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ANDREOZZI (Avvocato, CDA Fondazione Luigi Guccione) BILLI ( Sociologo, Fondazione Luigi Guccione) BRAIOTTA (Dirigente medico I livello Centrale Operativa S.U.E.M. 118)

BRUZZONE (Istituto Nazionale di Statistica) CAMERA (formatore presso la Polizia Locale e Penitenziaria- criminologa) CASSANITI (Presidente Associazione Italiana Familiari Vittime

della Strada) CHAUDHRY (Autrice e curatrice del Sito Giornata della Memoria)CIANNILLI (Presidente Comitato “F. Paglierini” - per la Sicurezza Stradale)

COPPO (Ricerche e Servizi per il territorio) DERUSSIS (Presidente Federcamminacittà) FERRERA (Giornalista, Gazzetta del Sud) GALATOLA (Responsabile Sicurezza Stradale

Ufficio Legislativo FIAB) GHERARDI (Presidente AISES - Associazione Italiana Segnaletica e Sicurezza) GUARDASCIONE (Portavoce Associazione Bastacartelloni) GUCCIONE P.

(Fondazione Luigi Guccione) GUIDARINI (Presidente Associazione Motociclisti Incolumi) IOVINO (Familiare vittima Strada) IURATO (MIT, Direzione Generale per la Sicurezza

Stradale) LEO (Segretario Nazionale ANVU, Polizia Locale) LENZI (Responsabile Ufficio relazioni istituzionali WWF Italia) LISA (Società Italiana Psicologia della Sicurezza Viaria)

MANERA (Associazione Italiana Piccoli Comuni d’Italia) MAZZONI (Responsabile Rapporti Istituzionali Assosegnaletica) MERSCH (Presidente Federazione Europea Vittime Strada)

MUSICCO (Presidente AVISL) NARDONE (Presidente Associazione Disabili Visivi)PEDONE (ISDE - Medici per l’Ambiente) PUGLIESE (Presidente Associazione “Basta Vittime

sulla Strada Statale 106”) RAMOS (Consiglio Amministrazione Alleanza Globale ONG) RAVAIOLI (Direttore SITEB - Associazione Italiana Bitume Asfalti Strade)

SALIS (Associazione Bastacartelloni) SARDI (Rappresentante di RAMSES nel FERSI) SCAFATO (Istituto Superiore Sanità) VALETTO (AzioniQuotidiane)

GLI AUTORI

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Direzione EditorialeGiuseppe Guccione

Progetto GraficoThe Lab sas di Paolo Scattoniwww.thelabitalia.it

StampaPress Up SrlVia La Spezia, 118/C - Ladispoli (Roma)

Chiuso in Tipografia il 7 luglio 2015

FLG EditriceVia Leonardo da Vinci, 26 - Chiusi (Siena)www.flg.itTel. 0578.228065 - Cell. 393.3322565

FONDAZIONE LUIGI GUCCIONE ONLUSEnte Morale (Decreto Ministro dell’Interno del 27 gennaio 2000)Sede operativa: via Leonardo da Vinci, 26 - 53043 Chiusi (Siena)

Presidente: Giuseppe GuccioneCell. [email protected] - www.decenniodazione.it Codice Fiscale FLG: 980361407

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A tutte le Vittime della strada,a quelle sopravvissute e ai loro familiari.

Le strade e i marciapiedi costituiscono i più importan-ti luoghi pubblici di una città e i suoi organi più vitali. Quando si pensa ad una città, la prima cosa che viene

alla mente sono le sue strade: secondo che esse appaiano interessanti o insignificanti, anche la città appare tale...

(Jane Jacobs)

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Dieci anni sono passati dal primo Dizionario della sicurezza stradale e dagli Stati Generali della sicurezza stradale. Era il 2005: i morti nel 2004 erano stati 6.122. Oggi, 10 anni dopo (dati provvisori del 2014), sono 3.330. Il 54,1% in meno.Il Dizionario, nuovo, è quello che state leggendo: quaranta schede, alcune non pervenute ma che cercheremo di recuperare nella ristampa di settembre (si, lo ripubblicheremo aggiornato e corretto). Troverete firme già note (della precedente edizione) e nuovi compagni/e di viaggio che incrementeremo nella nuova edizione autunnale.Troverete anche i contributi di tre ospiti, spero anche a voi graditi, dirigenti internazionali del Movimento delle vittime: Jeannot Mersch, Presidente della Federazione Europea Vittime della strada, Brigitte Chaudhry, già presidente FEVR (2004-2010) e Fondatrice e Presidente di Road Peace, Manuel Ramos, Vice Presidente FEVR e dell’Alleanza Globale delle ONG presso le Nazioni Unite.Quello che state leggendo è una sorta di banca programmatica per la sicurezza stradale - la definimmo così già nel 2005 - dove quanti hanno responsabilità pubbliche e private nella sicurezza stradale possono “prelevare” ma anche “depositare” “cespiti” (in termini di contenuti) per proporre o produrre azioni di contrasto all’incidentalità stradale. Molto di più di quanto abbiano fatto in passato. Incominciando dalla proposta di legge per l’Assistenza alle vittime della strada che includiamo in questo volume. Che può costituire una base utile per farla divenire una proposta di legge parlamentare la più larga condivisa.Da una seria proposta per la manutenzione programmata delle strade; perchè manutenere è meglio che intervenire quando i danni sono già stati fatti. Le alluvioni, le scuole, le montagne insegnano: la cultura della prevenzione è una sconosciuta nel panorama politico-istituzionale italiano a tutti i livelli. Ma non ci arrendiamo. Abbiamo inserito tre schede su tre Strade Statali tra le 10 più pericolose d’Italia - la S.S. 106, la S.S. 18 e la S.S. 309 - che attraversano 4 regioni meridionali e 2 del nord/nord-est.E intanto vi invitiamo a scoprire con la lettura molte cose che riteniamo utili.Gli Stati Generali. Li terremo a Roma il 15 e 16 settembre, tra due mesi, finiremo di preparali d’estate. E se ci riusciremo - bisogna trovare un pò di fondi, raccogliendoli in piccole quantità tra tanti - faremo un inchiesta-sondaggio a ridosso dell’evento. Chiederemo alla Presidenza del Consiglio di “ospitarci” e di “ascoltarci”, lo verificheremo nei prossimi giorni.Il “Focus” sarà quello dei 5 “Pilastri” del Decennio d’Azione per sicurezza stradale che abbiamo approvato e firmato a Washington nel 2011

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ed, in 37 Organizzazioni nazionali, in Italia. Dobbiamo implementare quel “gruppo” con competenze sociali e tecnico-scientifiche nuove. Ma dobbiamo aprire una breccia - lo so che è difficile ma dobbiamo farlo - tra i decisori pubblici.La città e lo loro organizzazione - spazi materiali ed immateriali - soprattutto l’ambiente urbano: lotta al degrado, all’insicurezza viaria e della salute, al predominio dell’auto e della motorizzazione in area urbana.La Governance a tutti i livelli non solo tecnica ma anche politica. Pensate ad un ospedale senza Direttore sanitario e senza Amministratore (responsabilità politica) capaci. Ci sarebbe il caos, molto di più di quello che c’è oggi in molti Presìdi. Nel nostro Paese, ad oggi, non ci sono nè Direttori nè responsabili politici che assicurino una “governance” alla sicurezza stradale. Non so quale sia la cosa migliore ma forse un’Agenzia nazionale, un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, e nelle città Capoluogo di provincia e nelle Regioni, Uffici dedicati, sotto la responsabilità non di un assessore - che quando è capace pensa solo al suo lavoro - ma del Sindaco o del Presidente sarebbero utili se alla guida fossero chiamate persone con competenze riconosciute. Ci sono 9 Ministeri che in Italia hanno una qualche responsabilità (anche di spesa) per la sicurezza stradale. Spesso non sempre lo sanno. Poi avendo i Ministeri “autonomia” non hanno cultura di squadra, di coordinamento delle azioni di governo.E poi le risorse finanziarie. Da multe, IPT, bollo auto, 10,50% Rc Auto e tanto altro lo Stato e gli enti locali “agguantano” un bottino considerevole: oltre 15.000 milioni di euro. I Governi negli ultimi 5 anni non hanno previsto un euro in sicurezza stradale: si può dire Governi dell’insicurezza stradale. Senza essere smentiti.Ma i dati della mortalità calano. Certo, di pari passo, come i consumi di carburanti! Dal 2008 (anno d’inizio crisi economica) al 2013 (ancora anno di crisi) ad una media annua del 5/6% con punte del 10%. Dunque la produzione di benzina per autotrazione scende da 16.040.000 di tonnellate (2002) a 7.883.000 di tonnellate (2014) con un calo del 50,8% tra il 2002-2014 (Fonte: Unione Petrolifera). Morti 6.980 nel 2002 e 3.330 nel 2014 con una diminuzione del 52,7% (2002-2014).

Giuseppe GuccionePresidente Fondazione Luigi Guccione Onlus

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EINSICUREZZA STRADALE QUESTIONE SOCIALE E POLITICAI ritardi del decennio 2001-2010.

Il Decennio d’Azione per la Sicurezza Stradale 2011-2020:Analisi, strategie, obiettivi, le cose da fare.

La questione ambientale, le città, le infrastrutture, i finanziamenti la formazione, l’informazione, l’assistenza e la giustiza per le vittime

1. Una legge di assistenza alle vittime della stradaAuspichiamo che il secondo decennio (2011-2020) di lotta alla violenza stradale non si chiuda senza una legge per l’assistenza alle vittime di reato stradale.Ogni anno in Italia versiamo circa 2.000 milioni di euro con la RC Auto al Ministero Economia e Finanze e, suo tramite, alle Regioni per l’assistenza alle vittime della strada. Questo è stato possibile grazie al lavoro della rete legale di Fondazione Luigi Guccione e del Centro Italiano per la Legalità Democratica procedendo con un accesso agli atti 3 anni fa per conoscere quanto fosse il contributo forfettario “per il rimborso delle prestazioni erogate ai danneggiati dalla circolazione dei veicoli” introdotto con la legge n. 526/1982.Le somme sono state erogate a prescindere dalla entità e dalla natura dei servizi effettivamente prestati dal Servizio Sanitario Nazionale ai danneggiati da sinistri stradali e senza che questo sia stato oggetto di controlli e/o verifiche o rendicontazione come la legge prescrive. Come è noto le prestazioni erogate dal S.S.N. sono di fatto limitate all’assistenza ed alla cura delle vittime da sinistri stradali sino all’eventuale recupero della loro mobilità fisica. Mentre per quanto riguarda i soggetti che necessitano di prolungate cure riabilitative non è prevista alcuna tutela (tanto è vero che in molti casi sono le rispettive famiglie o associazioni ad hoc a farsi carico del problema), oppure i servizi e le strutture esistenti sono del tutto carenti. Ad esempio, in base ai protocolli del Ministero della Salute, dovrebbero essere presenti sul territorio nazionale unità di risveglio attrezzate per prestare assistenza a coloro che necessitano delle cure riabilitative, nonché programmi di supporto domiciliare, di assistenza diurna semiresidenziale e ambulatoriale, ma nella realtà ciò non è avvenuto o, nella migliore delle ipotesi, viene gestito da personale del tutto insufficiente e spesso senza competenze specifiche. A prescindere dalla natura impositiva o meno del contributo in questione, resta il fatto che sussiste un vincolo di destinazione (assistenza sanitaria ai danneggiati da incidenti stradali) delle somme che l’ente pubblico

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incaricato dell’erogazione delle prestazioni sanitarie riceve dalle compagnie assicurative.I soldi ci sono. Dal 1982, quando una parlamentare, Rossana Rossanda del Partito Comunista Italiano, propose - con un emendamento alla legge di riforma sulle Assicurazioni - la destinazione. E fu approvato ed è legge dello Stato.Nel Piano “Decennio d’Azione 2011-2020 per la sicurezza stradale” - approvato a Washington il 15 marzo 2011 e presentato in tutto il mondo il giorno 11 maggio 2011 da parte di ONU, OMS e circa 100 ONG che hanno contribuito a elaborarlo - è scritto al 5° Pilastro (sono cinque): “Migliorare l’assistenza post-incidente e rafforzare i servizi sanitari alle vittime della strada” e nella sua traduzione italiana – firmata da 37 Organizzazioni economico-sociali nazionali italiane il 15 maggio del 2011 alla Camera dei Deputati – è ribadito: “Prevedere una legge di assistenza alle vittime della strada e realizzare un Centro nazionale di assistenza”. Le vittime abbiano riconosciuto dallo Stato lo status di danneggiati dal sistema di circolazione stradale e ne abbiano ristoro ed assistenza.Dunque si rende necessaria una proposta di legge che possa divenire una proposta di legge di iniziativa parlamentare per essere discussa ed approvata con procedura d’urgenza dal Parlamento.

ProPosta di legge Per l’assistenza alle vittimedella circolazione della strada e dei lUoghi di lavoro

Articolo 1Ambito di applicazione della leggeLe disposizioni della presente legge si applicano alle vittime di reato da circolazione stradale e sui luoghi di lavoro commesso sul territorio italiano.Vittima di reato stradale e sui luoghi di lavoro si intende la persona offesa deceduta o resa invalida in conseguenza del reato, i suoi prossimi congiunti, coloro che sono legati alla persona offesa dal vincolo dell’adozione e chi conviva stabilmente con essa.Articolo 2Obiettivi della disciplinaLo Stato promuove, organizza, cura l’assistenza delle vittime di reato della circolazione stradale e sui luoghi di lavoro fornendo loro il sostegno psicologico e psichiatrico, morale, socio-sanitario, legale, con personale specializzato, formato allo scopo, specialmente a livello di polizie nazionali operanti nel territorio e di quelle locali, operatori del settore della giustizia,

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dell’istruzione e formazione, dell’informazione. Lo Stato:• incoraggia e sostiene le Organizzazioni di volontariato coordinandole con quelle dei servizi pubblici del settore• promuove ed organizza presidi e servizi di assistenza per le vittime della strada e sui luoghi di lavoro in funzione delle loro specifiche necessità• assicura l’assistenza legale vigilando sul rispetto dell’applicazione delle norme relative al gratuito patrocinio per le famiglie delle vittime di cui al DPR n. 115 del 30.5.2002 (G.U. n. 139/2002)Articolo 3Casa di mutuo-aiuto per le vittime di reato stradale e sui luoghi di lavoroE’ costituita presso gli Uffici degli enti locali una Casa per le vittime di reato della circolazione stradale e sui luoghi di lavoro. La Casa per le vittime di reato della circolazione stradale e sui luoghi di lavoro:a) Coordina le attività delle istituzioni pubbliche e private esistenti e operanti nel territorio.b) Fornisce adeguata informazione sui diritti delle vittime in ordine all’assistenza socio-sanitaria per le vittime sopravvissute e per i familiari di quelle sopravvissute e decedute, l’assistenza legale favorendo anche l’attuazione delle norme relative a gratuito patrocinio.c) Organizza tutte quelle azioni di informazione e di collegamento con il sistema formativo, informativo e scolastico atte a rimuovere la visione dell’incidente stradale come fatalità.d) Favorisce l’incontro tra le vittime e i loro familiari, le loro Organizzazioni rappresentative, i gruppi di auto-mutuo-aiuto in apposti spazi attrezzati in luoghi pubblici e centrali delle città.Articolo 4Giornata del ricordoLe Nazioni Unite, con Risoluzione 60/5, adottata dall’Assemblea Generale il 26 ottobre 2005 ha stabilito che la terza Domenica di novembre è la Giornata Mondiale della Memoria per le vittime della strada. Lo Stato riconosce la Giornata Mondiale della Memoria per le vittime della strada e si impegna a celebrarla, ogni anno, nelle scuole di ogni ordine e grado; esponendo la bandiera nazionale negli edifici pubblici insieme agli stendardi del Global Alliance NGO,s for Road Safety e della Federazione Europea Vittime della strada.Articolo 5Riconoscimento FEVR e Global Alliance NGO,s for Road safetyLo Stato risconosce la FEVR - Federazione Europea Vittime della

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strada e la Global Alliance NGO,s for Road Safety che rappresentano le Organizzazioni delle vittime della strada.Articolo 6Copertura finanziariaAll’onere di natura corrente derivante dall’attuazione della presente legge si provvede con i fondi di cui all’art. 334 del D.lgs. n. 209 del 7/9/2005 e successive modifiche ed integrazioni.Bisogna partire dall’organizzazione socio-sanitaria dei servizi di assistenza domiciliare, psicologica e psichiatrica in particolare, ma anche attività di cura per interventi di recupero dei danni all’apparato stomatognatico (è composto dai denti, dalle mascelle, dai muscoli della masticazione, dall’epitelio, dalle articolazioni temporomandibolari e dai nervi che controllano queste strutture) e maxillo-facciale che sono anche una delle cause di funzionalità ed inestetismi “residuali” importanti per molte persone ogni anno sotto i 40 anni (circa 150.000 persone all’anno, con cicatrici più o meno visibili).Una risposta vuol essere l’istituzione di uno vero e proprio Centro di assistenza per le vittime della strada e del lavoro (assistenza medico-legale-psicoterapeutica e di medicina odontoiatrica, maxillofacciale e di chirurgia estetica) nel territorio che preveda la realizzazione di un’attività di informazione, assistenza, consulenza e patrocinio al cittadino vittima d’incidente stradale di natura medico-legale, in particolare:• sull’assistenza immediatamente successiva all’incidente• sull’avvio delle procedure di risarcimento del danno, su come ricevere assistenza durante i processi (civili e penali) e durante le trattative• sulle consulenze giuridiche, servizi medici, psicologici e psichiatriciL’obiettivo sociale deve essere quello di evitare che la sofferenza diventi, nella solitudine e nell’abbandono, disperazione e patologia.Informazioni e consulenze che si potranno ricevere attivando anche un Numero Verde e anche attraverso il portale web da realizzare.E’ un dovere dello Stato e delle sue Istituzioni offrire, invece, il necessario aiuto attraverso la creazione di appositi Centri di assistenza nelle diverse province – gestiti anche con il coinvolgimento delle organizzazioni della società civile - dove le vittime possano ricevere una assistenza qualificata.In Italia manca un’assistenza domiciliare altamente specialistica per il Traumatizzato Cranico (T.C.). Per facilitare un reinserimento familiare precoce, mancano operatori capaci di fornire un valido supporto psicologico al malato e alla famiglia. Non meno gravi sono problemi in campo economico: spesso il traumatizzato perde il lavoro.

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E nel caso il paziente non sia autosufficiente, ai precedenti costi sanitari (come le terapie aggiuntive che devono sopperire alle carenze delle strutture sanitarie pubbliche) vanno aggiunti i costi di assistenza. Ma data l’enorme consistenza di questi ultimi, il più delle volte è un familiare a prendersi cura del traumatizzato assistendolo, controllandolo e aiutandolo nelle sue necessità con uno sforzo necessariamente costante. In questi drammatici casi le vittime dell’incidente diventano due: da un lato il malato e dall’altro il familiare. Il familiare che spesso deve rinunciare non solo al lavoro, patendo il relativo danno economico, ma subire anche le conseguenze di un isolamento sociale. Purtroppo ci troviamo di nuovo di fronte all’impreparazione dei servizi sociali e al mondo del lavoro non sufficientemente permeabile al reinserimento professionale di soggetti con disabilità cognitiva e comportamentale.Di fronte a tutti questi problemi bisogna lavorare:• nella prevenzione, attraverso testimonianze dirette di giovani Traumatizzati cranici (T.C.) nelle scuole • nell’assistenza domiciliare e nel servizio di accompagnamento dei pazienti specialmente in occasione di visite presso specialisti• nella formazione di un volontariato capace di assistere il Traumatizzato Cranico encefalico (T.C.E.)• organizzando centri diurni per la riabilitazione e per l’alleggerimento dell’impegno della famiglia

2. decennio di insicUrezza stradale 2001-2010

2.1 Il primo decennio della lotta alla insicurezza stradale. Nel 2001 ci furono sulle strade italiane 7.096 morti; nel 2010, 4.114 (meno 42,0% di morti nel decennio, lontani dall’obiettivo del dimezzamento previsto dal Piano Europeo). Nel 2014 - sono dati preliminari e quindi provvisori pubblicati il mese scorso dall’Istat) - se ne contano 3.300 (meno 53,1% di morti in meno dal 2001 al 2014). In 14 anni in Italia, dunque, la mortalità per incidente stradale è diminuita di 2.766 unità; tra queste potrebbe esserci qualsiasi persona vivente o morta per altre cause nel frattempo ma non per incidente stradale. Ognuno di noi potrebbe essere stato tra i 2.766, non lo sappiamo e non lo sapremo mai. Questo è un buon motivo perché ognuno di noi possa e debba fare la sua parte, sia con l’impegno per sostenere e contribuire a far affermare politiche di sicurezza stradale sia con l’esempio sia con i buoni comportamenti sulla strada. Decisori pubblici e privati ma anche cittadine

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e cittadini. 2.1.2 Persone rimaste vive grazie a chi? Per essere onesti dobbiamo dire grazie a quanti nelle Amministrazioni locali, nel Parlamento e nei Governi, in tutti questi anni hanno consentito di dispiegare iniziative a favore della sicurezza stradale: mettere in sicurezza le strade (non molto); consentire finalmente di insegnare la sicurezza stradale nelle “scuole di ogni ordine e grado come materia di studio e di esame” - come prevede l’art. 230 del Dlgs 285/1992, rafforzato con la legge 29 luglio 2010 n.120 che ha modificato l’art. 230 del codice della strada (ancora lettera morta); favorire al meglio una seria politica di controllo dell’osservanza delle norme del codice della strada (siamo ancora fermi a circa 1,5 milioni di controlli all’anno, nella migliore delle ipotesi); istituire una rete di centri di assistenza alle vittime ed ai loro familiari (ancora nessun centro pubblico in Italia).Perciò siamo moderatamente soddisfatti perché avremmo potuto dire oggi: siamo a Zero Morti (Vision Zero, appunto). Ma non possiamo dirlo.Ma dobbiamo ringraziare anche le tante organizzazioni locali di vittime di pedoni, ciclisti, motociclisti, di comunità pubbliche e private impegnate nel mondo accademico ma anche tra il privato e così il mondo dell’impresa che sulla strada lavora per difendere il proprio lavoro (e quello dei lavoratori occupati) e la stessa sicurezza stradale, le Forze dell’Ordine e tanti cittadini corretti e rispettosi della legalità.2.1.3 Organi di Governance tecnico e politico. Non esiste ancora nessun Organo di Governance tecnico e politico che si occupa quotidianamente di sicurezza stradale. E la mancanza di strutture tecniche adeguate, sia a livello nazionale che a livello locale, costituisce una negativa realtà. In relazione a queste gravi condizioni appare urgente colmare una lacuna che pregiudica la possibilità di determinare un miglioramento della sicurezza stradale, costituendo una struttura tecnica dedicata alla sicurezza stradale in linea con gli standard europei visto la carenza di dotazioni finanziarie ed umane della Direzione Generale per la sicurezza stradale del Ministero Infrastrutture. Il modello potrebbe essere quello di un’Agenzia nazionale per la Sicurezza Stradale. 2.1.4 Le Organizzazioni delle vittime hanno fatto tutto il possibile? Si, forse, in base alle loro forze, senza dubbio. Poche forze, pochi mezzi a disposizione. Ma le forti identità ne impediscono un utile coordinamento ed un ruolo di direzione di un vasto movimento che si manifesta in Italia ma è frastagliato e diviso ed appunto senza “testa” senza direzione unitaria.2.1.5 Il ruolo dei Mass Media. Sono stati utili? Sino al 2005/6 in modo

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forte ma decrescente. Dopo, poco o niente, dobbiamo dirlo con forza e franchezza, per non disturbare i grandi manovratori, a cominciare dalle Assicurazioni e dagli investitori pubblicitari, Perchè in Italia queste lobby, legittime, ci sono e sono forti: si chiamano Ania e le sue Compagnie, ACI e le sue Aziende anche Assicurative.Si, un ruolo molto importante lo hanno svolto i media. Dalla fine degli anni ‘90 fino a metà degli anni 2000 c’è stata una grande attenzione all’associazionismo delle vittime della strada rappresentate in Italia sin dal 1998 (anno di costituzione di entrambe le Organizzazioni) dal Comitato Familiari e Vittime della strada - promosso dall’avvocato Francesco Saladini di Ascoli Piceno, a seguito della morte di sua figlia Elena, caduta dal motorino in una buca di un cantiere non segnalato a Roma - e dalla Fondazione Luigi Guccione Onlus Ente morale (Decreto Ministro dell’Interno del 27 gennaio 2000), costituita a seguito della morte di Luigi Guccione imprenditore sociale.Ci fu subito chiaro che i media potevano costituire uno strumento decisivo per “imporre” all’attenzione delle Istituzioni e ad una società distratta e spesso inconsapevole, il dramma dell’insicurezza e violenza stradale. Maurizio Costanzo Show fece conoscere il Comitato Familiari e Vittime della strada a un pubblico ampio ed Enzo Biagi con il suo storico “Il Fatto” contribuì a far conoscere agli italiani la violenza stradale, la sofferenza delle vittime e la storia della costruzione di un movimento che, partendo dalle vittime, si batteva contro la strage stradale. Dal 2000 al 2002 il tema della la sicurezza stradale ha trovato spazio in circa 40 puntate su 250 de “Il Fatto”.Dalla redazione di Milano, la giornalista Anna Maria Terremoto (attualmente Capo redattore al TG3 della Calabria), ci contattava per invitarci o per chiedere suggerimenti in vista di approfondimenti sul temi della sicurezza stradale.Personalmente ed altri familiari di vittime della strada siamo stati ospiti della trasmissione. E la partecipazione aveva effetto il giorno successivo alla messa in onda: le Istituzioni nazionali e locali erano fortemente motivate ad incontrarci e assumersi impegni concreti.2.1.6 Il rapporto con le Istituzioni. Nel corso dell’anno 2000 per il Comitato Familiari e Vittime della Strada - ne ero il portavoce - e Fondazione Luigi Guccione aprirono una trattativa serrata con Governo e Parlamento: un’accelerazione all’azione di modifica del codice della strada. Erano in ballo la patente a punti, una novità; l’educazione stradale nelle scuole; un incremento che fosse significativo dei controlli sulle strade e anche ipotesi di modifica delle norme del codice penale e

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per i risarcimenti alle vittime. Già allora le Assicurazioni con ANIA (la loro associazione) dicevano che le vittime erano già ben pagate e che le Compagnie erano oberate da truffe e raggiri e con le micropermanenti (i cosiddetti colpi di frusta) non potevano dare maggior ristoro alle vittime. Come se il problema delle truffe fosse una colpa delle vittime o su di esse fosse possibile scaricarne le colpe. Lo Stato e le Compagnie si chiamavano fuori anche allora.Anche oggi la storia si ripete con un attacco ancora più col DDL Concorrenza: vogliono dimezzare i risarcimenti affermando che ci sono 4 milioni di auto senza assicurazione. Un “regalo alle compagnie assicurative a scapito dei cittadini”. Così i rappresentanti dell’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA) in audizione davanti alle commissioni congiunte Attività produttive e Finanze della Camera un mese fa.E’ un dato oggettivo che le lobbies delle assicurazioni spingono per questo provvedimento - ha affermato l’avvocato Marco Bona, rappresentante OUA. C’è stata una relazione dell’Ania (Associazione Nazionale fra le Imprese Assicuratrici) nel 2014, in cui l’Ania metteva in campo una serie di proposte per riformare la Rc Auto. Queste proposte sono state riprese parola per parola dal Governo. Quindi queste sono norme nuove scritte dall’Ania”.E forse un caso che, come successo sulla legge del Lavoro, della Scuola anche su quella delle Assicurazioni il Governo si fa scrivere le norme da Confindustria e ANIA. Proprio ora che in ANIA e nel campo assicurativo il peso di Unipol-SAI e della Lega delle Cooperative si è molto rafforzato.Ciò è molto sospetto.Ritorniamo di nuovo all’anno 2000. Il Governo (c’era Amato succeduto al D’Alema II il 25 aprile 2000) ed il Ministro dei Trasporti (Bersani) confermarono nell’incarico a trattare il Sottesegretario Giordano Angelini (già Sindaco di Ravenna e quindi a conoscenza del fenomeno strage stradale: romagnolo conosceva l’impatto del fenomeno nelle sue terre!). Ai Lavori Pubblici con D’Alema era sottosegretario Mauro Fabris ma con Amato andò al suo posto Antonino Mangiacavallo, detto Nenè, medico siciliano.Gli incontri con Angelini furono serrati fino a fine anno ma prima della pausa delle festività natalizie, e considerato la imminente fine della legislatura, non potevamo rischiare di non portare a casa la Legge Delega di modifica del Codice della Strada. Pensammo che subito dopo l’Epifania avremmo dovuto organizzare un’azione clamorosa che forzasse la mano alle Istituzioni attraverso i media.Telefonai ad Enrico Mentana, era Direttore al TG5, e gli spiegai che

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avevamo bisogno del suo aiuto: avremmo organizzato un incatenamento davanti alla Presidenza del Consiglio del Consiglio ed a Montecitorio (ne esiste un video del TG5 anche nella fase di preparazione a Piazza Venezia nei bagni di un Bar per legare le catene di acciaio attorno al corpo e coperte dai cappotti). Era per il giorno 11 gennaio 2001, una giornata col sole nemmeno tanto fredda. Mentana mandò un suo giornalista, Roberto Pavone, ma preoccupato di possibili interventi delle forze dell’ordine (c’erano i servizi di sicurezza sia a Palazzo Chigi che alla Camera dei Deputati) passò dalla piazza anche lui.Per precauzione avvisai il giorno prima Anna Maria Biricotti, Vicepresidente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati (DS) la quale contattò la Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Elena Montecchi per riferirle le nostre intenzioni. Anna Maria Biricotti - insieme a Giorgio Bornacin (PDL_AN), Raffaldini e Michele Giardiello (Capogruppo DS Commissione Trasoprti Camera Deputati, Ugo Boghetta, (PRC), Donato Bruno (PdCI), Savarese (AN), Mazzochin (MISTO), Valter Tocci - oggi senatore ma già da Vice Sindaco di Roma con Rutelli - furono tra i parlamentari più attivi. Come vanno ricordati Osvaldo Napoli (PDL), Mario Tassone (Viceministro, UDC). Così come un impegno forte lo profuse la dott.ssa Giovanna Montanaro, consulente del Presidente della Commissioni Stragi, On. Pellegrino, e del Gruppo DS in Commissione Trasporti, che collaborò con impegno e passione con noi e che ricordiamo con stima.2.2 L’anteprima sui dati dell’incidentalità del 2014. Secondo i dati pubblicati dall’ISTAT il 18 giugno scorso, una stima preliminare degli incidenti stradali in Italia riporta la cifra di 174.400 con lesioni a persone; 3.330 morti e 248.200 feriti rispetto al 2013, con una diminuzione del numero degli incidenti con lesioni a persone (-3,77%) , dei morti (-1,62%) e dei feriti (-3,58%). L’indice di mortalità, è di 1,91 in leggero aumento rispetto a quello registrato nel 2013 (1,87). Rispetto al 2001 i morti sono diminuiti nel 2014 del 53,1%.Tra il 2013 e il 2014 il calo risulta molto contenuto (-1,6%) in particolar modo sulle strade urbane (-1,0%) e ancor più sulle strade extraurbane (-0,3%). “Tra i Paesi dell’Ue28, le stime preliminari dei tassi di mortalità (per milione di abitanti, calcolati come rapporto tra il numero dei morti in incidente stradale e la popolazione residente), - dice l’ISTAT - riferite al 2014, variano tra 26 morti per milione di abitanti di Malta e 28 della Svezia e 106 e 91, rispettivamente di Lettonia e Romania.

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Il valore dell’Italia è pari a 55, a fronte di una media europea di 51 morti per milione di abitanti”. Questa è un’anteprima che dovrà essere verificata con la comunicazione dei dati conclusivi che si tiene, di solito, tra ottobre e novembre.Ma vediamo di mettere ordine in questa breve ricostruzione sui dati del recente passato 2001-2010 e di quelli tra il 2011-2014: il primo Decennio 2001-2010 e la quasi metà del secondo decennio 2011-2020 (siamo ai primi 4 anni, 2011-2014 con i dati su cui ragionare).Vediamo una tabella riassuntiva pubblicata dall’ISTAT alla quale abbiamo aggiunto i dati del 2014.

INCIDENTI STRADALI CON MORTI E FERITI - ANNI 2001-2013, VALORI ASSOLUTI

2014 174.400 3.330 248.200 55 -1,6 -53,1 -19,3

Ma cosa dicono questi dati dell’anteprima? Che il trend virtuoso degli ultimi 14 anni (2001-2014), molto probabilmente, si sta fermando. Sono 55 i morti in meno nel 2014 rispetto al 2013 e non sappiamo se i conteggi definitivi, che verranno comunicati tra qualche mese, confermeranno o meno il dato di oggi, lo incrementeranno o lo diminuiranno. Comunque è un segnale che va colto, altrimenti addio all’obiettivo del dimezzamento dei morti nel decennio che si chiuderà nel 2020. E questo non solo da un punto di vista statistico.2.2.1 I dati degli ultimi 13 anni degli utenti deboli. Nel 2010 gli utenti vulnerabili della strada hanno rappresentato il 47,4 per cento dei morti per incidente stradale nell’Unione Europea: la quota di pedoni ogni 100 deceduti è stata del 20,9 per cento, il 20 per cento erano conducenti e passeggeri di motocicli e ciclomotori e il 6,6 per cento ciclisti.Tra il 2010 e il 2013, quindi, il trend della mortalità per queste tipologie di utenti della strada a livello europeo risulta in diminuzione, con una intensità superiore a quella che ha caratterizzato la dinamica della mortalità generale. Infatti, rispetto al 2010 il numero di decessi tra gli

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utenti vulnerabili della strada nei Paesi dell’Unione Europea si è ridotto del 6,7 per cento mentre il numero di morti nel complesso è diminuito del 3,2 per cento.In Italia nel 2013 i decessi di utenti “vulnerabili per il ruolo” rappresentano il 48,7 per cento del totale (1.649 casi), una quota superiore alla media dei Paesi UE e con una maggiore incidenza della componente dei conducenti e passeggeri di veicoli a due ruote.Infatti, su 100 persone morte per incidente stradale in Italia nell’anno 2013, il 16,2 per cento erano pedoni (549 casi), il 25,1 per cento conducenti o passeggeri di ciclomotori e motocicli (849 casi), il 7,4 per cento ciclisti (251 casi).L’insieme degli utenti vulnerabili è quello per cui è più difficile ottenere una riduzione significativa del numero di incidenti e di vittime.In questo caso, in particolare, il tasso di riduzione della mortalità è più basso tra i pedoni e i ciclisti che tra gli altri utenti della strada.Infatti, rispetto al 2010, quando i decessi di utenti vulnerabili per il ruolo erano il 49,6 per cento del totale, la mortalità risulta in diminuzione per tutte le categorie ma in maniera evidentemente più accentuata per i conducenti e passeggeri di ciclomotori e motocicli (-39,3 per cento e -23,8 per cento rispettivamente) mentre i decessi di pedoni (-11,6 per cento) e di ciclisti (-5,3 per cento) si sono ridotti in misura molto più contenuta. 2.2.2 Le 10 Strade statali più pericolose. Tra le Strade Statali, dice l’Istat, la S.S. 016 Adriatica è l’arteria su cui sono stati rilevati più incidenti: 11.293 con 500 morti e 20.472 feriti (indice di mortalità 4,4, indice di lesività 181,3), mentre la 106 Jonica e la 309 Romea sono le statali più

UTENTI DEBOLI. MORTI IN INCIDENTI STRADALI E VARIAZIONI PERCENTUALI ANNI 2001-2013(valori assoluti e variazioni percentuali rispetto al 2001)

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pericolose. Sulla prima si sono verificati 2.592 incidenti, sulla seconda 1.856, ma l’indice di mortalità (9,4 per la 106 Jonica e 8 per la 309 Romea) è più che doppio rispetto alla media delle strada statali (3,7) e l’indice di lesività si attesta a 203 feriti ogni 100 incidenti nella S.S.106 e a 175 nella S.S. 309 a fronte di 169 della media.

