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Gli articoli del Papersera

Fantasia di Walt Disney

Quando la musica si fa immagine

di Ivano Presotto

Anno II numero 2

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Ivano Presotto

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“Fantasia “In una professione che è stata un viaggio senza fine alla scoperta dei

regni del colore, del suono e del movimento, Fantasia rappresenta la nostra avventura

più eccitante. Finalmente abbiamo trovato un modo per utilizzare in un film animato

la grande musica di tutti i tempi e l’ondata di nuove idee che essa suscita”1.

Walt Disney, 1940

1 Dal programma ufficiale distribuito in occasione della premiere del film al Colony Theater di New York.

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Sommario

Introduzione .......................................................................................................................4 Le origini del connubio musica – immagini nell’opera di Walt Disney ..............................4

Capitolo I ...........................................................................................................................13 La nascita di Fantasia .......................................................................................................13

Capitolo II .........................................................................................................................16 Toccata e fuga in re minore di Johann Sebastian Bach ....................................................16

Capitolo III .......................................................................................................................20 Suite da “Lo Schiaccianoci” di Piotr Ilyich Tchaikovsky .................................................20

Capitolo IV .......................................................................................................................25 L’Apprendista Stregone di Paul Dukas .............................................................................25

Capitolo V .........................................................................................................................30 La Sagra della Primavera di Igor Stravinsky ....................................................................30

Capitolo VI .......................................................................................................................35 La Sesta Sinfonia detta “La Pastorale” di Ludwig van Beethoven...................................35

Capitolo VII .....................................................................................................................40 La Danza delle Ore da ”La Gioconda” di Amilcare Ponchielli .......................................40

Capitolo VIII ...................................................................................................................44 Una notte sul Monte Calvo di Modest Mussorgsky e l’Ave Maria di Franz Schubert ......44

Conclusioni.......................................................................................................................50 Fantasia, Fantasia 2000 e poi…........................................................................................50

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Introduzione Le origini del connubio musica – immagini nell’opera di Walt Disney

La musica ha rivestito un ruolo fondamentale nel successo dello Studio Disney, fin

da quel lontano 18 novembre 1928, quando al Colony Teather di New York venne

proiettato per la prima volta Steamboat Willie (trad. it. Willie del vaporetto): la reazione del

pubblico fu da subito travolgente. L’idea che stava alla base del successo di un piccolo

topo disegnato di nome Mickey Mouse era l’uso combinato della musica e delle immagini

in movimento sullo schermo. Ma non attraverso un semplice accompagnamento sonoro di

sottofondo, bensì con una sincronizzazione perfetta tra le immagini, la musica ed i rumori

che venivano prodotti dagli stessi personaggi del cortometraggio animato.

La nascita di Mickey Mouse affonda nella leggenda, per la maggior parte creata da

Walt stesso, il quale amava raccontare di come avesse ideato Topolino durante un viaggio

in treno con la moglie di ritorno da New York, dopo essere stato depredato del suo

personaggio più importante, Oswald the Lucky Rabbit, e di come fosse stata la moglie

Lillian a battezzare col nome di Mickey quel topo che Walt inizialmente voleva chiamare

Mortimer.

Osvaldo il coniglio fortunato era stato ideato dalla coppia Walt Disney – Ub Iwerks

dopo l’esperienza delle Alice’s Comedies (1923 – 1926) che raccontavano le avventure di

una ragazzina in carne e ossa in un mondo disegnato. Tra il 1927 e il 1928 vennero

prodotti 26 cortometraggi muti con questo personaggio come protagonista, il quale deve

essere considerato un antenato di Mickey Mouse soprattutto da un punto di vista grafico:

nell’ideare Topolino, Oswald fu il punto partenza, infatti le sue orecchie da coniglio

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vennero sostituite con due grandi orecchie tonde e la coda a pon-pon con un codino lungo

e flessibile, arrivando così alla grafica di Mickey.

Oswald riscosse un buon successo e cominciò ad interessare per le sue

potenzialità economiche Charlie Mintz, distributore dei cartoons dello Studio Disney. Mintz

riuscì ad impossessarsi del personaggio e addirittura dei disegnatori in forza alla Disney

per avviare autonomamente la produzione dei cortometraggi con protagonista il coniglio.

Walt non poté fare altro che rinunciare al personaggio. Lo Studio Disney necessitava

quindi di un nuovo, valido personaggio. Se l’idea del topo venne a Walt, non bisogna

dimenticare che la sua creazione grafica si deve al talento di Ub Iwerks, sempre rimasto

nell’ombra. La vera genesi di Mickey è quindi dovuta alla collaborazione tra Walt, che

diede al topo personalità e voce, e Ub, che gli diede invece forma e movimento. All’inizio

del 1928 il primo film di Mickey venne completato: Plane Crazy narra la vicenda di

Topolino emulo dell’eroe dell’aviazione Charles Lindbergh. A questo primo cortometraggio

seguirà Gallopin’ Gaucho, le avventure di Topolino nei panni di un cavaliere della pampa.

Frattanto era cominciata la rivoluzione del sonoro. Si era infatti agli albori del film parlato, il

primo dei quali, The Jazz Singer, diretto da Alan Crosland ed interpretato dal cantante Al

Jolson, era apparso il 6 ottobre 1927 ed era passato come un uragano sul mondo del

cinema: nulla sarebbe mai più stato uguale a prima. Walt Disney riconobbe da subito nel

sonoro l’inevitabile completamento dell’arte dell’animazione e anche se i primi due film di

Mickey non avevano trovato compratori, ne progettò un terzo e questa volta

completamente sonorizzato. Alla ricerca di un metodo per poter sincronizzare la musica

con le immagini, Walt trovò nel sistema Cinephone la soluzione ai suoi problemi. Ingaggiò

quindi un’orchestra e due esperti rumoristi e presentò il già citato Steamboat Willie come il

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primo cartone animato completamente sonorizzato dello Studio Disney. Il film non riscosse

però successo tra i distributori, finché Harry Reichenbach, un pubblicitario in procinto di

aprire una sala cinematografica a New York, non propose a Disney di proiettarlo nel suo

cinema. Pubblico e critica furono concordi nel giudizio più che positivo per il film

considerato “un piccolo gioiello dell’animazione”: era la conferma che la strada del cinema

era ormai inevitabilmente orientata verso il sonoro.

Walt era enormemente soddisfatto del successo, ma aveva anche il timore che lo

Studio sarebbe stato costretto a creare un cortometraggio dopo l’altro e tutti con lo stesso

protagonista: ne aveva fatto esperienza con Alice e poi con Oswald e lo trovava

controproducente. Dopo la post-sonorizzazione dei primi due film muti di Topolino, decise

di lanciare una nuova serie di cartoons, questa volta aventi come protagonista la musica

stessa e non più le immagini, come accadeva invece per i film di Mickey. Nacque così The

Skeleton Dance, primo film della serie delle Silly Symphonies: i protagonisti sono degli

scheletri che ballano al ritmo di una marcetta composta per l’occasione da Carl Stalling,

musicista dello Studio, prendendo spunto da una composizione preesistente di Grieg

intitolata Marcia dei Nani.

L’idea che stava alla base della nuova serie era dare vita e corpo a disegni animati

che si adattassero ad un motivo musicale preesistente, stravolgendo quindi l’operazione

che veniva fatta con i Mickeys, così erano chiamati i film con protagonista Topolino, in cui

invece era la musica, creata appositamente per il film, a doversi adattare alle immagini in

movimento. La prima delle Allegre Sinfonie non riscosse il successo sperato da Walt tra i

distributori, la risposta del pubblico invece fu entusiastica.

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Nel 1930, nel pieno della crisi economica statunitense, Topolino era ormai diventato

un idolo nazionale e sia i Mickeys sia le Silly Symphonies avevano dato fama e fortuna a

Disney. Ma la prosperità dello Studio era solo apparente: Walt si preoccupava di

migliorare sempre più la qualità dei suoi cortometraggi, ma così facendo il costo finale di

ogni cartoon aumentava. Ogni affinamento della tecnica spingeva inesorabilmente verso

l’alto i costi. L’animazione, così come era concepita da Walt Disney, era sempre

un’impresa rischiosa, e tale sarebbe stata per lungo tempo per lo Studio di Hyperion

Avenue.

All’inizio degli anni Trenta, Disney decise di intraprendere una nuova sfida

tecnologica: creare dei cartoons a colori. Chiese ai tecnici dello Studio di fare esperimenti

con i nitrati e altre sostanze, ma i risultati furono insoddisfacenti. Non si poteva nemmeno

proporre la primitiva tecnica dei bagni monocromatici delle pellicole in soluzioni colorate a

seconda della scena da filmare, ad esempio blu per la notte, rosso per un incendio o verde

per le scene bucoliche. Bisognava trovare un metodo che consentisse un realismo

massimo dei colori.

In quegli anni la Technicolor elaborò un sistema per combinare tre negativi dei

colori base rosso, giallo e ciano a formare l’intera gamma dei colori più l’uso del nero: ecco

il sistema che Disney stava cercando. Riuscì a garantirsi l’esclusiva del procedimento

tricromico per due anni.

Flowers and Trees, prima Silly Symphony a colori in cui delle piante prendono vita

al ritmo delle musiche di Mendelssohn e Schubert, vide la luce nel luglio 1932 suscitando

lo scalpore su cui Walt aveva tanto sperato. Le Silly Symphonies non dovevano più

confrontarsi con i Mickeys: Flowers and Trees esercitò lo stesso richiamo di un cartoon di

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Topolino. Il 18 novembre 1932 l’Academy of Motion Pictures Arts and Sciences, attribuì a

Walt Disney un Oscar® per Flowers and Trees e un Oscar® Speciale per la creazione di

Mickey Mouse.

Nel 1933 arrivò il successo strepitoso di The Three Little Pigs e del relativo

motivetto Who’s afraid of the Big Bad Wolf?, diventato inno ed emblema della voglia di

ripresa dopo la Grande Depressione e nel 1934 nasce un personaggio destinato ad

offuscare la fama di Mickey Mouse: Donald Duck, che esordisce in una Silly Symphony dal

titolo The Wise Little Hen, in Italia La gallinella saggia.

