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L’ EDITORIALE L’ EDITORIALE

di di Giuliano GabriniGiuliano Gabrini

Le new entry del Cattaneo Dall’Aglio

da PAGINA 6

Speciale gite

Periodo di gite e anche Howl è partito. In ogni gita, viaggio d’istruzione, Howl c’era. E così, il no-stro numero è dedicato a voi, ai vostri viaggi, ai mo-menti di riflessione come a L’Aquila e Auschwitz. Ma anche le vostri frasi divertenti. Nella speranza che ognuno di voi conservi questo numero e che tra qualche anno lo rilegga per ricordare i bei mo-

Blackout al Cattaneo

E poi dicono che in que-sta scuola non succede mai niente di interes-sante. Invece, succede che in un pomeriggio qualunque di un 23 feb-braio qualunque, in una classe qualunque (3F), in un orario di laborato-rio qualunque ma non

Ritrovarsi a scrivere un editoriale per Howl dopo anni di assenza è, a dirla tutta, piutto-sto strano. Sarà che durante tutto questo tempo non ho mai smesso di rimproverare Petrone per non averlo abbandonato del tutto ed ora mi ritrovo a fare altrettanto (non che sia giusto abbandonare Howl, intendiamoci! Sempli-cemente trovo sia corretto lasciarlo in eredi-tà anno per anno alle nuove redazioni che si vengono a formare), sarà che sono passati tre anni dall’ultima volta che ho scritto su queste pagine… Mi è stato chiesto, in quanto redattore della “vecchia guardia”, di contribuire con questo articolo in occasione del quinto compleanno della nostra testata. Che dire, dunque? Howl nacque in seguito alla riunione di un gruppo di scapestrati tenutasi il 3 marzo del 2007; nessuno dei partecipanti fa più attual-mente parte del giornalino, anche se tutti continuano a ritrovarsi periodicamente sot-to le mentite spoglie del Collettivo IAM. La necessità di un giornalino dell’istituto Catta-neo – Dall’Aglio diventò palese quando l’al-lora preside, William Arduini, decise di so-spendere la stampa di “Testata” (un periodi-co studentesco anonimo ed autogestito, sponsorizzato dai “rivoluzionari della cultu-

un qualunque professo-re che per dovere di pri-vacy chiameremo all’in-glese Prof. Furrier (Vi basterà tradurre in in-glese per trovare indizi sul mister x).

Prosegue a PAGINA 11

menti della vostra gita che so-no sempre i migliori aneddoti. Nell’ultima pagina, in retroco-pertina, la nostra fotografa Ilenia Darko, ha raccolto le foto più belle delle vostre gite e ne ha fatto uno splendido col-lage.

Un mosaico dei vostri ricordi. E allora, sfogliate Howl, in queste pagine ci siete tutti voi!

ALL’INTERNO

PROSEGUE A PAGINA 3

Maggio 2012 Anno 6, 21°Numero HOWL

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PA G INA 2

\

Andrea Dallari 4M

Andrea Magnavacchi 5P

Angelo Cosentino 4P

Benedetta Valdesalici 5P

Dino Sabovic 2M

Cristian Petrone 3F

Giancarlo Constantin 3F

Giulia Bedini 4Q

Ilenia Darko 3D

Linda Parmeggiani 4Q

Luca Casillo 3D

Simone Zobbi 4G

La redazione di HowL: [email protected] - www.urlohowl.blogspot.com

Pagina 3

Pagina 4

Pagina 4 e 5

Da pagina 6 a 8

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Pagina 14 e 15

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Pagina 25

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Pagina 32

Editoriale

Precisazioni della redazione

Il mio non-epilogo

Le new entry del nostro istituto

Progetto Mondinsieme

Black out al Cattaneo

Spazio Riflessivo

Sguardo sul mondo

Drammi nel mondo calcistico

Speciale gite

Il Cattaneo in TV!

Mike il pollo senza testa

Dragozilla

Concorso fotografico

CONSTAtazioni da Dj

Spazio teatro Bismantova

Constatin playlist e

Crucicattaglio

Collage gite di Ilenia Darko

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Anno 6, 21°Numero HOWL PA G INA 3

ra” Shon Koia e Labina Nivalis) per ragioni legate alla difficoltà nel gestirne le implicazioni politi-che/umane in un ambiente, quello della scuola superiore, già di suo estremamente esposto ad ac-cuse ed attacchi provenienti dall’esterno. Individuando nella persona di Damiano Razzoli il soggetto adatto a portare avanti l’elaborazione del-la nuova testata, si procedette con il reclutamento degli studenti interessati e l’organizzazione di va-rie riunioni di quello che si presentava come il nuovo “laboratorio di giornalismo”. Tra lezioni interminabili su etica giornalistica e analisi tecni-che delle forme e delle tipologie dei periodici, la redazione si plasmò e incominciò ad accogliere nuovi membri. Il primo numero di Howl venne dato alle stampe, poi il secondo… e ora siamo qui, a distanza di cin-que anni, in procinto di leggere il ventunesimo. Non servirebbe a nulla elencare asetticamente i nomi di tutte le persone che hanno contribuito alla crescita di questo progetto nel corso di tutto que-sto tempo: alcuni hanno partecipato solo ad un paio di riunioni, altri hanno avuto una presenza così costante da stupire persino i redattori della prima ora, altri ancora, come le comete, sono spa-riti all’improvviso per poi ricomparire a distanza di mesi ancora più attivi e decisi a mettersi in gio-co; tutti, dal primo all’ultimo, sono stati importan-ti e necessari per lo sviluppo della bestia multifor-me che ha incarnato il giornalino in questi cinque anni. Ora, leggendo Howl, vedo che i problemi sono ri-

masti tutto sommato gli stessi di quando facevo parte attivamente della redazione: poca gente con voglia di scrivere e tanta fatica per coinvolgerla, qualche limite nella diffusione dettato più dal rifiu-to del pubblico che dalle responsabilità redazionali (del resto è normale che sia così: non si può sperare di piacere a tutti, basta essere sicuri di fare del pro-prio meglio per appassionare qualcuno) e, proba-bilmente, ancora il grosso scoglio dell’immagine del giornalino come qualcosa di esterno alla vita studentesca su cui lo studente qualunque non ha modo di intervenire. I limiti, cinque anni fa, erano esattamente gli stessi, ma la redazione non si è scoraggiata e la continuità nel tempo lo ha dimostrato; le polemiche ovvia-mente non sono mai mancate, ma personalmente le ho sempre ritenute la parte più divertente del nostro lavoro di pseudo giornalisti. A noi vecchi redattori, cosa ha dato Howl? Un mo-do di esprimerci e di sfogarci, un motivo per odiarsi a distanza di anni rileggendo righe di cui non si condivide più nulla o per apprezzare ancora di più determinate persone “col senno di poi”, ore di di-vertimento e di discussioni accese, decine di lezioni saltate con le scuse più futili perché “si era del gior-nalino”, un gruppo di amici veri che sono rimasti tali col passare del tempo. Howl è uno strumento meraviglioso: usatelo il più possibile, sfruttatelo finché potete. A distanza di anni potreste pentirvi di non averlo fatto abbastan-za. Sarebbe un peccato, no?

La vecchia redazione di HowL

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L’articolo pubblicato sullo scorso numero di Howl, sui rappresentanti d’istituto, scritto da Christian Petrone, ma condiviso naturalmente da tutta la redazione, ha suscitato numerose polemi-che. Se ne è parlato tanto, forse troppo penserà qualcuno. Ma non è mai troppo quando c’è di mezzo il dialogo, cosa di cui il nostro Istituto ha fortemente bisogno. E anche se fosse un dialogo acceso una discussione fiammeggiante, ben ven-ga. Non era nostra intenzione offendere nessuno (e chi ha scritto non ha usato toni offensivi) ne tantomeno scagliarci contro i rappresentanti, anche perché pensiamo che questi rappresentanti siano tra i migliori degli ultimi anni (non per es-sere ruffiani, Howl non lo è affatto e si è visto). E’ stata una semplice provocazione, che voleva ri-chiamare l’attenzione sul fatto che la maggior parte in questa scuola, per menefreghismo, non sappia ne’ cosa ne’ tantomeno il perché di ciò che succede tutti i giorni. Non crediamo affatto che il monteore non sia stato fatto per colpa dei rappre-sentanti. La colpa è di tutti e di nessuno. Non abbiamo accusato nessuno, ne tantomeno i rap-presentanti, lo ripetiamo con fermezza. E’ stato un titolo provocatorio, perché abbiamo giocato ai “piccoli giornalisti”. Era una critica generale, ri-volta a tutti e prima di tutto a noi stessi. I giornali devono anche essere un po’ polemici a volte e con furbizia (nel nostro caso benevola) devono saper cavalcare la cresta dell’onda e l’unico nostro cela-to obbiettivo era quello di cercare un dialogo tra tutti, di dare la scossa, di “svegliare” le persone, ad interessarsi di qualcosa. Qualcuno penserà che lo strumento non sia stato adatto? Beh, però Howl è il giornale della scuola, se non Howl quale strumento deve essere usato? Eppure, il giornali-no è andato a ruba, è stato letto, molti si sono interessati come non mai. Per pochi giorni? Sarà

anche vero, ma è sempre una piccola vittoria. A noi non è venuto in tasca niente, ne’ economicamente ne’ come ce-lebrità, nessuno ci ha steso tappeti rossi anzi, forse abbia-mo ricevuto più critiche che altro, ma va bene così. Siamo soddisfatti perché tutto ciò crediamo sia stato positivo. Non crediamo di dover chiedere scusa a nessuno, forse i toni sono stati interpretati e alzati un po’ troppo, più di quanto credessimo; sarebbe esagerato a nostro modo di vedere, interpretarlo come un attacco generalista ai rap-presentanti, non lo era. E non per “pararci il culo” (così ci capiamo meglio), abbiamo invitato i rappresentanti nella nostra redazione lo scorso mese, per fare merenda insie-me e chiacchierare di tutto questo in modo civile, anche per dimostrare (qualora ce ne fosse stato bisogno) che noi non ce l’abbiamo con nessuno. Tutti sono i benvenuti ad Howl. Purtroppo due rappresentanti non sono potuti ve-nire, ma Aurora Ferri e Andrea Magnavacchi (nelle vesti di double-enchargement) hanno raccolto il nostro invito. Si è parlato, con toni abbastanza accesi e scambi di opinioni duri, bisogna dirlo, ma continuiamo a sostenere che tutto ciò è positivo se si guarda la giusta faccia della medaglia. Di carta per adesso (visti i tempi che corrono) ce n’è ancora e ce n’è per tutti. Vorremmo che chi avesse qualcosa da dire, lo scrivesse perché Howl deve essere questo. Uno strumento unico per tutti voi, per tutti noi. Studenti, rappresentanti, bidelle, professori. TUTTI. Howl è aperto. Howl è una bocca che non vede l’ora di urlare per voi. Howl non vede l’ora di essere la voce di tutti voi, anche, anzi, specie di voi rappresentanti. Ne sa-remmo felici. Dialogare, discutere, litigare, arrabbiarsi, è meglio che tacere. Le fiamme non si alimentano col silen-zio, ma col calore che significa passione per le proprie idee. Combattere per le proprie idee come hanno fatto Aurora e Christian.

Meglio morire di calore che di freddo…

La redazione

PRECISAZIONE DELLA REDAZIONE SULLE POLEMICHE DOPO

L’ARTICOLO SUI RAPPRESENTANTI D’ISTITUTO PUBBLICATO

SULL’ULTIMO NUMERO.

