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In copertina: Aldo Pancheri Danza dei giorni, 2011, tecnica mista su tavola, 80x80 cm

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FIDAartsommario08Agosto 2013, Anno 2 - N.08

Copyright FIDAart Tutti i diritti sono riservatiL’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare

Intervista ad un artista Aldo Pancheri

Mostre in regione

Memorandum FIDA-Trento

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Ellsworth Kelly

Storia e arte

Mercato dell’arte? Ellsworth Kelly

Il progetto Libera - parte 2

L’arte del camuffamento

L’enigma Casa Malaparte - 2°

Il Café de la Guerre

LAKE and the CITY

Politiche culturali

Editoriale

Comune di FONDO

Roberto Codroico

Castel Ivano - Ivano Fracena

Cafè de la Paix

Càssia Raad

3°Collettiva FIDA-Trento

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disORIENTAMENTI

Personale

I Campestrini - tra pittura e poesia

33.000 per la paix

Imagens e sonhos

LAKE and the CITY

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EDITORIALE

LAKE and the CITY

A settembre si inaugurerà la terza collettiva del-la FIDA-Trento, trasformata in manifestazione biennale per non sovraccaricare gli iscritti di impegni spesso considerati dispendiosi econo-micamente e poco remunerativi sotto il profilo personale.Questo atteggiamento è comprensibile se si ritiene l’associazione un luogo o un organizza-zione in cui si va solo per prendere quello che può servire. Nulla di male perchè rientra nel-la normale prassi di una società individualista

e frammentata e anche nella forma mentale classica dell’artista il quale - errando - ritiene di essere l’ombelico del mondo. Questo atteg-giamento psicologico, spesso, è inversamente proporzionale alla cultura, all’esperienza, alle stesse competenze del soggetto. Chi possiede capacità limitate e visione ristretta, deve cade in un’autostima sovrastimata.Come si dice: “nessuno nasce imparato” e, quindi, l’umiltà dovrebbe essere un dovere per chi opera in un mondo dove i confini tra geni e cialtroni sii sono ridotti ad un livello imper-cettibile. E’, invece, spesso riscontrabile nelle persone e negli artisti veramente importanti, la capacità di relazionarsi con gli altri in un mdo che li inserisce di diritto nella categoria dei Ma-estri: sanno ma non calano dall’alto il loro sape-re, anzi, hanno piacere di condividerlo.Nelle associazioni di artisti convivono grossi nomi (per lo meno, a livello locale) con artisti che stanno imparando e che hanno voglia di impegnarsi. Ebbene, il ruolo di un’associazione è proprio questo: tramettere orizzontalmente saperi, conoscenze, tecniche, cultura del fare affinchè una nuova generazione impari a far-si strada. Parlare di ‘convenienza personale’ contravviene ai principi elementari ai quali do-vrebbe attenersi un’associazione culturale. Ed è proprio per tentare di mantenere in vita nel tempo un impegno, seppur faticoso e poco re-munerativo per i singoli, che proseguiamo con la nostra idea di collettiva che, almeno ogni due anni, raggruppi tutti i soci. Le opere esposte, che oggi possono avere un valore relativo, do-mani potranno essere riviste in una logica più storica che, relativizzando i lavori del singolo artista, sia in grado di comprendere il senso di un’operazione di un gruppo di operatori nel corso del loro tempo.

LAKE and the CITY

FEDERAZIONE ITALIANA DEGLI ARTISTI - TRENTO

3° Collettiva FIDA - Trento - 2013Torre Mirana, Trento - Casa G.Vittone, Canale di Tenno

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POLITICHE CULTURALI

Il CAFE’ DE LA GUERRE

Qualche mese fa salutavamo da questa rivista l’apertura di un nuovo ‘luogo pubblico’, il Café de la Paix, in una piazzetta di via Suffragio, in pieno centro storico di Trento ma abbastanza penalizzata per la sua collocazione in una zona interna al tessuto edificato. I pochi esercizi commerciali aperti, dopo qualche tentativo fi-nito male, avevano preferito abbandonare que-gli spazi pedonali piacevoli ma poco o nulla fre-quentati. Dopo la chiusura dei negozi nessuno si era più interessato ai locali e nel giro di poco tempo il vicolo si era trasformato in uno spa-zio deserto, mal frequentato, poco invitante di giorno e ancor meno di notte.Un’occasione sprecata sia per la città che non riusciva a recuperare ad un uso pubblico aree potenzialmente pregevoli ma, anche per i resi-denti, barricati in casa a causa dell’assenza della gente. Nel frattempo, è sotto gli occhi di tutti, la progressiva chiusura di negozi ed esercizi pub-blici in tutta Trento ma, in particolare, nel cen-tro storico dove molte strade si svuotano, sta provocando un effetto negativo a cascata sulla qualtà della vita urbana.Il Café de la Paix è la soluzione perfetta per

quel luogo sia per i contenuti del progetto commerciale-culturale presentato (e approva-to dal Comune), sia per la qualità delle persone che si sono impegnate a rilanciare e rivitalizza-re quello spazio, centrale ma emarginato allo stesso tempo. E, infatti, i risultati si sono visti in poco tempo: un numero crescente di perso-ne, in gran parte giovani, hanno cominciato a frequentare il Café che è diventato un punto di riferimento per la socializzazione ma anche per molte iniziative culturali ed artistiche.Dove sta il problema, dunque? Il Comune di Trento, a seguito di una serie di esposti di inquilini della zona disturbati dal ru-more e dalla musica notturna, ha stabilito che il locale debba chiudere entro le 22.30! Cioè quando cominciano ad arrivare i clienti.Certamente vanno salvaguardati i giusti diritti delle persone che abitano vicino e che, abitua-te alla solitudine degli anni passati ritengono di avere il diritto ad un silenzio tombale, però il problema non si risolve ammazzando nella cul-la un’iniziativa privata - non gravante sui bilan-ci dell’ente pubblico - che offre alla città, in un momento di crisi generale, soluzioni intelligen-ti, belle, utili. E pacifiche!Cosa si vuole di più?

