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Dicembre 2018

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Gli auguri del Vescovo

Sant’Oscar Romero

San Francesco Spinelli

Rinnovata scuola dell’infanzia

Ecco il Signoreche viene!

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Il Portavoce Sommario

IL PORTAVOCEPERIODICO DELL’ UNITÀ

PASTORALE DI CASSANO D’ADDA

Anno LVI - Dicembre 2018

saranno gradite offerte per la realizzazione

IL PORTAVOCEAut. Tribunale di Bergamo n° 18/79del 5/4/1985Direttore Responsabile: Vincenzo Rini.

REDAZIONERoberto Colombo, Marco Galbusera,Maurizio Mandelli.

COLLABORATORIPiera De Maestri, Angela Magni, Stefano, Luca, Sara Balestro, Claudio Stucchi, Chiara, Marina Coppo, Filippo Rossie Rita Maffioletti.

IMPAGINAZIONE GRAFICAClaudio CortivoMac Claude grafica e fotoCell. 335 5263008www.macclaude.it

STAMPAPozzoli spa - Inzago

CONTATTI

PARROCCHIA DI SAN PIETRO APOSTOLOVia I Corte, 1Parroco: don Silvio Abolettitel. 0363 [email protected]

PARROCCHIA DI MARIA IMMACOLATAE SAN ZENO

Via V. Veneto, 25Parroco: Mons. Giansante Fusar Imperatoretel. 0363 [email protected]

Oratorio San G. BoscoVia V. Veneto, 75don Simone Duchitel. 0363 [email protected]

Mons. Piergiuseppe Coitatel. 0363 60503

PARROCCHIA DI CRISTO RISORTOVia Cristo Risorto, 20Parroco: don Antonio [email protected]. 0363 60280

PARROCCHIA DELL’ANNUNCIAZIONEVia Gioberti, 30Parroco: don Alessandro [email protected]. 335 6569627

Nasce Gesù... per le strade

Una lettera per chiudere e riaprire

Il mio Gesù (Comincia tu, ora)

Più nera è la notte, più Cristo sarà redentore

San Francesco Spinelli

La Natività di Tortona: opera del grande Leonardo Da Vinci?

Don Carlo Valli: un pensiero sempre attuale

Impegno perchè?

Cambiare é possibile

A cento anni dalla grande guerra

Natale al tempo della guerra

Taglio del nastro per la rinnovata scuola dell’infanzia parrocchiale

Perder tempo ...per ascoltare

Festa dell’Oratorio a Cascine s. Pietro

La festa del Ringraziamento

Un nuovo organo per la chiesa di Cascine

Mostra sulla Terra Santa

La nostra Europa

Non lasciamo scadere i nostri sogni

Lettera a Gesù Bambino

I nostri Presepi

Anagrafe parrocchiale

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CENTRO di AIUTOalla VITAVia Vittorio Veneto, 7520062 Cassano d’Adda (MI)Tel. e Fax 0363 60474mail: [email protected]

www.cavcassano.it

per pubblicare le vostre inserzionirivolgetevi a don Giansantedella parrocchia di S. Zeno

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via Treviglio n.952 – 20062 Cassano d’Adda (MI)P. I.V.A. n. 09405920969 - Tel. 3407190227

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VITA DELLA CHIESA

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TEMPO DI NATALE

Forse rischierò di diventare ossessivo, ma questo ritornello proprio non riesco a smetterlo: Gesù

per le strade vorrei te cantar… Prima, però, so che dovrei vederti, riconoscerti e seguirti. Eppure ti canto! Nella fede della Chiesa, quest’avventura mi è stata data in dono, anche se è tanto facile smarrirne il cuore.Le strade, in questi giorni, si colorano di Natale, ma assai poco di quello di Gesù. Il mondo, furbo o stupido non so, se ne è appropriato come una scusa per far soldi e vacanze. Poco male, se ciò non fosse spesso uno schiaffo ai poveri e ai piccoli, di casa e del mondo, per i quali Dio ha donato – nella mangiatoia come sulla croce – il Suo unico Figlio.Tra quei poveri e piccoli ci sono anche i giovani. Sì, proprio quelli che sembrano i più distratti e confusi rispetto ai “sacri valori di una volta”. Credo che, piuttosto, siano stati traditi da noi, adulti cresciuti in una stagione ben più fortunata e sprecona della loro, incapaci oggi di raccontare credibilmente la Notizia di un Dio così vicino, amante dell’uomo. Troppo incoerenti per avere il coraggio della proposta, dell’invito alla gioia della fede.E se, invece, fosse proprio questo il miglior regalo di Natale da fare ai nostri figli e nipoti? Finché sono bambini ancora sembra funzionare, ma credo che proprio i giovani siano la cartina al tornasole della nostra autenticità cristiana. In silenzio, di nascosto, ci stanno ancora a guardare. Hanno una gran voglia di seguire maestri autorevoli e significativi. E aspettano proprio di vedere se “torna il sole” nelle nostre vite, luce per vedere oltre il buio di questo tempo, speranza affidabile

perché incarnata, vissuta, condivisa.Gesù per le strade: ho voluto intitolare così la lettera pastorale che in questo Natale consegno alle comunità della diocesi, come frutto del Sinodo dei giovani vissuto negli ultimi due anni. Come ha fatto anche il Papa con i giovani del mondo, senza capovolgere i ruoli di ogni generazione, la Chiesa degli adulti si è fermata ad ascoltare Gesù, il Vivente, che parla anche attraverso i giovani, indicandoci sfide e attese, speranze e vie di un futuro degno dei figli di Dio.Il Sinodo dei giovani ci spinge, riaccendendo un po’ della carità di Cristo, del fuoco dello Spirito, la cui viva fiammella si accese nella notte di Betlehem. E ci mostra le vie su cui cercare Gesù, ascoltarlo davvero e viverne la memoria esplosiva e sempre feconda: le strade dei giovani, della fede, della Chiesa, dell’amore, della vita, del mondo. Capitoli enormi di un libro scritto dal dito di Dio nella carne e nell’anima di ciascuno. Passi di un cammino che non finisce nel regno delle favole, ma nel Regno stesso dei cieli, che il Natale pianta sulla

terra, a portata di mano per tutti.Mentre contempliamo la nascita del Bambino, lasciamo che quel ritornello… Gesù per le strade… ci smuova e ci convochi. I cantieri del rinnovamento ecclesiale sono aperti, e ci sarà lavoro e pane per tutti. Il cammino del popolo santo di Dio prosegue, infatti, dopo questa sosta benedetta che ci ricorda il Dono ricevuto e la missione da affrontare, senza paura. Ve lo dico con tanta fiducia, figlia dello stupore e della gratitudine che si rinnovano spesso in me, davanti a ciò che il Signore ha fatto nella Chiesa di Cremona, in tante comunità e famiglie, paesi e contrade.Così, accogliendo intimamente la grazia di questo Natale, canteremo ancora: Gesù per le strade, vorrei te lodar… vorrei te servir.E ciò che auguro a tutti voi, dal profondo del cuore.

+ Antonio, vescovo

La lettera Gesù per le strade completa l’iter del sinodo dei giovani che la chiesa cremonese ha vissuto a

scavalco tra 2017 e 2018. L’espe-rienza sinodale – un poco sui ge-neris per la forte caratterizzazione giovanile - ha conosciuto diverse fasi: è partita con un primo ascolto del mondo giovanile, dentro e fuo-ri i percorsi ecclesiali; ha richie-sto una elaborazione di materiali e suggerimenti; infine è culminata nel lavoro delle cinque assemblee sinodali convocate da gennaio a maggio 2018.

Nel frattempo si sono conclusi an-che i lavori del sinodo dei vesco-vi a Roma ed è stato consegna-to al papa un documento finale di quell’esperienza. E mentre si sviluppavano le tappe sinodali in diocesi è andata crescendo in molti – a comunicare dai prota-gonisti diretti – la consapevo-lezza che sinodo conosce molti sinonimi, profondi e impegnativi, come fiducia, corresponsabilità, compromissione; e molti contra-ri come diffidenza, indifferenza, ostilità preconcetta. A molti sarà capitato di avere tra mano lo stru-mento di lavoro “Futuro” che ha cercato di accompagnare i lavori del sinodo, l’attenzione delle co-munità, la preghiera di tutti. Ora è il momento di un altro tas-sello, quello che ufficialmente suggella il cammino e ne rilan-cia la dinamica. Ecco la lettera “Gesù per le strade” che il Ve-scovo Antonio consegna alla dio-cesi: non solo ai giovani, ma a tut-ti; non solo ai 107 partecipanti al sinodo o alla sua segreteria, ma a tutte le comunità, a chiunque vo-glia ascoltare e camminare. Il Vescovo produce un atto di ma-gistero dalla duplice indole: di sintesi (il Vescovo ha ascoltato ed ora dà voce) e di discernimento (il Vescovo prende posizione e indi-ca la direzione in cui camminare). Attenzione ne leggere la lettera

ai diversi livelli: le citazioni del processo sinodale, il dialogo con la quasi parallela esperienza ro-mana, la viva voce dei giovani nelle assemblee, i punti di forza/chiarezza e di debolezza/fatica emersi nello stesso sinodo. Scopo della Lettera non è quello di ri-disegnare in forme chiuse la pa-storale giovanile, quanto piuttosto di prendere sul serio il lavoro di preghiera, consultazione, ascol-to e confronto sin qui realizzato. Perché si continui a camminare. Perché si viva la sfida dal sinodo alla sinodalità, come atteggia-mento e stile e non si lascino ca-dere nell’indifferenza le questioni sollevate. Alle comunità parrocchiali, agli oratori e a quanti sono coinvolti nella sfida educativa viene chiesto ora di leggere il testo, studiarlo, lasciarsi provocare dalle sue pro-spettive che sono al tempo stesso di metodo (o di stile) e di conte-nuto più pratico. Nessuno troverà una ricetta con la quale sempli-cemente passare alla cassa; piut-tosto un rilancio del pensiero co-mune, della determinazione degli operatori come dei giovani – tanti o pochi – che hanno contribuito a far camminare la comunità eccle-siale.

+ Antonio, vescovo

Una Lettera per chiudere e riaprireIl vescovo Antonio scrive alla Diocesi dopo il Sinodo dei giovani“Nasce

Gesù...per le

strade”

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di Maurizio Mandelli

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NATALE

Mi torna in mente un sa-cerdote importante, uno studioso della Parola di Dio. Quando ero ragazzo

lo tormentavo, giudicavo la Chiesa, ero polemico. Lui pazientemente mi ascoltava e non rispondeva nul-la. Ogni tanto sfilava dalla tasca un po’ delle vecchie lire, a volte mi dava somme consistenti per i po-veri. Mi diceva: tu le spendi bene. Cominciavo a capire la sacrali-tà dei soldi. Sapevo che erano di Dio e con questa coscienza volevo amministrarli e rispettarli, perché erano per Lui. Questo sacerdote mi colpiva per il suo silenzio. Un giorno nelle mie provocazioni ave-vo toccato il fondo, lui mi guardò e con tenerezza e con forza mi disse: Ernesto, la Chiesa non ha mai impedito a nessuno di diven-tare santo. Perché non lo diventi tu? Rimasi folgorato da quella frase. Da quel momento non feci più polemiche. Quel prete continuò a es-sermi amico e a es-sere generoso verso i poveri e la sua frase non ha mai smesso di farmi compagnia, non mi è più uscita dalla testa. Perché non cominci tu?