LA NOSTRA INVIATA DAGLI STATES

SULLA VIA DEL RITORNO… ——————————————————————————--——————————————————————————--—————

Il mio non-epilogo

La mia esperienza è quasi giunta al termine. Se c'è una cosa che posso dire con estrema certezza è che non mi sono mai pentita di aver preso quell'aereo. Con ciò non dico che non ci siano complicanze nello stare così tanto tempo lontani da casa. Non dico che non ci siano stati giorni in cui ti vien quasi da maledire "il piatto in cui hai mangiato"… Anzi, lo dico. Ci so-no momenti in cui ti senti proprio solo e vieni anche un po' abbandonato da tutti. Ci sono momenti in cui non vorresti essere qui, ma nemmeno là. Quei momenti in cui ti senti fuori luogo, o addirittura senza luo-

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go. Nessuno ne parla mai dei lati tristi di queste esperienze. In effetti la ragione per cui si ometto-no è ben più grande di tutto ciò. Voglio dire, mi guardo ora: in questo anno penso di aver fatto e imparato più cose che in 18 anni di vita e di scuola. Per un anno ho vissuto una vita senza chiedere perché, lasciandomi trasportare dall'energia delle persone. Ancor più bello di ciò che ho fatto è stato chi ho incontrato, chi ho conosciuto e chi ho solo visto e mai dimenticato. Che sia stata anche un po' questa America… Que-sta doppia faccia! Questo paese con tanti di quei lati che non si rie-scono più a contare. Come una figura solida dalle mille e mille facce, spigoli e vertici che se la guar-di da lontano puoi vedere una perfetta sfera lucci-cante. Abbagliante. Così piena di problemi, ma così politically cor-rect! Un paese dove la scuola è il divertimento e il pun-to di ritrovo. Dove la leggerezza fa a pugni con la voglia di progresso, di vivere e capire che tantissi-

me persone mi hanno trasmesso. Se c'è una cosa che ho imparato da questa esperienza è che a 17 anni hai abbastanza energia da prendere il volo. Quando hai 17 anni puoi spaccare tutto, ogni tipo di barriera, fisica o mentale che sia. Puoi prenderti, metterti in una valigia e andare via. Puoi svegliarti un giorno e scoprire di aver passato gli ultimi tuoi 8 mesi di vita lontano da casa, lontano da ogni cosa importante e non sentirne il peso. Non cre-do ci sia altro tempo per fare tutto ciò. Se mi guardo indietro un po' mi pento di non aver vissuto come ho fatto in questi mesi… nella cosciente ipocrisia che so di dover tornare sui miei passi. La mia esperienza è quasi giunta al termine… ma in realtà credo che una volta cominciata questa espe-rienza non possa finire mai.

Linda Parmeggiani

Gli amici di Intercultura di

Linda

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A scuola come è noto a tutti sono arrivati dei ragazzi africani, tutti fuggiti dalla guerra in Libia ma tutti con una storia a sé. Sono sette e ciascuno di loro ha scelto la scuola che preferiva dividendosi tra Liceo Scientifico e Linguistico, ITI e Geometri. Storia a sé perché tutti hanno origini diverse, anche se quattro vengono dal Mali, Amidu (2G), Bamba (2P) Dumbia (2G) e Danfa (2P), non significa certo che si conoscevano, infatti mi hanno detto che si sono incontrati per la pri-ma volta qui in Italia, per quanto riguarda gli altri: uno proviene dal Senegal, Balde (2Q), uno dalla Costa d’A-vorio, Makan (2Q), e uno dal Niger, Assim (4G). Due di loro, Balde e Makan, hanno trascorso una setti-mana nella mia classe perché la 2Q, la classe che li ac-coglie, era andata in gita. Devo dire che la riposta è stata positiva e tutti noi l'abbiamo vissuta come un'oc-casione. Una grande occasione. Eravamo tutti consa-pevoli che non dovevamo sprecarla, che avremmo po-tuto finalmente insegnare qualcosa a chi ne ha real-mente bisogno e allo stesso tempo impararne molte altre. Questi ragazzi hanno mille e più risorse! Tuttavia non è la prima volta che incontro e faccio co-noscenza con ragazzi provenienti da questa brutta si-tuazione e che sono stati disposti a tutto per migliorar-la. A Casina, dove vivo, all’Albergo Centrale erano in-fatti ospitati cinque ragazzi, sempre rifugiati politici e sempre provenienti dalla Libia, con età e provenienza differente però; tutti sopra i vent'anni e col più grande che ne ha poco più di trenta. Tre nati in Ghana, An-thony, Kwajo e Janefy, e due in Sudan, Kamis e

Adam. Magari con un po’ di ritardo rispetto al loro arrivo però alla fine abbiamo fatto amicizia e devo dire che sono strepitosi, capisci seriamente che in questi casi anche un semplice saluto è importante. Non c'è stata una volta che non li abbia visti col sorri-so e non è sicuramente uno di quei sorrisi che ma-scherano il viso a cui purtroppo siamo spesso abitua-ti, è un sorriso sincero, voluto perché anche un sem-plice Ciao Tony, come va? , in una situazione simile fa piacere. Anche dopo il loro trasferimento a Felina siamo rimasti in contatto e ogni tanto organizziamo una bella partita a calcetto mirata seriamente al di-vertimento e alla voglia di sostenere e aiutare questi ragazzi. Dopo la partita si chiacchiera del più e del meno così come si fa normalmente in un gruppo di amici ed è in questi momenti che davvero ho impara-to tanto. Si apprende che i loro bisogni o le loro ri-chieste, ciò per cui si stanno “battendo” per avere, sono cose che ormai noi diamo per scontate, che non ci accorgiamo nemmeno di avere, anzi di essere for-tunati ad avere; potere andare tranquillamente in gelateria a prendersi un gelato, poter salutare la pro-pria famiglia prima di uscire, avere almeno la possi-bilità di cercare un lavoro. Ma non parliamo solo dei loro problemi. Interessandomi di politica discutiamo anche sulla situazione di alcuni paesi dell’Africa. Do-mando se è vero quello che leggo sui quotidiani e co-sa più importante chiedo il loro parere perché saran-no pure venuti via ma l’Africa rimane sempre nei loro cuori.

Avevamo pensato di fare una semplice intervista ad uno di loro solo che mi sembrava troppo poco, limita-tivo nei loro confronti. Per questo abbiamo deciso di fare una cosa diversa. Ho scritto due "scalette" che a dirla tutta contenevano le domande che sarebbero state fatte in un’eventuale intervista e le ho consegna-te una a Balde che è uno dei ragazzi con cui a scuola ho fatto maggiore conoscenza e una ad Anthony, uno di quelli che era a Casina e con cui sono rimasto in contatto. L'indicazione è stata quella di scrivere loro per Howl, non semplicemente rispondendomi alle domande ma mettendo tutto per esteso. Una paginet-ta scritta direttamente da loro e nelle loro lingue pre-ferite. Il primo ha scritto in francese e Tony in ingle-se; entrambi sono stati chiarissimi e felicissimi di poter scrivere. Le due pagine che seguono sono pro-prio la traduzione del loro testo, niente di più, non ho aggiunto nulla e non lo faccio nemmeno ora perché non c’è nient’altro da anticipare. Rappresentano pro-prio una presentazione esaustiva di questi due ragaz-zi d’oro. Buona lettura.

Angelo Cosentino

LE NEW ENTRY DEL CATTANEO DALL’AGLIO

A causa della guerra civile in Libia, numerosi rifugiati politici sono arrivati in Italia e

anche nelle nostre zone. Alcuni di loro sono ospiti nella nostra scuola e hanno scel-

to diverse classi in cui stare. Un nostro redattore li ha conosciuti e li ha convinti a

raccontarsi…

Anthony con, a destra, Angelo

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ANTHONY DAL GHANA A REGGIO EMILIA, ALLA RICERCA

DELLA FELICITA’, DEI DIRITTI E DELLA LIBERTA’

Anthony ci scrive raccontandoci il suo viaggio tra una città e l’altra. In attesa di sa-

pere quale sarà il suo destino e se otterrà il permesso di restare, ci racconta le sue

speranze per il suo futuro, tra un pizzico di nostalgia per il suo Paese.

Ciao, sono Anthony Yankey, ho venticinque anni e vengo dal Ghana. Sono arrivato in Italia l'undici giu-gno 2011, naturalmente attraverso il mare. Inizialmen-te sono stato portato a Lampedusa e tre giorni dopo sono partito per una città chiamata Bari; tre giorni di viaggio su una grande nave per passeggeri. Sulla nave ho trascorso dei bei momenti perché era la prima volta che viaggiavo sul mare su una nave sicura e comoda ed anche perché ero con la maggior parte degli immigrati che come me hanno sacrificato la propria vita per effettuare il viaggio scap-pando dalla guerra politica in Libia. Dopo tre settimane mi hanno portato a Cervarezza, un paese nelle montagne di Reggio Emilia, in Emilia Romagna. Sono stato lì per due settimane in un hotel e poi sono stato trasferito a Casina, circa trenta chilometri da Cervarezza. Anche a Casina ho vissuto in un hotel per sei mesi consecutivi e dopo sono stato trasferito in un paese vicino chiamato Felina dove vivo tutt'ora aspet-tando e pregando per un buon responso della mia peti-zione al governo italiano. L'Italia mi aiuta, anche per questo ci sto bene. Questo perché a differenza della Libia, ho visto che la costituzione italiana permette ad un immigrato, in altre parole ad uno straniero, la mag-gior parte delle possibilità che ha un vero cittadino

italiano e i diritti e la libertà di un individuo. Diversa-mente da quello che succede in Libia dove un stra-niero non ha garantite né le possibilità né la libertà individuale nel “Libro Verde”, ovvero la costituzione del paese fino al 15 febbraio 2011. D'altro canto la vita in Italia è economicamente molto molto difficile. Le dinamiche politiche del governo nei confronti de-gli immigrati che come me stanno chiedendo il per-messo di restare qua, sono un altro fattore delle diffi-coltà che e i miei amici stiamo affrontando anche ora. Il Ghana sembra essere uno dei migliori paesi africa-ni che sono cresciuti o maturati nelle condizioni della libertà di parola e democrazia; il giorno dell' indipen-denza è molto vitale per me, quasi essenziale, non posso descrivere come mi manca questo grande even-to annuale. La celebrazione mi aiuta a incontrare i miei vecchi amici, studenti e lavoratori che vivono lontano da me. Per concludere, spero di avere un buon permesso per rimanere in Italia per cambiare la mia attuale condizione ed essere capace di avere una vita più sana e felice nel futuro.

Anthony Yankey

Il gruppo di Anthony

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Ciao, sono Balde Abdoulaye e sono nato il 10

Gennaio 1997 nella regione Kolda in Senegal.

Sono arrivato in Italia il 14 giugno 2011 precisa-

mente a Lampedusa, attualmente però vivo in

Emilia Romagna nel comune di Viano in via

Pauli n°4, in tutto sono 10 mesi che sono in Ita-

lia. Prima di tutto volevo ringraziare il governo

italiano, in particolare il Ministero dell’Interno,

la Polizia, l’avvocato, la commissione e natural-

mente le educatrici della cooperativa “Il Piolo”

per avere rispettato i nostri diritti e i nostri do-

veri. Volevo soffermarmi un attimo sulle educa-

trici perché grazie a loro mangio bene e curo an-

che la mia salute; loro soddisfano i miei bisogni e io

ricambio rispettando le regole. Mi rispettano ed

io rispetto loro. Auguro loro un bellissimo futuro

e le incoraggio molto profondamente a continuare.

Insomma grazie mille!

Io amo moltissimo la civiltà, la maturità del popolo

e la cultura di questa società che ho tanto amato e

rispettato anche prima di venire qui ed anche senza

sapere che sarei mai giunto qui in Italia.

La cosa che mi manca di più del Senegal è la mia

famiglia, mi manca tantissimo. Mia mamma, i miei

due fratelli e mia sorella, mi mancano proprio tutti.

La nostalgia è troppo forte e penso sempre a loro. Li

saluto e do loro un grande abbraccio. Tuttavia sono

molto felice di compiere i miei primi studi superiori

al liceo di Castelnovo ne Monti che aiuta moltissimo

l’integrazione con la società italiana e apre le porte

per un buon avvenire. Sono anche contentissimo di

avere fatto la conoscenza e l’amicizia con gli studen-

ti della scuola e in particolare con quelli delle classi

2Q e 4P, li ringrazio davvero di cuore.

Per il mio futuro vorrei fare tante esperienze, in Ita-

lia la possibilità che si avveri questo desiderio è

maggiore che in Senegal, per questo vorrei davvero

poter vivere la maggior parte delle esperienze possi-

bili, per me significherebbe tanto. Per quanto ri-

guarda la scuola, a me piace in particolare scrivere e

leggere per questo vorrei continuare tanto gli studi

con “Scienze della Comunicazione” oppure fare

Giornalismo.

Balde Abdoulaye

BALDE, DAL SENEGAL ALL’ITALIA. “CHI RISPETTA TUTTI,

VIENE RISPETTATO. AMO L’ITALIA E QUESTA SCUOLA”.

