertorio di offerte turi-stico-culturali che il parco e l’intera area

del Delta emiliano-romagnolo sono ingrado di esprimere. Le zone umide inseritenel parco regionale, del resto, con una con-centrazione di oltre 300 specie di uccelli,sono un luogo ideale per tutti coloro chevogliono avvicinarsi al mondo della naturae all’osservazione dell’avifauna, con vastihabitat di interesse comunitario a prioritàdi conservazione e specie animali unichenel panorama nazionale, particolarmenteprotette e biologicamente interessanti alivello europeo. Ogni anno, inoltre, nellestagioni di passo migratorio, non mancanomai gli avvistamenti eccezionali di specierare, anche asiatiche o americane, chesostano a lungo o per periodi più brevi nel-l’area (un vero hot spot, come si dice ingergo ornitologico).In questo contesto la manifestazionecomacchiese è stata una straordinaria vetri-na per il Parco Regionale Delta Po, anchegrazie all’adesione e al patrocinio delle piùimportanti associazioni ambientaliste ita-liane (Federparchi, WWF Italia, Legam-biente, LIPU), dell’EBN, che riunisce ibirdwatcher italiani, e di numerosi partnerdi rilievo internazionale inglesi, irlandesi,finlandesi, olandesi, francesi e greci. Nelcorso dell’evento, oltre a talk show sul turi-smo ambientale, seminari, tavole rotonde eincontri tra birdwatcher, ai quali sono

intervenuti più di 100relatori noti a livellointernazionale e centi-naia di altri, si è tenu-to il convegno Avifau-na acquatica: espe-rienze a confronto,organizzato dall’A-SOER, l’associazio-ne degli ornitologidell’Emilia Roma-gna. È stato inoltrepresentato il proget-to pilota Birdwat-ching, che coinvol-ge i territori aderential piano di azione locale Leader +, attraver-so il quale Delta 2000, in collaborazionecon l’esperto di birdwatching di fama inter-nazionale Bob Scott, sta strutturando un iti-nerario naturalistico per l’osservazione del-l’avifauna nel Delta del Po emiliano-roma-gnolo. Per il suo habitat straordinario, delresto, il Delta emiliano-romagnolo è statoscelto dai tour operator inglesi come la piùimportante destinazione italiana per gliamanti del birdwatching. Numerose anchele iniziative collaterali, che hanno spaziatodalla fotografia naturalistica agli sport col-legati all’acqua, dai raduni per camperistial cicloturismo e ai percorsi enogastrono-mici, che si stanno sempre di più rivelandouna nuova e importante opportunità di svi-luppo per l’economia locale.In definitiva si è trattato di un’occasionestraordinaria di visibilità per un territorio cheha tutto per imporsi come meta turistica pre-ferenziale: zone umide di incomparabile bel-lezza, un eccezionale livello di biodiversità,con 11 zone umide di importanza interna-zionale e 17 siti di interesse comunitario, unoriginale patrimonio di tradizioni, mestieri emanufatti legati alla vita delle popolazioni acontatto con questi ambienti, percorsi cultu-rali che accompagnano dall’epoca etrusca eromana a quelle più recenti, un ricchissimopatrimonio architettonico.

Bruno Bedonni

L’International Po Delta Birdwatching Fair 2004FA

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Si può considerare il centro visita come uno strumento peroffrire un’immagine “virtuale” del parco: un luogo circoscrit-to, dove secondo le più svariate strategie, si mostra a tutti, dalnaturalista appassionato al visitatore più occasionale, cosafare per passare una piacevole vacanza, quali sono i servizi principali,perché i parchi sono importanti e perché la natura è straordinaria e va salva-guardata. Nella struttura il visitatore deve essere il più possibile immerso inun’atmosfera piacevole e coinvolgente e trovare stimoli per programmare il suotempo e la sua voglia di interagire con il territorio in modo proficuo e intenso.Anche i residenti dei paesi del parco devono sentire il centro visita come un rife-rimento amichevole, da frequentare con naturalezza per comprendere meglio ilimiti e le opportunità che il parco offre alle loro attività e, qualche volta, lasciar-si trascinare in momenti di animazione culturale e sociale. In questo modo icentri visita non sono soltanto luoghi dove ottenere informazioni, ma anchestrutture che educano visitatori e residenti a un rapporto più consapevole ematuro con l’ambiente e il territorio.Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi ha ormai una decennale esperien-za su questi temi, costruita attraverso la realizzazione e la gestione di numerosicentri visita dotati di allestimenti originali e percorsi espositivi sviluppati ognivolta intorno a un diverso tematismo, in grado di mettere in luce particolariaspetti ambientali e storici dell’area protetta (il capriolo, il lupo, l’acqua, il lavo-ro dell’uomo in foresta, la storia della Romagna toscana e così via). Di questoimportante impegno vorrei rapidamente richiamare le scelte strategiche, le solu-zioni adottate e gli elementi problematici, nell’auspicio che ciò possa essereutile a coloro che si confrontano quotidianamente con le medesime questioni.Per il parco nazionale, del resto, i centri visita hanno rappresentato e tuttorarappresentano uno dei più cospicui investimenti sul piano finanziario e stra-tegico per la valorizzazione compatibile del territorio. I centri visita sonoattualmente undici, situati in tutti i comuni del parco, ai quali si sono neltempo affiancati due uffici informazioni nelle località, particolarmente fre-quentate dai turisti, di Campigna (FC) e Camaldoli (AR) e, dall’aprile di que-st’anno, un nuovo punto informazioni nel centro di Stia (AR). Per realizzarequesta rete di strutture il parco si è impegnato, in collaborazione con i comu-ni, per il recupero edilizio degli edifici, spesso fatiscenti e da tempo non piùutilizzati, e la messa a punto degli allestimenti, investendo dal 1992 a oggioltre 4,5 milioni di euro.Nel versante romagnolo i centri visita, all’incirca uno per ogni vallata, sonocinque, distribuiti nei paesi situati ai confini dell’area protetta (Santa Sofia,Premilcuore, San Benedetto in Alpe, Tredozio, Bagno di Romagna). Nellaparte toscana i centri sono quattro nella provincia di Arezzo (Badia Prataglia,Chiusi della Verna, Serravalle, Camaldoli) e due in quella di Firenze (Casta-gno d’Andrea, Londa).Gli allestimenti sono stati studiati e realizzati secondo linee progettuali e stra-tegie comunicative coordinate, che hanno puntato alla creazione di spaziinformativi ed espositivi in grado di suscitare nei visitatori interesse e curiosi-

Le porte del parco

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di Nevio AgostiniParco Nazionale Foreste Casentinesi,

Monte Falterona e Campigna

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Non dobbiamo cercare, ma trovare; non dob-biamo giudicare, ma osservare e comprendere,respirare ed elaborare quanto abbiamo inalato.Dal bosco e dal prato che si sfalcia in autunno,dal ghiacciaio e dal campo giallo di spighe,attraverso tutti i sensi deve fluire in noi vita,vigore, spirito, significato, valore. Una escur-sione in luoghi panoramici deve promuovere innoi la cosa più alta, l’armonia con il cosmo, enon dev’essere uno sport né uno sfizio. Noi nondobbiamo osservare e valutare la montagna, illago, il cielo con un generico interesse, mamuoverci tra queste (...), ognuno con le suecapacità e con i mezzi conformi alla sua cultu-ra, uno come artista, l’altro come naturalista,un terzo come filosofo...

Hermann Hesse

La sala geologica del Centro Visita di Bagno di Romagna.

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tà per l’area protetta. Le scelte com-piute hanno sempre dato la preferen-za a forme di comunicazione sempli-ci, immediate ed evocative, con solu-zioni espositive al servizio delle idee enon viceversa e impiego di materialipoveri e facilmente sostituibili. Perquanto possibile, si è cercato di ren-dere partecipe il visitatore dal puntodi vista culturale ma anche emotivo,con accorgimenti che lo invitassero amanipolare oggetti e reperti, stimo-lando l’utilizzo dei sensi, piuttostoche a interagire con televisori e com-puter.In linea di massima, pur con qualchelibertà dovuta alle dimensioni e carat-teristiche delle strutture e ai temi aiquali esse sono dedicate, i nostri cen-tri visita hanno una distribuzionedegli spazi che prevede:– una reception con ufficio e piccolomagazzino per le pubblicazioni;– una stanza che ospita il plastico ditutto il parco;– una stanza delle suggestioni, congiochi di luci, immagini e suoni;– una stanza dell’apprendimento, congiochi interattivi;– un’aula didattica o un’aula pervideoproiezioni (20-30 posti);– una sala per conferenze (40-60posti);– un percorso espositivo dedicato a

un tema specifico per ogni centrovisita;– eventuali spazi per mostre tempora-nee.La gestione è sicuramente il mag-gior problema dei centri visita, maper chi se ne occupa è anche unasfida importante e coinvolgente. Ilcentro visita, infatti, può e devediventare un elemento di promozio-ne dell’imprenditoria locale, soprat-tutto giovanile, ma per far questooccorrono operatori motivati e pre-parati, che non è sempre certo esi-stano in zone marginali di monta-gna e che in ogni caso vanno oppor-tunamente formati e aiutati a cre-scere in capacità e competenza.Dal 1994 al 1998, quando la rete deicentri visita non era ancora statacompletata, la gestione era svoltadirettamente dal parco, con incari-chi a singoli operatori, ma sin dall’i-nizio c’era l’idea di delegare inseguito questa funzione a piccolesocietà e cooperative locali, peroffrire opportunità di lavoro ai gio-vani del territorio. Negli stessi annila realtà del parco si andava progres-sivamente consolidando in terminidi identità e visibilità nel territorioattraverso la realizzazione di sentie-ri e aree di sosta, la collocazione dicartelli, l’attivazione di figure pro-fessionali dedicate come le guideufficiali del parco, una serie di strut-ture ricettive consigliate, moltomateriale promozionale e divulgati-vo. Quando, alla fine del 2000, tuttii centri visita sono stati completati,è stata avviata l’individuazione deisoggetti gestori per il triennio 2001-2004 attraverso due distinti bandi diconcorso, uno per i centri del ver-sante romagnolo, l’altro per quellidel versante toscano.Nei bandi veniva in primo luogo sta-bilito un monte ore minimo di aper-tura per ogni centro, che complessi-vamente raggiungeva le 4.000 orecirca per ciascun versante. I servizirichiesti, oltre all’accoglienza dei visi-tatori e alla fornitura di materiale e

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La Oros è una piccola società cooperativaa responsabilità limitata, composta daquattro soci e circa quindici collaboratoricon formazioni ed esperienze diverse(guide ambientali, educatori ambientali,esperti in promozione del territorio ecomunicazione). Dal punto di vista eti-mologico il nome richiama la montagnasacra e il territorio nel quale la cooperati-va opera è, in effetti, caratterizzato dallapresenza di molti luoghi mistici, alcuninoti in tutto il mondo. La cooperativa,che ha sede a Badia Prataglia, è nata nel1999 per la gestione dei centri visita delversante toscano e grazie all’esperienzacompiuta nel parco nazionale sta cre-scendo e ampliando le sue attività a tuttoil Casentino, attraverso la gestione di cen-tri visita, ecomusei e altre strutture dedi-cate all’animazione e all’informazione, laconduzione di progetti di educazioneambientale e formazione professionale, lapromozione di pacchetti turistici, l’orga-nizzazione di uffici stampa, servizi per icittadini, convegni e incontri di lavoro, l’i-deazione di eventi per gli enti locali, lamessa a punto di materiali promozionali.

L’armadio dei suoni e dei segni del CentroVisita di Santa Sofia.Nella pagina seguente, in alto, il sentieronatura di Badia Prataglia e, in basso, la celebre cascata dell’Acquacheta.

La cooperativa Oros

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informazioni sull’area protetta e i ter-ritori dei comuni compresi nel parco,riguardavano l’organizzazione diescursioni per gruppi di visitatori,avvalendosi delle guide ufficiali delparco, azioni di stimolo nei confrontidelle realtà associative e imprendito-riali locali per la realizzazione di ini-ziative congiunte, l’ideazione di spe-cifici programmi di accoglienza e ani-mazione culturale, l’organizzazionedi percorsi educativi e didattici dasvolgere sia nei locali dei centri visitasia in ambiente, la realizzazione,anche in collaborazione con il parco,di materiale informativo, divulgativoe didattico a supporto delle varie atti-vità, la gestione per finalità connesseai servizi degli spazi per riunioni eproiezioni, la manutenzione delleattrezzature e la pulizia dei locali.Nella pratica i progetti di gestionedovevano puntare a trasformare icentri visita in veri e propri punti diriferimento e animazione sia per ivisitatori che per la popolazionelocale attraverso incontri legati aitematismi delle singole strutture ocoordinati con tutte le altre, attivitàper l’infanzia e il mondo della scuo-

la, collaborazioni con sagre, fiere ealtre manifestazioni locali ed eventia carattere nazionale, come la gior-nata europea dei parchi, progetti ingrado di coinvolgere le strutturericettive e gli altri operatori econo-mici del territorio, iniziative promo-zionali insieme ad aziende agricolee altri soggetti locali sulle produzio-ni agroalimentari tipiche. In unaparola si chiedeva ai gestori dei cen-tri visita di essere il lievito in grado difar emergere il patrimonio ambien-tale, culturale e umano dei territoridi riferimento. L’aggiudicazione èavvenuta valutando sia l’entità delleproposte economiche rispetto almonte ore previsto, sia l’articolazio-ne e la qualità del piano di gestionee animazione, come pure il curricu-lum degli addetti, dando la preferen-za in questo caso al personale resi-dente nei comuni del parco.Nonostante l’ubicazione di alcunicentri visita non sia particolarmenteidonea a intercettare i maggiori flus-si di visitatori, le presenze in questianni sono progressivamente cresciu-te e nel 2003 si sono registrate oltre50.000 presenze, di cui 8.000 circain gruppi organizzati e scolaresche.Negli ultimi tempi, inoltre, è stata

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Come in tutti i parchi montani, l’escur-sionismo è per il Parco Nazionale delleForeste Casentinesi una delle risorse turi-stiche più importanti e aderenti alle fina-lità dell’area protetta.Fin dall’inizio, su questo punto, le strate-gie sono state molto chiare: realizzareun’ottima carta escursionistica, controllatae pubblicata direttamente dal parco, siste-mare e mantenere una capillare rete disentieri (600 chilometri!) in grado di colle-gare tutte le emergenze e le varie realtà delterritorio, stimolare e promuovere l’escur-sionismo naturalistico attraverso la realiz-zazione di una serie di sentieri natura dis-tribuiti in tutto il parco, in genere vicino aipaesi o in zone comunque facilmenteaccessibili, e destinati a prolungare inambiente la funzione dei centri visita, sen-sibilizzando i visitatori rispetto ai valorinaturali e culturali dell’area protetta.Come i centri visita, anche i sentieri natu-ra sono caratterizzati da un tema preva-lente, che viene sviluppato in una sequen-za di punti di sosta descritti in modocurioso e coinvolgente. I percorsi condu-cono i visitatori alla scoperta di alcuni deiboschi più belli del parco come le abeti-ne di Campigna, le faggete di Badia Pra-taglia, i castagneti secolari di Castagnod’Andrea, le selve intorno a La Verna eCamaldoli o, ancora, raggiungono luoghidi grande fascino come la celebre cascatadell’Acquacheta o località testimoni dialtre pagine solo in apparenza minoridella storia del territorio come l’alta valledel torrente Tramazzo, l’antico mulinoMengozzi di Fiumicello, la diga e il lagodi Ridracoli. I nove sentieri natura sono in genere per-corsi poco impegnativi, effettuabili in unpaio d’ore, spesso su tracciati circolari dipochi chilometri con limitati dislivelli;

solo alcuni richiedono untempo maggiore, come ilsentiero che da San Bene-detto in Alpe risale per cin-que chilometri il torrenteAcquacheta sino all’omoni-ma cascata, per il quale ser-vono almeno quattro ore. Ilperiodo ideale per le escur-sioni va dalla primaveraall’autunno; solo i sentieridi Ridracoli e La Vernasono percorribili senza pro-blemi tutto l’anno. Ogni sentiero è descrittoin dettaglio da un opusco-lo, acquistabile nei paesivicini e nei centri visitaoppure ordinabile agli uffi-ci del parco, che guidaall’osservazione della natu-ra e aiuta a scoprire parti-colari ai quali di solito nonsi presta attenzione mache sono di grande utilitàper comprendere gliambienti del parco e la sto-ria dei luoghi.