PRIME DIECI STRADE STATALI PER NUMERO DI INCIDENTI - ANNI 2004-2013(Valori assoluti e percentuali)

Sono 740 le Strade Statali italiane e coprono circa 18.000 km. Le 10 più pericolose che sono evidenziate in tabella hanno una estensione di 1.152 km e sono il 6,5% di tutta l’estesa delle strade statali italiane e da sole contano il 29,7% degli incidenti, di cui 25% mortali, il 29,9% di feriti e il 25% di morti rispetto a tutte le 740 strade statali.

3. dUe iPotesi convergenti e concomitanti.

3.1 La prima ipotesi: i consumi di carburanti. Il consistente calo dei consumi dei carburanti per autotrazione dovuti, da una parte alla crisi e dall’altra al conseguente indebolimento e disponibilità economica di famiglie e imprese. Vediamo cosa scrive la FAIB (Federazione Autonoma Italiana Benzinai) della Confesercenti. “I consumi di benzina sulla rete ordinaria registrano ormai da più di dieci anni variazioni anno su anno negative di sempre maggiore entità. Il 2012 ha fatto registrare un -10,6% rispetto al 2011 e nei primi 7 mesi del 2013 i consumi di benzina sono scesi del 6,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. In termini di litri si passa dai quasi 12 miliardi del 2002 ai 6 miliardi del 2012 e si stima di scendere ulteriormente nei prossimi anni (5,7 miliardi al 2014).

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La variazione cumulata sui dieci anni è del -62%. I consumi di gasolio su rete ordinaria hanno invece registrato variazioni positive fino al 2010 (eccezion fatta per il 2008) poi anche per questa tipologia di carburante è arrivato il segno negativo. Nel 2012 i consumi si riducono dell’8,8% rispetto al 2011 e nei primi sette mesi del 2013 si registra un -5,6%; in termini di litri i consumi del 2012 tornano ai livelli del 2005 (sui 12 miliardi circa).Fatta eccezione per il 2009 i prezzi al consumo di benzina e gasolio negli ultimi dieci anni hanno sempre registrato variazioni positive. Per la benzina si registra tra il 2003 e il 2008 una variazione del +28,6% e poi dopo il -12% del 2009, un nuovo balzo in alto di oltre il 40% in soli tre anni (2010-2012). Per il gasolio si assiste ad aumenti ancora più significativi sia prima del 2009, anno in cui si registra un -20% del prezzo di vendita, che dopo, rispettivamente del +48% e +51%. A fronte di questi rialzi si spiegano anche i crolli del consumo”.Ma a parlare di crolli non sono solo gli esercenti delle “pompe di benzina” ma anche l’Unione Petrolifera che ci fornisce dati significativi.Dunque la produzione di benzina per autotrazione - ci dice l’Unione Petrolifera - scende da 16.040.000 di tonnellate (2002) a 7.883.000 di tonnellate (2014) con un calo del 50,8% (periodo 2002-2014). Il gasolio invece passa da 21.454.000 tonnellate (2002) a 22.784.000 tonnellate (2014) con un incremento del 5,8% (nel periodo 2002-2014).Dall’altra parte c’è anche la questione pesantissima del’imposizione fiscale sul’auto e sulla mobilità e sicurezza stradale. Come più volte denunciato - dice ANFIA (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica) - contribuisce all’indebolimento del mercato auto, la pesante imposizione fiscale che, nonostante il calo delle vendite, nel 2012 rappresenta ben il 17% delle entrate tributarie: 72,73 miliardi di euro (+3,8% rispetto al 2011), il contributo versato dagli automobilisti italiani.Pur acquistando e usando sempre meno l’auto, gli automobilisti hanno pagato in più rispetto al 2011: il 12% di tasse sui carburanti, il 13% di IPT (imposta provinciale di trascrizione), il 7,3% di tassa di possesso, il 3,1% di premi di assicurazione.Come più volte denunciato da ANFIA, gli effetti di imposte e costi a vario titolo che gravano così pesantemente sull’auto, rendono il bene meno accessibile da un lato e dall’altro inducono a comportamenti “poco virtuosi” o addirittura “illegali” (per esempio auto che circolano senza copertura assicurativa o i falsi leasing delle vetture soggette a superbollo). ANIA (Associazione delle Assicurazioni) dice che siano 4 milioni circa.E la pressione è rimasta agli stessi livelli e nel 2014 è leggermente

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aumentata anche grazie all’effetto aumento dell’IVA (dal 21 al 22%).Solo nel 2012 lo Stato ha introitato 3,373 miliardi in più rispetto ai 41,862 miliardi dello stesso periodo dell’anno precedente.Il problema è sempre lo stesso: lo Stato aumenta sempre i prelievi anche nei settori della mobilità sapendo che sono fenomeni difficilmente raggiungibili dalla grande massa non sempre con strumenti adeguati a comprendere tali fenomeni. Prelievi, prelievi prelievi. Questa è la strategia dei Governi che si succedono. Prendiamo ad esempio l’IPT. L’imposta Provinciale di Trascrizione è l’imposta dovuta alle Province per la maggior parte delle richieste presentate al PRA - in mano alla potente lobby dell’ACI - che è un doppione di quello del Ministero delle Infrastrutture e che proprio il Ministro Del Rio vorrebbe cancellare - ma che il Governo, di cui fa parte, fa sapere tramite il Sottosegretario Lotti (sembra che Renzi vuole così!) che non va toccato.Noi pensiamo che questa “marchetta” storica vada abolita come aveva sostenuto anche Carlo Cottarelli, Commissario alla spending review.Ecco le percentuali di aumento dell’Imposta Provinciale di trascrizione. Nessun aumento: Aosta, Bolzano, Prato, Trento. Aumento 10%: Matera. Aumento 15%: Ragusa. Aumento 20%: Arezzo, Avellino, Bari, Benevento, Carbonia-Iglesias, Grosseto, Latina, Lecce, Pescara, Pistoia, Pordenone, Reggio Emilia, Siracusa Trieste, Udine Vicenza. Aumento 25%: Crotone, Sondrio, Ferrara. Aumento 30%: tutte le altre 88 Province!E per vostra informazione che vi indichiamo chi ha fatto cosa e potete conoscere, anche, le poche Province che hanno applicato gli aumenti minori e quelle (la stragrande maggioranza) che hanno applicato i massimi, cioè il 30%. Potete così farvene un idea in relazione anche allo stato delle strade che gestiscono e alla loro sicurezza.3.2. La seconda ipotesi: le spese in manutenzione delle infrastrutture.Sul versante delle dotazioni tecniche e logistiche della sicurezza stradale (segnaletica verticale ed orizzontale, barriere, ecc.) e della posa in opera di asfalti, la situazione è al limite. Sentite i peana delle imprese del settore e - anche a voler far loro le pulci - sono i nostri occhi sulle strade a vedere la realtà! E’ il Direttore del SITEB (Associazione Italiana Bitume Asfalto Strada), Stefano Ravaioli, che ad un convegno organizzato dal Partito Democratico nel giugno scorso ha dichiarato: “La produzione di conglomerato bituminoso negli ultimi 8 anni è fortemente diminuita passando da oltre 44 milioni di t a poco più di 22 milioni per anno. C’è stato quindi un calo del 50%. Dal 2006 al 2014, per motivi vari tra cui

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anche, il rispetto del Patto di Stabilità, gli enti gestori che controllano la rete stradale italiana, non hanno messo in opera ben 96 milioni di t di prodotto!”.Alla presenza del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Del Rio. (la scheda di Ravaioli la trovate all’interno del Dizionario, lettera A).Ma anche segnaletica e barriere, non ridono. Dice Paolo Mazzoni, Responsabile Rapporti Istituzionali di Assosegnaletica (trovate la sua scheda nel dizionario lettera S): “Di fatto uno degli elementi di sicurezza più trascurato è proprio la segnaletica stradale che ha raggiunto su base nazionale percentuali di difformità dal Codice della Strada oramai superiori al 50% nella segnaletica verticale (un cartello su due in Italia è di fatto “fuorilegge”) e oltre il 90 % della segnaletica orizzontale (per la verità non sempre presente) è ben al di sotto dagli standard minimi imposti da una direttiva Europea”.

4 i livelli d’istrUzione degli italiani.

Codice della strada: 240 articoli, 320 articoli di Appendici (Regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo Codice della strada). Centinaia di pagine che forse nemmeno le Forze dell’Ordine preposte ai controlli trattano con adeguata sufficiente conoscenza! Norme del Codice Civile e Penale: leggete l’articolo riguardante l’Omicidio stradale.“ART. 589-bis. – (Omicidio stradale). – Chiunque, ponendosi alla guida di un veicolo a motore in stato di ebbrezza alcolica o di alterazione psico-fisica conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope ai sensi rispettivamente degli articoli 186, comma 2, lettera c), e 187 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, cagioni per colpa la morte di una persona, è punito con la reclusione da otto a dodici anni”. Non parliamo di contenuti tecnici ma solo della comprensione del significato lessicale del testo. Non penso alle difficoltà che incontrano i milioni di immigrati o i due milioni e mezzo di giovani tra 15 e 29 anni che non studiano e non lavorano, i cosiddetti Neet. Dati del 2013 alla mano, si tratta del 26% degli under 30. Lo rileva l’Istat nel rapporto “Noi Italia”.In UE peggio di noi è solo la Grecia con l’ 28,9%. (I Neet in Germania sono l’ 8,7%; il 13,8% in Francia). Una situazione di grave arretratezza culturale e di non sufficiente istruzione/formazione.Nel 2005 uscì un libro-intervista a Tullio De Mauro (Editori Laterza, 2005, La cultura degli italiani). Prendeva le mosse da un questionario somministrato dal Cede – Centro Europeo dell’Educazione - sulle competenze post -scolastiche degli italiani.

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Ne citiamo alcuni stralci: (…) negli anni sessanta, settanta (…) i livelli di scolarizzazione crescevano ma le generazioni giovani non sono riuscite a tenere il passo con richieste sempre più complesse, che vengono dall’organizzazione sociale, dall’organizzazione produttiva, e soprattutto non hanno trovato nelle scuole un orientamento sufficiente a sostituire quella trasmissione di valori, di bussole per orientarsi nel mondo al di là del sapere. (pagina161)In Italia ad un paleo-analfabetismo, eredità del passato, si è cumulato un neo-analfabetismo fisiologico nei paesi industriali e di alto livello consumistico. La massa di analfabeti è enorme, rispetto a tutti gli altri paesi. (…) oltre a quel 5% della popolazione che non riesce nemmeno ad accedere al primo questionario – cioè quello più elementare, e quindi non è in grado di leggere, troviamo un 33% che riesce appena a decifrare le frasi elementari e a scriverne di altrettanto elementari…Un altro 30% si ferma al secondo questionario (n.d.r.)D. Elementare che significa? R. “Il gatto miagola”. Oltre a questo riesce a completare un’addizione a una cifra, ma quando passa al secondo questionario si blocca. Le frasi sono un po’ più complicate: “Il gatto miagola, perché vorrebbe bere il latte”. Oppure gli si chiede: “formula una frase di 20 parole”.(…) In queste condizioni non è possibile leggere, non dico “La Repubblica” o “Il Corriere della Sera”, ma neanche i giornali gratuiti che vengono distribuiti fuori dalla metro.(…) Sono dati che mettono in forse il funzionamento delle strutture democratiche. Basta dire che si svolgono libere elezioni per essere certi che questo sia un paese democratico ? Ma come la mettiamo se e questo sistema è esercitato in condizioni di analfabetismo diffuso, di diffusa incapacità di valutare i programmi ? (…)Non è democrazia, ma oligarchia sottoposta ogni 5 anni a un vaglio e a un riorientamento”.Si dirà ma sono 10 anni fa. Questo stesso libro è stato riedito sempre da Laterza 5 anni dopo, nel 2010, con un capitolo nuovo di aggiornamento. Ma la musica se si vuole è ancora peggiorata.Silenzio assoluto della stampa, degli intellettuali e della classe politica. De Mauro ci dice, e parla anche a quanti si occupano di mobilità nei diversi aspetti, del perché anche sulle strade siamo a questo punto. E se il passato recente piange, il presente non ride: vediamo alcune delle “bestialità” espresse dagli studenti durante gli esami di maturità di quest’anno e riferite sulla pagina Facebook del sito Orizzonte scuola:

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“La fine della Seconda guerra mondiale è stata determinata dallo sbarco in Lombardia”. “Cartesio è il filosofo del ‘cogito ergo rum”, “Come dice Dante nell’Inferno, ‘Gaetano fu il libro e chi lo scrisse’”. “Come disse il famoso filosofo Kitekat”. “Le tre fasi dello sviluppo psicosessuale per Freud sono: orale, anale, manuale”. “L’uomo ci mise 10 mila anni a raggiungere l’erezione”. “Qual è la forma di governo attuale in Francia? La monarchia con il re sole”. “Le teorie di Martin Lutero ottennero larga diffusione grazie all’invenzione della stampante”. “La Rete è pericolosa perché ci sono persone che ‘innescano’ i bambini”. “Enea e Didone erano due donne.” “La catena di montaggio è stata inventata da Harrison Ford”. “La guerra fredda è stata combattuta durante i mesi invernali”. “Leopardi era un umorista”. Al candidato viene chiesto di individuare il Marocco sulla carta geografica. Lo studente, con crescente perplessità, passa in rassegna gli oceani e le aree celesti. Poi si arrende: non c’è traccia del Mar Occo.

5. decennio d’azione Per la sicUrezza stradale 2011-2020.

La lotta alla violenza stradale richiede da subito un nuovo soggetto “politico-sociale” sulla scena: le Organizzazioni delle vittime alleate con quelle delle utenze vulnerabili (pedoni, ciclisti, giovani in particolare) per “imporre” una nuova visione.Uno sviluppo economico sostenibile diffuso che abbandoni le energie da combustibili fossili per quelle alternative.Una mobilità in prevalenza incentrata sul trasporto pubblico locale e su quello individuale a basso impatto ambientale che dia, però, centralità alla pedonalità. Serve una visione olistica che sappia valorizzare il particolare di ciascuno per costruire un percorso in grado di raggiungere, però insieme, l’obiettivo. Il punto di partenza: le città.Innovando con coraggio come hanno fatto New York, Lisbona, Londra, Madrid, Berlino, Dublino ed altre ancora. E le vittime e le loro rivendicazioni - assistenza, rispetto della legalità, giustizia, risarcimenti - devono trovare posto all’interno di questa visione, non essere l’ultimo punto aggiunto al programma.Bisogna rifuggire, ancora più del passato da atteggiamenti di vittimizzazione e subalternità, in ultima analisi.E bisogna essere decisi, radicali, non possono esserci vie di mezzo.La radicalità è un valore in un mondo sempre più dominato dall’opportunismo e dal compromesso del’interesse personale.Dignità del ruolo ma anche rivendicazione di soggetto che punta a cambiare, trasformando l’esistente.

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5.1 I 5 Pilastri del decennio D’azione. “Esorto gli Stati membri – aveva scritto per l’occasione Ban Ki-moon, Segretario Generale delle Nazioni Unite - le organizzazioni internazionali, le organizzazioni della società civile, le imprese e i dirigenti delle comunità ad assicurare che il decennio dia luogo a veri e propri miglioramenti. A tal fine, i governi dovrebbero rendere noto i loro piani nazionali per il Decennio fin all’inizio di esso, il giorno 11 maggio 2011”.

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Ma in Italia nessun Governo dal 2011 - se ne sono succeduti 3 senza mai esser passati attraverso elezioni democratiche - ad oggi ha mai approvato il Piano di ONU, OMS e Organizzazioni non Governative. Eppure tutti sono stati coinvolti con formali documenti. Anche il Governo in carica.Lo abbiamo fatto anche in questa occasione. Nel mondo ogni anno gli incidenti stradali uccidono 1,2 milioni di persone e ne feriscono oltre 50 milioni.I danni alle cose e alle persone determinano un costo compreso tra 1% e 3% del Prodotto Interno Lordo mondiale.Alle tendenze attuali, gli incidenti stradali diventeranno la quinta causa di morte nel mondo. Per contrastare questo devastante fenomeno l’ONU e la Organizzazione Mondiale della Sanità e le 100 ONG hanno lanciato un programma per il decennio 2011-2020 (www.roadsafetyngos.org) che propone a tutti i Paesi cinque linee di azione per migliorare la sicurezza stradale. 1. azioni di governo Definire una strategia complessiva per la riduzione degli incidenti e creare un organo di coordinamento, valutazione e controllo. Assicurare adeguati finanziamenti. Creare sistemi di monitoraggio e valutazione dei risultati raggiunti.2. strade e trafficoMettere in sicurezza le strade ad alto rischio per tutti gli utenti della strada. Promuovere una pianificazione urbana orientata alla mobilità sicura e sostenibile. Soddisfare le esigenze di tutti gli utenti della strada.3. veicoliIncoraggiare lo sviluppo di nuove tecnologie per migliorare la sicurezza stradale dei veicoli e accelerarne la diffusione nel mercato.4. Utenti della stradaCreare programmi integrati di informazione, sensibilizzazione e prevenzione per migliorare i comportamenti di guida degli individui, per aumentare l’uso delle cinture di sicurezza e del casco, per contrastare la guida in stato di ebbrezza e la velocità eccessiva.5. assistenza alle vittimeMigliorare l’assistenza post-incidente e rafforzare i servizi sanitari alle vittime della strada.In Italia, nel 2009, gli incidenti stradali hanno ucciso 4.237 persone e ne hanno ferite 307.258, con un costo di 28.500 milioni di Euro, il 2% del Prodotto Interno Lordo italiano. Oltre la metà degli infortuni mortali sul lavoro è costituita da incidenti stradali.

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Per migliorare la sicurezza stradale nel nostro Paese si chiede di realizzare, in aggiunta a quelle indicate dall’ONU, altre cinque azioni. Sottoscritte dalle Organizzazioni nella pagina precedente.1. azioni di governo Rilanciare il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale, creare un organo di coordinamento generale e definire una legge finanziaria stabile per la sicurezza stradale. Istituire uffici per la gestione della sicurezza stradale nelle Regioni, nelle Province e nei maggiori Comuni. Assicurare la tutela degli utenti della strada applicando la legge sui costi minimi della sicurezza sociale e della circolazione (Art. 83 bis Legge 133/2008).2. strade e mobilità Per lavoroDefinire un programma pluriennale per la individuazione delle strade più pericolose e per la loro messa in sicurezza, dotato delle necessarie risorse finanziarie. Migliorare la sicurezza degli spostamenti casa-lavoro e per lavoro. da considerare che oltre il 50% dei morti sui luoghi di lavoro. Non morti in fabbrica, in cantiere ecc. ma andando a casa dal lavoro o viceversa. Morti disconosciuti.3. modi di trasPorto e veicoliInformare i cittadini sui livelli di sicurezza dei diversi modi di trasporto e dei diversi veicoli e incentivare l’uso delle alternative più sicure4. città e Utenti deboli Riorganizzare il traffico delle aree urbane e creare regole di circolazione per una mobilità più efficiente e più sicura per tutti i cittadini e in particolare per i pedoni e i ciclisti. Promuovere gli spostamenti ciclopedonali. 4. assistenza alle vittimePrevedere una legge di assistenza alle vittime della strada e realizzare un Centro Nazionale di Assistenza.

Quattro anni sono passati dalla firma a Washington, al Secondo Meeting Mondiale delle ONG della sicurezza stradale, del Piano Decennio d’Azione 2011-2020 per la sicurezza stradale (www.roadsafetyngos.org). La prima riunione delle ONG fu ospitata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a Bruxelles nel maggio 2009, quando 100 rappresentanti di 70 organizzazioni non governative provenienti da 40 paesi si sono riuniti. Lavorarono sulle raccomandazioni per il Decennio di iniziative per la sicurezza stradale 2011-2020 e le loro 33 raccomandazioni chiave per i governi furono inseriti poi nella dichiarazione delle ONG di Bruxelles.Il secondo Global Meeting è stato quello di Washington nel marzo 2011, il

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terzo ad Antalya, in Turchia. Il Quarto Meeting si è tenuto a Marrakesch il 13 e 14 marzo scorso il prossimo, quinto Meeting, si terrà il 18 e 19 Brasilia nel novembre 2015.

5.2 Global Alliance NGO’s for Road Safety. Abbiamo partecipato come Federazione Europea Vittime della Strada alla costituzione di un “ombrello internazionale” all’interno delle Istituzioni (ONU, OMS ed i Governi nazionali che ne fanno parte).E’ stata un’esperienza importante e lo è ancora ma dobbiamo vedere cosa non va in questa forma che vede Organizzazioni di vittime, di utenze vulnerabili (pedoni, bambini, disabili) ma anche di grandi organizzazioni di imprese come la FIA (Federazione Internazionale delle Automobili) con tutte le sue imprese (produttori di veicoli ma anche organizzazioni di automobilisti, come gli Automobil Club in tutto il mondo e le loro Assicurazioni).Certo, si dirà, ma sono loro i responsabili dei disastri sulle strade?. Rispondo di no, ma. Spesso questi interessi, all’interno delle Istituzioni, nazionali ed internazionali, sono molto condizionanti.Lo vediamo in Italia, in Europa e nel Mondo. Prendiamo la recente nomina di Jean Todt a Inviato Speciale dell’ONU per la Sicurezza Stradale. Certo è un manager capace, lo sappiamo bene noi italiani con la Ferrari, ma sappiamo che quelle nomine rappresentano il “potere” di talune Organizzazioni economico-finanziarie che hanno a vedere più con la insicurezza che con la sicurezza stradale.Infatti le Organizzazioni della FEVR hanno realizzato un “carrello” fotografico - i presidente delle singole organizzazioni nazionali aderenti (l’ho fatto anche io per l’Italia) con la scritta: “NO a Jean Todt come Inviato Speciale dell’ONU come la sicurezza stradale”. Ora non vorrei banalizzare ed esagerare ma è come indicare Dracula come sponsor dei donatori di sangue!Nelle sue interviste ho letto parole di velocità, di auto, di affari, di compensi indicibili. Non l’ho visto mai camminare a piedi, andare in bici, parlare di sicurezza stradale (e conoscere le sue idee ed azioni in proposito sarebbe utile) o anche solo in passato farsi promotore di azioni di solidarietà attiva verso le vittime della strada.No. Questa Alleanza così non mi piace come si sta costruendo. Manuel Ramos che ne è il Vice Presidente (oltre che della FEVR) dell’Alleanza esercita una forte azione all’interno (si veda la scheda che ha preparato per noi alla lettera G). Ritengo sia auspicabile che a livello globale si formi un’Organizzazione

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autonoma delle vittime e delle utenze vulnerabili che sono gran parte di queste. Un’organizzazione con struttura federale, articolata a livello degli Enti sovranazionali (UN, WHO), basata sul volontariato ma organizzata (con sedi, con persone che ci lavorano, capacità di finanziamento ed autofinanziamento, ecc.).Per superare l’improvvisazione e le difficoltà che incontrano oggi ed assumere una capacità di azione costante ed efficace “tempestiva” per contrastare le potenti lobbies che si oppongono alla sicurezza stradale. Sempre in un rapporto di collaborazione con le Istituzioni sovranazionali ed al’Alleanza Globale che contiene, però tutti, se volete anche le istituzioni con le quali battagliamo sempre più spesso per la loro inerzia (Unione Europea ONU, OMS).Non è una azione “contro” l’impresa, è un segnale di autonomia rivendicata. Non dobbiamo correre il rischio di essere utilizzati e strumentalizzati.

5.3 Osservare, concertare, agire, governare. Lo avevamo già fatto il giorno 11 maggio 2011 alla Camera dei Deputati quando è avvenuto il “lancio” del Piano d’Azione per la sicurezza stradale 2011-2020. Fu un fatto importante, non solo simbolico, che organizzazioni economico sociali ed Istituzioni in tutti i Paesi del mondo si siano trovate insieme per stringere un “Patto” di azione comune contro la violenza stradale.L’Italia ha fatto molto, nei precedenti ultimi 14 anni, ma è ancora tra i Paesi europei di “testa” più in ritardo. Incidenti stradali: 7.096 morti nel 2001, 3.330 morti nel 2014: siamo a meno 53,1% rispetto al 2001. Vediamo in concreto cosa hanno fatto finora le Istituzioni, in sintesi. ANCI (Associazione Nazionale Comuni d’Italia) ed UPI (Unione delle Province d’Italia).Hanno costituito da un anno un Osservatorio Nazionale delle Autonomie Locali sulla sicurezza stradale. E’ un fatto importante. Anche perché Comuni e Province sono enti proprietari di oltre il 90% dell’estesa stradale italiana e sulle “loro” strade avvengono più dell’85% dei morti da incidente stradale. Un Osservatorio ha bisogno di strutture di coordinamento tra i Comuni e tra le Province e tra di loro. Ha bisogno di persone che ci lavorino tutti i giorni e che sappiano far crescere quella cultura di governo della sicurezza stradale che serve all’Italia.Ha bisogno di risorse e Uffici dedicati. Ha bisogno di saper coinvolgere e coordinare le tante competenze sociali e tecniche, che esistono nei territori, a cominciare da quelle delle Organizzazioni delle vittime

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della strada e dell’utenza vulnerabile. Per ora sembra più una struttura burocratica alla quale si rivolgono schiere di studi di consulenza esterna.

6. Promemoria di iniziative Per governare la insicUrezza stradale.

Molto resta da fare se vogliamo raggiungere l’obiettivo del dimezza mento dei morti entro il 2020. Nei primi 4 anni del decennio (2011-2014) abbiamo abbattuto la mortalità del 19%. Se il trend continuerà cosi con il 2014 (dati provvisori) con un decremento del 1,6% arriveremo appena al meno 30% alla fine del 2020. Meno che nel decennio precedente 2001-2010) dove abbiamo toccato un meno 42% di morti.Per questo bisogna dare impulso ad azioni di governo vero. Perchè se ci sarà ripresa economica (e tutti ce lo auguriamo), la ripresa dei consumi e l’aumento della spesa per carburanti, l’incidentalità non sono non si arresta ma comincerà la spirale dell’aumento.

Ecco un pacchetto di misure per il traguardo del 2020:

a. Finanziamento del Piano Nazionale per la Sicurezza stradale con almeno 15 euro per abitante come già la legge istitutiva prevedeva (L. 144/1999). Ad oggi si pensa di fare sicurezza stradale senza denari.Individuare nella Legge Finanziaria il fabbisogno annuo e responsabilizzare i centri di spesa nazionali e locali con la logica degli incentivi/disincentivi, rendendo attiva la sussidiarietà (prendi i soldi, non curi le strade e non fai i controlli e non rag¬giungi gli obiettivi: ti tolgo dai bilanci soldi e strade!).

b. Restituire il primato alle competenze dotando lo Stato di un’Agenzia Nazionale per la sicurezza stradale (organo di governance tecnico supportato dal coordinamento politico del settore affidato ad un Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri) con all’interno 4 Direzioni Generali (Mobilità ciclistica, Pedonalità, Disabilità, Trasporto pubblico locale). Con un Istituto di Ricerca e di studio come ci sono in Germania, Francia Inghilterra, Polonia e altri Paesi in tutto il Mondo.

c. Riforma (e snellimento) del Codice della strada dando centralità, nei primi articoli, al forte potenziamento delle Isole Ambientali nelle città (chiusura graduale completa dei centri storici) e protezione dei Bambini, Anziani, Pedoni, Ciclisti, Diversamente abili. Perchè l’articolo 1 del Codice della strada non si destina alla pedonalità?

d. Istituzione di un Centro nazionale di Assistenza per le vittime per la cura, l’assistenza delle vittime di reato della circolazione stradale e sui

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luoghi di lavoro per il necessario sostegno psicologico e psichiatrico, morale, socio-sanitario, legale, con personale specializzato, formato allo scopo, specialmente a livello di polizie nazionali operanti nel territorio e di quelle locali, operatori del settore della giustizia, dell’istruzione e formazione, dell’informazione.La copertura finanziaria all’onere di natura corrente derivante dall’attuazione della legge per l’assistenza alle vittime della strada si può e si deve provvedere con i fondi di cui all’art. 334 del D.lgs. n. 209 del 7/9/2005 e successive modifiche ed integrazioni. Sono mediamente, negli ultimi 10, pari a circa 2 miliardi di euroall’anno.

e. Riforma la Consulta Nazionale sulla sicurezza stradale costituita con un accordo tra Ministero Infrastrutture e Trasporti dopo una prima fase di accreditamento della partecipazione delle organizzazioni economico-sociali e di istituzioni locali ha bisogno di un forte e rinnovato impulso (sono 4 anni che non viene convocata).In primo luogo c’è bisogno di un disegno ordinamentale: una legge istitutiva che ne definisca mezzi finanziari certi, assetti organizzativi e di direzione, personale.La costituzione di consulte locali e la loro auspicabile crescita in tutti i territori regionali e provinciali, d’altra parte, ha bisogno di un centro nazionale che ne raccordi le azioni, ne valorizzi le esperienze, ne sostenga l’attività.E questo centro non può non essere che la Consulta Nazionale riformata e rafforzata nel suo ruolo e nelle sue funzioni. Le Consulte non possono essere luoghi di partecipazione “in mano” alle Istituzioni (di fatto ai Partiti) che già controllano tutto.Le Consulte con la loro funzione consultiva non possono essere prigioniere delle istituzioni che le manovrano a loro piacimento. La partecipazione e il protagonismo sociale sono tanto più importanti in particolare per le utenze più deboli (giovani, anziani, pedoni, ciclisti, motociclisti, disabilità) perché la strada per costoro è un luogo di paura e troppo spesso di morte nel disinteresse dei tanti.f. Costruzione di un Centro di Monitoraggio e di una sua rete locale. Ne esistono sulla carta in diverse Regioni: Lazio, Puglia, Toscana, Piemonte, Emilia Romagna, Campania ma cosa facciano non è dato sapere.Il Piano Nazionale Sicurezza Stradale, ne prevedeva 19 con una spesa media di circa 4 milioni di euro per ciascun Centro. Sono stati realizzati, funzionano, sono utili? Sono domande non retoriche alle quali si dovrebbe una risposta.

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g. Realizzare una scuola di alta formazione per favorire la formazione di una cultura di governo della sicurezza stradale da destinare a “palestra” per tecnici, operatori, amministratori, ecc.h. Predisposizione di un piano di controlli efficaci (ed effettivi) per il rispetto delle norme del Codice della strada raggiungendo subito l’obiettivo dei 5 milioni di controlli all’anno, con piena applicazione ed attuazione dell’art. 11 del Codice della Strada con coordinamento provinciale dei servizi di polizia stradale da chiunque svolti, tramite pianificazione ed assegnazione dei servizi alle forze di polizia dello Stato e Locali, con centrali operative uniche, come avviene per il 118.Bisogna essere in grado di dare un segnale ai cittadini che non si scherza con la presenza di più forze sulle strade, meno negli uffici e nelle scorte a politici, incentivando il controllo sulle persone – almeno 5 milioni all’anno – e sulle infrastrutture .Ci sono 10.000 dipendenti di Ministero Infrastrutture che sono abilitati a farlo.i. Richiesta di istituire gli Uffici per la sicurezza stradale nelle Regioni, nei Comuni capoluogo e nelle Province per coordinare le politiche di tutti gli assessorati che hanno competenze in materia e porle sotto la “direzione”, e controllo di Sindaci e Presidenti al fine di valorizzare e rendere più incisive anche le stesse competenze e le azioni poste in essere nel campo della sicurezza stradale. Compreso il potenziamento dei servizi di polizia stradale svolti dalla polizia locale, sgravandoli da attività amministrative che possono essere affidate da altri soggetti, in modo da potenziare la presenza delle pattuglie sulle strade anche in orari notturni

7. dUe obiettivi del fUtUro immediato.

7. 1 Nuovo rinascimento per le nostre città. Un sistema di sviluppo distorto provoca nelle città circa 20.000 morti a causa della combustione da idrocarburi prevalentemente (circolazione stradale, riscaldamento, industrie, ecc.) e degli incidenti stradali. 3.385 i morti da incidente stradale nel 2013, sulle strade urbane 1.421 morti (41,9% del totale). Da questo dato bisogna partire nel decennio appena iniziato. E’ in programma per la primavera prossima (2016) un confrontro internazionale: “La Città delle reti” - il titolo è preso da un’opera di Manuel Castels, professore alla USC di Los Angeles - per discutere come riorganizzare le reti materiali (spostamento di persone e merci, più trasporto pubblico locale) dando centralità alla mobilità pedonale e ciclabile, contrastando nei fatti gli inquinanti (da riscaldamento e circolazione) e le reti immateriali (lavoro, comunicazione, relazioni tra le persone, ecc).

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È maturo il tempo per promuovere un nuovo rinascimento per le nostre città. Un progetto di recupero delle cultura urbana (rapporto tra individualismo e comunitarismo, reti materiali e virtuali, trasporto privato e pubblico) che non può prescindere da Istituzioni efficienti, fondate sulla partecipazione dei cittadini e sulla pratica, in ambito locale, della democrazia. Ma occorrono anche finanziamenti: almeno 5.000 milioni di euro di incentivi statali in grado di generare cofinanziamenti locali, pubblici e privati, in 10 anni per un forte sviluppo del trasporto pubblico locale non inquinante e la pedonalizzazione delle città. I soldi delle multe dovrebbero essere utilizzati anche per interventi di chiusura dei centri delle città.Sei città dell’Europa a 27 a confronto (Lisbona, Barcellona, Parigi, Londra, Varsavia, Atene), insieme alle tre città italiane (Milano, Roma, Napoli) - oggetto dell’indagine/sondaggio che abbiamo realizzato a Roma, Napoli, Milano, curata di IPR Marketing - ed una extra-europea, New York per ciò che hatto in quella metropoli.Un nuovo modo di pensare lo sviluppo economico, la consapevolezza della “finitezza” delle risorse, l’impegno delle organizzazioni economico-sociali che promuovono salute, economia verde sostenibile, diritti non più dei consumatori ma dei cittadini e della loro responsabilità, rispetto della legalità e della partecipazione diretta dei cittadini alla vita pubblica.