La strada era ormai tracciata per lo Studio Disney: il matrimonio tra musica,

immagini e colore era divenuto inscindibile. Nel 1935 esce nelle sale il primo Mickey’s

cartoon a colori: The Band Concert, con Topolino nelle vesti di direttore d’orchestra alle

prese con un uragano e il disturbatore Paperino. Questo cartoon è da considerarsi come

un punto cardine nella filmografia Disney. Infatti la musica che la banda diretta da Topolino

cerca di suonare, l’Ouverture tratta dal Guglielmo Tell, viene continuamente interrotta da

un divertente e dispettoso Paperino che con un piffero suona il motivetto folclorico Turkey

in the Straw (Il tacchino nella paglia). Lo stesso Topolino al suo esordio in Steamboat

Willie, si impegnava in un concertino sulle note di questo brano e la ripresa del motivetto in

The Band Concert è quasi indicativo di un passaggio di testimone tra Mickey e Donald per

la conquista della popolarità.

Disney cominciava però a rendersi conto che a soddisfare le energie creative dei

propri collaboratori non bastavano più i cartoons con i loro otto minuti di gags, né poteva

continuare a riproporre all’infinito le solite situazioni con i soliti personaggi. Inoltre gli introiti

dei cortometraggi andavano scemando, malgrado la durevole popolarità di Topolino e

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Soci, a causa della Grande Depressione, che aveva costretto i cinema ad offrire al

pubblico sempre più spettacoli e ad adottare il doppio programma, ovvero due

lungometraggi al prezzo di uno, con conseguente riduzione degli incassi e del tempo

destinato ai cortometraggi. Walt aveva quindi intuito l’inevitabilità del lungometraggio

d’animazione e tutti i suoi sforzi puntavano in quella direzione attraverso il miglioramento

della qualità tecnica ed artistica dei prodotti, la sperimentazione del colore e le innovazioni

filmiche, l’uso delle Silly Symphonies come terreno di collaudo per nuove tecniche e nuovi

temi. Nel 1934 decise che era arrivato il momento di passare al lungometraggio e scelse

per l’impresa un’antica favola europea: Biancaneve e i sette nani.

Cominciò con l’installare un piccolo gruppo di animatori e di sceneggiatori in un

ufficio attiguo al suo e verso la fine del 1934 la storia cominciava a prendere decisamente

forma. Leggenda narra che lo stesso Walt Disney abbia mimato e recitato l’intera

sceneggiatura per ben due ore di fronte allo staff al completo, interpretando tutte le parti

dei personaggi del film e facendo persino commuovere i suoi dipendenti.

Walt cominciò inoltre a confrontarsi con i problemi tecnici di un lungometraggio

come quello che aveva in mente. Nei cartoons Disney le figure umane erano fino ad allora

comparse sotto forma caricaturale: dare credibilità ai personaggi di Biancaneve e del

Principe voleva dire ricorrere ad un disegno più realistico. Un tentativo era stato fatto con

The Goddess of Spring, La dea della primavera, nel rappresentare realisticamente

Persefone, che avrebbe poi fatto da prototipo per Biancaneve, ma il risultato non fu del

tutto soddisfacente. La soluzione fu quindi di filmare una ragazza dal vivo mentre si

muoveva come Biancaneve e poi ricopiarne i movimenti nei disegni. Un altro problema era

la bidimensionalità dei cartoons che male si adattava ad un lungometraggio di circa 80

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minuti. La risposta venne dalla Multiplane Camera, una cinepresa a piani multipli con un

obiettivo rivolto su 4 o 5 strati di disegni tale da garantire una illusione di profondità e di

tridimensionalità.

Ancora una volta Walt si servì di una Silly Symphony per collaudare questa tecnica:

The Old Mill (trad. it. Il vecchio mulino), la storia di un mulino che prende vita durante la

notte, privo di dialoghi e con il solo accompagnamento musicale, come disse Disney “un

vero brano di poesia visiva”1, vede l’utilizzo per la prima volta di questo complesso

meccanismo e diede dei risultati eccellenti, vincendo addirittura un Oscar®.

Non bisogna inoltre dimenticare quanto la musica rivesta un ruolo importante in

Biancaneve. A Walt i primi tentativi di canzoni per il film non piacquero poiché seguivano

troppo lo schema dei musical hollywoodiani che introducevano danze e canti ad intervalli

regolari senza tenere conto della progressione della storia. “Dovremmo stabilire un nuovo

schema, un modo nuovo di usare la musica,” osservava Walt, “la musica va intessuta nella

storia per impedire che qualcuno sbotti a cantare di punto in bianco”3, come invece

succedeva nei musical cinematografici americani. La voce di Biancaneve alla fine venne

affidata ad Adriana Caselotti, una ragazza italo - americana di 18 anni con una voce da

soprano brioso. Le canzoni cantate nel film sono diventati dei successi intramontabili.

Ci vollero tre anni di lavoro, due milioni di disegni e circa un milione e mezzo di

dollari per 83 minuti di spettacolo: il 21 dicembre 1937 Snow White and the Seven Dwarfs,

in Italia Biancaneve e i sette nani, venne proiettato per la prima volta in una sala piena di

2 - 3 Thomas Bob, Walt Disney: an American Original, Simon & Schuster, New York 1976.

(trad. It. Walt Disney, Mondadori, Milano 1980.)

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celebrità di Hollywood, scatenando risate e pianti tra il pubblico per le vicende della povera

principessa ed ottenendo una standing ovation alla fine. Il film venne premiato con un

Oscar® Speciale composto da una statuetta di normali dimensioni e sette statuette più

piccole per ognuno dei nani del film: Walt ricevette il premio particolare dalle mani della

piccola attrice Shirley Temple.

Visto il successo strepitoso Walt si buttò subito nell’impresa di tre nuovi

lungometraggi animati totalmente diversi per contenuto e per stile: Pinocchio, Fantasia e

Bambi. L’uso massiccio della Multiplane Camera per dare la sensazione di una profondità

quasi tridimensionale in Pinocchio servì come allenamento in vista della nuova idea di

Disney: un film d’animazione che avrebbe dovuto essere una sorta di riscatto per Mickey

Mouse. Fantasia nacque dalla preoccupazione di Walt per la carriera di Topolino che

stava ormai declinando.

Nel 1938 Walt decise di fare di Topolino il protagonista di un cartoon intitolato The

Sorcerer’s Apprentice, L’Apprendista Stregone, un’antica fiaba versificata da Goethe e

musicata dal compositore Paul Dukas. Topolino vi interpretava la parte dell’assistente

pasticcione di un mago, il cui abuso dei poteri magici finisce per provocare una serie di

disastri. L’intera azione sarebbe stata adattata alla musica di Dukas. Walt contava di farne

un mediometraggio di circa 20 minuti, ma cambiò idea dopo aver incontrato ad un pranzo

di gala il direttore della Philadelphia Orchestra, Leopold Stokowski. Durante questo

incontro si scambiarono parole di reciproca ammirazione e Walt invitò il grande direttore a

visitare i suoi studi. Gli mostrò il lavoro che stavano facendo sull’Apprendista Stregone, e

Stokowski, da sempre fan del piccolo topo, fu così colpito che si offerse per dirigere la

colonna sonora del nuovo film. I costi di questo nuovo film cominciarono però a salire

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sempre più e sarebbe stato molto difficile rientrare nelle spese. Si decise quindi che si

sarebbe creato un lungometraggio accostando all’Apprendista Stregone altre sequenze di

musica filmata. Il nuovo progetto, il cui titolo provvisorio era The Concert Feature, avrebbe

dovuto sbalordire il pubblico e la critica per la sua forza innovativa: sarebbe stato una

specie di collage di Silly Symphonies, aventi però come colonna sonora brani di musica

classica di compositori ritenuti maestri in questo genere.

Autoritratto di Mickey Mouse che spiega molto bene quanto il topo più

famoso del mondo fosse in realtà l’incarnazione di Walt Disney stesso.

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Capitolo I La nascita di Fantasia

Leggenda vuole che fosse stato Stokowski a suggerire l’ampliamento del brano di

Dukas per creare un vero e proprio concerto di immagini, ma è più probabile che fosse

stato Disney stesso, preoccupato per i costi del progetto Apprendista Stregone, a decidere

di trasformarlo in un lungometraggio. Nella notte tra il 9 e il 10 gennaio 1938 il maestro e

l’orchestra da lui diretta registrarono la composizione di Dukas presso gli studi di David O.

Selznick, celebre produttore di Hollywood, poiché la sala di registrazione dello Studio

Disney di Hyperion Avenue non era abbastanza grande da contenere tutti gli orchestrali.

L’Apprendista Stregone alla fine venne a costare quattro o cinque volte più di una normale

Silly Symphony, rischiando di non riuscire a rientrare nelle spese.

Si arrivò così all’ideazione di un lungometraggio senza l’uso di personaggi già

collaudati dallo Studio, ma avente come unica protagonista la Musica. Si ascoltarono

centinaia di composizioni musicali cercando di trovare le più adatte ad essere sviluppate

sotto forma di film d’animazione e infine vennero scelti sette brani: Toccata e fuga in re

minore di Johann Sebastian Bach; La Suite dal balletto Lo Schiaccianoci di Piotr Ilyich

Tchaikovsky; La Sagra della Primavera di Igor Stravinsky; La Sesta Sinfonia detta La

Pastorale di Ludwig van Beethoven; La danza delle ore dall’opera La Gioconda di

Amilcare Ponchielli; Una notte sul Monte Calvo di Modest Mussorgsky e l’Ave Maria di

Franz Schubert.

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Stokowski fu un pioniere tra i direttori di orchestra che si dedicarono al

perfezionamento delle tecniche di registrazione e riproduzione del suono. Ritrovò uno

spirito affine in Disney, il quale da sempre si era preoccupato della riuscita dei suoi film,

anche a costo di sperimentare nuove tecnologie per rendere sempre migliori i suoi

prodotti. E fu proprio all’insegna del miglioramento tecnico che venne improntato il

progetto di Fantasia.

