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Giroingiro in Casentino 2

Un museo reale e un museo ! virtuale

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Salve aquilotti! Continuiamo a esplorare il nostro Casentino, utilizzando stavolta due nuovi “strumenti” che daranno a voi, studenti del XXI° secolo, l'opportunità di non addormentarvi sui libri e la gioia di presentare ai vostri genitori e ai vostri nonni mondi a loro sconosciuti. Così potrete toccare con mano l'utilità della scuola, delle lunghe mattine passate sui banchi: conoscere cose nuove, che spesso sono una sorpresa anche per gli adulti!

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Iniziamo con uno strumento nuovissimo: il

Museo Archeologico Piero Albertoni,a Bibbiena.“Ma va!”, mi direte voi aquilotti, “un museo non è certo una cosa nuova!”.In effetti il “museo” è una cosa antica che contiene cose antiche, ma il museo di Bibbiena è nuovo nuovo, è stato inaugurato pochi mesi fa ed è stato realizzato con idee moderne: non ci sono vetrine polverose e noiose, ci sono tante cose da “esplorare”.

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Quando conosciamo una persona o una cosa nuova ne memorizziamo subito il nome, e anche il nostro museo ha un nome, che è anche un nome di persona: Piero Albertoni. Chi è dunque questo signore? Era un vostro conterraneo, un casentinese particolarmente appassionato della sua terra. Con altri appassionati aveva fondato un Gruppo Archeologico, cioè un gruppo di persone che cerca di salvare e di valorizzare quanto rimane delle testimonianze del passato nella nostra terra. Purtroppo ci ha lasciati non molto tempo fa, e allora i suoi amici del Gruppo, e gli enti pubblici che hanno insieme a loro allestito il Museo, hanno pensato di ricordarlo dedicandoglielo. Nel museo sono quindi raccolti gli oggetti rinvenuti negli scavi archeologici promossi dal Gruppo Archeologico, e realizzati sotto la direzione della Soprintendenza Archeologica, l'ufficio dello Stato che tutela i nostri monumenti antichi.

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Entriamo allora nel Museo (anche via web: www.ilbelcasentino.it/museo-archeologico.php). Intanto osserviamo dove è stato realizzato. Siamo nelle cantine dei ricchi palazzi signorili che, a partire dal '600, sono stati costruiti lungo quella che sarà poi via Berni, in particolare sul suo lato a valle, per sfruttare lo splendido panorama che ancora oggi si gode sulla valle di Santa Maria del Sasso e sulla Verna. Qui scendiamo nelle grandi cantine che assicuravano una ricca dispensa di cibo ai signori che abitavano di sopra, in quelli che non per niente venivano detti “piani nobili”. In cantina si depositavano le derrate alimentari: olio, vino, granaglie, formaggi, salumi, noci, miele; per trasportare tutta questa merce sotto il livello stradale (dove sono le cantine) le scale erano poco adatte ... e infatti la scalinata che percorriamo per scendere al museo - lo noterete subito - è moderna, ricavata al centro di una rampa acciottolata grazie alla quale potevano scendere e salire muli e somarelli, che aiutavano i contadini e la servitù del palazzo nel portare le tante provviste per i pranzi dei signori. Oggi i tempi sono cambiati: nei “piani nobili” (che hanno sempre una vista splendida) ci sono gli uffici del Comune, e nelle cantine c'è appunto il nostro Museo ... e il magnifico panorama lo potrete godere appena scese le scale: bello vero? ... e non siamo nei “piani nobili”!.

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Per ben visitare il Museo ci sono degli ottimi pannelli che ti accompagnano, e il Museo stesso ha un ottimo servizio didattico per visite guidate, non sto quindi ad accompagnarvi sala per sala ... ma una traccia da seguire, come sempre, ve la voglio lasciare. Vedrete spesso dei reperti (cioè degli oggetti antichi, ritrovati negli scavi archeologici) che sono legati alla lavorazione della lana e alla tessitura. Perché sono così frequenti?

Per una duplice ragione:

1) perché la lavorazione dei tessuti era un'attività importantissima, per tutta l'antichità e per tutto il Medioevo, fino alla Rivoluzione Industriale;

2) perché siamo in Casentino.