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Intervista a ALDO PANCHERI

Sotto: Nel mondo di Pitagora, 2012, tecnica mista su cartoncino, cm 30x40

A sinistra: Intorno ad un frammento di sole, 1994, pastello su carta, cm 65x50

Aldo Pancheri è figlio d’arte e nipote d’arte (il papà, Renato e lo zio, Gino Pancheri, sono stati noti pittori) e, perciò, aveva già scritto nel ‘destino’ il suo futuro da artista. La presenza di queste due figure così impegnative ha sempre influenzato il suo rapporto con l’arte anche se non gli ha impedito di lasciare Trento negli anni 70 per trasferirsi a Milano, la metropoli in cui un artista poteva incon-trare nomi altrimenti conosciuti solo sui libri. Una scelta non facile e abbastanza anomala per la cul-tura del tempo che, però, ha contribuito a dargli quell’apertura mentale indispensabile nel mondo dell’arte. Eppure Aldo non è cambiato poi tanto, a dimostrazione che ognuno rimane sè stesso nel profondo mantenendo l’indole e le caratteristiche originarie. Prima di tutto una persona colta ed educatissima, poi un inguaribile ottimista dotato di uno spirito curioso, generoso e aperto verso gli altri a cui si unisce la fiducia nelle capacità dell’artista di migliorare il mondo. Il tragico non è la sua cifra e nemmeno un intellettualismo arido e di maniera perché nei quadri ricerca più emozioni profonde che concetti astrusi, espresse tramite il pennello e le tecniche della pittura rivisitata secondo la lezione moderna. Il suo linguaggio è assai riconoscibile perché gli stilemi sono fondati su una geometria essenziale: uno sfondo a tinta piatta realizzato con colori acrilici, blu, nero, o anche rossi vivaci, su cui Aldo opera con forme geometriche colorate fluttuanti nello spazio della tela secondo un gioco sapiente di pieni e di vuoti. A volte questi spazi contengono dei collages, immagini provenienti da repertori vari oppure da disegni a pastello realizzati con la tecnica del ‘frot-tage’, inseriti liberamente come citazioni o rimandi ad emozioni o ricordi. Laboriosissimo, Aldo si reca tutti i giorni nel suo studio a Milano (o a Trento) e lavora memore, forse, del padre che dipinse fin quasi al giorno della sua scomparsa a novantanove anni. L’arte, infatti, tra le altre qualità, possiede anche queste proprietà taumaturgiche nei confronti di chi la pratica.Paolo Tomio

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Sospesa nel tempo, 2011, colori minerali su tela, cm 60x60

Quando e perché hai cominciato a fre-quentare la pittura?

Ho cominciato senza rendermene conto, leggendo libri più grandi di me che riguardavano l’arte. Mio padre, Renato Pancheri, aveva sempre dipinto e dopo la scomparsa drammatica del fratello Gino, si era dedicato totalmente all’arte, pur continuando con altri lavori, soprat-tutto l’insegnamento, più concreti per un guadagno sicuro. La passione per la pittura

era quindi una cosa innata. All’età di tredici anni feci un’esposizione di pastelli alla “Sala degli Specchi” a Trento, con un scritto introduttivo di Alfonso Gatto.

La memoria dello zio Gino e la presenza del padre, entrambi pittori sono stati impor-tanti o ingombranti?

Di conseguenza a quanto detto prima, posso affermare che in realtà né la memoria dello zio, né la presenza di mio padre sono state ingombranti o limitative. Piuttosto è stato

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limitativo l’impegno psicologico di risultare sempre all’altezza del momento di partenza che era stato, per così dire, evidenziato dal testo di Alfonso Gatto.

Quali sono stati le correnti artistiche che più hai amato e gli artisti che ti hanno con-dizionato o influenzato?

Rispondo cominciando dal condizionamento. In linea di massima credo che nessuno di noi si lasci del tutto condizionare. Per lunga esperienza so che la conoscenza delle

opere degli altri artisti e la conoscenza degli stessi non sono mai limitative. È vero che uno può essere “condizionato” da una forte personalità, ma è un rischio che dobbiamo assolutamente correre. Un pensiero fonda-mentale di Jung è che nella costruzione di una personalità errore e verità sono ugualmente importanti. Le correnti artistiche che più ho amato, e che amo tutt’ora, sono state inizialmente l’Impressionismo, il Cubismo e il Futurismo e, al presente, quella che viene indicata come Nuova figurazione

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Fra le lune di pietra, 2012, tecnica mista su tavola, cm 60x60

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e per converso, quella che la precede anche storicamente, l’Astrattismo.

Da cosa è dipesa la tua scelta di lasciare Trento per trasferirti a Milano?

L’occasione è stata determinata dal fatto che, mentre insegnavo all’Istituto d’arte di Trento, il

professore di ruolo rientrò inaspettatamente, per cui chiesi immediatamente il mio trasfe-rimento a Milano. Questa città però, che come ben sappiamo, dal Futurismo in poi è considerata la più dinamica per quanto riguarda le arti figurative, oltre che la moda e il design. Ha giocato anche il fatto che mio zio, Gino Pancheri, a Milano non aveva forse fatto fortuna finanziariamente ma era entrato nel giro del gruppo dell’arte d’avanguardia milanese. Fra i molti amici annoverava Aligi

L'antico dei giorni, 1994, pastello su carta,cm 65x50

Brindisi, 1995, materiali vari, cm 70x30x50

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Sassu, Manzù, Tomea, Brirolli, Tulio Garbari, Edoardo Persico e l’amico di sempre, il poeta Alfonso Gatto. Un’amicizia importante fu quella con Carlo Giulio Argan che gli aveva fatto avere l’incarico per l’Accademia d’arte di Brera. Purtroppo, due mesi prima dell’inizio delle lezioni, rimase ferito a morte nel primo bombardamento su Trento del 2 settembre 1943.