Uno dei rifugiati ci scrive raccontandosi tra ringraziamenti all’Italia che ha sempre

amato anche quando non avrebbe mai pensato di arrivarvi un giorno, alla nostalgia

di casa e della famiglia. Ma Balde guarda avanti e il suo sogno è il giornalismo.

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Anno 6, 21°Numero HOWL

IL CATTANEO DIVENTA INTERCULTURALE PER ABBAT-

TERE LE BARRIERE DEL RAZZISMO. MONDINSIEME HA

TENUTO DUE LABORATORI NELLE CLASSI 2F E

4F. ALCUNI RAGAZZI RACCONTANO COM’E’ ANDATA.

In una società come la nostra, nel quale è sempre più frequente interagire con persone di diversa origine e nazionalità, sta prenden-do sempre più piede il cosiddetto approccio interculturale. A Reggio Emilia, c’è un cen-tro interculturale, Mondinsieme, all’avan-guardia in Europa e nel mondo intero, che ha molto aiutato in questi anni l’integrazio-ne degli stranieri con i cittadini reggiani, tant’è vero che Reggio è una delle città più integrate d’Italia, in cui diverse realtà convi-vono civilmente e cordialmente. Mondinsie-me tiene laboratori interculturali in tutte le scuole della provincia, cercando di aiutare gli studenti a superare i pregiudizi e la stupi-da piaga del razzismo. Così, anche la scuola ed in particolare la Prof.ssa Cleonice Pigne-doli, ha contattato Mondinsieme per tenere dei laboratori anche al Cattaneo, coinciden-do proprio col periodo in cui sono arrivati i rifugiati nella nostra scuola, di cui abbiamo ampiamente trattato in questo numero. E proprio i rifugiati, sono stati una grande op-portunità, perché hanno fatto parte del pro-getto di laboratorio stesso, venendo intervi-stati dai ragazzi, spronati alla socializzazione e alla conoscenza con essi. Inoltre, i labora-tori, sono stati tenuti in classi in cui ci sono stranieri che fino a questo progetto erano forse marginalizzati dal resto del gruppo; ma lavorare a stretto contatto tra loro e cono-scersi meglio tra loro (di solito è lo scoglio più grande da superare, per sciogliere il ghiaccio) ha migliorato notevolmente le co-se.

Damiano Razzoli, tra l’altro fondatore proprio del nostro Howl, lavora come re-sponsabile della comunicazione nell’impor-tante centro di Mondinsieme, ma fa anche l’educatore interculturale. Proprio lui ha te-nuto i laboratori nelle due classi e ci spiega cosa ha realizzato insieme alle classi. “Il me-todo se vogliamo è un po’ forte all’inizio – spiega Razzoli – Nella classe quarta ad

esempio, ho chiesto di condividere gli insulti “razzisti” ad alta voce, con tutta la classe. Dopo-diché ho spiegato ai ragazzi il significato di Co-lonialismo e quali strascichi ha lasciato nel pen-siero e nella cultura occidentale, causando poi il pensiero razzista. In questo modo ho cercato di far immedesimare i ragazzi al posto dei coloniz-zati e cercare di abbattere in loro ogni pregiudi-zio ma soprattutto smontando ogni stereotipo”. Mentre per la 2F, la traccia era differente ma il tema sostanzialmente uguale, ovvero Migrazio-ni nei Media. “Abbiamo trattato il razzismo analizzando i media, perché i giornali, la televi-sione, le radio, hanno un linguaggio discrimi-

Prosegue a PAGINA 10

Claudio Leurini

PA G INA 9

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natorio verso gli stranieri, che entra nelle nostre case e nel nostro parlato di tutti i giorni che ci influenza tantissimo. Ad esem-pio quando una persona di origine straniera compie un furto, si pone subito l’accento ne-gativo sul fatto che fosse di origine stranie-ra. Tutto ciò, ai fini dell’interculturalità è da combattere e da abolire. Perciò abbiamo realizzato una sorta di telegiornale, intervi-stando ad esempio i rifugiati ma non solo. Il tema riguardava le migrazioni, perciò in senso più ampio, il viaggio. Spero che sia stata un’esperienza utile e che sarà utile nel proseguo della loro vita. Ho visto molta par-tecipazione e sono davvero contento di co-me sono andati i laboratori”. Infatti, com-menti di soddisfazione sono arrivati dagli studenti stessi coinvolti nel progetto. Clau-dio Leurini ci dice: “Abbiamo creato una specie di telegiornale, nel quale c'erano le interviste fatte a delle persone. L'argomento era “il viaggio”, “lo spostarsi”, in modo mol-to generico. Ad esempio tutti quei ragazzi che prendono la corriera per andare a scuo-la, o come per esempio il Prof. Giovanni Ca-sa, che da Modena viene a lavorare a Castel-

novo, dovendo prendere treno e corriera. Sembrano tutte cose banali, però se ci si pen-sa comporta sacrificio e non solo economico. Io svolgevo il ruolo del presentatore all'inter-no del telegiornale. Personalmente ho inter-vistato mio nonno, infatti aveva combattuto nel secondo conflitto mondiale,dunque si è spostato di molto...”.

Mentre Marco Sanfilippo invece va più a fondo: “Durante il telegiornale ho avuto il compito di dirigere le riprese della maggior parte dei servizi creati. Non era un lavoro particolarmente difficile, bastava scegliere le adeguate e giuste inquadrature per la situa-zione e cominciare a registrare. Non c'è un intervista che mi ha colpito in particolare, le ho trovate davvero tutte quante affascinanti: dalle centinaia e centinaia di chilometri per-corsi da Domenico Leurini, il nonno di Clau-dio, durante la guerra, fino alle piccole im-prese quotidiane del prof. Casa per poter avere la soddisfazione di insegnare a dei ra-gazzi; tutto decisamente molto toccante, un’esperienza che ti fa davvero capire il sen-s o d e l l a p a r o l a v i a g g i a r e ” . Il video telegiornale è stato proiettato, assie-me a tutti i lavori delle scuole di Reggio e provincia che hanno aderito al progetto dei laboratori di Mondinsieme, allo splendido ed enorme Centro Internazionale Loris Mala-guzzi, a Reggio Emilia, che è la base anche di Reggio Children, modello educativo mondia-le che tutti invidiano al nostro capoluogo. Le classi sono state ospiti del Centro, insieme a tutte le altre scuole, in occasione del 21 Mar-zo, “Primavera senza Razzismo”, istituita co-me giornata mondiale contro il razzismo.

Christian Petrone

Marco Sanfilippo

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LE AVVENTURE DEL PROFESSOR

FURRIER/CAPITOLO 1

IL PROFESSOR FURRIER CAUSA UN BLACK-OUT AL CATTANEO

Succede che in questo giorno qualunque, il professor Furrier, intento ad illustrare il funzionamento di un impianto, con una mossa degna dell’onda energetica di Dra-gon Ball, fa saltare tutta la corrente del Cattaneo. Proprio in quel preciso istante la vera notizia è che qualche studente ha smesso di sonnecchiare sui banchi, perché consapevole di essere nel bel mezzo di un vero e proprio evento da non perdere. Mo-menti di panico e di terrore nel laborato-rio soprastante di Sistemi, dove una quin-ta stava lavorando al personal computer (sempre per usare le parole del Prof. Fur-rier) senza aver avuto la possibilità di sal-vare il proprio lavoro. Gli accidenti di que-sti ultimi si sentivano ovunque e dopo al-cuni secondi fanno irruzione davanti al prof. Furrier, in laboratorio con la sua 3F, due studenti di quinta capitanati dall’ar-ciere prof. Guglielmo, che è risaputo vor-rebbe scagliare frecce sopra la testa del Prof. Furrier e non centrare la mela, per chiedere spiegazioni al brillante e saggio

elettrotecnico. Alla domanda: come mai fosse saltata la corrente, il prof. Furrier, dopo ore di esitazione, raccoglie le idee e con spavalderia, quasi fosse scontato il motivo controbatte: “Ah…sovraccarico”! E poi aggiunge con tono saccente, lavandosi le mani dalle colpe: “Ah, se qualcuno ha perso il suo lavoro, io lo dico sem-pre di salvare frequentemente il file”. Gugliel-mo, stizzito ed irato, prende il suo arco con le frecce e se ne va. Il professor Furrier, come esclamerà poi più tardi “a piedi, tutto a piedi”, si veste col suo manto e attraversa tutto il piaz-zale per riattivare la corrente dal quadro gene-rale. Poi, rientra in classe con il suo sguardo da bischero furbesco, si sveste della sua pelliccia, si siede e arricchisce i ragazzi di particolari e di ulteriori spiegazioni: “Ah signori, c’ho dato troppo su. Comunque ragazzi, doveva succede-re, altrimenti non vi divertivate…”. Un alunno commenta l’accaduto: “Ogni volta che abbiamo laboratorio ne succede sempre una, o una gaffe o una parola storpiata all’in-glese come sostware anziché software. E’ dav-vero uno spasso. Meno male che c’è lui, ha ra-gione quando dice che ci fa divertire”. Un altro ancora aggiunge: “Fa morire quando si vanta di aggiustare tutto lui nella scuola oppure di

modificare le play-station…”. “…o quan-do si vanta di aver programmato la campanella automa-tica al Cattaneo – gli fa eco un altro stu-dente –“.

Eh sì, in giorni qua-lunque, meno male davvero che c’è il Professor Furrier…

PROSEGUE DALLA PRIMA PAGINA

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Alcuni mesi fa, in un mio precedente articolo, scrissi tra queste colonne una critica ai professo-ri della scuola italiana. L’articolo riguardava fatti di cronaca vera, non voleva (e non doveva) esse-re un affronto a nessuno, ma soltanto una rifles-sione che probabilmente in pochi hanno voluto fare. Un vero peccato, credevo che riportando fatti di cronaca realmente accaduti qualcuno si sarebbe interrogato, ma ancora una volta mi sbagliavo. Avrei tante cose da controbattere a queste persone, ma sinceramente non ne ho vo-glia di farlo in questa occasione, credo che una persona matura possa ragionare anche senza il mio intervento mediatico. Sono convinto però che qualcosa in Italia stia succedendo: siamo alla deriva, e giorno dopo giorno mi convinco sempre di più che forse è meglio andarsene da questo Paese corrotto e ormai privo di cultura e valori. Fuggire è rimasta l’unica cosa da fare.

In una recente intervista fatta dopo un concerto al teatro Bismantova, uno dei tre musicisti del Beaux arts string trio, Francesco Pepicelli, ha detto che «i cittadini italiani, nonostante le possibilità culturali che ci sono, come internet e le biblioteche, hanno messo la cultura generale in secondo piano, proprio come accade nel-la scuola. Non credo che ci siano molte perso-ne preparate culturalmente, perché purtroppo fanno carriera e soldi persone che non sanno nulla, ma diciamo che hanno altri talenti in altre cose, e neanche le persone che ci rappre-sentano hanno una grossa cultura, a partire dai nostri politici. Se penso ai politici di 30 o 40 anni fa, con tutti i loro difetti che però ognuno di noi ha, erano persone con tutt’altra cultura, mentre oggi c’è troppa gente che ci rappresenta e sa poco».

Sono parole che mi hanno fatto riflettere a lun-go, non era la prima volta che le sentivo, già in altre interviste mi era successo di sentire frasi simili, ma dette da un musicista come Pepicelli mi ha fatto pensare ancora di più, e ho pensato dentro di me: «E’ proprio vero..».

Non è tollerabile che in un Paese normale uno come Roberto Saviano sia contestato duramente dai suoi stessi concittadini, che lo ritengono una brutta persona che «doveva farsi i fatti suoi». Allo stesso modo non è tollerabile che così tante persone laureate sono spesso senza un lavoro fisso, mentre «chi ha le conoscenze» si trova a sedere come consigliere o parlamentare definen-

dosi «il futuro». Se il futuro è quello, allora tanti auguri Italia, e sarebbe vera-mente meglio scappare, visto che chi è al potere finché non muore ci rimane senza dar spazio a nessun’altra persona, giovane o adulta che sia.