I sentieri natura

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sempre più evidente l’importanza dimantenere vitali i centri visita orga-nizzando iniziative, mostre e nuoviallestimenti ogni anno, anche attra-verso relazioni permanenti con altrestrutture culturali ed educative sulterritorio (musei, biblioteche, centridi educazione ambientale). Partico-larmente positiva, in questo ambito,è l’esperienza di collaborazioneavviata con gli Ecomusei del Casen-tino, una serie di strutture museali edi edifici e manufatti minori (mulini,gualchiere, carbonaie, ecc.) chemettono in luce gli elementi caratte-rizzanti del territorio e si legano arealtà produttive ancora presenti, perpreservarle e valorizzarle. Il progetto,che punta a stimolare strategie einterventi per un turismo consapevo-le dei valori della cultura locale, haconsentito la realizzazione di un cd-rom gratuito a larga diffusione, cheracconta le potenzialità delle nostrestrutture, spesso non ancora suffi-cientemente conosciute, ma anche itanti percorsi e le innumerevoliemergenze storiche e naturali delparco e delle zone limitrofe. A que-sta grande ricchezza ambientale eculturale nell’anno in corso è statodedicato un ricco calendario di even-ti e animazioni che ha come fulcroproprio i centri visita e gli ecomuseidel territorio.

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Il 2003 è stato l’anno dedicato ai disabili,con molte iniziative, anche nelle aree pro-tette, per abbattere barriere architettoni-che e creare sentieri realmente fruibili datutti. Anche il Parco Nazionale delle Fore-ste Casentinesi ha colto questa importanteopportunità e realizzato, con la collabora-zione dell’UISP regionale, un breve e age-vole percorso dotato di pannelli didattici,testi in braille,fondo e corrimanoper disabili e altriaccorgimenti ingrado di far coglie-re a tutti i visitato-ri la magia di que-sto luogo davverospeciale del parco,ricco di natura e distoria, che nel pas-sato ha attiratotanti viaggiatori,scrittori e poeti. Ilpercorso, lungoappena 350 m maricco di piccolesorprese, è artico-

lato in dieci postazioni piene di informa-zioni, oggetti e reperti, che i visitatori sonoinvitati a scoprire ad occhi chiusi, utiliz-zando gli altri sensi per apprezzare gli indi-zi e le suggestioni sull’ambiente suggeriteda tronchi, cortecce, tracce, suoni, rocce ealtri elementi. Il sentiero sta ottenendo unnotevole successo, non soltanto tra i dis-abili che hanno occasione di frequentarlo,

ma proprio tra inumerosi e abitua-li visitatori dellalocalità, che dimo-strano di apprezza-re molto questabreve e intensapasseggiata, che lipone in modo ina-spettato a confron-to con la natura econ se stessi, met-tendo a trattiimpietosamente anudo le tante dis-abilità delle perso-ne cosiddette“normali”.

I visitatori dei centri visita dal 1995 al 2003

1995 15.005

1996 16.949

1997 26.049

1998 21.498

1999 24.485

2000 28.055

2001 33.317

2002 42.803

2003 50.465

I visitatori dei centri visita nel 2003

Premilcuore 5084

Santa Sofia 2.364

Tredozio 2.335

Bagno di Romagna 10.435

San Benedetto in Alpe 1.815

Badia Prataglia 10.304

Chiusi 3.539

Serravalle-Stia 1031

Londa 2.331

Castagno D’Andrea 1.108

Camaldoli (uff. informazioni) 8.469

Campigna (uff. informazioni) 1.650

Un sentiero a Campigna

In alto a destra, una delle strutturedislocate lungo il sentiero di Campigna.

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Ha seguito sin dal principio l’iter di acquisizione e recupero dell’edificio, puòraccontarci come si è arrivati a questo significativo risultato?L’obiettivo di acquisire la Corte di Giarola per destinarla a ospitare le strutture delparco e spazi per attività culturali e ricreative era stato fissato già alla fine deglianni Ottanta, con l’elaborazione del piano territoriale del parco. A partire daiprimi atti del nuovo ente, infatti, la Corte di Giarola, per le caratteristiche storichee architettoniche, la centralità nell’ambito dell’area protetta, l’importanza che lastruttura riveste per il territorio, è stata immediatamente individuata come unadelle priorità nell’azione del parco.Deve essere stato un percorso molto impegnativo, come siete riusciti a raggiun-gere l’obiettivo?Fin dall’inizio abbiamo puntato a sviluppare attività di analisi, ricerca e cono-scenza del territorio in collaborazione con le università emiliane e lombarde cheospitano studenti provenienti dalla zona del parco. Tra i primi progetti nati daquesta collaborazione, ce n’è stato uno relativo proprio alla Corte di Giarola, inaccordo con la facoltà di Architettura del Politecnico di Milano. Lo studio di fatti-bilità per il recupero funzionale della corte, che prendeva spunto dall’esperienzadegli ecomusei francesi, è stato realizzato da quattro studenti di architettura par-mensi. Da quello studio sono state gettate le basi per gli importanti atti successivi.Allora la corte e i terreni circostanti (100 ha) erano di proprietà di una famiglia digrandi proprietari terrieri di Vicenza, che utilizzava il fondo agricolo per mono-culture, trascurando le strutture edilizie, che avevano già perso da alcuni anni lafunzione di grande azienda agricola tradizionale della pianura emiliana, con l’al-levamento di vacche da latte e il caseificio annesso all’azienda, la grande vigna, lafabbrica per la trasformazione del pomodoro. Proponemmo alla proprietà di recu-perare una parte degli immobili per destinarli alle attività del parco, ma dopo unaprima intesa iniziale improvvisamente ci furono difficoltà nei rapporti.Cos’era accaduto?L’azienda aveva ricevuto, lo scoprimmo solo qualche mese più tardi, una cospicuaofferta economica d’acquisto da parte di una cooperativa per l’estrazione dellaghiaia, interessata a realizzare una grande cava nei terreni agricoli adiacenti allacorte. Ovviamente ci opponemmo con forza alla proposta e iniziò un contenzio-so che ha fortemente impegnato l’ente anche sul fronte politico-amministrativoper contrastare un pesante attacco al parco e al territorio che esso tutela.

Due sedi di prestigio

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Le storiche corti

di Giarola e di Rubiera

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La Corte di Giarola

Intervista a Mauro ContiPresidente del Parco Regionale Fluviale Taro

In alto, l’ampio cortile interno e, sotto, uno scorcio della parte più antica del complesso monumentale.

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Come ce l’avete fatta?Con i finanziamenti regionali 1993-1994 e 1994-1996 abbiamo creato unfondo di dotazione di 1.872 milioni dilire, utili per avviare la procedura d’ac-quisto sulla base delle stime messe apunto da tecnici pubblici e da tecnicidell’agenzia delle finanze. Con la col-laborazione del Comune di Collecchiosono state attivate le procedure diesproprio, che alla fine del 1997 hannoconsentito di acquisire al patrimoniopubblico la corte e 20 ha di terreni.Come avete agito per gli interventi direcupero?Subito dopo l’acquisizione abbiamolavorato per creare una sorta di “casset-to” di progetti utili ad avviare gli inter-venti di recupero e restauro finalizzatialle funzioni dell’ente: la sede ammini-strativa e gli uffici del parco, inauguratidal ministro dell’Ambiente Edo Ronchinella primavera 1999; il Centro Visite el’Auditorium inaugurati nell’aprile2003; il Centro di Educazione Ambien-tale e l’Info-Point sui percorsi enogastro-nomici, aperti nell’autunno 2003; il barristorante, inaugurato lo scorso aprile.È stato un grande impegno economi-co per il parco. Quali linee di finan-ziamento siete riusciti ad attivare?Abbiamo impegnato le risorse relative adue piani triennali per l’ambiente (1998-2001 e 2001-2003) per circa 1 milione di

euro, abbiamo ottenuto risorse per lemisure degli assi 3O e 3P del Piano disviluppo rurale per circa 400.000 euro efinanziamenti da fondazioni bancarieper 130.000 euro, abbiamo anche attiva-to mutui con la cassa depositi e prestitiper 800.000 euro. È stato certamente ungrande sforzo economico, ma credo chegli investimenti realizzati abbiano assi-curato al parco strutture importanti perle proprie attività, per le scuole che lofrequentano, per i volontari impegnatinella tutela della natura, per le tantissi-me persone che partecipano agli eventiculturali e ricreativi promossi dal parco edagli enti del territorio. Alcune realizza-zioni, peraltro, sono un’opportunità perrecuperare una parte delle spese digestione, attraverso l’affidamento deglispazi per attività commerciali a privati oalla società costituita con la partecipazio-ne dell’ente parco per sperimentareforme di gestione imprenditoriale dialcuni servizi di interesse. A tutt’oggi, gliinvestimenti realizzati ammontano aoltre 2,4 milioni di euro.Avete altri progetti nel cassetto?Ce ne sono ancora diversi: uno spazioteatrale, il museo del pomodoro, unospazio e un negozio dedicati ai prodot-ti tipici, un albergo-ostello che gradual-mente ci dovrebbero consentire dicompletare il recupero del complessomonumentale.

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Diverse citazioni d’archivio segnalano l’esi-stenza, già intorno all’anno 1000, di unimportante edificio monastico femminile aGiarola e per tutto il Medioevo ricorrono letestimonianze sul presidio ecclesiastico diqueste terre. Il complesso, confiscato inepoca napoleonica, negli ultimi due secoli èappartenuto a vari proprietari e ha mantenu-to una vocazione agricola, in grado di soste-nere decine di famiglie. L’impianto del com-plesso è a base quadrangolare, con due lun-ghi lati paralleli al corso del Taro, nel passatomeno vicino di quanto sia oggi. All’internodella cinta di edifici si apre un ampio spaziocortilizio chiuso su tre lati, mentre al di fuorisi trovano due corpi edilizi postumi. Nellacorte il parco ha insediato i suoi uffici nelmaggio del 1999, avviando nel contempo laristrutturazione della grande stalla e di altreparti del complesso. Nell’aprile 2003 sonostati inaugurati l’Auditorium e il Centro Visi-ta, dedicato al tema dell’acqua. Nel settem-

bre 2003 è stato realizzato il Centro di Edu-cazione Ambientale, situato nel contiguoBorgo della Pulce, dove sono previsti ancheun Infopoint sui percorsi enogastronomici,l’ufficio relazioni con il pubblico, gli spaziper la vigilanza e il coordinamento delle atti-vità di fruizione. La cisterna sotterranea uti-lizzata per lo stoccaggio dei liquami, chedopo lo svuotamento dei locali ha fatto emer-gere importanti spazi con soffitti a volte soste-nuti da colonne, è diventata una cantina peri migliori prodotti vinicoli della zona. Nelgrande edificio accanto, dall’aprile scorso, èaperto un ristorante. È già stato avviato, inol-tre, il progetto per la realizzazione, nellagrande stalla e nel solaio dell’ala ovest, di unodei musei del cibo parmensi, quello delpomodoro, che intende celebrare la tradizio-nale attività conserviera della zona, localizza-ta, un tempo, nella stessa corte. Quasi certa-mente sarà anche realizzato, in collaborazio-ne con il Comune di Collecchio, uno spazio

per rappresentazioni teatrali. Nel futuromeno immediato è prevista anche una strut-tura ricettiva per il pernottamento. Per quanto riguarda le aree esterne, quellaprospiciente il fiume è interessata da un pic-colo progetto di frutteto didattico, con lamessa a dimora di cultivar rinvenute nel ter-ritorio del parco, mentre sul lato settentriona-le sono previste strutture per attività sportive ericreative.Dalla rassegna dei progetti rimangono anco-ra escluse le proprietà della curia: in primoluogo la chiesetta, rifatta dopo i bombarda-menti dell’ultima guerra, la canonica annes-sa e le pertinenze murarie di cinta, che sonola parte più vetusta del complesso e si apro-no a sud, segnalando forse l’antico ingressoprincipale. L’arco e la scalinata, invece, diproprietà pubblica, nascondono un impo-nente sistema di freschissime cantine chesarà presto utilizzato per la stagionatura deisalumi.

Le nuove funzioni di un antichissimo monastero

Una manifestazione per la promozione dei prodotti locali.

Un convegno nella grande sala conferenze.

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Può raccontarci brevemente di questo luogo tanto suggestivo?Quello di Rubiera era uno dei più importanti ospitali per pellegrini che sorgeva-no tra Secchia ed Enza. Costruito all’incrocio tra la via Emilia e il fiume, era stra-tegico anche per un’altra direttrice, che, correndo parallela al corso d’acqua, por-tava a Sassuolo, Frassinoro e, attraverso i passi appenninici, sino a Lucca e Roma.L’ospitale, gestito da una comunità di benedettini, forse esisteva già nel 1179, aridosso del centro abitato in direzione del fiume, oltre la porta orientale. In occa-sione della “tagliata” imposta dal duca Alfonso I d’Este nel 1523, la strutturavenne demolita. La nobile casata dei Sacrati, subentrata come patrocinatrice del-l’ospedale, ne curò la ricostruzione su un terreno di sua proprietà, a nord del paesee vicino al fiume, dove il guado era più facile. Venne così eretto un complessorinascimentale di grande prestigio, che offriva l’ospitalità di una notte e di un pastoa pellegrini e viandanti. Per quanto con alterne vicende, l’ospizio mantenne la suafunzione sino al 1768, quando il duca di Modena Francesco III soppresse tutti gliospedali. Trasformata in edificio colonico, la Corte di Rubiera, come viene chia-mata oggi, continuò a degradarsi, finché venne acquistata dall’amministrazionecomunale, che ne iniziò il restauro, ora terminato, restituendo alla comunità que-sto importante complesso storico.Quali criteri hanno ispirato il restauro?Il restauro del complesso monumentale è nato a metà degli anni Ottanta, sullabase di un’ipotesi progettuale che vedeva in questo antico edificio il luogo pereccellenza dove accogliere le attività culturali del Comune di Rubiera. Il com-plesso, prima dei limitati consolidamenti effettuati a partire dal 1987, si trovava inuno stato di generale degrado: le ultime trasformazioni legate all’uso agricolo,oltre a provocare ulteriori danni alla struttura, avevano modificato in modo sensi-bile la sua stessa configurazione. Il progetto di restauro si è orientato a una letturadella storia dell’edificio e delle sue successive trasformazioni. Sono stati rilevatitutti i segni delle diverse fasi di costruzione, arrivando a una ponderata ipotesidella storia evolutiva dell’edificio, per poi proseguire con l’indagine sui materiali sto

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La Corte di Rubiera

Intervista a Giuseppe NeroniPresidente della Riserva

Naturale Orientata Cassa di Espansione del Fiume Secchia

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e le tecniche costruttive. Il progetto hapuntato, oltre che al consolidamentostrutturale, al recupero dei valori strati-ficati nell’edificio, attraverso il restaurodei molti elementi esistenti e la parzia-le sostituzione di quelli degradati inmodo irreversibile con materiali omo-loghi, cercando di limitare l’impiego distrutture e tecnologie moderne. Insom-ma, abbiamo cercato di recuperare l’e-dificio attraverso una sintesi tra la tipo-logia del complesso monumentale,legata alle sue antiche funzioni, e leesigenze legate alle nuove funzioni chel’edificio è chiamato a interpretare.A quali servizi l’edificio è destinato?Il complesso è oggi sede di tre impor-tanti soggetti: il consorzio al quale sonoaffidate la gestione della riserva naturalee la riqualificazione di un più vastoambito fluviale, il progetto “Linea diConfine”, dedicato alla rilevazione foto-grafica del territorio, e l’associazioneculturale Corte Ospitale, un centro diproduzione, ricerca e documentazioneteatrale. La corte, dunque, è oggi prin-cipalmente un luogo di lavoro, scambioe progettazione, caratterizzato da un’at-titudine multidisciplinare che opera sulterritorio attraverso i linguaggi dell’arte,dell’ambiente e della fotografia coneventi teatrali e culturali, percorsi didat-tici e formativi, sperimentazioni, ricer-che, attività laboratoriali legate a ununico, organico progetto. La corte faparte del Rèseau des Centres CulturelsEuropéens, un’associazione che riuni-sce gli edifici storici europei sedi di cen-

tri culturali. Viene utilizzata per conve-gni, attività di formazione, laboratori estage, come sede museale e spazio permostre temporanee e, in sintonia con leantiche destinazioni, come centro diaccoglienza residenziale per gruppi nel-l’ambito di scambi internazionali. Insintesi, è un edificio in grado di offrirevarie opportunità di approfondimentoculturale, intrattenimento, dialogo eincontro tra persone.Quali sono i contenuti dei percorsimuseali recentemente inauguratinella corte?Si tratta di percorsi dedicati all’ambien-te fluviale del Secchia. Nel nostromuseo il fiume è un luogo fisico einsieme ideale, dove le componentinaturali e l’uomo si incontrano. È daquesto incontro, nel quale emergonocontraddizioni e problemi, che forsepossono nascere gli stimoli necessari ainnescare un processo di recupero dellaconsapevolezza necessaria a guidare inmodo positivo il nostro rapporto con ilterritorio. Il tema dominante del museoè, infatti, proprio il divenire del territo-rio, sul quale influiscono sia le dinami-che naturali sia le azioni dell’uomo. Sipotrebbe dire che le finalità del museosono quelle proprie dell’educazioneambientale: contribuire allo sviluppodi comportamenti ecologicamenteconsapevoli, proporre momenti diriflessione per conoscere, amare e quin-di proteggere. Un primo settore delmuseo illustra la storia dell’ambientefluviale dalla preistoria ai giorni nostri,con sinuosi pannelli in acciaio chesimulano una grande onda e altriaccorgimenti espositivi che segnalanole cause naturali o le attività umaneche hanno influito sulla sua evoluzio-ne. Un secondo spazio è dedicato allacassa di espansione, con una mostrafotografica sugli ambienti della riservae le specie che li frequentano. La terzaparte del percorso è il cosiddetto“museo vivente”, formato da setteacquari che rappresentano l’ambientefluviale dalla sorgente alla foce, con ipesci tipici dei vari tratti del suo percor-so verso il mare.

ecoturismo Due sedi di prestigio

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In alto e sopra, due particolari dei nuoviallestimenti museali; in basso, la salaconferenze. Nella pagina precedente, due immaginidell’interno della corte.