7.2 Una Scuola di Alta formazione per la sicurezza stradale. Ritorniamo al “Il gatto miagola” di Tullio De Mauro. L’Italia investe in ricerca scientifica solo l’ 1,25% del Prodotto Interno Lordo (2010). L’Italia investe sull’innovazione un terzo della Finlandia (3,80%) e la metà rispetto a Svezia (3,39%), Danimarca (2,98%), Germania (2,89%) e Austria (2,77%), Slovenia (2,47%) ed Estonia (2,37%). Già più leggera la differenza con Francia e Regno Unito, il 2,25% e l’1,78%. Restiamo anche sotto a Portogallo (1,52%) e Spagna (1,36%), quasi uno e due punti indietro rispetto alla media europea (2,05%) e al traguardo “ideale” del 3% fissato da Bruxelles tra i suoi cinque obiettivi nella strategia Europa 2020. (Rapporto Istat 2014, Noi Italia)Nel 2009, l’Italia con una spesa per l’istruzione pari al 4,9% del Pil, l’Italia si piazza ampiamente sotto la media Ue a 27 del 5,41% di spesa. Solo quattro i Paesi che investono meno (Bulgaria, Repubblica Ceca, Romania Slovenia).Nel 2010, il trend non cambia: l’Italia è 14esima su 18 Paesi: la sua percentuale di investimento in istruzione scende al 4,5%. Sui beni culturali spendiamo l’1,1% delle risorse pubbliche a fronte del 2,2% della media

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Ue a 27. Per dare solo un ultimo dato l’Italia batte la Francia 5 a 1(OCSE). Ecco il gap del nostro Paese che risentiamo in qualsiasi settore.Manca uno strumento per la formazione di una cultura per il governo della sicurezza stradale e per quella della sicurezza sui luoghi di lavoro.Manca come struttura e strumento stabile al servizio del settore pubblico e privato.Per contribuire alla realizzazione di una cultura di governo è necessario realizzare una Scuola di Alta Formazione che si possa avvalere di contributi ed esperienze di altri Paesi europei.Occorre il coinvolgimento di tutti gli attori interessati: Enti Locali, Trasporto Pubblico Locale (ferro e gomma), Ministeri, Imprese, Sindacati, Università, organizzazioni economico-sociali della filiera. Dunque un riferimento per l’educazione permanente (Scuola di Alta Formazione) per la formazione-formatori, insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado; per la formazione degli operatori e gestori delle attività connesse alla sicurezza stradale e alla sicurezza sui luoghi di lavoro ed alla mobilità: imprese, sindacati, patronati, discoteche e locali della somministrazione, scuole guida, polizie locali e nazionali, TPL, ecc. dirigenti ed amministratori di Enti Locali. Educare formando necessariamente attraverso l’utilizzazione dei moderni strumenti dell’ICT e dell’Hi-Mobile.Un approccio olistico e moderno della formazione per fare attecchire e coltivare una cultura di governo volta alla sicurezza ed alla legalità sulla strada e sui luoghi di lavoro.Il Piano Nazionale della Sicurezza Stradale “…ribadisce la centralità dell’azione di costruzione di una nuova cultura della sicurezza stradale, quale condizione essenziale per conseguire un efficace rafforzamento delle strutture tecniche e professionali, una più ampia cooperazione tra i diversi settori e livelli della pubblica amministrazione competenti in materia di sicurezza stradale…”Per ridurre le vittime ed i feriti da incidente stradale bisogna sviluppare e radicare - tra i cittadini, in particolare tra quelli impegnati nel sistema formativo (docenti, in primo luogo), ma anche tra i tecnici, i dirigenti, i decisori pubblici e privati con competenze e responsabilità nel campo della sicurezza stradale e della mobilità – quella cultura della sicurezza che il Piano nazionale per la sicurezza stradale e il Testo Unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro indicano come imprescindibile. Occorre Coesione sociale e volontà politica diffusa ma anche un profondo cambiamento nella cultura e nell’azione di governo, al centro ed in periferia, per fare come in Francia e in Inghilterra, tra i Paesi più virtuosi in Europa.

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C’è bisogno di un Patto democratico tra le Organizzazioni delle vittime e delle utenti vulnerabili e quelle del mondo delle professioni e dell’impresa che operano nel settore della mobilità che hanno un comune obiettivo: cambiare veramente la situazione ed abbattere numero di morti ed incidenti sulle strade italiane per contenere i costi sociali e far rientrare il nostro Paese tra i Paesi più virtuosi.Perche gli Stati Generali non vengono organizzati dal Governo?

(...) è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare fra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati.

Italo Calvino, Le città invisibili

Giuseppe GuccionePresidente Fondazione Luigi Guccione Onlus

ORGANIZZAZIONI ECONOMICO-SOCIALI FIRMATARIEDEL DECENNIO D’AZIONE PER LA SICUREZZA STRADALE 2011-2020:

FONDAZIONE LUIGI GUCCIONE ONLUS Ente Morale Vittime della Strada – ASSOCIAZIONE ITALIANA FAMILIARI VITTIME STRADA – FISICO (Fondazione Italiana Sicurezza della Circolazione Onlus) – UNATRAS (Unione Nazionale Associazioni Autotrasporto Merci) - A.C.T.ITALIA (Associazione Nazionale Campeggiatori Turistici d’Italia) – CONFCOMMERCIO – AIIT (Associazione Italiana Ingegneri Traffico e Trasporti) - AMI (Asso-ciazione Motociclisti Incolumi) – ACAI (Associazione Costruttori Acciaio Italiani) – ASSOCIAZIONE NAZIONALE SOCIOLOGI - CNOSS (Coordinamento Associazioni di vittime della strada) – CAMMINACITTÀ (Federazione Associazioni dei pedoni) – ASSOSEGNALETICA-ANIMA Confindustria – FINCO-AISES Confindustria – ANVU (Associazione Nazionale Polizie Locali d’Italia) - CENTRO ALFREDO RAMPI – CONFARCA (Autoscuole Riunite Consulenti Automobilistici) – FORUM NAZIONALE GIOVANI – PAGINE BLÙ (Psicologi e Psicoterapeuti) – EUROPEEANCONSUMERS – SILB-FIPE (Associazione Italiane Imprese da ballo) – SOCITRAS (Società Italiana Traumatologia della Strada) - SIA (Società Italiana Alcologia) - ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente) – IICA (Istituto Internazionale per il Consumo e per l’Ambiente) – RST (Ricerche e Studi per il Territorio) – UNASCA (Unione Nazionale Scuole Guida) – CGIL, CISL, UIL, UGL – CONFINDUSTRIA – LEGAMBIENTE – FIMMG (Federazione Italiana Medici di Famiglia) – FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri) – ANPCI (Associazione nazionale Piccoli Comuni d’Italia) – RETE ITALIANA CITTA’ SANE OMS

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ALCOL ASFALTI BARRIERE BASTA CARTELLONI BICI CARTELLONI PUBBLICITARICOSTI SOCIALI DISTANZA DI SICUREZZA EDUCAZIONE STRADALE FEVR

GLOBAL ALLAINCE ‘NGO ROAD SAFETY KILLER JONICA S.S.106 INFRASTRUTTURE LUTTO MOBILITÀ BAMBINI/ANZIANI MOBILITÀ NON MOTORIZZATA NON VEDENTI

OSTACOLI FISSI OMICIDIO STRADALE PARCO EDUCAZIONE STRADALEPEDONI RISARCIMENTI ROMEA S.S.309 SEGNALETICA STRADALE

SOCCORSO (OMISSIONE) TIRRENICA INFERIORE S.S.18 TRAUMI E SOCCORSIUTENTE DEBOLE/BAMBINI VIOLENZA STRADALE VITTIME

WELL-FARE-SOCIETY WORLD DAY OF REMEMBRANCE ZONE 30

LE PAROLE CHIAVE

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IG li incidenti stradali causati dall’alcol sono un problema di salute pubblica molto importante, ma ancora apparentemente non

sufficientemente valutato e contrastato. A livello europeo e internazionale gli incidenti stradali rappresentano la nona causa di morte nel mondo fra gli adulti, la prima fra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni. L’incidentalità stradale è causa di tragedie in tutto il Mondo, emergenza risultata nel Summit Mondiale dell’OMS a Mosca sin dal novembre 2009 e tale da indurre l’ONU a indire il “Decennio di iniziative per la sicurezza stradale 2011-2020. Insieme possiamo salvare milioni di vite”. Anche l’Unione Europea rileva che il numero degli incidenti stradali mortali continua a essere troppo elevato: ogni anno 1,3 milioni di incidenti stradali provocano 35.000 morti e 1,7 milioni di feriti di cui 300.000 gravi. In Italia, nel 2008 i morti sono circa 3400 l’anno e 257.000 feriti con costi economici e sociali spropositati.L’alcol genera costi tangibili nell’UE di circa 156 miliardi di Euro, in Italia di circa 25 miliardi di Euro (stime OMS) che raddoppiano lì dove si considerino i costi intangibili che vanno oltre la perdita umana e ricomprendono il dolore dei congiunti, le sofferenze dei feriti ed i tragici cambiamenti nella vita delle persone colpite. Almeno il 15 % di questi costi è attribuibile all’alcol alla guida. Il comportamento scorretto degli utenti della strada è considerato una delle cause principali di mortalità: alta velocità, stanchezza, mancato utilizzo delle cinture di sicurezza o del casco, consumo di alcol e/o droga, ecc.La guida in stato di ebbrezza determina un elevatissimo numero d’incidenti stradali in Italia, così come nel resto dell’Europa.Secondo le stime dell’Osservatorio nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), circa il 30-40% degli incidenti stradali in Italia è provocato da conducenti in stato psicofisico alterato da alcol e droghe (fonte: “Alcohol Prevention Day”- ISS-WHO-Ministero della Salute -16 aprile 2015).Considerando che le misure previste nel Terzo Programma d’Azione UE 2001-2010 sono state attuate solo per il 27,3%, per giungere all’obiettivo previsto nel Quarto Programma d’Azione UE 2011-2020 di dimezzare il numero dei morti sulle strade, è sempre rilevante la necessità di dare applicazione ai risultati delle numerose esperienze internazionali in atto e di dare una “accelerazione” all’approvazione di rinnovate direttive tra cui quella europea che introduca, per legge, l’applicazione del dispositivo blocca-motore e l’ utilizzo in tutti i Paesi UE delle più moderne tecnologie, che sono tra le misure più efficaci per la riduzione della mortalità alcol (e droga) correlati.Le stime predisposte per l’Italia sulla base dei dati dell’Osservatorio

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Nazionale Alcol indicano che alle attuali condizioni di consumo e misure vigenti, entro il 2020 gli incidenti alcol correlati rappresenteranno la terza causa globale di morte prematura, morbilità e disabilità evitabile. Nell’ultima Relazione trasmessa dal Ministro della Salute al Parlamento è evidenziato che il 26% di tutti i decessi maschili e il 38% di quelli femminili per incidente stradale sono causati dal consumo di vino, birra, aperitivi, amari e liquori secondo preferenze che sono tipiche di ciascuna generazione. L’alcol è, in tutte le Regioni italiane, tra i primi dieci fattori di rischio sui quali intervenire prioritariamente secondo i dati del Progetto SIVEAS pubblicati dall’Osservatorio Nazionale Alcol sull’International Journal of Public Health. Dalla revisione della letteratura e dalle esperienze in atto a livello europeo e internazionale, è evidente che un livello di alcolemia compreso tra 0,2 e 0,5 grammi/litro si accompagna a un rischio di incidente fatale 3 volte maggiore rispetto al livello di alcolemia zero (tra 0,5 e 0,8 il rischio è addirittura 6 volte superiore; tra 0,8 e 0,9 ben 11 volte maggiore). Con il livello attuale di alcolemia (Bac) di 0,5 il legislatore accetta che la popolazione possa essere esposta a un rischio da 2 a 3 volte maggiore rispetto a livelli inferiori; è, comunque, il livello legale a fronte del quale le Forze dell’ordine registrano mediamente 30 mila soggetti alla guida in stato di ebbrezza, Nel corso del 2008 sulle strade italiane, in media, hanno circolato in stato di ebbrezza accertata circa 2500 soggetti al mese e 83 al giorno. Il 60 % circa, in media, di tutte le alcolemie rilevate supera il valore 1 (il 36% i livelli di 1-1,5 di Bac, il 29% i livelli di 1,5). A fronte di simili evidenze e, come giustamente menzionato, nelle tabelle esposte nei luoghi di somministrazione ai sensi del DM 3/8/07, l’Oms ribadisce che non esistono livelli sicuri di consumo alla guida e che la guida, al pari di gravidanza, luoghi di lavoro e minori, è da considerarsi un contesto “Alcohol free”. Inoltre, poiché il fegato di un individuo adulto in buona salute e senza controindicazioni al bere, può metabolizzare completamente 12 grammi di alcol (1 bicchiere di vino da 125 ml a 12 gradi, 330 ml di birra a 4,5 gradi, un bicchierino da 40 ml di superalcolico a 40 gradi) in circa due-tre ore è biologicamente plausibile che in qualunque contesto si possa consumare sempre e comunque un bicchiere e attendere almeno due-tre ore per bicchiere consumato per riportare a zero l’alcolemia che normalmente si incrementa in media di 0,2 per ciascun bicchiere consumato. Gli attuali livelli di 0,5 di alcolemia consentiti alla guida sono i livelli che oggi determinano il su descritto impatto di mortalità, disabilità, incidentalità assolutamente distante dall’esigenza di evitare che l’alcol

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alla guida continui a rappresentare il “killer number one”, come definito dall’OMS, per i giovani al di sotto dei 24-29 anni di età e dal traguardo del dimezzamento della mortalità per incidenti stradali per il quale l’Italia si è impegnata a livello europeo. Chi abitualmente beve al di sopra delle quantità indicate come a “basso rischio” può riscontrare alcuni segni o sintomi ricorrenti: · sensazione di euforia · stanchezza o appesantimento · postumi di uno stato anche occasionale di intossicazione.Il livello di rischio può essere influenzato da numerosi fattori individuali tra cui il sesso, l’età, il peso. Il rischio di incidente grave cresce in maniera esponenziale all’aumento del tasso alcolemico: il rischio di avere un incidente stradale con 0,5 g/l di alcolemia alla guida è 5 volte maggiore di chi non beve. Con una alcolemia di 1,5 g/l (sei bicchieri circa) il rischio è 30 volte maggiore; con 1,8 g/l l’incidente grave non è più solo molto probabile, ma quasi certo. Ogni conducente può essere sottoposto ad un accertamento da parte delle forze dell’ordine della quantità di alcol che ha consumato misurandone la quantità nell’aria espirata (etilometro).A chi sceglie comunque di bere si può consigliare di rispettare alcune regole di buon senso, alcuni accorgimenti che possono contribuire a mantenere elevati i livelli di sicurezza ed evitare rischi alla salute. a) Consumare piccole dosi: riempire mezzo bicchiere invece di un bicchiere, consumarne uno anziché due e così via, ordinare quantità ridotte di alcolici (bicchieri) invece di chiederne una bottiglia ecc.b) Appoggiare il bicchiere tra un sorso e l’altro. Aspettare un po’ prima di sorseggiare nuovamente.c) Provare a consumare drinks analcolici o comunque alternarli con quelli alcolici scegliendo quelli a più bassa gradazione.d) Mangiare prima di bere e bere sempre con moderazione evitando di farlo al di fuori dei pastie) È opportuno evitare di mescolare tra di loro diversi tipi di bevande al fine di diminuirne la gradazione alcolica; la quantità di alcol nelle singole bevande è fissa. Miscelare più drink insieme non cambia la quantità di alcol e in alcuni casi può causare dei disturbi. Alcune bevande contengono additivi (conosciuti come “congeneri”) che possono risultare incompatibili tra loro.

Emanuele ScafatoCentro Coll. OMS per la ricerca e la promozione della salute su alcol e

problemi alcol correlati Osservatorio Nazionale Alcol Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della

Salute - CNESPS, Istituto Superiore di Sanità

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NIL a Società Italiana di Alcologia, in funzione della valutazione di tutte

le evidenze disponibili e delle esperienze internazionali di cui sia stata verificata efficacia ed efficienza, sottolinea che non esistono livelli ritenuti ragionevoli o sicuri di alcolemia alla guida.Il riferimento esclusivo all’alcolemia alla guida in funzione di esaustive esigenze di prevenzione e sicurezza non appare soddisfare la necessità di dover assicurare e fornire alla popolazione sistemi e politiche di controllo basati sull’impiego integrato e contestuale di tutti gli elementi che possono giovare al raggiungimento degli obiettivi proposti dalle misure in discussione. Sistemi che comprendono: a) le norme (tassi alcolemici differenziati), b) i target di riferimento (giovani e/o popolazione generale), c) i controlli (numero di test etilometrici, numero di addetti delle forze dell’ordine impiegati, numero di etilometri ecc.), d) le modalità di attuazione dei controlli (random o prefissati), deterrenza (certezza del controllo, di ammende e sanzioni),e) gli investimenti finanziari in sistemi di sicurezza, prevenzione e educazione stradale dei guidatori e, soprattutto dei trasgressori (corsi di riammissione alla guida, impiego in lavori socialmente utili) che possano consentire il raggiungimento di un più elevato livello di sicurezza sulle strade non gravato da tutto ciò che è evitabile a fronte di un comportamento responsabile e consapevole. Le norme aiutano a dare applicazione alle evidenze e mirano a garantire prevenzione e sicurezza in qualità di misure di controllo che non possono essere equiparate al “proibizionismo”; chi le tira in causa come limitazione alla libertà personale ha di solito un interesse commerciale più che di tutela di salute pubblica ed è bene imparare a distinguere tra le iniziative del settore pubblico da quelle associate al modo della produzione che ricevono da tali iniziative un ritorno d’immagine che sarebbe sempre opportuno derivasse da politiche di responsabilità sociale dell’impresa e di vendita, somministrazione e marketing responsabile più che da campagne di cui non è quasi mai nota l’efficacia. Tenuto conto di tutto ciò appare quindi opportuno che vengano adottate rinnovate strategie per la riduzione dell’incidentalità stradale (mortalità, morbilità, invalidità), rivolte in particolare agli eventi fatali che riconoscono nell’alcol e nello stato di ebbrezza uno dei principali fattori causali completamente evitabili. Dalla revisione della letteratura e dalle esperienze in atto a livello europeo e internazionale Il Centro OMS per la Ricerca sull’Alcol dell’ISS ha estrapolato dieci iniziative e misure che possono contribuire a innalzare efficacemente i livelli di sicurezza stradale:

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• riconsiderare i livelli attuali di alcolemia consentiti alla guida (Bac) e valutare l’opportunità di introdurre livelli più bassi (introduzione di livelli progressivamente decrescenti in maniera progressiva nel tempo); • valutare l’opportunità di introdurre livelli di alcolemia consentiti alla guida pari a zero per i più guidatori oltre i 65 anni;• valutare l’opportunità di allargare il divieto di assunzione di alcol nel corso di attività lavorative a ulteriori categorie che comportano la guida di autoveicoli, in particolare per quelli adibiti al trasporto di terzi (come già prefigurato in parte attraverso il Provvedimento di intesa Stato- Regioni del 16 marzo 2006; • consolidare la tutela della salute e della sicurezza dei giovani fino a 18 anni, in particolare quelli che comunque si pongono alla guida di motocicli e autoveicoli, incrementando il numero di controlli e le sanzioni; • promuovere il divieto di vendita di tutte le bevande alcoliche sulle autostrade per 24 ore al giorno, modificando in via permanente l’attuale Decreto legge che prevede il divieto di vendita di soli superalcolici tra le 20 e le 6 del mattino: • incrementare la numerosità dei controlli dell’alcolemia (aria espirata) da attuare in maniera randomizzata e secondo protocolli prestabiliti come, per esempio, quelli già prodotti dall’Istituto Superiore Sanità; • favorire le iniziative volte all’autocontrollo dell’alcolemia prima di porsi alla guida all’uscita di locali pubblici e quelle che contemplino la possibilità di trasporto attraverso mezzi pubblici di persone non idonee alla guida;• favorire l’attuazione di campagne di sensibilizzazione che incrementino la consapevolezza nella popolazione del rischio connesso all’alcol alla guida, coinvolgendo l’ambito scolastico in stretta connessione con quello familiare;• favorire l’attuazione d’iniziative rivolte ai giovani come quella del “guidatore designato” arricchita di una componente di ricerca conoscitiva e di valutazione dell’intervento;• finanziare la ricerca sui fattori che possono contribuire a diminuire l’impatto sulla salute e sulla sicurezza di comportamenti di abuso alcolico o di modelli che possono favorire l’adozione di stili di vita sani e di guida più sicura. Al fine di favorire l’adozione di politiche basate sulla valutazione di efficacia e di costo-beneficio l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha prodotto un Manuale per i policy makers “’Handbook for action to reduce alcohol-related harm” sviluppato in collaborazione con l’Osservatorio Nazionale Alcol – CNESPS dell’Istituto Superiore di Sanità, è di libero dominio al

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sito internazionale (http://www.euro.who.int/Document/E92820.pdf).Infine, anche alla luce delle numerose ordinanze comunali che si stanno confrontando con il problema dell’uso dannoso e rischioso dei giovani e avendo in mente l’esigenza di fronteggiare l’emergenza educativa che deve poter contare su leve culturali di prevenzione alternative e complementari a quelle già in essere, consistenti nelle sanzione o ammende o pene qualunque esse siano è opportuno prevedere a livello legislativo l’opportunità di interventi di “responsabilizzazione comunitaria” in particolare per i minori o comunque i giovanissimi colti in stato di ebbrezza alla guida di una qualunque veicolo. A titolo di esempio tali interventi potrebbero essere rappresentati da iniziative quali:a) l’impiego dei trasgressori e in particolare dei minori/giovanissimi in attività socialmente utili (esperienza guidata presso: Servizi di alcologia del SSN, Associazioni di volontariato: Club Alcolisti in Trattamento, Alcolisti Anonimi (Alateen), Pubbliche assistenze, Misericordie, Informagiovani, etc). b) la promozione comunitaria di corsi di sensibilizzazione riguardanti l’impatto e la gravità dei problemi e delle patologie correlate al consumo dannoso e rischioso di alcol da rivolgere, comunque, in maniera dedicata ai genitori di giovani trasgressori.Nonostante gli sforzi già compiuti per recuperare le posizioni di altri Paesi europei, occorre non abbassare la guardia, intensificare l’azione preventiva e i controlli su strada predisponendo un sistema di monitoraggio affidabile e di qualità affinché le politiche per la sicurezza stradali siano basate su evidenze scientifiche.Produrre flussi informativi e sistemi di rilevazione standardizzati e di qualità è un investimento e non un costo al fine di migliorare i livelli di sicurezza sulle strade italiane e rendere un servizio sempre più utile al Paese mantenendo sempre alta l’attenzione rafforzando e sostenendo il sistema di controllo formale e informale della società e gli sforzi istituzionali per aumentare la consapevolezza che bere e guidare va sempre e comunque evitato.

Emanuele ScafatoCentro Coll. OMS per la ricerca e la promozione della salute su alcol e

problemi alcol correlati Osservatorio Nazionale Alcol Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della

Salute - CNESPS, Istituto Superiore di Sanità

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IL a rete stradale di un Paese esteso come l’Italia costituisce un patrimonio a cui nessuno pensa in termini di valore economico.

Trascurandolo, ovvero non provvedendo alla necessaria manutenzione, se ne perde il valore anno dopo anno, fino ad arrivare al punto in cui il ripristino diventa problematico e serve una vera ricostruzione.E’ quello che sta succedendo oggi in Italia.La produzione di conglomerato bituminoso negli ultimi 8 anni è fortemente diminuita passando da oltre 44 milioni di tonnellate a poco più di 22 milioni per anno. C’è stato quindi un calo del 50%.Dal 2006 al 2014, per motivi vari tra cui anche, il rispetto del Patto di Stabilità, gli enti gestori che controllano la rete stradale italiana, non hanno messo in opera ben 96 milioni di t di prodotto! Le conseguenze di tutto ciò sono perfettamente visibili agli occhi di tutti! Basta dare uno sguardo alla strada che stiamo percorrendo per accorgerci che buche, deformazioni, lesioni, sconnessioni dei piani stradali, ecc. sono all’ordine del giorno con gravi ripercussioni sulla sicurezza degli utenti della strada.Per mantenere in un “normale stato di efficienza” la rete stradale del nostro paese, SITEB calcola che sia indispensabile mettere in opera ogni anno almeno 40 - 42 milioni di t di conglomerato bituminoso. Ora sono meno di 20; ciò significa che 1 strada su 2 è a rischio di incidente! Ma c’è di più! Se il calo della produzione del conglomerato bituminoso è avvenuto in maniera progressiva e lineare, di contro, il Degrado della pavimentazione è avanzato con ritmo Esponenziale. Quando non si rifanno i “tappetini d’usura” (così chiamati proprio perché sono destinati a consumarsi nel tempo) nei tempi convenuti, sulla superficie stradale si formano delle spaccature su cui si infiltra l’acqua meteorica che lentamente penetra nella pavimentazione e scava dei solchi sempre più profondi che procedono fino allo strato di fondazione.La fondazione, a sua volta sollecitata dei carichi ripetuti del traffico e non più protetta dalle infiltrazioni d’acqua, si rompe formando delle “cricche” sulle fibre tese che si trasformano in lesioni e rapidamente risalgono verso l’alto. A questo punto la sovrastruttura stradale non può più garantire la “portanza”, ed è completamente “rotta” e non più riparabile con gli ordinari interventi di ripristino dei manti superficiali.Non basta ricaricare il “tappeto d’usura”, occorre intervenire in profondità e non si tratta più di manutenzione ordinaria ma di interventi di manutenzione straordinaria molto costosi! Ammonta a 9 MLD di euro il valore del materiale che non è stato messo in opera in questi anni ma SITEB stima che per riportare le strade al livello del 2006 sia oggi necessario spendere tra i 40 e i 50 MLD di euro!

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Ma quanto vale il patrimonio stradale italiano?La rete stradale Italiana è lunga circa 500.000 Km (un dato ufficiale non esiste!) di cui 7.000 circa sono i km di autostrade e 25.000 i Km gestiti direttamente dall’ANAS. Per il resto, il grosso della rete è in mano alle Regioni, Province e Comuni. La situazione però è davvero disastrosa soprattutto per quanto attiene la viabilità su strade gestite da Comuni e Provincie. La viabilità sulle autostrade e sulla rete nazionale non versa fortunatamente nelle medesime pessime condizioni.Il Patrimonio delle nostre infrastrutture viarie è difficilmente quantificabile! L’Italia, lunga e stretta è, geomorfologicamente parlando, un territorio prevalentemente montuoso. Gallerie, ponti e viadotti caratterizzano la rete nazionale e costituiscono la componente maggiore del costo di costruzione. SITEB però ha stimato un valore per la realizzazione della Sovrastrutture ovvero del solo nastro stradale composto da strati sovrapposti di materiali vari di cui l’ultimo verso l’alto è proprio il Conglomerato Bituminoso. La stima porta all’incredibile valore di 1.000 MLD di euro!Il sotto-investimento di questi anni ha sicuramente ridotto il valore economico del patrimonio stradale eppure, la qualità delle infrastrutture è uno degli indici per attrarre investimenti in un Paese. In tutti i Paesi, le infrastrutture del trasporto costituiscono un fondamentale patrimonio pubblico che accompagna la crescita economica; la conservazione del loro valore è un investimento per il futuro e un obbligo per gli amministratori della “cosa pubblica”.Il sotto-investimento crea invece un meccanismo perverso che fa lievitare i costi della manutenzione ordinaria, creando un nuovo tipo di debito, detto anche “debito grigio o “invisibile” (per gli asfalti corrisponde e quei 40 - 50 MLd di euro poco sopra citati). È quindi importante stabilire un budget da destinare alla manutenzione periodica della rete stradale, e non lasciarla deteriorare in modo irreversibile.

Stefano Ravaioli Direttore SITEB

Associazione Italiana Bitume Asfalti Strade

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NEL A MAnutenzione costa molto meno della Ricostruzione esattamente

come “prevenire è meglio che curare”. L’Italia è stata la prima a dotarsi di moderne autostrade poi si è fermata! Ora ne paghiamo le conseguenze! Non tanto in termini di nuove realizzazioni quanto in termini di qualità e funzionalità delle stesse! Non è accettabile che le Provincie siano costrette, come è accaduto recentemente, a vietare la circolazione su alcune strade perché non possono garantirne la fruibilità in sicurezza!Ed è altrettanto vergognoso che sulle tratte ANAS vi siano carreggiate chiuse per buche e deformazioni del manto stradale con cartelli di limitazione della velocità.C’è infine un ultimo aspetto ancora da indagare, ed è l’aspetto ambientale!Oggi si parla molto di Green Economy (economia dello sviluppo sostenibile) come dell’unica via per produrre bene e servizi senza sprecare le risorse del pianeta per migliorare il nostro benessere garantendo anche le future generazioni. In quest’ambito, si innesta l’ancor più recente concetto di “Circular Economy”.In pratica si tratta di produrre e realizzare prodotti, beni e servizi secondo una logica diversa e senza produrre rifiuti. Nei sistemi ad economia circolare i prodotti mantengono il loro valore aggiunto il più a lungo possibile e i rifiuti sono pochissimi. Il conglomerato bituminoso è un esempio perfetto di applicazione della “circular economy”! E’ un prodotto necessario e indispensabile per mantenere in efficienza la rete, può essere realizzato e messo in opera con nuove metodologie più innovative ed ecosostenibili e in fine, può essere riciclato numerose volte senza mai diventare un rifiuto. Il Fresato d’Asfalto ovvero il conglomerato bituminoso proveniente dalla pavimentazione preesistente, vecchia e ammalorata, è un materiale Totalmente Riciclabile. Esso è composto esattamente con gli stessi materiali costituenti del Conglomerato Bituminoso Vergine (aggregati lapidei 95% e bitume 5%) e una volta “fresato”, basta rivitalizzare il bitume con un po’ di calore o con l’aggiunta di emulsione (bitume disciolto in acqua) per riattivare il suo potere legante e il “fresato” torna ad essere “conglomerato bituminoso”.Ovviamente ho semplificato ed estremizzato il concetto tuttavia, tra i materiali provenienti dalla demolizione edilizia, l’unico che può essere riutilizzato senza alcun preventivo trattamento diverso dalla normale pratica industriale, è il fresato d’asfalto. Il fresato d’asfalto, tecnicamente perfetto e totalmente riciclabile, è quindi il miglior costituente per riprodurre conglomerato bituminoso!Di fronte ad un tale prodotto, disponibile e abbondante (basta guardare

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come è ridotta la rete stradale italiana per capire che per il risanamento occorrerà intervenire in profondità con una produzione altissima di fresato) ci troviamo agli ultimi posti in Europa in tema di riciclaggio e recupero. E questo perché? Prevalentemente per mancanza di cultura generale. Gli enti pubblici che rilasciano le autorizzazioni lo considerano un rifiuto speciale la cui non pericolosità è comunque da accertare, pertanto impongono norme severissime sul suo riutilizzo!I gestori della rete, committenti, nulla prescrivono al riguardo sui capitolati d’appalto temendo di riutilizzare un prodotto di serie B. Le imprese che eseguono i lavori, lo vedono invece come una risorsa incredibile che loro stesse producono ma che non possono liberamente utilizzare per via del regime vessatorio e farraginoso in cui è inserito. In conclusione, ogni anno distruggiamo montagne per procurarci nuovo inerte, importiamo più petrolio per produrre bitume, spendiamo più soldi in energia e in trasporti per rifare i manti stradali e abbiamo montagne di fresato d’asfalto inutilizzato e a rischio “discarica”!Si tratta di almeno 10.000.000 di tonnellate di fresato asportate ogni anno a fronte di una produzione di conglomerato pari a 22.000.000 di t. Di sola materia prima, senza considerare i vantaggi ambientali, ogni anno si sprecano in Italia almeno 500 milioni di euro di mancato riciclaggio. Per passare ad un’economia circolare, produrre crescita e apportare sostenibilità ambientale, occorrerà rivedere qualcosa introducendo cambiamenti nella catena produttiva e rieducando il mercato. Occorrerà dare un forte impulso innovativo, non solo sul piano della tecnologia, ma anche su quello dell’organizzazione, della società, dei metodi di finanziamento e soprattutto nelle politiche gestionali. Quest’ultimo aspetto è quello che mi preoccupa maggiormente!

Stefano Ravaioli Direttore SITEB

Associazione Italiana Bitume Asfalti Strade

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AC on il termine “barriere stradali di sicurezza” si indicano quegli elementi infrastrutturali posti ai lati della carreggiata che hanno

la funzione di contenere l’uscita di strada di un veicolo in fase di svio (perdita di controllo della propria traiettoria) con l’obiettivo prioritario di evitare o limitare danni agli occupanti del veicolo, a persone occupanti altri veicoli (come avviene con le barriere poste a divisorio in superstrade ed autostrade) ma anche proteggere terzi al di fuori della carreggiata (come pedoni e ciclisti su marciapiedi, piste ciclabili o aree di sosta e fermata). Le barriere devono fungere sia da attenuatori d’urto (smorzando con la propria plasticità, l’energia cinetica del veicolo in svio) sia da reindirizzatori del veicolo sulla corretta traiettoria, evitando a quest’ultimo forti decelerazioni o impatti con elementi fuori della carreggiata.Le barriere, in Europa, devono rispondere alle richieste della normativa UNI EN 1317 nelle parti dalla 1 alla 4 ed in Italia sono classificate, in base al livello di protezione che offrono ed alla loro destinazione d’uso (bordo stradale, bordo ponte, barriere spartitraffico), secondo il decreto ministeriale n. 2367 del 21 giugno 2004. La loro installazione è definita sia all’interno del decreto prima citato che nel decreto n. 6792 del 5 novembre 2001.Il processo di omologazione delle barriere, dopo la fase di progettazione, prevede diverse prove e crash test volti a certificare l’efficacia del dispositivo ma tali prove prendono in considerazione unicamente autoveicoli e veicoli pesanti, senza considerare in alcuna fase, neppure progettuale, i motoveicoli. Motocicli e ciclomotori non hanno un abitacolo di protezione, pertanto, in caso di perdita di controllo i conducenti ed i passeggeri sono esposti al rischio di impatto contro la barriera. Per questi utenti risultano particolarmente pericolosi i sostegni verticali e le parti iniziali delle barriere, che si comportano come ostacoli puntuali e non garantiscono quindi quelle funzioni di smorzamento di energia per le quali le barriere stesse vengono progettate e disposte. Questa carenza normativa, che è in fase di studio all’interno della parte 8 della EN 1317, ha comportato per anni e comporta tutt’oggi un grave pericolo per tutti gli utenti di veicoli a due ruote, compresi i ciclisti, dato che in caso di caduta le forze generate dall’impatto contro ostacoli puntuali, anche a velocità relativamente basse (es. 40 km/h = 11m/sec.), risultano sempre molto elevate e traumatizzanti.Dopo le campagne di sensibilizzazione, da parte di varie associazioni motociclistiche in tutta Europa, sul pericolo legato alla diffusione di barriere stradali non adeguate per gli utenti di veicoli a due ruote,

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alcune aziende italiane ed europee, iniziarono, nei primi anni del 2000, a progettare e sottoporre a crash-test specifici (con manichino-motociclista hybrid) particolari attenuatori d’urto studiati per evitare l’impatto contro le parti più a rischio delle barriere. Oggi, questi dispositivi sono detti “salvamotociclisti”e sono presenti sul mercato sia come parte integrante di nuove barriere, sia come parti applicabili a barriere già poste in opera. Essi consistono in superfici di schermatura (di materiale plastico o metallico) applicate alla parte inferiore della barriera, in modo tale da impedire impatti diretti contro i sostegni verticali.La normativa cogente impone l’utilizzo di barriere stradali in moltissime situazioni ed è legittimo chiedersi se effettivamente i vantaggi sulla sicurezza siano sempre di gran lunga superiori ai rischi che gravano su alcune utenze più deboli (valutazione del rapporto benefici/rischi). In alcuni Paesi d’Europa per garantire uno standard di sicurezza ottimale per tutte le utenze, da alcuni anni vi è la tendenza a privilegiare soluzioni che sfruttino naturali vie di decelerazione, prive di ostacoli o barriere, appositamente studiate dal progettista dell’infrastruttura. In Italia sono 9 milioni gli utenti che fanno uso di ciclomotori o motocicli e per tale utenza gli impatti a bassa velocità contro ostacoli puntuali rappresentano un fattore di rischio elevatissimo e non ancora risolto dalla normativa cogente.