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Iniziamo con lo spiegare, con l'esplorare, il punto 1. Come ben sapete, l'uomo si distingue dagli altri animali per tanti motivi ... tra questi per non aver un suo “vestito” naturale. Gli uccelli hanno penne e piume, i quadrupedi una pelliccia più o meno folta, più o meno lunga, che consente loro di sfidare il freddo, la neve, la pioggia. L'uomo deve invece proteggersi con quelli che oggi chiamiamo vestiti, che per ognuno di noi è talmente naturale indossare da farci dimenticare che sono il risultato di raffinatissimi e lunghi processi produttivi. E infatti, mentre i “vestiti” degli animali non sono mai cambiati nel susseguirsi dei millenni, sono invece cambiati, e molto, i vestiti degli uomini (oggi la “moda” cambia addirittura di anno in anno!).

Dapprima l'uomo preistorico ha tentato di “rubare” il vestito agli animali: quando uccideva un cervo, o un orso, ne lavorava la pelle o la pelliccia per ricavarne un ... vestito. Il problema era che né il cervo, né l'orso avevano molta voglia di “regalare” all'uomo il loro vestito, e soprattutto l'orso era ben deciso a vender cara la ... pelliccia! Trattare poi una pelle animale per renderne possibile una lunga conservazione era una cosa lunga e molto complicata e non tutti potevano permettersela. 15

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Ecco allora che qualcuno, tanti e tanti secoli fa, nota che ci sono degli animali molto tranquilli, quasi inoffensivi, addirittura paurosi, che – oltre a dare del buon latte - sono dotati di un “vestito” che può esser anche tagliato via, tanto nel giro di pochi mesi ricresce. Quegli animali sono le pecore, e quando l'uomo ha scoperto come fosse utile allevarle è nata la pastorizia. Come abbiamo visto in un precedente “libro virtuale”, in origine l'uomo viveva di caccia e di raccolta: gli uomini cacciavano e le donne raccoglievano frutti selvatici e piante commestibili.Con la pastorizia l'uomo ha nuovi cibi (il latte, il formaggio) ... e nuove possibilità di ripararsi dal freddo (la lana). Inizia così la lunga storia del materiale con cui – ancora oggi - è fatto il tuo maglione più bello e costoso: la lana; inizia così la storia della sua lavorazione, della sua filatura, e inizia così la lunga storia dei tessuti ... e dei vestiti. L'uomo pascolava le greggi, la donna - a casa - lavorava la lana ... ed ecco perché dall'antichità ci arrivano tanti “reperti” che parlano della tessitura: perché in ogni famiglia la donna tesseva, per realizzare i vestiti per sé, per il marito, per i figli (non c'erano negozi per andarli a comprare!). Non erano certo i vestiti colorati, confortevoli e belli che indossate oggi, ma erano comunque vesti calde e leggere, che si potevano adattare al corpo umano ed erano ben più comode della pelliccia di quegli scontrosi che erano gli orsi.

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E – punto 2 - in Casentino, per millenni, si filerà e si tesserà molto (fino ad arrivare ai lanifici di Soci e di Stia), perché in Casentino, da allora, si alleveranno molte pecore!“Perché proprio in Casentino, e non altrove?”, mi chiederanno gli aquilotti.Perché in Casentino, in particolare nella montagna del Casentino, l'uomo - da prima degli Etruschi e fino a pochi decenni fa - ha trovato quello di cui le pecore hanno bisogno: tanta erba verde, un po' per tutto l'anno ma soprattutto nell'estate, quando altrove i pascoli tendono a inaridirsi per il troppo Sole ... ma non quelli del “grande prato” che sovrasta il Casentino: il Pratomagno!

Quando poi l'inverno copriva di neve i prati del Casentino, i pastori portavano le pecore verso i pascoli della Maremma, che d'estate erano riarsi dal Sole, ma d'inverno erano verdi come lo era il Pratomagno d'estate.

Si cominciò allora una pratica che durò secoli, detta “transumanza”: i pastori passavano 6 mesi in Maremma e 6 mesi in Casentino. Questo portò a infittire gli scambi commerciali, i contatti tra paesi e genti lontane: all'epoca non c'erano autostrade, automobili ... e non c'erano neppure le strade - che erano semplici sentieri - e non c'erano cartelli indicatori per aiutare chi non conosceva i luoghi a prender il sentiero giusto. Allora i commerci, i contatti tra paesi diversi, erano favoriti dal passaggio dei pastori, che ben conoscevano la strada visto che la percorrevano due volte all'anno: mercanti e artigiani potevano così accodarsi alle carovane delle greggi, e arrivare sicuri alla mèta. 19