Così, adesso, quando sento e leg-go di tante polemiche nella Chiesa e sulla Chiesa, mi viene una gran pena. Chi ci impedisce di comin-ciare noi, ognuno di noi, a essere buono? Chi ci impedisce di fare noi agli altri quello che vorremmo fosse fatto a noi?Dal giorno in cui sono stato inve-stito in pieno da quella frase ‘chi ti impedisce di cominciare tu?’, ho scelto di stare sempre più con Gesù. Fino a farlo diventare come diceva Madre Teresa: il mio Gesù. Gesù che si fida di noi, che non si spaventa della nostra povertà e delle nostre miserie, Gesù che spe-ra in noi, Gesù che ogni giorno ci fa carezze di cui neanche ci accor-giamo, Gesù lontano dalle polemi-

che che sono buio, e Lui è luce. Il buio ti accarezza la pancia, forse, ma non dà nessuna serenità al tuo cuore. Gesù, invece, ha il sapore della gioia e della pace.Gesù non si stanca. Sta alla porta e bussa, discreto, sperando che qualcuno risponda. Non fa polemi-che, non giudica nessuno: ama.Dal giorno che don Franco Ardus-so mi disse quella frase, ho comin-ciato ad aprire alla saggezza la mia porta fatta di pregiudizi e polemi-che. Il resto lo fa Lui. Il mio Gesù.

di Ernesto OliveroFondatore del Sermig

Da Avvenire del 18/10/2018

i l P o r t a v o c e D i c e m b r e 2 0 1 8VITA DELLA CHIESA

Il male nel mondo e pure nella Chiesa. Il bene da fare

IL MIO GESÙ (COMINCIA TU, ORA)

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Nell’anno della sua ele-vazione agli altari, ri-cordiamo monsignor Romero con una delle

sue ultime omelie natalizie pri-ma del martirio, avvenuto il 24 marzo 1980. Quando pensiamo di vivere tempi difficili, per via della poca occupazione, della pensione che si allontana, del deficit, dello spread, delle chiese che si svuotano, ci farà bene ri-leggere queste parole scritte nel momento più duro e buio di una feroce guerra civile da un sacer-dote che aveva già impresso su di sé il sigillo del martirio.

Il Natale è la presenza di Dio nella storia. Anche quando pensiamo che taccia, Lui è Dio, vede e salva la no-stra storia! La liturgia ci annuncia l’esultanza della speranza cristiana nel profeta Isaia: ”Gioite, rovine di Gerusalemme, perché il Signore ha consolato il suo popolo.” Ma tanti mi dicono: ”Com’è triste oggi il Na-tale”. C’è angoscia, incertezza, tanti soffrono, in tante case mancano i propri cari in Salvador. Tuttavia un cristiano sa che c’è gioia nel profon-do, una gioia austera di speranza e di fede. Perché grazie a Dio non c’è solo un Natale di doni commer-ciali e di apparenze, che non lascia traccia. Gioia profonda per noi è meditare sempre nel nostro cuore, come Maria. Con grande speranza anche nella tristezza, nel terrore: Tu sei venuto Signore. La nostra fede confida in te, sappiamo che vieni a salvarci, e quanto più nera è la notte e più chiusi gli orizzonti, tanto più Tu sarai Redentore.

La mia voce scomparirà, la pa-rola resta.In Gesù, l’Emmanuele, Dio cammi-na con noi. Non siamo mai soli, in nessuna infermità, in nessun calva-rio che, al pari di Gesù, dobbiamo

sperimentare. Per noi è nato il Si-gnore. È il redentore della mia vita, il confidente della mia angoscia. Perché la parola resta. È questa la grande consolazione di chi predica. La mia voce scomparirà, ma la mia parola che è Cristo resterà nei cuori di quanti lo avranno voluto acco-gliere.

Gesù è vicino, non c’è tempo da perdereIl signore sta per nascere, è tanto vicino che non c’è tempo da per-dere e dobbiamo rispondere all’u-nico giudice delle nostre vite, che non ci chiederà conto se non del nostro amore. Viviamo molto al di fuori di noi stessi, ma nel cuore di ognuno c’è una piccola cella, inti-ma, dove Dio scende a parlare solo con l’uomo. Lì la persona decide il suo destino, il suo ruolo nel mondo. Se ciascuno in questo momento, lì ascoltasse la voce del Signore che ci parla, quanto potrebbe fare per mi-gliorare la società, la famiglia in cui vive. Fratelli, volete sapere se il vo-stro cristianesimo è autentico? Qui c’è la pietra di paragone. Con chi state bene? Chi sono quelli che vi criticano? Chi non vi accetta? Chi vi lusinga? Saprete allora che un giorno Cristo disse “non sono venu-to a portare la pace, ma la spada”, perché alcuni vogliono vivere più comodamente, secondo i princìpi del mondo, del potere e del denaro e altri, al contrario, hanno compreso la chiamata di Cristo e devono ri-fiutare tutto ciò che non può essere giusto nel mondo. Ed è vero anche per la Chiesa: la persecuzione è ne-cessaria.La vera Chiesa, diceva papa Leone XIII, è: una, santa, cattolica, apo-stolica e perseguitata. Risvegliamo il valore divino delle nostre azioni umane

Più nera è la notte, più Cristo sarà Redentore

Biografia di sant’Oscar Romero

Óscar Arnulfo Romero y Galdá-mez nacque il 15 marzo 1917 a Ciudad Barrios, nello Stato di El Salvador. Approfondì gli studi in vista del sacerdozio a Roma e venne ordinato lì il 4 aprile 1942. Dopo vari incarichi dioc-esani, divenne vescovo ausiliare della diocesi di El Salvador. Nel 1970 fu nominato vescovo titolare di Santiago de María. Quell’esperienza segnò l’inizio del suo impegno a favore degli oppressi del suo Paese. Quat-tro anni dopo divenne vescovo di San Salvador. L’uccisione del padre gesuita Rutilio Grande, unita ad altri eventi, lo condusse a schierarsi apertamente per i poveri: non solo tramite la parola scritta e le omelie, diffuse tramite i mezzi di comunicazione sociale, ma anche con la presenza fisica. Il 24 marzo 1980, monsignor Romero stava celebrando la Mes-sa nella cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza di San Salvador, dove viveva. Al mo-mento dell’Offertorio, un sicario gli sparò un solo proiettile, che l’uccise. È stato beatificato il 23 maggio 2015, a San Salvador, sotto il pontificato di papa Fran-cesco. Lo stesso Pontefice lo ha canonizzato il 14 ottobre 2018 in piazza San Pietro a Roma. La memoria liturgica di monsignor Romero cade il 24 marzo, giorno della sua nascita al Cielo, in cui ricorre, dal 1992, la Giornata di preghiera e digiuno per i mission-ari martiri. I suoi resti mortali sono venerati nella cripta della cattedrale del Divino Salvatore del Mondo a San Salvador.

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VITA DELLA CHIESA VITA DELLA CHIESAi l P o r t a v o c e D i c e m b r e 2 0 1 8

Il 14 ottobre 2018 in piazza San Pietro a Roma papa Fran-cesco ha canonizzato il beato Francesco Spinelli, fondatore

delle suore Adoratrici di Rivolta d’Adda. La cosa potrebbe esse-re sfuggita visto che nella stessa celebrazione sono stati dichiarati santi due giganti del nostro tem-po: il papa Paolo VI e il vescovo Oscar Romero. Richiamiamo una breve biografia del nostro santo.Francesco Spinelli nasce a Mila-no il 14 aprile 1853, da genitori di origine bergamasca. È ordina-to sacerdote il 17 ottobre 1875 e nell’autunno di quell’anno si reca a Roma per il Giubileo. Nella ba-silica di Santa Maria Maggiore si prostra ai piedi della culla di Gesù Bambino: «Mi sono inginocchiato, piansi, pregai, e sognai uno stuolo di vergini che avrebbero adorato Gesù in Sacramento». Sogno, vi-sione, intuizione? Per don Fran-cesco l’incarnazione storica di Gesù continua con l’incarnazione quotidiana del Pane Eucaristico, quale presenza d’amore per tutti, da adorare e servire nei poveri. Il 15 dicembre 1882 fonda, insieme a Caterina Comensoli, l’Istituto delle Suore Adoratrici, a Berga-mo. Preso infatti dalla passione per Dio e per gli uomini, egli dà vita a un Istituto, il cui scopo è «attingere l’amore più ardente dall’Eucaristia celebrata e adora-

ta per riversarlo sui più poveri tra i fratelli». Egli per primo spende la sua vita in ginocchio davanti all’Eucarestia e davanti ai fratel-li, in cui vede la presenza di Gesù da amare e servire con amore e compassione incondizionata. Il 4

marzo 1889, a causa di un disse-sto finanziario, in cui involonta-riamente è coinvolto, viene licen-ziato dalla diocesi di Bergamo e accolto nel clero di Cremona dal grande cuore di mons. Geremia Bonomelli. A Rivolta d’Adda (CR) continua l’Istituto delle Suore Adoratrici. Lungo la sua vita, co-stellata di grandi prove, vive e in-segna l’arte del perdono più smi-surato, perché di fronte al nemico si può applicare solo «la vendetta di un infinito amore». Muore il 6 febbraio 1913 a Rivolta d’Adda. È beatificato da san Giovanni Paolo II nella sua visita pastorale alla diocesi di Cremona il 21 giugno 1992 presso il Santuario B. V. Ma-ria del Fonte in Caravaggio.Di seguito presentiamo una te-stimonianza raccolta per la be-atificazione, di don Alessandro Battaglia, parroco di Misano Gera d’Adda, che ebbe modo di cono-scere il Fondatore quando venne a predicare nella nostra parrocchia-le di Cassano S. Zeno.

San Francesco SpinelliMisano d’Adda, 25 feb. 1928Invitato dalla Rev. Superiora Suor Filomena Vitali a voler favorire in iscritto quanto secondo verità ho potuto rilevare

circa il compianto Don Francesco Spinelli, Padre e Fondatore delle Suore Adoratrici del SS.mo Sacramento, e quali furono le mie impressioni personali ed apprezzamenti circa lo stesso: soddisfo col presente a quanto richiesto.

Appena ordinato sacerdote (nel 1887) – or sono ormai più di 40 anni – venivo mandato coadiutore a Cassano d’Adda, dove era Preposto Parroco Mons. Timoteo Telò, perla di prete, tutto prudenza e pietà, coadiuvato da valenti e zelanti Sacerdoti, tutti giovani e pieni di vita.

In Cassano, a quei tempi, la religione era assai rispettata, i Sacerdoti venerati, le pratiche di culto in fiore, le dimostrazione esterne imponenti, e la Chiesa in qualunque ora del giorno era frequentata da fedeli; nelle ricorrenze poi delle più grandi solennità vi tenevano il pulpito distintissimi Oratori.

Era prossima la Festa dell’Immacolata, per Cassano solennissima, e per me nuova. Tutto era preparato, quando un giorno prima, un telegramma annunciava che il Predicatore invitato, per subita indisposizione, sarebbe mancato. Come supplirvi? Viene mandato invito al Padre Spinelli, nella vicina Rivolta, che subito accetta e il dì successivo era sul pulpito. Al presentarsi, era la prima volta che io lo vedeva, umile, patito, modestissimo, mi ha fatto l’impressione che fosse un Santo, ma di pochi valori. Mi sono sbagliato. Fece un panegirico superbo. Profondo nella dottrina, di facile eloquio, con parola fluida, con eleganza nel dire, con gesto misurato, trascinò, e fu una quasi improvvisazione. Altro che di pochi valori! Finite le funzioni, si passò a complimentarlo, ed egli, sorridente, senza ostentazione, colla più profonda umiltà, ripeteva di compatirlo se non aveva corrisposto alla nostra aspettazione e se non aveva detto bene della sua cara mamma, la Madonna. Quanta semplicità in quell’uomo di Dio e quanto umiltà!