Ascoltando le prime registrazioni incise dei brani che avrebbero composto il film,

entrambi si resero conto che il suono era ben lontano da quello ricco ed intenso di una

orchestra in una sala da concerto. Disney incaricò quindi il Sound Department dello Studio

di studiare un sistema per ricreare l’illusione di una performance dal vivo durante la

proiezione del film. Stokowski sapeva bene che la colonna sonora di un film non può

essere paragonata ad una esecuzione dal vivo per un semplice motivo: i suoni di una

orchestra provengono da tante direzioni quanti sono gli strumenti che suonano, mentre in

una sala cinematografica dell’epoca la musica veniva diffusa da un limitato numero di

altoparlanti, per lo più disposti intorno allo schermo. La soluzione a cui giunsero fu quindi

di predisporre una serie di altoparlanti dislocati lungo tutta la sala e registrare le musiche

del film utilizzando un numero maggiore di piste audio, per Fantasia ne vennero usate

nove. Il complesso apparato acustico studiato dallo Studio prese il nome di Fantasound ed

è considerato il precursore dei moderni sistemi di stereofonia applicati alle sale

cinematografiche. Stokowski riprese a registrare i brani mancanti all’inizio di settembre del

1938 nella cornice offerta dal prestigioso Teatro della Philadelphia Academy of Music, con

lui in veste di supervisore e consigliere musicale c’era Deems Taylor, musicista e

compositore statunitense, il quale si presterà come voce narrante durante il film.

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Manipolando la musica a tal punto da registrare ogni sezione strumentale

dell’Orchestra Filarmonica di Philadelphia a se stante e poi ricomponendole in fase di

missaggio, così da poter ottenere il meglio da ogni singolo gruppo di strumenti, si arrivò ad

un equilibrio perfetto tra le parti grazie all’uso del mixer: gli spettatori che poterono

ascoltare la colonna sonora del film in Fantasound nelle poche sale attrezzate dalla

Disney stessa in America venivano sommersi dai suoni provenienti dai tre altoparlanti

posti dietro lo schermo (a destra, al centro e a sinistra) e dalle 65 casse acustiche

collocate strategicamente in tutto il locale. Fantasia voleva essere un opera d’arte totale,

capace di creare nello spettatore la sensazione di essere parte integrante del film, di

superare lo schermo quasi come l’Alice di Carrol e di entrare nello spazio immaginario

creato dei disegnatori Disney.

La realizzazione di Fantasia durò

circa tre anni e l’ultima ripresa per

completare la sequenza dell’Ave Maria di

Schubert venne spedita solamente quattro

ore prima della première mondiale, il 13

novembre 1940. Gli otto brani che

compongono il film furono il risultato delle

capacità e delle qualità di un numero

enorme di persone che si impegnarono

per creare quello che è considerato il capolavoro Disney.

Caricatura di Walt Disney, ritratto nell’espressione accigliata tipica delle lunghe riunioni preliminari alla realizzazione di Fantasia

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Capitolo II Toccata e fuga in re minore di Johann Sebastian Bach

Regia: Samuel Armstrong

Sceneggiatura: Lee Blair, Elmer Plummer, Phil Dike

Direzione artistica: Robert Cormack

Fondali: Joe Stahley, John Hench, Nino Carbe

Animazione: Cy Young, Art Palmer, Daniel MacManus,

George Rowley, Edwin Aardal, Joshua Meador, Cornett Wood

Il primo brano di Fantasia inizia con le immagini degli orchestrali della Philadelphia

Orchestra che si accomodano al loro posto e con l’ingresso del Maestro Stokowski, in

attesa di cominciare a dirigere la Toccata e fuga in re minore. Johann Sebastian Bach

compose questo brano tra il 1703 e il 1717, pensando originariamente ad una esecuzione

per organo. Gli artisti dello Studio Disney cercarono di trasformare in immagini

l’esecuzione che Stokowski arrangiò e curò, arrivando alla creazione di una sequenza di

pura astrazione. Infatti durante le lunghe riunioni preliminari si decise che per un brano

musicale definito come Toccata, ovvero una specie di libera composizione strumentale, e

Fuga, ovvero un intreccio di diversi temi musicali all’interno di una struttura ben delineata,

fosse ideale la creazione di immagini senza una precisa funzione narrativa.

Ecco che dalle immagini degli orchestrali e del Maestro della Toccata si passa

all’animazione di immagini che sono impressioni dell’orchestra stessa durante la Fuga.

Nella prima parte le ombre di nove violinisti accompagnano un passaggio di violino, i

violoncellisti con le loro ombre rosse si triplicano su di uno sfondo blu, i profili di tre corni

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francesi vengono illuminati ed un’arpa risplende d’oro sullo sfondo che ridiventa color

cobalto. Comincia la Fuga con le sue astrazioni e la sua perdita di concretezza: vediamo

quindi che il tema musicale, ripetuto sette volte, ad ogni passaggio cambia forma grafica.

La musica dei violini si trasforma in immagini di archetti che diventano rondini in volo,

abbassando ritmicamente le ali, il passaggio tra i vari temi musicali è dato dalle variazioni

di colore che inondano lo schermo, o attraverso macchie di colore in movimento, l’arrivo

dei contrabbassi è segnalato dalla loro corde animate sullo schermo. La fine del primo

brano del film è un richiamo all’ultimo, l’Ave Maria di Schubert, con la formazione di nubi

che ricordano la forma di una cattedrale gotica: una immagine pressoché simile a quella

creata dagli alberi di conifere nell’ultimo brano del film. Nella sequenza di Bach inoltre c’è

un rimando alla vetrata istoriata che cade in frantumi nel brano di Schubert, quando la luce

della divinità assume la forma di un rosone gotico. La Fuga termina con un tramonto e

delle colonne di luce generate dalle canne di un organo. È questa una prefigurazione del

finale dell’Ave Maria, in cui strisce di colore annunciano l’aurora e il sorgere del sole. Nelle

intenzioni degli artisti Disney questi due brani possono essere visti come un unicum,

riuscendo a creare quasi una ciclicità nel film.

Leopold Stokowski mentre dirige il brano di Bach. Il colore dello sfondo cambia in base alle tonalità della musica

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Lo scopo di Disney era di rendere questo brano, apripista del film, una pura forma

di astrazione per “poter vedere la musica e sentire le immagini”4. L’idea da cui nacque la

struttura del brano fu quella di visualizzare sullo schermo i diversi movimenti della musica

attraverso una loro trasposizione fedele in immagini: così per esempio il contrappunto

doveva essere rappresentato attraverso una vera contrapposizione delle immagini rispetto

alla musica, ad un accordo lento corrispondeva un’immagine briosa e viceversa. La

musica di Bach doveva esprimere chiaramente la sua struttura attraverso delle immagini

astratte.

L’interesse di Disney per i film astratti prese inizio durante gli anni Trenta, quando

vide Colour Box di Len Lye, il quale disegnava e colorava direttamente sulla pellicola le

sue immagini non narrative; Stokowski stesso aveva diretto un esperimento di Color

Organ, uno strumento ideato da M. H. Greenwalt nel 1921 per realizzare una

corrispondenza tra i colori e le tonalità musicali. Disney decise quindi di fare del primo

brano di Fantasia un esperimento di interpretazione della musica attraverso i movimenti

delle immagini.

Il brano scelto ben si prestava a questo scopo per la sua mancanza di narratività e il

suo valore di composizione di pura bellezza musicale. Per creare questa sequenza Disney

contattò addirittura Oskar Fischinger, artista tedesco conosciuto per i suoi film composti di

pure immagini astratte.

Egli fu un pioniere nell’animazione di linee e forme geometriche che visualizzassero

un tema musicale, come appunto quelle di apertura del film. Nel 1933, due anni prima di

Len Lye, Fischinger realizzò un film di forme astratte a colori intitolato Kreise (trad. it.

4 Culhane John, Fantasia. Il capolavoro di Walt Disney, The Walt Disney Company Italia, Milano 1992

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Cerchi): la Paramount Pictures gli offrì un contratto nel 1936 ed egli si trasferì negli Stati

Uniti. La collaborazione tra Disney e Fischinger ebbe però vita breve: il cineasta lavorò allo

Studio Disney solo tra il 28 novembre 1938 e il 31 ottobre 1939. La causa della rottura tra i

due è da far risalire al fatto che entrambi erano abituati ad avere il controllo totale dei loro

film, ma allo Studio Disney l’ultima parola doveva essere sempre di Walt: all’autore

tedesco non rimase che lasciare il lavoro in quanto non poteva realizzare liberamente le

proprie idee.

Era intenzione di Disney girare la sequenza tratta da Bach con una tecnica

innovativa: la stereoscopia a tre dimensioni su schermo di grandi dimensioni. Sarebbero

stati dati agli spettatori degli speciali occhialini che grazie ad una lente rossa ed una blu

avrebbero permesso la visione a tre dimensioni del brano. Disney infatti per questa prima

sequenza voleva creare una vera e propria partecipazione totale del pubblico alla musica,

ricorrendo al Fantasound e appunto alla visione 3D su maxischermo. Nel 1940 però i costi

altissimi resero impossibile l’utilizzo di queste innovazioni tecniche. La sequenza

comunque non riscosse molto successo tra il pubblico, ne parlarono meglio i critici: è

difficile oggi, tanti anni dopo il pieno riconoscimento dell’Espressionismo astratto,

immaginare quanta resistenza il pubblico del tempo mostrò nei confronti di questo brano.

Nell’intenzione di Disney gli spettatori sarebbero stati costretti ad usare occhi ed orecchie

simultaneamente per percepire ciò che la musica faceva “vedere” e ciò che le immagini

facevano “sentire”: nel brano della Toccata e Fuga è evidente la sorprendente forza

espressiva delle figure geometriche messe in movimento dalla musica.

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Capitolo III Suite da “Lo Schiaccianoci” di Piotr Ilyich Tchaikovsky

Regia: Samuel Armstrong

Sceneggiatura: Sylvia Moberly-Holland, Norman Wright,

Albert Heath, Bianca Majolie, Graham Heid

Disegno dei personaggi: John Wallbridge, Elmer Plummer, Ethel Kulsar

Direzione artistica: Robert Cormack, Al Zinnen,

Curtiss D.Perkins, Arthur Byram, Bruce Bushman

Fondali: Ethel Kulsar, John Hench, Nino Carbe

Animazione: Art Babbitt, Les Clark, Don Lusk, C y Young, Robert Stokes

La Suite da “Lo Schiaccianoci” rappresentò il culmine di una decade di sforzi dello

Studio Disney nell’utilizzo della natura e dei suoi ritmi come soggetti di un cartone

animato. Già negli anni 1929-1930 con la serie delle Silly Symphonies dedicate al ciclo

delle quattro stagioni, gli animatori avevano dovuto confrontarsi con la realizzazione di

immagini che interpretassero lo spirito della natura adattandosi allo stesso tempo a

musiche classiche, quale per esempio la stessa Danza delle Ore presente anche in

Fantasia ed usata per il film dedicato alla Primavera (1929). I protagonisti dei balletti di

questi cartoons erano quasi esclusivamente animali, uccelli ed insetti. Senza però

dimenticare che nel 1932 Flowers and Trees, ambientato nel mondo vegetale, valse un

Oscar® allo Studio. I disegnatori e gli animatori Disney avevano quindi già acquisito buone

competenze in questo campo e quando il progetto per una Silly Symphony intitolata

Ballets des Fleurs confluì nell’originale Concert Feature si decise di continuare con l’idea

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di un balletto composto da fiori animati trovando che la musica di Tchaikovsky si adattava

perfettamente alle immagini.

