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Yuri Koz

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Un solo mondo n.2 / Giugno 2016

La resilienza del popolo sirianoLa comunità internazio-nale ammette che l’aiutoumanitario non è più suffi-ciente per rispondere allacrisi siriana che si protraeormai da anni. Questotipo di assistenza va inte-grato con un nuovo ap-proccio basato sulla «resi-lienza». Comunementeutilizzato in psicologia,questo concetto è orausato anche in ambitoumanitario e si riferiscealla capacità degli individuie delle società di resistereagli choc, di assorbirli esuperarli rapidamente.L’anno scorso, un forumha riunito in Giordania tuttii Paesi e le organizzazionicoinvolti nel conflitto siria-no. Il forum ha adottatoun piano d’azione con cuiraccomanda di rafforzarela resilienza delle popola-zioni e delle comunità e le capacità d’intervento in Siria.www.resilience-forum.org

( jls) Dallo scoppio della guerra nel marzo 2011, inSiria più di 11 milioni di persone sono state strap-pate alle loro case e hanno cercato rifugio all’este-ro o in altre regioni del Paese. A queste cifre si ag-giungono 7 milioni di abitanti che, pur non essen-dosi spostati, hanno comunque perso la loro fontedi sussistenza. Complessivamente oltre 18 milionidi siriani dipendono dagli aiuti urgenti internazio-nali. La portata e la durata di questa crisi supera lecapacità delle organizzazioni umanitarie. «Una si-tuazione del genere è insostenibile sul lungo pe-riodo», dice Regine Kilchenmann della DivisioneAiuto umanitario della DSC. «Dobbiamo trovaresoluzioni che permettano alle persone di ricomin-ciare a lavorare, generare delle entrate e provvede-re alle loro necessità. È un obiettivo tutt’altro chefacile da realizzare in un Paese in guerra». Questoè lo scopo di un progetto del Programma di svi-luppo delle Nazioni Unite (PNUD), cofinanziatodalla Svizzera, che si propone di rafforzare la capa-cità di resilienza della popolazione in quattro pro-vince siriane.

Occupazione per non dipendere dagli aiutiIl progetto sta reclutando persone, sfollate o meno,per svolgere attività di vario genere. Questi lavora-

Grazie al ripristino delle infrastrutture distrutte dalla guerra, la vita può fare ritorno nella città di Homs, in Siria.

Ricominciare a vivere in un Paese martoriato dalla guerra

Nonostante l’interminabile conflitto, molti siriani cercano dirifarsi una vita. Un progetto di sviluppo cofinanziato dalla DSCaiuta gli sfollati e altri residenti a creare piccole imprese, reclutamanodopera per ripristinare le infrastrutture e i mercati o perriparare i veicoli della nettezza urbana.

tori ricostruiscono infrastrutture distrutte, comecanalizzazioni, reti elettriche, scuole o centri sani-tari, o ripristinano complessi commerciali. «Entroquest’estate, il mercato del centro storico di Homsriacquisterà almeno il 50 per cento della sua capa-cità iniziale», prevede Nur Abdul Hadi dell’Ufficiodella cooperazione svizzera ad Amman. Nelle cittàcostiere di Laodicea e Tartus, l’afflusso massiccio disfollati ha messo a dura prova le attrezzature pub-bliche. Alcuni meccanici sono stati incaricati di ri-parare i veicoli della nettezza urbana affinché siapossibile riprendere la raccolta e lo smaltimento deirifiuti ammassati per strada.Gli impieghi così creati riducono la dipendenza da-gli aiuti umanitari. Allo stesso scopo, il PNUD si stadando da fare per ristabilire i mezzi di sussistenzadelle persone che hanno perso tutti i loro beni. Leaiuta a rilanciare un’attività commerciale o agrico-la fornendo attrezzature, macchine e un piccolo ca-pitale iniziale. Grazie a questo sostegno è stato pos-sibile aprire un laboratorio di cucito a Hama, unacalzoleria ad Al Utayfah, un panificio a Jaramana euna fabbrica di detergenti a Homs. Ognuna di que-ste piccole imprese crea a sua volta occupazione. ■

(Traduzione dal francese)