Marco GuidariniPresidente Associazione Motociclisti incolumi

www.motociclisti-incolumi.com

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NIL ’Associazione Basta Cartelloni-Francesco Fiori opera a Roma e

concentra le sue attività contro il degrado urbano in generale e il proliferare della cartellonistica pubblicitaria in particolare. Un fenomeno che è ormai sempre più spesso causa di incidenti stradali, con numerosi feriti tra pedoni, automobilisti, motociclisti e ciclisti. L’Associazione si è costituita dopo lo scioglimento del Comitato Promotore della Delibera d’Iniziativa Popolare per la Modifica del Regolamento sulle Affissioni (Deliberazione Consiliare n.37 del 30 marzo 2009). L’esperienza del Comitato Promotore prima e dell’Associazione Basta Cartelloni poi, è stata raccontata in diversi saggi, articoli di giornale e servizi radiotelevisivi in quanto emblematica dell’impegno di semplici cittadini a favore della propria città. La Delibera popolare venne sottoscritta da oltre 12 mila firmatari ed approdò nel novembre 2011 all’Assemblea Capitolina dopo innumerevoli tentativi di rinvio operati dalla maggioranza politica, con un colpevole silenzio delle opposizioni. I promotori della Delibera Popolare furono costretti a rivolgersi alla Procura della Repubblica e a diffidare il Presidente dell’Assemblea Capitolina per costringere l’Aula a discuterla. Nonostante la forte pressione mediatica per i numerosi incidenti stradali provocati dai cartelloni pubblicitari, la Delibera fu bocciata per soli 4 voti. Essa rappresenta comunque il primo caso di iniziativa popolare giunta all’attenzione dell’Aula negli ultimi anni. I valori e gli obiettivi del Comitato Promotore proseguono nell’Associazione Basta Cartelloni, dedicata a Francesco Fiori, uno dei membri fondatori del gruppo, scomparso prematuramente.L’Associazione è composta da semplici cittadini, da rappresentanti di alcuni comitati di quartiere e di altre realtà romane, spinti solamente da passione e amore per la propria città. Scopo principale dell’Associazione è impegnarsi per restituire dignità e decoro a Roma, mortificata da anni di abbandono ed incuria, determinati anche dall’invadenza della cartellonistica pubblicitaria.Tale drammatico problema, irrisolto da tempo, è stato aggravato con l’approvazione nel 2009 della Delibera Comunale n. 37, che ha aperto a nuovi soggetti il mercato della pubblicità esterna in un contesto di deroghe al Codice della Strada e a quello dei Beni Culturali, favorendo in tal modo il dilagare, irrazionale e spesso abusivo, dell’installazione di impianti che hanno nel tempo trasformato la città avendone alterato l’armonia, le forme ed i profili.Tale situazione, contravvenendo alle più elementari norme di sicurezza stradale, costituisce inoltre pericolo per le persone e gli utenti delle strade

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di Roma, come dimostrato dai numerosi incidenti che hanno visto coinvolti cartelloni pubblicitari. L’Associazione Basta Cartelloni-Francesco Fiori è aperta alla collaborazione di tutte le persone di buona volontà, è del tutto apartitica e si occupa di politica in senso civico.I metodi a cui si attiene per raggiungere i propri obiettivi sono democratici, nel rispetto delle scelte collegiali degli iscritti e delle leggi italiane e ispirati da tolleranza e apertura per le opinioni altrui. Una redazione opera quotidianamente per aggiornare il sito internet www.diarioromano.it che nel 2015 ha sostituito l’organo ufficiale di bastacartelloni., e gli account Facebook e Twitter. Una informazione dal basso, senza filtri, che ha guadagnato diversi riconoscimenti. Contro il rischio stradale da cartelloni pubblicitari e il degrado visivo provocato dagli stessi operano anche le associazioni Vas (Verde Ambiente e Società) e Cartellopoli. Assieme ad altre realtà civiche, Basta Cartelloni organizza manifestazioni; presenta denunce in sede penale e civile contro gli abusi da impiantistica pubblicitaria; offre assistenza legale e morale alle vittime di incidenti provocati da cartelloni irregolari; fornisce ausilio tecnico-giuridico a chiunque voglia dimostrare il rischio pericolosità di cartelloni pubblicitari.

Filippo GuardascionePortavoce Associazione Bastacartelloni - Francesco Fiori

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LEL a sicurezza è strettamente legata alla diffusione della ciclabilità.

Spesso è proprio l’assenza di sicurezza (o la sua percezione) che giustifica il mancato uso del nostro mezzo primario di locomozione. In generale vale l’equazione maggiore sicurezza = maggiore uso della bicicletta, ma anche il suo reciproco: più bicicletta = più sicurezza (e migliore qualità della vita).È bene ricordare che qualsiasi attività comporta un rischio, anche la più innocua (si pensi che oltre un terzo di tutti gli infortuni mortali avviene dove ci si ritiene più al sicuro, ovvero tra le pareti domestiche); per inquadrare qual è il rischio che si corre andando in bicicletta è utile riferirsi alla curva di correlazione velocità di impatto – mortalità.È possibile verificare che per impatti con velocità inferiori a 30 km/h (equivalenti ad una caduta da un primo piano di un’abitazione) la probabilità di morte non è nulla ma è trascurabile, a 50 km/h (come una caduta da un terzo piano) un impatto su due può risultare mortale mentre per velocità superiori ci si avvicina alla certezza della fatalità.Inoltre se un mezzo motorizzato incrocia una bici/pedone a 30 km/h il tempo di reazione è minore di quello di frenata mentre a 50 km/h considerando il tempo di reazione, la distanza di arresto è tale da non permettere di evitare l’investimento. Si può pertanto affermare che il rischio connesso all’andare in bicicletta a livello amatoriale (velocità < 30 km/h) è trascurabile ed è paragonabile a quello dell’andare a piedi. Il rischio per il ciclista ed il pedone è quello di essere investiti da un mezzo motorizzato che vada ad una velocità di 50 km/h e oltre.Con il terzo programma quadro, Commission’s European Road Safety Action Plan 2001-2010, la Comunità Europea ha spronato i governi degli Stati membri a promuovere azioni e politiche atte a dimezzare il numero delle vittime in un decennio, obiettivo raggiunto a macchia di leopardo.In particolare in Italia la riduzione è stata del 42%: significativa, ma non rispondente agli obiettivi.Infatti è stata raggiunta la riduzione del 50% per gli utenti motorizzati a quattro ruote (-52%), mentre gli utenti vulnerabili (moto, bici e pedoni) hanno avuto una riduzione del 29%, che ha perciò comportato nel complesso il mancato raggiungimento dell’obiettivo.Nel frattempo è stato presentato il 4° programma quadro comunitario: “Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale e al Comitato delle Regioni - Verso uno spazio europeo di sicurezza stradale: gli orientamenti strategici in materia di sicurezza stradale 2011-2020”. In particolare sono individuati sette obiettivi strategici, tra cui, il settimo,

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è proteggere gli utenti vulnerabili della strada. Bisogna osservare che dal punto di vista dell’incidentalità le strade italiane hanno una peculiarità rispetto al resto d’Europa: nel 2013, ad esempio, sulle strade urbane sono avvenuti il 75% del totale degli incidenti, con il 72% dei feriti ed il 42% dei morti.Non può sorprendere pertanto che in ambito urbano il 50% dei morti sia un pedone o un ciclista, percentuale che sale all’84% se si considerano anche i motociclisti. Ne consegue che le prossime azioni, per essere efficaci, dovranno essere indirizzate a proteggere ciclisti pedoni e motociclisti.Peraltro a fronte di una costante crescita della mobilità ciclistica, si è avuta una significativa riduzione della mortalità dei ciclisti. Questo dato conferma che l’aumento di ciclisti comporta una maggior sicurezza di spostamento e non il contrario (Safety in numbers). A maggior ragione l’incidentalità per km percorso è diminuita.Da quanto sinora detto risulta incontrovertibile che occorrano interventi per aumentare la sicurezza dei ciclisti ed in generale di tutta l’utenza vulnerabile.Dovendo individuare gli interventi più efficaci occorre procedere senza pregiudizi. Non servono, anzi sono controproducenti quegli interventi che tendono a ghettizzare i ciclisti e quindi a disincentivarli. Il primo intervento di gran lunga più efficace è stato sintetizzato in uno slogan inglese: Safety in numbers.Ovvero: più ciclisti = più sicurezza , meno ciclisti = più rischio. È stata addirittura calcolata una correlazione diretta tra ciclabilità e riduzione dell’incidentalità. Jacobsen, Inj Prev 2003;9(3):205-9, ha calcolato che raddoppiando i ciclisti il rischio per km si riduce del 34% mentre se questi si dimezzano il rischio aumenta del 52%. Tutti i Paesi che hanno raggiunto un modal split ciclistico superiore al 15% sono caratterizzati da una riduzione globale dell’incidentalità stradale.Il secondo intervento in ordine di importanza è la riduzione delle differenze di velocità. Si è già detto che c’è una correlazione diretta tra velocità di impatto e mortalità.Ne consegue che le zone 30 devono essere la regola e non l’eccezione; prioritarie anche rispetto alle piste ciclabili.Occorre inoltre garantire il non superamento dei 50 km/h in città, come già previsto obbligatoriamente dal codice della strada, anche se poco rispettato. Occorrerebbe pertanto dividere le arterie cittadine tra direttrici di attraversamento (velocità max 50 km/h) e traffico locale (velocità max 30 km/h). Questa soluzione permetterebbe anche una riduzione degli

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incroci semaforici, una maggiore fluidità del traffico, velocità medie di percorrenza anche superiori alle attuali (spesso inchiodate a circa 15 km/h) e totale compatibilità tra traffico motorizzato e non motorizzato.È possibile sottoporre agli amministratori cittadini la considerazione per cui tutte le strade urbane possono rientrare nelle seguenti categorie: se abbastanza larga può essere ridotta in sezione per ricavare una ciclabile; altrimenti se un marciapiede è abbastanza largo può essere separato per l’uso dei pedoni e dei ciclisti; altrimenti uno dei due marciapiedi può essere dedicato ad uso promiscuo; in tutti gli altri casi la strada può avere un limite di 30 km/h.È auspicabile prevedere una norma quadro che tuteli e incentivi la mobilità ciclistica. È da prevedere una revisione significativa del Codice della Strada. Le modifiche dovranno permettere: una maggiore armonizzazione delle norme che lo compongono, una sua semplificazione sostanziale, soprattutto una maggiore funzionalità al fine di rispondere ai dettami comunitari di riduzione dell’incidentalità stradale Occorre partire dai principi informatori del Codice stesso. Infatti l’art. 1 comma 2, chiave di lettura dell’intero Codice, prevede che “Le norme e i provvedimenti attuativi si ispirano al principio della sicurezza stradale, perseguendo gli obiettivi: di ridurre i costi economici, sociali ed ambientali derivanti dal traffico veicolare; di migliorare il livello di qualità della vita dei cittadini anche attraverso una razionale utilizzazione del territorio; di migliorare la fluidità della circolazione.” Ciò significa che tutti gli interventi a favore di una mobilità sostenibile sono già sanciti dall’articolo 1 (ovvero proprio dai principi informatori del codice) e che quindi i costi economici e sociali ed ambientali vanno imputati al traffico veicolare, mentre tutte le altre modalità di spostamento (collettivo - autobus, treno- o non veicolare - bicicletta/velocipede o piedi) sono da favorire da parte del Codice stesso.

Ulteriori approfondimenti nella pubblicazione Sicurezza stradale e utenti vulnerabili scaricabile dalla pagina:http://www.fiab-areatecnica.it/pubblicazioni/manuali-e-studi/fiab/456-sicurezza-mobilita-utenza-nonmotorizzata.html

Edoardo GalatolaResponsabile Sicurezza stradale e Ufficio legislativo FIAB

[email protected]

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I P Uò sembrare strano trovare un capitolo dedicato ai cartelloni pubblicitari all’interno di un dizionario sulla sicurezza stradale.

E invece quella della pubblicità outdoor è diventata una delle cause principali di incidentalità da circolazione. Il fenomeno riguarda soprattutto Roma ma numerosi sinistri si sono verificati anche in altre città italiane e su strade extraurbane in tutto il Paese. Nella Capitale la situazione ha assunto dimensioni così drammatiche da essere stata oggetto di richiami formali da parte del Ministero dei Trasporti nei confronti del Campidoglio. I cartelloni pubblicitari sono stati installati in totale spregio delle leggi e dei regolamenti costituendo un pericolo costante per automobilisti, motociclisti e pedoni.Nel periodo di maggiore emergenza da cartelloni a Roma (dal 2009 al 2012) sono stati documentati centinaia di incidenti con un numero crescente di feriti e 3 vittime. Il caso più grave nel novembre 2011 quando due giovani, a bordo di uno scooter, si sono schiantati contro una plancia pubblicitaria sulla via Tuscolana, restando uccisi. La plancia era stata posizionata su un minuscolo spartitraffico dove la legge vieta l’installazione di qualsiasi impianto. L’unico criterio utilizzato dalle ditte pubblicitarie, infatti, è la visibilità commerciale del proprio cartellone.L’aspetto più grave, però, è che il Comune di Roma - che ha il dovere di gestire e vigilare sulla sicurezza della propria rete stradale - ha avallato il posizionamento folle di questi impianti a causa di un meccanismo di autodenuncia: una delibera comunale del 2009 (la numero 37) ha permesso alle ditte di installare i cartelloni senza alcuna verifica preventiva della loro pericolosità. In cambio del solo pagamento di una indennità economica (Cip, canone di iniziative pubblicitarie) e di una autodichiarazione, le imprese hanno avuto campo libero sulle strade di Roma.Il risultato è stato lo stravolgimento dei panorami della città e soprattutto un drammatico incremento della sinistrosità da impatto. Quasi nessun cartellone rispetta l’articolo 23 del Codice della Strada né i regolamenti comunali. Se le normative prevedono che non si possano montare cartelloni su spartitraffico di larghezza inferiore a 4 metri, Roma in realtà ne era piena fino al 2014. Il caso dei due giovani morti è significativo perché non solo lo spartitraffico era di una larghezza irrisoria, ma anche perché la plancia aveva i bordi sporgenti sulla strada.Una tipologia di impianto - costituita da spigoli vivi in ferro e cristallo - interdetta dalle vie aperte al traffico. Analogo discorso si può fare per le distanze dagli impianti semaforici (non dovrebbero essere inferiori ai 25 metri per i grandi cartelloni e ai 15 per quelli di formato uguale o inferiore a metri 1,20x1,80). A Roma e in molte altre città, tali distanze non vengono

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rispettate costituendo un pericolo sia per la possibilità di impatto sui pali di sostegno, sia per la distrazione provocata dalle immagini riportate sui cartelloni. Questo ultimo caso è stato oggetto di un lungo contenzioso legale tra i familiari di una vittima della strada in Piemonte e la ditta titolare di un impianto posto accanto ad un semaforo.La Corte di Cassazione ha finito per dare torto alla ditta, in quanto il posizionamento dell’impianto non rispettava le distanze minime ed è stato la causa del mancato stop al semaforo dell’automobilista che è poi deceduto. La gran parte delle città italiane si è ormai dotata di uno strumento di regolamentazione dell’impiantistica pubblicitaria. Piani Regolatori sono stati adottati a Milano, Firenze, Torino, Genova, Napoli e molte altri capoluoghi.Il Piano stabilisce una volta e per tutte ove sia consentita o vietata l’installazione di cartelloni, la loro dimensione e caratteristiche. Roma ha finalmente adottato il proprio piano regolatore della pubblicità (Prip) nel luglio del 2014.Esso prevede la scadenza di tutte le concessioni attualmente in vigore e la loro riassegnazione tramite bandi di gara in posizioni stabilite da piani particolareggiati (c.d. piani di localizzazione).Non appena la riforma sarà entrata a regime (si prevede entro la metà del 2016), gli impianti pubblicitari non costituiranno più pericolo per la circolazione stradale in quanto verranno posizionati nel rispetto delle normative e del CdS.

Lester Salis Associazione Bastacartelloni - Francesco Fiori

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IU n elemento molto importante da considerare a corredo dell’analisi del fenomeno dell’incidentalità stradale è

rappresentato sicuramente dai costi collegati ad ogni singolo incidente e alle persone infortunate e decedute coinvolte. Il costo imputabile ad un incidente stradale si compone di vari elementi, dai costi monetari, collettivi o individuali (come ad esempio i costi sanitari o i costi attribuiti alla mancata produzione degli infortunati), ai costi non direttamente quantificabili (come ad esempio i danni morali, ecologici o biologici). I costi sociali degli incidenti stradali costituiscono una quantificazione, basata su un modello teorico, dei danni subiti dalla società, come conseguenza del verificarsi di un evento.Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) - Dipartimento per i Trasporti, la Navigazione ed i Sistemi Informativi e Statistici - Direzione Generale per la Sicurezza Stradale, ha diffuso nel 2012 uno “Studio di valutazione dei Costi Sociali dell’incidentalità stradale per l’anno 2010 e un successivo aggiornamento del calcolo del costo sociale per l’anno 2011, 2012 e 2013. Il calcolo del Costo Totale per incidenti stradali con lesioni a persone viene effettuato operando la somma tra il prodotto delle singole componenti di costo generale medio per incidente e medio per morto o ferito, relativo ad un anno di calendario, per il corrispondente numero di incidenti stradali, morti e feriti diffuso dall’Istat.La stima dei costi totali dell’incidentalità per il 2010 è stata effettuata sulla base di specifiche componenti individuate come essenziali a definirne il valore. Le voci considerate si riferiscono al singolo individuo morto o ferito in un incidente stradale, in particolare la mancata produttività, i danni non patrimoniali, le spese per il trattamento sanitario e all’incidente stradale, esplicitando danni materiali a veicoli, edifici, strade, costi di intervento dei servizi di emergenza, costi processuali e di amministrazione. I Costi generali medi per un incidente stradale con lesioni a persone (in euro) calcolati dal MIT per il 2010, ammontano a 10.986 euro, il Costo medio umano per un morto e per un ferito (in euro) è pari, invece, rispettivamente a 1.503.990 e 42.219 euro. Per quanto concerne i dati sugli incidenti stradali, nel 2014, sulla base di una stima preliminare diffusa dall’Istat (18 giugno 2015), si sono verificati in Italia 174.400 incidenti stradali con lesioni a persone, il numero dei morti, entro il trentesimo giorno, è pari a 3.330, mentre i feriti ammontano a 248.200. Rispetto al 2013, si riscontra una diminuzione del numero degli incidenti con lesioni a persone (-3,77%) e del numero dei morti (-1,62%); in calo anche i feriti (-3,58%).

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Considerando i coefficienti standard per i costi medi, diffusi dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ed effettuando il calcolo a prezzi costanti con base anno 2010, si registra, per il 2014, un Costo totale per incidenti stradali con lesioni a persone pari a 17.403 milioni di euro, era pari a 21.392 1 milioni di euro nel 2010.La variazione percentuale tra il 2014 e il 2010 è stata di -18,6%, con una diminuzione del costo totale per gli incidenti stradali con lesioni di 3.989 milioni di euro.Tra i costi medi totali per incidenti stradali con lesioni a persone, nel 2014, la quota imputabile ai costi umani è pari a 5.008 milioni di euro per le vittime e 10.479 milioni di euro per i feriti.La proporzione, rappresentata dai Costi totali per incidenti stradali con lesioni sul Prodotto Interno Lordo nazionale (a prezzi costanti anno 2010), diminuisce nel tempo e varia da 1,33% nel 2010 a 1,08% nel 2014 ( PIL 2010 pari a 1.605.694 milioni di euro ).Occorre precisare, infine, che i valori riportati in questo paragrafo sono riferiti ai soli costi degli incidenti stradali con lesioni a persone, con esclusione gli incidenti stradali con soli danni alle cose.Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nello studio riferito all’anno 2013, ha stimato, sulla base di dati forniti dalle imprese assicuratrici che il numero di sinistri con soli danni alle cose è stato pari circa 1,91 milioni. I costi legati ai sinistri con soli danni alle cose, infine, è stato valutato pari a 6,38 miliardi di euro.

Silvia BruzzoneIstituto Nazionale di Statistica

Direzione centrale per le statistiche socio-demografiche e ambientali

Valentino IuratoMinistero delle Infrastrutture e dei Trasporti

Direzione Generale per la Sicurezza Stradale

1 Il valore del costo totale degli incidenti stradali con lesioni a persone per il 2010 pubblicato dal MIT è pari a 21.250 milioni di euro poiché basato sull’ammontare di incidenti stradali con lesioni a persone, morti e feriti per il 2010, non rettificati. Il valore 21.392 milioni è stato ricalcolato alla luce dei nuovi dati. La revisione, per l’anno 2010, è stata diffusa dall’Istat il 6 novembre 2013.

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L A distanza di sicurezza durante la guida dei veicoli è quella idonea a garantire in ogni caso l’arresto tempestivo e ad evitare collisioni

con il veicolo che precede che per esigenze della circolazione rallenti o repentinamente si fermi. Essa deve essere sempre commisurata alla velocità, alla prontezza dei riflessi del conducente, alle condizioni del traffico, alle caratteristiche orografiche della strada, alle condizioni atmosferiche (pioggia, neve, nebbia, ecc.), al tipo e allo stato di efficienza del veicolo, all’entità del carico, nonché ad altra circostanza influente. Il conducente deve avere reale consapevolezza dei valori dello “spazio/tempo” utili all’arresto del veicolo.Nell’ipotesi più probabile di buona visibilità, la distanza di sicurezza corrisponde allo spazio percorso durante il tempo di reazione: tempo che intercorre tra l’inizio del rallentamento del veicolo che precede e l’inizio del rallentamento del proprio veicolo.Ecco qualche esempio di spazio di frenata:

Il mancato rispetto della distanza di sicurezza è al terzo posto tra le cause di incidente, dopo guida distratta e velocità eccessiva.La mancata osservanza della distanza di sicurezza (art. 149 del C.d.S.), a seconda della gravità, comporta le seguenti sanzioni: da euro 41 a euro 168.

• con danni lievi ai veicoli, la sanzione di euro 35,00 e la perdita di 3 punti patente;• con danni gravi ai veicoli, la sanzione di euro 71,00 e la perdita di 5 punti patente;• con lesioni gravi alle persone, la sanzione di euro 357,00 e la perdita di 8 punti patente.

Le sanzioni così previste si inaspriscono nei casi previsti dal 5° comma, che prevede in caso di recidiva entro due anni, anche la sospensione della patente per un periodo da uno a tre mesi.La sicurezza della circolazione stradale in questi ultimi anni è stata all’attenzione delle pubbliche amministrazioni, infatti esse si sono rese conto che l’informazione e la prevenzione sono determinanti per limitare gli incidenti stradali e i conseguenti costi sociali e le perdite di vite umane,

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Velocità km/h Spazio di reazione (m.) Spazio di frenata (m.) Totale (m.) 50 14 25 39 70 19 49 68 90 25 81 106 110 31 121 152 130 36 169 205 150 42 225 267

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soprattutto di giovani. Una seria formazione dei conducenti dei veicoli è basilare per avere utenti della strada in grado di conoscere e prevenire gli effettivi pericoli derivanti dalla circolazione stradale. La conoscenza dei metodi di guida, delle caratteristiche dei veicoli e delle strade, contribuiscono a limitare, seppur parzialmente, la sinistrosità stradale. A ciò hanno contribuito pure il miglioramento delle caratteristiche tecniche costruttive delle strade, dei veicoli (ABS, Airbag, ecc.) ed una più corretta installazione della segnaletica stradale, con un’efficace percezione dei messaggi da parte dei conducenti.Inoltre la distanza di sicurezza viene calcolata matematicamente così: dividere la propria velocità espressa in Km/h per 10 ed elevare il risultato al quadrato; il numero risultante è un buon indicatore, in metri, della distanza di sicurezza da mantenere. Es: a 50 Km/h si dovrebbe mantenere una distanza di 25 metri.Non esistono ricette definitive per limitare l’inosservanza della tenuta della distanza di sicurezza durante la conduzione dei veicoli, ma occorre insistere il più possibile sull’«educazione alla guida» attraverso le campagne di sicurezza stradale, anche con “corsi di guida sicura”, all’incremento delle ore da dedicare allo studio delle norme della circolazione stradale nelle scuole di ogni ordine e grado.La materia dell’educazione stradale, come già peraltro timidamente previsto nei programmi scolastici, nonostante la previsione del codice della strada (art. 230), dovrà divenire di primaria importanza nella formazione dei giovani, in quanto la conoscenza delle norme di comportamento, la distanza di sicurezza è una di queste, e della segnaletica stradale, contribuirà sicuramente a ridurre i costi sociali derivanti dagli incidenti stradali, oltre che a creare una gioventù più consapevole e cosciente dei rischi derivanti dalla circolazione stradale.

Ivano LeoPresidente Nazionale ANVU

Associazione Nazionale Polizia Locale d’Italia

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EN el 2005 la Commissione Europea (DGTREN) ha finanziato un progetto di valutazione degli interventi di Educazione alla Sicurezza

Stradale: RO.S.E. 25, ROad Safety Education in all 25 EU Countries (http://ec.europa.eu/transport/rose25/index_en.htm).Gli esperti europei hanno analizzato i curricula di educazione alla sicurezza stradale delle scuole di ogni ordine e grado dei 25 Paesi Membri UE e somministrato un questionario sulle attività implementate nei singoli Paesi, al fine di produrre una rassegna di buone pratiche e linee guida europee, escludendo gli interventi limitati alla trasmissione delle informazioni e concentrandosi invece sugli interventi caratterizzati dall’interazione con gli studenti (dai 3 ai 17 anni) e da un sistema di valutazione quantitativa e qualitativa.L’educazione è definita come uno dei tre cardini di intervento per la sicurezza stradale, insieme all’innovazione tecnologica ed all’attività di controllo/repressione su strada; comprende tutte le misure mirate ad influenzare positivamente i comportamenti stradali; a promuovere la conoscenza e la comprensione delle regole e delle situazioni stradali; a migliorare le abilità attraverso training ed esperienze pratiche; a rinforzare e/o modificare gli atteggiamenti riguardanti la consapevolezza del rischio, la sicurezza personale e degli altri utenti.Gli esperti hanno escluso gli interventi indirizzati a ragazzi in corso di conseguimento della patente di guida dell’auto, della moto e neopatentati, mentre hanno considerato fra le priorità anche gli interventi destinati ai genitori.Inoltre gli esperti europei hanno evidenziato un percorso in 10 PASSI finalizzato a migliorare gli interventi di educazione alla sicurezza stradale:• Riconoscimento del ruolo della educazione alla sicurezza stradale. • Rendere prioritaria l’educazione alla sicurezza stradale e rafforzare il suo ruolo presso l’opinione pubblica. • Efficace coordinamento fra tutti i potenziali partner. • Lista di priorità dell’educazione alla sicurezza stradale nelle scuole e negli asili nido, rendendola visibile nei curricula scolastici.• Promuovere sinergie e combinazioni tra educazione alla sicurezza stradale ed educazione alla mobilità. • Rivolgersi agli adolescenti come a un gruppo a rischio. • Promuovere il coinvolgimento dei genitori. • Obiettivo a lungo termine: raggiungere tutti gli utenti della strada tramite una educazione alla sicurezza stradale basata su costrutti teorici, continuativa, con obiettivi chiari. • Promuovere sinergie e scambi di educazione con controllo/repressione su strada e innovazione tecnologica. • Rafforzare l’attività di ricerca, valutazione e controllo di qualità.

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Cosa prevede la normativa italiana di riferimento? La legge 29 luglio 2010 n.120 ha modificato l’art. 230 del codice della strada, che attualmente recita: “Allo scopo di promuovere la formazione dei giovani in materia di comportamento stradale e della sicurezza del traffico e della circolazione, nonché per promuovere ed incentivare l’uso della bicicletta come mezzo di trasporto, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, con proprio decreto, da emanare di concerto con i Ministri delle infrastrutture e dei trasporti, dell’interno e dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, avvalendosi dell’Automobile Club d’Italia, predispone appositi programmi corredati dal relativo piano finanziario, da svolgere come attività obbligatoria nelle scuole di ogni ordine e grado, ivi compresi gli istituti di istruzione artistica e le scuole materne, che concernano la conoscenza dei princìpi della sicurezza stradale, nonché delle strade, della relativa segnaletica, delle norme generali per la condotta dei veicoli, con particolare riferimento all’uso della bicicletta, e delle regole di comportamento degli utenti, con particolare riferimento all’informazione sui rischi conseguenti all’assunzione di sostanze psicotrope, stupefacenti e di bevande alcoliche.” Il Ministero dell’ Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nel Documento d’indirizzo (4 marzo 2009) per la sperimentazione dell’insegnamento di “Cittadinanza e Costituzione” (prevista dalla Legge 30.10.2008 n. 169) delinea le Situazioni di compito per la certificazione delle competenze personali, specificando per la scuola primaria: Partecipazione: testimoniare la funzione e il valore delle regole e delle leggi nei diversi ambienti di vita quotidiana (vita familiare, strada, gioco, sport; rispettare la segnaletica stradale, con particolare attenzione a quella relativa al pedone e al ciclista.per la scuola secondaria di primo grado: i diritti e i doveri del cittadino (soprattutto in rapporto alla salute propria e altrui, alla sicurezza stradale e alla libertà di manifestazione del pensiero).Alterità e relazione: conoscere e rispettare il codice della strada: segnaletica stradale, tipologia dei veicoli e norme per la loro conduzione.

Lucia LisaSocietà Italiana Psicologia della Sicurezza Viaria

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OPAL a Federazione Europea delle Vittime della Strada (FEVR) è

impegnata nel supporto delle vittime di incidenti stradali.La missione di FEVR:• offrire sostegno e aiuto alle vittime di incidenti stradali, fornendo assistenza psicologica, pratica e legale gratuita, principalmente attraverso le Organizzazioni nazionali affiliate;• contribuire alla sicurezza stradale, mettendo in evidenza il pericolo sulle strade e le cause di incidenti al fine di impegnare le istituzioni e le autorità nell’attuazione e applicazione molto più efficace delle misure di sicurezza stradale.La FEVR è un’Organizzazione “ombrello” di organizzazioni delle vittime della strada, attualmente ci sono 24 Organizzazioni affiliate e 4 partner che collaborano e che rappresentano gli interessi delle vittime decedute e ferite in incidenti stradali e chiedono per i loro diritti una risposta più efficace e seria da parte dei governi rispetto alla morte e alle lesioni subite sulle strade.Le organizzazioni che compongono la FEVR stanno promuovendo una consapevolezza maggiore che, assieme ad una risposta sul piano giuridico più adeguata, potrebbe servire come deterrente e potrebbe aiutare a contribuire alla riduzione di morti e feriti da incidenti stradali.A tal fine, le organizzazioni affiliate alla FEVR sono impegnate a lavorare per il miglioramento della risposta post-incidente, compresa una seria indagine sugli incidenti, una migliore assistenza medica (fisica, psicologica e sociale) dei feriti, della giustizia penale e civile, che dovrebbe alleviare la gravità dell’impatto sulla vita delle vittime di incidenti stradali.Comune ai membri delle organizzazioni della FEVR è il desiderio forte di constatare che la lezione appresa dalla loro tragedia non si ripeta.La Federazione ha collegamenti con associazioni analoghe in tutto il mondo e questo ha un grande valore per la condivisione di esperienze e conoscenze ed è molto apprezzato da tutte le organizzazioni appartenenti.Le attività della FEVR sono:• evidenziare questioni che costituiscono pericolo sulla strada dal punto di vista delle vittime;• presentazione di testimonianze di vittime;• Partecipare e promuovere la Giornata Mondiale della Memoria per le Vittime Strada che cade la terza domenica di novembre: questa giornata è stata commemorata dal 1993 e da allora osservata dalle organizzazioni FEVR per più di un decennio prima della sua adozione da parte delle Nazioni Unite nell’ottobre 2005. Questa Giornata, ora osservata in tutto il mondo, ha un ruolo importante nel mettere in luce la devastazione

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causata dalla morte sulla strada e dalle lesioni, e nell’offrire alle vittime di incidenti stradali il riconoscimento della loro sofferenza.www.worlddayofremembrance.org• assemblee FEVR annuali - ospitate da organizzazioni aderenti a rotazione - per condividere esperienze, idee e progetti, assieme a conferenze pubbliche e conferenze stampa;• partecipazione ai Forum della Commissione degli Stakeholder dell’UE e la partecipazione a conferenze e seminari europei e internazionali per presentare gli obiettivi specifici di FEVR;• monitoraggio continuo della situazione delle vittime di incidenti stradali, attraverso studi di casi - da parte delle organizzazioni aderanti alla FEVR - diffondendo le informazioni sulla situazione e sulle esigenze delle vittime della strada, le cause di incidenti e le risposte avute;• reciproca e assistenza continua nel paese in cui si è verificato l’incidente di cittadini di altri paesi membri FEVR, in conformità con l’accordo di assistenza giudiziaria firmato da organizzazioni aderenti FEVR dall’ottobre 1996;• azioni per conto degli utenti vulnerabili della strada e in favore della sicurezza stradale sostenibile nelle città;• sostegno ed l’aiuto allo sviluppo di organizzazioni locali di difesa delle vittime della strada in altri paesi;• la promozione dei principi per la riduzione del pericolo stradale nella prevenzione di incidenti stradali;FEVR è stata formalmente fondata a Ginevra nel luglio 1991 dal professor Marcel Haegi, con gli obiettivi di promuovere l’assistenza alle vittime della strada a livello internazionale e in Europa, il lavoro per la prevenzione degli incidenti e rafforzare i contatti e la collaborazione tra le associazioni delle vittime stradale dei diversi paesi.Marcel Haegi, egli stesso un padre in lutto, ha voluto - dopo aver istituito una associazione di famiglie delle vittime in Svizzera - avere associazioni analoghe in ogni paese per contribuire a migliorare la situazione delle vittime, soprattutto perché non esisteva alcun supporto ufficiale da parte dei governi e delle istituzioni.Le organizzazioni delle vittime si trovano a dover riempire il vuoto lasciato dai fallimenti dei governi. Marcel Haegi fu presidente della FEVR fino alla sua morte avvenuta nel febbraio 2004.Brigitte Chaudhry, fondatrice di RoadPeace, Associazione del Regno Unito per le vittime di incidenti stradali, una madre in lutto, successe a Marcel Haegi come presidente ed ha portato avanti la FEVR fino ad ottobre 2010.

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Jeannot Mersch, presidente della Associazione Vittime della Strada AVR in Lussemburgo è stato eletto terzo presidente FEVR durante l’Assemblea annuale a Roma nel 2010.FEVR ha lo status di un’Organizzazione Non Governativa riconosciuta da parte del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite e partecipa ai gruppi di lavoro dell’ONU, come rappresentante unica della prospettiva delle vittime della strada.FEVR è anche un membro del Forum di collaborazione per la Sicurezza Stradale istituito nel 2004 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).FEVR è membro del Consiglio di ETSC (European Transport Safety Council) ed è anche rappresentata nel Consiglio di Amministrazione della Alleanza Globale di ONG per la Sicurezza Stradale e Vittime della strada.