Oggi, cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’arte contemporanea?

È una domanda a cui non è facile rispondere in quanto, al presente, non sappiamo cosa sia arte. Qualsiasi cosa che possa essere evidenziata dalle parole come arte, praticamente diviene tale. A mio parere c’è un’ipertelia della parola sull’immagine per quanto la quantità infinita di immagini proposta continuamente dai media possa far pensare l’incontrario.

Hai conosciuto o frequentato molti artisti trentini. Chi ricordi in particolare?

Con l’artista a cui sono stato più vicino, Aldo Schmid, ho condiviso lo studio in via Galilei qui a Trento. Con Aldo, che ricordo di carattere generosissimo e solidale con gli altri artisti, per suo interessamento acquistai un torchio litografico a Vicenza sul quale tirai personalmente una serie di litografie. Fra gli altri artisti che ho frequentato potrei citare te stesso, Silvio Cattani, Luigi Senesi (che è però mancato nello stesso scontro ferroviario con Aldo Schmid), Carlo Andreani, Bruno Colorio e, in questi ultimi anni, molti artisti della FIDA, in particolare Matteo Boato, Roberto Codroico, Martina Angarano, Pietro Verdini e molti altri.

Vivendo a Milano avrai avuto rapporti con artisti importanti

L’artista più internazionale, amico di Lucio Fontana, che ho frequentato quasi quotidianamente per quindici anni è stato Luciano Baldessari. Vorrei ricordare anche Sergio Dangelo con cui ho esposto al Museo di Milano ancora nel 1991, Walter Valentini, Valentino Vago, Attilio Rossi, fondatore di “Campo Grafico” e, soprattutto, Giancarlo

Nel paese di Alice, 2011, tecnica mista su tavola, cm 60x60

Desiderio di lontananza, 2013, tecnica mista su tavola, cm 60x60

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Marchese insegnante di scultura a Brera che più volte mi ha prestato il suo atelier per eseguire opere di grande formato. Ho frequentato a lungo l’artista austriaco e residente a Ginevra, Rudolf Haas, e molti artisti insegnanti a Brera, quali lo scultore Giacomo Benevelli, Stefano Pizzi e altri.

Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi? Chi apprezzi a livello provinciale?

Personalmente ritengo che il Trentino, alla pari di tutto il mondo, sia ormai globalizzato anche per quanto riguarda l’arte. Non si è mai potuto parlare in senso rigoroso di arte trentina, come invece è stato possibile per la pittura dei Macchiaioli in Toscana o per la pittura veneta, per esempio al tempo del Canaletto, di Bellotto e di Guardi.

Dal tuo osservatorio fuori provincia, cosa ritieni che manchi al Trentino per poter es-ere più presente sul mercato esterno?

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I venti parlano della libertà, 2011, tecnica mista su tavola, cm 80x80

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Nello smeriglio del vento, 2011, colori minerali su tela, cm 70x90

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Alcuni artisti trentini sono presenti anche sul mercato esterno in quanto si sono appoggiati, giustamente, a persone con incarichi a livello istituzionale e con una conoscenza dell’arte contemporanea pressoché in tutti i continenti. Naturalmente, come per ogni cosa, il mondo è molto ampio e le vie del Signore sono infinite, per cui può capitare che anche un’amicizia non propriamente in ambito artistico possa risultare decisiva per la conoscenza di un artista anche a livello internazionale, o comunque sicuramente oltre l’ambito della provincia.

Hai modificato nel corso degli anni il tuo linguaggio; oggi i tuoi quadri sono ricono-scibili per uno stile personale?

Come tutti gli artisti nel corso degli anni ho modificato più volte il mio linguaggio espressivo. Naturalmente non era così fino alla nascita dell’arte moderna che in genere datiamo con le avanguardie storiche. E’ ormai una convenzione che l’artista debba essere riconoscibile in rapporto allo stile che è anche la sostanza nel suo linguaggio. Questo sembra contrastare con un’affermazione di Rudolf Arnheim nel suo libro “Arte e percezione visiva”, in cui afferma “La buona forma non si vede”. Naturalmente il mondo dell’arte non ha tenuto conto di questa affermazione. Per un artista credo sia importante capire il momento in cui non si può continuamente cambiare di stile, pena il rischio della non

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riconoscibilità. Anche questa affermazione non è del tutto vera perché se la stessa vale per Morandi, Fontana o Cattelan, non vale più ad esempio per Gerhard Richter che contemporaneamente esegue opere con stilemi diversi non rapportabili fra di loro. Per l’appunto nella nostra epoca non sappiamo più cosa sia arte e cosa non lo sia.

Cosa ti proponi di rappresentare nei tuoi dipinti?