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ecoturismo

Intervista a Cesare FerriSindaco uscente di Gemmano

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Cosa rappresenta la Riserva di Onferno per il Comunedi Gemmano?Per Gemmano la riserva è un esempio concreto di svi-luppo sostenibile. Siamo uno dei tanti piccoli comunid’Italia, una realtà rurale appena dietro l’agglomeratofastoso e accentratore della costa. Qui far quadrare iconti è sempre una scommessa, da vincere attraverso ilrispetto della cultura locale e del suo ambiente. Su que-ste basi, più di dieci anni fa, ci siamo proposti di conser-vare il territorio della nostra comunità. Grazie allo sfor-zo congiunto di tanti, oggi possiamo vantare i risultati diuno sviluppo legato all’ambiente, che ha risvolti non sol-tanto di livello locale ma, credo, anche nazionale.

Molte difficoltà, dunque, ma anche molte soddisfazioni...Le difficoltà nascono dalla scarsità di risorse economiche e di personale concui quotidianamente ci scontriamo. I piccoli comuni hanno le stesseresponsabilità e necessità dei comuni grandi ma, in proporzione, moltemeno risorse a disposizione. Le soddisfazioni, indubbiamente, derivano dalflusso costante di visitatori, oltre 10.000 l’anno con punte che hanno sfio-rato i 15.000, che ci confermano l’apprezzamento per il lavoro fatto in ter-mini di tutela e valorizzazione del nostro ambiente. In questo decennioabbiamo sistemato il centro visite, restaurando un’antica pieve, promosso ilrecupero del nucleo del castello, che oggi ospita una locanda e alloggi maanche abitazioni, collocato il centro direzionale della riserva in uno stori-

co edificio rurale. Questiinterventi, insieme al ripristi-no del giardino botanico edella nuova ala museale,sono un elemento importan-te e un necessario corredoall’opera di conservazioneambientale sulla qualeabbiamo puntato.Il vostro lavoro è stato coro-nato da risultati di partico-lare rilievo...Sì, grazie a quanto abbiamofatto nel tempo e alla messedi informazioni raccoltesiamo riusciti ad accedere aun progetto Life: una manodall’Europa per la conserva-zione. È stato molto duro,con i nostri piccoli mezzi,portare avanti una macchina

L’esperienzadi Onferno

Il Centro Visita della Riserva nell’anticaPieve di Santa Colomba.

Un aspetto della vegetazione checaratterizza il paesaggio della riserva.

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così complicata, ma ormai siamo infondo. Il traguardo di cui siamo, tut-tavia, più orgogliosi è l’ampliamentodei confini del Sito di ImportanzaComunitaria e ora, con la nuovalegge regionale, di quelli della Riser-va. Siamo un caso forse unico in Ita-

lia, perché abbiamo raddoppiato l’e-stensione dell’area protetta.Quali sono le prospettive future?Siamo molto contenti di quantoconseguito sinora: un accurato esistematico quadro di conoscenzesul patrimonio naturale dell’areaprotetta, una grande colonia di chi-rotteri che convive con una consi-stente ma attentamente controllatafruizione della grotta, più di 10.000visitatori ogni anno, oltre 5.000ragazzi coinvolti in attività di educa-zione ambientale, un centro multi-servizi, un museo, un giardino bota-nico, una biblioteca specializzata...Ma si guarda già avanti. La scom-messa quotidiana è la gestione. Losviluppo sostenibile si fa con le ideee la gente giusta. Stiamo cercando,come sempre, di educare, coinvol-gere nuovi soggetti, soprattutto alivello locale. E non è facile. Incre-mentare l’agricoltura biologica e lepratiche di buon governo del terri-torio sarà una delle prossime priori-tà: l’ampliamento della riserva haportato nuovi terreni agricoli e glistudi compiuti con il progetto Life,che ci hanno mostrato quanto sianograndi gli areali di alimentazionedei “nostri” pipistrelli, quasi ce loimpongono. La scommessa è diven-tare un esperimento permanente digestione e un punto di riferimento alivello provinciale, regionale enazionale.

ecoturismo L’esperienza di Onferno

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L’abitato del Castello di Onferno, sulla sommità dell’imponente affioramentogessoso, e, a fianco, lezione all’aperto.

Un gruppo attrezzato per la visita della grotta.

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ecoturismo L’esperienza di Onferno

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Il progetto, chiuso nell’anno in corso, haavuto un costo totale di 582.500 euro, soste-nuto dalla Regione Emilia-Romagna(233.000), dal Comune di Gemmano(87.375) e per il resto dall’Unione Europea.La riserva ospita la maggiore colonia mistariproduttiva di chirotteri della regione e unatra le più grandi d’Italia. Nella cavità si ripro-ducono, infatti, più di 5.000 esemplari diMiniopterus schreibersii, 200-400 esemplaricomplessivamente delle specie Myotis myo-tis, Myotis blythii e Rhinolophus hipposiderose un centinaio di esemplari di Rhinolophuseuryale. La cavità, inoltre, serve da sito per illetargo e punto di sosta per Rhinolophus fer-rumequinum, Eptesicus serotinus, Pipistrelluskuhlii, Hypsugo savii, Myotis nattereri; nellevicinanze è stato rinvenuto anche Myotisemarginatus. Nel complesso 11 specie diver-se, per una comunità ricca e numerosa.Il progetto ha puntato ad ampliare l’azionedi salvaguardia dei chirotteri operata dallariserva, in particolare delle specie prioritariepresenti nel pSIC di Onferno, conservandoe migliorando gli ambienti di foraggiamentodella comunità di chirotteri della zona. Perottenere risultati duraturi, infatti, l’attenzio-ne si è concentrata sull’intero ecosistema deichirotteri, a partire dalle aree dove, durantela notte, questi animali si portano a mangia-re insetti, che sono state individuate comeprioritarie per la loro conservazione. Perincrementare la diversità e la biomassa degliinsetti disponibili, sono stati acquisiti terreninei quali è iniziato il recupero degli ambitiaperti della riserva (impianto di siepi, recu-pero di fossi di scolo, salvaguardia di ripeerbose, moltiplicazione di piante rare perstabilizzare le compagini prative). Per il con-

trollo delle zone aperte è stato sperimentatoil pascolo controllato, che non si è rivelatoeconomicamente funzionale, ma è servitocomunque a delineare indicazioni gestiona-li più corrette.L’acqua è certamente un problema nelleasciutte colline submediterranee di questoestremo lembo di Romagna e sono staterecuperate pozze temporanee, a suo tempodrenate, alla base dei calanchi, che oltre arappresentare fondamentali punti di abbe-verata per i pipistrelli, sono importanti perla salvaguardia di anfibi prioritari presentiin gruppi relittuali, come il tritone crestatoe l’ululone italico. La diminuzione dei luo-

ghi di rifugio temporaneo eriproduzione, causata dallamancanza di alberi cavi edalle ristrutturazioni degliedifici, è stata contrastatacon l’installazione di nidiartificiali e il recupero diambienti per i chirotterinon troglofili negli edifici

esistenti. I primi risultati già indicano unapossibile convivenza pacifica tra i pipistrel-li e l’uomo all’interno degli abitati. Il pianodi monitoraggio ha dato esiti di notevolelivello scientifico e interessanti indicazionigestionali. A parte qualche ovvia difficoltànella comprensione di alcune delle azioniintraprese, i momenti di contatto con la cit-tadinanza hanno avuto risvolti largamentepositivi. Grande è stata la risposta delmondo della scuola, con moltissime scola-resche coinvolte nello specifico progettodidattico, e dei tecnici che hanno frequen-tato i vari seminari. I materiali tecnici edivulgativi, da una serie di giochi a undocumentario, sono attualmente in distri-buzione e raccontano quanto è stato fatto equanto si potrebbe ancora fare in questoparticolare settore della conservazionedella biodiversità.

Dino ScaravelliDirettore

della Riserva Naturale Orientata Onferno

Il progetto Life “I Chirotteri di Onferno”DIN

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Nella maggioranza dei casi, e quindi anche nella nostra regione, le aree pro-tette sono nate per iniziativa delle istituzioni centrali, statali o regionali, e susollecitazione di gruppi di pressione costituiti per lo più da associazioniambientaliste e culturali operanti per la maggior parte nelle città, dove primache altrove è stata colta la necessità di difendere la natura ricorrendo a stru-menti speciali, come sono appunto i parchi e le riserve naturali. Si può quin-di ragionevolmente affermare che le aree protette sono il frutto di processisociali e culturali, oltre che di nuova sensibilità collettiva, che nascono al difuori e spesso molto lontano dai territori da proteggere. Anche per questaragione i parchi sono stati percepiti quasi sempre, da parte delle popolazionilocali, come qualcosa di estraneo rispetto alla loro cultura ed ai loro bisogni.Sono cioè stati sentiti e vissuti come un’imposizione illuministica provenientedall’esterno e che rispondeva a necessità che non erano le loro. Da qui la chiu-sura e il risentimento rancoroso verso l’idea del parco, vista come il simbolonegativo di una cultura cittadina imposta e sovrapposta alla cultura locale; unsimbolo di cui diffidare e quindi da respingere in nome della propria libertà,della propria storia, della propria autonoma scelta di gestione delle risorsenaturali presenti nel territorio. Rispetto al mondo agricolo queste paure, spes-so artatamente alimentate agitando lo spettro dell’esproprio e della sottrazionedelle libertà di operare, hanno agito ancora più profondamente rispetto ad altrigruppi sociali perché hanno fatto leva su retaggi culturali e pregiudizi quasiprimordiali nei confronti del nuovo.

Un nuovo rapportocol mondo agricolo

agricolturae natura

di Enzo Valbonesi

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Per rendere gli agricoltori davvero

protagonisti del futuro

delle aree protette

Il castagneto è un ambiente seminaturaledove si conciliano aspetti produttivi e valenze naturalistiche.Nella pagina precedente, un mirabileesempio di integrazione tra spazi agricoli e naturali nella collina bolognese.

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Il parco, da parte dei suoi sostenito-ri, spesso è stato presentato agli agri-coltori come una sorta di maleminore rispetto a una prospettivacomunque di declino inarrestabileper il mondo rurale o come unasorta di strumento aggiuntivo perricevere una “nuova assistenzamascherata” e non, invece, comeuna occasione di crescita personalee professionale, di valorizzazionedelle proprie attività economiche e

produttive. Con il tempo, faticosa-mente ed in primo luogo grazieall’azione di tanti bravi amministra-tori e tecnici dei parchi e di tantiagricoltori lungimiranti, le cosehanno cominciato a cambiare. Uncontributo importante in questadirezione l’hanno sicuramente datola politica agricola comunitaria,sempre di più orientata a favorirel’agroambiente e le pratiche rispet-tose degli equilibri naturali, come

agricoltura e natura Un nuovo rapporto col mondo agricolo

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Un vigneto a fine estate nel Parco StoricoRegionale Monte Sole.

La nuova politica comunitaria, riconoscendoall’agricoltura un ruolo di primaria importan-za nella conservazione dell’ambiente e dellabiodiversità, oltre a una funzione culturale edi servizio, ha aperto una nuova fase nel rap-porto tra aree protette e agricoltura. In questoquadro le numerose iniziative programmatedal parco sono il risultato della positiva colla-borazione sviluppata con agricoltori e aziendedel settore, grazie anche alle nuove opportuni-tà offerte dalle normative regionali. Un primorisultato è stato l’accordo agro-alimentare rag-giunto con dieci aziende agricole presenti nel-l’area protetta per una serie di interventi checoniugano scelte produttive e salvaguardiaambientale, favorendo un’agricoltura a bassoimpatto che riduce o elimina l’utilizzo di pre-sidi chimici, conserva nel paesaggio agrarioprati permanenti, siepi, boschetti e filari, tute-la il territorio da erosioni e dissesti, promuoveallevamenti bovini più in equilibrio con l’am-biente. L’accordo prevede anche interventi diforestazione, impianti per l’arboricoltura dalegno e realizzazioni per favorire la fruizione.

Il parco ha inoltre inserito nel proprio pro-gramma di eventi culturali la proposta di iti-nerari naturalistici ed enogastronomici attra-verso due distinti progetti. Nel primo, “I Sapo-ri dei Boschi”, vengono organizzate visite gui-date in luoghi di interesse naturalistico e pae-saggistico, che sono anche l’occasione pervenire a contatto con la storia e le tradizioniculturali del territorio e degustare i suoi pro-dotti tipici. Ogni itinerario, caratterizzato daun tema diverso, consente di visitare salumifi-ci, aziende vitivinicole, aziende biologiche eagriturismi, con gli agricoltori attivamentecoinvolti nella presentazione delle aziende edei prodotti. Il secondo progetto, “Sapore diSapere”, offre percorsi di approfondimentodedicati a periodi storici particolarmente signi-ficativi per la storia del territorio, accompa-gnati da degustazioni di ricette tipiche dellevarie epoche preparate in collaborazione conaziende agricole e ristoratori locali.Nell’ultimo anno, infine, i Boschi di Carrega ele altre aree protette parmensi hanno collabo-rato a due significativi progetti di sistema dedi-

cati al mondo agricolo. Il primo ha portato allarealizzazione di un originale raccoglitore perogni area protetta, con schede informative cheillustrano le singole realtà aziendali presenti:un moderno strumento promozionale pensatoper incrementare le opportunità di reddito inte-grativo attraverso la vendita diretta dei prodotti,il turismo rurale, un più facile accesso dei visi-tatori nelle aziende, un costante miglioramen-to dell’offerta di prodotti e della comunicazionedelle attività. Il secondo progetto si è rivolto alleaziende agricole che puntano in maniera parti-colare ad accogliere i visitatori e a diventare ele-menti importanti del sistema di fruizione deiparchi e delle riserve parmensi, sulla base di uncalendario di apertura al pubblico concordato.In queste aziende-pilota sono stati messi apunto itinerari per i visitatori, strutture e giochia tema sulle attività agricole, spazi di acco-glienza per il pubblico, materiali divulgativi einformativi.

Angelo VaniniParco Regionale Boschi di Carrega

L’impegno dei Boschi di Carrega e delle altre aree protette parmensi

Nella pagina seguente, una suggestivaimmagine aerea delle saline di Cervia, nel Parco Regionale Delta del Po.