In un Paese normale non ci sono carabi-nieri che girano a far valere privilegi che non gli spettano mentre altri loro colle-ghi ci mettono la faccia e rischiano la vita per la giustizia. In un Paese con la P maiuscola le scuole non sono abbando-nate a se stesse, ma c’è qualcuno che dalla capitale cerca di varare riforme giuste e innovative, non delle repliche di riforme scadute da decenni.

Se siamo in queste condizioni, dove ogni giorno vediamo qualcosa che non va, dobbiamo renderci conto che questa non è la normalità (come vogliono farci credere), e per questo serve lottare per cambiare quella che ora è diventata una realtà, fatta di paradossi e illogicità che non guarda al futuro ma vive alla giornata.

Simone Zobbi

Twitter @SimoneZobbi

HowL - Spazio riflessivo

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Non è facile a volte comprendere le differenze tra le persone, perché tutti noi rimaniamo in un certo senso sconvolti dalla diversità cultu-rale, tradizionalista o sociale, ma non può di-ventare un motivo su cui fondare pregiudizi o stereotipi che ci portano molte volte a forme di razzismo. Così, si perde di vista l'unica cosa che ci lega tutti, ovvero la curiosità di cono-scere e accogliere con tolleranza la diversità culturale, senza andare ad isolare queste per-sone. Ma questo concetto non è ancora molto chiaro a tutti noi; forse perché ci impaurisce l'idea del diverso da noi e dalle nostre abitudi-ni, perché viene considerata la diversità cultu-rale come una cosa che vada a cambiare la vita di tutti noi ma è importante, e soprattutto in questo periodo storico, che la gente impari ad accettare ciò che pare differente dalle no-stre abitudini. Dobbiamo stabilire un forte legame con tutte le persone che ci circondano senza badare troppo se è straniero, perché in fondo dove sono le differenze fra tutti noi es-seri umani? Perché ci soffermiamo ad osservare il colore della pelle? O a gene-ralizzare un intero gruppo sociale, come cri-minale, basandoci su pochi atti devianti com-piuti da poche persone? Dovremmo invece diventare “razzisti” verso la gente che so lo merita come criminali, stupratori, spacciatori o assassini! Dovremmo avere solo un’unica distinzione fra le persone: catti-ve e buone persone. La diversità culturale non deve essere considerata un fattore negativo, ma come una cosa positiva, perché dal diverso

possiamo trarre solo vantaggi, come arricchire le nostre menti, imparando così a conoscere meglio la gente. Non dimentichiamoci mai che l'odio fra per-sone non ha mai giusti fini, perché traendo spunti dalla storia, con l'odio razziale si è arrivati so-lamente alla guerra e al genocidio. Dobbiamo renderci conto di vivere in un periodo che non isola le varie nazioni, ma le tiene in contatto, grazie alla comunicazioni moderne e i trasporti, come non era possibile nei secoli scorsi. Ormai tutti i giorni ci tro-viamo a comunicare con persone di ogni origine e ogni paese, ma che però condividono con noi le stesse idee, opinioni o passioni; questo deve farci capire che non sono differenti da noi, anzi al contra-rio, capiamo che loro sono uguali a noi, perché noi tutti sappiamo amare, distinguere il giu-sto dallo sbagliato, arrabbiarci e affezionar-ci. Detto questo che nessuno può contraddire, do-ve stanno le differenze? Come sappiamo tutti, nasciamo da un grembo femminile, tutti cresciamo e tutti sviluppiamo una mente che ci rende capaci di ragionare e scegliere. Un’esortazione: impariamo ad essere dei veri esseri umani, ma non dei giudici dell’ odio, guardiamo oltre l’apparen-za, impariamo a conoscere la gente e le loro tradi-zioni! Non possiamo essere a dei livelli già superati nella antichità, perché ci ostiniamo a rimanere dei primitivi su questo fronte? Voglio solo dirvi un’uni-ca cosa, non siate delle persone chiuse nel vostro mondo, perché non è così. Il mondo fuori da casa vostra è del tutto differente, abbiate il coraggio di uscirne e fare un giro, vedrete con i vostri stessi oc-chi ciò che succede; comprenderete che i figli degli stranieri non sono tanto diversi dai vostri, ma solo

con una differenza: la maggior parte di loro è costretta a vivere in situazioni disumane. Se guardate attentamente, vedrete con i vostri oc-chi il viso degli sfollati per colpa della guerra e la fame delle persone, la fame vera! Compren-derete la povertà che affligge questo mondo, di quanto è freddo e comprenderemo noi tutti, che mentre stiamo seduti sulle nostre poltrone ci creiamo falsi stereotipi sugli emigrati ma ci ren-deremo conto di quanto male noi provochiamo rifiutando questa gente, perché come muore un nostro bambino, muore anche uno dei loro nello stesso modo. Di fame o per mano di un’ arma e vedremo che il colo-re del loro sangue è uguale al nostro…

Dino Sabovic

HowL - Sguardo sul mondo SIAMO MAI STATI UMANI?

Riflessione storica sul razzismo

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SPORT/LA RIFLESSIONE

DOPO LE TRAGEDIE

Cosa succede al calcio e allo sport? Dopo il calcio scommes-

se ora anche le tragedie. La morte di un ragazzo come

Morosini deve insegnarci qualcosa. E’ ora di riflettere…

QUEL DANNATO CAMPO DI CALCIO

C’è un ragazzo sdraiato su un campo di calcio, c’è un ragazzo che per qualche istante ha prova-to a vincere contro l’avversario imbattibile. No. Quel ragazzo proprio non voleva distendersi a terra su quel campo di calcio. C’è subito grande confusione at-torno, gli occhi di tutti sono già passati da increduli a sconvolti, anche i campioni piangono su quel dannato campo di calcio, nessuno si aspettava che il gioco potesse divenire tutto questo e fare così male, nessuno vuole es-sere preparato per queste cose; certe cose non devono succedere nei giochi. C’è un ragazzo disteso su quel maledetto cam-po di calcio, c’è una grande confusione attor-no, assordante è il silenzio che si percepisce. “Questo silenzio assordante mi logora”, can-tavano i Gemelli Diversi, finalmente com-prendiamo. Dai commenti dei telecronisti, degli inviati sul campo, dei giornalisti subito dopo l’accaduto non arriva nulla, l’udito è so-praffatto totalmente dalla vista; la vista ha completamente svuotato la mente, la mente adesso è pronta per rif lettere. È qui che ha inizio la PAUSA “lasciata” da Piermario Morosini. Una pausa importantis-sima, una pausa fondamentale, da non con-fondere con una vacanza quindi un’occasione per staccarci completamente dalla nostra ma-ledetta routine e riposare. Il “Moro” ci ha of-ferto un’opportunità enorme, possiamo final-mente fermarci un attimo e pensare. Pensare se sia davvero normale, se sia giusto che serva un’assurda morte per sconfiggere, solo per una giornata, quei colossi che vedono il calcio solo come una grande fonte di guadagno; pensare e finalmente scoprire che anche il calcio ha un’umanità. Già, umanità. Da quan-

to tempo non si poteva usare questa parola riferendosi ad uno sport ormai infestato alla radice dal Dio Denaro che ne manipola par-tite, campionati e, cosa peggiore, vite. Sì, proprio vite; vorresti a tutti i costi seguire la tua passione ma se non sei disposto a entra-re nel loro sistema oppure se è il sistema a non volerti, a calcio non ci giochi, almeno ad alti livelli. Pensare seriamente che il cal-cio non sia quello che vogliono farci crede-re, annichilisce tutti gli amanti e gli appas-sionati. Howl fino ad ora non ha mai scritto sullo scandalo di “Calcio-Scommesse” e non sicuramente per ignorare il tutto, voltare le spalle come al solito e magari dire “non può essere vero, il calcio è pulito”! Il motivo sta nella difficoltà di rimanere al passo degli scenari che ogni giorno si arricchiscono di prove nuove che incolpano altri giocatori, tutti appartenenti ad un sistema marcio fino all’osso. Sono passati appena sei anni da Calciopoli e già il calcio italiano è tornato in crisi. Anch’essa non è da confondere con la crisi che viviamo permanentemente da quando siamo nati, dovuta alla mancanza di soldi per vari motivi; questa è una crisi di

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sovrabbondanza: qui è il contrario, ci sono troppi soldi per essere uno sport e dove ci so-no tanti soldi spesso nascono i problemi, o se ne vogliono sempre di più o si è disposti a tutto per averli oppure vanno nelle mani sba-gliate.

Non è sicuramente il momento per fare pole-mica, la riflessione serve a pensare quelle co-se che altrimenti non avresti mai avuto il tempo di pensare, deve assolutamente servire a dimostrare che davvero una morte così as-surda non è stata invana. Morosini non era un calciatore famoso, di quelli stra-pagati o forti a seconda dei punti di vista, io stesso ammetto che non lo conoscevo molto, però insieme a Vigor Bovolenta, l’ex campione az-zurro della nazionale di pallavolo morto an-che lui recentemente in campo durante una partita, di Marco Simoncelli oppure proprio pochi giorni fa il nuotatore danese Dale Oen, morto dopo un allenamento, ci hanno dimo-strato come lo sport possa davvero prendersi tutto, persino la vita e questo non significa che bisogna mollare ma bisogna ritenersi for-tunati a poterlo praticare. Non si deve lascia-re spazio a coloro che tentano in tutti i modi

di rovinarlo.

Queste tragedie ci hanno mostrato una im-mensa solidarietà che ormai negli sport non sembrava più esistere, in particolare nel cal-cio, e che però nei momenti peggiori spunta fuori e anche se può sembrare un eufemismo viste le situazioni, fa piacere a chi di questo sport è innamorato e lo sarà per tutta la vita.

Angelo Cosentino

KEEP CALM AND CARRY ON Una redattrice di Howl racconta il viaggio della sua 4Q a Londra, tra profumo di

curry, packed lunch e humour inglese inaspettatamente contagioso. Tower Brid-

ge, Piccadilly Circus, Greenwich e tanto divertimento nonostante qualche disa-

gio che fa’ sempre parte di ogni esperienza.

Succede che esattamente dieci giorni prima che inizi la primavera (fate un po’ i vostri con-ti...), la 4Q fa le valigie e va nell’aeroporto più grande che si sia mai visto in Italia, a Parma, per volare fino a Stansted, Londra. Sì è tutto vero: se fai il bravo in inglese ti può capitare di passare una settimana di “stage linguisti-co” a Londra. E ti capita anche di essere ospi-tato in un quartiere inguardabile da famiglie provenienti da tutto il mondo. Così, giusto per capire un po’ come funzionano le grandi città. Ma grandi davvero, mica come l’aero-porto da cui sei partito. Allora alla mattina ti svegli col profumo di curry che ti avvolge, la

doccia un po’ rotta, un cane furioso che ti salta nel piatto e hai le occhiaie che toccano il pavimento perché il bambino indemoniato della tua host family prova un certo gusto nel piangere tutta la notte. Però sei a Lon-dra. E prendi la metro. E dopo due giorni sai già tutte le fermate che ti portano fino a Holborn, dove c’è la scuola di lingua, e le ripeti come una specie di filastrocca. Ti abi-tui anche a stare in piedi per 40 minuti ap-pendendoti con un braccio alla maniglia ros-