Il compositore russo creò il balletto Lo Schiaccianoci per il Teatro Marijnskij di San

Pietroburgo, dove venne rappresentato per la prima volta nel dicembre del 1892. La parte

della Suite comprende otto brevi movimenti, di cui solo sei sono stati utilizzati in Fantasia

per visualizzare un balletto della natura nel suo divenire costante, i cui protagonisti sono

fatine, fiori, piante e creature marine.

Ogni movimento dell’opera originale aveva un tema diverso dagli altri e gli animatori

hanno rispettato questa divisione, ecco quindi che nella Danza della Fata Confetto, inizio

della Suite ambientato al risveglio della natura, vediamo eteree fatine passare di fiore in

fiore spargendo rugiada, muovendosi come dei colibrì; sette simpatici funghetti ballerini

animano la Danza Cinese; la Danza degli Zufoli vede come protagoniste delicate

campanule che staccandosi dallo stelo si adagiano sull’acqua e cominciano a danzare; la

Danza Araba si svolge invece sott’acqua, dove tra una foresta di piante marine agisce una

conturbante odalisca - pesciolina rossa; gli interpreti della Danza Russa sono invece degli

spinosi cardi trasformati in cosacchi e delle

aggraziate orchidee in contadinelle; il

Valzer dei fiori, movimento finale della

sequenza, è suddiviso in tre parti: l’arrivo

delle fatine dell’Autunno e il loro tocco

magico che cambia colore alle foglie degli

alberi, il balletto dei baccelli di asclepiade

simili a delicate danzatrici classiche con tutù, infine la comparsa delle fatine del gelo che

Il piccolo Hop Low e i suoi compagni ballerini.

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adornano le piante con sottilissimi aghi di ghiaccio e cominciano a scivolare su di uno

stagno facendolo gelare sulle ultime note della Suite. Tra i diversi movimenti che

compongono la sequenza, il più apprezzato è sicuramente quello interpretato dai funghetti

cinesi, il più piccolo dei quali, chiamato Hop Low, non riesce a stare al passo degli altri,

esibendosi quindi in una divertente interpretazione personale del brano musicale.

In origine avrebbero dovute essere delle lucertole orientali le protagoniste della

Danza Cinese, ma Walt non era soddisfatto del risultato. Per caso gli capitarono tra le

mani alcuni model sheets, ovvero dei disegni riassuntivi degli atteggiamenti e delle

posizioni di un personaggio da animare, di un gruppo di funghetti, creati da John

Wallbridge: erano perfetti per essere i protagonisti della sequenza, con i loro modi buffi di

muoversi, come se avessero una lunga veste fino ai piedi che impedisce loro il movimento

se non a passi molto

piccoli. Tra questi funghi

spiccava il più piccolino del

gruppo, Hop Low, che

sebbene senza volto così

come i suoi compagni,

esprime una grande vitalità

e una forte personalità.

Questo risultato fu possibile

grazie all’abilità di Art

Babbitt nell’animare i funghi ballerini e all’apporto tecnico di Jules Engel, coreografo: è

forse un esempio emblematico di come allo Studio Disney si fosse capaci di trarre il

Preliminare a matita di Art Babbitt per la sequenza della Danza Cinese

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massimo dal disegno di un banale fungo. La sequenza è così rimasta nella coscienza di

specialisti e pubblico come uno dei capolavori dell'intera filmografia disneyana.

Per dare un maggiore effetto di realtà, nella sequenza dei funghetti venne impiegata

la tecnica del rodovetro, ovvero i disegni furono copiati su un foglio di celluloide e colorati

sul retro, al reparto effetti speciali vennero aggiunte le goccioline di rugiada che cadono

sui funghi, infine la scena venne posizionata su di un fondale scuro che incorniciava la

luce tonda di un riflettore e ripresa grazie alla Multiplane Camera. Il risultato è in queste

immagini.

Due fotogrammi dalla Danza cinese

Un’altra sequenza di grande successo fu quella della Danza Russa, avente come

protagonisti un corpo di ballo composto da cardi, disegnati come cosacchi con tanto di

colbacco in testa, formato dai piccoli petali dei loro stessi fiori, e da graziose orchidee

dall’aspetto di contadine tipiche di una Russia ancora fortemente rurale. Per i cosacchi i

disegnatori si ispirarono a degli esemplari di cardo trovati in un’area di parcheggio vicino

allo Studio, trasformati in provetti ballerini russi. La scena del ballo tra i cardi e le orchidee

rientra nella migliore tradizione della coreografia di Broadway, con la presenza di

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moltissimi ballerini di fila che si muovono al passo con la musica. I cardi vennero fatti

danzare su vari fondali, girando vorticosamente come dervisci al ritmo forsennato della

musica. Bisogna inoltre ricordare che questa parte della Suite di Tchaikovsky è diventata

quasi l’emblema stesso del film, grazie alla sua partitura coinvolgente.

Due immagini della Danza Russa.

La sequenza da Lo Schiaccianoci si conclude con il Valzer dei fiori e la poesia delle

fatine del gelo che con i loro movimenti aggraziati ricoprono di ghiaccio l’ambiente

naturale. Per creare l’illusione del gelo i tecnici Disney affrontarono uno dei problemi più

complessi di tutto il film. I disegni a matita furono ricalcati con inchiostro colorato su

rodovetro, vennero abbelliti con pennellate di colore a secco e arricchiti con incisioni a

punta secca e dall’uso dell’aerografo, una speciale vernice trasparente venne infine

utilizzata per creare l’effetto delle goccioline che rischiarano la scena.

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Capitolo IV L’Apprendista Stregone di Paul Dukas

Regia: James Algar

Sceneggiatura: Perce Pearce, Carl Fallberg,

Direzione artistica: Tom Codrick, Charles Philippi, Zack Schwartz

Fondali: Claude Coats, Stan Spohn, Albert Dempster, Eric Hansen

Supervisione all’animazione: Fred Moore, Vladimir Tytla

Animazione: Les Clark, Riley Thomson, Marvin Woodward, Preston Blair, Edward

Love, Ugo D’Orsi, George Rowley, Cornett Wood

Nella prima metà degli anni Trenta un topo di nome Mickey aveva conquistato gli

Stati Uniti e il resto del mondo. Topolino era ormai divenuto simbolo stesso di

quell’America operosa ed avventurosa raccontata anche al cinema, di una way of life in cui

l’uomo è artefice del proprio destino, celebrando il mito del self-made man che attirava

sulle coste statunitensi milioni di immigrati. La Società delle Nazioni, antenata del moderno

O.N.U., aveva persino definito Topolino come “un simbolo internazionale di buona

volontà”. Definizione questa che si rispecchiava anche nel suo creatore, di cui era vero e

proprio alter ego. I film di Topolino avevano riscosso un successo senza pari grazie

all’utilizzo della musica in funzione narrativa e delle innumerevoli gags che facevano ridere

di gusto il pubblico. A partire dal 1934 con l’arrivo di Donald Duck, ribattezzato in Italia

Paolino Paperino, il topo più famoso del mondo si trova a dover fare i conti con un calo di

popolarità. Se Topolino era considerato un esempio di virtù ed educazione, il “bambino

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perfetto”, a Paperino era invece concesso di arrabbiarsi, comportarsi male e quindi di fare

il “cattivo bambino”. Ma fu proprio questo modo di agire a conquistare il pubblico.

Nel 1937 Disney capì che era giunto il momento di rilanciare in grande stile la sua

creatura preferita: decise di acquistare i diritti per un’opera musicale di Paul Dukas e da

questa trarre un mediometraggio speciale con Mickey come protagonista.

L’Apprendista Stregone fu eseguito per la prima volta in pubblico a Parigi nel 1897

e come Fantasia anche questo brano è la trasposizione di un’opera da un medium artistico

ad un altro. Dukas infatti compose questo scherzo sinfonico partendo dalla ballata scritta

dal grande poeta tedesco Goethe ed intitolata Der Zauberlehling, in cui racconta le

vicissitudini dell’aiutante di un mago che in assenza del suo maestro si impadronisce dei

suoi poteri magici, riuscendo però a combinare solo disastri. La trasposizione filmica

disneyana è quindi fedele all’originale di Goethe. La collaborazione tra Disney e Stokowski

per questo film sarà, come già detto, il punto di partenza per il progetto di Fantasia. In

questa sequenza è fondamentale l’unione perfetta tra musica, immagini e narratività: nelle

Silly Symphonies era la musica ad

avere il sopravvento sulle immagini,

mentre il contrario succedeva nei

Mickeys, in questo caso invece si

fondono queste due tendenze,

garantendo allo stesso tempo ottima

animazione ed ottima musica.

Topolino in un disegno preparatorio per L'Apprendista stregone. Si possono notare i caratteristici occhi "a bottoncino" non ancora sostituiti da quelli con pupilla

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Per arricchire la mimica facciale di Topolino di una più ampia gamma di espressioni,

Fred Moore, supervisore all’animazione della sequenza, venne incaricato di sottoporre il

personaggio ad una operazione di restyling: a partire proprio da Fantasia, Mickey venne

dotato di pupille, mentre fino ad allora i suoi occhi erano due semplici bottoncini neri. Le

espressioni facciali di Topolino divennero così più realistiche e variegate, donandogli una

nuova personalità.

Il film inizia con l’immagine dello Stregone, poi

ribattezzato Yen Sid, praticamente il nome di Disney

letto al contrario, che fa uso dei suoi poteri magici

per materializzare un pipistrello e trasformarlo in una

farfalla, mentre il suo aiutante, stanco per il lavoro

compiuto, si asciuga il sudore dalla fronte. Annoiato

dai suoi stessi trucchi, lo Stregone sbadiglia, si leva il cappello a cono dalla testa e

abbandona la caverna. Rimasto solo, Topolino

indossa il cappello magico e ordina ad una scopa

di prendere vita, di afferrare dei secchi e dirigersi

alla cisterna per trasportare dell’acqua dentro la

caverna. Mentre la scopa agisce, lo stanco

Mickey si addormenta e comincia a sognare. Al

risveglio però scopre che l’acqua ha ormai invaso

la caverna, decide quindi di colpire la scopa con un’ascia per porre fine al sortilegio. Ma da

ogni pezzetto di legno prende vita una nuova scopa che ricomincia a trasportare acqua.