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Ecco allora che il Casentino si apre ai contatti commerciali. E c'è infatti nel Museo una vetrina ricchissima di oggetti che ci parla di quanto fossero frequentate le nostre montagne. Oggi il Casentino è ai margini della grande viabilità: non ci sono strade importanti, e la ferrovia s'interrompe a Stia. Questo perché oggi viaggiamo su ruota, sia il treno che l'automobile hanno bisogno di vie (di asfalto o di ferro) ampie, e con poca pendenza ... ma i pastori e le greggi potevano inerpicarsi per sentieri stretti, tortuosi, ripidi, attraversare anche folte foreste, arrivare molto in alto per raggiungere d'estate l'erba verde.

Eccoci dunque alla vetrina dedicata ai reperti archeologici provenienti da un laghetto in vetta al Falterona, un laghetto detto “Lago degli idoli” per il gran numero di “idoli”, di figure in bronzo di devoti e di divinità, che vi sono state trovate in quasi due secoli.Nuovi scavi archeologici hanno trovato altri “idoli”, altre figurine di bronzo che – è bene sottolinearlo - sono state realizzate in luoghi anche lontani, e sono state portate qui da uomini che, quasi 2500 anni fa, in piena età etrusca, salivano fin lassù probabilmente per sfruttare le virtù curative delle acque del laghetto.“Acque curative?, c'erano le terme?”.Non proprio. In un'epoca in cui non esistevano le medicine, l'uomo sfruttava ogni piccola risorsa gli fornisse la natura per curare le malattie. Oltre alle erbe medicinali – la cui efficacia oggi stiamo riscoprendo – c'erano le acque che, per scorrere in particolare terreni o per ristagnare in particolari condizioni, sviluppavano una qualche azione “medicinale”. 21

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Acque curative erano vicine a Chitignano, e infatti vicino alla sorgente, non per niente chiamata “Buca del Tesoro”, sono stati rinvenuti dei bronzetti etruschi, delle offerte lasciate da chi andava lì per curarsi; e quelle acque sono realmente efficaci contro certe malattie, portando con sé dal sottosuolo zolfo e ferro. Nel Lago degli Idoli l'acqua era soprattutto piovana, ma vi cadevano dentro dei tronchi di faggio: il loro lento decomporsi rilasciava in quelle acque un composto chimico particolare, affine a quello – medicinale - che poi verrà chiamato “creosoto di faggio”, con virtù febbrifughe. Oggi nessuno salirebbe fin lassù per bere acqua che aveva una leggera capacità di cacciare la febbre: basta un decimo di una nostra pillola medicinale per avere risultati molto migliori; ma allora non c'erano farmacie, e non c'era l'Aspirina! La strada del Lago poi non era così sperduta nei monti, come ci appare oggi che siamo abituati a spostarci comodamente, in auto: i pastori assicuravano da quelle parti un costante viavai, tanto che il valico stradale non lontano dal lago si chiama “passo della Calla”, un toponimo (un nome di luogo) che ci dice come lassù ci fosse una sorta di dogana delle greggi, in cui si contavano le pecore che passavano, per far pagare una tassa di transito. E i pastori venivano da tanti luoghi diversi, e questo spiega le molte provenienze dei bronzetti trovati in un luogo che oggi ci appare deserto e isolato.

Davvero affascinante il mondo della transumanza e dei pastori: pensa che molte famiglie casentinesi sono imparentate con famiglie maremmane proprio grazie alla transumanza! Se vuoi saperne di più, c'è un bel libro di Moreno Massaini: Transumanza. 23

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E passiamo adesso al secondo “strumento” di cui vi volevo parlare, cari aquilotti: è anch'esso un museo, ma è un museo “virtuale”, lo potete visitare andando in rete, con Internet. E' il sito web

www.Ilbelcasentino.it

realizzato e curato da un bravo fotografo casentinese, Alessandro Ferrini.

E' talmente bello e ricco di immagini e di informazioni da esser visitato quotidianamente da centinaia e centinaia di persone, che da tutto il mondo (anche dalla Nuova Zelanda!) vi si collegano per conoscere la nostra terra.