Amava di predilezione speciale, e circondava di sue attenzioni, i Confratelli di ministero. Chiunque questi si fosse, erano Sacerdoti, e bastava a lui perché fossero tutti suoi buoni amici. Si tratteneva a lungo con loro, volontieri li sentiva, condivideva i loro dispiaceri e li consigliava sul come superarli: o godeva con loro dei loro pochi trionfi, e dei loro risultati nel ministero. Che dire delle confidenze che noi Sacerdoti cassanesi a lui facevamo, dei consigli che domandavamo, delle parole di vita che per noi aveva nelle umiliazione che si incontravano spesso, poiché odiavamo il “quieta non movere” e, alle arti nemiche nuove, opponevamo opere sante nuove? Prudenza, ripeteva, prudenza sì ma avanti sempre ben bene con coraggio. È questa la voce di Dio, e la si assecondi.

La sua venuta tra noi era sempre desiderata e spesso capitava per i suoi incombenti e se qualche volta veniva di premura, non si partiva mai se prima non aveva avuto notizie nostre e di nostra salute. Se poi ci incontrava per la via, qualunque fosse stato il luogo, faceva fermare il tradizionale suo calesse – andava poco a piedi perché sofferente alla gambe – e di là largheggiava di saluti e di complimenti, conditi sempre da un sorriso di vera gioia e di santa soddisfazione. Sembrava l’uomo più tranquillo del mondo, si sarebbe detto il più felice, ed era in realtà il più gravato da responsabilità delicatissime e da non poche croci. Ma la rassegnazione alla volontà di Signore, che tanto raccomandava, lo rendeva forte a superare ogni difficoltà, per quanto gravi si fossero state. Una visita al SS. Sacramento, diceva, fa tutto dimenticare. Quanto affabilità nel buon Padre, quanta rassegnazio-ne, quanta fortezza, quanta fede!

La sua compagnia era desiderata, la sua conversazione ambita. Da erudito parlava di storia, di filosofia, di teologia. Ri-cordava spesso il Papa con trasporto; si interessava delle Missioni Cattoliche e dell’Azione Cattolica; ma mai che avesse avuto anche solo una parola per sé o per il suo Istituto. In relazione con personaggi distinti della Chiesa e del Governo, con pennellate da maestro li presentava quali erano, pronto a lodarli del bene che operavano e a coprirli col mando della carità quando l’esponente della loro vita erano debolezze e colpe. Quanta carità, quanta discrezione, quanta prudenza !

L’anno 1895 una seria malattia m’aveva colpito: un’ulcera al ventricolo. Specialisti distinti mi avevano suggerito di fare la esclusiva cura lattea, e di mettermi in assoluto riposo. Saputolo Padre Spinelli, mi invitò a ritirarmi a fare la cura in una sua Casa a Lenno, sul Lago di Como. Quanta cura, quante attenzioni mi si usarono da quelle buone Suore. Il Padre domandava spesso per lettera se andava migliorando, e aggiungeva che non mi si lasciasse mancare nulla. Venuto il giorno della partenza, giacché mi pareva di star bene, domandai quanto doveva. La Superiora della Casa, santa Suora, non ricordo il nome, tutta bontà mi rispose: il Padre mi ha detto che è tutto pagato. Non lo posso permettere, aggiunsi io, ma poiché le mie rimostranze a nulla valevano, per sdebitarmi in qualche modo, lasciai una somma corrispondente ad una modesta diaria e pregai la si accettasse come offerta. Ma la Superiora ripeté: ma la volontà del Padre è di non accettare nulla. E sta bene, conclusi io, ma io nulla do a pagamento, faccio una semplice offerta per l’Opera Spinelli, è, se si vuole, una carità e la carità non si può rifiutare.

(…)Altre volte andai al Convento e lo trovai sempre uguale, sempre pronto a far del bene. L’ultima volta che lo vidi mi parlò

dal letto, mi disse che la sua missione era presso a finire, e che il suo corpo, accasciato com’era, non era più capace d’abitare la sua anima che desiderava di ritornare a Dio. Congedandomi, mi ripeteva di pregare per lui, povero peccatore. Ed era Santo! E fu appunto questa la parola che mi uscì dal labbro all’annuncio del decesso: è morto un Santo!.

Sac. Alessandro Battaglia Arc. Par.

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Come in tutte le opere di Leonardo, anche nella natività di Tortona emer-ge la piena sintonia sentimentale tra figure e paesaggio ed anche il bue e l’asino ne prendono pienamente parte e a modo loro, concorrono ad indirizzare il nostro sguardo verso il Bambin Gesù, il bue si protrae verso il lembo del mantello della vergine

chiudendo una sorta di linea di protezio-ne che parte dalla testa di Maria, scen-de dalla linea delle braccia per continuare con il lembo del mantello e terminare con

la testa protesa del bue che sembra rispondere anche al gesto di San Giuseppe. Il Bambino è posato non su una mangiatoia ma su una cesta e ai piedi di San Giuseppe appare una botticella. La struttura compositiva è piramidale e il vertice coincide con i due angeli che vegliano e pregano: interessanti ed originali i loro vestiti

riccamente drappeggiati e valoriz-zati da una vivace tonalità di verde, riproposta anche a colorare la parte interna del mantello del santo.Il prossimo 2 maggio 2019, cade il quinto secolo dalla scomparsa di Leonardo Da Vinci che visse pro-prio a Milano e nella sua provincia, il suo periodo più fecondo e creati-vo, a contatto con i paesaggi fluviali dell’ Adda e dei suoi canali. Proprio per questa sua presenza, ben documentata nella Villa Melzi di Vaprio d’ Adda, lo sentiamo a noi vicino e trattando la probabilissima attribuzione della Natività di Tor-tona, si è voluto dare un contributo originale riguardo un’ opera estre-mamente significativa ma poco co-nosciuta, poiché non facente parte di circuiti museali.

Torna la strenna natalizia dei Quaderni del Portavoce, la collana rinata nel 2013 gra-zie al Centro culturale Carlo

Valli. E’ disponibile infatti da qual-che giorno il quarto volume “Cita-zioni e pensieri”, che raccoglie il meglio degli aforismi e dei pensieri dell’indimenticato parroco cassa-

nese. Ecco come i componenti del comitato commentano questa nuova uscita, nelle parole della prefazione al volume: “Chi oggi pensa ai problemi veri che ci impegnano per la vita eter-na? Jean Guitton parla di “Silenzio sull’essenziale”.

In un suo “pensiero-citazione” don Carlo si esprimeva così e con i suoi continui stimoli si è sempre adope-rato per rompere questo silenzio.I membri del Centro Culturale Carlo Valli desiderano continuare la sua opera, con questo quarto quaderno della serie I NUOVI QUADERNI DEL PORTAVOCE, adoperando proprio una selezione dei suoi pen-sieri e delle sue citazioni.Dopo una pausa di riflessione e di ricerca il Centro Culturale Carlo Valli ha pensato di dedicare questo numero a nuovi pensieri e citazioni che sono stati scelti tra i numerosis-simi a disposizione. Il lavoro di se-lezione è stato fatto proprio tenendo conto che oggi, più che mai, è ne-cessario far “rumore” per risvegliare quelle coscienze che si sono assopi-te o addirittura addormentate.Chi è rimasto sempre vicino a don Carlo nel lavoro di ricerca e di produzione dei QUADERNI DEL PORTAVOCE si è chiesto, durante l’operazione di scelta del materiale da inserire, mese per mese: “quali pensieri e quali cita-zioni avrebbe scelto il nostro amato don?” Sperando di aver risposto in maniera adeguata a tale domanda affidiamo al lettore una personale valutazione del risultato ottenuto.”

di Marco Galbusera FEDE E CULTURA

DON CARLO VALLI:UN PENSIERO SEMPRE ATTUALE

CENTRO CULTURALE CARLO VALLI

CITAZIONI E PENSIERI

I NUOVI QUADERNI DEL PORTAVOVE N. 4

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La Natività di Tortona è custo-dita presso la chiesa di Santa Maria Canale di questa città in provincia di Alessandria,

in Piemonte, non lontano dal confine con la Lombardia. Questa particola-re Sacra Famiglia, è attribuita per convenzione alla scuola leonarde-sca ma ora molti esperti d’arte, sono sempre più convinti che a questa tavola abbia lavorato direttamente il grande maestro toscano.Vi sono testimonianze del passaggio a Tortona di Leonardo, qui inviato più di una volta da Ludovico il Moro, in qualità di cartografo e primo con-sulente ducale di architettura ed in-gegneria militare, per potenziare il castello di Tortona. Inoltre in questa cittadina appartenente al Ducato di Milano, si producevano cere ed oli vegetali utilizzati da pittori come

Leonardo.Le innovazioni ine-renti quest’opera sono così numerose e di tale importan-za, che si sostiene la tesi che solo Le-onardo avrebbe po-tuto introdurre tante geniali novità, alcu-ne rimaste inimitate ed uniche nella storia dell’arte. Innanzitutto sono numerose le con-cordanze tra la Natività di Tortona, i disegni di paesaggi fluviali e la presenza di un elemento innovativo come il mulino ad acqua sullo sfon-do e un San Giuseppe totalmente rivoluzionario, per la prima volta senza barba e fortemente simile a tante caricature di Leonardo. Sof-fermandoci sempre sulla figura del santo, le mani risultano identiche a quelle dell’apostolo Simone -ultimo a destra- del capolavoro vinciano IL CENACOLO, che occupa la parete settentrionale del refettorio rinasci-mentale di Santa Maria delle Grazie di Milano. La prospettiva del dipin-to di Tortona è centrale ed irradiante come nel Cenacolo ed anche il pae-saggio fluviale con mulino, colline e monti, è reso con la PROSPETTIVA DEI PERDIMENTI, utilizzata da Leonardo per accrescere l’effetto della lontananza, diminuendo la de-finizione dei particolari ed originan-do lo SFUMATO anche nella defi-nizione delle figure, non solo nella resa dei paesaggi. Secondo le leggi leonardesche della variazione at-

mosferica “LA PRIMA COSA CHE SI PERDE IN DISTANZA SONO I LINEAMENTI CHE TERMINA-NO LE SUPERFICIE E FIGURE DE’ CORPI”, l’angelo annunciante i pastori in secondo piano, non può che essere semitrasparente. Un altro elemento fondante della pittura di Leonardo è che per essere ‘LAUDA-BILE’, doveva trasmettere i ‘MOTI DELL’ANIMA’, come ci riferisce il Vasari; quindi i personaggi devono essere assolutamente eloquenti e perciò il pittore deve accentuare la realtà servendosi anche dei linguag-gi non verbali, come quelli utilizzati dai muti, ossia l’espressività delle mani. Nella natività di Tortona, San Giuseppe con il gesto di entrambe le mani, indirizza l’attenzione di chi osserva verso il Bambin Gesù che si offre in sacrificio all’umanità apren-do entrambe le braccia e guardando negli occhi chi osserva l’opera, men-tre quelle di Maria lo sorreggono e lo proteggono. Questo gesto di pro-tezione squisitamente umano della madre del Salvatore, ci avvicina e ci rende partecipi della dimensione del DIVINO TRA NOI.

di Piera De MaestriARTE E FEDE ARTE E FEDE

LA NATIVITA’ DI TORTONA: OPERA DEL GRANDE LEONARDO DA VINCI?

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di Stefano e Luca EVENTI

Il 14 novembre 2018 presso la biblioteca comunale in Cas-sano d’Adda si è svolto l’in-contro dal titolo

“1968 – 2018 Cinquant’anni dopo, due esperienze a confronto”, una conversazione con Alberto Franceschini, uno dei fondatori delle Brigate Rosse, e Claudio Bottini, sindacalista CISL e uno dei responsabili di Comunione e Liberazione.