Topolino e l’incantesimo sulla scopa

Yen Sid punisce bonariamente Mickey. L’espressione sul volto dello Stregone è quella tipica di disapprovazione che Walt distribuiva quando qualcosa non andava come voleva lui

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Un esercito di scope marcia contro il povero Topolino, ormai impotente di fronte al suo

potere.

Mickey si aggrappa al libro magico delle formule dello Stregone nel momento in cui

sta per essere travolto da un vortice d’acqua. Fortunatamente il ritorno del mago segna la

fine dell’incantesimo, tutto torna alla normalità, e al povero apprendista, dopo aver ricevuto

un colpo di scopa sul sedere da parte di Yen Sid, non resta che ricominciare a trasportare

l’acqua.

La sequenza si conclude con l’uscita di

scena di Topolino che va a congratularsi con il

maestro Stokowski per la direzione del brano, in

una scena di animazione mista dove realtà e

mondo immaginario perdono i propri confini.

La creazione del nuovo mediometraggio,

poi colonna portante di Fantasia, si colloca in un periodo particolare della vita di Walt

Disney, reduce dal successo strepitoso di Biancaneve e i sette nani e con tanti soldi a

disposizione quanti non ne aveva mai avuti prima. Il sogno che Topolino fa mentre la

scopa da lui animata inonda d’acqua la caverna è significativo della volontà di potere e

della potenza che Disney aveva ormai acquisito grazie al suo lavoro. Mickey infatti durante

il sogno comanda le stelle ed i pianeti in un delirio di onnipotenza, si sente invincibile ed

invulnerabile, il modesto ed umile apprendista è ora in grado di dominare l’universo ed i

suoi elementi: attraverso Topolino, Walt riuscì ad esprimere i propri sogni di gloria. Il

Topolino de L’Apprendista Stregone continuava ad essere il Walt Disney dell’epoca di

Mickey stringe la mano al Maestro Stokowski

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Fantasia, passando in pochi anni dalla direzione di un’orchestra in The Band Concert

(1935) al controllo sulle stelle dalla vetta di una montagna.

Ma così come il sogno di Topolino svanì a contatto con l’acqua, il successo di

Fantasia naufragò nella tempesta della Seconda Guerra Mondiale. Invece il successo,

seppure tardivo, del brano in questione è fuori discussione, tanto che nel nuovo

lungometraggio Fantasia 2000, L’Apprendista Stregone è l’unico brano da Fantasia che

viene riproposto insieme alle nuove sequenze create per il film.

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Capitolo V La Sagra della Primavera di Igor Stravinsky

Regia: Bill Roberts, Paul Satterfield

Sceneggiatura e ricerche: William Martin, Leo Thiele,

Robert Sterner, John Fraser McLeish

Direzione artistica: Stewart McLaren, Dick Kelsey, John Hubley

Fondali: Ed Starr, Brice Mack, Edward Lewitt

Supervisione all’animazione: Wolfgang Reitherman, Joshua Meador

Effetti speciali di ripresa: Gail Papineau, Leonard Pickley

Animazione: Philip Duncan, John Mc.Manus, Paul Busch,

Art Palmer, Don Tobin, Edwin Aardal, Paul B. Kossoff

Le Sacre du Printemps, questo il titolo originale del brano, fu composto da Igor

Stravinsky come balletto-pantomima nel 1912 e rappresentato a Parigi l’anno successivo

dalla Compagnia dei Balletti Russi capeggiata da Serge Diaghilev. La coreografia si

rifaceva a danze tribali e rituali della Russia primitiva, in un crescendo di potenza

primordiale. Gli artisti dello Studio Disney collegarono questa forza primitiva alla potenza

della creazione della vita sulla Terra, raccontando con le immagini la storia del nostro

pianeta a partire da circa un miliardo di anni fa. Per poter rendere il più verosimile

possibile questa ricostruzione furono contattati scienziati di fama mondiale, tra questi

Julian Huxley, biologo, e Edwin P. Hubble, astrofisico.

Il brano venne suddiviso in otto sequenze: la prima, Viaggio nel Cosmo, mostra la

Terra vista dallo spazio, così come solo nel 1969 la potranno vedere gli astronauti della

prima missione sulla Luna; in Vulcani assistiamo a spaventose eruzioni vulcaniche e al

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progressivo raffreddamento della crosta terrestre; nella sequenza Sviluppo della vita

sottomarina appaiono le prime forme di vita uni e pluricellulare che si sviluppano nel mare,

per arrivare all’evoluzione degli organismi da marini ad anfibi ed infine alla comparsa dei

primi esseri terrestri; in Pterodattili facciamo conoscenza con i padroni del cielo, i primi

vertebrati volanti mentre in Vita familiare vediamo le abitudini dei dinosauri terrestri; nella

sequenza intitolata Lotta viene illustrata la selezione naturale attraverso le battaglie tra le

varie specie di dinosauri per la sopravvivenza, puntando l’attenzione sullo scontro tra un

Tyrannosaurus Rex e uno Stegosaurus; le restanti due sequenze del brano, Migrazione e

Terremoti, mostrano le ultime fasi della vita degli esseri viventi più grandi mai apparsi sul

nostro pianeta, attraverso la loro agonia in seguito agli sconvolgimenti climatici che ne

hanno determinato l’estinzione, e le successive devastazioni ad opera di terremoti ed

eruzioni vulcaniche, fino alla conclusione, in cui il mare torna ad essere il custode della

maggior parte delle forme di vita presenti sulla Terra.

Due immagini dell’agonia dei dinosauri

Walt pensò inoltre di far proseguire le sequenze includendo anche la comparsa dei

mammiferi sulla Terra e infine l’arrivo dei primi esseri umani. John Hubley, direttore

artistico della sequenza, sconsigliò questa mossa: i rappresentanti religiosi più oltranzisti

avrebbero potuto accusare il film di andare contro la visione cristiana della creazione del

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mondo e di conseguenza boicottarlo. Disney decise che Fantasia presentava già

abbastanza problemi di accettazione da parte del pubblico e rinunciò all’idea.

La decisione di utilizzare Le Sacre du Printemps venne sicuramente presa da Walt

Disney, ma Leopold Stokowski fu uno dei primi sostenitori dell’opera più osteggiata di

Stravinsky. Alla sua prima rappresentazione a Parigi infatti il balletto del compositore russo

venne fischiato dagli spettatori, scatenando addirittura una rissa in sala tra i musicisti e

alcuni facinorosi del pubblico. Stokowski fu il primo direttore d’orchestra a dirigere l’opera

negli Stati Uniti nel 1930 e caldeggiò la scelta della composizione per Fantasia. I rapporti

tra Disney e Stravinsky non furono però tra i più facili. Lo Studio era già in contatto col

compositore dal 1938, quando si pensava di utilizzare un suo celebre brano, L’Uccello di

Fuoco, nel “Concerto Filmato” che allora era in preparazione: l’idea non ebbe però seguito,

salvo essere recuperata sessant’anni dopo per il nuovo Fantasia 2000. Strawinsky era un

estimatore dell’opera di Disney, non fu quindi difficile in un secondo tempo convincerlo a

collaborare e a cedere i diritti de Le Sacre du Printemps. Egli visitò lo Studio con il

coreografo Gorge Balanchine, assistendo alla proiezione del brano de L’Apprendista

Stregone e apprezzando molto il lavoro in corso per il brano dei dinosauri. La posizione

del compositore russo nei confronti del risultato finale non è molto chiara: anni dopo infatti,

ricordando la sua collaborazione con Disney, criticò le scelte operate sulla sua musica,

che venne ricomposta secondo le esigenze del film non rispettando la scansione

cronologica originaria. Certo è che Stravinsky vendette i diritti allo Studio per altre tre sue

composizioni, Renard, Fuochi d’artificio e L’Uccello di Fuoco.

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Uno tra i problemi che

dovettero affrontare gli artisti

Disney fu di rendere con la

massima veridicità esseri

preistorici vissuti milioni di

anni fa, di cui si hanno solo

delle ricostruzioni fittizie. I

disegnatori erano abituati a trattare con animaletti antropomorfi, dalle grandi pupille e dai

visi allegri, ben altra cosa era animare immensi rettili. I primi model sheets mostrano

chiaramente dei dinosauri ancora troppo simili ai personaggi delle Silly Symphonies nelle

espressioni e nella grafica. Tra l’altro bisogna ricordare che l’unico precedente illustre di

animazione di un dinosauro risaliva a Winsor McCay e al suo Gertie the Dinosaur,

risalente al lontano 1909. Si pensò allora di contattare paleontologi ed esperti del settore: il

risultato finale fu talmente realistico nel presentare scene irrealizzabili nei film dal vero che

questo brano venne proiettato addirittura nelle scuole americane come documentario sulla

nascita della Terra e sulla vita dei dinosauri.

All’alba degli anni quaranta tra gli intellettuali non era più così di moda apprezzare

l’opera dello Studio Disney, ma quando Stravinsky firmò il contratto per le sue musiche

molti altri compositori contemporanei decisero di seguirne l’esempio e cercarono di

mettersi in contatto con Disney: tra questi Sergej Prokofiev. Disney era talmente convinto

del successo che avrebbe ottenuto Fantasia che mise in cantiere un sequel, secondo la

sua idea che questo film avrebbe dovuto essere un’opera d’arte in costante divenire. In un

incontro tra Walt e Prokofiev, il compositore russo disse che “ho composto questa musica

Parte di un model sheet di una famiglia di triceratopi secondo il Disney Style

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nella speranza che lei ne tragga un film d’animazione”5. Vennero acquisiti i diritti di questa

composizione inedita, intitolata Pierino e il Lupo, e si cominciò ad animarla, attribuendo ad

ogni personaggio della storia uno strumento musicale ed un tema specifico. Il progetto di

un secondo Fantasia venne però abbandonato visti gli esiti sfavorevoli del primo, ma

l’animazione di Pierino e il Lupo venne portata a compimento e il risultato finale costituisce

parte integrante di Make Mine Music (trad. it. Musica, Maestro!), film musicale ad episodi

del 1946, composto soprattutto da brani di musica popolare.