A mio parere un dipinto dovrebbe emozionare. Il contenuto può essere determinante so-

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prattutto per l’artista, in quanto l’opera d’arte risulta in linea di massima dall’adesione che da’ l’artista all’opera nel momento stesso in cui la compone. Suppongo che in ogni opera, alla fin fine, l’artista dica sempre se stesso. Un’opera astratta può dunque avere lo stesso impatto emozionale di un’opera figurativa, o concettuale o di poesia visiva e quant’altro. Per quanto mi riguarda, la migliore armonia risulta dai contrasti per cui forme figurative, contenute in spazi astratti e coloratissimi dialogano fra loro in un equilibrio dinamico. In proposito scriveva Franco De Battaglia

Oltre il confine, 2011, tecnica mista su tavola, cm 80x80

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Voci dal lago, 2011, pastello su carta, cm 49,7x64,5

per il testo “Effetto farfalla”: È una proposta d’arte rigorosa e generosa, È soprattutto un voler fissare l’arte come punto d’incontro fra il tempo e gli “spazi”, fra l’uomo e il suo destino. È la volontà di rivendicare all’arte un messaggio di vita per il futuro, anche a fronte del buio che lo circonda. Che è ciò che oggi l’arte dovrebbe fare. Perché basta berne la cronaca a uccidere la vita.”

Che rapporto hai con le tecniche e le tecnologie?

I greci chiamavano “technè” sia l’arte che la tecnica, non le differenziavano. Particolarmente nella nostra epoca nuove tecniche hanno permesso nuovi modi espressivi. Poiché buona parte di queste

nuove tecniche si basa sulla tecnologia, o l’artista ha la capacità di servirsi di questi nuovi mezzi o ha il buon senso di servirsi di giovani collaboratori.

Segui la “politica culturale” trentina? Pensi che si possa fare di più per il settore ar-tistico?

Naturalmente, data la frequenza con cui rientro nella mia città natale, seguo la “politica culturale” trentina. Se si possa fare di più per il settore artistico è anche possibile, questa vale per ogni iniziativa culturale e non. Si tratta di creare delle cellule di grande attrattiva anche oltre il Trentino e, pur differenziandosi nelle proposte, le istituzioni

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Il bugiardo ha il cuore doppio, 2002, acrilico su tela, cm 80x70

Un canto nella notte, 2004, acrilico su tela,cm 120x100

dovrebbero creare anche delle situazioni di sinergia fra i vari musei, fondazioni, gallerie d’arte civiche.

Ritieni che sia cambiata la figura dell’artista e il suo ruolo sociale?

La figura dell’artista è cambiata in rapporto al cambiamento della società. Mentre una volta erano gli imperatori, i principi, la chiesa i committenti delle opere, ora sono soprattutto le istituzioni pubbliche e gli sponsor privati. E’ ben evidente che per far conoscere il proprio lavoro l’artista deve legarsi al proprio tempo nei dovuti modi, sperando molto anche nella fortuna per fare e far conoscere il proprio lavoro.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

Per i greci la bellezza era il più grande dono che gli dei avessero fatto agli uomini. Che cosa sia propriamente è difficile da definire, indubbiamente un aspetto della bellezza è l’armonia che compone un’opera soprattutto, ma non solo, per quanto riguarda le arti figurative. Platone, ai discepoli che posero la stessa domanda rispose: “Questa è una domanda da ciechi”.

E, per finire, cosa è per te l’arte? E chi è l’artista?

Ai nostri giorni cosa sia arte è di difficile definizione. Si suppone in linea di massima che l’opera d’arte debba suscitare un’emozione o comunque porre delle domande, alle quali probabilmente non vi è risposta, ma che comunque determinano un’interesse di ordine formale o di altra natura.

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Sospesa nel tempo, 2011, colori minerali su tela, cm 60x60

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Aldo Pancheri

Aldo Pancheri nasce a Trento nel 1940.

Nel maggio del 1954 un grande ed indi-

menticabile poeta, Alfonso Gatto, lo pre-

senta in un’esposizione personale alla

“Sala degli Specchi” di Trento.

Diplomatosi all’istituto Statale d’Arte di

Trento, studia all’Accademia di Belle Arti

di Bologna nella scuola di Virgilio Guidi (

altri insegnanti sono Pompilio Mandelli e

per l’incisione, Paolo Manaresi e Luciano

De Vita ), dove si diploma nel giugno del

1962.

Durante questi quattro anni di studio si

lega di profonda amicizia con il pittore

Giorgio Azzaroni e dallo stesso è invita-

to a misurarsi a Milano nei premi Diomira

e San Fedele che ad Azzaroni avevano

fruttato la stima e l’amicizia, concretate-

si in un contratto con Carlo Cardazzo, il

mercante italiano di più ampio respiro in

quegli anni. Pancheri che consegue un

primo premio al Diomira e due secon-

di premi al San Fedele, negli spazi dello

stesso riproporrà negli anni seguenti piu

volte il proprio lavoro, singolarmente o

con altri artisti.

Dal 1961 al 1969, mentre insegna di-

segno architettonico ed ornamentale a

Trento, alla galleria L’Argentario conosce

il pittore Aldo Schmid e per circa un anno

condivide l’atelier con lo stesso.

Pur perseguendo diverse poetiche fina-

lità, Pancheri di Schmid ricorda l’ostina-

to rigore nella propria ricerca formale e

l’umana solidarietà. E’ tramite Schmid

che acquista un antico torchio litografico

a stella con cui inizia la propria attività in-

cisoria e sul quale tira personalmente una

serie di incisioni che saranno esposte al-

cuni anni dopo a Palazzo Sormani a Mi-

lano. Con Schmid e Luigi Senesi affronta

per la prima volta un’esposizione in una

sede pubblica al Museo Civico di Palazzo

Sturm a Bassano del Grappa.

Negli anni ’70, Pancheri, pur mantenen-

do tutte le amicizie ed i contatti a livello

culturale con la propria città si trasferisce

definitivamente a Milano.

Entra in amicizia con l’architetto Luciano

Baldessari, artista di fama internazione,

uomo di generosa personalità e prodigo

di incoraggiamenti, di consigli e fattivo

aiuto con collezionisti ed amici dell’am-

biente artistico. Nel 1983 espone in una

personale alla galleria “Il Traghetto“ di

Venezia e da allora si stabilisce con il

gallerista Gianni De Marco, uomo di ec-

cezionale sensibilità, che diviene il “suo“

gallerista, un rapporto di stima e di con-

fidenza che si protrarrà fino alla sua im-

provvisa scomparsa.