La domanda che ci hanno fatto in molti è stata: “Come è stato possibile invitare a Cassano D’Adda un personaggio con un passato così scomodo?”.

L’incontro nasce nell’ambito del “Giovedì da Andrea”, che è un’i-niziativa nata da un’intuizione di un sacerdote bergamasco, che vivendo una sincera amicizia quotidiana con alcuni adulti del-la parrocchia, qualche anno fa ci propose di pranzare insieme una volta alla settimana, per confron-tarci sulle questioni della Vita. Nel tempo questo gesto semplice e sistematico ci ha permesso di incontrare molte persone, tra cui Claudio Bottini, che è stato il tra-mite per conoscere Alberto Fran-ceschini.Quello che ci ha mos-so nel proporre questo incontro non era riper-correre l’ennesima analisi del “fenome-no ‘68”, ma il deside-rio di incontrare due persone e due storie, diverse, e a prima vista opposte: uno l’ha vis-suto da protagonista, fino alla scelta della lotta armata e della clandestinità, l’altro, a quell’epoca ragazzino, si è fatto interrogare

dall’esperienza del primo in un confronto serio e profondamente umano con la propria esperienza di fede, tanto da far nascere una nuova amicizia come dialogo sen-za pretesa reciproca di portare uno dalla parte dell’altro.

Bottini: I punti di partenza di questa amicizia sono il condiviso desiderio di bellezza, giustizia, verità e sincerità. Tutti questi va-lori, però, se staccati dalla loro radice, diventano ideologia. Il lavoro da fare quindi, è ritrovare questa radice. Ma come? Impli-candoci in una storia di amicizia come la nostra, che ci aiuta a re-cuperarla e che viene prima del male di ciascuno.

Franceschini: io sono qui per-ché ho bisogno di starci. Devo

dare delle risposte a delle respon-sabilità sociali. Devo trovare un modo per conciliare certe cose del passato e stabilire una distan-za con quegli anni; rivangare un passato negativo costa, e molto. Io ho qualcosa da dover fare per gli altri e per me, è l’unico modo per pensare al futuro senza avere un peso che ti trascina all’indietro. In questo momento l’unico riferi-mento con cui mi posso confronta-re è Papa Francesco, l’unico che è rimasto a parlare di cambiamento.

Cambiare è possibileL’incontro ha avuto una provoca-zione positiva: cambiare è possi-bile, a patto che la passione per la Realtà prevalga sullo schema-tismo dell’ideologia, a patto cioè che ciascuno parta dal proprio desiderio di Verità e la cerchi

davvero, anziché co-struirsela a suo piacere. L’incontro promosso dal “Giovedì da Andrea”, in fondo, ha fatto ve-dere che confrontarsi è possibile anche tra persone con strade e percorsi diversi: la ri-cerca seria della Verità mette tutti sulla stessa via e rende possibile il miracolo dell’incontro e di una convivenza buo-na e costruttiva, utile a tutti.

CAMBIARE É POSSIBILE

Lunedì 22 ottobre, noi vo-lontari dei GVV di Cassano d’Adda abbiamo celebrato, nella S. Messa delle ore

9.00, la giornata dell’impegno.

La reazione stupita di alcuni dei presenti alla S. Messa ha fatto sor-gere delle domande spontanee: “Perchè fare questo impegno pub-blicamente?”.“Non basta fare il proprio servizio come sempre, senza tante cerimo-nie?”.E, soprattutto: “Al giorno d’oggi ha ancora senso impegnarsi per qual-cosa che non dà nulla in cambio, non porta soddisfazioni nè ricono-scimenti personali?”.

Prima di rispondere occorre che si faccia una precisazione. A livello associativo nazionale ci si è resi conto che un gesto concreto, dettato dalle norme di attuazione dello statuto, quello della “Ceri-monia di Aggregazione con il re-lativo Atto di Impegno”, in modo silenzioso era passato nelle prassi non più attuate.Il nuovo comitato di presidenza nazionale, puntando fermamente l’obiettivo sulla necessità di uni-formare e regolare le varie modali-tà di lettura delle norme statutarie, ha fortemente voluto che si rein-serisse, nei vari gruppi - a livello regionale, provinciale o cittadino – la cerimonia di aggregazione con l’atto di impegno per chi aderisce per la prima volta all’Associazione.Quindi, per tutti coloro che, nono-stante l’appartenenza associativa da diversi anni, non avevano mai celebrato il proprio Atto di Impe-gno, sono state preparate le giorna-te del 10 ottobre, a livello regiona-le per chi ha potuto partecipare, e del 22 ottobre, a livello della no-stra città, per chi non era presente alla cerimonia regionale.

Ed eccomi ora a rispondere alle mie stesse domande.San Vincenzo diceva: “Voi andate a far conoscere a tutti, ai cattolici e agli eretici, la grande bontà di Dio. In modo che questi. quando vedranno che il buon Dio ha tanta cura delle sue creature da istitui-re una Compagnia di persone che si dedicano pienamente al servizio

dei poveri, cosa che non si trova af-fatto nella loro religione, saranno costretti a confessare che Dio è un padre buono”.Credo che, oggi più che mai, sia necessario che quanti decidono di mettersi al servizio dei più poveri e dei deboli, debbano farlo anche pubblicamente, con qualcosa che li identifichi come appartenenti ad un’associazione cattolica, in colla-borazione con la realtà ecclesiale, ma anche con quella civile. E que-sto non perchè ci si creda i “più bravi” o i “più capaci”, ma sempli-cemente perchè è giusto che chi ci sta intorno avverta e sappia chiara-mente che l’Associazione è fatta di persone che sono decise e capaci di mettere la propria faccia davanti alla realtà pubblica, per assumersi in pieno le proprie responsabilità, ma anche perchè, in caso di ne-cessità, tutti possano sapere a chi rivolgersi.

La parte più difficile sta nel dover rispondere alla domanda finale...Essere volontario significa aver scelto liberamente di aderire ad una associazione. Tante possono essere state le motivazioni iniziali che hanno chiamato ciascuno di noi a far parte di questa associa-zione: “avere del tempo a disposi-zione e volerlo dedicare a qualcosa di buono”; “essere stati chiamati da un amico/amica o dal parroco/pre-te di turno”; “aver conosciuto altri aderenti e la realtà di tale associa-zione desiderando di condividerla”.Tutte motivazioni possibili e ugual-mente giuste, ma quello che ci ren-de veramente volontari, e volontari vincenziani in più, è il volerlo es-sere ogni giorno, voler rinnovare continuamente quella prima deci-

sione presa forse un po’ per gioco o un po’ alla leggera.

Essere volontario significa poi donare gratuitamente il proprio tempo. Non solo come tempo non retribuito, ma come “talento” del Signore che ci è stato dato da am-ministrare.Essere volontario vincenziano si-gnifica impegnarsi perchè ai po-veri arrivi la notizia del Vangelo attraverso di noi, le nostre opere e la nostra vita, ma anche mediante il nostro ascolto, il nostro silenzio, la nostra compartecipazione alle sofferenze altrui, secondo lo spirito del nostro fondatore San Vincen-zo de’ Paoli: “Non si crede ad una persona perché è molto sapiente, ma perché la stimiamo buona e l’amia-mo. Non si crederà mai in noi, se non testimoniamo amore e bontà verso coloro che noi desideriamo che credano in noi”.

Ed allora, ben venga l’IMPEGNO, non solo come atto esteriore, ma come scelta di vita, come cammino di ogni giorno.

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IMPEGNO PERCHÈ?

di Angela MagniASSOCIAZIONI i l P o r t a v o c e D i c e m b r e 2 0 1 8

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centinaia di giovani innocenti, il più delle volte assolutamente estranei agli atti di “insubordina-zione” di cui si andava trattando. Giunse il rischio di una enorme disfatta: arrivò infatti il 24 ottobre 1917, Caporetto (la più pesante sconfitta militare italiana di tutti i tempi): si rimpallarono pesanti re-sponsabilità tra politici e militari e l’Italia apparve nuda e inerme, con parte del Veneto occupato e rimangiato dall’austriaco nemico, che non giunse alle porte di Vene-zia e Milano solo perché trovò il fiume Piave e ebbe altre distrazio-ni sui diversi fronti. Anche con Caporetto la classe politica e gli alti responsabili dell’esercito ri-mediarono una pessima figura: Ca-dorna e Badoglio, seppur grave-mente responsabili, riuscirono però ad uscire indenni dalla bufe-ra. Gli Italiani veri resistettero, sputarono sangue e orgoglio, an-che perché altro non potevano fare: finalmente arrivò il momento in cui quella “inutile strage” de-nunciata da Papa Benedetto XV ebbe la sua giornata conclusiva. Scattata la pace la palla ripassò ai politici. E a Versailles, dove sede-vamo tra i vincitori, ci facemmo bellamente abbindolare. A nulla valsero le “ire lagrimose” del Pre-sidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando, di fronte all’o-stilità del Presidente americano Wilson e alle ritrosie francesi e britanniche: lasciare la Conferen-za di Pace significò raggiungere clausole assai meno favorevoli di quanto si era paventato nel 1915. Ottenemmo comunque ampie

espansioni territoriali a settentrio-ne e ad oriente e finimmo pure nel-la condizione di diventare (noi, che rivendicavamo i territori “irre-denti”) una potenza occupante po-polazioni alloglotte, che poco o nulla avevano a spartire con la na-zione italiana: a nord di lingua te-desca - da Salorno in su -, a est di lingua croata e slovena, - nell’en-troterra istriano e nell’alto isonti-no-. Dopo la guerra non si ripristi-nò affatto la pace sociale: i tanti governi convulsamente succeduti-si, non seppero affrontare la crisi economica, lo scontento popolare, le rivendicazioni dei militari che si sentivano traditi e umiliati da quel nuovo stato di cose. Riprese-ro la parola coloro che sapevano urlare di più e rivolgersi alla pan-cia della gente. Si ebbero gli scio-peri rossi, prese sempre più piede il Fascismo. E il 31 ottobre 1922, pochi giorni prima della celebra-zione del quarto anniversario della Vittoria, Benito Mussolini ricevet-te l’incarico di formare il nuovo Governo . Rimase in carica per oltre vent’anni... Ma quella è un’altra storia. A un secolo esatto dalla fine della Grande Guerra è giusto quindi riflettere e celebrare il sacrificio di tanti poveri ragazzi, il dolore di tante famiglie, anche la sincera gioia di molti italofoni che pensavano che unirsi al tricolore potesse significare un avvenire giusto e radioso. Ma si rimane sconcertati nel constatare come a terzo millennio avviato, poco o nulla sia cambiato nelle alte sfere della politica nazionale, distratta da questioni non comprese, caval-

cate e ingigantite ma accecata nel-la lungimiranza delle decisioni che potrebbero veramente cam-biare il destino delle generazioni future. Sulla Prima Guerra Mon-diale sono sorti tanti miti. E’ bene spurgare tutto il superfluo ma mantenere poche ma solide cer-tezze: la forza di un popolo che no-nostante le difficoltà cerca di an-dare avanti, il rispetto e il ringra-ziamento per il sacrificio di tante vite stroncate - sia tra i militari che tra i civili-, il valore dell’unità nazionale e della collaborazione tra le varie nazioni soprattutto d’Europa, il prezioso e inestimabi-le valore della pace. La storia di ieri deve essere di monito per la costruzione del presente e del fu-turo. Non è scontato dirlo, anche perché nessuno pare voglia ascol-tare. L’Italia ce l’ha finora sempre fatta: nonostante i Vittorio Ema-nuele e i Cadorna dell’epoca e tut-ti coloro che, in vario ordine e gra-do, - salvo qualche mirabile e con-fortante eccezione – seguirono in cento anni di storia . E’ signifi-cativo infine appurare come, anco-ra oggi, seguitino ad apparire per-tinenti ed incisive le parole usate da Papa Benedetto XV a epilogo della lettera indirizzata il primo agosto 1917 ai “Capi dei popoli belligeranti”. Si trattava di un do-cumento -per nulla teorico ma anzi ricco di consigli pratici sia dal punto di vista militare che politi-co-, che rimase tuttavia lettera morta chiudendosi con queste in-cisive affermazioni, rivolte ai re-sponsabili di tutte le nazioni in guerra: “ Riflettete alla vostra gra-vissima responsabilità dinanzi a Dio e dinanzi agli uomini; dalle vostre risoluzioni dipendono la quiete e la gioia di innumerevoli famiglie, la vita di migliaia di gio-vani, la felicità stessa dei popoli, che Voi avete l’assoluto dovere di procurare. Vi inspiri il Signore de-cisioni conformi alla Sua santissi-ma volontà, e faccia che Voi, meri-tandovi il plauso dell’età presente, vi assicuriate altresì presso le ven-ture generazioni il nome di pacifi-catori. “