Al termine del brano di Stravinsky venne inserito un Intermezzo in cui gli artisti

Disney cercarono di dare vita alla Colonna Sonora, ovvero quella stretta banda posta sul

lato sinistro della pellicola che con la sua invenzione ha rivoluzionato il modo di fruire i film.

Essa riporta le tracce audio registrate che durante la proiezione permettono di ascoltare i

dialoghi, le musiche e gli effetti sonori. Venne così animata la “voce” della Colonna Sonora

attraverso le immagini create dai suoni da essa prodotti e per la prima volta fu possibile

vederla in azione.

5 Culhane John, Fantasia. Il capolavoro di Walt Disney, The Walt Disney Company Italia, Milano 1992

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Capitolo VI La Sesta Sinfonia detta “La Pastorale” di Ludwig van Beethoven

Regia: Hamilton Luske, Jim Handely, Ford Beebe

Sceneggiatura: Otto Englander, Webb Smith, Erdman Penner,

Joseph Sabo, Bill Peet, George Stallings

Disegno dei personaggi: James Bodrero, John P. Miller, Lorna S. Soderstrom

Direzione artistica: Hugh Hennesy, Kenneth Anderson, J. Gordon Legg, Herbert

Ryman, Yale Gracey, Lance Nolley

Fondali: Claude Coats, Ray Huffine, W. Richard Anthony,

Arthur Riley, Gerald Nevius, Roy Forkum

Supervisione all’animazione: Fred Moore, Ward Kimball, Eric Larson, Art Babbitt,

Oliver M. Johnston Jr.,Don Towsley

Animazione: Berny Wolf, Jack Campbell, Jack Bradbury, James Moore, Milt Neil,

Bill Justice, John Elliotte, Walt Kelly, Don Lusk, Lynn Karp,

Murray McClellan, Robert W. Youngquist, Harry Hamsel

Ludwig van Beethoven compose la sua Sesta Sinfonia tra il 1807 e il 1808 e le

attribuì il sottotitolo di Ricordi di vita di campagna: il brano diventerà poi celebre come La

Pastorale. Rappresentata per la prima volta a Vienna, è composta da cinque movimenti,

ognuno dei quali si riferisce ad un preciso momento della giornata di una comunità di

contadini e di pastori. Gli artisti Disney pensarono di trasportare l’azione in una

dimensione mitica e mitologica quale quella dell’Olimpo nell’Antica Grecia e di utilizzare

come protagonisti delle vicende personaggi della mitologia ellenica: ninfe, cavalli alati,

centauri, fauni e amorini. Furono persino scomodati gli dei e le dee cantati da Omero:

Zeus e Apollo, Diana e Morfeo, dando inoltre una connotazione divertente e caricaturale al

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dio Bacco. Tutta la vicenda si svolge nel tempo compreso tra il sorgere del Sole e l’arrivo

della notte.

Nel ricreare il brano per Fantasia le scansioni di Beethoven vennero assoggettate

alle esigenze del film ed ecco che le sequenze sono così ripartite: all’originale Risveglio di

piacevoli sensazioni all’arrivo in campagna

[Allegro non troppo] corrisponde Monte

Olimpo, in cui la campagna del compositore

tedesco si trasforma nei Campi Elisi ai piedi

del monte sacro per i greci e possiamo

assistere al risveglio delle creature

mitologiche che li popolano, concentrando

l’attenzione sulle vicende del cavallo alato

Pegaso e della sua famiglia.Il movimento intitolato Scena presso il ruscello [Andante molto

mosso] è diventato Centauri e centaurine, termine quest’ultimo inventato appositamente

per l’occasione, in cui troviamo i corteggiamenti amorosi di un gruppo di centauri verso le

loro controparti femminili nei dintorni di un ruscello.

Il Baccanale ha sostituito l’Allegra riunione di

contadini [Allegro], introducendo la figura di Bacco, a

cavallo di Jacco, il suo asinello – unicorno, dio delle feste

e del divertimento che qui si vede festeggiare la

vendemmia insieme alle altre creature dei Campi Elisi.

La tempesta [Allegro] mantiene lo stesso titolo anche nel film, qui il cielo diventa

improvvisamente cupo e il dio padre Zeus appare tra le nubi, provocando un temporale e

L’idilliaco Monte Olimpo, teatro delle vicende narrate nella sequenza

Il bonario dio Bacco insieme all’asinello unicorno Jacco

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scagliando fulmini e saette, forgiati da Vulcano, verso il malcapitato Bacco, finché stanco

ed annoiato non si mette a dormire avvolto in una nuvola che funge da coperta; l’ultimo

movimento, il Canto di ringraziamento dei pastori dopo la tempesta [Allegretto], si

trasforma in Tramonto e vede protagonisti gli dei dell’Olimpo, ovvero la dea Iride che vola

in cielo trasportando l’arcobaleno, Apollo che cavalcando il carro del Sole lo trasporta

lontano alla fine di questa giornata, Morfeo che ricopre tutto con il suo manto della notte e

infine Diana che scoccando una cometa con l’arco formato dalla falce della Luna riempie il

cielo di stelle.

La sequenza tratta dalla Sinfonia Pastorale è sicuramente quella che di tutto il film ha

avuto più critiche per la sua scelta di utilizzare un mostro sacro come Beethoven e

tradurre la sua musica in immagini. I critici più radicali si schierarono contro l’uso di questo

brano, ritenendolo impossibile da ridurre ad immagini e accusando Disney di sacrilegio nei

confronti del compositore tedesco, soprattutto per le mutilazioni che in Fantasia furono

compiute sul brano. In origine le sequenze mitologiche avrebbero dovuto essere

accompagnate dalle musiche dell’opera Cydalise di Pierné, ma questo accostamento non

convinceva gli animatori. Dopo lunga ricerca si decise che le immagini idilliache

dell’Olimpo greco si sarebbero adattate perfettamente alla musica della Sesta Sinfonia di

Beethoven.

La difficoltà maggiore venne dalla rappresentazione del movimento dei cavalli alati: infatti,

benché la più antica rappresentazione di Pegaso risalga al IV secolo a. C., nessuno ne

aveva mai mostrato il movimento. I disegni preparatori mostrano come i cavalli alati

fossero considerati uccelli in volo, riuscendo a planare sull’acqua come cigni e

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muovendosi come questi nobili animali, seppur mantenendo la grazia e il portamento dei

cavalli.

Anche le altre creature mitologiche però

crearono problemi nell’animazione. Le centaurine,

inventate per l’occasione, furono oggetto di numerose

metamorfosi a causa della difficoltà di rappresentare

degli esseri metà donne e metà cavallo a torso nudo: si

decise allora di coprire le loro nudità con ghirlande di

fiori. I centauri ed i fauni furono problematici nei movimenti ed infatti il risultato finale non è

dei migliori. Gli amorini invece presentarono meno difficoltà e sono il filo conduttore della

vicenda, sono spettatori ed attori allo stesso tempo di ciò che accade ai piedi dell’Olimpo,

con una funzione quasi coreutica: sono loro infatti ad aprire e chiudere il sipario sulla

sequenza, fino ai fotogrammi finali in cui il sederino di uno di loro non si trasforma in un

cuore e il brano, sfumando al nero, si conclude.

L’elemento comico e caricaturale della vicenda è sicuramente il dio Bacco, qui

rappresentato come un gaudente signore di mezza età dalle forme molto rotonde che, in

compagnia del suo asinello – unicorno, si ubriaca e balla, in netta antitesi con le forme

imponenti del dio padre degli dei, Zeus. I disegni quasi Art Déco della divinità sono

mirabilmente animati da Art Babbitt, che riuscì a creare un personaggio austero e

simpatico allo stesso tempo, con la gag finale del dio stanco che si addormenta sotto una

coperta di nuvole.

L’uso del colore in Fantasia è fondamentale: intere sequenze venivano dipinte con i

colori fondamentali, una scena dopo l’altra, per favorire l’armonia cromatica non solo

Un piccolo cavallo alato in compagnia di un fauno

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all’interno della stessa scena, ma anche in rapporto a quelle precedenti e seguenti. Per il

brano de La Pastorale vennero impiegati tutti i colori possibili, creando i più arditi

accostamenti cromatici mai apparsi in un film Disney, grazie alla possibilità di non

rispettare il mondo reale per la connotazione mitologica delle scene. Ecco che gli alberi

potevano essere di un innaturale colore viola, i ruscelli arancio e l’erba blu: leggenda vuole

che non sapendo più che tonalità di colore usare, avendo finito l’intera gamma cromatica a

disposizione, un disegnatore dello Studio utilizzò addirittura la marmellata di more

preparata dalla moglie per colorare una scena della sequenza. Le scene finali del brano

vedono Apollo librarsi in cielo trasportando il carro del Sole e i colori sono più che mai

accesi ed intensi, quasi a voler proiettare lo spettatore dentro l’astro nel cielo al tramonto.

L’uso della tematica mitologica inoltre sancisce il diritto per lo Studio di trattare i grandi

temi che l’umanità vede da secoli attraverso le opere dei grandi artisti del passato,

nobilitando così la più giovane tra le arti, l’animazione.

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Capitolo VII La Danza delle Ore da ”La Gioconda” di Amilcare Ponchielli

Regia: Thomas Hee, Norm Ferguson

Disegno dei personaggi: Martin Provensen,

James Bodrero, Duke Russel, Earl Hurd

Direzione artistica: Kendall O’Connor, Harold Doughty, Ernest Nordli

Fondali: Charles Conner, Albert Dempster

Arthur Riley, Gerald Nevius, Roy Forkum

Supervisione all’animazione: Norm Ferguson

Animazione: John Lounsbery, Howard Swift, Preston Blair, Hugh Fraser, Harvey

Toombs, Norman Tate, Hicks Lokey, Art Elliott, Grant Simmons,

Ray Patterson, Franklin Grundeen

Tra i vari brani che compongono Fantasia, quello tratto da La Gioconda di Ponchielli

è sicuramente il più ricco di sense of humour e ironia. La sequenza è stata concepita infatti

come una parodia del balletto classico, in cui la parte delle flessuose ed agili ballerine è

ricoperta da animali che nella realtà sono goffi e pesanti: struzzi, ippopotami ed elefanti. Il

balletto de La Danza delle Ore venne

rappresentato per la prima volta al Teatro alla

Scala di Milano nell’aprile 1876 e Ponchielli

ne compose le musiche per illustrare il

trascorrere del tempo durante il giorno. Lo

Studio Disney mantenne la scansione

cronologica dei quattro movimenti, arrivando L’etoile degli struzzi distribuisce la frutta alle altre ballerine

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quindi alla seguente suddivisione: Il Mattino - Balletto degli Struzzi, in cui un aggraziato

struzzo femmina, Madmoiselle Upanova, si sveglia e comincia a piroettare intorno ad un

grande colonnato, lanciando da una cornucopia dei frutti verso le altre ballerine di fila, che

avidamente li inghiottono, ma le sue ingorde compagne cominciano ad inseguirla per

strapparle un grappolo d’uva.