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pure lo sviluppo dell’agricolturabiologica, dell’agriturismo e delturismo rurale più in generale.Come è logico, la stessa gestionequotidiana del territorio ha inevita-bilmente finito per mettere in rela-zione positiva il parco con gli agri-coltori attraverso i progetti a soste-gno dell’agricoltura tipica e tradizio-nale, per la creazione di marchi e laloro promozione e commercializza-zione, come è avvenuto con l’Atlan-te dei prodotti tipici dei Parchi ita-liani, curato da Slow Food. Gli agri-coltori sono così, pian piano, uscitidall’ombra e in molte realtà sonodiventati soggetti attivi e centralidella vita dei parchi, destinatari diiniziative e di giuste attenzioni daparte degli enti di gestione. Si è,insomma, compreso che l’agricoltu-ra praticata oggi nella stragrandemaggioranza dei territori interessatida aree protette è improntata su basirispettose degli equilibri naturali e,in molti casi, è essa stessa un fattoredi mantenimento della biodiversitàancora presente. È stato quindicolto l’intreccio fecondo tra attivitàagricole, paesaggio, produzionivegetali e animali tradizionali, pro-dotti agricoli e alimentari tipici,

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Il Parco Regionale Delta del Po, nato pertutelare e valorizzare uno degli ambientinaturali più interessanti di tutto il territorionazionale, da diversi anni ha avvertito l’esi-genza di individuare nuovi modelli di agri-coltura sostenibile applicabili alle aziendeagricole presenti nel suo territorio. Dal 1998il parco si avvale della collaborazione delDipartimento di Scienze e TecnologieAgroambientali dell’Università di Bologna edel Centro Agricoltura Ambiente “G. Nico-li” di Crevalcore, con la supervisione scien-tifica di Giorgio Celli. L’obiettivo è favorirela conservazione e l’accrescimento dellabiodiversità nel territorio rurale attraverso ilprogressivo passaggio da un’agricoltura ditipo tradizionale a una di tipo multifunzio-nale, in grado di incrementare le produzio-ni di qualità e garantire un futuro alle azien-de dal punto di vista economico. I piani disviluppo rurale della Regione Emilia-Roma-gna, grazie alle misure per la diffusione disistemi di produzione a basso impattoambientale e la conservazione degli spazinaturali, la tutela della biodiversità, la cura

del paesaggio, hanno consentito negli ultimianni di promuovere due importanti accordiagroambientali locali con gli operatori delsettore a Campotto e a Volano-Mesola-Goro. Per coinvolgere un numero sempremaggiore di aziende, il parco ha avviato nel2003 un nuovo progetto, sempre nella sta-zione di Volano-Mesola-Goro, che punta afavorire una migliore conoscenza reciprocatra aziende e parco e a sviluppare una mag-giore consapevolezza, da parte degli agricol-tori, delle opportunità che l’area protetta èin grado di offrire. Il progetto prevede inol-tre di promuovere esperienze produttivesulle colture più rappresentative della zonaattraverso metodologie a basso impattoambientale, incentivando l’adozione dell’a-gricoltura biologica. A partire da quest’annole aziende agricole, a garanzia dell’autenti-cità della provenienza dei prodotti e dellaqualità ambientale dell’azienda, potrannoanche avvalersi del marchio del parco per iprodotti tipici inseriti in appositi elenchi(asparago, carota, radicchio, melone, vinodel Bosco Eliceo); l’utilizzo del marchio,

disciplinato da un apposito regolamento,coinvolgerà anche le aziende ittiche.Sempre avvalendosi delle opportunità offertedai piani regionali di sviluppo rurale, il parcoha di recente messo a punto due interessanticircuiti, la Strada dei vini e dei sapori e il Cir-cuito didattico per le province di Ferrara eRavenna, che hanno consentito la valorizzazio-ne degli aspetti enogastronomici dell’area pro-tetta attraverso efficaci strategie di marketing.In cantiere c’è, infine, la pubblicazioneNuova Politica Agricola Comune. Proposteconcrete di agricoltura sostenibile e multifun-zionale nelle aree protette, tradotta in cinquelingue e fornita di un allegato multimediale,che si rivolge direttamente agli agricoltoridell’area protetta per informarli sui conte-nuti e le recenti novità della Politica Agrico-la Comune e illustrare alcune concreteazioni compiute, della quale è previstaun’ampia diffusione a livello nazionale einternazionale.

Ruggero SpadoniParco Regionale Delta del Po

I progetti per l’agricoltura sostenibile nel Delta del Po

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conservazione di spazi aperti prezio-si per mantenere il patrimonio dinaturalità ancora esistente.Possiamo quindi affermare che tuttosia risolto e che sia stata definitiva-mente costruita una nuova alleanzatra mondo rurale e aree protette? Asso-lutamente no. I passi avanti compiutinon possono essere sopravvalutati per-ché tanti ne restano ancora da farenon solo per acquisire, da parte deigestori dei parchi, il consenso deglioperatori agricoli, ma anche per offri-re prospettive più solide alle attivitàagricole e radicare le presenze umanenelle aree protette. Esse, infatti, quasisempre coincidono con i territori geo-graficamente più interni, morfologica-mente più aspri e meno redditizi sottoil profilo della produttività e quindidel reddito agricolo. Abbiamo, infatti,davanti un quadro che, per quantoconcerne l’agricoltura, è e resterà perparecchio tempo oltremodo incerto,con contraddizioni indotte da mercatimondiali sempre più aperti, da unadiversa, e per noi meno vantaggiosa,distribuzione delle risorse comunita-rie in seguito all’ingresso dei Paesi del-l’Est, da problemi strutturali resi parti-colarmente acuti, nella nostra regio-ne, dall’elevato tasso di anzianità degliaddetti e dalle difficoltà di ingresso nelsettore di nuove forze giovani. Nonbasta, anche se è molto importante,qualche progetto e investimento deiparchi a favore delle aziende agricole.Gli agricoltori devono essere posti alcentro del rapporto parchi-economia-sviluppo locale e ottenere sedi specifi-che e permanenti di confronto e diconcertazione sociale, sia per quantoconcerne la messa a punto dei pianiterritoriali che dei piani di sviluppo.Vanno creati in tutti i parchi, anche inquelli più piccoli, veri e propri “comi-tati di partecipazione” composti dairappresentanti degli agricoltori cheoperano direttamente in quei territori,per farli contare davvero e trasformar-li nei protagonisti principali del lorofuturo e, insieme, del futuro dell’areaprotetta.

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Un obiettivo strategico del progetto è crea-re un più stretto rapporto di collaborazionetra mondo agricolo e aree protette. Qualisono i primi passi necessari per arrivarci?Il progetto di sistema a sostegno dell’agricol-tura nelle aree protette modenesi prevede insintesi le seguenti fasi: un’indagine capillaredelle aziende che operano nei parchi, alloscopo di valutare le diverse situazioni, censi-re le produzioni, definirne con precisionecaratteristiche e peculiarità; l’organizzazio-ne di iniziative volte a qualificare e valoriz-zare le produzioni agropastorali tipiche; unprogramma di consulenze specialistiche disupporto alle aziende; una pubblicazioneche raccoglie, presenta e promuove i pro-dotti tipici individuati nell’ambito provincia-le; varie attività di prevenzione nei confrontidel danno faunistico, ad esempio tramite l’u-tilizzo di recinzioni temporanee per proteg-gere colture di pregio o particolarmente sog-gette al danno.Quali sono in concreto le azioni previsteper qualificare e valorizzare le produzioni?Particolarmente efficace appare la possibi-lità di far conoscere a un pubblico piùlargo e far apprezzare in modo direttoalcuni prodotti tipici, attraverso l’organiz-

zazione di quattro feste a tema e l’allesti-mento di due punti vendita all’internodelle aree protette coinvolte dal progetto.Due feste saranno dedicate alle api e almiele e si terranno nelle riserve Sassogui-dano e Salse di Nirano. Un’altra festa,dedicata alla vacca bianca modenese, saràospitata nella valle del Fellicarolo, doveancora esiste questo antico e raro ceppobovino, allevato brado in estate con alpeg-gio senza transumanza, ed è stata scopertauna interessante produzione casearia fami-liare che si vorrebbe salvare e valorizzare.Per l’occasione saranno proposte attivitàdimostrative di mungitura e di produzionedel formaggio. La Festa dei pastori, infine,si terrà a Fiumalbo, dove sarà allestito unmuseo della pastorizia e dell’agricoltura,con annesso punto vendita di formaggiolocale e prodotti provenienti dalle altrearee protette della provincia. Lo stessoavverrà nell’altro punto vendita di prodottitipici, che sarà aperto nella vecchia scuoladi Pieve di Trebbio, appositamente ristrut-turata, ai Sassi di Roccamalatina.

Intervista a Paolo Mattiolicoordinatore del progetto

Il progetto per l’agricoltura nelle aree protette modenesi

L’apicoltura è un’attività ecologicamente compatibile e molto utile all’agricoltura.

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Come avete riconosciuto e valutato i pro-dotti agroalimentari tipici dei parchi?La nostra ricerca ha riguardato 19 parchinazionali e 60 parchi regionali su tutto il ter-ritorio italiano, il 10% circa della superficiedel nostro paese. Un territorio vastissimo, cherappresenta tutta la diversità degli ambientinaturali italiani. La prima difficoltà da affron-tare è la definizione precisa dell’area di ricer-ca: in alcuni casi, ci si è limitati strettamenteai confini del parco, altre volte si è preferitoallargare il campo a tutto il territorio deicomuni facenti parte dell’ente di gestione. Siè scelto in tal modo di guardare al parcoanche come comunità umana, e ai prodotticome espressione tipica di tale comunità. Laseconda principale difficoltà, una volta indi-viduati i prodotti tradizionali di una determi-nata area, è stata di andare a scovare tuttiquelli che ancora li realizzano. Non ci siamo,infatti, limitati a una descrizione generica delprodotto: ogni specialità trattata è seguita dal-l’indicazione dei produttori attivi. E solo diquei produttori che si attengono a criteri diqualità e tradizionalità, valutati da una degu-stazione da parte dei nostri esperti.Come è organizzato l’Atlante dei prodottitipici dei Parchi dell’Emilia Romagna?Ogni parco è un capitolo a sé e ogni capitoloè introdotto da una carta gastronomica, cheillustra in breve le attività produttive dellazona, e poi, scheda dopo scheda, descrive ivari prodotti che rispondono tutti a una carat-teristica: essere specie, varietà, ecotipi vegeta-li o popolazioni animali autoctoni o beneacclimatati in un territorio specifico. Nelcaso dei prodotti trasformati, sono necessariele pratiche tradizionali locali e il legameambientale, socio-economico e storico con ilterritorio tutelato. Ogni scheda-prodotto ècompletata dall’indicazione dei migliori pro-duttori, selezionati da Slow Food.Quali sono le opportunità per consentire infuturo una sempre più efficace valorizzazio-ne delle produzioni di un’area protetta?Solo grazie al rispetto della natura e del-l’ambiente è possibile raggiungere livelli dieccellenza nelle produzioni alimentari.Tutelare l’ambiente, quindi, significa anchetutelare quei prodotti, quei saperi, quelleculture, quelle tradizioni, quelle unicitànaturali di cui l’Italia è tanto ricca. Le areeprotette, per ragioni intrinseche, possonodare una spinta molto forte alla creazione di

nuove imprese agroalimentari: dall’agrituri-smo alla crescita del biologico, dall’artigia-nato al turismo enogastronomico. Attività“nuove” che vanno a sovrapporsi e a integra-re quelle tradizionali esistenti, rappresentan-do uno stimolo per il “ritorno alla campa-gna” e una efficace valorizzazione delle pro-duzioni tipiche.Quali sono gli obiettivi che Slow Food siprefigge a livello nazionale e regionale?L’associazione Arcigola è nata nel 1986. Nel1989 venne redatto il manifesto di Slow Foode con esso prese vita l’associazione interna-zionale, come risposta al dilagare omologan-te del fast food e alla frenesia di un modellodi vita sempre più veloce e vacuo. Oggi gliobiettivi del movimento sono quelli di valo-rizzare e salvaguardare la biodiversità in Italiae nel mondo e di dare alla gastronomia ilposto di prestigio in campo culturale che lecompete. Da qui la scelta strategica di darevita a una Fondazione Internazionale per laTutela della Biodiversità, che avrà principal-mente il compito di sostenere la politica deipresidi, in particolare nei Paesi sottosviluppa-ti, dove tra l’altro la biodiversità è più ricca, edi fondare la prima Università di ScienzeGastronomiche, con sedi a Pollenzo, in Pie-monte, e a Colorno, in provincia di Parma,per formare una nuova figura professionale,oggi inesistente, che sappia coniugare scien-za e umanesimo. Per questi motivi, dopo l’ul-timo congresso tenuto a Napoli, il movimen-to si è dato la definizione di eco-gastronomi-co. Per noi significa contrastare l’omologazio-ne dei sapori, lo strapotere delle multinazio-nali e, allo stesso tempo, lavorare per unanuova agricoltura non massiva e libera dagliOgm e ridare dignità culturale al cibo, al ritolento del convivio. Noi rivendichiamo la cul-tura materiale, l’educazione del gusto, cosìcome rivendichiamo l’altro aspetto dellanostra peculiarità, che è la ricerca e l’affer-mazione del diritto al piacere.Quali sono e quali significati rivestono i pre-sidi che interessano la nostra regione?In Emilia-Romagna i presidi sono oggi 14,anche se per alcuni di loro l’iter non è com-piutamente concluso. Uno dei primi è statoquello della Mora Romagnola, il maialeautoctono e tipico della Romagna, condanna-to all’estinzione solo perché caratterizzato dauna crescita più lenta rispetto al Large White

o ad altre razze di importazione. Gli altri trepresidi legati alle razze animali sono la BovinaRomagnola, la Vacca Rossa Reggiana e laBianca Modenese Valpadana, anch’essa dram-maticamente a rischio di estinzione. Nel set-tore dei salumi i presidi tutelano la Mariolaparmigiana e piacentina, il Culatello di Zibel-lo del Consorzio Volontario dei Produttori e laSpalla Cruda, con e senza osso, la MortadellaClassica di Bologna, prodotta senza additivi econservanti, la Salama da Sugo TradizionaleFerrarese. Tra i formaggi, figura il Raviggiolodelle Foreste Casentinesi; tra i pesci il Salme-

rino del Corno alle Scale e l’Anguilla Marina-ta Tradizionale di Comacchio. L’elenco sichiude con la Pera Cocomerina cesenate e ilSale della salina Camillona di Cervia. Il signi-ficato dei presidi è molteplice. Salvare unarazza in via d’estinzione vuol dire preservarel’ambiente e non depauperare la ricchezzadella natura. Recuperare una ricetta o un pro-dotto significa conservare un sapere e un sapo-re, e regalare un piacere al palato, se questo èsufficientemente educato ad apprezzarlo. Masignifica anche costruire una filiera, in molticasi inesistente, in grado di produrre e vende-re quel prodotto, garantendo ai produttoriquella giusta remunerazione che fa sì che siscenda dal pianeta dei sogni a quello concretodell’economia.

Intervista ad Alberto Adolfo Fabbricoordinatore di Slow Food

per l’Emilia-Romagna

L’Atlante dei prodotti tipici dei parchi italiani

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Umberto Bagnaresi è morto il 13 maggio 2003, dopo un improvviso, brevericovero in ospedale. Di lui colpivano l’enorme competenza, l’esperienzainfinita, la passione che metteva nelle cose, la generosità straordinaria, inparticolare verso i giovani, la balenante ironia, la prodigiosa energia che spri-gionava la sua figura forte e rassicurante, che era inevitabile accostare a quel-la di un grande albero dei suoi amati boschi. Forse per questo nessuno, e luiper primo, ha dato peso agli acciacchi dei quali ultimamente si lamentava eche invece nascondevano la malattia che lo ha repentinamente portato viaalla famiglia, ai tanti amici, ai tantissimi che lo avevano conosciuto e apprez-zato nei vari ambiti della sua instancabile attività.La commemorazione tenuta il 23 gennaio 2004 nell’Aula Giorgio Prodi delcomplesso di San Giovanni in Monte a Bologna, organizzata da Provincia eUniversità e intitolata “L’opera di Umberto Bagnaresi: 50 anni di ricerca, inse-gnamento e impegno civile per l’ambiente e la montagna”, ha ripercorso conil contributo di vari relatori molti passaggi della sua vita accademica e profes-sionale e raccontato, con particolare delicatezza, anche aspetti più intimidella sua personalità. Chi era presente sa che nella sala, gremita di persone ditutte le generazioni, era assolutamente percepibile, negli sguardi, nel silenziodenso che accompagnava gli interventi, nella voce incrinata dei relatori, neiripetuti e quasi liberatori applausi, la commozione autentica che tutti prova-vano e l’affetto sincero che egli aveva saputo suscitare durante la sua vita.L’impressione, molto intensa, era che ognuno gli dovesse molto o qualcosa eche tutti rivivessero nuovamente in quel momento, come una dolorosa ingiu-stizia, la sua perdita.Al di là degli aspetti umani e personali, che pure sono decisivi per com-porre un ritratto completo di Bagnaresi, gli interventi hanno messo in luce

la sua importanza e originalitàcome studioso, la tenace e lungimi-rante capacità di tradurre il suosapere in progetti concreti e azionipositive per il territorio, la sua equi-librata ma per nulla subalternaconcezione del ruolo delle areeprotette, maturata negli ultimi annianche come presidente del ParcoRegionale Gessi Bolognesi eCalanchi dell’Abbadessa. In pocheparole, la sua passione semplice eschietta per la natura, che eraanche comprensione profonda egodimento estetico, sulla scorta diletture raffinate e di interessi nonsoltanto scientifici ma letterari,

Per montagne,boschi e parchi

cultura e educazione

di Mino Petazzini

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L’intensa vita

e l’improvvisa scomparsa di

Umberto Bagnaresi

Sopra, uno splendido autoritratto di Umberto Bagnaresi e, in basso, una sua immagine degli ultimi anni.Nella pagina precedente, un acquerellodedicato a un bosco alpino.

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cultura e educazione Per montagne, boschi e parchi

Lo studioso di selvicoltura

Umberto Bagnaresi è stato un paladino dellagestione sostenibile del bosco, ben prima cheambientalismo e sostenibilità catturassero l’at-tenzione della stampa e del pubblico. (...) Il suoapporto alla ridefinizione della disciplina eall’ampliamento della stessa con nuovi apportiteorici e valori naturalistici fu costantementecreativo e innovativo; fra questi alcuni si rivela-rono fondanti per la nuova selvicoltura natura-listica, per la tutela dell’ambiente, per la dimo-strazione della multifunzionalità delle areemontane e dei boschi: veniva privilegiato ilsignificato e il valore dell’albero come parteintegrante di un equilibrio biocenotico natura-le, sotto la responsabilità ed il controllo dell’uo-mo, cui dovevano essere riconosciuti non solo icompiti storici del forestale, ma un nuovo ruolodi tutela della biodiversità naturale...