Dal 1980 collabora con lo stampatore

Giorgio Upiglio in tecniche sperimentali

con composti plastici di propria invenzio-

ne.

Dal 1983 partecipa ad “Avventure visive“ (

gruppo artistico iniziato con Giorgio Azza-

roni, Giancarlo Marchese e Franco Ricci )

e con maggiore continuità a “Morfo-cro-

mo-machia” nel quale espongono rego-

larmente anche Ginda Jannini, Domizio

Mori e Renato Pancheri.

Pancheri, nell’ambito delle attività cultura-

li promosse dall’Unesco, ha partecipato,

quale uno dei rappresentanti per l’Italia

dell’Insea, a un soggiorno di studi a Co-

ventri nel luglio 1970 ed ha soggiornato

alla Künstlerhaus di Salisburgo nel no-

vembre 1986 e a Glorenza nel 1987, nel

contesto delle attività culturali promossi

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dall’Arge-Alp.

Fra gli amici artisti il cui contributo è sta-

to significativo per le attività di Pancheri in

questi ultimi anni si segnalano Adalberto

Borioli, Piersandro Coelli, Sergio Dangelo,

Rudolf Haas, Shuhei Matsuyama, Stefa-

no Pizzi, Franco Ricci, Walter Valentini e

gli scultori Giacomo Benevelli, Giovanni

Paganin e Giancarlo Marchese.

Sue opere si trovano presso: Raccolta

Bertarelli, Civici Musei Castello Sforze-

sco, Milano; Palazzo delle Albere, Mu-

seo d’Arte Moderna e Contemporanea di

Trento e Rovereto; Palazzo dei Diamanti,

Ferrara; Museo della Xilografia, Castello

di Pio (Carpi); Museo Civico di Palazzo

Sturm, Bassano del Grappa; Società per

le Belle Arti ed Esposizione Permanente,

Milano; Regione e Provincia Autonoma di

Trento; Cassa di Risparmio delle Province

Lombarde (Cariplo), Milano; Banca Po-

polare di Milano; Cassa di Risparmio di

Trento e Rovereto, Trento; Banca d’Italia,

sedi di Ancona e Firenze; Autostrade del

Brennero, Trento; Università degli Studi di

Macerata e di Pavia; Università Bocconi

(grafica), Milano; Centro Internaziona-

le della Grafica, Venezia; Galleria d’Arte

Moderna delle Marche, Ancona; Istituto

Takagi, Nagasaki (Giappone); Museo De-

non, Chalon-sur-Saône (Francia); Intesa

Sanpaolo, Milano; Unicredit Banca Tren-

to; Mas - Museo d’arte dello splendore,

Giulianova, TE; Museo d’Arte delle Gene-

razioni italiane del ‘900, Pieve di Cento,

Bologna.

Hanno scritto sull’artista: Anghelou, Ban-

dini, Bortolon, Cima, Collina, De Batta-

glia, De Carli, Dell’Orso, Eccher, Erba,

Francescotti, Garzonio, Gasparotti, Gras-

si, Krumm, Lalj, Vittoria Majer, Masoe-

ro, Muritti, Mori, Nocoletti, Dani, Pallini,

Piovan, Plescan, Quattordio, Riva, Rota,

Sala, Sandri, Serravalli, Turrina, Von Wal-

den, Valsecchi.

FIDAart copertina del N.08 2013

Periodico di arte e cultura della FIDAart

La rivista può essere richiesta

gratuitamente inviando una mail

al seguente indirizzo:

[email protected]

o scaricandola dal sito:

www.fida-trento.com

Chi fosse interessato a ricevere

i numeri precedenti,

può riceverli gratuitamente

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MERCATO DELL’ARTE ?

A Phillips de Pury & Company, New York, Con-temporary Art , un dipinto di Ellsworth Kelly, “Nero verde” del 1968, un olio su tela di grandi dimensioni (241x173 cm), stimato tra 2,5-3,5 milioni di dollari, è stato venduto nel maggio di quest’anno per quasi 3milioni di dollari.“Ogni opera d’arte è un frammento di un conte-sto più ampio .... Sono sempre stato interessato a cose che vedo e che non hanno senso fuori dal contesto, se si portano in qualcosa d’altro“ ha dichiarato E. Kelly nel 1991.Rompendo con i suoi contemporanei aparte-nenti in gran parte all’Espressionismo astratto, Ellsworth Kelly ha raggiunto lo status di icona tra i grandi pittori del XX secolo americano.Come consuetudine tra quasi tutti i pittori

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americani contemporanei, i quadri di Kelly sono caratterizzati dalle grandi dimensioni. Le ragioni sono diverse: da una parte la necessità di dilatare masse e colori che, se ridotti, potreb-bero sembrare più il logo di una multi-nazio-nale che un dipinto astratto. Dall’altra, perché le ‘macchie di colore’ ben si inseriscono nei grandi spazi, generalmente bianchi, dei musei moderni o delle ville dei collezionisti dove sono molto apprezzate dagli arredatori. Per quanto riguarda Kelly, bisogna ammettere che, con una coerenza assoluta, quasi maniacale, ha sem-pre lavorato sulla geometria, esplorandone le potenzialità grazie a minime variazioni dei rap-porti dei suoi elementi: superfici e colori.Da questi studi, inizialmente assai simili alle bandiere a bande verticali e che oggi potreb-bero essere eseguiti in modo più metodico gra-zie al computer, è poi passato a forme compo-ste da due o più pannelli di differenti spessori giustapposti che permettono di introdurre un effetto tridimensionale in dipinti rigorosamente piani. Solo più tardi Kelly ha comiciato a staccar-si dall’ortogonalità per affrontare forme curve, triangolari con delle rare incursioni nel mondo delle forme libere e approdare, infine, anche a delle sculture geometriche minimaliste. La pittura di Kelly richiede una risposta emotiva da parte dell’osservatore: si tratta di una tecni-ca simile al lavoro di Mark Rothko, entrambi gli artisti utilizzano la capacità viscerale del colore puro come innesco per la reazione umana. Secondo la critica, il concetto di illusione ottica (peraltro evidente in quest’opera) contraddice gli obiettivi di Kelly in quanto egli mira a pro-durre una versione pre-euclidea del mondo, per azzerare tutte le nozioni moderne di geometria e di processo intellettuale che inibiscono la ri-sposta emotiva.