Nel pomeriggio del 3 no-vembre 1918, a Villa Giusti - in provincia di Padova - veniva firmato

l’armistizio tra l’Austria Ungheria e l’Italia. La fine dei combattimen-ti sarebbe scattata alle 15 del gior-no successivo, 4 novembre; pro-prio per questo motivo, da allora, quest’ultima giornata è elevata a ruolo di festività civile di carattere nazionale. L’Italia e le potenze al-leate - soprattutto grazie al mas-siccio contributo militare degli Stati Uniti - erano riuscite a scon-figgere i due imperi centrali che, per lungo tempo, avevano dettato i destini di parte del vecchio conti-nente. Ad un secolo esatto da que-gli eventi, ci si sarebbe aspettata maggiore attenzione da parte di tutti: a partire dalle istituzioni na-zionali, fino a scendere - giù giù - a quelle locali. In verità risultano assai pochi gli appuntamenti pro-grammati dai Comuni italiani in grado di trascendere la banale or-dinarietà: vuoto assoluto, invece, agli alti livelli. Eppure ben avreb-bero trovato posto qualche specia-le televisivo sulla Rai (ma anche altrove) o qualche riflessione ap-positamente dedicata. Non si trat-ta di una data come tutte le altre, di una occasione per offrire il de-stro a vacui blateramenti. Si ha tra le mani un evento significativo e fondante della nostra storia con-temporanea: cento anni dalla av-venuta e definitiva unificazione dello Stato, sia in termini territo-riali che culturali . Fu la prima e forse ultima occasione in cui l’Ita-lia contò qualcosa sulla scena del mondo, ma fu anche la circostanza nella quale si videro - in modo ab-bastanza chiaro e nitido - tutti i

difetti della nostra attuale condi-zione. L’Italia entrò in guerra, il 24 maggio 1915, controvoglia e pure in spregio al diritto internazionale. Eravamo alleati fin dal 1882 (e nessuno ci aveva obbligato ad es-serlo) con l’Austria e la Germania e potevamo scegliere una comoda e proficua neutralità. Il vecchio e astuto Giolitti stava tramando per ottenere ampi compensi territoria-li ed economici non imbracciando le armi; quel “parecchio” che ci avrebbe risparmiato lutti e distru-zioni e regalato qualche piccola soddisfazione patriottica. La mag-gioranza del Parlamento era con-traria a combattere, l’opinione pubblica si presentava fredda se non ostile, il popolo di certo non era desideroso di versare il sangue dei propri figli per una causa che poteva pure apparire eroica ma che non valeva certo un sacrificio tanto grande. Eppure anche allora una minoranza di facinorosi politi-canti, sostenuti da un piccolo Re in cerca di gloria e da un mondo industriale ingolosito di facili e

pingui guadagni, riuscì a far girare il vento a proprio favore e a spac-ciare per volontà popolare quanto, in verità, era solo desiderio di po-chi. Di pochi che magari fino a poco tempo prima (come l’abile giornalista Benito Mussolini), ave-vano sostenuto esattamente il con-trario. Scattate le ostilità, comun-que, i giovani italiani (per la prima volta uniti, siculi con lombardi, sardi con laziali, calabresi con piemontesi, raccolti sotto una uni-ca divisa....), andarono al fronte senza entusiasmo ma con tanta onestà e spirito di sacrificio. Senti-menti che non furono affatto ri-cambiati dallo Stato Maggiore e degli alti ufficiali del Regio eserci-to: condizioni di armamento pieto-se, tattiche belliche inadeguate... Bastarono pochi mesi e già si sol-levarono i primi dubbi e scoppiò qualche rivolta. Si soffocò nel san-gue fratricida ogni minimo tentati-vo di mettere in mostra le gravi inefficienze del sistema. Le crude-li “decimazioni”, volute dal gene-rale Luigi Cadorna, assassinarono

A CENTO ANNIDALLAGRANDE GUERRA

LA NOSTRA STORIA LA NOSTRA STORIA

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NATALE

Il centenario della fine del-la prima guerra mondiale è sgattaiolato via in maniera veramente furtiva con poche

scialbe celebrazioni caratterizzate dall’immancabile, in questo caso vergognoso, marchio del political-ly correct. Ma cent’anni fa il clima in Italia era ben diverso. Era il pri-mo Natale che si poteva celebrare a guerra finita dopo tre ricorrenze (quattro per gli altri belligeranti) passate nel fango e nella neve delle trincee. Sì perché insieme ai fanti e agli alpini spiegati sul fronte, le famiglie a casa partecipavano del-la stessa sofferenza di figli e mariti e i volti degli assenti occupavano permanentemente il pensiero dei presenti, figuriamoci a Natale! E col passare dei Natali di guerra cresceva il numero dei volti che non sarebbero tornati e con loro la tristezza delle famiglie ferite. Alla fine saranno 600.000 i posti vuoti lasciati a tavola nelle case italiane in quel felice e triste Natale del 1918.

Il primo conflitto mondiale nella storia militare occuperà per sem-pre un posto molto particolare per-

ché fu la prima guerra di posizione, in cui il movimento degli eserciti, battaglie, avanzate e ritirate, fu ri-dotto al minino e cristallizzato in centinaia di chilometri di trincee. Non più campagne estive segui-te da una più o meno estesa sosta invernale, ma un impegno martel-lante ed ossessivo lungo le quat-tro stagioni per conservare quelle poche centinaia di metri strappate al nemico con migliaia di caduti. Nelle trincee i giorni passavano tutti uguali e il Natale non faceva eccezione, con il suo bagaglio di freddo, fame e disperazione. Ci piacerebbe pensare che l’arcinoto episodio della tregua di Natale del 1914 autonomamente decisa dai soldati di alcuni reparti inglesi e tedeschi nei pressi di Ypres, con tanto di partita di pallone, rappre-sentasse una sorta di prassi uma-nitaria non scritta ma comunemen-te applicata in guerra. Ma non fu così, i diari che ci sono pervenuti

dai soldati al fronte sono tutti monocorde nel de-scrivere l’atmosfera di tristissima desolazione che aleggiava nelle ca-sematte e nelle linee di difesa.

Ecco come Ernst Jün-ger (“Nelle tempeste d’acciaio”), descrive con poche sbrigative pa-role il Natale del 1915: “Passammo la notte di Natale dentro la trin-cea intonando in pie-di, nel fango, qualche canto natalizio che gli inglesi coprirono con le salve delle loro mi-tragliatrici. Il giorno di Natale perdemmo un uomo della terza sezione, colpito da una pallottola alla te-sta. Poco dopo gli in-glesi fecero un tenta-tivo di riconciliazione

alzando sul loro parapetto un albero di Natale che i nostri, furibondi, distrussero con pochi colpi ben aggiustati ai quali i “Tommies” risposero col lancio di granate da fucile. La festi-vità del Natale fu dunque cele-brata in maniera decisamente sgradevole.”

Ancora più desolante è il racconto del soldato tedesco Otto, tratto dal suo diario di guerra, Taccuino di un nemico, a proposito delle fe-stività del 1916: il 18 dicembre, calandoci di nuovo nelle trincee presso Rocquigny, le scopriamo ancora più malagevoli e melmo-se di come le avevamo lasciate, deteriorate dai colpi di cannone e dalle piogge, che hanno pro-dotto numerosi crolli e ammol-lito la terra. Sino al 21 siamo sempre in tenuta da combatti-mento, pronti a rispondere a un attacco di fanteria che non arri-va. Il nemico si limita a far tuo-nare i suoi cannoni. Poi un’on-data di freddo calma un poco le cose. Il 24 dicembre, vigilia di Natale, lo trascorriamo in una profonda cantina di Rocquigny, riscaldati da una stufa fuman-te. È buffo quanta nostalgia metta questa ricorrenza ai miei compagni, che spasimano come fanciulli nell’attesa di lettere da casa. Sospiri inutili: la po-sta non può arrivare in giorni in cui faticano a raggiungerci persino il cibo e le munizioni. Il 25 siamo di nuovo immersi nel fetore della trincea, nel centro focale delle mappe dei generali d’ambo le parti, giusto tra i tiri delle batterie inglesi e le risposte della nostra artiglieria. Con un seguito di giornate funeste, in-distinguibili l’una dall’alta, ter-mina il 1916 e comincia il 1917, senza che nessuno di noi pensi a fare altri proponimenti per l’anno che viene oltre a quello di restare vivi.”

Sul fronte italiano, le cose non andavano meglio. Il ra-gazzo del ’99 Giovanni Bartoli, ci ha lasciato il reso-conto di un assalto avvenuto proprio la notte di Natale del 1917 sul Monte Grappa: “Arrivò così la notte. Ci addormentammo, dopo aver bevuto l’ultimo sorso di cognac che ci era arrivato assieme al rancio.. molto rancio …. di pasta cotta da molte ore. Verso la mezzanotte, il campanello d’allarmi che aveva-mo in stanza e che comunicava con la vedetta ci fece svegliare di soprassalto. Non c’era da esita-re. Quando quel semplice avviso chiamava, biso-gnava andare. Imbracciammo i fucili innestammo le baionette e ci disponemmo sul parapetto della trincea in ordine di combattimento. Cosa avveni-va? La vedetta che aveva dato l’allarmi spiegava che, aveva scorto parecchie ombre che si avan-zavano cautamente, ad una intimazione fatta nessuno rispose. Fece fuoco ma non fu risposto. Impressionato tirò il campanello d’allarmi. Atten-demmo. L’attesa fu lunga e sfibrante. Bisognava ad ogni costo accertare chi c’era sotto di noi. Una pattuglia con una mitragliatrice uscì dalla linea. Noi si guardava ansiosi il risultato. Mi sporsi fuori della trincea e vidi che la pattuglia si infiltrava in avanti. Parecchi minuti passarono. Ad un tratto un crepitio di fucilate mi fece capire che la pattu-glia si era impegnata con l’altra già scoperta. Un razzo lanciato dai nostri ci avvertì che bisognava-no di rinforzi. Senza porre tempo in mezzo, presi i miei uomini, i miei compagni del 99. Uscimmo dalla linea e avanzammo rapidamente sul luogo del combattimento. I nostri dietro una roccia facevano fuoco disperatamente. La mitragliatrice era stata messa fuori uso. La pattuglia avversaria contava due dozzine di uomini. Noi ci contam-mo, eravamo in quindici. Decisi a finirla con quel branco di bestie, tentammo ag-girare ed assaltare. Pronti ad un cenno

strisciammo a guisa di rettili. Intenti com’erano a tirare contro il resto dei miei compagni non si ac-corgevano del tranello. Fu un attimo. Sorpresi ai fianchi, ci gettammo sopra gli avversari a colpi di baionetta. Questi rimasero disorientati, e intanto cercavano un mezzo di difesa. Ma con l’accorrere del resto della pattuglia, avemmo ragione di quei magna-sego. Era tempo. Legati con gran cura quei cialtroni, li trascinammo poco gentilmente nelle nostre linee. Erano in sei. Gli altri erano ri-masti sul terreno.”