Silviero Sansavini, Federico Magnani, Gianfranco Minotta

Il professore e gli allievi

Tra gli studenti della facoltà di Scienze Agrarie,il Professore aveva un certo ascendente, incu-riosiva molto, per ragioni che andavano aldilàdei meriti accademici e professionali. (...) Il suoatteggiamento nei confronti degli studenti eracomunque molto severo e per certi versi burbe-ro, in quanto era un docente esigente e rigoro-so; ricordiamo tutti le sue “mitiche arrabbiatu-re” suscitate da un’imprecisione o un ritardo...Non erano momenti facili da gestire, che veni-vano vissuti quasi come inevitabili, come partedella sua personalità solare; il paragone piùimmediato che si potrebbe fare è con una caldagiornata estiva, in cui si scatena un violentotemporale che scarica l’energia in eccesso, perpoi lasciare di nuovo il posto al sereno. (...) L’at-teggiamento del professore con i suoi studentiera anche molto amabile, essendo una di quel-le persone che credono nei sentimenti e chesono capaci di esprimerli. Ricordiamo cheaveva piacere ad essere presente nei momentipiù importanti della vita privata dei suoi colla-boratori più affezionati come ad esempio ilmatrimonio o al contrario una fase di particola-re difficoltà affettiva...

Claudia Gasparini, Monica Palazzini,Claudio Cavazza, Gian Franco Pelleri

Gli anni della progettazione

Il 1 febbraio 1959 è chiamato alla direzione delConsorzio di Bonifica Montana Alto Bacinodel Fiume Reno. Davanti a sé ha un impegnonon indifferente: costituire un efficiente ufficiotecnico-amministrativo, dotarlo di un catasto eavviarne l’attività per affrontare un territorio dioltre 130.000 ettari, a economia quasi esclusi-vamente agricola, in piena crisi, privo di infra-strutture. (...) Bagnaresi sa che l’attività dell’En-te avrà efficacia solo se troverà l’assenso e ilcoinvolgimento della gente di montagna e, per-ché ciò accada, deve guadagnarne la fiducia,

superarne l’atavica diffidenza, dare speranza.(...) In 20 anni succede l’incredibile: si proget-tano e realizzano 29 elettrodotti e 50 acquedot-ti, sono costruite 130 nuove strade e 183 sonoripristinate; si realizzano 220 interventi di siste-mazione idraulica e 265 di sistemazione idrau-lico-forestale e idrogeologica; 113 sono le azio-ni di rimboschimento, che interessano unasuperficie di quasi 2000 ettari con la messa adimora di oltre 4 milioni di piante...

Claudio Negrini

La gioia di lavorare insieme

La giacca sempre abbottonata a tre bottoni; l’e-norme borsa, vecchia e sformata, entro la qualeportava sempre tutti i possibili documenti delsuo lavoro; la sua passione per la montagna, perla roccia, per i boschi, per le “cante” montana-re, insieme interpretate a piena voce. Da lui hoimparato a conoscere luoghi splendidi - vi invi-to a visitare in Comelico la Val Visdende! - cheerano obiettivamente tali, ma che lo diventava-no di più se tu ti immedesimavi nella “sua”interpretazione delle cose! Era capace di unagioia ironica e sorridente; teneva per sé i suoidolori e li viveva meditati entro di sé come pernon disturbare gli altri; proponeva a tutti lagioia solare di “lavorare insieme” e di vivereinsieme successi e sconfitte...

Giorgio Stupazzoni

L’impegno per la montagna e il bosco

Fra i diversi incarichi e le molteplici funzioniricoperte in più istituzioni, Bagnaresi nella Promontibus et silvis ha percorso in 30 anni diappartenenza tutti i gradini; ne è stato socio,consigliere e presidente e, forse, è l’istituzioneche ha sofferto maggiormente della sua scom-parsa. (...) Essa che per lui non rappresentavaun vanto accademico-istituzionale, ma l’espe-rienza più pura della sua passione più profondae tenera per la montagna e i boschi, vale a direalmeno due fra le chiavi di apertura e lettura diquella straordinaria personalità. Personalità chesi esprimeva in modo originale e autonomoanche nei confronti di temi ampiamente dibat-tuti, ma che egli vedeva e interpretava in chia-ve originale come solo chi tanto ha vissuto eamato sa fare su ciò di cui discute.

Luigi Vannini

Bagnaresi alpinista

Umberto, Marco, Mario, Ugo, Vittorio e altri...Una dozzina, un gruppetto di ragazzini pocofuori dall’adolescenza, che criticano, sia purecon garbo, ma senza remissione, il Direttivo delClub Alpino, che ritengono formato da personeposate, sedute, poco sportive. Non sognano dipoter emulare i grandi, ma ne sono eredi spiri-tuali, vogliono, nel loro piccolo, esserne degnie lo fanno con grinta, seppur col sorriso. (...)Nessuno di noi - lo sapevamo bene fin dall’ini-

zio - avrebbe potuto emulare i grandi, perchétroppo immerso, ognuno di noi, nel pressanteimpegno di studio e di lavoro in una società inripresa dopo i danni della guerra. Ma per moltianni, sempre nel nostro piccolo, andammoricalcando quelle orme, ancora con gli stessimezzi tecnici primitivi (corde di canapa,pochissimi chiodi e moschettoni), in parteignorando, in parte snobbando il nuovo che siandava affermando e che trasformava l’eticastessa dell’andare sui monti. (...) Ma Umbertoalpinista era anche un poetico naturalista delbosco e dei monti: si soffermava a sfiorare ungermoglio, a liberare dai rovi una piantinanascente e te ne spiegava le modalità e i ritmidi accrescimento...

Mario Martuzzi

Un uomo di instancabile energia

Umberto era sempre disponibile. Non si sot-traeva alle richieste, anche se aveva semprealtre cose da fare. Magari arrivava alla riunioneda Trento trafelato e in ritardo, ma veniva ediceva la sua. Dava l’impressione di un natura-le carisma e di una instancabile energia. Nonsaprei dire quante pubblicazioni abbia fatto oispirato, ma so che ogni volta che apro un libroo un opuscolo sulla natura, la collina o la mon-tagna in Emilia-Romagna (e altrove), ecco chemi ritrovo Umberto fra gli autori. (...) Forse lasensazione di cordiale vitalità, di perenne giovi-nezza che Umberto ispirava non era più cosìfondata negli ultimi tempi. Non ci siamo accor-ti che qualcosa si era incrinato, mentre lui con-tinuava a fare finta di niente. C’erano stati isegni e non abbiamo saputo capirli, e quando lamalattia alla fine si è manifestata non siamostati in grado di opporle niente, siamo solorestati sgomenti.

Paolo Pupillo

Antologia di ricordi

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musicali, artistici e filosofici. Era,soprattutto, il segno di una mentelibera e aperta, di una tenera sensi-bilità, di un impegno civile saldo, diuna tenace volontà di contrastareogni degrado del territorio e ognirimozione dei suoi valori naturali estorici attraverso nuovi modelli digestione in grado di conservarli erenderli di nuovo attuali.Il modo migliore per ricordarlo, ci èparso quello di trarre qualche fraseda alcuni degli interventi che si sono

succeduti nel corso della commemo-razione e, infine, di dargli diretta-mente la parola, riportando i passisalienti di uno dei suoi articoli per ilnotiziario Insieme nel Parco, unostrumento di dialogo con le comuni-tà locali al quale, come ha ricordatola direttrice del parco Lucia Monta-gni, teneva in modo particolare. Perquanto breve, rispetto al suo impe-gno di una vita per la natura, l’arti-colo assume il significato di un pic-colo testamento e di un vigorosoinvito a proseguire lungo la medesi-ma strada.

Nato a Riolo Terme (RA) nel 1926,Umberto Bagnaresi si era laureato inScienze Forestali a Firenze nel 1952.Dopo un periodo presso l’Istituto Speri-mentale Selvicoltura del CNR a Firenze,diresse dal 1954 al 1959 il Consorzio Fore-stale del Comelico in Alto Cadore, un ter-ritorio con il quale mantenne un fortelegame per tutta la vita. Nel 1959 tornò inEmilia-Romagna per dirigere il Consorziodi Bonifica Montana dell’Alto Bacino delReno, poi Bonifica Reno Palata. Nel 1971divenne libero docente di SelvicolturaSpeciale e nel 1982 entrò nell’Universitàdi Bologna come professore di Silvicolturapresso il Dipartimento di Colture Arboreedella Facoltà di Agraria (che diresse dal1999 al 2001). Dai primi anni Ottanta fudirettore del Centro di Studio per la Pro-duzione di Biomassa da Colture Legnoseper l’Ambiente e le Foreste annesso alDCA. Nel decennio successivo vennenominato presidente dell’Istituto Speri-mentale di Assestamento Forestale delMIPAF a Trento e in seguito, sempre aTrento, commissario straordinario ministe-riale dell’Istituto Sperimentale di Assesta-mento Forestale. Per lungo tempo fu pre-sidente dell’associazione Pro Montibus etSilvis, la più antica associazione naturali-stica italiana, e direttore della rivista«Monti e Boschi». Nel 1996 fu nominatopresidente del Parco Regionale GessiBolognesi e Calanchi dell’Abbadessa; nel2000 divenne presidente del Centro VillaGhigi e un anno dopo vicepresidentedella Fondazione omonima.

Profilo biografico

Umberto Bagnaresi amava dipingere,come il padre, che era stato insegnanted’arte e valido pittore, oltre che compagnodi studi e amico di Giorgio Morandi. Dal28 febbraio al 21 marzo 2004, il Museo diCà La Ghironda, sulle prime colline diZola Predosa, ha ospitato un’emozionantemostra di suoi dipinti e disegni, seleziona-ti tra gli oltre 600 delle due grandi stanzedel suo studio. La mostra, curata da Clau-dio Negrini e Claudia Gasparini del Con-sorzio di Bonifica Reno Palata, ha rivelatol’alta qualità di risultati che aveva conse-guito anche in questa sua più privata pas-sione, coltivata per tutta la vita, comehanno messo in luce durante l’inaugura-zione Francesco Martani e Marilena Pas-quali. Si tratta in gran parte di paesaggicollinari e montani e scorci di bosco digrande bellezza, che colpiscono per laqualità tecnica e i colori quasi semprecaldi e solari, ma anche di altri soggetti,

tra i quali emerge uno splendido autori-tratto. Nel catalogo, che riunisce alcuneopere esposte, Francesco Martani ricordache Bagnaresi una volta gli disse «La pit-tura per me è la serenità della vita perchémi permette di positivizzare tutto ciò cheè dentro al mio animo, l’amore per lafamiglia, per i miei figli, i miei allievi eper la natura, con tutte le cose belle,magnifiche e inimitabili che contiene». Aconferma, in una sua lettera a un’allievascriveva: «Qui il cielo alterna nuvole conil sereno. Nei giorni scorsi è piovuto, manon troppo. La collina è tutto un colore:una voglia pazza di dipingere. I colori mipremono dentro ed a volte sono tentato diprendere ancora i pennelli, ma poi... Ècome una spinta erotica, indipendentedalla ragione. Comunque, me ne servoper gustare il paesaggio e per trarne sensa-zioni bellissime, come se ascoltassi dellabuona musica...».

La passione per la pittura

Due immagini di Bagnaresi giovane alpinista.

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cultura e educazione Per montagne, boschi e parchi

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Un Parco naturale viene istituito non soloper tutelare in modo passivo un’area dieccezionale interesse naturalistico, definitatale da oggettive e approfondite documen-tazioni scientifiche, ma anche per svolgerein modo coordinato una serie di attività siadi interesse generale, sia specifiche per gliabitanti che vivono entro il Parco stesso. Leprime hanno come principale obiettivoquello di far conoscere i valori tutelati atutta la società, e in primo luogo alle scuo-le e agli studiosi, nonché di favorire unaloro rispettosa fruizione per scopi ricreativie culturali. Ormai è assodato che la miglio-re conoscenza e divulgazione dei fenomeninaturali si ottiene non solo tra le pareti sco-lastiche o con la lettura di libri o con altrimoderni mezzi di comunicazione, mamediante un rapporto diretto, dal vivo. Leattività specifiche sono invece rivolte alla

popolazione locale che, nel Parco dei GessiBolognesi, vive e opera utilizzando diretta-mente o indirettamente le risorse naturaliivi presenti, in proprietà o in uso.A volte l’interesse generale può prevalere suquello dei singoli proprietari (...), ad esem-pio, per un uso agricolo o forestale impro-prio, che può provocare forti erosioni delsuolo e intasare o inquinare le cavità natu-rali presenti nelle doline piccole o grandiche alimentano la complessa e straordina-ria rete delle grotte, oggetto di accuratatutela. Analoghi rischi sussistono per il pae-saggio rurale, coronato da insediamenti,colture e incolti che ancora esprimono unostorico rapporto tra l’uomo e questo ecce-zionale ambiente naturale che racchiudepreziosi e rari elementi floristici e faunisti-ci. La tutela dei valori naturali e umani piùcaratterizzanti il territorio del Parco può

determinare limitazioni all’applicazione dialcune tecniche agricole intensive o impe-dire ingiustificate manomissioni dei centriaziendali; ma nel contempo possono essereagevolate colture e attività compatibili conle caratteristiche naturali e finalità delParco che, in questo caso, può anche forni-re garanzie per produzioni realizzate in unambiente salubre ed ecologicamente con-trollato. E ciò in un momento in cui lanaturalità dei cibi viene premiata dal mer-cato stesso.(...) La ricerca di un equilibrio tra interessidiversi non si ferma qui. Il Parco è unastruttura specializzata in grado di controlla-re in modo capillare e con specifica com-petenza situazioni di rischio e di deteriora-mento dell’ambiente naturale locale cheinteressano tutti i proprietari, agricoltori enon agricoltori, nonché di intervenire, perquanto gli compete, con segnalazioni oaltri provvedimenti idonei. Rientrano inqueste funzioni l’attività di monitoraggiodelle componenti naturali presenti nel ter-ritorio, l’azione di contenimento di ele-menti estranei e di disturbo degli equilibrie dei valori naturali esistenti, la valutazio-ne della qualità dei rapporti tra attivitàumane e ambiente. (...) Tanti, poco informati, affermano che iParchi sono strumenti di “imbalsamazio-ne” del territorio. A noi sembrano invecemoderni strumenti di stimolo per la valo-rizzazione concreta, attiva e moderna, nelquadro di una accurata e specifica tutela,di reali e permanenti valori naturali eumani che la società sta sempre piùapprezzando ed esigendo. La ricerca di unequilibrio tra diversi interessi guida sostan-zialmente la loro opera, non certo facile, egiustifica ampiamente la loro presenza eattività.

Umberto Bagnaresi

Il Parco, strumento di equilibrio di diversi interessi

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Natura e storia

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di Irene Salvaterra

L’educazioneambientale aMonteveglio

Raccontare un’esperienza educativa ormai ventennale, anche soltanto accennan-do a motivazioni, significato e portata della stessa, costringe a selezionare tra letante attività, emozioni, idee accumulate negli anni, per individuare gli elementisui quali maggiormente si fonda il carattere distintivo del progetto, che è forsenelle straordinarie opportunità educative offerte da un territorio appena un pocofuori dal comune, nel quale il tempo ha sapientemente intrecciato natura, cultu-ra, arte, rendendolo un luogo particolarmente vocato allo svolgimento dell’attivi-tà didattica.L’ipotesi di un suo utilizzo come laboratorio all’aperto per le scuole si è andataprecisando, con largo anticipo sui tempi, già nel 1985, quando il parco era anco-ra di là da venire, nella convinzione che la ricchezza della realtà non può essereridotta tra le pareti di un edificio scolastico e che per conoscere davvero il mondoche ci circonda è importante aprirsi al territorio e stabilire con esso un rapportodiretto, concreto e non episodico, esplorandolo con metodo e curiosità. Da questa importante premessa si è col tempo radicata, nel ricco tessuto scolasti-co locale, una proposta educativa e formativa che ogni anno conduce numeroseclassi (una settantina, tra materne, elementari e medie inferiori) a percorrere idiversi ambienti del parco, indagandone gli aspetti naturali ma anche quelli stori-ci, architettonici e paesaggistici. Oltre a prevedere uscite sul campo e incontri diapprofondimento in laboratorio, il progetto ha negli anni consentito di program-mare specifici momenti di consulenza e corsi di formazione per docenti e opera-tori, che collaborano spesso anche alla realizzazione di materiale didattico e mira-ti interventi sul territorio.In questo quadro il Centro di Documentazione e Didattica Ambientale di SanTeodoro è diventato, per le scuole del capoluogo e dei comuni limitrofi, un punto

di riferimento importante, dove le atti-vità di divulgazione storico-naturalisti-ca e quelle di progettazione, comepure le analisi e le proposte legate alpiano territoriale del parco, si sonoandate intrecciando alla didattica inuna dimensione di ricerca pressochépermanente. Dal confronto tra espe-rienze e competenze diverse ha cosìpreso forma un gruppo di lavoro, cheoltre all’entusiasmo e alla passione,condivide il forte interesse di operare astretto contatto con docenti, bambini eragazzi. Proprio in virtù di un impe-gnativo programma formativo, verso lafine degli anni Novanta è stato defini-to un organico metodo di studio delpaesaggio, attraverso l’utilizzo dellacartografia attuale e storica e dellefonti di storia locale, che ha consentito

Sopra, l’ingresso del castello nel disegno di un bambino e, sotto, una manifestazionedel parco davanti a San Teodoro.