Jeannot MerschPresidente Federazione Europea Vittime della Strada

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L ’Alleanza Globale delle ONG per la sicurezza stradale è stata fondata nel 2011 da rappresentanti delle ONG che collaborano con

le Nazioni Unite per la sicurezza stradale (FEVR è uno dei membri co-fondatori della Alleanza) ed è organizzata e registrata secondo il diritto svizzero.È stata fondata in risposta alla domanda da parte delle ONG in tutto il mondo per un costruire un forum in cui le ONG potessero condividere le migliori pratiche e sostenere collettivamente politiche per la sicurezza stradale e per le vittime della strada.Ora ha più di 140 ONG attive in oltre 90 paesi.La prima riunione delle ONG è stata ospitata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità a Bruxelles nel maggio 2009, quando 100 rappresentanti di 70 organizzazioni non governative provenienti da 40 paesi si sono riuniti. Hanno lavorato sulle raccomandazioni per il Decennio di iniziative per la sicurezza stradale 2011-2020 e le loro 33 raccomandazioni chiave per i governi sono pubblicati nella dichiarazione delle ONG di Bruxelles visibili sul sito: http://worlddayofremembrance.org/worldwide-actions/global-initiatives/brussels-declaration/L’Alleanza Globale e le sue ONG sono in prima linea nello sforzo globale per salvare vite umane sulle strade: progetti importanti e campagne, lavorare con le comunità e il governo e per sostenere politiche di sicurezza stradale nella legislazione.Nel 2015, più di 170 delegati provenienti da più di 52 paesi in rappresentanza di 100 organizzazioni non governative (ONG) si sono riuniti a Marrakech, in Marocco, per il 4° Incontro mondiale delle Organizzazioni non governative per difendere la sicurezza Stradale e le vittime della strada.Questo Global Meeting delle ONG è organizzato dalla Alleanza Globale di ONG per la sicurezza stradale e si svolge ogni due anni, con le precedenti riunioni tenutesi a Bruxelles, Belgio, Washington DC, Stati Uniti d’America, e Antalya, Turchia.Quasi 3.500 persone muoiono sulle strade di tutto il mondo ogni giorno, oltre 1,2 milioni di persone ogni anno muoiono e decine di milioni rimangono ferite o disabili. Ogni anno, i paesi in via di sviluppo perdono tra l’1 e il 3% del loro prodotto interno lordo a causa di spese mediche, perdita di produttività, e altre derivanti da morti e ferimenti sulle strade. L’onere economico di incidenti stradali costa almeno 500 miliardi dollari in tutto il mondo, che è più di tutti i fondi che ricevono in aiuti i Paesi in via di sviluppo.Le Organizzazioni Non Governative svolgono un ruolo vitale nel crescente movimento mondiale per ridurre l’impatto di incidenti

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stradali sulla società attraverso attività di sostegno per l’attuazione di programmi basati sull’evidenza per ridurre gli incidenti e assistere i feriti. Lo scopo del Alleanza Globale di ONG per la sicurezza stradale e degli incontri a livello mondiale è quello di aiutare a coordinare le attività delle ONG e di contribuire alla diffusione delle migliori pratiche per i programmi, raccolta fondi, comunicazione e altro ancora.L’Alleanza può fornire informazioni concise sulle attività delle ONG ad attori non-ONG, come i governi, fondazioni, agenzie intergovernative, i media e le altre parti in causa con un interesse per la sicurezza stradale. Non è una fondazione e non offre finanziamenti per le ONG, anche se cerca di far conoscere le opportunità di finanziamento per quanto possibile ai propri associati.Consiglio di AmministrazioneIl Consiglio di Amministrazione dell’Alleanza è composta interamente da volontari. I membri del Consiglio sono eletti dai rappresentanti delle ONG dell’Alleanza e sono:• Il Signor Piano Lieshout (TUA), vicepresidente• Il Signor Manuel Ramos (FEVR)• La signora Rochelle Sobel (ASIRT)• Il Signor Jeffrey Witte, presidente• La signora Ndeye Awa Sarr (LASER internazionale)Il Direttore Amministrativo è la Signora Lotte Brondum.A proposito di sicurezza stradaleQuasi 3.500 persone muoiono sulle strade di tutto il mondo ogni giorno, che è di circa 1,2 milioni di persone all’anno. Decine di milioni di persone rimangono ferite o disabili ogni anno. Oltre il 90% delle morti sulle strade si verificano in Paesi a basso e medio reddito, che hanno solo il 48% dei veicoli immatricolati nel mondo. Inoltre i traumi da incidente stradale sono diventati la prima causa di morte per i giovani di età compresa 15-29 anni. Oltre al dolore e alla sofferenza che provocano, gli incidenti stradali arrecano notevoli perdite economiche per le vittime, le loro famiglie e le nazioni nel loro complesso, che fanno perdere nella maggior parte dei Paesi tra 1-3% del loro prodotto nazionale lordo.Alta percentuale di utenti della strada vulnerabiliI pedoni, ciclisti e motociclisti di veicoli motorizzati a due ruote e dei loro passeggeri (che sono noti collettivamente come “utenti vulnerabili della strada”) rappresentano circa il 46% delle morti per incidenti stradali a livello mondiale. Questa proporzione è maggiore nei Paesi a basso reddito più che nei Paesi ad alto reddito.Il potenziale di progresso

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I traumi da incidente stradale possono essere prevenuti. Un certo numero di Paesi, soprattutto quelli ad alto reddito, hanno fatto notevoli progressi negli ultimi decenni nella riduzione della loro mortalità stradale. Tuttavia, si può fare di più per ridurre ulteriormente queste cifre. Ora è il momento di agire. Traumi da incidente stradale sopossono diventare la quinta causa di morte entro il 2030, con conseguente 2,4 milioni di morti all’anno. Questo proiezione potrebbe essere il risultato di un aumento dei decessi incidente stradale e dall’altra della riduzione dei decessi dovuti ad altre condizioni di salute.Decennio di iniziativeIl Decennio di iniziative per la sicurezza stradale 2011-2020 fu ufficialmente proclamato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel marzo 2011. L’obiettivo principale del Decennio di iniziative è quello di stabilizzare e poi ridurre il livello previsto di morti per incidenti stradali in tutto il mondo.Se viene raggiunto questo obiettivo ambizioso, complessivamente 5 milioni di vite, 50 milioni di feriti gravi e US 5.000 miliardi dollari potrebbe essere risparmiati nel corso del decennio. Maggiori informazioni sul decennio possono essere trovate sul sito: www.decadeofaction.org.Per ulteriori informazioni sulla Alleanza Globale di ONG per la sicurezza stradale e le Vittime della Strada si prega di visitare il nostro sito: www.roadsafetyngos.org.

Manuel RamosVice Presidente FEVR e componente del Consiglio di Amministrazione

della Alleanza Globale di ONG per la sicurezza stradale

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ripensamento radicale delle politiche che si sono affermate negli ultimio quindici anni.Di recente si è aperta una riflessione a tutto campo sulle norme, le procedure e gli strumenti speciali per la realizzazione delle infrastrutture strategiche derivanti dalla legge Obiettivo, a seguito delle inchieste della magistratura che hanno coinvolto le strutture dedicate del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.In particolare, il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone in interviste e dichiarazioni rilasciate il 19 marzo 2015 a “Servizio pubblico” (La 7) e il 27 marzo a Il Sole 24 Ore ha rilevato, dopo aver affermato che la legge Obiettivo è “criminogena”: “il completo fallimento di uno strumento che non ha reso il sistema né più efficiente, né più trasparente”.Il Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Graziano Delrio, da poco insediato nel suo nuovo ruolo, in una intervista comparsa su La Repubblica il 12 aprile ha dichiarato che è venuto il tempo di sfatare “il mito delle grandi opere” e che si deve tornare alle procedure ordinarie, mettendo fine alle procedure d’emergenza, alle varianti in corso d’opera, ai General Contractor e alla tabella della legge Obiettivo.Ma anche il mondo imprenditoriale sta dando il suo contributo Nell’importante Manifesto “Nove idee per una nuova cultura delle infrastrutture” elaborato dal Laboratorio Infrastrutture del Politecnico di Milano e da Autostrade per l’Italia dell’aprile scorso si rileva che: “l’enfasi sulle grandi direttrici ha così fatto perdere di vista alla politica e all’opinione pubblica il gravissimo gap dei collegamenti tratta per tratta delle direttrici e soprattutto l’accessibilità ai “nodi” all’interno dei quali si sovrappongono e si intrecciano funzioni di lungo raggio con funzioni di servizio della mobilità di breve raggio (…). E si aggiunge che “le infrastrutture non sono per definizione, né necessarie, né sufficienti. Devono poter essere utili: alla mobilità di una comunità, alla competitività dell’industria, allo sviluppo turistico di un territorio”.Sulla stessa lunghezza d’onda organizzazioni rappresentative degli interessi collettivi dei cittadini quali le associazioni ambientaliste (con in prima fila il WWF) che hanno denunciato, sin dal 2001, i difetti di norme e procedure speciali per le cosiddette infrastrutture strategiche che hanno legittimato uno slittamento concettuale dalla logica pianificatoria del Piano Generale dei Trasporti e della Logistica del marzo 2001 - inscritta in un quadro di compatibilità ambientali, economiche, sociali e trasportistiche - ad una logica realizzativa della singola opera, che diviene priorità incontestabile in quanto individuata dal Programma, a prescindere dalla domanda di

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mobilità esistente e potenziale, e localizzata, a prescindere dai reali impatti ambientali, in funzione di un superiore interesse nazionale contro anche la volontà delle comunità locali coinvolte.Il Primo Programma delle infrastrutture strategiche (Delibera CIPE 121/20011 e successive integrazioni) ha fallito nella sua funzione di indicazione delle priorità e costituisce ancora oggi un pesante condizionamento per lo sviluppo del Paese come dimostra il fatto che sia il numero delle opere previste, che i suoi costi complessivi continuano a lievitare, senza controllo: dalle 115 opere del dicembre 2001 per un costo complessivo di 125,8 miliardi di euro, alle attuali 419 infrastrutture per un valore complessivo di circa 383,9 miliardi di euro (con un costo triplicato al dicembre 2014 rispetto a quanto previsto nel 2001) calcolato nel IX Rapporto sulle infrastrutture strategiche (dicembre 2014), elaborato dal Servizio Studi della Camera dei Deputati, in collaborazione con l’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori Servizi e Forniture e con il supporto tecnico di Cresme e Istituto Nova.E le scelte trasportistiche derivanti dalla legge Obiettivo sottraggono risorse pubbliche alle vere priorità del Paese (rete logistica e aree metropolitane) favorendo la realizzazione di grande opere di trasporto per servire la mobilità nelle lunghe distanze: rispetto al costo complessivo attualizzato di 383,9 miliardi di euro, il 52% dell’investimento programmato attiene ad opere per lo più autostradali (circa 148 Mld di euro), mentre solo il 35% attiene ad opere ferroviarie (93 Mld di euro, privilegiando tutt’oggi la realizzazione di linee ad Alta Velocità). Non solo gli effetti positivi di queste politiche sono stati deludenti, ma quelli negativi sono evidenti: il potenziamento di grandi assi stradali e la costruzione di nuove infrastrutture autostradali, in particolare, hanno favorito la dispersione urbana, in assenza spesso di servizi per la mobilità, l’aumento del consumo del suolo e la sub-urbanizzazione del territorio.Ed è invece dalle città, dalle grandi aree metropolitane, dalle reti logistiche di interscambio che si dovrebbe partire ricordando, come documentava l’Allegato Infrastrutture al Documento di Programmazione Economico Finanziaria – DPEF del 2009, che il costo della congestione urbana, dove vive il 40% della popolazione italiana, superava già nel 2008 i 9 miliardi di euro.La congestione insostenibile delle città ha i suoi costi in termini di danni alla salute e all’ambiente, derivanti dalle emissioni: la Campagna “Mal’Aria” 2014 ha consentito di rilevare che su 88 capoluoghi di provincia ben il 37% ha superato il livelli di PM10 in almeno una centralina e, se si prendono in considerazione le emissioni di gas serra, bisogna ricordare che il settore

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dei trasporti pesa per oltre un quarto delle emissioni totali e nel campo dei consumi energetici per quasi il 30% dei consumi di energia primaria.Come si sa l’indice di motorizzazione è ancora molto elevati in Italia, anche se negli ultimi ani è diminuito (come ricordato in occasione degli Stati generali della Mobilità Nuova 2015 di Bologna) e si attesta nel 2013 a 60,8 automobili ogni 100 abitanti, mentre nel 2012 il rapporto era di 62,1 auto ogni 100 abitanti.Nelle principali 50 città italiane questo indice diminuisce in modo più netto: nel 2013 erano 58 le auto circolanti ogni 100 abitanti mentre nel 2011 questo indice era pari a 63 auto. E’ bene ricordare però che molte grandi città europee hanno indici molto più bassi rispetto alla media italiana - Parigi (45 auto/100 abitanti), Barcellona (41), Londra (36) e Berlino (35) - e che la media dei paesi europei è di 47 auto ogni 100 abitanti.E l’anomalia italiana si riflette ovviamente anche sull’incidentalità stradale: nel 2013 sono stati registrati 3.385 morti e 257.421 feriti, un dato che per fortuna è in calo (-52% di morti rispetto al 2001) ma che rappresenta ancora i numeri di una autentica guerra che ogni giorno si combatte sulle strade.Molti di questi incidenti hanno riguardato pedoni (549 morti e 21.000 feriti), ciclisti (251 morti e 16.800 feriti) e motoveicoli (849 morti e 58.500 feriti). Per tutti questi motivi si chiede un’inversione di tendenza che consenta di ripensare in maniera sostanziale alle priorità di investimento per favorire in primis la mobilità nella città estesa in condizioni di sicurezza, alle regole vigenti in materia di valutazioni ambientali e per l’affidamento dei lavori, di puntare sulla qualità della pianificazione e della progettazione di infrastrutture di trasporto, che favoriscano la intermodalità e i vettori meno inquinanti, di liberare le risorse pubbliche necessarie per soddisfare la reale domanda di mobilità degli italiani.

Stefano LenziResponsabile Ufficio relazioni istituzionali WWF Italia

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I dati Aci-Istat emersi nel 2014 che si riferiscono però all’anno 2013 ci confermano che per il quinto anno di seguito (2008 – 2013), la strada

Statale 106 in Calabria è la più pericolosa d’Italia. In questi cinque anni sono ben 148 le vittime della S.S.106 mentre negli ultimi due anni (2014 - 2015), abbiamo avuto, ad oggi, 24 vittime. Considerando i dati che vanno dal 1996, ovvero da quando esiste il Sistema Statistico Nazionale di Localizzazione degli Incidenti Stradali a cura della Direzione Studi e Ricerche ACI, abbiamo fino ad oggi circa 9.000 sinistri, 24.000 feriti ed oltre 650 vittime. Basterebbe considerare i dati dal 1980 per dimostrare che sulla S.S.106 si consuma ancora oggi la più grande strage di Stato della storia della Re-pubblica italiana. Le ragioni che rendono la S.S.106 tristemente nota come “strada della morte” sono diverse. Certamente c’è una responsabilità oggettiva del conducente che non può essere trascurata però è anche vero che sulla S.S.106, rispetto ad altre im-portanti arterie viarie del Paese, questa perde sensibilmente di significato rispetto ad altre motivazioni tra le quali spiccano: • l’inadeguatezza di una strada ormai inadatta a gestire gli attuali volumi di traffico; • la presenza costante delle diverse e svariate criticità infrastrutturali che rendono molto pericolosa questa strada; • l’innumerevole e sempre crescente presenza di accessi abusivi ed irre-golari; • l’insistenza di guard-rail completamente fuori norma; • una cartellonistica che versa in condizioni di degrado; • l’accentuata carenza di illuminazione; • la pessima manutenzione del manto stradale presente in diversi tratti; ecc. ecc.Non occorre poi dimenticare che la S.S.106 in Calabria non solo uccide gli automobilisti (peraltro in larga parte giovani e donne), ma anche il futuro della regione poiché - come dimostrano i maggiori indicatori economici - questa strada determina fortemente l’isolamento, la povertà economica, lo spopolamento e la perdita di comunità, l’impoverimento culturale, la man-canza di modernità. Davanti a tutto ciò qualcosa si dovrà fare, qualcosa che è possibile fare, basta solo prenderne coscienza. Ma cosa? Per iniziare si potrebbe avviare un cammino che preveda la messa in sicu-rezza subito della S.S.106 in Calabria attraverso degli interventi che pos-sano seriamente migliorare la viabilità e la mobilità su questa importante arteria viaria evitando di realizzare presunte opere di messa in sicurezza - come è accaduto negli ultimi anni e continua ad accadere - che hanno solo due meriti: sperpero di denaro pubblico ed incremento dei fattori di rischio

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su una strada di per sé già pericolosissima. Contemporaneamente occorre avviare al più presto un piano di finanziamenti che negli anni possa preve-dere l’ammodernamento della S.S.106 in Calabria così come è accaduto in Puglia e Basilicata. Avviare l’ammodernamento del 3° Macrolotto che collegherà Sibari a Ro-seto è solo il primo passo di un cammino che può e deve vedere al più presto l’ammodernamento della S.S.106 da Sibari a Mandatoriccio (8° Macrolotto), da Mandatoriccio a Crotone (9° Macrolotto), da Crotone a Catanzaro Lido (6° Macrolotto) e poi in seguito i Macrolotti 11°, 7° e 10° che collegano Catanzaro Lido a Reggio Calabria. A molti lettori tutto ciò potrebbe sembrare demagogico anche perché l’am-modernamento della S.S.106 in Calabria costerebbe allo Stato poco oltre i 16 miliardi di euro. Tuttavia è fondamentale iniziare ad affrontare il proble-ma per riuscire al più presto a risolverlo. Un buon aiuto potrebbe arrivare dai fondi comunitari: alcuni tratti della S.S.106 in Calabria risultano nella rete globale TEN T, vigente dal 1° gennaio 2014 e adottata dal “Regola-mento (UE) n.1315/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, sugli orientamenti dell’Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti e che abroga la decisione n.6661/2010/UE. Il tratto in questione riguarda la S.S.106 dal comune di Rocca Imperiale (pro-vincia di Cosenza), fino al comune di Catanzaro (provincia di Catanzaro). Contestualmente si potrebbe richiedere alla Comunità europea di includere la restante S.S.106 nella rete TEN T per renderla finanziabile con i fondi comunitari anche perché la sua esclusione è in netto contrasto con la con-clamata politica europea inclusiva, nonché con le condizioni di regione obiettivo convergenza. Serve, quindi, prima una forte presa di coscienza rispetto al problema della famigerata “strada della morte” e poi una azione politica forte ad ogni livello affinché vengano assunte scelte fondamentali a strategiche rispetto alla strada Statale 106 in Calabria che può cambiare e deve diventare la strada della vita. Se ciò non accadrà purtroppo i numeri saranno destinati a non cambiare e, forse anche a peggiorare, mentre la regione Calabria, con una rete infrastrutturale sempre più carente, sarà destinata sempre più a morire in un contesto nazionale, europeo e mondiale dove è importante avere un’efficace ed efficiente mobilità moderna.

Fabio PugliesePresidente Associazione “Basta Vittime Sulla Strada Statale 106”

Autore del Libro“Chi è Stato? – Un racconto-inchiesta sulla strada Statale 106 in Calabria”

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RU n incidente può accadere a chiunque. Trovarsi davanti a un fatto imprevedibile che può determinare gravi e drammatiche conseguenze

senza alcuna intenzionalità, rimane purtroppo possibile. Ma nessuno può esimersi da colpe: un sovrapensiero, una disattenzione per un “bip” che segnala l’arrivo di un “messaggio”, l’attraversamento improvviso di un pedone o di un animale e così via. Un’azione banale è appena sufficiente a provocare conseguenze drammatiche per tutti coloro che ne sono coinvolti: dalla vittima, al carnefice, passando per i familiari, fino all’intera rete amicale. Nella strada una volta si stabilivano continue relazioni, oggi invece, essa è più percepita come “minaccia” un luogo poco protetto. Le imprevedibilità che la contrassegnano sono marcate da pietre sepolcrali che ricordano un fatto luttuoso. Il tempo, anche se passa, non cancella la disgrazia.La rappresentazione del dramma si compie in un attimo, con un impatto. L’immagine che appare è terribile: spesso un groviglio di “lamiere contorte”.La gravità dell’incidente è in relazione al tipo di danno procurato: dalla disabilità che può essere permanente con difficoltà motorie per tutta la vita, fino alla morte e al declino di intere famiglie. Ormai è dimostrato che ci sono alcuni comportamenti che a causa anche di stati emotivi negativi, influenzano e determinano le difficoltà quotidiane: lo stress sul lavoro, una forte delusione, la fretta … . Le cause possono essere anche di carattere infrastrutturale. Le strade urbane ed extraurbane sono del tutto inadatte ad accogliere l’aumento del traffico, inoltre si aggiunge la mancanza di manutenzione. Quando si parla di incidente stradale, ormai, ci si trova davanti anche ad altri manifestazioni criminali generate da un comportamento diffuso e di paura: la fuga. Il carnefice, vittima di se stesso colpisce, fugge dopo aver ferito e ucciso divenentando così un antieroe, allo stesso modo di Tersite, uno dei personaggi omerici meno amati. Antieroe per eccellenza. Nella tradizione letteraria è sinonimo di vigliaccheria. La guida sotto l’effetto di alcool e droghe è un fenomeno assai diffuso. La sera si comincia con l’aperitivo, l’happy hour, poi durante la cena un poco di vino o birra. L’alcool, il Killer entra in scena poi, in discoteca o in altri luoghi d’incontro in cui si continua a bere. Nel passaggio dalla notte alle prime ore dell’alba, l’alcool ingerito è tanto, è troppo. Alcool e droghe sono tutte sostanze psicoattive che agiscono sul sistema nervoso centrale compromettendo le capacità fisiche e mentali pregiudicando l’attenzione e la concentrazione. Dai dati statistici si evidenzia che i maggiori Killer responsabili sono: l’eccesso di velocità, la guida in stato di ebbrezza, il mancato utilizzo delle cinture di sicurezza, il mancato rispetto della segnaletica stradale, guida distratta, irregolarità nel trasporto di merci e persone. L’orologio segna circa le 3, improvvisamente dei rombi

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mostruosi rompono il silenzio: forti segnali di una competizione. È una gara. Le cronache riportano spesso del fenomeno delle corse illegali. Parrebbe che intorno a questo mondo ruoti anche il furto di auto sportive che vengono affidate a piloti, addestrati alle più estreme tecniche e imprese “mitiche” di guida che si lanciano verso il successo, alimentando il settore criminale delle scommesse clandestine. I resoconti giornalistici riportano spesso del lancio dei sassi dai cavalcavia come dei contromano in autostrada.Il killer compie il dramma nel momento dell’inaspettato. “L’evento accidentale rivela l’uomo Killer” e il suo “branco” che secondo la gravità del danno procurato, l’evento assume interesse e notiziabilità. Vita breve ma allegra, facile e senza alcun rispetto. Il fenomeno della pirateria è un fatto storico, che ha origini lontanissime e si consolida giorno dopo giorno e notte dopo notte. Comportamenti che causano un omicidio suscitando imparziale condanna, e rappresentano le forme più odiose e detestabili di antisocialità, soprattutto se associate ad altri eventi ne rafforzano emotivamente la notizia: “Auto sulla folla a Roma, convalidato l’arresto della rom 17enne, Omicidio stradale, il ddl è pronto: pena minima otto anni di carcere. L’utilizzo del termine Killer, assume per l’immaginario collettivo un’essenza concettuale ed emotiva del moderno antieroe sempre più estesa e complessa, includendo anche altri sterotipi, perfettamente ed emozionalmente adattabili alle cronache giornalistiche. Notizie da consumare con avidità coprendo l’inefficienza, l’indifferenza e le mancanze di interventi da parte delle amministrazioni locali (oggi senza soldi) per una strada più sicura e da vivere. I pirati, quelli che dalle navi trasgrediscono, esistono nel mito e purtroppo esiste anche l’antieroe qui e ora. Sbevazza, viola le regole con disinvoltura e se in possesso di un mezzo di trasporto, mette in mostra la propria, spavalderia, cercando qualcuno da sfidare. Purtroppo anche i killers sono considerati eroi... . L’origine del moderno antieroe la possiamo far risalire al concetto di “superuomo” od “oltreuomo” (Übermensch), che si afferma in un uomo nuovo, quello delle “stragi del sabato sera”. I giovani ne subiscono il fascino, lo imitano e sono attratti delle sue folli gesta. Quell’uomo che, mettendosi in mostra vuole superare i limiti che gli vengono imposte dal sistema di valori e regole sociali. Il supereroe si caratterizza per le sue abilità “straordinarie”. Ha sempre il desiderio di osare e mettere a rischio la propria incolumità e quella degli altri. Il superuomo rimane improvvisamente intrappolato nel ruolo che con presunzione, tracotanza, freddezza e cinico egoismo mescola realtà e finzione fino e diventare improvvisamente Killer.

Billi IvanoSociologo, Fondazione Luigi Guccione

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OI l lutto, che in psicologia dinamica si chiama depressione reattiva, è una reazione normale ad una grave perdita. È normale che tutte le

persone coinvolte in un incidente stradale debbano elaborare un lutto, per un certo tempo. Durante questo tempo è importante avere qualcuno con cui condividere questa esperienza: un parente, un amico, ma anche uno psicologo, specialmente se nel rapporto con la perdita ci sono troppe cose che non si accettano nella zona cosciente.La psicologia delle emergenze si è sviluppata per prevenire le elaborazioni patologiche del lutto. Rifiutare di pensare alla perdita è normale; ci sono dei meccanismi di difesa che scattano rapidamente: tutti abbiamo notato che nei funerali si ride, e spesso ridono proprio le persone più colpite. Tuttavia, se i meccanismi di difesa contro il lutto funzionano troppo, anche l’elaborazione ne può venire limitata troppo, ed allora si instaura il Disordine da Stress Post-Traumatico, con un ritorno ed una persistenza dei sintomi molto oltre i tempi normali del lutto.Un aiuto psicologico è sempre utile, come hanno ben compreso le grandi imprese americane, che per prevenire i danni del DSPT, in inglese PTSD, hanno organizzato degli EAP, Employee Assistance Programs. In Italia la psicologia delle emergenze si è sviluppata dopo altri Paesi, specialmente dopo grandi disastri. Ma ora varie amministrazioni organizzano programmi più sistematici e preventivi. Ad esempio, il FISDE, Fondo Integrativo Sanitario dei Dipendenti del Gruppo ENEL, ha organizzato in Italia un vero e proprio EAP, facilitando l’accesso all’assistenza psicologica per i suoi dipendenti che abbiano avuto un trauma, fra cui in particolare un incidente stradale, mettendoli in contatto con psicologi competenti, accreditati come tali dai colleghi di www.panelonline.it . Varie Amministrazioni pubbliche, anche in vista di eventuali attacchi terroristici, hanno chiesto alle organizzazioni degli psicologi di predisporre liste di colleghi che si sono già dimostrati in grado di fronteggiare adeguatamente il lutto.La stessa Commissione Europea nel progetto “Psychological Aid to Victims of Terrorist Acts”, ha portato alla catalogazione di queste specifiche competenze, con la collaborazione dei summenzionati colleghi italiani organizzati in Panel. Dato che una tecnica della prevenzione del PTSD consiste nel far raccontare ogni dettaglio dell’evento luttuoso, se a raccogliere tale racconto viene uno psicologo esperto anche dei problemi del traffico, questa pratica può fornire anche uno spaccato delle vere cause degli incidenti stradali, spesso deformate dall’interesse a nasconderle alla Polizia ed alle Assicurazioni, visto che quasi tutte tali cause sono classificate come reati comportamentali, o inadempienze dell’amministrazione che è

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responsabile dell’infrastruttura. Per questo, ad esempio, la guida sotto influenza di alcool ed altre sostanze, che varie ricerche pongono al primo posto fra le cause, è sottostimata dall’ISTAT, che deriva i suoi dati dai rapporti di Polizia. Se queste cause principali sono classificate come ultime, i controlli alcolemici italiani possono tornare ad essere un centesimo di quelli fatti negli altri paesi europei, come era prima che la loro inadeguatezza venisse dimostrata dalla partecipazione italiana a quei progetti, ad es. DRUID, Driving Under Influence of Drugs, Alcohol and Medicines. In tale progetto sono stati coinvolti anche conducenti che l’incidente l’avevano causato, perdendovi la propria innocenza, quindi essi stessi restando vittime di un lutto gravissimo, e del relativo PTSD.In altri progetti europei, come www.close-to.net, gli autori del danno, condannati per esso, hanno potuto scontare una parte della pena aiutando i nuovi conducenti a diventare più prudenti. Le pene giustamente severe per l’omicidio stradale non dovrebbero perdere quest’opportunità di applicazione del loro scopo costituzionale, che è sempre la riabilitazione del reo. Bisogna dunque organizzare un rapporto sistematico fra le vittime degli incidenti stradali ed un servizio diffuso di psicologia delle emergenze e del traffico. Vari altri progetti europei, presentati da SIPSiVi in collaborazione anche con la Fondazione Guccione, hanno previsto questi interventi, sebbene in via ancora sperimentale. Occorre espandere e generalizzare questi interventi perché le vittime della strada, se trovano questo modo di incanalare utilmente la loro elaborazione del lutto, possono costituire la molla per altre migliorie della mobilità italiana, con un ruolo partecipato ed attivo.In questo senso, a loro volta, le associazioni delle vittime possono costituire la molla per uno sviluppo del movimento dei consumatori (cfr P.A. Sardi, “Il silenzio dei consumatori” in “Rivista della scuola superiore dell’economia e delle finanze”, Settembre 2005).

Pierangelo Sardi Rappresentante di RAMSES, Ricerca ed Azioni per una Mobilità Sicura

E Sostenibile, nel FERSI www.fersi.org

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NIL ’esercizio autonomo della mobilità da parte dei bambini. Un campo

di intervento di decisiva importanza è costituito dalla realizzazione di aree urbane di massima sicurezza stradale dove i cittadini più giovani (dai 6 ai 18 anni) possano esercitare in modo autonomo la propria mobilità. Questa esigenza nasce dal fatto che negli ultimi trenta anni l’ambiente stradale urbano è diventato così pericoloso da impedire lo sviluppo delle prime forme di mobilità autonoma (prevalentemente durante i tragitti casa-scuola) come avveniva nelle nostre città fino alla fine degli anni ’60. Oggi ai cittadini con meno di 14 anni si nega questo diritto, caricando la loro mobilità sulle famiglie, costrette a onerosi accompagnamenti, salvo ritrovare questi stessi cittadini, allo scoccare del 14° anno, su ciclomotori che spesso aggirano le limitazioni di potenza e velocità del codice e, alla prova dei fatti, costituiscono un tipo di mobilità con un livello specifico di rischio di incidenti stradali oltre 20 volte più elevato della media. Che questo irragionevole e contradditorio modo di proteggere la popolazione più giovane si associ al fatto che adolescenti e giovani, da più di 30 anni, facciano registrare i più alti tassi di mortalità, ben difficilmente può essere considerato un fatto occasionale.In sostanza, nell’attesa di ricreare in via sistematica una ambiente stradale urbano meno nemico della mobilità a piedi e in bicicletta sembra necessario intervenire su alcuni areali ad elevata densità di mobilità infantile per creare i presupposti di comfort, sicurezza, qualità ambientale e controllo che consentano ai nostri figli di ricominciare a muoversi in autonomia nelle loro città, sia pure limitatamente ad alcune aree. Questo campo di intervento, in tutta evidenza, si sovrappone e interagisce con iniziative come quella della organizzazione della mobilità dei più giovani tramite pedibus ma l’obiettivo è più ampio: non basta far scendere i bambini dalla macchina dei genitori, si vuole che comincino, gradualmente e in assoluta sicurezza, a muoversi in modo autonomo, ovviamente a piedi e in bicicletta, e nell’ambito di un processo formativo che fornisca alle nuove generazioni gli elementi per valutare in modo consapevole vantaggi e svantaggi dei diversi modelli di mobilità. Il governo federale USA ha varato un programma, Safe to School (S2S) per promuovere iniziative che consentano l’esercizio di una mobilità autonoma per andare a scuola da parte di tutta la popolazione in età scolare, con una spesa annua di 600 milioni di U$.La popolazione anziana costituisce uno dei segmenti sociali di riferimento della mobilità non motorizzata e su trasporto pubblico sia per una progressiva difficoltà a condurre un vettore individuale motorizzato in condizioni di traffico spesso molto impegnative, sia per gli effetti sulla salute della mobilità non motorizzata, sia a causa dei cambiamenti strutturali dei motivi

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di mobilità che intervengono dopo i 65 anni (progressiva eliminazione degli spostamenti per lavoro e loro rimpiazzo con spostamenti per la cura della persona, per motivi familiari, per lo sviluppo delle relazioni sociali ecc.) che favoriscono forme di mobilità meno convulse. Questa fascia sociale però, specialmente nella componente “grandi anziani” (popolazione con più di 75 anni), esprime esigenze specifiche di sicurezza, di comfort, di qualità dell’ambiente stradale urbano, esigenze che, se non soddisfatte, generano un progressivo abbandono di mobilità.Allo stato attuale in Italia il livello di mobilità della popolazione di età compresa tra 65 e 80 anni si attesta attorno al 58% del livello di mobilità medio; in alcune aree ad elevata coesione sociale il livello di mobilità degli anziani si avvicina all’85% del valore medio. Perché la popolazione anziana continui ad esprimere un elevato livello di mobilità (con effetti assolutamente benefici sulla spesa sanitaria, su quella assistenziale e su quella generata dagli incidenti stradali e con radicali benefici in termini di coesione sociale) è necessaria che questo possano sostituire progressivamente la mobilità su vettore individuale motorizzato con la mobilità non motorizzata e su trasporto pubblico. Perché ciò avvenga da un lato è necessario ridisegnare l’ambiente stradale urbano per renderlo, se non favorevole almeno compatibile con la mobilità non motorizzata degli anziani (rammentando che le esigenze di sicurezza e comfort, agibilità espresse da un settantenne sono ben diverse da quelle indicate da un uomo di 30 anni) e dall’altro è necessario intervenire su tutta la gamma dell’offerta di trasporto pubblico (dal comfort delle fermate alle qualità delle vetture, alla chiarezza e alle modalità espositive delle informazioni necessarie per gestire il proprio itinerario ecc.) per renderla agevole alla popolazione anziana. Può essere interessante sapere che in Austria (nella regione del Tirolo) la Commissione europea ha cofinanziato un progetto pilota di assistenza agli spostamenti della popolazione anziana che però interpreta in modo parziale le esigenze indicate sopra (assistenza all’accesso alle informazioni, alla scelta degl’itinerari e all’acquisto dei biglietti) e comunque da una risposta in termini di assistenza e compensazione e non in termini di adeguamento dell’offerta di mobilità alle esigenze della popolazione anziana.