Prosegue a PAGINA 16

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sa e ad ogni stazione “Mind the gap between the train and the platform”, come una lita-nia. A scuola ci dai dentro di inglese, conver-sazione colloquiale, letteratura, un sacco di cose interessanti. Ti viene quasi da pensare: “Questa scuola però non è male!”. A pranzo un panino al volo perché non ci vedi più dal-la fame e soprattutto non te la senti più di tanto di ingerire il packed lunch preparato dalla family. Apprezzabile eh, per carità, ma sarà che siamo italiani e sul cibo non si scherza. Di pomeriggio poi, è uno spettacolo. E c’è addirittura il sole. Il sole a Londra. Sembra quasi un miraggio. Eppure è lì che illumina le vetrine di Harrods e accarezza gli scoiattoli di Hyde Park. Poi ti ritrovi a Tra-falgar Square e laggiù in fondo vedi il Big Ben, ma ormai sono le 5 e sei a Londra: devi proprio farti un tè caldo con una bella scone. Allora per qualche minuto fai finta di essere Kate, oppure William, davanti a Westmin-ster Abbey, ma subito senti la mancanza di casa e allora corri a Buckingham Palace a controllare se i tuoi 108 bagni ci sono ancora tutti, non si sa mai che non ti venga in mente di farla da Paolo. Tutto molto storico e molto bello, quindi perché non buttarsi a Piccadilly Circus? Giusto per assaporare un po’ di ur-ban life e per vedere un teatro ogni due metri e un sacco di negozi potenti. Se sei fortunato, può anche capitarti di farti un bel giro sul London Eye al tramonto e di vedere il Big Ben con la House of Parliament che diventa-

no una distesa d’oro: niente male se consi-deri che a cena si mangia inglese vicino a Trafalgar e che il Tamigi diventa uno spec-chio in cui si riflettono tutte le luci della cit-tà. Ti innamori talmente tanto che ti fanno fare anche il giro della Londra di Shake-speare e sono così teatrali che ricostruisco-no il Globe Theatre come l’originale, ma in riva al fiume. Poi attraversi il Tower Bridge e vai a visitare la Tower of London che in realtà non è solo una torre, ma una vera re-sidenza. Ci sono i corvi neri, e dicono che quando questi spariranno, finirà la monar-chia. Vabbè, God save the Queen e i suoi cappellini da paura. Le guide turistiche, poi, sono divertentissime. Certo, quel loro humor è un po’ inquietante all’inizio, ma poi ti ci abitui e cominci a fare delle battuti-ne che mai avresti pensato di poter dire. Addirittura cominci a guardare a destra per attraversare la strada. E tutto torna. L’unico giorno di pioggia è l’ultimo, come per com-pletare il quadro che si fa un po’ triste per via del ritorno. Il curry ci avrà pure dato la nausea, ma l’osservatorio di Greenwich me-ritava un sacco, così come l’ultimo pome-riggio di shopping tra Oxford Street e din-torni a far fuori le ultime sterline rimaste. Cenettina di addio alla City e via, di nuovo verso casa pieni di inglese fin sopra i capelli e con un’esperienza piuttosto forte dentro, fatta di immagini, avventure, disagi, incon-venienti ma un sacco bello grosso di diver-

timento.

E per chi può capire:

C I A O M I C K K K K K Y !

Giulia Bedini

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Sentir par-lare di Au-schwitz vi a s s i c u r o che non è come ve-derlo dav-v e r o . Non potrò dimentica-re la nebbia che ci ac-colto a

Oswiecim e il suono dei nostri passi sul terre-no brullo e desolato. Sentire il treno passare mentre guardi il vagone della Juden Rampe e immaginare, immaginare tutto, mi fa ancora

venire i brividi, a svariate settimane di distan-za. Mi sono costretta a osservare, a osservare tutto, a imprimerlo nella mia testa nel modo più fotografico possibile, in maniera quasi ma-niacale. Ho implorato che finisse presto. Auschwitz mi ha prosciugato. Non potrò di-menticare le tonnellate e tonnellate di vestiti, di scarpe, di lamette da barba, di capelli, di valige. Il mucchietto di occhiali, le bambole, le centi-naia di fotografie di chi è rimasto senza nome. Vedere è il primo passo per prendere coscienza perché“Se comprendere è impossibile conosce-re è necessario”. (Primo Levi) E allora si rin-grazia Istoreco che ogni anno organizza i Viaggi della Memoria, si ringrazia la scuola che ci per-mette di andarci, si ringrazia la provincia che li finanzia, si ringrazia chi ha partecipato a quello del 2012.

Benedetta Valdesalici

Andrea Magnavacchi

VIAGGIO DELLA MEMORIA. SENTIRE PARLARE DI AUSCH-

WITZ NON E’ COME VEDERLO DAVVERO

Due nostri redattori al Viaggio della Memoria insieme alle loro classi,

organizzato ogni anno da Istoreco, ci raccontano le sensazioni di aver

visto la pagina più brutta della storia del mondo. Inoltre, abbiamo rac-

colto alcuni pensieri dei ragazzi che vi hanno partecipato.

"Ad Auschwitz ci sono tante valige rimaste

senza proprietario molto tempo fa. Ad Au-

schwitz c'è una ferrovia che si ferma davanti

a un deserto di dolore e di silenzio. Seguire

quei binari ci porta a una sola consapevolez-

za: quella di non poter dimenticare".

Giulia Casalini, 5I “La nebbia di anime morte, sfuma i contorni del filo spinato,

come nello sforzo di sciogliere la crudeltà

che le ha uccise.

Gabriele Lodi, 5P

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Quando sono partito ero immaturo ma avevo il fegato sano,

sono tornato più maturo ma con il fegato a pezzi

Anonimo, 5G

Quando siamo partite per il viaggio della Memo-

ria le aspettative erano alte, altissime. Ognuna di

noi si aspettava un viaggio bello, significativo, toc-

cante. La vita insegna che quando le aspettative

sono troppo alte, la realtà non corrisponde a ciò

che speravi e se ne rimane delusi. Questo viaggio

non solo ha rispettato le nostre aspettative ma è

stato addirittura meglio di quello che pensavamo.

Un viaggio davvero toccante che ha suscitato mol-

te riflessioni personali e reso tale grazie anche alla

fantastiche guide del luogo che, con un perfetto

italiano, ci hanno spiegato le storie del posto e so-

prattutto la storia di Auschwitz, rendendo una ro-

vina o anche solo un pezzo di legno qualcosa di

speciale, qualcosa con una storia da raccontare.

Le ragazze di 5M

Sei milioni, prima di visitare Auschwitz, era solo un nu-

mero, un insieme di cifre spesso ripetute, mai veramente

sentite, ma dal momento in cui i nostri piedi si sono

sporcati del fango di Auschwitz, ci siamo resi conto che

non era solo un numero, ma erano persone.

Sei milioni di vite, una diversa dall'altra, stroncata dal

volere di pochi che fatichiamo a definire uomini. Nono-

stante l' esperienza ci abbia lasciato allibiti e sconcertati,

non ha potuto non farci riflettere, rompendo così, le fred-

de mura dell'indifferenza che ci imprigionavano. Viviamo

ora nella speranza che ogni uomo sappia ciò che è avve-

nuto e che contribuisca a fare in modo che non ricapiti

mai più.

I ragazzi di 5A

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L'Aquila, una città che tutti ormai associano come il luogo della tragedia, del sisma che il 6 Aprile 2009 causò morti e feriti. I proble-mi sono stati tanti da quel giorno e tutt'ora persistono. Le classi 3^, 5^ F/G e 3^D, hanno potuto fare un viaggio d'istruzione per poter vedere in che stato è la città oggi e ai commenti di chi, quella sera, hanno vissuto quell'espe-rienza tragicamente indimenticabile. Abbia-mo potuto ascoltare varie testimonianze. Infatti le varie cose dette durante le visite, per esempio a Villa Sant'Angelo e nella stes-sa L’Aquila sono state molto toccanti. Senti-re dal vivo le emozioni quasi inspiegabili e che cosa davvero è successo ha colpito mol-to chi ha udito.

C'è anche da dire che ora quelle zone colpite dal sisma sono deserte e da quella sera sono rima-ste così com' erano, anzi, è rimasto un cane, nonché mascotte del luogo, cioè il grande Artu-ro! Addirittura è stato detto che la gente non ha potuto neanche prendere gli affetti personali, le foto, gli oggetti importanti che sono andati per-si insieme alle macerie. I lavori per rimettere in ordine tutto come pri-ma continuano ancora, sperando che finiscano il più presto possibile, perché quella gente non merita tutto questo. Ecco i commenti seri e semi-seri di alcuni miei compagni del viaggio d’istruzione a L’Aquila.

Luca Casillo

RICORDANDO L’AQUILA…

UN NOSTRO REDATTORE, E’ STATO A L’AQUILA IN VIAGGIO D’ISTRUZIONE CON LA

SUA CLASSE ED ALTRE. CI RACCONTA CHE CITTA’ HANNO TROVATO DOPO LA

TRAGEDIA DEL TERREMOTO DI TRE ANNI FA…

Quando siamo andati a vedere la Ca-scata delle Marmore, abbiamo fatto una lunga camminata che ci è costata molta fatica ma ne è valsa la pena. Davvero bello.

Jessica Boni

We love Pub!

Giulia Citroni & Martina Gabrini

Mi hanno colpita i numerosi tubi innocenti che

dominavano le pareti e l’interno degli edifici.

Erano come fittissime ragnatele. Inoltre, mi ha

colpita anche l’immenso senso di desolazione

che c’era tutt’intorno.

W Arthuro

Esmeralda Billa Prosegue a PAGINA 20

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Grande Gita! :D Alex Costi

Un consiglio per le prossime gite: non andate ad

Assergi. E’ un mortorio.

Filippo Corradi

Io della gita sono rimasto molto

impressionato dai racconti delle

persone; nei loro occhi si legge

il dolore come se fosse successo

ieri.

Rudi Grizzi

Il silenzio che c’è a L’Aquila è im-

pressionante, è come se la vita si

fosse fermata.

Christian Petrone

Avendo visto l’Aquila prima del terremoto, dove

era piena di vita e una città con tantissima gente,

vederla adesso tutta distrutta e senza gente è

spiazzante! Senza parole…

Jessica Corradi

Il momento più bello della gita

è stato sbarbare Luca Casillo.

Misbarbooooo!

Filippo Corradi

Mi ha colpito pensare che una

città potesse essere piena di vi-

ta, ora è soltanto deserta ed av-

volta nel silenzio.

Giulia Coppeta

L’importante è

prenderla grossa!

Classe 3° F

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Tre giorni lontano da scuola, libri e studio. Destinazione: Ginevra, e cosa più impor-tante, il Cern, motivo principale per cui abbiamo avuto l'appoggio degli insegnanti e il loro consenso ad accompagnarci. Il Cern, Centro Europeo per la Ricerca Nu-cleare, è il più grande laboratorio di parti-celle del mondo; fondato nel 1954, con ben 20 stati membri, migliaia di ingegneri e scienziati provenienti da tutti i paesi che vi operano, è arrivato a costruire l'accelerato-re più potente mai esistito: l'HCL, un colli-sore posto lungo un tubo di 27 km di cir-conferenza situato a 150 m sotto terra tra le montagne della Francia e il lago di Gine-vra in Svizzera. Lungo questo tubo avven-gono ogni secondo circa 600 milioni di col-lisioni fra i fasci di protoni sparati a una velocità che eguaglia quasi quella della luce (300000 km/s)! Ma torniamo alla gita. E’ quasi mattina quando con valigie alla ma-no e l'entusiasmo e la carica che solo chi, da tempo, non ha mai fatto una gita come si deve può avere, partiamo assieme alla 4I alla volta della Svizzera. Il viaggio, anche se un po' lungo, è un vero spasso.

Tra il francese dell'autista e il nostro, che la-scia alquanto a desiderare, rischiamo di per-derci parecchie volte se non fosse per l'unico eroe sul pullman che con il francese se la cava piuttosto bene, il mitico Amine. Finalmente arriviamo a Ginevra e dopo una bella visita guidata per la splendida città fac-ciamo rotta verso l'albergo che per nostra grande comodità si trova oltre il confine sviz-zero in un paesino della Francia. Ed eccoci nuovamente a dover passare la do-gana, passaggio che puntualmente ci viene confermato dai messaggi di benvenuto delle linee telefoniche. Il mattino dopo tutti pronti per il Cern!

Naturalmente lo spazio accessibile a noi è ab-bastanza ridotto, non ci hanno fatti girare cer-to assieme ai protoni per LHC. Ci hanno fatto visitare la sala di comando e altri settori dedi-cati in particolare all’interattività. Eravamo noi stessi a compiere esperimenti, magari gli stessi del Cern, ma in piccola scala. Il tutto pe-rò appoggiati da due guide di origine italiane che spiegavano ogni cosa nei minimi partico-lari e rispondevano a qualsiasi tipo di dubbio. Finita la visita siamo liberi di fare ancora

qualche passeggiata nel centro di Ginevra. L'ultimo giorno lo trascorriamo a Losanna, sede della famosa multinazionale del tabac-co "Philip Morris ", della "Nespresso" e del CIO, Comitato Olimpico Internazionale, oltre che essere il luogo in cui è sepolta Co-co Chanel.