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insediamenti rurali e protoindustriali,dalle trasformazioni dell’agricoltura aipiù recenti mutamenti socio-economi-ci. Le indagini, favorite da un riccorepertorio di fonti storiche a disposizio-ne delle scuole, hanno fatto maturarein maniera profonda la consapevolezzache il territorio non è una realtà immo-bile, ma il frutto di continui cambia-menti e che il paesaggio è lo specchionel quale si riflette e si misura l’agiredell’uomo nel suo perenne dialogo conla natura.La grande vitalità di questa esperien-za didattica e la complessa proget-tualità che ogni anno essa mette inscena dipendono in gran parte dallaproficua collaborazione tra docenti,esperti e alunni, ma soprattutto dallacapacità di rompere schemi operativiassodati, di accogliere l’imprevisto eritornare sui propri passi, proprio allaluce delle esperienze, delle idee edelle suggestioni che bambini eragazzi di volta in volta puntualmen-te restituiscono.

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Natura e storia

Perché un progetto sul territorio collinare?Il territorio collinare è un mosaico ambien-tale nel quale l’evoluzione naturale siintreccia mirabilmente con le vicendeumane e, da questo punto di vista, si trattadi un terreno ideale per l’educazioneambientale per quanto riguarda sia aspettinaturalistici che quelli paesaggistici e stori-ci. A partire dalle esperienze maturate negliultimi anni a Monteveglio, in collaborazio-ne con la Fondazione Villa Ghigi, chehanno visto operatori, docenti e alunniimpegnati nello studio del paesaggio colli-nare e delle fonti di storia locale, è nata l’i-dea di un confronto con le esperienze rea-lizzate in altri contesti. La presenza, nellecolline bolognesi e modenesi, di un buonnumero di aree protette e centri di educa-zione ambientale ha suggerito l’avvio diuna riflessione comune: così il nostroparco, quelli dei Gessi Bolognesi e Calan-chi dell’Abbadessa e dei Sassi di Roccama-latina, insieme alla Fondazione Villa Ghigie al Centro di Documentazione Pedagogi-co di Casalecchio di Reno, si sono ritrovatiinsieme in un progetto stimolante e coin-volgente, finanziato dal programma regio-nale INFEA.Cosa caratterizza il “Progetto Colline”?L’aspetto saliente è senz’altro il tentativo dielaborare un approccio comune al territo-rio collinare, che partendo dalle esperien-ze svolte da ciascuno, conduca a un

modello più ricco e articolato, in grado difarci compiere un passo avanti significativonella comprensione e utilizzazione per l’e-ducazione ambientale dei nostri rispettivicontesti. È una modalità che nei parchi stadiventando sempre più naturale: con inostri vicini modenesi dei Sassi di Rocca-malatina, ad esempio, siamo ormai abitua-ti a ragionare spesso insieme per la gestio-ne e la promozione di territori che possie-dono molti punti in comune. Il progettoprevede un percorso di formazione attra-verso workshop tematici che affrontano,con l’aiuto di esperti, gli aspetti naturali,paesaggistici, storici, agricoli, culturali,sociali, economici delle colline e, insieme,la sperimentazione, su un campione diclassi che partecipano alle attività deiCEA, di alcuni dei suggerimenti emersidurante gli incontri. Formazione e attivitàsul campo sono quindi costantemente col-legate e integrate. Un report finale racco-glierà in forma organizzata le riflessioni ele conclusioni del percorso e servirà a met-tere a punto le proposte didattiche per ilprossimo anno.Qual è l’aspetto innovativo del progetto?Uno degli aspetti più interessanti è senzadubbio il fatto che per la prima volta unargomento di notevole complessità vienetrattato a livello di sistema. I centri coin-volti si collocano, pur con alcune differen-ze, in un quadro ambientale sostanzial-

mente simile. La possibilità di confrontarcie interrogarci su quello che facciamo e sucome lo facciamo, è una notevole opportu-nità di arricchimento. Siamo anche con-vinti che il confronto potrà in futuro allar-garsi ad altri parchi e centri, attivando unariflessione unitaria su tutta la fascia colli-nare dell’Emilia-Romagna, che coinvolgaanche tecnici, studiosi, amministratori ecittadini.Il progetto potrebbe dunque avere delleimplicazioni anche a livello di pianifica-zione e gestione della fascia collinare?Certamente. Uno degli obiettivi più ambi-ziosi del progetto è proprio quello di stimola-re una riflessione che, uscendo dall’ambitostrettamente didattico, possa interessaretematiche di carattere più propriamente“gestionale”: la comprensione delle dinami-che evolutive che hanno caratterizzato inostri territori può infatti (o dovrebbe) rap-presentare la base su cui costruire nuovimodelli di sviluppo, meno aggressivi nei con-fronti dell’ambiente e più attenti agli aspettidella conservazione. Ecco perché speriamodi riuscire a coinvolgere nel progetto non sol-tanto chi opera nell’educazione ambientale,ma anche chi, ogni giorno, si occupa digestione del territorio e coloro che ci vivono.

Intervista a Raffaella LeonelliDirettore del Parco Regionale

Abbazia di Monteveglio

Un progetto educativo sul territorio collinare

di integrare in misura crescente i con-solidati percorsi a carattere più natura-listico, con nuovi percorsi che hannoprogressivamente consentito di metterea fuoco le notevoli potenzialità didatti-che del variegato paesaggio locale:dalla trama della viabilità storica agli

Un momento dell’intensa attività di educazione ambientale svolta nel parcoe, sotto, un volume che documenta la sperimentazione di percorsi didattici di tipo storico-paesaggistico.

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Il parco nasce dalle ferite che lo sfruttamento industriale della selenite hainferto al patrimonio ambientale e storico di un territorio fragile e prezioso.La lunga battaglia contro gli interessi di cavatori e costruttori si è conclusa nel1988 con l’istituzione dell’area protetta, alla quale ora spetta custodire, masoprattutto far “amare” questi luoghi, trasformandoli in un laboratorio del“vivere sostenibile”. A riguardo si potrebbe osservare che l’educazioneambientale non è il primo scopo di un parco, ma in realtà centrare obiettividi conservazione significa soprattutto lavorare sulla gente, far comprenderecome l’attuale benessere economico si fondi principalmente sullo sperperodel capitale naturale che appartiene ai nostri figli e nipoti. Una sfida educati-

va colossale. Dalle prime esperienze di visite guidate,che ancora rappresentano una parte non trascurabiledell’attività, cinque anni fa si è passati a un più artico-lato progetto di educazione, “Vivi il Parco”, che neltitolo sottolinea l’ambizione di promuovere una frui-zione consapevole dell’area protetta, nella quale i pro-tagonisti delle azioni educative non siano semplici“spettatori”, ma possano in seguito diventare cittadiniattivi nella tutela del territorio, avendone compreso ilvalore e l’importanza straordinaria. Il progetto, ora allasua seconda edizione, è incentrato intorno al PuntoScuola: l’ufficio che organizza l’offerta educativa delparco, indirizzando e coordinando le cooperative allequali sono affidate le attività e contribuendo alla cre-scita dei loro operatori. Il Punto Scuola, infatti, pro-getta i moduli educativi (e i relativi materiali di sup-

porto), organizza corsi per docenti e operatori, supporta e finanzia progettididattici realizzati direttamente dalle scuole, promuove le iniziative educati-ve nelle scuole del territorio. I temi delle proposte didattiche sono stati scel-ti puntando in primo luogo alla valorizzazione delle emergenze geologichee naturalistiche del parco e alla diffusione delle conoscenze sulle pratiche diagricoltura biologica. L’attività dei primi cinque anni ha riscosso un notevo-le successo, con adesioni in crescita costante del 40% ogni anno, e ha con-sentito di acquisire l’esperienza e la maturità necessarie per entrare a farparte dei Centri di Educazione Ambientale riconosciuti dalla Regione Emi-lia-Romagna. Nel frattempo sono state attivate due aule-laboratorio all’inter-no di scuole elementari, che rendono quotidiano il rapporto dei bambini conanfibi, pesci, insetti ospitati temporaneamente nella struttura. Si sta anche

cominciando a lavorare alla riqualificazione di alcuni giardini scolastici. Unacronica difficoltà è il turnover degli operatori, che purtroppo scontano unasituazione di costante precarietà. Si tratta di un problema grave e probabil-mente sottovalutato, se si considerano le tante competenze necessarie a uneducatore ambientale.Nel futuro il parco intende consolidare il rapporto con gli istituti scolastici piùattivi e sensibili, passando sempre di più da un’offerta a pioggia di pacchettididattici alla coprogettazione di percorsi educativi, con un occhio ai processidi Agenda 21 locale. Per farlo è indispensabile consolidare la collaborazionecon gli operatori più preparati, motivati e dotati, che devono poter vivere delproprio lavoro. Strategica appare anche la scelta di sviluppare le aule-labora-torio, che consentono di moltiplicare le risorse (il 50% del costo degli opera-tori è sostenuto dalla scuola) e creano un terreno fertile per la realizzazione diprogetti educativi condivisi e la sperimentazione di metodiche innovative.

Natura e storia

L’educazioneambientale nei

Gessi Bolognesidi Nicola Zanini

Parco Regionale Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa

Sopra, un curioso cartellone dedicato dai bambini ai chirotteri che vivono nellegrotte del parco e, in alto, panorama della valle cieca del fosso dell’Acquafredda.

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Nuovi reperti dalla Riserva NaturaleGeologica del PiacenzianoNello scorso inverno, in seguito alleabbondanti nevicate e piogge, si sonoverificati diversi crolli nelle aree calanchi-ve della riserva che hanno permesso direcuperare, grazie alla collaborazione dialcuni paleontofili, numerosi resti fossilidegli organismi marini che, tra 5,3 e 1,5milioni di anni fa, popolavano il “GolfoPadano”. Tra i reperti, per rarità e interes-se, spicca un guscio interno, probabil-mente riferibile al cefalopode Sepia offici-nalis, rinvenuto da Paolo Umili e Gianlu-ca Raineri, direttore della riserva, nellastazione n. 8 (Calanchi di Monte Padovae di Monte Falcone). Il reperto è attribui-bile alla successione sedimentaria deposi-tatasi tra i 3 e 2,7 milioni di anni fa, nelperiodo non a caso noto, in ambito scien-tifico internazionale, con il termine diPiacenziano (Pliocene medio).

Una nuova specie di orchidea nelle Foreste CasentinesiL’orchidea Listera cordata, nuova per laprovincia di Forlì-Cesena, è stata rinvenu-ta per la prima volta nel maggio del 2001nei pressi di Monte Gemelli. La specieprotetta presenta pochissimi popolamentiin regione distribuiti in particolare nelleprovince di Parma, Reggio Emilia eModena. A tipica distribuzione circumbo-reale, cresce nei boschi di conifere,soprattutto di abete rosso. Il rinvenimentoè avvenuto a circa 1000 m di quota, in unrimboschimento artificiale a prevalenzadi pino nero, con presenza di faggio eabete bianco. Nei due anni successivi laspecie non è stata ritrovata, ma in basealla sua particolare ecologia non è daescludere un futuro rinvenimento nellamedesima stazione. Per ulteriori informa-zioni: M. Sirotti, M. Milandri («Quader-no di Studi e Notizie di Storia Naturaledella Romagna», n. 17, 2002).

Una stazione di Fritillaria tenellaai Laghi Suviana e BrasimoneNel corso di un’indagine svolta nel 1998per la redazione della carta della vegeta-zione del parco, in collaborazione conl’Università di Bologna, sono state rilevatealcune specie di pregio naturalistico, trale quali Fritillaria tenella, una bulbosarara a livello nazionale e regionale, pro-tetta dalla L.R. 2/77 e in precedenzasegnalata solo per le province di Piacenzae Parma. La stazione della specie, situataa circa 1000 m di quota, confermata emonitorata anche negli anni successivi,nel corso del 2003 è stata purtroppo in

parte danneggiata dai cinghiali. Per ulte-riori informazioni: R. Fariselli, M. Sirotti,M. Speranza (Atti del 94° Congresso dellaSocietà Botanica Italiana, Ferrara 1999).

Il picchio nero a Sasso FratinoNel Parco Nazionale delle Foreste Casen-tinesi, Monte Falterona e Campigna èstata di recente confermata la presenzadel picchio nero (Dryocopus martius),una specie che in Italia si trova al margi-ne meridionale del suo areale eurasiatico.La scoperta, in un habitat adatto ma lon-tano da quelli già noti delle Alpi e delcentro sud, conferma la tendenza dellaspecie a una lenta espansione in Europa.Nella scarsa e frammentata popolazioneappenninica, residuo di origine postgla-ciale, si tratta di un ritrovamento biologi-camente molto significativo. La prima

Notizie

segnalazione certa, ai margini della Riser-va Integrale di Sasso Fratino, risale aldicembre del 2000. Nel corso del 2003una femmina attirata dai richiami deiricercatori e altre segnalazioni hanno con-fermato la presenza stabile della specie.Per ulteriori informazioni: P. Ceccarelli,N. Agostini, M. Milandri («Rivista Italia-na di Ornitologia», n. 73, 2003).

Il pelobate fosco in tre aree del DeltaIl pelobate fosco (Pelobates fuscus insubri-cus) è una sottospecie endemica della Pia-nura Padana, propria di habitat umidid’acqua dolce con substrati sabbiosi circo-stanti, con popolazioni ormai estrema-mente frammentate. Segnalato negli anniSessanta nella sola Pineta di Classe, èstato di recente rilevato in tre diverse areedel Delta del Po (Bardello, Pineta di Clas-se, Bosco della Mesola) grazie a una ricer-ca condotta dal Museo Civico di Storia

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Naturale di Ferrara per la Provincia diRavenna e il Parco Regionale Delta delPo. Il ritrovamento di questo interessanteanfibio anuro, dalle abitudini fossorie,non fa che accrescere il già elevatissimovalore di biodiversità della vasta area pro-tetta deltizia. Per ulteriori informazioni:S. Mazzotti, R. Penazzi, L. Lizzio («Qua-derno di Studi e Notizie di Storia Natura-le della Romagna», n. 17, 2002).

Una nuova specie ittica a Punte AlbereteDurante una campionatura della faunaittica condotta nel 2002 dalla Provinciadi Ravenna a Punte Alberete, è stata rile-vata la presenza del cobite mascherato(Sabanejewia larvata), un elusivo pescio-lino che vive sul fondo di piccoli specchid’acqua dolce ricchi di vegetazione. InEmilia Romagna la specie era nota sol-tanto per il Po e la segnalazione di unapopolazione vitale di origini naturali, l’u-nica a sud del Po in Italia, è di particola-re rilevanza. A Punte Alberete, uno deiluoghi meglio conservati della fasciacostiera ravennate, il cobite mascheratopotrebbe essere sempre stato presente,ma mai rilevato in precedenza, comerelitto dell’antico delta del fiume che sisviluppava nell’area. Analoga ipotesi èstata fatta per la rana di Lataste (Ranalatastei), che per distribuzione e isola-mento presenta numerose analogie conla specie precedente. Il cobite è una spe-cie endemica ad areale limitato, conside-rata vulnerabile dal Libro Rosso dellaFauna d’Italia e tutelata dalla Direttiva92/43/CEE. Per ulteriori informazioni:M. Costa, G. Lazzari, L. Penazzi («Qua-derno di Studi e Notizie di Storia Natu-rale della Romagna», n. 17, 2002).

Una ricerca sulle testuggini comunidel Bosco del MesolaNel Parco Regionale Delta del Po ilMuseo Civico di Storia Naturale di Ferra-

ra e il Dipartimento di Biologia dell’Uni-versità di Pavia stanno studiando la testug-gine comune (Testudo hermanni) delBosco della Mesola, una specie ormai raranel nostro paese. Grazie alle tecniche diradiotelemetria si è potuto verificare che,a causa del sottobosco intensamente bru-cato dai daini, i rettili per nutrirsi sonocostretti a percorrere notevoli distanzerispetto ad altre popolazioni del Mediter-raneo. Le catture periodiche hanno pur-troppo evidenziato una scarsa presenza diindividui giovani, legata all’eccessiva pres-sione predatoria a carico di uova e giovaniappena nati. L’esame del DNA ha rileva-to che la popolazione emiliano-romagno-la è geneticamente più vicina alle popola-zioni balcaniche che a quelle tirrenichedella nostra penisola. Per ulteriori infor-mazioni: S. Mazzotti (A. Pisapia e M.Fasola («Amphibia-Reptilia», n. 23,2002).