Maurizio CoppoRST - Ricerche e Servizi per il territorio

Sandra PedoneISDE - Medici per l’Ambiente

Coordinatori del Progetto Mobilità di ISDE Italia

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AM obilità non motorizzata (pedoni e ciclisti). Per decenni gli spostamenti a piedi e in bicicletta sono stati considerati una

mobilità secondaria, riservata a coloro che non possono avere un vettori motorizzato proprio e da relegare in ambiti possibilmente limitati del sistema viario urbano ed extraurbano. Copenaghen, Parigi, Vienna, Madrid) hanno realizzato o hanno in programma di acquisire al trasporto pubblico quote medie annue di spostamenti che vanno dallo 0,5 allo 1,5% degli spostamenti complessivi.Milano ha assunto l’obiettivo di una migrazione media annua dello 0,4% degli spostamenti complessivi dal vettore individuale al trasporto pubblico.Tutto il sistema stradale nazionale doveva piegarsi alle – o essere progettato in funzione delle – esigenze del traffico automobilistico e la stessa disciplina del traffico appare concepita quasi esclusivamente in funzione del traffico di vettori individuali a motore, con particolare riferimento alle autovetture.Questa visione, per certi aspetti ancora prevalente nel nostro Paese, ci ha condotto ad essere la nazione con la più alta dotazione pro-capite di veicoli individuali (autovetture, motocicli e ciclomotori) in Europa ed è strutturalmente collegata agli elevati tassi di rischio della mobilità non motorizzata e di quella su veicoli a due ruote a motore; alla infima quota di spostamenti a piedi e in bicicletta; al divario tra la netta propensione dei cittadini italiani a spostarsi maggiormente a piedi, in bicicletta e su mezzo pubblico e la realtà di una composizione modale che è il risultato di una sistematica penalizzazione della mobilità non motorizzata.In questo contesto normativo, regolamentare e infrastrutturale un’azione che tenda a riequilibrare la composizione modale del nostro sistema di mobilità a favore degli spostamenti a piedi e in bicicletta deve intervenire in modo integrato sulle norme che regolano l’esercizio del diritto alla mobilità, sulla disciplina del traffico e sull’ambiente stradale.Questo ultimo aspetto, in particolare, non può risolversi in una migliore manutenzione e in occasionali ampliamenti dei marciapiedi né nella realizzazione di nuove piste ciclabili.L’eliminazione dei fattori che penalizzano la mobilità non motorizzata comporta la creazione di ampie aree urbane dove vengono privilegiati e tutelati gli spostamenti non motorizzati.Il nostro Codice della Strada prevede la realizzazione di queste aree, denominate “isole ambientali”, ma si tratta di una opportunità che non è stata mai utilizzata a meno di pochissime eccezioni virtuose – tra le quali vogliamo ricordare la creazione dell’isola ambientale che impegna il centro storico di Napoli per una estensione complessiva di un chilometro quadrato. Nelle città medie e grandi di altri Paesi la superficie urbana che

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rientra nella disciplina delle isole ambientali (nel Regno Unito: 20 m/h Zone, in Francia: Zone de Rencontre ecc.) sono la maggioranza e spesso vengono costantemente monitorate per quanto riguarda i livelli di mobilità (che debbono essere crescenti) i livelli di inquinamento (che devono risultare drasticamente ridotti), il livello di sicurezza stradale (la mortalità deve azzerarsi e i casi di ferimento tendere a zero), l’efficienza del traffico (la velocità commerciale deve aumentare sensibilmente a causa della migliore differenziazione dei flussi di traffico nel sistema stradale urbano).Più rari i casi di monitoraggio dell’impatto diretto sulla salute dei cittadini ma ciò è riconducibile al fatto che i modelli di valutazione di questa esternalità sono stati messi a punto solo negli ultimi anni.In definitiva l’eliminazione dei fattori di vincolo che hanno penalizzato la mobilità non motorizzata in Italia e lo sviluppo di azioni che ne favoriscono lo sviluppo richiede molto più di qualche pedonalizzazione o di qualche centinaio di chilometri di piste ciclabili.Richiede la riorganizzazione dell’ambiente stradale urbano nella accezione più vasta: le regole che ne determinano l’uso, l’assetto del sistema viario, il disegno delle curve, la differenziazione tra reti stradali dedicate al trasporto pubblico, reti dedicate ai vettori individuali motorizzati e sistemi areali dedicati al traffico non motorizzato.

Maurizio CoppoRST - Ricerche e Servizi per il territorio

Sandra PedoneISDE - Medici per l’Ambiente

Coordinatori del Progetto Mobilità di ISDE Italia

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IVIL a sicurezza stradale dei non vedenti non dovrebbe essere una

utopia. Nel termine “Disabili visivi” sono comprese due situazioni molto differenti: Ciechi (totali o Parziali) e Ipovedenti.Al di là di misure di diottrie e di campi visivi, e quindi senza pretese di creare categorie giuridiche, ma con il semplice scopo di informare, sono ciechi quelli che non vedono nulla o soltanto cose a poca distanza dal loro naso, mentre sono ipovedenti quelli che hanno un certo residuo visivo; e qui andiamo da poco più che cieco, fino a chi legge la terza riga del tabellone dell’oculista. Ma, poiché alla scarsità della visione centrale si accompagnano spesso complicazioni di ombre, di macchie, di sfocamenti, ecc., si tratta in ogni caso di persone che hanno problemi, più o meno seri, nel muoversi nell’ambiente esterno, dove sono esposti a pericoli più o meno gravi.Cosa fa la legge per garantire - o cercare di garantire - la loro sicurezza?Stabilisce che in tutti gli spazi o edifici pubblici o aperti al pubblico si debbano installare “accorgimenti e segnalazioni che permettono l’orientamento e la riconoscibilità dei luoghi e delle fonti di pericolo per chiunque e in particolare per i non vedenti, per gli ipovedenti e per i sordi.” (Art. 1.2.c DPR 503/1996).La Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia nel 2009, è ancora più drastica e impone agli Stati membri di fare in modo che siano accessibili a tutte le persone, con qualunque tipo di disabilità, spazi, edifici, strutture, trasporti, in pratica “tutto”, e persino lo spazio virtuale, il web.Requisito imprescindibile dell’accessibilità è l’autonomia: un cieco accompagnato non ha alcun problema, ma non è neppure autonomo.Le uniche cose che lo possono accompagnare senza inficiare l’autonomia dei suoi spostamenti sono il bastone bianco,il cane guida e le fondamentali regole e trucchi imparati durante un buon corso di orientamento & mobilità. Ma di quali “accorgimenti e segnalazioni” si deve dotare per legge l’ambiente per essere “sicuro”? Si tratta fondamentalmente di segnali e piste tattili “LVE” installate sulle pavimentazioni, di mappe a rilievo esplorabili con le mani, che gli fanno capire come è fatto l’ambiente intorno a lui, di semafori acustici che gli dicono quando è il caso di attraversare e di informazioni elettroniche. La legge dice che il disabile visivo ha pieno diritto a muoversi in condizioni di “adeguata sicurezza e autonomia”. Queste condizioni sono presenti nelle nostre città?Lo potete giudicare anche voi dalla seguente check-list:• I marciapiedi sono sgombri da pali, cassonetti, moto o auto che li

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invadono abusivamente, troppo generose autorizzazioni all’occupazione dello spazio pedonale per tavoli di bar e ristoranti?• Gli eventuali scavi per lavori in corso sono sbarrati a sufficiente distanza da ostacoli rigidi, come le transenne?• Sugli scivoli che collegano o dovrebbero collegare il marciapiede con la sede stradale, il confine è marcato da una striscia a rilievo di segnale tattile di “Pericolo valicabile” (che significa: “da qui procedi, ma con prudenza”) • La parte alta di una scalinata è sbarrata dallo stesso segnale a rilievo?• Sui marciapiedi non affiancati da muri continui o nelle piazze o altre vaste zone pedonali, è installata una pista tattile continua composta da canaletti paralleli al senso di marcia che consente al cieco di non vagare senza meta perdendo l’orientamento?• Il punto del marciapiede prospiciente all’attraversamento zebrato è marcato dalla presenza di uno sbarramento di canaletti a rilievo che indicano al cieco la presenza dell’attraversamento pedonale?• I semafori sono dotati di un pulsante che, premuto dal cieco, lo avvisa con dei “beep” quando la luce è verde?• La posizione del palo semaforico è indicata al cieco mediante una pista di canaletti che gli consenta di individuare il pulsante e azionarlo?• Le fermate dei mezzi di trasporto sono indicate con i segnali tattili a terra “LVE” che conducano il cieco accanto alla palina di fermata?• I mezzi di trasporto, su gomma o su ferro, sono dotati a bordo di messaggi vocali di prossima fermata e, all’esterno, di avviso vocale di numero di linea e di capolinea?• Gli ingressi di luoghi di particolare interesse (ospedali,uffici pubblici,farmacie, banche,ecc.) sono indicati ai ciechi con i soliti sbarramenti di canaletti LVE?• Le rotatorie, che comunque dovrebbero essere utilizzate solo nelle periferie,sono dotate di attraversamenti pedonali semaforizzati su ciascuno dei bracci che vi affluiscono e a non più di 30 metri dal loro imbocco? Esistono le piste tattili LVE che guidano i ciechi intorno alla rotatoria e ad imboccare il corretto attraversamento?• Tutti i luoghi pericolosi (bordi di canali, di porti, di scarpate, sono marcati con il codice internazionale a rilievo di Arresto/Pericolo?Se la risposta è “sì” a tutte tali domande, possiamo dedurne che non ci troviamo sul pianeta Terra o che stiamo sognando. Ma se queste condizioni sono in gran parte presenti, possiamo fare le congratulazioni agli Amministratori locali e rassicurare i ciechi che la loro sicurezza è quasi garantita, a meno che l’ubriaco o il drogato di turno non li investano sulle strisce.

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Tutto quanto precede, pur riferito alle esigenze dei ciechi, è sicuramente utile anche per gli ipovedenti, ai quali servirebbe anche l’accorgimento di differenziare i vari elementi architettonici e componenti strutturali con un forte contrasto di chiaro-scuro, detto anche contrasto di luminanza.Nota: “LVE” significa Loges-Vet-Evolution e indica l’evoluzione tecnologica tattilo-vocale dei precedenti sistemi tattili, dotata di messaggi vocali incorporati nelle piastre e approvata da tutte le associazioni di categoria che si occupano di mobilità e dagli Enti pubblici e privati, come linguaggio unico per l’autonomia e la sicurezza dei disabili visivi.

Giulio Nardone Presidente Nazionale dell’Associazione Disabili Visivi ONLUS

Vicepresidente dell’Istituto Nazionale per la Mobilità Autonoma di Ciechi e Ipovedenti (INMACI)

e-mail: [email protected] sito web: www.mobilitaautonoma.org

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L ’Avisl da anni si batte per restituire giustizia e dignità alle famiglie delle vittime di incidenti stradali. Ad oggi i pirati della strada, chi

uccide mentre è al volante o chi causa colposamente gravi problemi fisici ad altri soggetti non fa neanche un giorno di carcere e continua a guidare liberamente. Basta sfogliare tutti i giorni le pagine della cronaca nera e giudiziaria.Per questo, in qualità di presidente dell’Associazione, insieme ai coraggiosi parenti delle vittime, lotto ogni giorno per l’introduzione del reato di omicidio stradale nel codice. In merito, l’Avisl ha presentato una proposta di legge, che le Istituzioni hanno preso in considerazione per redigere delle modifiche da inserire nel nuovo Codice della Strada.Il 9 ottobre 2014 la Camera dei Deputati ha approvato con 246 voti a favore e solo 9 contrari la legge che delega il Governo a ridisegnare le norme stradali. Fra le linee guida per la stesura del testo anche l’introduzione del reato di omicidio stradale. Il via libera del Senato per procedere è arrivato lo scorso 11 giugno. Certo, l’introduzione di alcuni emendamenti rende la legge meno stringente, ma si tratta di un passo avanti significativo che ci fa avvicinare ad altri Paesi europei e ci consegna la patente di Paese civile.Da tempo, poi abbiamo anche la garanzia del premier Matteo Renzi che si andrà avanti e che la strada imboccata è quella giusta. “Il tempo dell’impunità è finito – ha assicurato il premier – il 2015 sarà l’anno della svolta definitiva. L’omicidio stradale e l’ergastolo della patente sono due provvedimenti che il Parlamento sta esaminando. Bisognerà dare una risposta. Nel 2015 le cose avranno finalmente compimento dal punto di vista normativo”.Ma in cosa consiste il reato di omicidio stradale? Proviamo a sintetizzare. Si tratta di un’aggravante, che trasforma il reato eventualmente commesso da colposo a doloso: se chi guida a folle velocità, o sotto l’effetto di alcool o sostanze stupefacenti, causa la morte di una o più persone, è punibile con una reclusione più alta di quella che era prevista fino a poco tempo fa, oltre che con il sequestro della patente a tempo indeterminato. Dopo l’articolo 589 del codice penale – quello che riguarda l’omicidio colposo – sono stati inseriti un bis e un ter: il primo prevede il carcere da otto a dodici anni per omicidio colposo commesso da un conducente in stato di ebbrezza alcolica, con un tasso alcolemico superiore a 1,5 grammi per litro, o sotto l’effetto di droghe. Si specifica che il conducente può essere «alla guida di un veicolo a motore o di un natante o di un’imbarcazione o di una moto d’acqua». Se il conducente esercita professionalmente l’attività di trasporto di persone e di cose, si applica la stessa pena con tassi alcolemici inferiori: il limite è fissato a 0,8 grammi per litro.La pena diminuisce tra i sette e i dieci anni di carcere se l’omicidio colposo

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stradale viene commesso in stato di ebbrezza alcolica con tasso alcolemico superiore a 0,8 ma non superiore a 1,5 grammi per litro. Stessa pena se il conducente di un mezzo a motore procede «in un centro urbano ad una velocità pari o superiore al doppio di quella consentita» e se l’omicidio in acqua è provocato da un’imbarcazione o una moto ad acqua che procede al doppio della velocità consentita o se circola in un’area interdetta alla navigazione. In caso di morte di più persone la pena può arrivare a essere triplicata, ma non può superare i diciotto anni. Il 589-ter introduce un’aggravante: in caso di fuga la pena viene aumentata da un terzo alla metà.Fino ad ora, invece, molti di coloro che si mettevano alla guida sotto effetto di alcool o droga ed erano responsabili di un omicidio sulla strada, tra sconti di pena e patteggiamenti di varia natura, non facevano un giorno di galera. La media della pena era di 2 anni e mezzo di carcere. Per questi motivi e per una questione di giustizia, bisogna che si approvi il prima possibile il reato di omicidio stradale. Nell’ambito del reato di omicidio stradale è necessario non tralasciare una parte fondamentale che è quella della prevenzione, che deve andare di pari passo con l’aspetto punitivo. Dobbiamo ricordare che le prime vittime di questa guerra sono bambini e giovani al di sotto dei 25 anni. C’è poi un altro dato che la dice lunga sull’educazione stradale nel nostro Paese: l’80 per cento degli automobilisti non si ferma davanti alle strisce pedonali. Per invertire questo trend va cambiata la cultura. Occorre intervenire sulla legislazione, come finalmente sta accadendo. E ora sembra che siamo arrivati ad un passo decisivo con l’introduzione del rato di omicidio stradale. Ma soprattutto occorre una vera prevenzione: a partire dalle scuole. Occorre uno sforzo collettivo. Morti, feriti, invalidi. È senza fine la guerra che ogni giorno va in scena sulle strade del Paese. Velocità, abuso di alcol e droghe, mancato rispetto del codice della strada sono le cause principali degli oltre 205.600 incidenti dello scorso anno. Impressionante il numero delle vittime: oltre 3.800 vite rimaste sull’asfalto, che spesso aspettano ancora giustizia. Ma per quelli che sopravvivono, le conseguenze sono sempre troppo alte. Il costo economico complessivo è di circa 40 miliardi di euro l’anno, pagati dalla collettività. Almeno 15 ricoverati su 100 per incidente stradale subiscono un’invalidità a vita. In altre parole, ogni anno 20 mila persone diventano invalide. Una vita fatta di fatta di ricoveri, la maggior parte delle volte in terapia intensiva, interventi chirurgici, lunghi periodi di riabilitazione. Malati silenziosi che hanno bisogno di assistenza continua.

Domenico MusiccoPresidenteAVISL (Ass. Vittime Incidenti Stradali, sul Lavoro e Malasanità)

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ISSIS ono strutture rigide di sostegno, sia frontali che laterali, presenti

sulle strade. Trattasi, nello specifico, di: a) sostegni di impianti di pubblica illuminazione, di linee di trasporto di energia elettrica e di telecomunicazioni, di cartelloni pubblicitari); b) segnaletica verticale; c) barriere di contenimento (guardrail) stradali; d) alberature installate e piantate (alberi) ai margini delle strade. Come si rileva dalla tab. 1, nel solo triennio 2010-2012, l’impatto di veicoli contro ostacoli fissi posizionati in modo irregolare ha provocato il decesso di 538 persone e il ferimento di 13.753 persone.

Tabella 1. (Fonte ACI-ISTAT)

Come si rileva dalla tab. 2, i relativi costi sociali stimati dal Ministero Infrastrutture e Trasporti sono stati pari ad oltre 1380 milioni di euro. Ne consegue l’urgenza di mettere in campo appropriate azioni correttive.

Tabella 2

La principale normativa tecnica e di legge è riportata sul nostro sito (www.convegnosicurezzastradale.it).Su numerose ricerche condotte in 13 Paesi europei è risultato che con un

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adeguamento appropriato di impianti di pubblica illuminazione si ottiene una riduzione degli incidenti in ambito urbano mediamente pari ad oltre il 45%. Gli urti notturni contro pali sono a loro volta responsabili di circa il 5% di tutti gli incidenti che si verificano in un anno.Di seguito, alcuni riferimenti normativi in materia di pubblica illuminazione:- Norme Illuminotecniche UNI EN 13201 ed UNI 11248- Leggi Regionali Antinquinamento LuminosoSulle responsabilità civili e penali connesse ad urti contro ostacoli fissi disposti in modo irregolare o non protetti esiste una nutrita giurisprudenza che va sempre più consolidandosi. Ad esempio:in ambito civile:• Sentenza n.1018 del 14/11/2011 emessa dalla Corte di Appello di Catania; • Sentenza n.26374/2014 emessa dalla 3 Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione;• Sentenza n.9547/2015 emessa dalla 3 Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione.in ambito penale: • Sentenza n. 879 emessa in data 12/11/2009 da un Giudice Monocratico del Tribunale di Cremona; • Sentenza n. 113 del 20/01/2011 emessa dalla Corte di Appello di Brescia; • Sentenza emessa in data 18 luglio 2007 emessa da un Giudice Monocratico del Tribunale di Perugia, Sezione distaccata di Foligno; • Sentenza n.303/2008, emessa in data 18/2/2009 dalla Corte di Appello di Perugia;• Sentenza n.17601 emessa nell’aprile 2010, 4 Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione. Pubblica illuminazione e sicurezza notturna.Ancor più elevata è l’incidentalità notturna. Secondo statistiche europee, essa è mediamente quasi pari a quella diurna. La causa principale è l’inadeguatezza della pubblica illuminazione, troppo spesso non conforme alle norme illuminotecniche relative alla sicurezza della circolazione stradale notturna. Viceversa, da numerose ricerche condotte in 13 Paesi europei è risultato che con un adeguamento appropriato di impianti di pubblica illuminazione si ottiene una riduzione degli incidenti in ambito urbano mediamente pari ad oltre il 45%. Gli urti notturni contro pali sono a loro volta responsabili di circa il 5% di tutti gli incidenti che si verificano in un anno.Conclusioni. Non ci si deve limitare a serie riflessioni sui dati relativi

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alle due cause di incidenti sopra esposte e ad aggiornare gli elenchi delle sentenze man mano emesse in campo civile e penale, ma occorre avanzare proposte di miglioramento della sicurezza che abbiano un costo sostenibile per i Comuni e gli altri enti gestori della strade. L’approccio migliore per reperire risorse economiche è quello della riqualificazione energetica ottimizzata degli impianti di pubblica illuminazione esistenti. Con tale approccio, si risolvono tre problemi: si minimizzano i costi energetici e manutentivi, si adeguano gli impianti alle normative illuminotecniche, si mettono in sicurezza i pali di pubblica illuminazione che non lo sono. In molti casi, infatti, gli interventi di riqualificazione energetica possono essere effettuati con il solo capitale privato e, quindi, a costo zero per i Comuni.Sarebbe utile anche reperire risorse economiche presso la Unione Europea nell’ambito del Programma di Miglioramento della Sicurezza Stradale “Orizzonte 2020”. Quest’azione richiederebbe alcuni passi preliminari quali ad esempio: • la costituzione di consorzi tra Comuni al fine di creare delle aree territorialmente omogenee; • la mappatura in modo “puntuale” dell’intero territorio da mettere in sicurezza (ovvero a norma) gli ostacoli fissi ai margini delle strade e la carente illuminazione delle stesse; • ricorrere a Protocolli di intesa, eventualmente già in essere, tra Ordini di Ingegneri e Comuni per stage formativi di giovani • di affidare gli incarichi del progetto di risanamento da presentare in Europa a tecnici realmente competenti nel settore.In ultimo, organizzare Convegni di Sensibilizzazione delle Amministrazioni Pubbliche e degli Enti gestori e/o proprietari delle strade sul tema degli ostacoli fissi e della pubblica illuminazione come quello tenuto a Castellammare di Stabia (NA) il 21/11/2014 del quale si riporta il link: www.convegnosicurezzastradale.it

Leopoldo IovinoFamiliare di vittima della strada

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EI l Parco dell’Educazione Stradale è un luogo fisico nel quale fare sperimentare ai bambini il rispetto delle norme del Codice della strada,

educarli alla cultura della legalità e della solidarietà tra utenti diversi (della strada) e aiutarli a crescere riconoscendo il valore della propria vita e di quella degli altri.Un Progetto Parco può coinvolgere diverse persone nei diversi ruoli: insegnanti, volontari, professionisti e formatori rispetto a tematiche quali salvaguardia dell’ambiente, qualità della vita urbana; e soprattutto ai bambini/e e ragazzi/e delle scuole elementari e medie (ambito didattico/formativo) ai ragazzi e giovani delle scuole superiori e al mondo degli adulti. Il progetto consiste nella realizzazione di un vero e proprio Parco dell’educazione stradale con circa 2000 metri lineari di piste in un’area di circa 10.000 metri quadrati. Le piste rappresenteranno le diverse realtà della situazione viaria (urbana, interurbana ed autostradale), con segnaletica orizzontale e verticale a norma, sulle quali verranno inserite circa 20 macchinine elettriche (che non superano i 10Km/h) adeguate all’utenza dai 6 ai 13 anni (scuole elementari e medie). Il progetto prevede anche la realizzazione di una Club House nella quale troveranno posto aule multimediali per la formazione degli insegnanti delle scuole e dei bambini. Ci sarà anche un simulatore di guida per gli studenti delle scuole superiori e dell’università e per i giovani maggiorenni e gli adulti. Costruire una cultura della sicurezza stradale che parta dalla collaborazione attiva tra tutte le articolazioni della pubblica amministrazione, le imprese private, pubbliche, di terzo settore e coinvolga il protagonismo dei cittadini per realizzare una mobilità sicura, sostenibile, responsabilmente partecipata. Per questo è importante investire in strutture formative, educative che possono modificare - nel medio e lungo periodo - comportamenti, stili di vita e stili di guida per portarli nella direzione della diminuzione dell’incidentalità. Per questo si individuano i seguenti obiettivi:• Favorire - all’interno del Parco - la nascita di una vera e propria Scuola nazionale per insegnanti di educazione stradale (attività di formazione/formatori). Si potranno offrire agli insegnanti pacchetti formativi integrati (educazione ambientale e educazione alla sicurezza stradale)• Creare l’opportunità per la scuola di potenziare l’azione educativa - prevista anche dal codice della strada (art. 230) - attraverso la realizzazione di una struttura permanente di un laboratorio dinamico esperienzale.• Diffondere tra i giovani la conoscenza delle regole del codice della strada,

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i danni causati dall’uso di sostanze alcoliche e delle droghe e i rischi di guida in presenza di tali sostanze. • Sviluppare una cultura della solidarietà tra utenti diversi della strada con particolare attenzione agli utenti deboli (giovani, anziani, pedoni, ciclisti). • Favorire tra le diverse utenze coinvolte ed interessate ad una cultura della mobilità incentrata sulla partecipazione responsabile di ciascuno ed il rispetto dell’ambiente stradale, dei mezzi e soprattutto degli utenti, in particolare di quelli più deboli (pedoni, ciclisti, ciclomotoristi).Avviare la costruzione di 1000 Parchi (uno ogni 60.000 abitanti). 500 milioni di euro. Potrebbero essere interessate organizzazioni di Terzo settore ma anche Enti Locali, privato sociale ed aziende capitalistiche che, in regime di fiscalità agevolata, potrebbero trovare interesse.Tre anni per realizzare un’innovazione di grande portata culturale, sociale ma anche economica che potrebbe creare oltre 7.000 posti di lavoro diretti.

Pierfrancesco GuccioneFondazione Luigi Guccione

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N el mondo si nasce con i piedi per camminare: è la qualità della “strada pubblica” (in seguito: strada) che varia Paese per Paese.

Sosteneva Edmondo de Amicis che: “L’educazione di un popolo si giudica dal contegno ch’egli tiene per la strada” (Cuore). La strada è un bene comune utilizzato liberamente dalle persone negli spostamenti; secondo i propri bisogni; con pari diritti e pari dignità; ed è il luogo sul quale si realizza la educazione alla “convivenza civile”. “Convivenza civile” che è stata efficiente ed efficace fino a quando ha dominato la “mobilità pedonale”, ossia, la “Camminata”. Nulla è cambiato con la venuta dei carri, trainati dagli animali, e delle biciclette, spinte dalla forza muscolare delle persone. Carri e biciclette, idonei e sicuri sulle piccole-medie distanze, conservavano l’integrale eccellenza ecologica e la civile vivibilità dello “spazio condiviso”.Tutto questo era il regno gioioso e spensierato delle bambine/bambini; mentre gli adulti vivevano in assoluta serenità e tranquillità; l’aria buona; niente rumori; nessun inquinamento per i monumenti; niente (o quasi) incidenti stradali.Per le medie distanze rimaneva la TPL dipendenza del pedone. Arrivano i cavalli meccanici, corazzati e massificati nelle scatole metalliche, alimentati da combustibili sempre più sofisticati; sfrenati ed incontrollabili che stravolto quel sistema di vita umana, civile e sociale e creano quella “Insicurezza Stradale” che costituisce un’anomalia radicata e non episodica. È quel fenomeno patologico del nostro tempo; abnorme, anormale e morboso che dà l’addio alla Egalitè, Fraternitè, Libertè ad ogni attraversamento stradale con lo stridente scontro tra gli usufruitori più forti (cavalli meccanici) e quelli più deboli (bambine/bambini pedoni): il massimo della disuguaglianza, della paura, del pericolo mortale. (Il Presidente francese, Chirac, il 17 luglio del 2002 parlò agli Stati Generali della “Insicurezza Stradale”.) Invece di curare questa “Insicurezza Stradale” (valore annuo di circa 2 punti di PIL), gli Amministratori italiani, tout court, hanno stravolto l’obiettivo e scelto la “Sicurezza stradale”: hanno separato la strada secondo le diverse velocità, i diversi compiti, le diverse potenzialità verso la incidentalità, posizionando, teoricamente, le n. 4 “Mobilità”, in spazi stradali ben precisi: 1. la Mobilità pedonale sui “marciapiedi”, alzati, sui lati della carreggiata; 2. la Mobilità ciclistica sulla rete “piste ciclabili”, a raso e a lato della carreggiata;3. la Mobilità TPL-Trasporto Pubblico Locale sulla rete “corsie riservate”, a raso e a lato della carreggiata;4. la Mobilità veicoli privati sulla “carreggiata”. Fine dello “spazio condiviso”, fondamentale alla “convivenza civile; e niente reti per le bici ed il TPL. Trasferimento immediato delle bambine/bambini sui “Marciapiedi” e totale Insicurezza Stradale nei loro attraversamenti stradali. Quelle bambine/bambini iniziano ad essere trasferite/i sui loro veicoli privati; trattate/i - dai

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loro congiunti – come pacchi postali (per andare a scuola e per le altre attività); acquisiscono la cultura della velocità, della illegalità, della disuguaglianza, della forza, ecc.; condizionate/i, psicologicamente, ad essere soggetti “deboli” della strada. Senza vere piste ciclabili e corsie riservate, la carreggiata – (quasi) totalmente – è a disposizione dei veicoli privati che capovolgono i valori con la mobilità TPL. (A Roma, per esempio, la mobilità TPL: era nel 1981 del 58%; nel 1993 del 33%; nel 2008 del 18,2% e la mobilità privata a 56%.) Tale capovolgimento è stato alimentato dalla illegalità diffusa e tollerata quasi al 100%. Lo spazio del marciapiede – culturalmente – non appartiene più alla strada: i gestori delle strade, nella (quasi) totalità dei loro progetti di manutenzione stradale, Ignorano l’esistenza dei marciapiedi; che viene utilizzato per tante diverse attività fino ad impedire la “mobilità pedonale”. Senza piste ciclabili, i ciclisti salgono sui marciapiedi che, poi, vengono espropriati e trasformati in pezzi di pista ciclabile. In assenza di idonei provvedimenti*, gli alti tassi di motorizzazione normalizzano il parcheggio privato sui marciapiedi, alle fermate del TPL, doppia fila, ecc. È un errore non utilizzare: la Carta europea dei diritti del pedone del 1988, voluta dalla rappresentanza italiana (www.assopedoni.it/home/depliant-e-volantini/depliant_europa.pdf); la indagine internazionale dell’ACI, 2009, sugli attraversamenti e semafori pedonali (www.aci.it/fileadmin/documenti/studi_e_ricerche/Pedestrian/PEDONI_Sintesi.pd); e non sostenere la proposta dei cittadini del limite di velocità regolare di 30 km/h in tutta l’UE per le aree urbane/residenziali - Reg. CE il 13/11/2012, n. ECI(2012)000014 (www.europarl.europa.eu/aboutparliament/it/001eb38200/Iniziativa-dei-cittadini.html); e disattendere la norma che obbliga lo stop auto quando il pedone attraversa (art. 191, c. 1); e non collegare il calo dei pedoni morti e feriti alla diminuita vendita di carburanti, all’aumento della mobilità privata, alla riduzione dell’offerta TPL; e non perseguire l’obiettivo di realizzare lo “spazio condiviso”.

Vito Nicola De RussisPresidente Federcamminacittà

* Giappone. Parcheggia nel tuo posto auto, Non negli spazi pubblici. Dal 1957 in vigore il divieto di parcheggio notturno; dal 1962 in vigore il certificato di parcheggio per acquisto auto. Esportato in diversi Paesi. No Italia.

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NII l problema della sicurezza stradale ha sempre destato molto

interesse e tante preoccupazioni negli Amministratori dei Piccoli Comuni.La conformazione di talune strade in particolare, costruite in epoca remota per permettere il transito di veicoli dell’epoca, avevano ed in parte hanno ancora dimensioni e strutture adatte al transito pedonale ed animale ed al massimo a veicoli molto contenuti e con ruote spesso molto grandi in modo da superare con più agevolezza le asperità del terreno e della massicciata stradale. In tanti piccoli centri, come dicevo, la struttura è rimasta pressappoco identica se non al massimo ricoperta da manto cementizio o asfalto; permangono spesso percorsi con gradinate non certo adatte ad un traffico diverso che nel passato.Oggi, di fatto, la stragrande maggioranza di esse, non sono quindi più consone al transito dei veicoli moderni, costruiti con e per altre esigenze e dimensioni. Gli adeguamenti che pur si sono succeduti nel tempo hanno consentito miglioramenti ma non risoluzioni totali dei problemi suscitati dalla moderna circolazione; essi hanno consentito a malapena il transito di persone o cose ma mettendo ulteriormente in serio pericolo la stessa sicurezza dei cittadini e dei veicoli in transito, anche per la velocità dei moderni mezzi di circolazione, aumentata vertiginosamente.I Piccoli Comuni nati oltre mille anni fa peccano naturalmente di questi mali senza che in tanti casi possa immaginarsi una soluzione valida per trasformare vicoli in strade, strade che talvolta, pur collegando paesi e città, intersecano abitati in angoli particolarmente angusti e tortuosi. Strade statali, spesso, che accolgono traffico particolarmente pesante che mette in serio pericolo le stesse strutture abitative (non di rado si segnala abbattimento di balconi o angoli di fabbricato da parte di veicoli enormi in transito, su quelle arterie stradali talvolta unico percorso da dover seguire).Lo Stato ha nel tempo progettato e realizzato arterie atte a ricevere tali traffici ma solo per il collegamento di punti molto lontani tra loro (autostrade, superstrade e vie a scorrimento veloce) lasciando intatti i percorsi antichi, praticamente come costruiti secoli fa. Ciò è risultato particolarmente evidente nel momento in cui sono venuti meno, per cause diverse, queste arterie moderne e si è dovuto far ricorso al vecchio sistema stradale (vedi in Sicilia per il crollo di un ponte dell’autostrada Palermo - Catania).In tutti i casi la sicurezza stradale è ridotta al limite: semafori, sensi unici, zone a traffico limitato o consentito solo a quello pedonale rendono difficile anche il rifornimento di merci di qualsiasi genere e natura ai residenti. Non solo ma la stessa percorrenza rende difficile lo spostamento di chi

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ha problemi di disabilità sia permanente che momentanea. Alcuni esempi di buon utilizzo dei moderni sistemi di trasporto in questi casi sono ben visibili nella città di Perugia con scale mobili che consentono di lasciare in luoghi deputati veicoli di ogni tipo e dimensione e raggiungere la sommità della città con un sistema integrato di scale mobili.Altri ancora sono i problemi legati alla sicurezza nei Comuni di minore dimensione demografica: la carenza atavica di personale addetto alla circolazione stradale, la carenza di risorse per le manutenzioni (sia straordinarie che ordinarie) con obbligo, talvolta, della chiusura totale al transito su quelle particolarmente disastrate.Pochi sono i componenti del corpo di vigilanza e polizia municipale, spesso ridotti all’unità e talvolta i Comuni sono costretti ad optare per lo “scavalco” (ricorso a personale di altri Comuni) quantomeno per assicurare funzioni indispensabili (controllo anagrafico per la residenza, urbanistico, annona, fida pascolo od altro).Un contributo notevole quello dato dagli stessi cittadini con il volontariato di protezione civile che consente ai Piccoli di ottemperare a bisogni sia straordinari (calamità) che anche ordinari soprattutto nelle feste patronali od altro. Ai Piccoli, comunque va bene così.Non chiedono molto. Chiedono soltanto di essere lasciati liberi di esistere in totale consapevole autonomia ma implorano le Autorità di chiedersi se sia o meno arrivato il momento di studiare un Piano di ammodernamento generale del sistema viario nazionale, a partire dalle strade statali, da quelle ex-statali trasferite alle regioni e per esse alle province senza adeguarle al codice della strada. Sarebbe il caso di fare come fu ipotizzato e risolto da Cavour dopo l’unità d’Italia che dette inizio a un piano per il collegamento vero fra le genti ormai unite in una Unica Nazione Sovrana e degna di confrontarsi con le altre, in una Europa non ancora pacificata e che di lì a poco avrebbe scatenato la Prima Guerra Mondiale per la volontà egemone di alcuna di esse.