Qualcuno aveva la fortuna di andare in licenza e pas-sare un Natale diverso, lontano dal fango, dalla fame e dai pidocchi della trincea. Ma anche in questi fe-lici momenti, il fardello di morte e disperazione non lasciava mai il soldato e ne opprimeva l’anima e il corpo. Esemplare sotto questo aspetto è la famosissi-ma composizione “Natale” del poeta-soldato Giuseppe Ungaretti. In licenza a Napoli per passare le festività del 1916, Ungaretti ci trasmette con tragica semplici-tà la pesantezza della sua condizione di soldato, tanto fisica (ho tanta stanchezza sulle spalle) quanto morale (lasciatemi così come una cosa posata in un angolo e dimenticata). Unico luogo si-curo e di sollievo è la famiglia e tutto quanto di buono questa è in grado di restituirci (il cal-do buono) anche se purtroppo è un sollievo solo momentaneo, quanto durano le quattro ca-priole di fumo del focolare.

Al fronte, nelle retrovie o a casa per licenza, la guerra non lasciava scampo a nessuno ed il Natale diventava forse an-cora più buio e più triste degli altri giorni.

NATALE ALTEMPO DELLA

GUERRA

Natale

Non ho vogliadi tuffarmiin un gomitolodi strade

Ho tantaStanchezzasulle spalle

Lasciatemi cosìcome unacosaposatain unangoloe dimenticata

Quinon si sentealtroche il caldo buono

Stocon le quattrocaprioledi fumodel focolare

di Maurizio MandelliNATALE

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LA NOSTRA SCUOLA

Sabato 27 novembre la scuo-la ha ricevuto la visita e la benedizione del Vescovo che ha ribadito un concet-

to importante del fare scuola: in-fondere fiducia. La scuola deve permettere ai bambini di avere fiducia e per fare ciò, riprendendo in parte il tema dello scorso anno, ci impegneremo dedicando tempo o, secondo alcuni, ci impegnere-mo a perdere tempo, sì proprio a perdere tempo per ascoltare rac-cogliendo il vissuto e le emozioni di ogni bambino:

• a perdere tempo a parlare con i bambini, non solo dei bambini, ma proprio con loro, per imparare da loro;

• a perdere tempo nel rispetto di tutti per avviare alla conoscenza reciproca, nel rispetto dei tempi e dei ritmi di ciascuno, perché nes-suno si senta escluso;

• a perdere tempo nel darsi tem-po per seguire sentieri inesplora-ti, linee circolari, per scoprire e apprezzare le piccole cose che da soli non avremmo scoperto;

• a perdere tempo per condivide-re le scelte perché tutti si sentano coinvolti e responsabili di ciò che vivono;

• a perdere tempo per giocare in modo libero (che non significa po-

ter fare ciò che si vuole) ma poter sperimentare che c’è un “io” e un “altro da me”, con cui entrare in rapporto, con cui comunicare e condividere spazi, materiali e re-gole per capire il mondo;

• a perdere tempo per crescere preparandoci ad affrontare il futu-ro, riconoscendo come importante lo spazio e il tempo del presen-te… insomma perderemo tempo per guadagnare tempo perché rallentando si può prestare mag-giore attenzione e si può rendere più ricco di senso ogni momento vissuto.

Ci spiace che il giocare sia arriva-to tra gli ultimi “perdere tempo” perché il gioco non è una delle attività, ma la primaria e unica modalità del bambino di approc-ciarsi al mondo. Come scuola, ci premeva molto sottolineare il pia-no della relazione, considerando che il nostro obiettivo fondamen-tale è permettere al bambino di riconoscere che esiste un sé e un altro da sé, soprattutto nella pre-senza di Dio. Nella nostra scuola quest’anno si realizzerà un piano formativo che prevede di co-progettare, cioè progettare insieme ai bambini:

• dando spazio perché esprimano le loro idee,

• dando tempo perché si possano

confrontare e trovare una media-zione,

• perché pensino a cosa vogliono realizzare e ai percorsi/processi da mettere in atto per farlo,

• prestando come adulti il mini-mo aiuto nel compiere il piano di lavoro,

• evitando di predisporre tutto dall’inizio per lasciare ai bambini solo lo spazio per seguire le nostre istruzioni.

Nei primi mesi, ad esempio, i bambini hanno concordato quali sono le regole per stare bene in-sieme e hanno realizzato un car-tellone riassuntivo; hanno indivi-duato quali sono gli incarichi per essere d’aiuto e hanno concertato con quale sistema far partecipare tutti. In quest’ultimo mese si sono messi alla prova nel realizzare una casa per accogliere Gesù (il presepe); il compito è reso più in-teressante perché hanno avuto a disposizione un materiale destrut-turato: il legno.La scuola aprirà le porte sabato 26 gennaio 2019 al mattino dalle 10.30 alle 12.30 e nel pomeriggio dalle 16.00 alle 18.00, perché le famiglie possano incontrare le educatrici e le insegnanti, visitare gli spazi e presentare domanda di iscrizione.

Taglio del nastro e be-nedizione vescovile per la scuola dell’infanzia parrocchiale paritaria

Sant’Antonio, a Cassano d’Adda, dove nel pomeriggio di sabato 27 ottobre, alla presenza del vescovo Antonio Napolioni, del parroco don Giansante Fusar Imperatore, delle autorità comunali e di nu-merosi cittadini sono stati inaugu-rati i lavori di ristrutturazione del-la struttura, progettati e coordinati dall’architetto cassanese Stefano Riboli, costati circa 700.000 euro ed eseguiti nell’arco di tre estati, senza mai interrompere l’attività didattica dell’istituto diretto da Sara Balestro.Si dice che un ambiente di la-voro adatto e confortevole sia un educatore aggiunto. Niente di più vero nel caso del Sant’Antonio, completamente rinnovato.“I lavori -ha spiegato ai presenti l’architetto Riboli – sono comin-ciati nel 2016 con la ristruttura-zione del salone polifunzionale al primo piano e dei bagni al piano terra (le cose più urgenti chieste dal committente), sono proseguiti nel 2017 con la ristrutturazione globale del primo piano e si sono conclusi quest’anno con gli in-terventi sul piano terra. Tutta la

struttura è stata adeguata alle più recenti normative in materia di impianti termici e alle normative antincendio, sismiche ed acusti-che, anche mediante la scelta di materiali ecosostenibili”.Da parte del vescovo Napolioni una riflessione prima della bene-dizione: “L’atteggiamento che il bimbo acquisisce nei primi anni di vita – ha spiegato – può esse-re di fiducia o di tristezza. Se la Chiesa si impegna a fianco dello Stato per integrare l’offerta forma-tiva ben venga perché mette que-sto fondamento di fiducia. Guai a noi se la tradissimo”.

Il Parroco ha invece ricordato origini e trascorsi della Sant’An-tonio, acquistata dalla parrocchia di Santa Maria Immacolata e San Zeno 19 anni fa, quando le suo-re Canossiane lasciarono Cassa-no, affidandone la direzione alle suore Adoratrici del Santissimo Sacramento che a loro volta hanno rinunciato a quest’incarico quat-tro anni fa. Da allora la parrocchia gestisce la scuola affidandosi to-talmente a personale laico.La Scuola Materna e Nido S. An-tonio conta ad oggi 140 iscritti fra nido, sezione Primavera e scuola dell’infanzia.

Taglio del nastro per la rinnovata scuola dell’infanzia parrocchiale

Scuola Dell’InfanziaParrocchiale Paritariae Nido S. Antonio“Insegnerò a chiamarti Padre Nostro a ogni bimbo che diventa uomo” Piazza S. Antonio, 420062 - CASSANO D’ADDATel. e Fax 0363-61235e-mail:[email protected]

di Sara Balestro LA NOSTRA SCUOLA

Perder tempo…per ascoltare.

PARROCCHIA SANTA MARIA IMMACOLATA E SAN ZENO

Le parrocchie di Cassano d’Adda organizzano un corso di preparazioneal matrimonio cristiano di dieci incontri che si terranno all’oratoriodon Bosco, via Vittorio Veneto, 75 nei giorni di lunedì e giovedìdalle ore 21.00 alle 22.30. Il corso inizierà lunedì 7 gennaio 2019.

Le iscrizioni si raccolgono dal parroco di San Zenoin via Vittorio Veneto, 25 (tel. 0363 64234)

Un altro corso verrà organizzato nel maggio prossimo.

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LE NOSTRE COMUNITÀ

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LE NOSTRE COMUNITÀ

Anniversari di matrimonio 14 ottobre 2018

Consegna comandamento dell’amore al gruppo Betlemme il 21 ottobre 2018

Consegna Padre Nostro al gruppo Nazaret 28 ottobre 2018

Hanno celebrato il Battesimo nello Spirito Santo la domenica 13 maggio 2018:

Accomando Diego, Alcozer Francesco Pio, Bonacina Elena Maria, Brentana Denise,

Castellini Alessandro, Castellini Federico, Cogliati Valeria, Comaschi Beatrice,

Diringbin Ann Ashley, Frroku Kristian, Frroku Manuel, Germinario Giulia,

Germinario Luca, Grasselli Luna,Grasselli Serena, Lamperti Nicole,Luraghi Cristian, Manzoni Kelian,

Nemeth Mattia, Okafor Jacob David Ebuka, Piacentini Deva, Piacentini Noah,

Soriani Gabriele, Ubizzoni Lorenzo, Zanini Emanuele.

Presepe Napoletano

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Consegna del Credo al gruppo Cana 14 ottobre 2018

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La liturgia fu animata generosa-mente dalla corale. La Parola di Dio fu proclamata dai geni-tori e catechisti della Parroc-

chia. Il servizio all’altare venne svolto dal gruppo dei ministranti sapiente-mente guidati dall’animatore e cate-chista Samuele. Il parroco don Silvio, nello spezzare la Parola come nutri-mento alla Comunità, ha messo in luce che, se non condividi-amo lo spirito del Servo sofferente profetato da Isaia, non possiamo fare autentica promozione umana dei ragazzi, che partecipano alle mille proposte educative e ricreative dell’Oratorio. Inoltre il Vangelo ci ha invitati caldamente a non aspirare, come fe-cero i figli di Zebedeo, a chissà quale carriera nello svolgere i molte-plici servizi, affinchè l’Oratorio sia sempre più accogliente e promozio-nale quanto ai valori della vita. Per chi ha “messo mano all’a-ratro” (Vangelo) non

c’è posto per meschine competizioni di orgoglio, per maneggi di arrivismi, per ambizioni di successo terreno o di vana gloria. Gesù ci ha insegnato che “chi vuole essere grande tra voi si farà vostro servo e chi vuole essere tra voi il primo si farà ser-vo di tutti”….perchè Gesù “ non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in ri-

scatto per molti”. Quindi, vivere in Oratorio, significa imparare da Gesù a servire nella dimensione della Croce, nella gratuità, imparando da Gesù a portare anche i pesi degli altri, af-finchè il Regno di Dio si manifesti in mezzo a noi. Per questo è necessario invocare l’aiuto anche degli Angeli tra i quali, ha ricordato don Silvio, i bam-bini, ragazzi, giovani andati in Cielo in

questi ultimi decenni. Af-finchè tale scelta di fede divenga un segno per-manente di richiami dal Cielo, il parroco ha bene-detto una “targa” ricordo, al termine della Messa oratoriana, fissandola sui giochi nuovi dei bambini e invitando soprattutto i ragazzi ad invocare questi “amici Celesti” nominati nel Canone della Messa, in modo che ci assistano dall’Alto nel portare a compimento il “progetto di uomo e di donna nuovi” che Dio Padre ha su cias-cuno di noi.A lato il testo della targa.