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ELLSWORTH KELLYMERCATO DELL’ARTE ?

GEOMETRIE PRE EUCLIDEE

Il maggio di quest’anno sono stati festeggiati i 90 anni di Ellsworth Kelly, noto pittore appartenente alla pittura “hard-edge” (dai bordi duri e netti), termine usato per descrivere un filone dell’arte americana contemporanea astratta e geometrica caratterizzato da forme semplici, colori a campiture piatte e a disposizione all-over (sparse) sulla tela. Questo stile geometrico che rimanda alle ricerche di Josef Albers e Piet Mondrian e, ancor prima, a Kazimir Malevich, sono anche il prodotto di due sue caratteristiche particolari che condizioneranno la sua storia personale e artistica. Kelly, ragazzo solitario e balbuziente, era stato avvicinato al bird watching dalla nonna paterna; questa attività e gli studi di ornitologia, che lo appassioneranno per il resto della vita, lo hanno aiutato ad addestrare gli occhi sviluppando il suo apprezzamento per la realtà fisica del mondo e l’interesse per le forme e i colori della natura. Dopo gli studi artistici nel 1943 fu chiamato alle Armi e assegnato al dipartimento artistico dove, grazie anche alle sue competenze ‘ornitologiche’, insegnò alle truppe l’arte del mimetismo e altri stratagemmi visivi per ingannare il nemico nelle azioni di guerra.Ebbene, se si confrontano i suoi quadri degli anni '50 non si può fare a meno di notare l'estrema somiglianza con i sistemi di camuffamento di navi (vedi articolo a pag 23). Il suo sistema di scomposizione e sfalsamento delle forme colorate è, anche, un'anticipazione dell'Optical Art che verrà solo dieci anni dopo. Le considerazioni che si possono trarre sono diverse ma principalmente due: la passione 'inusuale' per il bird watching di un ragazzo di otto o nove anni è stata utilissima per addestrare e approfondire le sue capacità di osservazione e percezione delle forme complesse del mondo naturale. Questa sua peculiarità si è rivelata utile, in seguito, per comprendere e insegnare i meccanismi visivi del mimetismo a fini bellici i quali, evidentemente, si sono riverberati sulla sua attività artistica successiva.Due esperienze molto lontane tra di loro che però hanno contribuito a sviluppare la formazione e la sensibilità anomala di Kelly, artista astratto e minimalista il quale ha dichiarato: "Ho sempre detto che si dovrebbe mettere la mente a riposo e limitarsi a guardare. E non cercare di dare un significato".

Meschers, 1951, Olio su tela, 150x150 cm

Study for Cité, 1951, pennellate in venti quadrati, 31x38 cm

Rosa e arancio, 1951 della serie Color Line Modulo, gouache su carta, 19x20 cm

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Edward Alexander Wadsworth (1889 -1949) Dazzle-ships in bacino di carenaggio a Liverpool, 1919, olio su tela, cm 305x244,, National Gallery of Canada, Ottawa . Pittore ‘vorticista’ inlglese, nella prima guerra mondiale ha progettato camuffamenti (dazzle) per la Royal Navy

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L’ARTE DEL CAMUFFAMENTO

L’arte è utile? Generalmente tutto ciò che rien-tra nella sfera artistica classica possiede la caratteristica di non rispondere a criteri di utlità ma solo a quelli estetici. Non che estetica e funzionalità siano antitetici, come dimostra la storia dell’architettura (e, poi, del design) ma solo che appartengono a due sistemi di valutazioni autonomi e autosufficienti.Una realtà del recente passato (prima guerra mondiale) ha visto convivere felicemente le due categorie, sia quella artistica sia quella utilitaristica finalizzate entrambe ad una alta causa: cercare di salvare delle vite umane o perlomeno, di ridurne la perdita. La circostanza in cui si è realizzata questa strana alleanza è quella della guerra navale combattuta nel 1910-18 dai sottomarini tedeschi contro le navi da guerra, ma anche da trasporto, dei paesi alleati e riguarda l’idea, all’apparenza cervellotica, di ‘camuffare’ le navi mediante un ingegnoso artificio grafico-percettivo denominato “razzle dazzle” (inganno, tranello)inventato da Norman Wilkinson, ufficiale di marina e pittore inglese.Il principio su cui si basava l’espediente messo a punto dalla marina, data la difficoltà di poter ‘mimetizzare’ le navi in mare aperto, si fondava su un sistema di camuffamento adottato anche da molti animali (ad esempio le zebre): spezzando e frammentando l’immagine in movimento della nave bersaglio visibile dal pericopio, era difficile determinarne la velocità e la direzione e, di conseguenza, comprendere la posizione dove lanciare il siluro. La presenza di forme discontinue e alterate da strisce discontinue rendevano difficile per il predatore distinguere gli uni dagli altri. Una specie di

‘optical art’ ante litteram o lo storico ‘trompe l’oil’, cioè artifici ottici utilizzati non per occultare o rendere invisibile ma finalizzati a rendere confuso e indecifrabile l’oggetto osservato, rompendo la sagoma della nave con disegni geometrici a colori vivaci contrastanti.Dov’è, dunque, il rapporto di questo tipo di graphic design ‘minore’ con l’Arte Vera? Innanzitutto, Wilkinson era un buon pittore, poi ha influenzato, direttamente o indirettamente, molti altri artisti che durante la guerra hanno lavorato nei laboratori militari (ad esempio Ellsworth Kelly). Infine, e il rapporto è evidente a chiunque, queste grandi navi colorate - involontariamente - sono più affascinanti di molte opere d’arte incensate dalla critica.