Tra il dispiacere di lasciare la città e di tor-nare alla vita di tutti i giorni saliamo sul pullman e salutiamo la Svizzera. Questa volta la rotta è verso casa…

Anonimo 4P

SPERIMENTANDO AL CERN…

Le classi 4P e 4I sono andate alla scoperta del Cern, dove i protoni viaggiano

alla velocità della luce. Ecco il racconto del viaggio (in pullman e senza passa-

re dal ‘tunnel gelminiano’), tra gli esperimenti fatti dalle classi stesse al Cern

ed “esperimenti di francese” con l’autista, ma anche tra le città di Ginevra e di

Losanna.

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RI-

Il 13 aprile scorso, le classi 2B e 2I accompagnate dai professori Battista Guidotti, Maria Sala e Laura Carditello, si sono recati negli studi Rai di Roma per partecipare come ospiti, alla trasmissione “Le Storie”, condotta da Corrado Augias, su Rai 3. La puntata era incentrata sull’economia: può esistere un’economia “buona”, rispettosa degli individui e dell’ambiente?

Ospite in studio, Emanuele Campiglio, un giova-ne economista italiano che lavora in Inghilterra, au-tore del libro “Economia Buona” edito da Bruno Mondadori. Campiglio ha spiegato, tra le altre cose, quanto sia incomprensibile la finanza e quanto oc-corra renderla vicina all’economia, alla produzione reale della società. Alcuni studenti delle “nostre” classi sono intervenuti, ponendo domande allo stesso autore. Curiosità interessante, raccontata dal libro di Campiglio, è la cosiddetta Felicità Interna Lorda, che alcuni paesi hanno introdotto. Il primo ad introdurlo è stato il Buthan, un minuscolo stato ai piedi dell’Hi-malaya. Ma i governi occidentali si stanno impegnan-do sempre più a fondo nella ricerca di un indice che “misuri” il progresso e la felicità di un popolo. In Ita-lia già si è abbozzato qualcosa, con Giovannini, Presi-dente dell’Istat, che ha coniato il “BES”, Benessere Equo Sostenibile. Inoltre si è parlato anche della crisi economica e di chi sta dietro a tutto questo; talvolta le banche che si sono impadronite dell’economia, “comandano” dietro le quinte le crisi delle nazioni, per poi specularci. In merito alla crisi, è intervenuto il “nostro” Prof. Guidotti illustrando uno dei tanti metodi che nascono al giorno d’oggi per abbattere i costi e risparmiare. Si tratta del car-sharing, ovvero la condivisione dell’automobile. “Ogni giorno – è intervenuto Guidotti – noi insegnanti che da Reggio dobbiamo recarci a Castelnovo, ci ritroviamo in una zona comune della città e anziché prendere 15 mac-chine, ne prendiamo 6. Alla fine dell’anno il rispar-mio per ognuno di noi è di circa mille euro e in que-

sto modo conteniamo sia le spese che il consumo di carburante. E cosa non meno importante, è la rete so-ciale che si instaura tra noi”. Gli studenti che hanno partecipato, sono stati molto entusiasti ed emozionati di essere in televisione come ci racconta Veronica Cherubini: “Le cose che mi hanno colpito maggior-mente dell'esperienza fatta in tv sono state: la prepara-zione che c'e dietro a questi programmi e al mondo del-la televisione. E l'emozione di sapere di essere in diret-ta su una rete come la rai seguita da milioni di telespet-tatori...”. Soddisfatta anche Ilaria Bertoni: “E’ stato bellissimo perché comunque ho potuto vedere una realtà differente, ovvero il mondo della tv; ho visto con occhi miei tutto quello che ci sta dietro alla produzione di puntate televisive. Consiglierei a tutti questa espe-rienza”. Così come Alexandra Sironi: “E’ stata una bellissima esperienza andare in diretta a rai 3. Mi ha colpito molto vedere tutto quello che succedeva duran-te la diretta, cose che da telespettatore davanti a uno schermo non ti immagineresti neanche. Appena arriva-ti allo studio eravamo molto emozionati perché non sapevamo come poteva essere questa esperienza e allo stesso tempo eravamo preoccupati di fare brutta figura o magari di non saper rispondere dato che potevamo essere interpellati da un momento all'altro. Prima di entrare, una ragazza ci ha tranquillizzati spiegandoci come dovevamo comportarci e come funzionava”. Con-tenta anche Matilde Nasi: “Durante la trasmissione mi ha colpito vedere quante persone lavorano dietro ad un programma e capire i meccanismi della televisione. E’ stata una esperienza che ci ha arricchito perchè ci ha permesso di apprendere argomenti su cui eravamo di-sinformati e ci ha aperto la mente”.

Christian Petrone

IL CATTANEO IN TELEVISIONE!

Le classi 2B e 2I hanno sono stati ospiti a “Le Storie” su Rai 3. Alcuni studenti ci rac-

contano com’è andata e le sensazioni di essere stati in televisione.

Corrado Augias

Matilde Nasi

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Anno 6, 21°Numero HOWL

Era il lontano 10 settembre del 1945 quan-do il contadino Lloyd Olsen decise di ammazzare un bellissimo esemplare di gallo per banchettare con la sua famiglia. Egli prese quindi l’accetta e tagliò la testa al gallo. Ma incredibilmente il pollo non morì. Il padrone capì subito che avrebbe potuto sfruttare il pennuto per diventare famoso e arricchirsi. Diede dunque all’ani-male un nome, Mike, e lo portò in una tournée nella quale chiedeva venticinque centesimi di dollaro per poterlo ammirare. Grazie a questo Mike divenne presto una celebrità con il nome d’arte ‘Mike, lo straordinario pollo senza testa’. La sua fama continuava a crescere e nell’apice del successo, il gallo guadagnò 4.500 $ al mese ed arrivò a valerne 10.000. Molti scienziati erano però scettici, ritenendo impossibile che un pollo potesse vivere senza la testa. Fu allora che Olsen portò Mike all’Università dello Utah, a Salt Lake City. Qui gli scienziati studiarono questo caso arrivando ad affermare che incredi-bilmente il colpo di Lloyd non colpì la giu-gulare e lasciò intatto gran parte del tron-co encefalico, cioè una parte del cervello. Inoltre un coagulo di sangue evitò che mo-risse dissanguato.

Molti altri contadini cercarono di creare degli pseudo-Mike ma tutti non sopravvivevano per più di due giorni. Ma una domanda sorge spon-tanea: come può sopravvivere senza testa e quindi senza la capacità di mangiare? In realtà il gallo nonostante la perdita di questa capacità ingrassò di ben tre chili, grazie al suo padrone che lo nutriva con piccoli semi e con latte allun-gato con acqua tramite un contagocce. Il tutto veniva inserito direttamente nel suo esofago. Purtroppo dopo 18 mesi di vita, il suo padrone dimenticò gli attrezzi usati per nutrirlo e pulirlo e il pollo morì soffocato in una stanza d’alber-go. Era il marzo del 1947 quando si spense. Ma nessuno si scordò di questo gallo, che entrò a far parte del Guinnes dei Primati e non solo! Infatti a Fruita, in Colorado, ogni anno dal 1999 viene ricordato grazie al Mike-Day, "La giorna-ta di Mike, il gallo senza testa".

Andrea Magnavacchi

Mike il pollo senza testa

La curiosa storia

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Capitolo nono Hey Dragofollowers ben ritrovati a tutti quanti! Spero abbiate passato un buon San Valentino con la morosa del vostro migliore amico e una bella Pasqua..e soprattutto mi auguro che siate tutti morti e risuscitati dopo il terzo giorno (come secondo le scritture) e saliti al cielo fino alla destra del Pagellino! Eh lo so.. non avrei do-vuto tirar fuori l’argomento, ma d’altronde dalle punizioni divine non si scappa, e i debiti vanno saldati. Un po’ come quel povero tizio che il Mi-nistero fa passare come parassita della società perché evade le tasse. I politici però no. Loro no. Sono fantastici … Tutti in doppiopetto, mol-to fichi e assai puliti che cantano in coro: “E il Coccodrillo come fa? C’è solo la Fornero che lo sa”. Ma poi, voglio dire, cosa piange che quando gira per le poltrone del Parlamento sembra il testimonial della Apple: iPhone in ogni dove collegati a 34 new iPad e compagnia bella. Le manca solo il fatto di mangiarsi una mela a me-renda!....ma solo un morso, altrimenti stona. Giusto quel tantino che possa darle l’energia di rimuovere l’articolo 18 dalla Costituzione: su-perfluo. Cari giovani, carissimi giovani italiani. Io ve lo dico con schiettezza, ve lo sputo proprio in fac-cia da bravo drago, da zio, però.. vi fate mangia-re in testa!!E l’unica che cosa che vi interessa è mangiare i panini all’intervallo. Vi vedo ogni giorno alle 11 scannarvi per dei panini con un grammo di prosciutto dentro oppure esultare perché il Motti ha aperto il Bar. Siamo sicuri che il vero benessere sia questo? Per carità.. bel-la storia per i panini e la comodità del cibo lì , pronto.. ma perché non mettere la stessa ener-gia in qualcosa di più vero? Poi io ve la butto lì, ve la sputo proprio sotto i piedi per vedere se ve

ne accorgete. Poi saranno fattacci vostri farvi licenziare senza motivo perché d’ora in poi si potrà … però se c’è da andare a fare lo spazzino op-pure lavorare il sabato e la domenica NO! NO NO NO.. il sabato sera si prende la balla e la domenica si dorme e si sbocca quello che è ancora in corpo! Ci mancherebbe altro che uno debba farsi il didietro nel weekend che poi a 30 anni ha la cellulite e gli tocca andare dal chirurgo plastico … per cari-tà..questo è sfruttamento! “Io voglio fare la modella”, “Io voglio fare il calciatore”, “Io voglio fare l’ingegnere nucleare”, “Io voglio fare la voce di Google Translate che ti legge le bestemmie in tutte le lingue del mondo”. Giustissimo. Forse fare due pizze il sabato sera per potersi pagare gli studi è troppo per noi. “Tanto a pulire le strade e i culi dei nostri nonni ci pensano gli extracomunitari” Però piangete la disoccupazione giovanile. Non che non ci sia eh.. ma ci mettete del vo-stro in certi casi. E poi, già che ci sono, dato che sono in vena di ramanzina-post-pagellino, voglio aiu-tarvi a recuperare entro giugno: mi dispiace rimandarvi a settembre e non farvi andare all’apertura del Sophia… sai che sfiga!?!.. alla fine siete carini! Tonti forte eh.. però carini. Quando vi vedo battervi per l’ultimo gnocchino di Simonazzi mi fate impazzi-re..che teneri. Intanto volevo farvi notare, perché forse non ve ne siete ancora accorti, che il CattaDjAglioPutYourHandsUpIn-TheAir sta ospitando vari rifugiati politici venuti da Mali, Senegal e Costa d’Avorio, sbarcati qualche mese fa a Lampedusa.

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Ve lo dico così, giusto per informazione. In questa scuola si fanno un sacco di belle cose sui viaggi all’estero, i panini, la mafia, i bar, l’acqua pubblica, il teatro, la legalità, il Trinity ma nessuno vi ha presentato questi ragazzi. La Fiera dell’Omertà: nessuno vi ha fatto sentire le loro storie. Nessuno vi ha fat-to sentire la voce di chi vive davvero la storia contemporanea. Io se fossi in voi mi incazze-rei. Ma anche di brutto. E’ un’occasione in-credibile. Della scuola non mi meraviglio molto, tanto conta soltanto dare una bella immagine NoFumo SìLegalità, ma di voi un po’ sì. Vi viene negata una possibilità im-mensa e voi non ve ne accorgete neanche, per questo non vi incazzate. Io vi sputerei addosso. Di gusto proprio. Noi Draghi non siamo così idioti. Se c’è un’occasione buona la prendiamo al volo, non aspettiamo di az-zuffarci per l’ultimo panino o l’ultimo paio di scarpe, due scodate e via. Non c’è tempo da perdere. Carpe Diem e su le chiappe, così vi evitate anche il bisturi di turno e la liposuzione al sederino.

Basta fare gli indifferenti: incuriositevi.