LE NOSTRE PARROCCHIE i l P o r t a v o c e D i c e m b r e 2 0 1 8

Domenica 21 ottobre

FESTA DELL’ORATORIO A CASCINE S. PIETRO

Ricordando i nostri Angeli nel grembo dei beati:

I bambini mai natiDonatella RossoniDeborah PertusiLiam Manzoni

Massimo CortesiElisa Spreafico

Elena BonanomiGreta Bianchi

Antonella MapelliStefano Brentana

Remo RotaIvan Ziletti

Piergiuseppe BaioniFrancesca SqueoGiuditta CasazzaAlessandro SolariMatteo ManescoVittorio CorazzaRoberta BurattiColombo Enrico

…. E tutti i giovani che, dall’alba della vitail Signore, scrutando lo splendore dei loro cuori,vide preparati alla grande chiamata nell’eterna

Aurora del suo paterno Amore.

Domenica 11 novembre scorsoabbiamo celebrato in Parrocchia

la FESTA DELRINGRAZIAMENTO

E’ ormai una piacevole tradizione a Cascine s. Pietro ritrovarsi per pregare insieme il Si-

gnore con tutti gli amici agricoltori, allevatori e amanti della natura e delle nostre campagne. Così nella s. Messa di domenica 11 novembre unitamente a tutte le Diocesi d’Ita-lia abbiamo celebrato, con gioioso spirito di gratitudine alla Divina Provvidenza, la sessantottesima FESTA DEL RINGRAZIAMEN-TO, per i frutti della terra e del la-voro dell’uomo. E’ stata vissuta in parrocchia come un complemen-to della celebrazione della festa del lavoro, che ricorre ogni primo maggio, con impegno e assidua partecipazione dai ministranti alla corale, dall’assemblea ai lavoratori

delle nostre campagne, che si sono resi disponibili al servizio di lettori e portatori dei doni in cesti colmi di frutti tipici della nostra terra.Il parroco don Silvio, nell’omelia ha fatto molti riferimenti al mes-saggio della C.E.I. sviluppando il tema “Secondo la propria specie” (Gen. 1,12): un’agri-coltura per la diversità, un’a-gricoltura contro la disugua-glianza” con richiami alla Parola di Dio, della liturgia del giorno che era stata proclamata. Parola ricca di richiami alla generosità nell’im-pegno a lavorare nei campi non solo per il profitto, ma anche per la promozione umana e cristia-na della nostra comunità, nello spirito della vedova del Vangelo che, nella pochezza apparente del

dono delle due monete, aveva of-ferto alla gloria di Dio il sacrifico del suo sostentamento quotidiano. Su questi punti fermi della nostra fede evangelica, il parroco don Sil-vio ha richiamato la preziosità del nostro vivere ogni istante della no-stra vita consapevoli nel cuore di stare alla presenza del Signore più che davanti al mondo. All’offerto-rio gli agricoltori e lavoratori della campagna, oltre ai cesti ricchi dei frutti della terra, hanno voluto do-nare un contributo in elemosina, per contribuire in modo tangibile al mutuo, che la comunità, ormai da tempo, sta portando sulle spalle con molte buone persone, giovani e adulti, che generosamente e digni-tosamente provvedono, senza fare rumore, ad ammortizzare il debito.

di Claudio Stucchi

di Chiara

LE NOSTRE PARROCCHIE

EVENTI

Lo scorso giugno, dopo ben 36 anni di onorato servizio, l’organo elettronico della chiesa di Cascine ha suon-

ato per l’ultima volta, per sopraggi-unti limiti di età.Dopo aver rimesso in attività il vec-chio, ma sempre valido, armonium “Tubi” si è presentato il dilemma che molte parrocchie prima di noi hanno vissuto. Siccome la chiesa possiede anche uno storico organo a canne, costruito dall’organaro cremasco Agostino Benzi nel 1947, la domanda che ci siamo posti è sta-ta: “Restauriamo il vecchio organo a canne di Benzi o acquistiamo un nuovo organo elettronico?”.Pur tenendo presente ciò che è stato stabilito nel Concilio Vaticano II ri-guardo l’importanza di avere un or-gano a canne nelle chiese, s.c. 120 “Nella Chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, strumento musicale tradiziona-

le, il cui suono è in grado di ag-giungere un notevole splendore alle cerimonie della Chiesa, e di elevare potentemente gli animi a Dio e alle cose celesti…”, il mo-mento economico particolare che la nostra parrocchia vive, dopo aver rinnovato l’oratorio, ci ha portato ad optare per la soluzione meno onero-sa e più prudente.Abbiamo, quindi, scelto di acquis-tare un organo elettronico campio-nato, a due tastiere, con pedaliera e trenta registri, costruito dalla “Vis-count” di Mondaino, nell’entroterra di Rimini. E’ subito nata una viva parteci-pazione dell’intera comunità per raggiungere la cifra necessaria all’acquisto.Hanno partecipato alla raccolta fondi “Le Api Operose”, signore che compiono opere di bene con il ricavato dei mercatini di Natale e Pasqua, “I Cortisiani”, che hanno contribuito con il ricavato di una bella cena organizzata in oratorio, il gruppo de “La Sgausciada” che ha destinato il ricavato di una iniz-iativa che ha unito il passato rurale di Cascine alla gastronomia ed alla musica del nostro borgo ed i can-tori, che hanno organizzato una lot-

teria a premi. Anche diversi privati hanno voluto contribuire alla spesa. Tra questi, ringraziamo in particolare le sorelle Colombo che, nel doloroso mo-mento della dipartita della mamma Terry, hanno destinato le offerte di suffragio di amici e parenti. Inoltre, un grazie ad una anonima donatrice che ha voluto così ricordare il deci-mo anniversario della morte di don Gaetano.Desideriamo, inoltre, dire un grazie anche a chi ha contribuito a rendere possibile tutto questo con il proprio lavoro, come la ditta “Md Impianti Elettrici” che, intervenendo ur-gentemente a sostituire i nuovi fari per l’illuminazione del presbiterio delle nostra chiesa, hanno offerto il loro guadagno come contributo di solidarietà per l’acquisto del nuovo organo ed infine i tanti volontari che si sono resi disponibili.A Cascine è sempre stato valo-rizzato il canto sacro ed il suono dell’organo. Anche questa parteci-pazione ne è segno. Come organista parrocchiale non posso fare altro che dire un grazie a don Silvio, che ha accolto positi-vamente l’iniziativa e a tutti i miei compaesani un grazie di cuore.

UN NUOVO ORGANO PER LA CHIESA DI CASCINE

“I bambini e i giovani devono aiutare gli adulti a costruire la Pace con scelte concrete

e quotidiane. Nessun uomo è un’i-sola: l’amicizia è fondamentale per essere felici, anche l’amicizia tra i popoli”: queste le parole del Pre-

sidente della Repub-blica Sergio Mattarella al Sermig – Arsenale della Pace di Torino, lo scorso 26 novem-bre. Tante le domande rivolte al Presidente, da piccoli e grandi: perché gli adulti non si accorgono che la guer-ra ferisce tanti bambi-ni? Come si costruisce il bene comune? Che

cosa insegna la storia?Il Presidente ha chiuso il percorso museale allestito all’interno dell’ex arsenale militare, trasformato da Ernesto Olivero e dal Sermig in fabbrica di pace, in occasione del Centenario dalla prima guerra

mondiale. Dal racconto della guer-ra si è passati con determinazione all’impegno per la Pace: il Presi-dente è stato invitato al 6° Appun-tamento dei Giovani della Pace che avrà luogo a Bergamo l’11 maggio 2019. Migliaia di giovani scenderanno in piazza Vittorio Ve-neto a portare testimonianza della speranza che cresce nel silenzio. Durante la giornata si alterneranno testimonianze di vita significative e confronti su temi importanti del nostro tempo. L’obiettivo? Pace in un mondo di conflitti, Pace nelle relazioni personali, Pace in una società divisa. Una Pace possibile solo con una sincera riconciliazio-ne tra le generazioni e con le scelte coraggiose dei giovani.

GIOVANI PER LA PACE

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Mostra sulla Terra Santa

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di don SilvioLE NOSTRE PARROCCHIE

La Parrocchia di Cascine s. Pietro ha allestito, con la collaborazione del Grup-po AVOSS, una MOSTRA

FOTOGRAFICA SULLA TERRA SANTA presso la cappella a lato della chiesa parrocchiale. La “mostra” è stata inaugurata il 22 settembre scorso e rimarrà aper-ta ogni giorno dalle h.9.00 alle h.17.00 e verrà chiusa all’ultima domenica di maggio 2019. I visi-tatori sui banchi troveranno dei sussidi guida per la riflessione e la preghiera personale. Questa mostra sulla Vita di Gesù è stata realizzata per favorire spiritual-mente parrocchiani e pellegrini a compiere un percorso ideale gui-dato da catechesi per approfondire la conoscenza della Terra di Gesù e di ciò che narrano i Vangeli della

Sua vita, dei suoi insegnamenti e dei Suoi miracoli. Data l’importan-za culturale e spirituale, durante l’anno pastorale saranno organiz-zati degli incontri su tematiche bibliche riservate ai ragazzi, ai giovani e agli adulti. Ogni primo venerdì del mese alle h.21.00, nella cappella, il parroco ter-rà delle catechesi anche in preparazione al pellegrinaggio che la Parrocchia di Cascine effettuerà prossimamente dal 12 al 19 febbraio 2019.Per chi fosse interessato a parteci-pare anche al viaggio in Terrasan-ta dia prima possibile l’adesione a don Silvio 3400894710 oppure all’Agenzia GEAWAYtel. 039.6894440email: [email protected]È necessario il passaporto.