Nuove specie di pipistrelli nei Gessi BolognesiNella scorsa estate, alla check list dei pipi-strelli troglofili del parco si sono aggiuntetre nuove specie, portando il totale a tre-dici. Nell’ambito di uno studio delle areedi rilevanza carsico-naturalistica, sonostati installati sistemi a fotocellula percontrollare il flusso dei chirotteri che uti-lizzano le cavità e dai dati è risultato evi-dente che alcuni animali sfuggivano aicontrolli visivi, uscendo molto tardi erientrando ben prima dell’alba. I ricerca-tori hanno eseguito catture in grotte e inorari diversi da quelli degli anni prece-denti, arrivando all’individuazione delvespertilio smarginato (Myotis emargina-tus) e dei vespertili di Bechstein (M. bech-steini) e Daubenton (M. daubentoni). Laterza specie era già segnalata in provincia,mentre per le prime due, inserite nell’Al-legato II della Direttiva Habitat, si trattadi segnalazioni nuove per il bolognese.Grande emozione tra i ricercatori hannosuscitato soprattutto gli esemplari divespertilio di Bechstein, una specie rite-nuta molto rara in Italia e segnalata solopochissime volte nell’arco di un secolo.Le tre specie, generalmente associate aformazioni forestali mature o edifici, nelparco utilizzano le cavità anche in pienaestate e si nascondono in strette fessureche rendono pressoché impossibile perce-pirne la presenza.

Un raro coleottero a Ponte TaroNell’Allegato II della Direttiva Habitatlo scarabeide Osmoderma eremita èsegnalato da un asterisco, a indicare chela sua conservazione è prioritaria perl’Europa. Nel parco è stato di recentescoperto grazie a due appassionati ento-mologi, Giuseppe Porfilio e StefanoSalsi, intenti a raccogliere materiale per

alcune piccole teche del Centro Visitadella Corte di Giarola. Nel marzo del2002, perlustrando un filare di vecchisalici capitozzati in località Ponte Taro,a breve distanza dalla via Emilia, sonostate rinvenute le prime tracce: escre-menti di maggiori dimensioni ma diaspetto simile a quelli della comunecetonia dorata, che spesso condivide lastessa nicchia ecologica; nel materialeosservato anche una decina di bozzolilarvali parassitati, frammenti di elitre diadulti, un bozzolo ninfale intatto e duelarve a uno stadio incompleto di accre-scimento. Il tutto lascia intendere che visiano stati problemi di parassitosi (attac-chi di muffe e altri funghi) e danni cau-sati dal coleottero Elater ferrugineus.Sono in corso approfondimenti per veri-ficare altre stazioni di presenza e consi-derarne gli aspetti di conservazione.

La comunità di Odonati lungo ilNaviglio TaroDa tre anni Massimo Salvarani si occu-pa delle libellule del Naviglio Taro, unimportante canale irriguo che deriva leacque dal fiume a Ozzano Taro e neltratto iniziale scorre parallelo al Taroper alcuni chilometri, attraverso areeboscate che danno vita a una successio-ne di habitat differenziati. Le ricerche,presentate in anteprima al simposiodella società tedesca di Odonatologia aWorm, sono il tema della tesi che lo stu-dente discuterà presto al Museo di Sto-ria Naturale dell’Università di Parma.Le specie segnalate, attraverso la deter-minazione di larve, exuvie ed esemplariadulti, sono attualmente 12: Calopterixsplendens, Chalcolestes viridis, Platycne-mis pennipes, Enallagma cyathigerum,Aeshna cyanea, Anax sp., Stylurus flavi-

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pes, Gomphus vulgatissimus, Onycho-gomphus forcipatus unguiculatus,Ophiogomphus cecilia, Orthretrumbrunneum, Sympetrum pedemontanum.Lo studio si prefigge anche di analizzarela comunità di Odonati sotto il profiloriproduttivo, focalizzandosi sulla diffe-rente selezione del substrato da parte diciascuna specie.

La Riserva Naturale Orientata diOnferno raddoppia di superficieAlla fine del 2003 si è positivamente con-cluso, con una delibera del consiglio regio-nale, l’iter di modifica del provvedimentoistitutivo della riserva, che passa così da129,30 a 259 ettari. I confini dell’area pro-tetta ora coincidono per intero con il peri-metro del pSIC “Onferno IT4090001”, sot-toponendo a tutela ulteriori ambiti di rico-nosciuto valore locale e regionale, con spe-cie vegetali e animali di importanza priori-taria. Tra le piante emergono specie floristi-che rare e protette, come Cistus incanus,Dianthus balbisii, Ophrys bertolonii, men-tre tra gli animali sono da segnalare un’im-portante popolazione di ululone italico(Bombina pachypus) e la peculiare presen-za di varie specie di chirotteri. Tra gli habi-tat ricompresi nella riserva spiccano quelliecotonali, i più ricchi per diversità floristica,e gli xerobrometi, che ospitano numeroseorchidacee.

Il nuovo perimetro e la nuovadenominazione del Parco RegionaleAlta Val Parma e CedraCon l’istituzione del Parco Nazionaledell’Appennino Tosco-Emiliano, partedel preesistente Parco Regionale AltaVal Parma e Cedra, in particolare il ter-ritorio del Comune di Corniglio (PR), èconfluita nell’area protetta nazionale.Con la Legge Regionale n. 7/2004 si èprovveduto alla riperimetrazione delparco regionale parmense, istituito nel1995, con la nuova denominazione diParco Regionale delle Valli del Cedra edel Parma.

Un accordo per la salvaguardiadegli affioramenti gessosi sullecolline di Zola PredosaIl Parco Regionale Gessi Bolognesi eCalanchi dell’Abbadessa tutela solo unaparte dei gessi messiniani presenti nellaprovincia di Bologna. Oltre che nellaspettacolare “Vena del Gesso” tra bolo-gnese e ravennate, dove è prevista l’isti-tuzione di una nuova area protetta, nelterritorio provinciale, infatti, la seleniteaffiora in varie località dei comuni diBologna, Casalecchio di Reno e ZolaPredosa (Gaibola, Monte Donato,Monte Capra, Monte Castello, Gesso),con importanti cavità, come la grottaMichele Gortani, ben note agli speleo-logi. Per quanto nel bolognese non esi-stano più cave attive, dopo gli scempidel dopoguerra, la consapevolezza dellanecessità di una migliore salvaguardiadelle più significative aree carsiche al difuori dell’area protetta ha portato ilParco Regionale e il Comune di ZolaPredosa a sancire l’avvio di una collabo-razione per impostare nuove forme diprotezione e gestione degli affioramentiselenitici del territorio comunale, conprogetti congiunti di tutela di specie ani-mali e habitat caratteristici e iniziativedi educazione ambientale per scuole ecittadini.

Il Museo e Centro Visitatori dellaRiserva Naturale Bosco di ScardavillaLa piccola riserva naturale forlivese,molto attiva nel campo della ricercacome pure in quello della divulgazionee dell’educazione ambientale, ha nel2003 inaugurato il Museo di Ecologia eCentro Visitatori “Mirco Bravaccini”.La struttura, ospitata nella Chiesa delSasso di via alla Rocca, nel centro diMeldola, si compone di un museo natu-ralistico, con reperti geologici e floro-faunistici sulla riserva, la Romagna geo-grafica e l’Italia alpina, appenninica einsulare, di un attrezzato spazio per atti-vità didattiche, conferenze, workshop emostre temporanee e di uno sportelloambientale dedicato alla riserva e alle

altre aree protette provinciali, regionalie nazionali.

Un percorso davvero accessibile a tutti nella Cassa di Espansionedel Fiume SecchiaDa sempre attenta a rendere accessibile atutte le categorie di utenti l’area protetta,la riserva ha avviato a partire dal 2000 unaserie di interventi a questo scopo. Il primoè stato la realizzazione di un terrapienoper consentire anche ai disabili il supera-mento dell’argine, che ha assunto la fun-zione di “porta di accesso per tutti allaRiserva”. In seguito si sono aggiunti un“percorso pensile” per il birdwatching,concluso da un pontile sull’acqua, e unaserie di elementi che completano il cir-cuito di visita, con una rampa di discesaall’interno della cassa percorribile dallecarrozzine che consente di raggiungerel’inizio del percorso pensile. Per favorirela mobilità all’interno dell’area protettadei visitatori con handicap motori, lariserva si è da poco dotata di una specialecarrozzina elettronica con un’autonomiadi una ventina di chilometri, in grado diaffrontare pendenze superiori al 10%. Ilprogetto, presentato al concorso di ideeNaturalmente accessibile, promosso daFederparchi e Enel, ha ricevuto una men-zione speciale durante la premiazionesvoltasi a Roma il 30 marzo scorso.

L’interramento delle lineeelettriche alla Rupe di CampotreraIl Comune di Canossa sta terminando unimportante intervento di mitigazione pae-saggistica che ha comportato l’interra-mento di un tratto di 300 m circa di unelettrodotto da 15.000 volt nel settore set-tentrionale della riserva. La linea, soste-nuta da pali in cemento, è di forte impat-to visivo e ha causato gravi danni all’avi-fauna, con frequenti casi di elettrocuzio-ne e ferimenti o morti da impatto. L’in-tervento è parte di un progetto di sistema

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sui criteri e le metodologie di inserimentopaesaggistico di queste e altre infrastruttu-re che ha coinvolto anche altre aree pro-tette (Sassi di Roccamalatina, Alto Appen-nino Modenese, Alto Appennino Reggia-no, Valli del Cedra e del Parma) e si con-cluderà nel prossimo settembre con unapubblicazione sulle tematiche affrontatee gli interventi attuati.

Un sentiero geologico tra il Castello di Rossena e la Rupe di CampotreraNel novembre del 2003 è stato inaugura-to il Sentiero Geologico del Rio dellaFornace, che collega il castello di Rosse-na al fondovalle dell’Enza percorrendola strada vicinale che costeggia la riserva.Il primo tratto, che conduce alla cosid-detta “Cava Piccola”, un vecchio frontedi cava abbandonato negli anni Sessanta,è attrezzato con cartelli didattici che illu-

Cimone, dove è collocata la stazione diricerca.

Una mostra e quattro itinerarigeologici nei Gessi BolognesiDallo scorso febbraio il Museo Cappellinidell’Università di Bologna ospita unamostra, curata dai geologici Marco Samie Gianluca Raineri, sulle emergenze geo-paleontologiche dell’area protetta. È unodei risultati del progetto integrato “DaMare a Mare”, curato dal parco e dall’ate-neo bolognese, che ha anche visto la rea-lizzazione di quattro itinerari geologicinel parco, dotati di una specifica segnale-tica.

Vandana Shiva alla Corte di GiarolaLa fisica ed economista indiana VandanaShiva è ormai popolare anche in Italia perle sue campagne contro le multinazionalie i loro brevetti sui semi di piante chedanno nutrimento ai popoli del Sud delmondo. Tra i più importanti esperti mon-diali di ecologia sociale, ha scritto testifondamentali come Monoculture dellamente e il recente Le guerre dell’acqua.Nello scorso ottobre è stata premiata aParma nell’ambito della manifestazioneScritture d’acqua, che annualmente cele-bra personaggi che hanno a che fare conquesto tema. Nell’occasione è stata invita-

prodotti tipici dei parchi, ai quali si èaffiancato un ricco programma di con-vegni, incontri, spettacoli teatrali, ani-mazioni per adulti e bambini, mostre,inaugurazioni di strutture e sentieri,escursioni a piedi e in bicicletta alla sco-perta delle aree protette regionali.

Un convegno sulle Zone diProtezione Speciale alla Corte diGiarolaIl nutrito programma del convegno, tenutolo scorso 22 maggio nella sede del ParcoFluviale Regionale del Taro durante la Set-timana Europea dei Parchi, ha offerto uncontributo significativo sugli strumenti nor-mativi e le esperienze di ricerca scientificafinalizzate alla conservazione e gestionedelle specie ornitiche di interesse conserva-zionistico. L’appuntamento ha coinciso conl’inaugurazione della stazione di inanella-mento del parco per l’attuazione del pro-getto PRISCO, promosso dall’IstitutoNazionale per la Fauna Selvatica.

Il convegno “Parchi e Svilupposostenibile: dalle parole ai fatti”Il convegno, tenuto a Reggio Emilia il 29maggio scorso, è stato organizzato dal ParcoRegionale Alto Appennino Reggiano nelcorso della Settimana Europea dei Parchi,con un prologo il giorno precedente aRamiseto, per la presentazione dei progettie delle imprese finanziate dal fondo per losviluppo sostenibile del parco. Il program-ma ha offerto una articolata rassegna deiprogetti e delle esperienze in atto in Emilia-Romagna su questo tema, con utili riferi-menti ad altre esperienze nazionali e alpanorama europeo.

Hanno collaborato Nevio Agostini,David Bianco, Duilio Cangiari, Anto-nella Lizzani, Costanza Lucci, GianlucaRaineri, Giancarlo Tedaldi, FrancaZanichelli.

ta a conoscere il Taro, con i suoi gioiellinaturali e le sue sofferenze: ha visitato l’e-sposizione Sotto il segno dell’Acqua nellaCorte di Giarola e assaggiato le verdurebiologiche dei produttori locali, trasmet-tendo una grande carica a tutti quelli cheoperano nel parco.

La Settimana Europea dei Parchi in Emilia-RomagnaDal 22 al 30 maggio, nei parchi, nelleriserve naturali e nelle aree di riequili-brio ecologico della regione, è statafesteggiata la Settimana europea deiParchi, indetta come ogni anno daEuroparc, l’associazione che riunisce iparchi europei, e in Italia da Federpar-chi. Sabato 29 maggio in tutti i capo-luoghi di provincia, con la collaborazio-ne di Federgev e il coinvolgimento divarie associazioni ambientaliste e cultu-rali, sono stati allestiti spazi espositivi einformativi e laboratori del gusto sui

strano le principali caratteristiche geolo-giche e ambientali di questo particolaresettore dell’area protetta. Nell’occasioneil castello di Rossena ha ospitato un con-vegno sulle ofioliti di Campotrera, con lapartecipazione di tecnici, esponentiregionali, docenti universitari, durante ilquale è stata presentata la carta degli Iti-nerari geologico-ambientali del territoriocanossano, curata dalla Regione Emilia-Romagna.

Il sentiero dell’atmosfera nell’Alto Appennino ModeneseNello scorso giugno il parco ha inaugura-to un originale percorso tematico dedica-to all’atmosfera e ai cambiamenti climati-ci, frutto della collaborazione con l’Istitu-to di Scienze dell’Atmosfera e del Climadel CNR e il Servizio Meteorologico del-l’Aeronautica Militare. Il percorso, chetocca vari punti di interesse, si sviluppa daPian Cavallaro sino alla vetta del Monte

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Le tragiche vicende belliche e laricchezza naturale di Monte SoleDodicesimo volume della collana sulle areeprotette regionali, la monografia raccontain modo esauriente la storia antica e quellapiù recente di un territorio sconvolto dallaviolenza nazifascista e, insieme, mette inluce lo straordinario patrimonio di biodiver-sità custodito dai rilievi tra Setta e Reno.Nella parte finale sono segnalati alcuni luo-ghi di rilievo storico o naturalistico e i prin-cipali itinerari dell’area protetta, tra i qualispicca quello del “Memoriale”, che collegamolte delle località devastate dalle azioni dirappresaglia tedesche. I testi del volume,curati dalla Fondazione Villa Ghigi, siavvalgono dei contributi di vari naturalisti estorici bolognesi, tra i quali lo studioso dellaResistenza Luigi Arbizzani, di recentescomparso, che ha scritto un denso capitolosulla brigata Stella Rossa e gli eccidi del-l’autunno 1944. Il ricco corredo fotograficosugli aspetti ambientali e culturali delparco, è completato da numerose fotografiedei primi decenni del Novecento e delperiodo bellico.Parco Storico Regionale di Monte Sole, acura della Fondazione Villa Ghigi, RegioneEmilia-Romagna, Editrice Compositori,Bologna 2003.

La flora di altitudinedell’Appennino tosco-emilianoIl volume, frutto di un lungo e appassio-nato lavoro da parte di alcuni tra i più sti-mati botanici che operano nella regione,presenta in maniera rigorosa lo stato delleconoscenze sulla flora che vegeta negliambienti di altitudine del tratto appenni-nico tra i passi della Cisa e della Collina.Nel lavoro gli amanti della montagna e ibotanici che studiano questi ambientipossono trovare un elenco floristico com-pleto e 125 schede, corredate da belle fotoe disegni, sulle specie più caratteristiche,rare, incluse nella flora protetta regionaleo di interesse fitogeografico che si incon-trano in pareti rocciose, praterie d’altitu-dine, vallette nivali, brughiere a mirtilli,torbiere e ruscelli. Di particolare interessesono le considerazioni degli autori ai finidella tutela di questo importante patrimo-nio di biodiversità. Il capitolo introduttivocomprende una ricostruzione storica del-l’esplorazione floristica, le cui originirisalgono al secolo XVI, a conferma delfascino di questi ambienti.A. Alessandrini, B. Foggi, G. Rossi e M.Tomaselli, La flora di altitudine dell’Ap-pennino tosco-emiliano, Regione Emilia-Romagna, 2003.