In Il Pomeriggio – Balletto degli Ippopotami, la protagonista è Giacinta, una vanitosa

femmina di ippopotamo, vestita con un leggero

tutù, che si esibisce in un a solo per poi

adagiarsi su di un sofà a riposare.

Un gruppo di elefantesse è il protagonista de

La Sera – Balletto degli Elefanti, creando delle

bolle d’acqua con le proboscidi cominciano a

danzare leggiadre; l’ultima sequenza, La Notte

– Balletto degli Alligatori, vede l’arrivo di Ben Ali Gator, il capo di una banda di alligatori, il

quale si esibisce in un passo a due con Giacinta, nel

vano tentativo di rapirla.

Tutta la sequenza de La Danza delle Ore venne

strutturata secondo uno schema geometrico diverso per

ogni fase della giornata: al mattino la predominanza è

delle linee verticali e del movimento slanciato verso

l’alto degli struzzi; il pomeriggio è caratterizzato dal

movimento ellittico degli ippopotami e dalla scenografia tondeggiante; alla sera troviamo la

forma sferica delle bolle d’acqua create dalle elefantesse e i loro movimenti circolari; infine

Le due ancelle di Giacinta mentre le portano il suo tutù

Giacinta e Ben Ali Gator in un sinuoso abbraccio

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la notte arriva con il movimento serpeggiante degli alligatori e le loro forme appuntite.

Anche i colori vengono utilizzati secondo una scansione legata allo scorrere del tempo:

dalle tenui tinte pastello del mattino, passiamo ai colori più accesi del pomeriggio, per poi

vedere le sfumature del tramonto alla sera e infine il nero della notte.

L’ironia delle situazioni è data dall’antitesi tra un’arte armoniosa come il balletto e la

goffaggine naturale delle protagoniste, che qui assumono una leggerezza e una grazia

assolutamente irreali. Gli artisti dello Studio riuscirono a ricreare i movimenti delle ballerine

classiche ricorrendo all’aiuto di una vera professionista del settore, Irina Baronova, la

quale indossò un costume ornato di piume di struzzo ed eseguì le cinque posizioni di base

del balletto classico, permettendo ai disegnatori di ricreare il suo movimento nelle

immagini degli struzzi. La prima ballerina di questo particolare corpo di ballo venne

ribattezzata Madmoiselle Upanova in suo onore.

L’aspetto parodistico è ancora più forte nelle

sequenze degli ippopotami e delle elefantesse, in

cui animali così grossi e pesanti sulla terra ferma

riescono a sembrare leggeri e agili grazie alla

potenza del cinema d’animazione. In questo

brano troviamo inoltre uno dei pochi personaggi

di Fantasia dotato di una forte carica caratteriale:

l’ippopotamo Giacinta, vera star del balletto. Il suo incipriarsi è già una caricatura del modo

in cui per secoli gli artisti hanno rappresentato la Toeletta di Venere; con quella sua vanità

e la sua forte personalità Giacinta supera i complessi legati alla sua mole e si comporta

Bozzetto ad acquerello di Giacinta adagiata sul divano

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come ogni donna che cerca di farsi bella. Anche l’adagiarsi sul sofà è una parodia di

quadri come la Maya Desnuda, con la sua carica di sensualità e civetteria.

Uno tra i momenti più divertenti della sequenza è, nel finale, quello in cui Giacinta,

sorpresa nel sonno da Ben Ali Gator, si vorrebbe nascondere dietro qualsiasi cosa, pudica

come le star di molti film di Hollywood: solo che non ha indosso nulla tranne il tutù, così

cerca di usarlo per nascondersi, lasciando però scoperto tutto il resto. Per La Danza delle

Ore vennero utilizzate le trovate comiche dei migliori gag man dello Studio, per ottenere

come risultato una sequenza che in quanto a divertimento è sicuramente la migliore di

tutto il film. La caricatura delle ballerine e la parodia del balletto classico risultano ancora

più incisive grazie all’impiego degli animali, poiché come scrisse Henri Bergson nel

celebre saggio intitolato Le rire (trad. it. Il riso) “si può ridere di un animale, ma solo perché

vi si ravvisa qualche atteggiamento o espressione dell’uomo”6, ed è proprio su questo

concetto che si basa la maggior parte dei film d’animazione prodotti dallo Studio Disney.

6 Henry Bergson, Il riso, Rizzoli, Milano 19915.

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Capitolo VIII Una notte sul Monte Calvo di Modest Mussorgsky e l’Ave Maria di Franz Schubert

Regia: Wilfred Jackson

Sceneggiatura: Campbell Grant, Arthur Heinemann, Phil Dike

Direzione artistica: Kay Nielsen, Terrell Stapp, Charles Payzant, Thor Putnam

Fondali: Merle Cox, Ray Lockrem, Robert Storms, W. Richard Anthony,

Supervisione all’animazione: Vladimir Tytla

Animazione: John McManus, William N. Shull,

Robert W. Carlson Jr., Lester Novros, Don Patterson

Effetti speciali di ripresa: Gail Papineau, Leonard Pickley

Effetti speciali di animazione: Joshua Meador, Miles E.Pikes,

John F. Reed, Daniel McManus

Coro dell’Ave Maria: Charles Henderson, Direttore

Julietta Novis, Solista

L’ultimo segmento di Fantasia è composto da due brani completamente diversi

l’uno dall’altro, sia per costruzione che per atmosfera. Il loro accostamento vuole però

essere simbolo della contrapposizione tra le forze del bene e quelle del male, in un’antitesi

che percorre tutta la storia dell’uomo. Una notte sul Monte Calvo, poema sinfonico

composto da Modest Mussorgsky per pianoforte e orchestra nel 1860, non venne mai

eseguito in pubblico prima della morte dell’artista. Solo nel 1886, grazie all’interessamento

di Rimsky-Korsakov, musicista amico di Mussorgsky, il brano venne presentato al

pubblico: è proprio questo l’arrangiamento che utilizzò Stokowski per la registrazione del

brano. L’Ave Maria di Franz Schubert nasce invece come inno religioso per organo e coro,

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le cui parole furono tradotte in tedesco dall’opera La donna del lago dello scrittore inglese

Walter Scott. Per Fantasia invece il testo del brano venne appositamente riscritto.

Il primo brano della sequenza ha come

scenografia il Monte Triglaf, un rilievo presso Kiev,

in Ucraina: qui secondo la mitologia slava si

riuniscono gli spiriti delle forze del male per

adorare il loro signore e padrone, Satana, durante

la notte di Valpurga, l’equivalente slava di

Ognissanti. Dalla sommità del monte, Chernobog,

signore del male e della morte, richiama intorno a

sé creature malvagie e diaboliche: streghe,

demoni, vampiri e scheletri dei dannati. Qui si

compie il rito pagano della loro consacrazione al

demone del male, ma il sabba infernale si

conclude al sorgere del sole. In lontananza si

sentono suonare delle campane che annunciano

l’arrivo del mattino e la chiamata a raccolta per il Mattutino, la prima messa della giornata.

A questo punto si conclude la prima parte della sequenza e comincia la seconda.

Chernobog racchiude la sue ali sulla sommità del Monte Calvo, divenendo parte

integrante della sommità fino al prossimo sabba. Allo stesso tempo si raduna ai piedi del

monte una processione di monache, che nella bruma del mattino incominciano a

camminare attraverso un bosco di conifere. La fila di suore attraversa un ponte e

costeggia un fiume, rendendo ancora più suggestive le immagini grazie ai riflessi

Il terrificante Chernobog

Chernobog alle prese con un gruppo di dannati

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sull’acqua delle luci delle candele che tengono in mano. Le forme delle conifere

richiamano le grandi cattedrali gotiche con le loro colonne altissime, le volte a sesto acuto

e i trafori decorativi marmorei. In lontananza ecco apparire una luce, che vibrando

assume la forma di una vetrata gotica, la macchina da presa la attraversa ed esce nel

chiarore del mattino: mentre un raggio di sole riempie il cielo di luce, il coro intona gli ultimi

accordi dell’Ave Maria.

Il conflitto tra il bene e il male è

sempre stato uno dei temi più importanti

della filmografia disneyana : il contrasto tra

la violenza del brano di Mussorgsky e la

serenità di quello di Schubert è

l’affermazione più ambiziosa di questa

tematica. È certo però che la

rappresentazione della parte malvagia in

Fantasia è sicuramente più incisiva di quella benevola, questo soprattutto grazie alla

grande forza del personaggio di Chernobog – Satana. Vladimir Tytla, supervisore

all’animazione e creatore grafico di questo demone, riuscì ad esprimere attraverso le

immagini le leggende e le favole che da piccolo ascoltava nella sua nativa Ucraina,

rendendo memorabile la sequenza e il suo dinamismo. La figura di Chernobog, il dio del

male, deriva direttamente dalla tradizione slava in cui la contrapposizione tra le forze del

bene e quelle del male è tutta nelle mani di due dei: Byelbog, letteralmente dall’Ucraino

dio (bog) bianco (byely) e Chernobog, ovvero dio nero (cherny). Quindi un dio della luce e

del giorno e uno del buio e della notte, che ritroviamo anche in questo film, dove però al

La processione delle monache attraverso il bosco di conifere

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dio Byelbog viene sostituito il Dio cristiano. La sequenza si carica di una sacralità insolita

per i film della Disney, nei quali le attitudini religiose non vengono quasi mai messe in

scena.