Non vi rompete i gioielli di family a vivere di niente? Ma che noia! Io almeno vi insulto un po’ e mi diverto anche! Perché siete così imbalsama-ti che non reagite nemmeno! Fate concorrenza alle mummie. Prendete quello che non vi danno e lo so che AprileDolce(&Gabbana)Dormire ma chidor-menonpigliapesci, quindi occhi aperti e at-tenti a non afferrare l’amo: vi vogliono stupidi e reattivi-solo-a-comando come Sky. Non fatevi incastrare nel palinsesto della setti-mana, piuttosto fate una sosta e ragionate sulla sostanza senza essere schiavi di destra o sinistra. E se avete bisogno di una mano fatemi un fi-schio, che lo zio Drago è sempre pronto a sputa-re sulla folla dormiente. Dopo aver fatto la lampadina-accendi-cervelli-stile-Steve-Jobs-RIP mi ritiro nella mia spelonca a finire di montare i giochini che ho trovato a Pasqua nell’uovo Kinder…

Sveglia & Buoni Arresti Domiciliari Spa. Alla prossima!

UN CONCORSO FOTOGRAFICO IN MEMORIA DI

MATTEO CORREGGI

Bella iniziativa promossa ed organizzata dall’Istituto Cattaneo, per ricordare Matteo Correggi, ex studente del Cattaneo, morto tra-gicamente un anno fa. Il concorso è gratuito ed è aperto a tutti gli studenti del Cattaneo-Dall’Aglio.

Tema e titolo del concorso: “L’Appennino (e tutto quello che c’è dentro)”.

Il vincitore riceverà come premio una macchi-na fotografica digitale Nikon Coolpix, donata dalla famiglia Correggi, in memoria del figlio Matteo.

Ogni studente dovrà mandare al massimo una foto, corredata da un titolo, in formato digita-le (circa 500 Kbyte) entro il 19 maggio 2012, all’indirizzo e-mail del Prof. Guglielmo Man-fredi: [email protected] con nome e c l asse de l l o s tu dente . Fra tutte le foto pervenute, saranno seleziona-te le migliori 20 che, come finaliste, verranno

pubblicate sul web (previa autorizzazione). La votazione finale, aperta a tutti gli studenti, sarà on-line, con scadenza 5 giugno 2012. La premiazione avverrà durante la festa d’i-stituto di fine anno il 9 giugno 2012.

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NICKY ROMERO, L’ASTRO NASCENTE

Nicky Romero nasce il 6 gennaio del 1989, nato e cresciuto in una piccola città chiamata Amerongen in Olanda. All'età di soli 6 anni inizia a suonare la batteria. Do-po qualche anno però Nicky, sostituisce la batteria con due giradischi. L'obbiettivo era chiaro: finire la scuola e buttarsi nel mon-do della musica. Le sue produzioni si rico-noscono subito: grandi bassi electro e ritmi veramente incalzanti. Dopo vari inediti e remix ufficiali lo nota niente poco di meno che Mr. David Guetta che lo porta con se a Ibiza per aprire il suo show "F*cK me I'm famous". E con una sponsorizzazione del genere, da lì tutto in discesa. Crea la trac-cia "Toulouse" che si piazza al primo posto su Beatport, una delle più importanti classifiche chart della musica elettro-house.

Queste sono alcune delle sue migliori pro-duzioni che consiglio vivamente di ascolta-re:

Nicky Romero - Generation 303

Jack Back featuring David Guetta, Nicky Romero & Sia – Wild One Two

David Guetta & Nicky Romero – Metro-polis

Nicky Romero - Camorra

Nicky Romero & Hardwell - Beta

E questi invece sono alcuni dei suoi remix migliori:

David Guetta featuring Sia – Titanium (NIcky Romero Remix)

David Guetta featuring Usher – Without You (NIcky Romero Remix)

Kelly Clarkson – What Doesn't Kill You (Stronger) (NIcky Romero Remix)

Madonna feat. Nicki Minaj & M.I.A. – Give Me All Your Luvin' (NIcky Romero Re-mix) Eva Simons - I Don't Like You (NIcky Ro-mero Remix)

Dobbiamo dare fiducia a questi giovani di talento. Nicky non ci deluderà!

Giancarlo Dj CoNstantin

CONSTAtazioni da Deejay

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Come nasce lo spettacolo “Stasera non

Escort”?

Rita: Dopo la manifestazione del movimento “Se

non ora, quando?” ci è venuta voglia di fare qualco-

sa di comico che potesse rappresentare quel movi-

mento, abbiamo voluto unirci e fare questo spetta-

colo. Lo spettacolo nasce dall’idea di voler prendere

in giro quella gravissima situazione che si era crea-

ta: Berlusconi, le escort… diciamo un paese che an-

dava a puttane?

Quanto e come è considerata la donna in

questo momento? Non credete che la figura

della donna sia stata strumentalizzata in

questi ultimi anni?

Alessandra: Sì, credo che in particolare in Italia la

figura femminile sia stata strumentalizzata, soprat-

tutto dai media. Il movimento di cui parlava Rita è

nato per questo motivo. In Italia la situazione è

molto arretrata, il patriarcato è molto forte. I media

usano la donna in modo strumentale, per il merca-

to, per vendere, per avere audience. Siamo in uno

stato di arretratezza da un punto di vista anche so-

ciale, gli stipendi sono bassi, la collaborazione delle

istituzioni per, ad esempio, gli asili nido è scarsa.

Anche la collaborazione della parte maschile è scar-

sa. La donna si trova ancora in svantaggio nella no-

stra società.

C’ è una speranza? Cosa si può fare per cam-

biare le cose?

Margherita: Secondo me la speranza arriva dalle

donne. E’ vero quello che dice Alessandra sul pa-

triarcato, ma purtroppo le donne ci mettono anche

del loro. Nello spettacolo parliamo di autostima, di

figure (femminili) che vanno ad aumentare questa

denigrazione. Certi tipi di madri, certi tipi di mogli,

certi tipi di ruoli che purtroppo la donna fa fatica a

vedere in evolversi: catene da spezzare che costringono la

donna a essere quello che lei stessa probabilmente non vor-

rebbe neanche essere. La speranza arriva da questo, dalla

forza delle donne.

Claudia: La nostra speranza è che molte donne che invece lo

fanno apposta a essere… “puttanone”, ma è un brutto termi-

ne… diciamo delle “escort”, rinsaviscano. L’ottimismo è una

buona cosa, molte donne ci mettono molta energia per esse-

re il peggio di sé e per rappresentare in negativo il genere

femminile. Vedo alcune donne, mi vergogno e mi chiedo:

ma come possiamo appartenere alla stessa natura?

Un esempio potrebbe essere ciò che è accaduto al

Festival di Sanremo?

Claudia: Anche, ma sicuramente non è la cosa più grave.

Ovunque ti giri vedi che ci sono molte donne che per trovare

una scorciatoia, perché hanno pensato che usando il corpo

si può avere successo, denaro, potere e molto di più annul-

lano quello che molte di noi fanno da anni. Con un culettino

che appare in tv il lavoro di anni di femminismo viene an-

nientato, ma io voglio essere ottimista.

La mia domanda è forse un po’ stupida… se poteste

scegliere un ruolo femminile in teatro che perso-

naggio vi piacerebbe interpretare?

Alessandra: Vorrei sicuramente fare Nora di Ibsen, “Casa di

Bambola”.

Margherita: Ah! A me piacerebbe fare Pandora de “Il vaso

di Pandora”.

Rita: Giulietta! Non è vero! il mio sogno è fare Puk che tutti

sostengono sia maschio ma non è detto, magari è femmina.

Claudia: E’ banale perché ho un personaggio nello spettaco-

lo che si chiama nella stessa maniera, ma Dolly di “Hello

Dolly” mi ha sempre fatto impazzire. Però ho la grande for-

tuna di interpretare una Dolly molto diversa!

HowL- La Redazione

Intervista a Margherita Antonelli,

Alessandra Faiella,

Rita Pelusio e Claudia Penoni

Per le interviste integrali visita il sito: www.teatrobismantova.it

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Dov’è nato “Odisèa-lettura selvatica” e quale idea

ha dato vita a questo spettacolo?

E’ nato in Sardegna a Seneghe dove si svolge il Festival

“Settembre dei Poeti”. Sono stato chiamato a leggere delle

poesie di Raffaello Baldini, dove ho conosciuto Paolo Nori.

Qui sono nate la voglia e l’idea di fare un lavoro individuale

nel quale utilizzare il dialetto come lingua di scena. All’inizio

il progetto doveva prendere la forma di un’antologia dei

grandi poeti romagnoli, poi si è trasformato nella sola lettu-

ra dell’Odisèa di Tonino Guerra.

Non crede che un dialetto così stretto possa isolare

la platea dal succo dello spettacolo?

Come Compagnia abbiamo fatto “L’isola di Alcinaa”, uno

spettacolo tutto in dialetto romagnolo, forse ancora più

stretto di quello di Odisèa, e l’abbiamo portato ovunque,

anche a New York e Mosca, eppure ha sempre avuto un suc-

cesso clamoroso. Ad esempio quando si va all’opera ad

ascoltare Wagner in tedesco, cosa si capisce? Tutto. Non è

solo nella parola e nel linguaggio la sola via per comprende-

re.

Quanto è contemporanea la storia dell’Odissea?

E’ sempre contemporanea perché è la storia di un reduce, di

un uomo che vuole tornare a casa dopo una guerra. In parti-

colare, in questa riscrittura di Tonino Guerra, viene fuori

una contemporaneità legata alla terra. Sparisce l’aurea miti-

ca del racconto per lasciare spazio ad una consistenza più

vera. Si parla di uomo che torna a casa e ha a che fare con

delle cose estremamente concrete. Non sarebbe una storia

che ha trapassato i secoli, se non contenesse una contempo-

raneità che non si distrugge mai. Proprio per questo è un

grande testo classico: sa viaggiare nel tempo.

Perchè ha deciso di utilizzare il dialetto per uno

spettacolo?

Qual è la lettura che da? In realtà con questa lingua è come

indossare una maschera. E’ dialetto, ma è una lingua, una

lingua di scena. La compagnia delle Albe, “i miei fratelli

maggiori”, da anni lavora sul dialetto facendolo diventare

lingua di scena, proprio appoggiandosi ad una schiera di

nuovi poeti venuti fuori dopo Tonino Guerra dalla Roma-

gna. Quando si parla di creare un personaggio, si intende

costruire una maschera. Il dialetto, avendo io la possibilità

di utilizzarlo perché provengo da un paese di campagna del-

la Romagna, mi ha dato proprio l’occasione di costruirmi

una maschera.

Il Teatro della Albe realizza e porta avanti con

diverse scuole laboratori teatrali intitolati “Non

Scuola”. Avete utilizzato anche con i giovani

questa lingua?

Noi usiamo sempre il dialetto, ma non solo romagnolo:

tutti i dialetti. La prima cosa che chiediamo al primo

incontro sono le lingue e i dialetti, chi li sa parlare. E’

ricchezza linguistica. In uno spettacolo del laboratorio

Non Scuola siamo in grado di mischiare tantissime va-

rietà linguistiche. Nell’Ubu che abbiamo portato in sce-

na c’erano l’italiano “sporco”, dato che non recitavamo

in dizione, il dialetto romagnolo purissimo della campa-

gna e addirittura il dialetto senegalese. E’ un brulicare

di lingue. Sul palco è possibile fare questo e secondo noi

è anche bello. E’ certamente la prima cosa che chiedia-

mo anche perché oggi nelle scuole ci sono molti studenti

stranieri. Adesso stiamo facendo un progetto a Venezia

dove lavoriamo in diverse zone della città. In periferia la

maggior parte sono stranieri: nigeriani, moldavi, tur-

chi.. è una cosa bellissima. In centro, invece, sono tutti

tipici cognomi del capoluogo veneto. Anche loro sono

bravissimi: ognuno è particolare a suo modo.

Riguardo i dialetti, lingue che caratterizzano il

nostro Paese, si ha il timore che si estinguano a

causa del trascorrere delle generazioni. Sarebbe

grave questo? Cosa perderebbe l’Italia?

Credo sarebbe una perdita grave, come ogni perdita lo

è. Però allo stesso tempo non credo possa trattarsi di

una vera perdita. Nulla si crea, nulla si distrugge. Credo

piuttosto che qualcosa si possa trasformare. Si può lavo-

rare con un dialetto purissimo, però ad esempio c’è un

poeta, Giovanni Nadiani, che scrive sul fatto che un dia-

letto così remoto ormai non esiste più, è una menzogna.