Vi propongo, aquilotti, di visitare questo sito come fosse un museo, il museo della vostra terra. Per ognuna delle tante immagini, l'autore delle fotografie ha scritto una ricca didascalia ! ma si studia per andare oltre quello che si studia, per scoprire cose nuove. Vi invito quindi, con le vostre insegnanti, a prender spunto da queste immagini e da queste notizie per scoprire ancora altre cose.Come? Voltate pagina ché vi faccio qualche esempio! 25

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Siamo a Castel Focognano : accanto alla chiesa c'è una graziosa e antica loggetta in cui sono ancora ben conservati diversi stemmi medioevali: li hanno collocati qui i podestà che ogni anno Firenze mandava per amministrare questo piccolo centro; piccolo ma importante perché assicurava legname e i pascoli importanti per quelle pecore che abbiamo visto sopra. Vuoi provare a capire cosa è rappresentato in quegli stemmi, e a decifrare quelle iscrizioni? Vedrai che alcuni nomi, alcuni cognomi, sono ancora ben presenti a Firenze, anche se sono passati 700 anni!

Il link della foto:http://www.ilbelcasentino.it/CASTEL_FOCOGNANO_G/CASTEL-FOCOGNANO-829.jpg... e in generale su Castel Focognano: http://www.ilbelcasentino.it/castelfocognano.html

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Questa è a Chiusi della Verna ! e questa è a Le Piastre, vicino a Pistoia

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E qui siamo a Chiusi della Verna. Nella piazza bassa del paese fa bella mostra di sé una grande fontana con colonne e mascheroni. Ha una storia particolare, e vale la pena ricostruirla ... ti dirò subito che questa fontana non è l'unica di questo genere: ce ne sono altre simili in Toscana e in Lombardia. Tutte furono sponsorizzate da una ditta tutt'oggi famosa nel produrre bevande: la Campari.Questa di Chiusi fu probabilmente la prima della serie: fu qui collocata quando fu inaugurato l'acquedotto pubblico che, con un lavoro di due anni (1929-1931), portato per la prima volta l'acqua corrente nel paese. Pensate un po', aquilotti: prima gli abitanti di Chiusi dovevano servirsi dei ruscelli o di fonti lontane. L'autore della serie delle “fontane Campari” (ce ne sono ancora una decina), è l'architetto fiorentino Giuseppe Gronchi.

Il link per la foto della fontana:http://www.ilbelcasentino.it/CHIUSI_DELLA_VERNA_G/CHIUSI-DELLA-VERNA-736.jpge in generale su Chiusi: http://www.ilbelcasentino.it/chiusi_della_verna.html

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E qui siamo a Poppi.Nella sagrestia della chiesa di San Fedele uno degli sportelli dell'armadio delle reliquie mostra una vivace veduta della parte finale dell'attuale via Crudeli, con uno scorcio proprio sul portale laterale di San Fedele. Confrontate questa veduta, che è del sec. XVII, con il borgo attuale, e analizzate i cambiamenti con compagni e insegnanti.Perché poi, in molti paesi del Casentino (Pratovecchio, Stia, Poppi), ci sono così tanti portici?

Il link per l'immagine e per le notizie: http://www.ilbelcasentino.it/san-fedele-seq.php?idcat=&pag=6&idimg=570

e in generale su Poppi: http://www.ilbelcasentino.it/poppi.html

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Bibbiena. Il santuario di Santa Maria del Sasso è fondato – come del resto fa capire il nome - su una grande pietra, la cui cima spunta dietro l'altare maggiore, e la cui base è nella cripta della Madonna del Buio. Un piccolo ciclo di immagini affrescate ti spiega – come in un fumetto di tanti secoli fa - perché questa grande pietra è stata inglobata nella chiesa. Analizzate le scene con insegnanti e compagni e ricostruite la storia del Santuario.Qualche anziano, poi, potrà dirvi le particolarità della profonda nicchia che vedete scavata nella base della roccia, nella piccola cappella laterale della cripta.

Il link:http://www.ilbelcasentino.it/BIBBIENAG/BIBBIENA-369.jpg

e in generale su Bibbiena: http://www.ilbelcasentino.it/bibbiena.html

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Romena, Fonte Branda. Anche se questa fonte è molto più antica e molto più famosa – visto che è ricordata da Dante Alighieri – possiamo richiamare qui la fontana Campari di Chiusi della Verna. Ogni insediamento umano ha bisogno infatti di acqua, e una delle ragioni della grandezza e della potenza del castello di Romena è senz'altro la presenza di questa fonte: acqua abbondante e facilmente raggiungibile = molti abitanti intorno a essa e, nel caso di un castello, una maggiore capacità di resistere a un eventuale assedio!Ricostruisci la “storia dell'acqua” nel paese in cui vivete: quando è arrivata l'acqua corrente nelle case?Come si provvedeva all'acqua prima che fosse costruito l'acquedotto?