La versione disneyana di Una notte sul Monte Calvo segue strettamente le

indicazioni stampate in appendice alla partitura originale del poema sinfonico,

rispettandone le scansioni temporali e i protagonisti. Wilfred Jackson, regista di The Band

Concert, primo Mickey a colori e uno dei più prolifici collaboratori di Disney, fu incaricato

della regia della sequenza. Egli ingaggiò persino Bela Lugosi, celeberrimo interprete di

Dracula per il grande schermo affinché potesse suggerire ai disegnatori i movimenti del

demone. Lo spirito dinamico dell’animazione del demone corrisponde alle intenzioni

originali dell’autore del brano: esaltazione della forza e della potenza del male.

Già nel 1929 lo Studio Disney aveva affrontato la tematica della notte delle streghe

e del macabro con la prima Silly Symphony, The Skeleton Dance: il risultato era però in

quel caso più divertente, con

la rappresentazione di

scheletri, gatti e pipistrelli da

fumetto. Qui invece l’uso

sapiente del realismo grafico

porta ad una maggiore

credibilità della sequenza e ad

una reazione maggiore da

parte dello spettatore. Bozzetto a gesso su cartoncino del demone Chernobog

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La seconda parte della sequenza è invece dedicata alle forze del bene, un sollievo

emotivo per il pubblico scioccato dalla forza malvagia del brano di Mussorgsky che deriva

dalla potenza mistica della musica di Schubert. La sequenza inizia con un dissolvenza

incrociata attraverso la nebbia ai piedi del Monte Calvo e prosegue con la macchina da

presa che inquadra la processione. Questa scena di raccordo valse un Oscar© per l’uso

complesso della Multiplane Camera al film. Il brano richiese molto impegno da parte dello

staff degli effetti speciali per la complessità di rendere la nebbia e la foschia sullo schermo,

così come le luci tremolanti delle candele delle monache. La scena della processione è

strutturata come una lunga panoramica, la più lunga mai realizzata fino ad allora in un film

d’animazione. Nel cinema animato più il movimento è lento e più disegni occorrono per

rendere al meglio l’immagine, in questo caso poi la processione si muove molto

lentamente e le figure delle suore sono piccole.

Il risultato era che ogni più leggero tratto di matita non ben fatto rischiava di creare

dei tremendi tremolii nella scena. A poche settimane della prima del film non si era ancora

riusciti a trovare una soluzione, finché non si pensò di costruire una gru che si muovesse

in orizzontale per sostenere una macchina da presa e filmare i disegni che furono

realizzati su lastre di vetro. La macchina da presa venne collocata su dei binari, mentre le

lastre di vetro su dei cavalletti mobili, cosicché potevano essere spostati al passaggio della

macchina da presa. Questo espediente avrebbe permesso di registrare la scena ad una

velocità molto bassa, evitando quindi i tremolii. Alla fine di sei giorni e sei notti di

ininterrotto lavoro si scoprì però che erano stati ripresi anche gli espedienti tecnici

utilizzati, come i cavalletti e i binari. In un primo tempo si decise che il film avrebbe dovuto

essere proiettato senza questa sequenza, ma Disney in persona si impose e si ricominciò

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a filmare di nuovo la scena. Nonostante una scossa di terremoto che colpì Los Angeles, la

sequenza venne ultimata e il giorno stesso della prima di Fantasia al Colony Theater di

New York arrivò nelle mani del proiezionista che provvide ad unirla al resto del film,

operazione possibile poiché la configurazione del Fantasound permetteva l’aggiunta di

una bobina anche all’ultimo momento, grazie al fatto che le immagini e la musica non

erano registrate sullo stesso supporto. E fu proprio il particolare sistema di riproduzione

del suono del film che accentuò la misticità e la religiosità del brano: le campane

risuonavano in fondo alla sala cinematografica e le voci del coro avanzavano verso il

pubblico secondo il loro movimento sullo schermo, proiettando quasi gli spettatori nella

sequenza stessa.

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Conclusioni Fantasia, Fantasia 2000 e poi…

Fantasia è sicuramente stata l’impresa più ardita che Walt Disney concepì durante

tutta la sua carriera di cineasta e fu anche quella che riscosse inizialmente minor successo

di pubblico. Ma oggi, a sessantatre anni di distanza da quella sera del 13 novembre 1940

quando venne proiettato per la prima volta al Colony Teather di New York, la stessa sala

cinematografica che vide il debutto di Mickey Mouse, questo film è stato riconosciuto come

un capolavoro dell’animazione, entrando a far parte dell’Olimpo della Storia del Cinema.

Il segreto che sta alla base della grande fortuna che lo Studio Disney ha

conquistato negli anni è da ricercare nel rapporto strettissimo che ha saputo creare tra la

musica e le immagini. I tentativi e gli esperimenti compiuti dai primi dipendenti dello Studio

erano molto rudimentali e improvvisati. Ma il concetto di dare voce e suoni alle immagini in

movimento che scorrevano sullo schermo era ben chiaro in loro: la rivoluzione del sonoro

era cominciata e nulla sarebbe più stato uguale a prima. Alla base quindi del “successo

Disney” possiamo trovare sicuramente la lungimiranza di Walt, la sua curiosità verso le

innovazioni tecnologiche che durerà per tutta la vita e una squadra di artisti che hanno

saputo trasportare in immagini le idee che il giovane Disney aveva, ma anche un pizzico di

fortuna nell’essersi trovati nel posto giusto al momento giusto.

La musica e le immagini erano comunque già legate fin dalle origini del Cinema: in

sala venivano suonate musiche di sottofondo dal vivo o registrate, dall’andamento diverso

a seconda della tematica di film che si proiettava. Il cinema quindi non nasce “muto”,

bisognerà però aspettare 30 anni circa perché nasca il cinema “parlato”. Con l’arrivo della

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voce anche le musiche si fanno più importanti nel sottolineare lo svolgimento della trama:

nasce la colonna sonora in senso moderno.

Ed è proprio lavorando sulla colonna sonora che Disney riuscì ad imporre Topolino

come star mondiale, era l’uso narrativo della musica che faceva la differenza tra un

semplice cartone animato e un Mickey. La musica creata appositamente per i film di

Topolino o quella preesistente su cui si basavano le Silly Symphonies avevano come

scopo non solo quello di divertire, emozionare e coinvolgere il pubblico, ma anche di

narrare le vicende sullo schermo.

Una musica può non avere una funzione narrativa, può limitarsi ad essere un bel

soprammobile che impreziosisce le immagini, ma il vero segreto della musica dei film

Disney è che ha sempre cercato di essere parte attiva nella vicenda: si provi ad

immaginare quanto le baruffe di Paperino o le goffaggini di Pippo non avrebbero la stessa

intensità, la stessa vena divertente e la stessa efficacia se non fossero sottolineate da un

sottofondo musicale o da un rumore. La musica è a tutti gli effetti una protagonista dei film

Disney.

In Fantasia poi diventa la Protagonista. Walt Disney aveva immaginato il film come

uno spettacolo perpetuo, che doveva essere riproposto anno dopo anno, capace di

emozionare ogni volta lo spettatore attraverso la riproposizione di brani vecchi e l’aggiunta

di nuove sequenze. Il sogno di Disney si dovette scontrare con la realtà di una Guerra

Mondiale e la conseguente chiusura di una vasta fetta di mercato all’estero, la tiepida

accoglienza di un pubblico impreparato per un’operazione così complessa e l’impossibilità

di utilizzare appieno le innovazioni tecnologiche del Fantasound per le restrizioni imposte

dalla Guerra. Vennero comunque ideate nuove sequenze, che videro però la luce in una

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serie di film minori ad episodi proiettati tra il 1946 e il 1948, come Make Mine Music (trad.

it. Musica, Maestro!) e Melody Time (trad. it. Lo scrigno delle sette perle).

L’idea di un film senza tempo e confini e la volontà di creare un’opera d’arte in

costante crescita e rinnovamento hanno potuto essere attuate solo nel 2000, quando sugli

schermi apparve il secondo capitolo di questa avventura nella musica classica: Fantasia

2000. Fortemente voluto da Roy Disney, nipote di Walt e vicepresidente della Walt Disney

Company, il film vede l’utilizzo di sette nuovi brani animati e la riproposizione del brano

simbolo del primo Fantasia: L’Apprendista Stregone di Paul Dukas.

Fantasia 2000 inizia con un’introduzione

di Roy Disney che spiega al pubblico come dopo

sessant’anni sia stato possibile dare vita al

sogno di suo zio. Le varie sequenze sono

presentate da personaggi famosi, quali Steve

Martin, Bette Midler e Angela Lansbury, mentre

la Chigago Symphony Orchestra esegue le

musiche, diretta dal Maestro Leopold Levine.

I sette nuovi brani scelti per il film sono: la

Quinta Sinfonia di Ludwig van Beethoven,

sequenza astratta della lotta tra il bene e il male,

tematica cara alla Disney, tra un gruppo di

farfalle colorate e dei neri demonietti; I Pini di Roma di Ottorino Respighi, una giornata in

compagnia di una famiglia di balene; Rapsodia in Blu racconta sogni e aspirazioni di un

gruppo di abitanti di New York; in L’intrepido soldatino di stagno dal Concerto per

La locandina di Fantasia 2000

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pianoforte n.2 di Dmitrij Sostakovic assistiamo alle peripezie di un soldatino mutilato ad

una gamba che farà di tutto per coronare il suo sogno d’amore con una ballerina di

carillon; divertentissimo, Il carnevale degli animali di Camille Saint-Saëns vede come

protagonisti sette fenicotteri, uno dei quali non riesce a stare a tempo con i compagni a

causa della sua passione per lo yo-yo; in Pomp and Circumstances (Marce n.1,2,3,4) di

Sir Edward Elgar, un Paperino promosso attore al pari di Topolino diventa aiutante di Noè

sull’Arca, qui però non riuscirà ad incontrarsi con la sua amata Paperina fino all’ovvio lieto

fine; infine nella Suite da L’Uccello di Fuoco di Igor Strawinsky, brano preso in

considerazione già per il primo Fantasia, ritroviamo il tema della vita e della morte,

attraverso le vicende di uno Spirito della Primavera alle prese con il terribile Uccello di

Fuoco, un vulcano distruttore, che riuscirà però sconfitto dalla potenza della Natura.

Anche in questa nuova avventura è stato determinante il connubio perfetto tra

musica ed immagini che gli artisti della Disney hanno saputo creare, quella particolare

alchimia che ha reso indimenticabili film entrati a pieno titolo nell’immaginario di svariate

generazioni di bambini, che seppur diventati grandi continuano ad emozionarsi di fronte a

Fantasia. Io sono uno tra quelli.