La Guida Oro del Touring ClubItaliano sulle Aree Protettedell’Emilia-RomagnaPubblicato nella primavera del 2003, l’agilevolume, riccamente illustrato, è un moder-no e aggiornato compendio dei parchi edelle riserve regionali e un utile strumentoa disposizione dei turisti evoluti per stabilireun primo contatto con le varie realtàambientali. La sezione introduttiva presen-ta il progressivo sviluppo del sistema regio-nale, le scelte strategiche, gli elementi nor-mativi, gli obiettivi più importanti e i prin-cipali temi gestionali. L’ampia sezione cen-trale illustra, una dopo l’altra, le aree protet-te, soffermandosi sugli aspetti naturali o cul-turali peculiari di ciascuna. Il volume sichiude con un’appendice di informazionipratiche e bibliografiche. Gli accurati testi ela cartografia, messi a punto dalla Fonda-zione Villa Ghigi, e il ricco corredo icono-grafico si sono avvalsi dell’ampia collabora-zione di tutti i parchi e le riserve regionali.Aree Protette dell’Emilia-Romagna, a curadella Fondazione Villa Ghigi, RegioneEmilia-Romagna, Touring Club Italiano,Milano 2003.

Il pieghevole sulla RiservaNaturale Orientata Rupe diCampotreraÈ l’ultimo dei 27 pieghevoli sui parchi ele riserve naturali dell’Emilia-Romagna.Come di consueto curato dalla Fondazio-ne Villa Ghigi, riassume le principalinotizie naturalistiche e storiche su questaarea protetta di recente istituzione, abreve distanza dai castelli di Rossena eCanossa. Una dettagliata mappa e unaserie di punti di interesse accompagnanoil visitatore lungo il principale itinerariodi visita allestito sulle pendici del rilievoofiolitico.

La nuova edizione del pieghevolesui Parchi e le Riserve Naturali dell’Emilia-RomagnaPubblicato all’inizio del 2003, l’elegantepieghevole, ricco di informazioni e foto-grafie, presenta sinteticamente il sistemadelle aree protette regionali, fornendo lenotizie salienti e una piccola mappa delle27 aree protette regionali. Curato dallaFondazione Villa Ghigi, è disponibileanche in versione inglese e tedesca.

Storia, curiosità naturali e ricerchenel Bosco della FrattonaIl volume, tredicesimo della collana dimonografie sulle aree protette regionali,presenta il piccolo lembo boscato sui

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primi rilievi a ovest di Imola, preziosatestimonianza dell’antico paesaggio fore-stale della collina, che verso la fine diogni inverno regala spettacolari fiorituredi bucaneve. Nell’area spiccano piccoliaffioramenti delle Sabbie di Imola, daiquali il geologo imolese Giuseppe Scara-belli trasse nel corso dell’Ottocento restidi grandi mammiferi terrestri e reperti delPaleolitico inferiore. Il volume, curato dalla Fondazione VillaGhigi, raccoglie i contributi di vari natu-ralisti impegnati in ricerche sulla riserva enei programmi di gestione della stessa.L’ampio capitolo storico ricostruisce lecomplesse vicende che hanno consentitoal bosco di arrivare sino a noi.Riserva Naturale Orientata Bosco dellaFrattona, a cura della Fondazione VillaGhigi, Regione Emilia-Romagna, Editri-ce Compositori, Bologna 2004.

Gli alberi monumentali in Emilia-RomagnaIl volume raccoglie una ricca selezionedelle fotografie raccolte per il concorsofotografico e la mostra Giganti protetti.Gli alberi monumentali in Emilia-Romagna, allestita nel 2002. Il reperto-rio fotografico, frutto dell’attenta e sen-sibile ricerca dei partecipanti, si è rive-lato una preziosa opera di documenta-zione del valore naturale e culturale deigiganti arborei presenti nella nostraregione, visti come elementi significati-vi dell’ambiente e del paesaggio, maanche come protagonisti di un pezzodella nostra storia, superstiti di paesaggiperduti e di persone e comunità chehanno saputo riconoscerne l’importan-za e salvaguardarli.Giganti protetti. Gli alberi monumentaliin Emilia-Romagna, a cura di T. Tosettie C. Tovoli, Istituto per i Beni ArtisticiCulturali e Naturali della Regione Emi-lia-Romagna, Editrice Compositori,Bologna 2002.

Il catalogo della mostra“Biodiversità in Emilia-Romagna”Il volume raccoglie i testi e l’iconografiadella mostra realizzata nell’ottobre del2002 dal Museo Civico di Storia Naturaledi Ferrara con il sostegno del Servizio Par-chi e Risorse forestali della Regione Emi-lia-Romagna. Il catalogo ripercorre fedelmente il per-corso espositivo, frutto della collaborazio-ne di specialisti di varie discipline, eaccompagna in un lungo viaggio nellabiodiversità dalla scala planetaria sino aquella regionale, soffermandosi sugliambienti più vicini a noi come il crinaleappenninico e l’area deltizia e proponen-do interessanti riflessioni sulle tematicheecologiche e conservazionistiche e sullagestione sostenibile del territorio.

Biodiversità in Emilia-Romagna. Dallabiodiversità regionale a quella globale, acura di S. Mazzotti, Museo Civico di Sto-ria Naturale di Ferrara, Regione Emilia-Romagna, 2003.

Un volume sulle aree carsichegessose in ItaliaChi ama il gesso e gli straordinari feno-meni carsici a esso associati può trovarele principali informazioni sulla sua dis-tribuzione in Italia e la sua importanzanaturalistica, paleontologica e archeolo-gica nell’accurata monografia presenta-ta in occasione del simposio internazio-nale “Le aree carsiche gessose nelMondo: la loro protezione e la fruizioneturistica” (agosto 2003), organizzato dalParco Regionale Gessi Bolognesi eCalanchi dell’Abbadessa insieme alGruppo Speleologico Bolognese. Ilvolume si richiama al primo e unicolavoro scientifico sull’argomento, Feno-meni carsici nelle regioni gessose d’Italia,curato dal geologo Olinto Marinelli nel1917, e riassume a quasi un secolo didistanza, con il contributo di oltre tren-ta specialisti, lo stato delle conoscenzescientifiche sui fenomeni carsico-spe-leologici. Al volume, che nella secondaparte segnala e descrive in modo pun-tuale gli affioramenti presenti in ogniregione d’Italia, è allegata una cartadelle emergenze gessose italiane.Le aree carsiche gessose d’Italia, a curadi P. Forti e G. Madonna, Parco Regio-nale Gessi Bolognesi e Calanchi del-l’Abbadessa, Memorie dell’Istituto Ita-liano di Speleologia, 2003.

L’affascinante storia di MonteveglioNegli anni scorsi il Parco Regionale del-l’Abbazia di Monteveglio ha affiancatoalla struttura del centro parco, collocatanell’antico complesso rurale di San Teo-doro, un centro visita ospitato nei sugge-stivi locali del torrione trecentesco delcastello. Il percorso espositivo racconta levicende del castello medievale e dellamillenaria pieve, con un ampio ricorso aimmagini e documenti storici e una parti-colare attenzione per gli aspetti ambienta-li e paesaggistici. Nel 2003 il parco hapubblicato il catalogo: un agile libretto,apprezzato dai visitatori e dagli stessi abi-tanti, che ricostruisce in modo sintetico epreciso l’evoluzione del territorio monte-vegliese dall’epoca etrusca e romana sinoai nostri giorni.Il Centro Visita del Castello di Monteve-glio. Una storia per immagini del territoriomontevegliese attraverso i secoli, a curadella Fondazione Villa Ghigi, ParcoRegionale dell’Abbazia di Monteveglio,2003.

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Una nuova collana naturalistica nei Boschi di CarregaIl parco ha di recente avviato una nuova col-lana naturalistica per far conoscere a unpubblico più ampio i risultati di alcuneindagini scientifiche compiute nell’areaprotetta: Flora e Ambienti nel Parco Regio-nale Boschi di Carrega, curato da ElenaTajè; Anfibi e Rettili nel Parco RegionaleBoschi di Carrega, curato da Luca Gilli edall’illustratore naturalista Andrea Ambro-gio; Il Capriolo nel Parco Regionale Boschidi Carrega, curato dalla direttrice Margheri-ta Corradi e dal veterinario Carmelo Musa-rò, che presenta i risultati delle ricercheventennali sulla specie. Da segnalare èanche, nella collana Documenti, Clima eMicroclimi dei Boschi di Carrega, diGuglielmo Zanella, docente di Geografiaall’Università di Parma, che riporta i risulta-ti di 25 anni di ricerche svolte dal parco incollaborazione con l’ateneo parmense.

Gli atti del convegno “Il Lupo e i Parchi”Il volume raccoglie i numerosi e appas-sionati contributi del convegno, tenuto il12 e 13 aprile 2002 a Santa Sofia (FC),sul più importante predatore italiano, ilsuo status e il ruolo determinante dei par-chi nella conservazione della specie.Negli ultimi vent’anni, come noto, il luposta lentamente riconquistando le monta-gne e i boschi italiani e, percorrendo ladorsale appenninica, dopo secoli di perse-cuzione, è tornato a ripopolare le Alpi. IlParco Nazionale delle Foreste Casentine-si, che ha organizzato il convegno, hasvolto e continua a svolgere una funzionemolto importante nel lento, ma costanteprocesso di ricolonizzazione delle areenaturali da parte di questo magnifico pre-datore, che in questo lembo di Appenninoha trovato le condizioni per resistere neimomenti più critici della sua tormentatastoria. La pubblicazione è reperibile pres-so il centro parco e i centri visita (è anchepossibile richiederne l’invio per posta).Il Lupo e i Parchi: il valore scientifico e cul-turale di un simbolo della natura selvag-

gia, Parco Nazionale Foreste Casentinesi,Monte Falterona e Campigna, 2003.

Una nuova guida del ParcoNazionale Foreste Casentinesi,Monte Falterona e CampignaLa guida, di carattere storico-naturalistico,presenta i tratti essenziali più caratteristicidell’area protetta e fornisce ai visitatori unvalido strumento di conoscenza del parconazionale. La pubblicazione, strutturatain capitoli su geologia, vegetazione,fauna, storia e cultura del territorio, ècompletata dalla descrizione dei luoghi edei percorsi escursionistici più significati-vi e da una serie di notizie utili e curiosi-tà. È reperibile presso il centro parco e icentri visita (è anche possibile richieder-ne l’invio per posta).S. Cian e S. Cavagna, Il Parco Nazionaledelle Foreste Casentinesi: dove gli alberitoccano il cielo, Giunti Editore, 2003.

Nuove pubblicazioni in arrivo nella collana Stirone NaturaIl Parco Fluviale Regionale Stironeaggiunge alla sua biblioteca quattro nuovitesti, destinati a divulgare le conoscenzesul patrimonio floristico e faunistico dell’a-rea protetta. Il primo, già disponibile, èFunghi, muschi e licheni, a cura di Ales-sandro Boccardi, Francesca Di Campli,Anna Ferrigno e Andrea Zatta. Nei prossi-mi mesi saranno pubblicati Anfibi e Retti-li, di Andrea Ambrogio e Luca Gilli, IlGruccione nel Parco dello Stirone, del diret-tore Sergio Tralongo e di Maurizio Finoz-zi, e l’attesa Guida alla flora e alla fauna, acura di Andrea Ambrogio, Luca Gilli eSergio Tralongo, un testo tascabile intera-mente a colori per il riconoscimento dioltre 150 specie di piante e animali pre-senti nel parco.

Hanno collaborato Nevio Agostini,David Bianco, Margherita Corradi,Teresa Guerra, Monica Soracase, SergioTralongo.

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PARCHI NAZIONALI

Parco NazionaleAppennino Tosco-EmilianoVia Emilia all’Ospizio, 242100 Reggio Emilia REtel. 0522 434366www.parcogigante.it

Parco NazionaleForeste Casentinesi, MonteFalterona e CampignaPalazzo VigianiVia Brocchi, 752015 Pratovecchio ARtel. 0575 50301infosede@parcoforestecasentinesi.itwww.parcoforestecasentinesi.it

PARCHI REGIONALI

Parco Fluviale RegionaleStironeVia Loschi, 543039 Salsomaggiore Terme PR tel. 0524 574418 [email protected]

Parco Fluviale Regionale TaroCentro Parco “Corte di Giarola”Strada Giarola, 11Loc. Pontescodogna43044 Collecchio PR tel. 0521 802688 / 305742 [email protected]

Parco Regionale Boschi di CarregaCentro Parco “Casinetto dei Boschi”Strada Olma, 2Loc. Talignano43038 Sala Baganza PRtel. 0521 836026 / [email protected]

Parco Regionale Alto Appennino ModeneseCentro ParcoVia Tamburù, 841027 Pievepelago MOtel. 0536 72134 [email protected]

Parco Regionale Sassi di RoccamalatinaCentro Parco “Il Fontanazzo”Via Pieve di Trebbio, 1287Loc. Pieve di Trebbio41050 Roccamalatina di GuigliaMOtel. 059 795721 [email protected]

Parco Regionale Abbazia di MonteveglioCentro Parco San TeodoroVia Abbazia, 2840050 Monteveglio BOtel. 051 6701044 [email protected]

Parco Storico RegionaleMonte SoleVia Porrettana Nord, 4f40043 Marzabotto BOtel. 051 [email protected]

Parco Regionale Corno alle ScaleCentro ParcoVia Roma, 1 Loc. Pianaccio40042 Lizzano in Belvedere BOtel. 0534 [email protected]

Parco Regionale Delta del PoVia Cavour, 1144022 Comacchio FEtel. 0533 [email protected]

RISERVE NATURALI

Riserva Naturale GeologicaPiacenzianoVia Scalinata Ospedale, 4/629014 Castell’Arquato PCtel. e fax 0523 [email protected]

Riserva Naturale OrientataMonte PrinzeraMunicipio di Fornovo di TaroPiazza Libertà, 643045 Fornovo di Taro PRtel. 0525 [email protected]

I Parchi e le Riserve Naturali dell’Emilia-RomagnaRiserva Naturale Salse di NiranoMunicipio di Fiorano ModenesePiazza Menotti, 141042 Fiorano Modenese MOtel. 0536 833276in fo sa l se@comune . f io rano -modenese.mo.it

Riserva Naturale OrientataSassoguidanoMunicipio di Pavullo nel Frignano (sede distaccata)Via Giardini, 19241026 Pavullo nel Frignano MOtel. 0536 29974 [email protected]

Riserva Naturale OrientataBosco della FrattonaMunicipio di ImolaVia Mazzini, 440026 Imola BOtel. 0542 602111 / 602283 / 602286www.comune.imola.bo.it/bosco-frattona

Riserva Naturale OrientataBosco di ScardavillaMunicipio di MeldolaPiazza Orsini, 2947014 Meldola FCtel. 0543 499411 [email protected]

Parco Regionale Valli del Cedra e del ParmaComunità Montana AppenninoParma EstPiazza Ferrari, 543013 Langhirano PRtel. 0521 [email protected]

Parco Regionale LaghiSuviana e BrasimoneCentro ParcoPiazza Kennedy, 1040032 Camugnano BOtel. 0534 [email protected]

Parco Regionale GessiBolognesi e Calanchidell’AbbadessaCentro Parco “Luigi Fantini”Via Jussi, 171 - Loc. Farneto40068 San Lazzaro di Savena BOtel. 051 [email protected]

Riserva Naturale OrientataParma MortaMunicipio di MezzaniVia IV Novembre, 4Loc. Casale43045 Mezzani PRtel. 0521 [email protected]

Riserva Naturale OrientataFontanili di Corte Valle ReMunicipio di CampeginePiazza Caduti del Macinato, 142040 Campegine REtel. 0522 676521www.comune.campegine.re.it

Riserva Naturale OrientataRupe di CampotreraMunicipio di CanossaPiazza Matteotti, 3042026 Canossa REtel. 0522 878111riservacampotrera@comune. canossa.re.it.

Riserva Naturale OrientataCassa di Espansione del Fiume SecchiaCorte OspitaleVia Fontana, 242048 Rubiera REtel. 0522 627902 www.parcosecchia.it

Riserva Naturale SpecialeAlfonsineMunicipio di AlfonsinePiazza Gramsci, 148011 Alfonsine RAtel. 0544 [email protected]

Riserva Naturale OrientataDune Fossili di MassenzaticaProvincia di FerraraVia Bologna, 53444100 Ferrara FEtel. 0532 299720 / [email protected]

Riserva Naturale Orientata OnfernoMunicipio di GemmanoPiazza Roma, 147885 Gemmano RNtel. 0541 985730 / [email protected]

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