Santuario delle Beatitudini Basilica dell’Annunciazione

PARROCCHIA S. PIETRO APOSTOLOorganizza

Pellegrinaggio inTERRA SANTA

12 - 19 Febbraio 2019 Tour di 8 giorni

1° giorno - Milano - TEL AVIV - NAZARETH2° giorno - NAZARETH - Escursione MONTE TABOR e CORAZIN3° giorno - NAZARETH - Escursione LAGO DI TIBERIADE4° giorno - NAZARETH - BETLEMME 5° giorno - BETLEMME - Escursione MAR MORTO - QUMRAN - GERICO6° giorno - BETLEMME - AIN KAREM - GERUSALEMME7° giorno - GERUSALEMME8° giorno - GERUSALEMME - TEL AVIV - Milano

informazioni ed iscrizionipresso la segreteria parrocchiale

cell. 3400894710

Le Acli hanno sempre pen-sato e creduto che l’Europa nata dalle ceneri della tragi-ca esperienza della seconda

guerra mondiale rappresenti un’i-dea irrinunciabile di conviven-za e di pace. Ma oggi c’è meno Europa di quella che avevamo in mente prima ancora di allargarla. In questi anni abbiamo imparato a conoscere nuove parole come “eu-roscetticismo”, che non è un ter-mine rivolto solo alla moneta unica, ma anche ad un’idea di convivenza che, a partire da culture e tradizioni consolidate, può permettersi confini aperti.Dopo l’introduzione della moneta unica e l’allargamento a 28 sta-ti membri, l’Europa ha smesso di fare politica. Della stanchezza del-la UE e delle sue divisioni se ne stanno approfittando in molti , ma la direzione da seguire ovvero che l’Europa dovrebbe essere il potere moderatore tra USA e Cina, capa-ce di (es)portare alcuni suoi grandi valori come ad esempio il welfare. Ancora oggi infatti non vi è alcuna “regione del globo” che possa van-tare una così grande ricchezza al tempo stesso economica e sociale e cioè quella di mettere al centro la persona garantendo per quanto è possibile investimenti su scuola, sanità, previdenza e assistenza e cercando di contrastare le disparità tra le persone. Bisogna dunque che l’Europa torni a riprendere il suo ruolo soprattutto in uno scenario di nuovi blocchi, nuovi protezionismi e nuove derive autoritarie. “Senza visione e senza un programma è difficile convincere i nostri popoli a riprendere un cammino comune” - ha concluso Romano Prodi all’Am-brosianeum.E così noi continuiamo a pensa-re che abbiamo bisogno di più Europa. Certamente deve esse-re un’Europa migliore di quella di oggi. Ma non possiamo rinun-ciare all’idea dei nostri padri fon-datori che hanno dato vita a questa esperienza di condivisione, di cre-

scita comunitaria che sta alla base di qualsiasi sviluppo pacifico delle nostre società.Con una grande responsabilità: quella di far tornare a soffiare la brezza che vada a generare un’Eu-ropa più forte e concreta.Per arrivare a ciò c’è però un’enor-me china da rimontare e bisogna essere innanzitutto coscienti del difficilissimo punto di partenza nel

quale ci troviamo. Le Acli milane-si , nostro Circolo compreso, sono impegnate tutte per un nuovo “sen-timento europeo”, per ricostruire il Paese dal basso partendo dalle città, dalla Chiesa , dalle genti e nell’animare le nostre comunità.Papa Francesco: “ l’Europa può ri-partire dalle persone, sull’esempio di san Bene-detto”

La raccolta di firme per invitare la Commissione UE a presentare un atto legislativo su tre punti:

1- decriminalizzare la solidarietà ossia annullare le norme che vigono in molti Stati membri per cui ospitare un migrante può portare a una multa o perfino all’arresto.

2 - creare passaggi sicuri, ovvero garantire l’apertura di vie d’accesso dei migranti verso Paesi favorevoli all’accoglienza.

3 - i diritti umani e le vittime di abusi: i migranti coinvolti in sfruttamento lavorativo, abusi o violazioni delle tutele, trovano grandi difficoltà nell’accesso alla giustizia, rendere possibile la denuncia di tali sfruttamenti anche da parte di coloro che non sono in regola con i documenti.

di Marina Coppo ASSOCIAZIONI

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Non lasciamo

Quali desideri possono realizzarsi oggi?

SCADERE i nostri sogni

VENERDI’ Ore 21.00

Presso Auditorium Teca Via Europa, angolo C.A. della Chiesa

Cassano d’Adda

MASCI

Azione Cattolica

Comunione e Liberazione

In collaborazione con

Comune di Cassano d’Adda

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ANNUNCIAZIONEORATORIO SAN GIOVANNI BOSCO – CASSANO D’ADDA

CHI BEN COMINCIA: CAMPO INVERNALE 2019Dove? A Lanzada, val Malenco (SO)

Quando? Dal 2 al 5 gennaioCon chi? Con i ragazzi delle Superiori

Quota? 260 euro, comprensivi ditrasporto (treno + bus) e

soggiorno in mezza pensionepresso l’albergo Biancospino (3 stelle)

Cupra Marittima

PARROCCHIA DELL’ANNUNCIAZIONE

DAL 21/07 AL 28/07(PER I RAGAZZI DELLE MEDIE)

DAL 28/07 AL 04/08(PER I RAGAZZI DELLE SUPERIORI )

Come ogni anno ecco la nostra proposta peruna vacanza educativa e divertente !!

per info:[email protected]

La Parrocchia di Cascine s. Pietro

ORGANIZZA “TRE GIORNI SULLA NEVE”

da mercoledì 2 gennaio 2019a venerdì 4 gennaio 2019

PRESSO CHIESA DI VALMALENCO (SO)

mt. 1.000 ai piani di sci oltre mt. 2.000

Pensione completa presso Hotel Rezia Chi desiderasse partecipare consegni l’adesione a don Silvio prima possibile tel. 0363-361735 oppure cell. 3400894710 RICORDIAMO CHE le iscrizioni, per motivi organizzativi, si chiuderanno entro il prossimo s. Natale martedì 25 dicembre 2018.

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San Zeno

Cristo Risorto

San Zeno

Nell’attesa di vedere i presepi delle nostre chiese, ecco alcune realizzazioni di questo e dello scorso Natale.

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SABATO 5 GENNAIO ore 20.45

TOMBOLATAdella BEFANA ORATORIO CRISTO RISORTO

il ricavato verrà interamentedevoluto per opere missionarie.

I NOSTRI PRESEPI

LETTERA A GESÙ BAMBINO

Quando ero piccolodeponevo presso la tua cullail mio donoche credevo essere belloe ti chiedevo di più, di piùperché per te tutto era... è possibile.

Oggi vorrei portare al presepeil mio egoismo,il mio orgoglio,

le mie false sicurezze,le mie paure,

i miei peccatie chiederti di donarmi, e saper ricevere,

la Grazia della Carità,dell ’Umiltà,dell ’Amore,

della vera fiducia in Te.

Liberami dall ’abitudine di farti nascere.Liberami dall ’abitudine di crocifiggerti.

Ciao

di Filippo e RitaNATALE

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Nella pace del Signore“Svegliati, o tu che dormi, destati dai morti e Cristo ti illuminerà” (Ef. 5-14).

Nella pace del SignoreSa

n Ze

no

San

Zeno

Cris

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Parrocchia di San Zeno Battesimi “Un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo; un solo Dio e Padre.” (Ef. 4, 5-6)

Battesimi 3 Giugno18. Vittoria Nozza Viola di Nozza Davide e Viola Valeria n. il 9 febbraio 2018Battesimi 7 Ottobre23. Ilaria Bienguy di Guy-Charles e Ehola Kossia Somia Michelle Sainthia n. il 9 luglio 201724. Riccardo Branda di Andrea e Fabbri Patrizia n. il 27 febbraio 201825. Alessandro Losi di Dino e Ficicchia Jessica n. il 10 dicembre 201726. Sofia Tricamo di Sergio e Guardone Simona n. il 29 giugno 2017Battesimo 27 Ottobre27. Ayan Matei di Stoica Florina e Stoica Maria n. il 11 giugno 2018Battesimo 1 Novembre28. Andrea Amati di Riccardo e Spinola Daniela n. il 2 luglio 201829. Giada Rinaldi di Riccardo e Scaramuzza Giovanna n. il 6 marzo 2018

Matrimoni “Questo mistero è grande, lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa” (Ef 5,32)

8. Santini Valerio e Sirchia Ylenia sposati il 14 settembre9. Manenti Luca e Rostiti Ingrid sposati il 21 settembre10. Palazzi Simone e Gallo Alessandra sposati il 29 settembre11. Rodente Ettore e Carbone Marika sposati il 27 ottobre

Defunti “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv. 11,25)

50. Carlo Manzoni 3 luglio 2018 di anni 9364. Silvana Zanini in Peretto 9 settembre 2018 di anni 8365. Luigi Catteneo 12 settembre 2018 di anni 7666. Carolina Corrente ved. Mangano 13 settembre 2018 di anni 9367. Giovanni Corini 16 settembre 2018 di anni 8768. Felice Colombo 18 settembre 2018 di anni 7969. Carlo Valtorta 20 settembre 2018 di anni 6970. Rodolfo Pezzani 24 settembre 2018 di anni 9171. Franco Colombo Giardinelli 3 ottobre 2018 di anni 9072. Alessandro Gaibotti 4 ottobre 2018 di anni 7473. Carlo Locatelli 4 ottobre 2018 di anni 6674. Anna Maria Carminati in Lizio 5 ottobre 2018 di anni 5475. Carla Gariboldi in Braga 9 ottobre 2018 di anni 8576. Renata Da Prati ved. Gatti 10 ottobre 2018 di anni 8777. Silvia Colino in Colombo 11 ottobre 2018 di anni 6178. Sandro Vecchiarelli 27 ottobre 2018 di anni 6979. Angelina Perego 29 ottobre 2018 di anni 9080. Mario Cassinotti 4 novembre 2018 di anni 85Eugenia Marii 4 novembre 2018 di anni 58

79. Angelina Perego 80. Mario Cassinotti77. Silvia Colino in Colombo

76. Renata Da Prati ved. Gatti

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ANAGRAFE

Colnago Lucia

Valenti Maria Grazia

Locatelli LinoFeliciani Giuseppina

Nigro Silvia

Legnani Giuseppe

Sottocornola Giacomina

65. Luigi Cattaneo

72. Alessandro Gaibotti

66. Carolina Corrente ved. Mangano

73. Carlo Locatelli

64. Silvana Zaniniin Peretto

71. Franco Colombo Giardinelli

50. Carlo Manzoni

70. Rodolfo Pezzani

68. Felice Colombo

74. Anna Maria Carminati in Lizio

69. Carlo Valtorta

75. Carla Gariboldi in Braga

Parrocchia di Cascine San PietroBattesimi “Non sono più io che vivo, vive in me Cristo” (Gal. 2, 20)

1. Zumbo Lucrezia Anna di Domenico e di Guarneri Antonia Giovanna-Battezzato nella Parrocchia di s. Salvatore di Reggio Calabria il 2 agosto 2018

2. Lappanese Diego di Giuseppe e Vitali Rossana 28 ottobre 2018

Matrimoni “Padre, fa’ che siano una cosa sola, come tu sei in me e io sono in te.” (Gv 17, 21)

Toscani Federico e Cavagnoli Nanueta sposati il 16 settembre 2018

Defunti “Non sia turbato il vostro cuore... nella casa del Padre mio ci son molti posti” (Gv. 14, 1-2)

1. Sala Umbertina 21 agosto 2018 di anni 852. Cortesi Teresa 27 agosto 2018 di anni 79

ANAGRAFENati alla grazia “Un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo; un solo Dio e Padre.” (Ef. 4, 5-6)

Battesimi 7Ottobre 2018

Battesimi 27 Ottobre 2018

Marika ed Ettoresposati il 27 ottobre 2018

Battesimo1 Novembre 2018

Uniti inMatrimonio“Quello dunque che Dioha congiunto,l’uomo non lo separi”(Mt. 19,6)

Page 17: Ecco il Signore che viene! - parrocchie.it · Il Portavoce Sommario IL PORTAVOCE PERIODICO DELL’ UNITÀ PASTORALE DI CASSANO D’ADDA Anno LVI - Dicembre 2018 saranno gradite offerte

Adorazione dei pastori - Bartolomé Esteban Murillo (1650)

Il capofamiglia, quando tutti sono attorno alla mensa inizia:P Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.T Amen.P Il Verbo si è fatto carne. Alleluia.T È venuto ad abitare in mezzo a noi. Alleluia.P Invochiamo il Padre che ha sempre cura dei suoi figli:T Padre nostro...P Preghiamo.

Breve silenzio. Poi il capofamiglia prosegue:Benedetto sei tu, Dio nostro: hai tanto amato il mondo che hai dato il tuo unico Figlio, Verbo fatto carne nel grembo di Maria Vergine. Ora concedici di ringraziarti per questo pasto che ci riunisce nella gioia del Natale, e fa’ che la tua luce splenda nei nostri cuori, per Cristo nostro Signore.

T Amen.