Tant’è vero che io ho dovuto recuperarlo attraverso i

poeti, non si parla più così, nemmeno a casa. Lui, allora,

ha iniziato a scrivere poesie e monologhi teatrali met-

tendo nel dialetto tutti i nomi inglesi di uso oggi comu-

ne oppure descrivendo situazioni contemporanee: una

cinese che lavora al Mc Donald oppure un anziano russo

che con la sua badante ucraina guarda il Grande Fratel-

lo. E’ come un imbastardimento del dialetto, perché in

realtà si sta modificando. E’ una lingua viva, non è mor-

ta. E’ viva perché si modifica. HowL - La redazione

Intervista a Roberto Magnani

(Teatro delle albe)

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Siete di tre nazionalità diverse, ma dov’è nato

questo trio?

Joaquín Palomares: Questo trio è nato in Spagna,

perché è sempre un problema organizzare con-

certi con un pianoforte per motivi di spazio e a

volte manca proprio il pianoforte, ad esempio nel-

le chiese, e c’è sempre il problema del pianoforte,

mentre un trio d’archi lo puoi mettere dove vuoi e

si può fare una musica molto interessante, e il trio

d’archi è una formazione molto interessante, que-

sto è il motivo per cui siamo nati.

Cosa ne pensate della musica classica italiana

attuale?

Francesco Pepicelli: Penso che è un momento

non semplice, e anche i nostri compositori fanno

molta fatica a comporre, perché siamo in un perio-

do storico in cui l’Italia soffre moltissimo come

nazione, e quindi anche i compositori nelle loro

composizioni ci sono molte situazioni estreme di

conflitto. Oltretutto c’è poca possibilità di fare

ascoltare queste musiche, perché le occasioni

stanno diminuendo per grandi tagli alla cultura da

parte di tanti governi, ed è un grosso problema

per la cultura e l’arte italiana. E anche i composi-

tori, cui solitamente venivano commissionate delle

composizioni dai teatri, oggi lavorano meno, per-

ché con la mancanza di fondi è diventato tutto più

complicato.

Secondo lei la qualità a che livello è ora?

Francesco Pepicelli: La qualità è buona, in gene-

rale è abbastanza buona. Ma il problema è che

sono pochi quelli che riescono a comporre, e ci

sarebbero persone con talento che non compon-

gono perché sennò non riescono a mangiare, e

quindi piano piano non smettono di comporre.

Perciò non a tutti viene data la possibilità di espri-

mersi.

Conosce Giovanni Allevi?

Francesco Pepicelli: (ride) Sono nato ad Ascoli

Piceno e quindi è un mio concittadino…

Cosa ne pensa delle opinioni espresse dai critici musi-

cali che, da quanto ho letto sui giornali, considerano la

musica di Allevi banale?

Francesco Pepicelli: Ero molto curioso all’inizio, e per capire

questo fenomeno sono andato a un suo concerto, perché è

importante essere sempre aggiornati. Devo dire che questa

persona ha indovinato come far successo, in Italia e in que-

sto periodo; quindi grande merito per questa grandissima

operazione di marketing che lui ha saputo fare. Musicalmen-

te però ho dei forti dubbi, perché indubbiamente le sue com-

posizioni non hanno nulla di nuovo, non vedo nulla di così

particolare e interessante. Io l’ho sentito e dopo i primi tre

minuti ho detto “ah, carina questa cosa!”, solamente che

questo concerto è durato un’ora e un quarto. Ovviamente il

pubblico era in visibilio, però è perché lui racconta e dice le

sue storielle durante il concerto, un personaggio che ha co-

struito un’immagine particolare in cui i giovani si ritrovano

molto, dove lui ha gli stessi problemi loro, e vive questa real-

tà difficile del mondo d’oggi. La cosa strana è che lui è venu-

to fuori a 35 anni, quando lui si è diplomato a 21/22 anni,

invece lui ha avuto un’ascesa dopo i 32 anni, pare dietro

grosse spinte di marketing e della moglie, che è una grossa

manager, e lui ha approfittato di questa occasione. Sincera-

mente non ha nulla di così profondo, ma nel mondo d’oggi

ha indovinato la cifra per “bucare lo schermo”.

Ha detto il mondo di oggi, cosa intende? Che il pubblico

si aspetta di meno dalla musica?

Francesco Pepicelli: Esatto, e oltre a questo non è abituato

ad approfondire. Purtroppo è un mondo che nonostante le

possibilità culturali che ci sono, come internet e le bibliote-

che, devo dire che la cultura generale è un po’ in secondo

piano, come accade anche nella scuola. Non credo che ci

siano molte persone preparate culturalmente, perché pur-

troppo fanno carriera e soldi persone che non sanno nulla,

ma diciamo che hanno altri talenti in altre cose, e neanche le

persone che ci rappresentano hanno una grossa cultura, a

partire dai nostri politici. Se penso ai politici di 30 o 40 anni

fa, con tutti i loro difetti che però ognuno di noi ha, erano

persone con tutt’altra cultura, mentre oggi c’è troppa gente

che ci rappresenta e sa poco.

HowL – La Redazione

Intervista ai Beaux arts string trio

(Trio di archi)

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Quando e perché è nato questo spettacolo, cioè

“Top Dogs - Manager sull'orlo di una crisi di ner-

vi”?

Giovanni: Questo spettacolo è nato nel 2008. E’ nato per-

ché siamo incappati in questo testo e già qualche anno fa

era estremamente attuale, adesso siamo nella crisi a piedi

pari ma non è iniziata né ieri né ieri l’ altro, s’intravedeva

già tempo fa. Era una drammaturgia contemporanea e noi

avevamo voglia di misurarci con una drammaturgia di que-

sto tipo, questa è stata la prima. Venivamo da testi classici

in quel periodo. Massimo Navone, il nostro regista ci ha

dato questa opportunità. I temi erano moderni con un lin-

guaggio attuale.

E’ stato difficile fare uno spettacolo di stretta at-

tualità?

Marco: E’ uno spettacolo che parla di attualità ma i fatti

rappresentati sono accaduti del 1996. E’ ispirato a una sto-

ria vera, tutti i personaggi sono ispirati a personaggi reali,

la clinica esiste veramente in Svizzera.

Erano tantissimi i casi di manager licenziati che vivevano

queste crisi d’ identità. Loro univano la loro identità perso-

nale con quella di lavoratori: Urs Vidmer, il drammaturgo

ha elaborato moltissimo materiale, questa è una scrematu-

ra, la drammaturgia originale è molto più ricca.

Il mondo che rappresentate è reale, cosa ne pensa-

te?

Alessandro: Il mondo rappresentato mi sembra un po’ di

cartapesta come le identità che si sono creati questi perso-

naggi. Questi personaggi si identificavano con il loro lavo-

ro, nel momento in cui si sentono dire: “Tu sei licenziato” il

riflesso diventa “Io non esisto”. Se io lavoro e il mio lavoro

non c’è più allora automaticamente io smetto di essere. La

cosa è preoccupante e rischiamo ogni giorno di caderci e

iniziare a identificarci con il nostro lavoro e metterci, alle

prime difficoltà, in discussione noi, come persone. La situa-

zione della clinica a volte mi sembra assolutamente surrea-

le e anche la comicità che ne deriva è assolutamente surrea-

le. I personaggi vivono delle situazioni anche molto toccan-

ti, profonde e dolorose ma vista da fuori la situazione appa-

re buffa e paradossale: questi personaggi sono davvero ca-

pitati su un altro pianeta! Sono scollegati dalla realtà e que-

sto visto da fuori fa veramente ridere… nella tristezza, è un

riso amaro. Mi chiedo se sia un rischio che corriamo anche

tutti noi oggi? Credo che la risposta sia: sì!

Qui si parte dal dire che queste persone sono state licenzia-

te e perdono così la loro presunta identità ma il problema

non è solo quello del licenziamento, il problema esiste-

rebbe comunque, anche se queste persone il lavoro lo

avessero. Il problema di queste infatti sussisterebbe co-

munque, anche se non perdessero il lavoro: qui la perdita

del posto è una fortuna, diventa per loro un’ opportunità

per guardarsi dentro e vedere se ci sono altri valori che

possono prendere quel posto.

Com’è essere attori in un momento così difficile

dal punto di vista economico?

Sara: Io ho la mia risposta ironica ma magari non scrive-

tela… Per me è meraviglioso perché ormai c’è così tanta

crisi che qualunque mestiere tu faccia è uguale quindi

tanto vale fare qualcosa che ti piace

Marco: No scrivetela! Probabilmente è la cosa più impor-

tante da dire.

Alessandro: Mio padre era molto spaventato da questa

mia scelta, nota famigliare, quando ha capito che la mia

strada sarebbe stata quella del teatro: Pensava alla preca-

rietà, al poco lavoro… Noi con il nostro lavoro siamo riu-

sciti a crearci una situazione che ci permette, rispetto a

molti altri, un po’ di regolarità, se non altro perché siamo

un gruppo. Un lavoro molto duro, molto intenso… Ho

detto a mio padre: “Papà ma ti rendi conto che restano a

casa gli architetti? Gli ingegneri? I laureati in econo-

mia?”. Io credo che davvero abbia ragione Sara, tanto

vale fare quello che piace. Siamo a un punto in cui davve-

ro dobbiamo allontanare l’ idea del posto fisso perché per

un po’ non sarà così!

Marco: Il sistema economico è in crisi perché l’ umanità

ha preso quello come modello e adesso questo sistema è

in crisi. Se noi avessimo in testa quel modello economico

probabilmente faremmo un altro mestiere… Noi cerchia-

mo di adoperarci con l’ Arte di migliorare l’ essere umano

e proponiamo un’ alternativa a tutto questo.

Sara: La crisi non è economica, la Crisi è quando vivi in

una società in cui hai un impoverimento dell’ anima tale

per cui non puoi farci niente, per me quella è la vera Cri-

si. Se si tratta di mangiare puoi fare un lavoro qualsiasi

nella vita per avere i soldi materiali per mangiare. Credo

che i problemi di “devastazione”, tra virgolette, di cose

più intime e interne che per me caratterizzano l’ animo

umano siano incurabili. C’è una perdita totale e un inver-

sione dei sistemi di valori, nelle relazione con gli esseri

umani, con le persone… alla ricerca di qualcosa che non

fa parte intimamente di noi, dell’ uomo. Howl La Redazione

Intervista alla compagnia MaMiMò

Page 31: Howl

Anno 6, 21°Numero HOWL PA G INA 31

CruciCattAglio 1. Animale con corna sul muso.

Spesso profanato per fare battute

piuttosto scadenti.

2. Famoso in questi giorni. Figlio

d’arte del verde Umberto. Sotto il

segno dei Pesci.

3. A come … B come bottone C co-

me canzone D D’amore.

4. Stanno per arrivare i pagellini e

prima di giugno bisognerà andare

a ….

5. Intanto…. brucia intorno a noi.

6. Questa è poi una scuola e anche

una cagata… Watson!

7. Quelli di Maria de Filippi sono

proprio dei fenomeni.

8. Bassa. Tedesca. Potente. Molto

Potente. Di cognome da Merkel.

9. Intramontabile Cartonio della

Melevisione.

10. Finalmente è qui! Più Gnocco e

Pizza per tutti. Grazie Forno …

Sì siete stati bravi in tanti a farci gli auguri su Facebook, ma per noi conta di più la carta scritta e ce lo auguriamo BUONO da soli!

Constantin Playlist: Avicii feat. Salem Al Fakir - Silhouettes (Original Mix)

Zedd & Skrillex - Dont Slam The Cinema (Zedd Mashup)

DJ Antoine feat. The Beat Shakers - Ma Cherie (DJ Antoine vs. Mad Mark 2k12 Mix)

Sub Focus feat. Kenzie May - Falling Down (Original Mix)

Rudeejay Freaks Jam ft Marie Claire D'Ubaldo - Suenos (Dreams Can Come True)

Knife Party - Internet Friends (Hardwell Edit)

Skrillex, Kill The Noise, 12th Planet ft. ft. GMCFOSHO - Burst (Original mix)

Henrik B & Rudy - Leave A Light On (NO_ID Remix)

Madonna - Girl Gone Wild (Avicii's UMF Mix)

David Guetta feat. Chris Brown & Lil Wayne - I Can Only Imagine (R3hab Remix)

Giancarlo Dj CoNstantin

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Collage di Ilenia DarkoCollage di Ilenia Darko