STORIA E ARTE

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Se, solitamente, la critica indaga la persona-lità dell’architetto che ha progettato l’ope-ra, nel caso di Casa Malaparte il soggetto centrale da studiare non può che essere il committente poiché l’architetto Libera, che aveva iniziato il lavoro, si era rivelato ina-deguato a comprendere le richieste di un cliente ‘eccentrico’ come lo scrittore.Nato nel 1903 a Villa Lagarina, figlio di un ex ufficiale dell’esercito austro-ungarico e della marchesa Pallavicino, dopo studi ma-tematica si era iscritto ad architettura di Roma contribuendo attivamente al MIAR, Movimento Architettura Razionale, Libera ricercava princìpi geometrici e funzionali ri-gorosi e uno stile di purezza quasi classica.Infatti, il suo progetto (Fig.1 e 2), presumibil-mente discusso e concordato con Malapar-te, rientra a pieno titolo nei canoni dell’ar-chitettura razionalista: un parallelepipedo stretto e lungo (mt 6.60x28.00) al piano ter-ra, molto pulito ed interamente rivestito in pietra, con un volume più piccolo superio-re sul davanti e un’ampia terrazza a monte. La limitata profondità del corpo aveva im-posto un’organizzazione interna impostata su un corridoio laterale che serviva tutte le stanze in linea poste lungo il lato est e una grande cucina nella testata rivolta verso il mare (vedi FIDAart n.07- parte 1). Dalla scala baricentrica si accedeva al primo

piano interamente occupato da un arioso salone con copertura a voltine, illuminato da finestre o balconi aperte su tutte quattro i prospetti. Come si vede dalla sezione (Fig. 1), il fabbricato si adattava al (presunto) di-slivello del terreno grazie a uno sfalsamen-to tra il volume a monte e quello davanti. Dell’edificio, ben inserito nel promontorio grazie alle limitate dimensioni e al basa-mento in pietra, risultava visibile solo il pic-colo volume del soggiorno al primo piano.Il progetto Libera, nonostante l’assoluto di-vieto di edificazione, era stato prontamen-te approvato dal Ministro Bottai, amico e collega di partito dello scrittore.Non è chiaro cosa avesse in mente Mala-parte che, inizialmente, immaginava una casetta dove rifugiarsi per scrivere in solitu-dine e che non aveva lesinato complimenti all’architetto ma, certamente, quel villino per famiglia borghese non corrispondeva né ai suoi bisogni né, soprattutto, ai suoi ‘sogni’. Per capire Casa Malaparte, infatti, è necessario comprendere la psicologia di questo scrittore, giornalista, avventuriero, intellettuale, di cui è stato detto un gran bene e un gran male ma, indubbiamente, fu un personaggio fuori del comune.Basterebbe solo pensare al luogo dove ave-va deciso di realizzare il suo rifugio: Capo Masullo, uno scoglio roccioso con vista sui

L’ENIGMA CASA MALAPARTE - parte 2

saloneterrazza

letto letto letto

cucina

wcletto

lettowc

5.20

7.80

Fig. 2Fig. 1

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IL PROGETTO LIBERA

Faraglioni, posto nella zona più selvaggia di Capri. Una scelta all’apparenza folle perché l’area rientrava in un parco assolutamente inedificabile e il sito, una roccia a trenta metri dal livello del mare, era quasi irrag-giungibile dall’alto e ancor più dal mare. Dai suoi scritti traspare come quel luogo ecce-zionale da cui era stato ‘folgorato’ durante una gita in barca, dovesse accogliere una casa altrettanto eccezionale. Ed è anche chiaro che il tipo di ‘casa moder-na’ che lo scrittore desiderava non avesse a che fare tanto con lo ‘stile moderno del Razionalismo’ quanto con uno spirito nuo-vo, creativo, libero, ma, in fondo, ancora romantico nei suoi riferimenti classicisti e dannunziani. Stranamente, infatti, Mala-parte aveva le idee ben precise su come do-vesse essere la casa che sognava.Poco dopo l’inizio del cantiere, committen-te e progettista entrano in conflitto e Libera non pare interessato a seguire più il lavoro forse perché Malaparte, a stretto contatto con l’impresario Amitrano, comincia una ri-progettazione globale e radicale della casa per adeguarla alle sue esigenze e, non ulti-mo, alla reale morfologia del luogo. L’architetto si allontana definitivamente o, come ipotizza qualcuno, continua a dare un suo contributo tecnico? Come già det-to, se Libera avesse seguito il cantiere, un

disegno, uno schizzo, uno scritto, si sareb-bero dovuti trovare mentre non esistono documenti che attestino un lavoro di alcun tipo da parte sua. D’altronde, non doveva essere facile per l’architetto lavorare per un cliente che ignorava il suo lavoro preten-dendo di trasformare il progetto originario secondo una propria visione architettonica personalissima, per di più contravvenendo alle prescrizioni della Sovrintendenza. Libera era ben inserito nei ministeri roma-ni e lo scrittore, addirittura, un esponente di primo piano del regime, ma gli abusi di Malaparte si configuravano come un reato difficilmente sanabile a posteriori. Sembra di capire che l’architetto abbia so-stanzialmente lasciato mano libera al suo cliente, mantenendo un comportamen-to professionalmente censurabile, senza esprimere né assenso né dissenso epliciti, contribuendo così a dare adito alle illazioni più fantasiose sul suo ruolo.In realtà, dall’analisi dei disegni della casa costruita, appare evidente come le idee as-solutamente personali dello scrittore e la conformazione del sito abbiano condizio-nato fortemente il progetto di Curzio Mala-parte, influenzato più dai consigli esperti e pragmatici dell’impresario che non da quel-li teorici e ideologici di Libera.Paolo Tomio continua 3° parte