Arturo ManeraVice Presidente Associazione Italiana Piccoli Comuni d’Italia

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LEL A Norma ISO 39001:2012 Road Traffic Safety (RTS) Management

Systems è lo standard per i sistemi di gestione della sicurezza stradale. è di recente emanazione e si rivolge a tutte le organizzazioni che intendono eliminare i decessi e le lesioni gravi causate da incidenti stradali.Viene applicata su base volontaria, dagli enti pubblici e privati che interagiscono con la sicurezza del traffico stradale 1.La Norma interviene sulla gestione della sicurezza nei trasporti stradali attraverso un’appropriata politica, lo sviluppo di obiettivi ed una efficace informazione e comunicazione. Può migliorare la sicurezza stradale e far diminuire il tasso di incidentalità e mortalità. Il primo passo da seguire è effettuare una valutazione di rischio dell’attività lavorativa. I rischi del trasporto sono infatti oggi il principale rischio lavorativo.Nel 2013 su 660 infortuni mortali (fonte INAIL), 190 sono avvenuti in itinere, cioè negli spostamenti casa-lavoro, 186 nella circolazione stradale (autotrasportatori merci/persone, commessi viaggiatori, addetti alla manutenzione stradale, ecc.), ovvero durante gli spostamenti effettuati per lavoro e solo 284 (pari al 43%) sono occorsi nell’ambiente di lavoro ordinario (fabbrica, cantiere, ufficio, terreno agricolo, ecc.). Questa distribuzione percentuale è abbastanza costante almeno negli ultimi cinque anni.Da una prima considerazione risulta pertanto che il posto più sicuro dove stare è proprio l’ambiente di lavoro (284 morti nell’ultimo anno) contro i 3600 morti negli spostamenti, i 5000 morti nelle attività sportive e del tempo libero e gli 8000 morti tra le mura domestiche. Esattamente il contrario di quanto atteso.Una seconda considerazione presupporrebbe che essendoci l’obbligo (art. 28 D.Lgs. 81/08) di valutare (e prevenire) “tutti i rischi” in ambiente lavorativo, la maggiore attenzione sia riservata a quelli che causano più della metà dei morti, ovvero gli spostamenti che nella stragrande maggioranza dei casi avvengono in auto. Niente di più falso. Infatti gli infortuni in itinere sono contabilizzati dall’INAIL, ma esclusi dalla valutazione dei rischi. Gli infortuni negli spostamenti per lavoro non sono esclusi, ma nella stragrande maggioranza dei casi vengono omessi o al massimo citati con ovvi consigli di prudenza. Ciò ovviamente non vale in assoluto, dato che ci sono società che hanno ottenuto lusinghieri risultati affrontando l’argomento in modo sistematico per dimostrare che un approccio razionale e sistematico produce sempre

1 Vedi le Linee Guida per la certificazione della sicurezza stradale (RTS) secondo la ISO 39001:2012, Certiquality, 2015, www.certiquality.it

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risultati, al contrario dell’approccio scandalistico ed estemporaneo che, come si sta man mano dimostrando, caratterizza l’informazione e la politica sul tema degli infortuni.Un incentivo per valutare e ridurre i rischi lavorativi nel trasporto, ma anche la logica conseguenza della valutazione dei rischi è impegnarsi per conseguire la certificazione ISO 39001.La norma rappresenta infatti un utile strumento per aiutare le Aziende e gli Enti a migliorare non solo la sicurezza dei lavoratori (maggiormente a rischio quando sono sulle strade), ma anche quella di tutti gli altri utenti della strada. La sicurezza stradale è una responsabilità condivisa e tale standard intende pertanto sensibilizzare i guidatori al rispetto degli obblighi legislativi e ad un comportamento responsabile. Lo standard si può integrare con le norme ISO 9001:2008 e 14001:2004.Le organizzazioni interessate sono le più disparate: organizzazioni con dipendenti che circolano abitualmente con mezzi aziendali, società di logistica e trasporti, imprese che svolgono lavori stradali, società per la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione di strade, società per la produzione, la manutenzione e il controllo di veicoli, Associazioni, Enti pubblici, etc.L’Organizzazione che decide di implementare il sistema di gestione ISO 39001:2012 deve concentrarsi sui propri obiettivi in ambito RTS (Road Traffic Safety) e gestire la pianificazione delle attività ad esso collegate. Il percorso di certificazione, secondo lo standard ISO, prevede diversi step regolati dalla metodologia PlAn-Do-check-Act (pianificare-attuare-verificare-agire).L’organizzazione deve valutare le interazioni dei propri processi con il sistema dei trasporti e della sicurezza stradale, verificare i propri livelli di esposizione al rischio ed intraprendere azioni al fine di ridurre le probabilità di incorrere in un incidente stradale. In particolare l’organizzazione deve:• identificare il proprio ruolo nel sistema del traffico stradale;• identificare i processi, associare le attività e le funzioni dell’Organizzazione che possono avere un impatto sulla sicurezza del traffico stradale;• determinare la sequenza e l’interazione dei propri processi, attività e funzioni;• determinare le parti interessate che sono rilevanti per il sistema di gestione della sicurezza stradale;• determinare i requisiti delle parti interessate rilevanti e i requisiti legislativi e di altro tipo relativi alla sicurezza stradale che deve rispettare.Deve inoltre seguire un processo che analizzi il suo rendimento in termini

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di sicurezza stradale, determini i rischi e le opportunità, selezioni i fattori di performance su cui agire ed analizzi gli obiettivi che possono essere raggiunti. Per quanto concerne i fattori di prestazioni della sicurezza stradale, l’Organizzazione deve identificare i fattori di esposizione al rischio, i fattori intermedi e finali di stima della sicurezza.I Benefici tratti sono molteplici:• Riduzione del numero dei potenziali incidenti• Riduzione delle assenze per malattia• Riduzione dei rischi di citazione legale per negligenza• Riduzione dei costi per riparazione di autoveicoli• Riduzione delle cause di assicurazioni• Miglioramento delle credenziali per la responsabilità sociale• Fiducia del cliente/utente• Vantaggi per l’organizzazione nelle gare di appalto

Edoardo GalatolaResponsabile Sicurezza stradale e Ufficio legislativo FIAB

[email protected]

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C oMe tutti sanno la sottoscrizione della polizza RC Auto rientra tra gli obblighi dell’automobilista. La circostanza è talmente di evidenza

comune che ben di rado ci si sofferma a ragionare sul perché di questo obbligo: l’entità dei danni provocabili, e di fatto provocati, a seguito della circolazione stradale è tale che il privato non potrebbe farvi fronte da solo, se così fosse rimarrebbero un gran numero di danni senza ristoro.Onde evitare queste conseguenze supplisce il meccanismo tipico dell’assicurazione: in caso di incidente l’assicurazione si sostituisce al privato nella erogazione del risarcimento il tutto a fronte della corresponsione di un premio annuale.Logica vorrebbe allora che la modalità di determinazione del danno, anche quando a pagare sia l’assicurazione, sia quella stabilita dal codice civile in materia di risarcimento.Concretamente il risarcimento è il ristoro da parte del responsabile e/o della Compagnia di assicurazione dei danni subiti dall’utente della strada a seguito di incidente stradale, ovvero la traduzione in termini monetari del pregiudizio patito, sia esso patrimoniale che non patrimoniale.Dovrà, quindi, essere attribuito alla vittima della strada l’equivalente in denaro del reale valore del bene leso (persona e/o cose) dalla condotta di un altro soggetto, sia esso privato cittadino o Pubblica Amministrazione. Quando infatti viene violato un diritto assoluto o relativo il problema che si pone è essenzialmente quello di evitare che le conseguenze dannose continuino a prodursi, indi quello di eliminare i danni già prodotti, e da ultimo quello di risarcire il così detto danno morale.Si tratta di principi generali che si scontrano poi nella concretezza del quotidiano con le esigenze di quantificare i danni; a livello assicurativo attualmente il calcolo viene effettuato sommando le spese vive (costi per cure mediche e spese di riparazione del mezzo eventualmente coinvolto in un incidente), gli indennizzi da versare alle vittime di incidenti stradali in conseguenza dei danni permanenti riportati- che vengono oggi calcolati in base a delle tabelle nella misura di circa € 795 per punto di invalidità-, e da ultimo il così detto danno morale, da intendersi, a termini di giurisprudenza come il perturbamento dello stato d’animo del danneggiato conseguente al fatto illecito.In sintesi le prime due voci di danno vanno a risarcire anche le due voci che il codice civile prevede come lucro cessante (ogni mancato guadagno che, invece, si sarebbe prodotto laddove il fatto illecito non fosse stato realizzato) e come danno emergente (ogni perdita, o necessitata erogazione, o mancata acquisizione sebbene se ne avesse diritto, di utilità già presenti nel patrimonio del danneggiato). In sintesi dunque la disciplina del risarcimento

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del danno-rectius della modalità di calcolo del risarcimento - da applicarsi alle assicurazioni si è conformata sui principi generali codicistici, secondo dei principi costituzionalmente orientati che non ritengono di dover istituire una disciplina di maggior favore a vantaggio delle assicurazioni.Per questo suscita non poche perplessità la riforma prevista per la disciplina de quo nel DDl concorrenza, ben aldilà della valutazione strettamente politica (il favore reso alle casse delle assicurazioni), oltre a quelle già poste in essere (come la non risarcibilità dei danni non dimostrabili con esami strumentali).Leggendo il DDl concorrenza infatti le novità che emergono sono di non poco momento: “il disegno di legge Concorrenza; approvato dal consiglio dei ministri venerdì 20 febbraio conferma infatti l’impostazione già emersa dalle bozze che non solo rivede al ribasso l’attuale tabella per i risarcimenti del danno biologico di “lieve” entità (tra cui rientrano a titolo d’esempio la perdita di un dito o la perdita totale dell’olfatto), ma con un’operazione lessicale cancella il danno morale e infine interviene sui danni non lievi mettendo un tetto.Le nuove tabelle non sono ancora pronte ma dalle prime stime il risparmio per le compagnie può superare il 40% per i danni biologici di lieve entità e arrivare ai 400-500mila euro a caso per i danni più gravi. Sui danni più lievi il governo è intervenuto in due modi: da un lato ha tagliato la base di calcolo per i risarcimenti che dai 795,91 euro attuali per un punto di invalidità è stata ridotta del a 674,78 euro. Dunque le nostre dita, il nostro olfatto, la nostra vista, le nostre ossa, valgono meno.Esattamente il 15,21% in meno. Poi con un blitz lessicale degno dei migliori (o peggiori, a seconda dei punti di vista) azzeccagarbugli, è stato cambiato il titolo all’articolo 139 che non recita più “danno biologico per lesioni di lieve entità”, bensì “danno non patrimoniale per lesioni di lieve entità”(cfr Il Fatto Quotidiano online del 25 febbraio 2015).Ciò che appare grave nel disegno governativo non è tanto - o non solo - a parere di chi scrive, il “favore” reso alle compagnie assicurative, quanto l’aver introdotto di fatto per la quantificazione del risarcimento un doppio binario: uno valevole per i comuni cittadini, sottoposti alle regole del codice civile, (con quel che ne consegue in termini di danni emergenti, lucri cessanti e danni morali) che si trovassero a dover autonomamente risarcire un danno extracontrattuale, l’altro, molto più benevolo, valevole solo per le compagnie di assicurazione che ad ogni evidenza si trovano sempre di più ad essere “più uguali degli altri”.

Marcello AndreozziUfficio legale Fondazione Luigi Guccione

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09I l 6 Gennaio 2006 il Vescovo di Ferrara Comacchio interveniva pubblicamente, sul quotidiano “il Resto del Carlino”, sulla condizione

delle strade nella nostra provincia ferrarese e in particolare sulla SS 309 Romea: «la Romea è una trappola che inghiotta chi a Roma mai più arriverà». E i numeri che seguono non lasciavano e lasciano dubbi.Nella sola provincia di Ferrara sulla S.S. 309 Romea ci sono stati 58 morti in 12 anni e in soli 41 Km di strada! Una strada che registra flussi di traffico che nei mesi estivi sfiorano i 27.000 veicoli al giorno raggiungendo e forse superando i 9 milioni di veicoli l’anno – in particolare mezzi pesanti da e per i Paesi dell’Europa dell’Est che evitano di percorrere la Serenissima – autostrada VE – MI – con uscita a Padova e imbocco della A13 – Autostrada PD – BO e, nel contempo, l’unica strada, da Rovigo a Ravenna e viceversa. Su 6 mila Km di coste italiane, a non avere un’alternativa viaria in caso, per qualsiasi ragione, di blocco del traffico.Oltre che priva, inoltre, di un’alternativa su ‘rotaia’ – sia per persone che merci - che colleghi Ravenna – città già candidata per la cultura europea nel 2019 (conferimento assegnato a Matera), con Venezia città mondiale per l’architettura, l’arte e la cultura.Ben 3 (tre) manifestazioni sono state necessarie organizzare da parte del nostro Comitato su quella strada, per “smuovere” l’Anas ad operare almeno interventi di messa in sicurezza dell’arteria, percorsa su doppio senso di marcia e priva – per sottodimensionamento in larghezza della carreggiata - di qualsiasi spartitraffico lungo l’intero tracciato. Lungo è stato l’elenco stilato nel 2009 per gli interventi di “messa in sicurezza”.Assai più corto, quelli, invece, finora realizzati e tuttora in attesa di realizzazione. E questo mentre il progetto della E45 + E55 che, partendo da Orte (RM) dovrebbe collegarsi alla E55 e creare una direttrice alternativa di traffico fino al passante di Mestre, per collegarsi a sua volta con il corridoio europeo: Lisbona – Kiev, continua, dopo oltre 20 anni, ad essere incluso ed escluso dalla progettazione e realizzazione da parte dei vari governi che si susseguono in Italia.Ai ritardi e inadempienze di cui sopra si è aggiunta di recente un’altra “confortante” notizia per la povera strada Romea, che rappresenta altresì un percorso di notevole interesse storico perché ricalca in parte il tracciato di una strada medievale che collegava Venezia a Roma.Strada che già allora aveva funzione “commerciale” (termine ormai in disuso se non addirittura in ‘disgrazia’ presso: urbanisti, progettisti, economisti (soprattutto), ecologisti, ambientalisti), oltre a costituire una via di transito per i pellegrini ‘cristiani’ – anche costoro molto demodè

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dopo tanti secoli, grazie alle libertà ‘civili’ e all’evoluzione delle stesse - diretti alla città eterna.«A seguito del “sensibile mutamento dell’alveo del fiume Reno in corrispondenza della foce”, che si trova al confine tra le province di Ferrara e Ravenna, oggi i terreni alla sinistra del corso d’acqua “si trovano esposti al moto ondoso e alle mareggiate, sempre più frequenti, che colpiscono la zona”, con il rischio in caso di allagamento sia di vedere “compromessa la florida biodiversità di assoluto pregio e di inestimabile valore ambientale che caratterizza l’area” sia di assistere “all’invasione da parte dell’acqua della Strada Romea, irrimediabilmente esposta dall’eventuale non improbabile cedimento delle barriere difensive”».(Cfr da interrogazione del Consigliere regionale Avv. Galeazzo Bignami – Regione Emilia Romagna).

Luigi A. CiannilliPresidente Comitato “F. Paglierini” per la sicurezza stradale.

Associazione firmataria della Carta Europea per la Sicurezza stradale e aderente C.N.O.S.S. Coordinamento nazionale organismi Sicurezza Stradale

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P er parlare dello stato di salute della Segnaletica Stradale in Italia vorrei partire dalla coda del discorso e quindi dalle conseguenze di

una “cattiva segnaletica” che possono ricadere a 360° su ognuno di noi, nessuno escluso.Il caso. In seguito ad un incidente stradale , che ha causato un’invalidità permanente (paralisi di un giovane trentenne condannato per tutta la vita sulla sedia a rotelle), il Comune di Meldola è stato condannato in primo grado ad un risarcimento di oltre € 3.500.00,00 e in secondo grado, su ricorso dello stesso, ad un risarcimento di € 9.000.000 immediatamente esecutivi mettendo in forte difficoltà economiche l’amministrazione comunale.Fu condannata inoltre anche l’impresa esecutrice dei lavori, per la segnaletica carente e inadeguata. La notizia è stata resa nota dalla pubblicazione sul sito della Corte d’Appello Civile di Bologna.L’incidente, avvenuto all’inizio degli anni 2000 sulla strada San Lorenzo-Fiordinano fu dovuto dallo sbandamento dell’auto sul ghiaino che non era segnalato come avrebbe dovuto per lavori in corso di rifacimento del manto stradale, dunque «non distinguibile dal resto della carreggiata».Per quell’incidente sono stati ritenuti responsabili sia l’amministrazione di Meldola sia la ditta esecutrice dei lavori di asfaltatura.Questo caso reale del comune di Meldola è emblematico per tentare di descrivere lo stato di abbandono in cui versano oggi le strade in Italia.Da circa dieci anni la Sicurezza Stradale in Italia è uno dei temi più discussi sia in Parlamento che in altre sedi istituzionali e non, ma di fatto e in concreto si è intervenuti solo sull’inasprimento delle sanzioni a carico dei conducenti e sulle revisioni dei veicoli”.Di contro sulla maggior parte delle nostre strade ed autostrade la parola Manutenzione ed il suo relativo Controllo sono state relegate in fondo ad una lista di priorità sempre più in emergenza economica con un conseguente innalzamento della rischiosità intrinseca dell’infrastruttura strada.Di fatto uno degli elementi di sicurezza più trascurato è proprio la segnaletica stradale, che ha raggiunto su base nazionale percentuali di difformità dal Codice della Strada oramai superiori al 50% nella segnaletica verticale (un cartello su due in Italia è di fatto “fuorilegge”) e oltre il 90% della segnaletica orizzontale (per la verità non sempre presente ) è ben al di sotto dagli standard minimi imposti da una direttiva Europea.In un Paese in cui è sempre difficile individuare un responsabile, a nostro parere, bene ha fatto il Giudice a condannare sia il comune committente e sia l’impresa esecutrice dei lavori per quanto accaduto.

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La legge parla chiaro: l’ente proprietario della strada è il custode della nostra sicurezza e deve rispondere per quelle che sono le sue competenze e responsabilità.L’importanza della segnaletica stradale nella mobilità odierna:• Previene incidenti e comportamenti pericolosi• Informa correttamente sulle zone di cantiere • Protegge l’utenza debole.• Sviluppa il turismo sul territorio• Contribuisce alla diminuzione dell’inquinamentoI vantaggi di una buona segnaletica:• Gli interventi sulla segnaletica sono i più rapidi, efficaci e i meno costosi.• Una buona segnaletica stradale ha il miglior rapporto costi/ benefici per la sicurezza • Le Best Practice dell’Unione Europea dimostrano senza dubbio che semplici interventi riducono sensibilmente gli incidenti.• Molti dipartimenti universitari affermano oramai da anni che la corretta manutenzione ed il miglioramento della segnaletica riduce notevolmente il rischio di incidente stradale.Il costo sociale degli incidenti stradali:• Ridurre gli incidenti stradali nel nostro Paese non rappresenta solo un dovere morale ma deve essere anche pensato come una manovra di rilancio immediato della nostra economia abbattendo anche la spesa sanitaria derivante dall’incidentalità stradale.

Paolo MazzoniAssosegnaletica

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I l reato di omissione di soccorso, pur essendo strettamente legato alla pirateria stradale, non trova posto nell’analisi dei dati Aci-Istat, ove

vengono considerate solo le cause dell’incidentalità stradale senza porre attenzione ai comportamenti successivi alla determinazione dell’incidente.Dall’Osservatorio dell’ASAPS riscontriamo che negli anni il fenomeno è in crescita: si è passati dai 585 casi di pirateria del 2010 ai 1009 del 2014. Tali casi nel 2010 hanno provocato 98 decessi e 746 feriti, e nel 2014 i decessi sono stati 119 ed i feriti 1.224. L’identificazione dei pirati riguarda circa il 55% dei casi, e su tale percentuale l’incidenza degli stranieri è di circa il 25%, pertanto 1 pirata su 4 è straniero ed inoltre 1 su 5, come riporta l’Asaps, è positivo a droga o ad alcol.Quest’ultimo dato è comunque di difficile definizione, tenuto conto che l’identificazione dei pirati avviene dopo ore o giorni, quando lo stato psicofisico del responsabile ha subìto delle modifiche.Nel 2012 l’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada ha partecipato al Progetto dell’ASAPS “Combatti la pirateria stradale”, con lo slogan “Basta con la vigliaccheria stradale, togliamo la benda e la bandana al pirata della strada”. Il progetto, oltre ad una campagna di sensibilizzazione sociale con diffusione di materiale informativo, prevedeva anche l’istituzione di un punto di contatto email e telefonico per raccogliere indicazioni dai testimoni e fornire notizie ai cittadini coinvolti in un episodio di pirateria. In definitiva, si faceva leva sul senso civico dei cittadini e si prevedeva anche un riconoscimento pubblico per l’impegno civile dimostrato. Ma gli ulteriori risultati di incremento del fenomeno in tutti i successivi anni indicano che, nonostante la validità dell’iniziativa, l’obiettivo auspicato non è stato raggiunto. Le cause vanno sempre ricercate nella mancata sinergia tra struttura pubblica e privato sociale, ragion per cui determinate campagne socialmente utili si affermano e si consumano nel momento in cui vengono poste, poiché il mancato sostegno a livello di comunicazione mediatica impedisce la diffusione, ostacolando la partecipazione sociale. Insistiamo, pertanto, sulla necessità di programmi tv sistematici sulla sicurezza in collaborazione con gli organismi sociali, e condotti nei momenti di maggiore ascolto televisivo; ma insistiamo anche sul bisogno di rendere operanti i valori della democrazia, che, nel confronto tra istituzione pubblica ed organismi del privato sociale, offrirebbero contenuti di sicuro orientamento per la soluzione dei problemi, poiché maturati nell’ambito dell’esperienza di base. Si tratta di fare informazione e diffondere che la pirateria con il mancato soccorso è un atto di inciviltà, un comportamento da vigliacchi, proprio di colui che non si vuole assumere la responsabilità delle conseguenze dell’azione da lui stesso compiuta. Ma non basta stigmatizzare il

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comportamento di omissione di soccorso, il darsi alla fuga, bisogna analizzare il problema e le cause che lo determinano per capire in che modo si possano ridurre o debellare: la paura per la gravità del fatto e per le conseguenze penali, la scopertura assicurativa, lo stato psicofisico alterato, la patente mai conseguita o falsa o anche sospesa, il mancato permesso di soggiorno. Quali le soluzioni per un problema umano così complesso? Bastano le canoniche misure di prevenzione, riferite all’informazione-formazione-coordinamento e controllo? Non del tutto, poiché resterebbero sempre scoperti quei comportamenti legati alla precarietà dell’esistenza e per i quali la politica o i responsabili di settore non compiono scelte adeguate. Non possiamo tuttavia negare che si deve fare di più sul piano dell’informazione-formazione tramite le strutture a ciò deputate, rendendo circolare il rapporto tra scuola e società, perché tutti i settori sociali convergano nel rispetto dei valori, che costituiscono l’obiettivo formativo della scuola, e si sostanziano nella consapevolezza che la relazione fonda la persona ed il riconoscimento del limite fonda la libertà. Diversamente, sarà penalizzata anche l’azione formativa della scuola, non trovando riscontro nell’ambito delle istituzioni che gestiscono la vita sociale, per tal motivo alcuni andranno via, altri si adegueranno all’esistente. La complessa esperienza formativa che, oltre alle competenze disciplinari, dovrà veicolare nei giovani l’esigenza di mettere ordine nella scala dei valori, si fonda sulla testimonianza dell’adulto, e sulla consapevolezza che l’istanza etica non può esaurirsi all’interno della scuola, ma deve piuttosto essere prioritaria in tutti i settori sociali. Riteniamo che non si possa gestire in modo soddisfacente un problema umano e sociale così complesso, come quello di darsi alla fuga e sottrarsi alle proprie responsabilità, se non si porrà fine agli stili corruttivi operanti nella società e nella politica. Un sistema sociale caratterizzato dal senso di responsabilità, dalla correttezza operativa e dall’attenzione reale ai diritti umani, avrà una ricaduta di trascinamento positivo sui cittadini, che orienteranno i loro comportamenti sulle istanze percepite. Si tratta di dar vita ad un cambiamento culturale, etico ed organizzativo, da sempre sostenuto dalla nostra AIFVS che ha, come tratti, l’approfondimento dei problemi, il rispetto dei diritti umani e delle norme, il potere come servizio per la soluzione dei problemi sociali, secondo una visone unitaria e responsabile nei diversi livelli istituzionali, garantita dalla funzione di controllo, che spetta al Governo, anche al fine di impedire lo sfilacciamento sociale.Un cambiamento che dovrà legittimare l’azione della giustizia e delle istituzioni garanti della sicurezza nel territorio, e che auspichiamo possa trovare avvio nelle attuali modifiche in corso sia in campo penale e sia in quello del codice della strada.

Giuseppa Cassaniti MastrojeniPresidente AIFVS Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada onlus

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8L a strada statale 18 tirrenica inferiore rappresenta una delle più importanti arterie del sud Italia. Con i suoi 535 chilometri è

la più estesa del meridione e collega la regione Campania a quella della Calabria. In alcuni tratti rapisce il viaggiatore mostrando le bellezze naturali delle varie località che attraversa. Ma nella sua estensione rappresenta anche un pericolo per chi è alla guida di qualunque mezzo sia a quattro oppure a due ruote. Incolume non si può dichiarare neanche il pedone. Da un parte abbiamo un indice di incidenti che fa riflettere, nel 2012 secondo alcuni dati si sono registrati ben 394 incidenti e 16 decessi. Un bilancio non positivo che va esaminato nella sua interezza. Il registro degli incidenti è ricco di contenuti e tra questi, molti sono stati i casi di decessi che si sono ripetuti sempre in prossimità di alcuni tratti. Scontri frontali, auto pirata, che senza tenere conto dell’alta velocità del mezzo investono passanti oppure solo pedoni che tranquilli percorrono la strada ai lati dell’arteria. A questo va ovviamente aggiunto che la percorribilità di alcuni tratti della strada statale 18 non è sicura ed il pericolo è sempre in agguato. Basti pensare ai numerosi punti critici lungo la statale 18 a causa del rischio idrogeologico di cui soffrono alcuni costoni che fanno da corollario all’arteria. Questo è il caso della zona denominata la Costa Viola all’altezza tra Scilla e Bagnara Calabra.Una strada molto trafficata da ambo le direzioni ma che ha un curriculm negativo riferito alla sicurezza stradale. In questa zona frequenti sono infatti le frane che si abbattono, soprattutto nei mesi invernali a causa delle piogge, procurando seri danni alla viabilità. E’ rimasto infatti scolpito nella mente di tanti il deragliamento del treno, nel maggio del 2001, all’altezza di Favazzina nei pressi di Scilla. Un sciagura sfiorata e causata da ben tre frane che si sono staccate dal costone e sono finite sulla strada statale 18, invadendo ambedue le carreggiate e arrivando a toccare anche i binari della stazione ferroviaria di Favazzina. Un disastro ambientale che ha visto il costone che si affaccia sulla statale 18 amputato di una buona parte. Questo è stato uno dei casi più eclatanti , ma di continuo le pagine di cronaca riportano di frane e smottamenti che si verificano in queste zone. Di interventi destinati alla zona descritta ne vengono effettuati ma inevitabilmente i problemi legati alla criticità del territorio si ripresentano. Ciò comporta anche l’isolamento di alcune cittadine e frazioni che si affacciano sulla statale 18 e che si vedono tagliate fuori dalle continue interruzioni del traffico, dove i lavori di ripristino non fanno in tempo a

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terminare in un tratto, che riprendono subito dopo in un altro punto. Ciò sta a significare che l’arteria risulta insicura e pericolosa per chi la percorre. Una situazione di allerta che viene vissuta dalle cittadine interessate come un “modus vivendi” quasi di rassegnazione. Diviene invece una situazione difficile da gestire dai comuni limitrofi che dovrebbero fare fronte comune per richiedere alle autorità preposte una messa in sicurezza dell’area che non sia solo da tampone nel momento dell’imminente pericolo, ma che tenga conto di un progetto molto più articolato che rimetta in sesto tutta l’area circostante. Non tralasciando le zone collinari a monte della statale 18 dove di rado si pensa alla raccolta e alla regimentazione delle acque lasciando incustodito il tutto.La parola dovrebbe andare a degli esperti che attraverso uno studio approfondito e il continuo monitoraggio del tratto in questione, possano venire a capo di un progetto definitivo della messa in sicurezza dell’area, che non perdona neanche il tratto compreso tra Scilla e Villa San Giovanni.Un elenco di decessi che si potevano evitare pensando in primis ad una carta di comportamento stradale nel pieno rispetto della sicurezza sia del conducente ma anche del pedone e dopo ai tratti meno sicuri, dove la mano dell’uomo può e deve operare per salvaguardare l’incolumità di chi si serve di tale percorso.Tante e forse troppe le sollecitazioni per una richiesta di aiuto che possa mettere la parola fine alle criticità descritte in alcuni tratti della strada statale 18. Appelli non ascoltati, ma che si ripetono di continuo. Nessuno mai potrà pensare di rifare il look nei tratti più critici della statale 18 in pochi giorni, ma con il passare degli anni le criticità aumentano, lasciando spazio alla delusione e alla convinzione che nulla si potrà mai fare per questo “Amato sud” tanto decantato ma poco considerato.Di progetti e finanziamenti destinati per il sud ne corre sempre voce, ma di opere portate a compimento sono poche o nulle.Rivalutare l’intera arteria della strada statale 18 Tirrenia inferiore significa incentivare il sud Italia, un mega progetto per un territorio che merita l’attenzione di chi governa.

Tina Ferrera Giornalista Gazzetta del Sud

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RSII Più recenti dati statistici indicano che i traumi causati da incidenti

stradali interessano per il 80% l’apparato locomotore; quelli che portano a morte sono per il 70% traumi dell’addome e del torace, e per il 40% lesioni del cranio.I traumi dovuti all’alta velocità costituiscono la prima causa di morte tra le persone di età compresa tra i 18 e 44 anni. Tali percentuali si sono capovolte rispetto a solo pochi anni fa, quando era il trauma cranico a causare almeno la metà dei decessi; questo in seguito all’utilizzo sempre più ampio, nella progettazione e costruzione dei veicoli, di avanzati strumenti tecnologici finalizzati alla sicurezza.Per definizione, il trauma è un’alterazione prodotta da una causa lesiva di natura meccanica, ed il meccanismo lesivo può essere diretto ed indiretto. Le lesioni possono essere, infatti, provocate da un urto contro le parti interne del veicolo oppure dovute a fattori di accelerazione e decelerazione.In rapporto alla gravità del danno riportato, le lesioni si possono distinguere in:1) lesioni severe, che minacciano immediatamente la vita, costituiscono il 15% di tutte le lesioni, ma sono responsabili del 50% delle morti traumatiche; 2) lesioni urgenti, che non minacciano immediatamente la vita, ma possono minacciarla o esitano in invalidità significativa, e comprendono il 10-15% di tutte le lesioni;3) lesioni non urgenti, che non minacciano direttamente la vita, e non presentano rischio di invalidità permanente.Fortunatamente, queste rappresentano l’80% di tutte le lesioni.Tra i più frequenti tipi di lesioni è il caso di ricordare: le contusioni, le distorsioni, le fratture, le lussazioni e le fratture.In scontri frontali, ribaltamenti e sbandamenti le lesioni sono dovute quasi sempre alla rapida ed improvvisa decelerazione del corpo, che, per elevate velocità, può provocare anche gravi lesioni interne come strappi del pericardio e dell’aorta, e rotture dell’intestino.Nei tamponamenti è frequente invece la lesione da colpo di frusta del rachide cervicale, poiché il capo per inerzia si sposta violentemente all’indietro e poi rimbalza in avanti; il trauma può determinare anche lo strappo dei legamenti o la sezione delle strutture ossee e midollari del collo. A livello del capo si possono riscontrare fratture del cranio e del viso, (frattura della mandibola, del naso, rottura di denti), per urto contro il cruscotto o il parabrezza, lesioni della laringe per schiacciamento del collo, lesioni del torace e dell’addome per urto contro il volante.Le lesioni agli arti inferiori comprendono per lo più la lussazione dell’anca e la frattura della rotula per urto contro il cruscotto e la lussazione della

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caviglia per violenta pressione sul pedale del freno. Generalmente le lesioni sono meno gravi nel guidatore rispetto al passeggero che gli sta seduto accanto, perché il guidatore di solito percepisce prima quanto sta per accadere, ed in qualche modo cerca di ripararsi, magari aggrappandosi al volante.Nei passeggeri posteriori, invece, si verificano raramente lesioni della faccia per urto contro lo schienale dei sedili anteriori, mentre è molto frequente la lussazione del gomito, dovuta all’arresto improvviso del veicolo. Anche il cattivo uso delle cinture di sicurezza e dell’airbag può causare lesioni da cruscotto ad ossa, articolazioni ed organi interni. Se la fascia trasversale della cintura non appoggia contro il bacino il più in basso possibile, il passeggero, anziché essere trattenuto, scivola in avanti sotto la cintura, ed urta il ginocchio contro il cruscotto, arrivando, in caso di impatti violenti, anche a fratture o lussazioni di tibia e femore.Se la fascia trasversale della cintura risale troppo in alto, può provocare anche rottura o spappolamento di organi addominali e fratture della colonna vertebrale. La fascia obliqua della cintura posizionata bene al centro della spalla evita l’urto del torace e della testa contro il volante e il cruscotto e contro l’airbag, ma se è troppo vicina al collo può ledere arterie e nervi e fratturare la clavicola. L’airbag, invece, in caso di urto senza cintura di sicurezza, si comporta come un vero e proprio corpo contundente, provocando lesioni facciali nei casi più lievi. Se l’urto è molto violento, il passeggero rimbalza contro l’airbag e viene proiettato indietro con la testa contro il soffitto dell’abitacolo.Questo dimostra che la tecnologia correttamente utilizzata è di aiuto nel ridurre le conseguenze di un incidente automobilistico, ma serve a poco ad altissima velocità.La maggior parte degli incidenti, secondo i dati ISTAT, avviene per errore del conducente da disattenzione, alta velocità, stanchezza e infrazioni delle più elementari norme del codice stradale (91,3% dei casi), seguono, in bassa percentuale, i guasti al veicolo e le condizioni ambientali. Da ciò la centralità della prevenzione nella lotta alla traumatologia stradale, ma non bisogna dimenticare che la mortalità ed invalidità associata al trauma dipendono dalla qualità del soccorsoLa morte per trauma riconosce, tre diversi livelli: le morti immediate (nell’arco di alcuni minuti), che rappresentano il 50% dei decessi e sono legate a lesioni spinali, del cranio e dei grossi vasi sanguigni; le morti precoci (nell’arco di ore) rappresentano il 30-35% dei decessi e sono legate a lesioni di torace, organi parenchimatosi, bacino e visceri; le morti tardive (nell’arco di una-due settimane) rappresentano il 15-20% dei decessi e sono legate a

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sepsi ed insufficienza multipla d’organo.Il soccorso pre-ospedaliero qualificato assume, perciò, grande importanza, ed implica una buona organizzazione del sistema di soccorso e personale in grado di valutare la gravità delle lesioni e le priorità di intervento e di compiere manovre di rianimazione avanzata sul terreno.La capacità di intervento della struttura ospedaliera è, invece, limitata al secondo e terzo livello, dove la centralizzazione dei gravi politraumatizzati in strutture ad alta specializzazione si associa ad un miglioramento della prognosi e ad una riduzione della mortalità. Per quanto attiene all’intervento in strutture ospedaliere, questo può sinteticamente enunciarsi in cinque eventi:• la rianimazione• gli interventi in urgenza• la stabilizzazione• gli interventi differitiIn ogni caso è bene ricordare come la diagnostica per immagini, (radiologia), ha un ruolo importantissimo, diagnostico e prognostico, nei traumi stradali.