Il link:http://www.ilbelcasentino.it/dante-casentino-seq.php?idcat=&pag=11&idimg=

e in generale su Romena: http://www.ilbelcasentino.it/castelloromena.html

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Ancora l'importanza dell'acqua, stavolta come fonte di energia: siamo nel

lanificio di Stia, e questo ci ricorda l'antica tradizione della lavorazione della lana in Casentino, che abbiamo già affrontata visitando il Museo Archeologico di Bibbiena. Se nel museo ci sono oggetti che parlano di una lavorazione manuale della lana, qui la lana veniva trattata industrialmente ... e l'industria ha bisogno di energia. Oggi basta inserire la spina in una presa elettrica, un tempo non lontano non era così. Ed ecco allora che lo Staggia - il fiume che a Stia si riversa nell'Arno e che scorre a monte del lanificio - dà l'energia motrice con la sua corrente ... e questa corrente, convogliata in condotte “forzate”, fa muovere una turbina che dà un altro tipo di corrente, la corrente elettrica.

Con la vostra classe, esplorate i meccanismi di questa utilissima invenzione: tutta la nostra vita quotidiana si basa sulla disponibilità di questo tipo di energia, senza di essa torneremo di colpo nel medioevo!

Il link: http://www.ilbelcasentino.it/STIA-G/STIA-821.jpge in generale su Stia: http://www.ilbelcasentino.it/stia.html

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! e molto indietro nel tempo torniamo se visitiamo, a Pagliericcio presso

Castel san Niccolò, il Molino Grifoni. E' ancora l'acqua che dà l'energia al mulino, ma non dà “energia elettrica” come in età moderna; questa è l'energia dell'antichità e del medioevo: energia motrice che, sviluppata dalla rotazione di una ruota di pale, muove ancor oggi le macine di questo antico mulino.Dove erano collocati i mulini in Casentino?Scoprirete che erano tutti lungo fiumi e torrenti, potete ben capire perché!

Il link:http://www.ilbelcasentino.it/CASTELSANNICCOLO-G/CASTEL-SAN-NICCOLO-760.jpg

e in generale su Castel san Niccolò: http://www.ilbelcasentino.it/castelsanniccolo.html

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! e qui siamo a Raggiolo, sul torrente Teggina.

Un antico ed elegante ponte in pietra.Oggi i ponti sono fatti con travi di cemento, un tempo erano fatti pietra per pietra, disponendo le pietre accuratamente tagliate a formare un arco perfetto. Ci voleva un gran lavoro, e solo alcune strade avevano un ponte in pietra: solo quelle che collegavano grossi paesi o raggiungevano luoghi importanti come i ! mulini. Come quel mulino che abbiamo visto a Pagliericcio, come quelli che erano lungo i torrenti di Ortignano e di Raggiolo.Rintracciate e mappate tutti i mulini della zona.Perché i mulini erano così importanti?

Il link:www.ilbelcasentino.it/Ortignano-Raggiolo-G/ORTIGNANO-RAGGIOLO-720.jpge in generale su Ortignano e Raggiolo: http://www.ilbelcasentino.it/ortignano.html

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Come vi dicevo, il sito www.ilbelcasentino.it viene visitato quotidianamente da centinaia di visitatori, sparsi per tutto il mondo.

Anche il sito www.armanduk.com ha tantissime visite, e lì il Casentino è raccontato attraverso i lavori che, negli anni, sono stati realizzati da aquilotti come voi, che ormai hanno preso il volo nel cielo della vita ... e talvolta tornano loro stessi a vistare le pagine che hanno realizzato, ricordandosi così della scuola, dei vecchi amici, degli insegnanti.

E se anche voi realizzerete un lavoro che possa esser visualizzato in rete, lo vedrete senz'altro sul sito, e con voi potranno vederlo i parenti lontani o, in tutto il mondo, coloro che sono interessati alla nostra terra, o sono curiosi di vedere cosa fanno, a scuola, gli aquilotti del Casentino.

Buon lavoro e buon volo, quindi ! a rivederci con i vostri lavori sul sito www.armanduk.com !

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