Fig. 2

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27

Agosto 2013, Anno 2 - N.08

Mostre in regione

Comune di FONDO

Roberto Codroico

Castel Ivano - Ivano Fracena

Cafè de la Paix

Càssia Raad

3°Collettiva FIDA-Trento

pag. 28

pag. 30

pag. 29

pag. 31

pag. 32

pag. 33

disORIENTAMENTI

Personale

I Campestrini - tra pittura e poesia

33.000 per la paix

Imagens e sonhos

LAKE and the CITY - Torre Mirana

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disORIENTAMENTITrentino tra Sud e Mitteleuropa

PALAZZO ex CARITROPiazza S. Giovanni - FONDO

Cattani - Codroico - Lome

Sclaunich - Tomio - Turra

Silvio Cattani - Roberto Codroico - Lome

Renato Sclaunich - Paolo Tomio - Simone Turra

FIDA-Trento COMUNE DI FONDO

RegioneTrentino

Alto Adige

PALAZZO ex CARITROPiazza S. Giovanni - FONDO

INAUGURAZIONE venerdì 19 luglio ore 18.00

Durata esposizione: 20-07-2013 / 20-08-2013

apertura 10.00-12.30 / 16.00-19.30

disORIENTAMENTITrentino tra Sud e Mitteleuropa

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I Campestrini

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TRA PITTURA E POESIA

I Campestrini

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TRA PITTURA E POESIA

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Comune di Villa Lagarina

 “personale”di

Codroicodal 20 luglio al 18 agosto 2013

a

“Palazzo Libera” – Villa Lagarina

Inaugurazione 

sabato 20 luglio 2013 alle ore 18.00

Orario:

lunedì e martedì chiuso

mercoledì, giovedì e venerdì dalle 14.00 alle 18.00

sabato e domenica dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 18.00

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LAKE and the CITY

FEDERAZIONE ITALIANA DEGLI ARTISTI - TRENTO

3° Collettiva FIDA - Trento - 2013Torre Mirana, Trento - Casa A.Vittone, Canale di Tenno

LAKE and the CITYFEDERAZIONE ITALIANA DEGLI ARTISTI - TRENTO

3° Collettiva FIDA - Trento - 2013

TORRE MIRANA - SALA THUN Via Belenzani - TRENTO

5 - 23 settembre - orario 10.00-12.00/16.00-19.00

Domenica chiuso - ingresso libero

INAUGURAZIONE: venerdì 6 sett. 2013 ore 18.00

Casa degli Artisti GIACOMO VITTONE CANALE DI TENNO

8 - 28 settembre 2013 - orario 10.00-12.00/14.00-18.00

Lunedì chiuso - ingresso libero

INAUGURAZIONE: domenica 8 sett. ore 11.00

Artisti

Martina Angarano Stefano Benedetti Mauro Berlanda Linnet Betta Matteo Boato Diego Bridi Alessia Carli Feeela Barbara Cappello Anna Caser Roberto Codroico Doris Cologna Nadia Cultrera Fabrizia Dalpiaz Mirta De Simoni Lasta Enrico Farina Alessandro Goio Graziella GremesMauro Larcher Lome, L. MenguzzatoBruno Lucchi Luciano Olzer Aldo Pancheri Roberto Piazza Gentile Polo Franco Ricci Renato Sclaunich Silvana Todesco Paolo Tomio Simone Turra Paolo Vivian

CASA DEGLI ARTISTI "GIACOMO VITTONE"

Comuni di Tenno, Riva del Garda, Arco

COMUNE DI TRENTO

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QUOTA DI ISCRIZIONE PER L’ANNO 2013

E’ stata mantenuta la quota d’iscrizione di euro 50.00 Il versamento dovrà essere effettuato con la causale: ISCRIZIONE ANNO 2013

MEMORANDUM

IMPORTANTE

Per ragioni fiscali e contabili, TUTTI i versamenti (ad es. per l’iscrizione, la quota annuale, partecipazioni a mostre o eventi FIDA ecc.) dovranno essere effettuati sul conto corrente della FIDA-Trento: Volksbank-Banca Popolare dell’Alto Adige - Piazza Lodron 31 38100 Trento IBAN: IT47 B058 5601 8010 8357 1214 752 NB! INSERIRE SEMPRE LA CAUSALE (es. iscrizione 2013)

Poiché questo Conto Corrente dovrà essere utilizzato sempre si consiglia di stamparlo e di tenerlo sul computer in una cartella FIDASegretario-tesoriere: Alessando Goio [email protected]

INDIRIZZO MAIL

Indirizzo Mail ufficiale di FIDA-Trento è: [email protected]

INDIRIZZO FIDA-Trento

C/o arch. Paolo TomioVia Cernidor 43 - 38123 TrentoTel. 0461 934276

FIDA-Trento su FACEBOOK

IDA-Trento è presente con un sua pagina: www.facebook.com/fida.trento?ref=tn_tnmn

SITO FIDA-Trento

Sito di FIDA-Trento è: www.fida-trento.com

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