Michelino BraiottaDirigente medico I livello Centrale Operativa S.U.E.M. 118

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IL ’articolo 3, comma 53 bis del Nuovo codice della strada (Legge 29 luglio 2010, n. 120 - Disposizioni in materia di sicurezza stradale)

definisce “Utente debole della strada” i pedoni, disabili in carrozzella, ciclisti e tutti coloro i quali meritino una tutela particolare dai pericoli derivanti dalla circolazione sulle strade.Tra questi ultimi sono annoverati anche i bambini, categoria particolarmente a rischio poiché non sempre protetta accuratamente dagli adulti che dovrebbero adottare, in particolare durante l’infanzia, dispositivi di sicurezza adeguati. Per “bambini” si intendono i bambini e gli adolescenti fino a 14 anni d’età. Citando ancora il Codice della Strada, l’art. 172 “Uso delle cinture di sicurezza e sistemi di ritenuta per bambini”, prevede l’obbligo di utilizzare regolarmente le cinture di sicurezza, per conducenti e passeggeri. L’uso obbligatorio dei dispositivi di sicurezza è esteso anche ai bambini fino a 3 anni di età o, in ogni caso, di statura inferiore a 1,50 m che possono viaggiare solo se protetti da sistemi di ritenuta omologati e adeguati al loro peso.Dopo le azioni di sensibilizzazione promosse dall’Unione europea per la decade 2001-2010 e avviate con la predisposizione del Libro Bianco del 2001, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e la Commissione europea hanno proclamato nel 2010 un nuovo decennio di iniziative per la Sicurezza Stradale 2011-2020.La sfida lanciata per la nuova decade propone un ulteriore dimezzamento del numero di decessi da incidenti stradali e la diminuzione del numero dei feriti gravi in Europa e nel mondo. Per il conseguimento di tali risultati sono stati proposti sette obiettivi strategici: migliorare l’istruzione e la formazione degli utenti della strada; agevolare l’applicazione delle regole; migliorare le infrastrutture stradali; rendere i veicoli più sicuri; promuovere l’uso delle moderne tecnologie per aumentare la sicurezza stradale; migliorare i servizi di pronto soccorso e intervento post-infortunio; proteggere gli utenti della strada più vulnerabili.A seguito della definizione degli obiettivi strategici internazionali per la decade 2011-2020, il Piano Nazionale per la Sicurezza Stradale (PNSS Orizzonte 2020), predisposto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha stabilito obiettivi nazionali, in particolare, come si cita nel testo del Piano Nazionale, un principio guida nell’azione di miglioramento della sicurezza sulle strade per una categoria particolarmente importante dal punto di vista sociale: i bambini. Il Piano adotta la “vision” di lungo termine “Sulla strada: nessun bambino deve morire”.Malgrado l’attenzione su questa categoria di utenti della strada sia molto

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alta, l’Italia si sta avvicinando lentamente all’ambizioso obiettivo di “vision zero” per la mortalità sulle strade dei bambini. Ancora nel 2013, infatti, per le età comprese tra 0 e 14 anni, sono state registrate 55 vittime, di cui ben 26 tra 0 e 5 anni, e 12.047 feriti, di cui 3.317 tra 0 e 5 anni (Fonte: Rilevazione Istat degli incidenti stradali con lesioni a persone – http://dati.istat.it/). Le campagne di sensibilizzazione all’utilizzo dei dispositivi di sicurezza messe in campo negli ultimi anni, comunque, hanno sicuramente avuto efficacia, le vittime erano, infatti, sempre per la classe di età 0-14 anni, 187 nel 2001 e 70 nel 2010 (variazione percentuale numero morti 2013/2010 pari a -21,4%), mentre i feriti, 13.886 e 12.382, rispettivamente nel 2001 e 2010. Per quanto concerne l’analisi del tasso di mortalità per incidenti stradali sulla popolazione residente, l’indicatore, per la classe di età 0-14 anni, passa da 2,3 decessi per 100.000 residenti nel 2001 a 0,65 per 100.000 nel 2013. Nella popolazione totale i tassi di mortalità sono rispettivamente pari a 12,5 e 5,6 per 100.000, nel 2001 e nel 2013.Particolare attenzione, quando si parla di bambini vittime della strada, inoltre, merita l’analisi dei pedoni. Il pedone è uno dei soggetti più vulnerabili fra le persone coinvolte in incidenti stradali, a maggior ragione quando si considera il binomio “pedoni e bambini”. Benché il numero di morti tra i pedoni risulti complessivamente in diminuzione nel tempo, tra il 2013 e 2012 (-4,7%), la variazione è nettamente più contenuta se confrontata al calo complessivo delle vittime sulle strade (-9,8%). Tra il 2012 e il 2013, infatti, aumentano le persone decedute fra gli ultraottantenni, fra i giovani di 15 29 anni e fra i bambini di 0-5 anni (da 3 a 10 casi).Per completare, infine, il quadro delle fonti disponibili sull’uso dei dispositivi di sicurezza per la ritenuta dei bambini, sembra opportuno citare le rilevazioni sperimentali condotte nell’ambito del Sistema Ulisse per il monitoraggio dell’uso dei dispositivi di sicurezza in Italia (Istituto Superiore di Sanità – Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti) e Sistema Passi (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia).

Silvia BruzzoneIstituto Nazionale di Statistica

Direzione centrale per le statistiche socio-demografiche e ambientali

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A ggiornando la sezione del Dizionario sulla Sicurezza Stradale alla voce “V” – Violenza, a distanza di 10 anni dalla sua prima edizione,

non si può non partire e non rilevare quante ‘V’ Vite umane sono state sacrificate in questa stupida Italia sia da parte di utenti sballati, utenti incoscienti, utenti distratti ma, soprattutto, da parte delle Istituzioni preposte. Il cui compito era e resta duplice: impedire non solo ai primi di fare danni e danni gravi, ma di non rendersi complici o più colpevoli dei primi, concorrendo con le proprie incurie, superficialità, sottovalutazioni ed omissioni ad aggravare la situazione anziché garantire la “Sicurezza”.E’ Violenza questa? O come potremmo chiamarla?I numeri che seguono - di fonte Istat – notoriamente perfino sottostimati rispetto alla realtà - non lasciano spazio a dubbi o interpretazioni di genere. In nessun angolo del pianeta Terra, per guerre fratricide, terremoti, alluvioni o altre sciagure naturali, si sommano, singolarmente, numeri di tali dimensioni e vergogna:

Mentre l’Europa ‘civile’ ci sbatte in faccia i suoi dati, relativi alla mortalità stradale per ogni 100mila abitanti:

E c’è da temere una nuova guerra? No, essa è già in atto, contando solo gli ultimi 14 anni, ma in molti continuano a fingere di non vederla o, peggio, non saperlo. Finchè non sono toccati direttamente da simili tragedie che,

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nello spazio di una frazione di secondo, distruggono per sempre anche la vita di chi resta.Un esempio. Diverse associazioni, oltre al Comitato Paglierini, tra cui “Alla Conquista della Vita” di Lecce, la “Pu.Ri.” di Rimini, “Motociclisti Incolumi”, Federcamminacittà, Fondazione Luigi Guccione, Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada e altre si sono impegnate allo spasimo per chiedere la modifica e l’aggiornamento dell’art. 191 – 1° comma del Cds – riguardante i passaggi pedonali e l’“obbligatorietà” ad arrestarsi in prossimità degli stessi se c’è uno o più pedoni in attesa di attraversare – affinchè l’Italia si uniformasse al resto d’Europa.Tutto ciò il Parlamento l’ha recepito e fatto proprio nel 2010 nell’ambito della Legge n° 120.Si sono visti o sentiti interventi di informazione, aggiornamento e sensibilizzazione su questa riforma epocale per la circolazione stradale e la tutela dei “pedoni” in Italia?

Luigi A. CiannilliPresidente Comitato per la Sicurezza Stradale “F. Paglierini” Copparo (Fe)

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L A Vittima viene descritta, forse in modo un po’ riduttivo, come la persona offesa dal reato. Alcuni autori, come R.Bisi, definiscono la

vittima “come la persona che è stata mortificata nella sua dignità umana, frutto di identità fisica, ma anche psicologica”. Di certo occorre domandarsi quali siano gli elementi che caratterizzano la vittima. Di certo deve esserci un danno subito; la consapevolezza di essere vittima; il riconoscimento da parte dell’opinione pubblica come tale; la necessità di ricevere sostegno dalla società.La vittima subisce un evento-trauma, una rottura con il suo status antecedente. Ciò posto, la vittima, dunque, perde fiducia nei rapporti interpersonali e nei confronti delle istituzione, che dovrebbero, invece, essere in grado di ridurre i rischi di vittimizzazione, evitando in tal modo la verificazione del fenomeno della vittimizzazione secondaria.Quest’ultima si verifica per il fatto che la vittima non si sente tutelata dai comportamenti assunti dalle istituzioni o dalla società, dal sistema preposto a farlo sia nella fase ex ante ed in intinere alla commissione del fatto delittuoso; e per questo l’importanza delle associazioni e dei centri di assistenza alle vittime.Molto spesso la vittima o i danneggiati dall’evento vittimizzante vengono sottoposti ad una spettacolarizzazione puramente mediatica, dopodiché, una volta spenti i riflettori, restano nell’ombra per essere dimenticati. Lo studio della vittima contribuisce da un lato, a comprendere meglio la genesi e la dinamica del delitto e, dall’altro lato, ad individuare le esigenze ed i bisogni di quanti subiscono le conseguenze drammatiche di un fatto criminoso, per cercare di superare nel miglior dei modi possibile la condizione di vittima.Per sopperire alla mancanza di una cultura vittimologica a livello scientifico, sociale e politico, è necessario non solo uno studio approfondito della vittima, ma altresì auspicabile individuare delle possibili soluzioni che aiutino questo soggetto ad uscire dall’ombra ed a riprendere in mano la propria esistenza.Vari studi hanno ad oggetto l’individuazione della motivazione del perché alcuni soggetti siano maggiormente vittimizzati rispetto ad altri e se quindi il rischio di vittimizzazione sia equamente distribuito nella popolazione. Attualmente è un dato acquisito che il rischio di vittimizzazione si distribuisce secondo criteri determinati e non causalmente nel tempo e nello spazio con riferimento a specifici gruppi di individui.Ebbene, in ordine a ciò, va preso in considerazione la cosiddetta criminologia ambientale, ossia lo studio del crimine, della criminalità e della vittimizzazione con riferimento a particolari luoghi. È una tecnica

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investigativa molto utile per fornire un’immagine dettagliata delle zone urbane e non solo maggiormente colpite dalla criminalità o dal degrado. Ovvio che in tale contesto, ed in particolare in ambito di sicurezza stradale, tale tecnica potrebbe essere molto utile per prevenire ed eliminare quei fattori che potrebbero contribuire a generare un incidente stradale in area urbana e dunque il verificarsi di vittime in senso lato.Ed in particolar modo mi riferisco a quei fattori che rientrano nella categoria di degrado urbano che se presenti potrebbero contribuire alla realizzazione di un sinistro: basti pensare, ad esempio, all’indicazione segnaletica stradale verticale ed orizzontale danneggiata, all’assenza di valide barriere in particolari punti nevralgici della città.Ciò ci fa comprendere che il verificarsi di un sinistro, che maggiormente si realizza con conseguenze addirittura nefaste per la vittima in zone urbane, non dipende solo ed esclusivamente dall’impatto degli autoveicoli coinvolti, bensì anche da una serie di fattori legati all’ambiente circostante e che confluiscono nella determinazione di esso.Ecco dunque che occorre impegnarsi affinchè le potenziali vittime non diventino reali, e ciò passa attraverso una piena cognizione del territorio, che può avvenire con l’ausilio dei cittadini, sviluppando in tal guisa una vera e propria coesione sociale.Di certo lo studio della vittima ha contribuito negli anni, non solo nell’ambito prettamente criminologico, a far sì di risalire all’autore del reato e a delineare la loro stretta relazione criminale, bensì ha fatto sì anche di individuare quali fossero in alcune tematiche specifiche, come quella della sicurezza stradale, gli strumenti idonei ad assottigliare il verificarsi degli incidenti stradali. Inoltre, quando si parla di vittima, oltre che richiamare il concetto di sicurezza, l’attenzione volge ad un ulteriore termine, quello della tutela, ed in particolar modo della tutela dopo il verificarsi di un evento traumatizzante.La stessa tutela per la vittima in ambito di incidenti stradali involge non solo la prevenzione, ma anche il momento in cui gli operatori del sinistro rilevano quegli indizi utili sulla scena del crimine, luogo dell’incidente, per poi divenire prove in fase dibattimentale.L’eliminazione, o meglio l’assottigliamento dell’evento vittimizzante, realizzando in tal modo sicurezza, passa inevitabilmente attraverso il concetto di prevenzione e tutela.

Sabrina Camera Docente/formatore presso la Polizia Locale e Penitenziaria

criminologa- consulente ANVU

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lo “stato del benessere” che ha sostituito la “società del benessere”.In Italia è successo, a varie ondate durante, il secolo scorso. Nel periodo fascista furono creati gli istituti di previdenza per i lavoratori di natura pubblica, in contraltare alle società operaie di mutuo soccorso che furono addirittura vietate.Quest’ultime riemersero con forza dopo la caduta del fascismo, attestandosi prevalentemente nel settore della sanità a carattere categoriale (le casse mutue per la sanità e l’assistenza).Purtroppo per chi non apparteneva ad un settore produttivo non esisteva sanità, salva l’assistenza per i poveri.Con la riforma sanitaria dei primi anni 1970 la sanità passò dalla dimensione del well-fare-society a quella del well-fare-state.E così successo per altri segmenti a tutela del lavoro, della previdenza ecc., in Italia come nel resto d’Europa.Ma il lungo stato di servizio del well-fare-society ci porta molto indietro nei secoli, in pieno umanesimo, alla costituzione dell’ospedale di Siena, mirabile punto di incontro fra chiesa cattolica e ricchi mercanti filantropi.Anche in Inghilterra il fenomeno ebbe molto sviluppo fino al fiorire dei filantropi del ‘500 inglese che, unitamente al coevo movimento dei libertini, costituì la prima grande rottura con la chiesa, unica distributrice e di assistenza per i più deboli.Non vi è qui né spazio né sede per approfondire questa affascinante tematica sulla quale molti studiosi del diritto si sono cimentati, elaborando la categoria ordinamentale del “pubblico non statale” in bilico fra pubblico e privato.L’abbiamo presa ariosa per arrivare alla mobilità che, al pari del pensiero e della parola, rappresenta il desiderio di libertà dell’uomo, ma, proprio per tale sua centralità nella costruzione della modernità, vuole regole minime di civile convivenza.Queste regole nella circolazione stradale, più che in altre forme di mobilità, vengono troppo spesso impunemente violate, quando non esistano del tutto.Tale stato di insicurezza è il più alto d’Europa e perciò è stato assunto dall’Italia l’obbligo di ridurre del 50% l’incidentalità stradale con vittime e feriti.Ma ci domandiamo a questo punto: la sicurezza stradale è filone da trasferire al well-fare-state oppure debba rimanere a livello di wellfare- society?La domanda potrebbe apparire teorica, ma non lo è, in quanto, allo stato, la sicurezza stradale non appartiene né allo stato né alla società civile, ma è una sorta di res nullius che genera “morti per caso”, il peggio che possa capitare ad un essere umano e ai suoi congiunti superstiti.Da diversi anni monta nella società civile un fermento e una insofferenza

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contro i morti per caso, ma non si è andati oltre alla denuncia alle istituzioni e all’opinione pubblica: niente di organico e strutturato. Del pari lo stato si disoccupa di questo argomento, ritenendo con l’assicurazione obbligatoria RCA di avere fatto il proprio dovere, quello di assicurare un risarcimento economico alle vittime e ai superstiti, con premi assicurativi pagati dagli stessi cittadini, sui quali da oltre 20 anni non viene operato alcun controllo di congruità e di equità, dopo la liberalizzazione dell’esercizio delle assicurazioni dell’area Ue.Questo lo stato dell’arte: la sicurezza stradale è figlia di nessuno, non dello Stato, non della società civile.Se così è, la domanda in termini operativi va riproposta: vogliamo costruire una struttura organizzativa della società civile che prenda su di sé la sicurezza stradale disegnandone un percorso e attivandosi per realizzarla, oppure la società civile deve spingere affinché lo stato, anche nelle sedi decentrate, se ne occupi legiferando adeguatamente con il corredo attuativo delle norme secondarie?Si potrebbe immaginare anche una collaborazione fra stato e società civile, così come in questa materia avviene da anni in Francia, Germania, Inghilterra.Quest’ultima soluzione comporta compiere un percorso più complesso per così dire interfacciato, dove la costruzione del well-fare society preveda i punti di connessione con un well-fare-state in questa materia allo stato inesistente. Per realizzare questo progetto non abbiamo ricette ma un metodo: quello del risk and crisis management.Procedendo in tal modo si dovrebbe cominciare a tracciare un inventario delle iniziative intraprese nella società civile e nelle istituzioni in materia di sicurezza stradale.Indi partire da questi pezzi, talora dei semplici frammenti, per arrivare ad un disegno compatibile fra le due facciate della sicurezza stradale, quella pubblica cioè del well-fare-state e quella pubblica nonstatale, cioè del well-fare-society.Di privato in questa costruzione c’è ben poco. Di privato, invece, c’è attualmente moltissimo e sono le potenti 60 lobby che operano sulle infrastrutture e sulla mobilità, e che hanno impedito una visione d’assieme e, di conseguenza, le strategie operative conseguenti.Noi non vogliamo “sfrattare” nessuno dalla strada, anzi, chiediamo a queste lobby di comportarsi come imprese etiche, ricalcando il cammino dei mercanti filantropi che idearono e costruirono l’ospedale di Siena.

Gabriella GherardiPresidente AISES - Associazione Italiana Segnaletica e Sicurezza

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L a Giornata Mondiale del Ricordo delle Vittime della Strada viene commemorata la terza domenica di novembre di ogni anno per

ricordare i milioni di morti e feriti sulle strade del mondo, le loro famiglie e molti altri che indirettamente sono colpiti.La Giornata Mondiale ha una lunga storia:• Dal 1995 le organizzazioni delle vittime strada sotto l’egida della Federazione Europea delle Vittime della Strada (FEVR) hanno commemorato questo giorno insieme - prima come Giornata europea della memoria, ma subito dopo come Giornata Mondiale al momento della adesione delle ONG provenienti da Africa, Sud America e Asia unite. L’iniziativa è nata da RoadPeace, un’organizzazione membro della FEVR nel Regno Unito.• 10 anni dopo - il 26 ottobre 2005 - la Giornata Mondiale è stata adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come “il riconoscimento adeguato per le vittime di incidenti stradali e le loro famiglie”.Da allora la Giornata Mondiale è stata commemorata in tutti i continenti - non solo da parte delle ONG che sostengono la sicurezza stradale e le vittime della strada, ma anche da parte dei Governi e altre parti interessate.Nel 2015 si celebra il 20° anniversario della commemorazione della Giornata Mondiale a livello internazionale e il 10° anniversario della sua adozione da parte delle Nazioni Unite.L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), incaricata dalle Nazioni Unite come Coordinatrice per affrontare la crisi globale della sicurezza stradale’ nel 2004, continua a promuovere il riconoscimento in tutto il mondo della Giornata Mondiale.L’OMS ha anche pubblicato una guida per gli organizzatori di eventi della Giornata Mondiale scritto congiuntamente da OMS, FEVR e RoadPeace: http://www.who.int/violence_injury_prevention/road_traffic/activities/remembrance_day_handbook/en/index.htmlEtienne Krug, Direttore del Dipartimento per la violenza e la prevenzione degli infortuni dell’OMS e il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon hanno rilasciato comunicati per la Giornata Mondiale fin dal 2005.Per collegarsi ai messaggi/comunicati nel 2014:http://www.who.int/roadsafety/remembrance_day/statement_2014/en/http://www.un.org/en/roadsafety/remembrance.shtmlI politici in molti paesi hanno già espresso il loro sostegno per la Giornata Mondiale in molti modi diversi. Questo supporto è diventato pressione per le vittime e la sicurezza stradale sostenuta dalle ONG.

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Su due continenti - Europa e Africa - sono state adottate le risoluzioni per osservare la Giornata Mondiale nel 2011:• il Parlamento europeo: il punto 12 su http://www.europarl.europa.eu/s ides/getDoc.do?pubRef=-/ /EP/ /TEXT+TA+P7-TA-2011-0408+0+DOC+XML+V0//EN) (in tutte le lingue)• la Conferenza dei ministri africani dei Trasporti: il punto 5, pagina 5 su http://au.int/en/dp/ie/sites/default/files/AU-TPT-MIN-Decl-LUANDA-EN.pdfMorti e feriti della strada sono eventi improvvisi, violenti, traumatici. Il loro impatto è di lunga durata, spesso permanente. Ogni anno, milioni di nuove persone ferite e vittime provenienti da ogni angolo del mondo si aggiungono alle innumerevoli milioni di persone che già soffrono.Il dolore e angoscia vissuta da questo enorme numero di persone che è tanto più grande dato che molte delle vittime sono giovani, perché molti degli incidenti potevano e dovevano essere evitati e perché la risposta dei governi e della società rispetto alla morte per strada, alle lesioni è spesso inadeguata, non empatica e inadeguata rispetto ad una perdita di vita o della qualità della vita.Questa speciale Giornata della Memoria è quindi destinata a rispondere al grande bisogno di vittime di incidenti stradali per il riconoscimento pubblico della loro perdita e sofferenza.E ‘diventato anche uno strumento importante per i governi e per coloro che lavorano per impedire gli incidenti o rispondere alle conseguenze, in quanto offre l’opportunità di dimostrare l’enorme portata e l’impatto della morte di strada, del pregiudizio e l’urgenza di un’azione.Molti vari eventi commemorativi si svolgono nella giornata mondiale o nei giorni prima o dopo, come dimostrano questi esempi:Africa Nigeria: talk show radiofonici, parata di autobus; Kenya: carovana sulla sicurezza stradale attraverso le città; Benin: passeggiate di consapevolezza, concerti, posa di corone; Uganda: discussioni pubbliche e servizi commemorativi; Egitto: le sessioni di ricordo nelle scuole; Tanzania: preghiere e discorsi multi-religiosi; Camerun: corone sui posti degli incidenti.Asia India: conferenze sulle indagini e la giustizia; Filippine: passeggiata memoriale e di massa; Indonesia un mese di attività; Giappone: a lume di candela veglie e incontri in 7 città; Libano: piantumazione di alberi in un giardino ricordo; Vietnam: servizio di requiem con 15.000 partecipanti; Cina: le attività a scuola; Turchia: inaugurazione del monumento alle vittime.Sud America Messico: concorso fotografico; Guyana: inaugurazione del

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muro ricordo; Brasile: inaugurazione della foresta della vita; Uruguay: la pubblicazione di testimonianze delle vittime di incidenti.Nord America Canada: conferenza; Antigua: distribuzione buoni pasto per le vittime.Oceania Australia: servizio di ricordo; Nuova Zelanda: visualizzazione di croci.In Europa, dove si è iniziato ad osservare la Giornata Mondiale, la maggior parte dei Paesi stanno ora partecipando: Croazia, Irlanda, Slovenia, Regno Unito, Lussemburgo, Belgio, Romania, Grecia, Spagna, Portogallo, Polonia, Germania Svizzera, Italia, Serbia, Olanda, Lituania, Ucraina, Bulgaria, Moldavia, FranciaUn sito web dedicato, creato e amministrato da FEVR, fornisce esempi di commemorazioni e pubblicazioni del passato. Offre anche la possibilità di collegare i Paesi e le persone attraverso la condivisione di obiettivi comuni, il ricordo di morti e feriti in incidenti stradali:www.worlddayofremembrance.org

Brigitte ChaudhryIdeatrice e curatrice sito Giornata Mondiale della Memoria delle Vittime

Già Presidente Federazione Europea Vittime della StradaFondatrice e Presidente Road Peace

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TAS ono numerose le soluzioni per una pianificazione urbana contro

lo strapotere dei mezzi a motore: dalle classiche aree pedonali alle cosiddette “zone 30”, più innovative e con tanti vantaggi - anche economici - ancora poco noti. La riduzione della velocità e dei volumi di traffico sono misure efficaci contro gli incidenti stradali, favoriscono stili di vita più attivi e non allungano i tempi di percorrenza in città. Eppure le resistenze non mancano, a volte anche per la responsabilità di scelte poco condivise con cittadini e portatori di interesse. Modelli differenti sono stati adottati a Strasburgo, Roma e Perugia.Già nel 2004, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) aveva individuato nella riduzione della velocità e del volume del traffico nelle aree urbane un importante obiettivo di salute. La ragione più forte è la mortalità associata agli incidenti, che in tutto il mondo uccidono 1,24 milioni di persone all’anno: per il 20% si tratta di pedoni e utenti “deboli” della strada. Questa indicazione di massima si è concretizzata nel 2013 nel Pedestrian safety report, rivolto a decisori e operatori e orientato a un approccio globale che tenga conto degli aspetti comportamentali, normativi e di ingegneria urbanistica.Il report riferisce che il fattore cruciale è la velocità, perché influenza sia la probabilità che l’incidente si verifichi sia le sue conseguenze. Il documento individua quindi una serie di misure di moderazione del traffico (traffic-calming measures) e sottolinea l’opportunità di combinarne insieme più di una, secondo scelte dettate dalle caratteristiche del contesto (tipologia della strada, caratteristiche del quartiere, necessità di applicarle ad aree più o meno estese ecc).Le diverse opzioniAl momento il modello più collaudato è quello delle “zone 30” - nel mondo anglosassone “zone 20”, per via della conversione in miglia - che rappresentano un tema caldissimo a livello di pianificazione urbana e intersettorialità. Ricorrono a interventi di ingegneria stradale, che obbligano i veicoli a ridurre la velocità e sono state istituite in numerose aree urbane e residenziali di città italiane ed europee come Strasburgo e Perugia.Al pari delle zone pedonali, le zone 30 sono segnalate sia in entrata sia in uscita. Al loro interno, a una distanza di un centinaio di metri l’una dall’altra, sono dislocate le misure di moderazione del traffico adottate: dossi artificiali, rotatorie, chicanes ecc. Nelle zone 30 il progetto deve prevedere interventi che favoriscono pedoni e ciclisti come la riduzione dello spazio per la circolazione delle auto a favore di quello riservato alle piste ciclabili e ai percorsi pedonali, e la creazione di aree adibite

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a scopi sociali. Vengono di solito decise e tracciate dalle autorità locali, idealmente dopo una consultazione ufficiale con chi nell’area risiede o lavora, le organizzazioni dei commercianti (si veda il caso di Roma) e le rappresentanze degli utenti della strada, ma anche i servizi pubblici per la sicurezza e l’emergenza (vedi pdf con le varie definizioni).

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La valutazione di efficaciaLa domanda cruciale è: ma tutto questo funziona? La risposta è affermativa da diversi punti di vista, ovvero misurando vari esiti, come dicono gli statistici: per esempio la frequenza di incidenti sulla strada, l’impatto ambientale, il ritorno economico, la valorizzazione immobiliare dell’area. Lo afferma uno degli strumenti più solidi per raccogliere prove di efficacia di un intervento, una revisione Cochrane pubblicata nel 2009 che con la consueta rigorosa prudenza definisce le zone urbane a velocità controllata “uno strumento promettente, per quanto meritevole di ulteriori verifiche”. Soprattutto per gli utenti della strada più vulnerabili, come pedoni e ciclisti.La revisione ha individuato 22 studi condotti in diverse nazioni ad alto indice di sviluppo che avevano fotografato la situazione prima e dopo l’adozione di strategie mirate alla riduzione della velocità (dossi, rotonde, zone 30, segnalazioni luminose e cambiamenti della pavimentazione stradale), ma anche alla ridistribuzione del traffico (strade con divieto di accesso o a senso unico) e ancora a modifiche dell’arredo urbano (zone alberate, che tra l’altro hanno un effetto additivo sul contrasto ai decibel). La riduzione del rischio di incidenti stradali è del 10-15%.Uno degli studi più autorevoli e a lungo termine a oggi disponibili ha poi valutato l’esperienza ventennale di Londra, dove il limite di velocità è di 20 miglia orarie, equivalenti a 32 km/h.I dati raccolti dalla polizia della capitale britannica su quasi 300 mila tratti di strada - dei quali 120 mila, che si srotolano per oltre 5 mila chilometri, funestati da incidenti - hanno permesso di confrontare diversi modelli di strade: quelle incluse in una zona 30, quelle adiacenti a una zona 30 e infine tutti gli altri tipi di strade. Dal 1986 al 2006, man mano che le zone 30 si estendevano, si è osservata una riduzione (-16%) degli incidenti stradali in toto, ma anche del numero di morti o feriti gravi. Entro le zone 30 erano ancora più marcati il declino degli incidenti (-42%), in particolare quelli mortali o con feriti (-46%). L’effetto lenitivo perdurava anche nelle immediate vicinanze delle zone a velocità ridotta (-8%), per entrambi gli esiti.I maggiori beneficiari? I giovanissimi (per la fascia di età tra 0 e 15 anni gli incidenti, le lesioni e i decessi sono stati dimezzati) e le categorie meno protette (motociclisti -33%, pedoni -32%, ciclisti -17%).Green è bello Non mancano poi i vantaggi sul fronte ambientale.Un’indagine condotta in Belgio, dove da settembre del 2005 le zone 30 sono obbligatorie nelle vicinanze delle scuole di ogni ordine e grado, ha confermato una significativa riduzione delle emissioni di particolato,

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prevalentemente quelle provocate dai motori a gasolio. La curiosità di questo studio è quella di aver simulato il carico di inquinamento ambientale prodotto dai modelli di autoveicoli più comuni in funzione della velocità e ovviamente del tempo di utilizzo.Ad Amburgo, gli studi sull’impatto ambientale registrano un calo del 10-30% di tutti gli inquinanti dell’aria: ossidi di azoto, monossido di carbonio e idrocarburi.A Graz - città dell’Austria modello: per prima in Europa ha trasformato in zona 30 tutto il centro, circa l’80% dell’intero territorio urbano - il contributo alla riduzione dell’inquinamento atmosferico è un po’ più contenuto, ma comunque significativo (-8%).Meno velocità, ma stessi tempi di percorrenzaInfine, i ricercatori del Politecnico di Madrid confermano l’effetto positivo sulle emissioni inquinanti (-27% di ossidi di azoto, -20% monossido di carbonio, -22% di polveri sottili) e lo giustificano con un minor consumo di benzina per la per la riduzione della fase di accelerazione dei veicoli.A proposito di velocità: contrariamente a quanto si possa pensare, la zona 30 non dilata i tempi di percorrenza.Anzi: il traffico cittadino tradizionale limitato ai 50 chilometri incontra così tanti ostacoli e ingorghi da essere alla fine equivalente a un procedere più lento, ma anche più fluido: a Madrid la velocità media è risultata infatti di 16,1 km/h nelle zone 30 e di 16,2 km/h nelle zone 50. Uno 0,1 di differenza che val bene la nostra salute, aria più respirabile e città più vivibili.

Pubblicato il 19 febbraio 2014 su AzioniQuotidiane, rendere facili le scelte salutari http://www.azioniquotidiane.info/articoli/vivere-in-citt-mobilit-e-trasporti-progettare-la-citt/la-zona-30-questa-sconosciutaAzioni Quotidiane (http://www.azioniquotidiane.info/) è un’attività di comunicazione del progetto “Una rete di azioni per rendere operativa la Carta di Toronto”, finanziato dal Centro per il controllo delle malattie-Ccm del Ministero della salute, affidato alle regioni Piemonte, Veneto, Toscana, Marche, Campania, Puglia con capofila la Regione Emilia Romagna in partneship con l’Organizzazione mondiale della sanità. Progettazione, realizzazione e aggiornamento redazionale dei contenuti del sito sono affidati all’agenzia di editoria scientifica Zadig.

Maria Rosa ValettoAzioniQuotidiane

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PAL a mobilità sulla strada pubblica - liberamente scelta dal cittadino - è uno dei diritti costituzionali (art. 16) che pone ampi problemi

di sicurezza stradale. Da molti anni è conosciuto il motivo principale che produce incidenti, uccide e ferisce le persone, produce inquinamenti e malessere sociale nella “convivenza civile”: è la velocità. Consolida, anno dopo anno, i suoi malefici effetti in circa il 60% degli incidenti stradali (seguita, a ruota, dall’alcol e droga) ma non la si affronta con interventi culturali, ben determinati ed energici. Si adopera lo strumento delle Zone 30 in determinate aree urbane; cioè, si impone ai veicoli di ridurre la loro velocità massima urbana da 50 km/h a 30 km/h.Le Z30, pur essendo uno strumento molto efficace per rendere le strade urbane più sicure - vanno progettate e realizzate in modo da non trasformarle in punti di insicurezza stradale - rappresentano un provvedimento “minimale”.Infatti, nelle città che realizzano le Zone 30, ne aumentano, gradatamente, il loro numero per rendere più efficace la loro funzione. (Es.: Parigi ne aveva una trentina di Z30 quel 15 luglio del 2007 quando introdusse il Vèlib ed incentivò l’acquisto delle bici; ne aveva circa settanta a novembre 2012; arrivò a quota cento entro il giugno 2013 mentre aveva introdotto il doppio senso alle biciclette su tutte le strade a senso unico delle Z30. Altro esempio è Berlino, i cui amministratori hanno investito sulla Z30 ed hanno fissato l’obiettivo di estendere tale velocità all’intera città.)E sono stati proprio i cittadini di Berlino che – in base ad una normativa comunitaria entrata in vigore il 1 aprile 2012 – il 13.11.2012, hanno chiesto alla Commissione europea di “Proporre un limite di velocità regolare di 30km/h in tutta l’UE per le aree urbane e residenziali” (30 km/h – making the streets liveable) ed hanno raccolto le firme per un anno intero, fino al 13.11.2013. (Servono un milione di firme)1

L’obiettivo non è stato raggiunto.Il Parlamento europeo, contando su una maggioranza trasversale molto larga, ha già raccomandato questa misura di riduzione delle velocità veicolare ben sapendo che, per un pedone il rischio di morte (in caso di investimento) è del 10% nelle Z30, è del 30% a 40 km/h, dell’80% agli attuali 50 km/h.L’Italia è stata estranea alla citata iniziativa dei cittadini comunitari europei ed ha taciuto sulla raccolta delle firme, impedendo ai cittadini italiani di partecipare.

1 il Modulo di dichiarazione http://stopaccidentes.org/uploads/file/REIVINDICACIONES/es_formulario_ice_30_kmh.pdf

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La volontà politica delle istituzioni italiane la si riscontra dai risultati ottenuti sull’obiettivo della riduzione del 50% dei morti negli anni 2001-2010 (ha “forzato” solo nel 2003 e non ha utilizzato l’ottima occasione della crisi finanziaria con la consistente riduzione della vendita di carburanti: con un piccolo sforzo avrebbe registrato grandi risultati).Sono necessarie le Z30 ben realizzate e ben rispettate. È necessaria la riduzione a 30 km/h della velocità massima sulle strade urbane.

Ma, la nuova frontiera dell’urbanistica che realizza la convivenza civile di un buon livello è lo “Spazio condiviso”. È in funzione a Drachten (Olanda); è in fase attuattiva a Bohmte (Germania).

Vito Nicola De RussisPresidente Federcamminacittà

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Introduzione 7

Insicurezza stradale: questione sociale e politica 9 Il Decennio d’Azione per la sicurezza stradale 2001-2020 Analisi, strategie, obiettivi, le cose da fare

1. La Legge di Assistenza alle vittime della strada 10

2. Decennio di insicurezza stradale 132.1 Il Primo decennio di lotta alla insicurezza stradale 132.1.2 Persone rimaste vive grazie a chi? 142.1.3 Organi di governance politico e tecnico 142.1.4 Le organizzazioni delle vittime hanno fatto il possibile? 142.1.5 Il ruolo dei mass media 142.1.6 Il rapporto con le Istituzioni 152.2 L’anteprima dei dati sull’incidentalità del 2014 172.2.1 I dati degli ultimi 13 anni degli utenti deboli 182.2.2 Le 10 strade statali più pericolose 19

3. Due ipotesi convergenti e concomitanti 20 3.1 La prima ipotesi: i consumi dei carburanti 203.2 La seconda ipotesi: la spesa in manutenzione delle infrastrutture 22

4. I livelli d’istruzione degli italiani 23 5. Decennio d’Azione per la Sicurezza Stradale 2011-2020 255.1 I 5 Pilastri del decennio D’azione. 265.2 Global Alliance NGO’s for Road Safety. 295.3 Osservare, concertare, agire, governare. 30

6. Promemoria di iniziative 31 per governare la insicurezza stradale

7. Due obiettivi del futuro immediato 337.1 Nuovo rinascimento per le nostre città 337.2 Una Scuola di Alta formazione per la sicurezza stradale 34

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Dizionario della sicurezza stradale Le parole chiave 37

alcol e gUida/analisi 39 alcol e gUida/azioni 43 asfalti e strade/analisi 47asfalti e strade /manUtenzione 49barriere di sicUrezza 51basta cartelloni 53bici e sicUrezza stradale 55cartelloni PUbblicitari 59costi sociali 61distanza di sicUrezza 63edUcazione stradale 65fevr/vittime eUroPa 67global alliance ngo 71infrastrUttUre 75Jonica s.s. 106 79Killer 81lUtto 83mobilità bambini/anziani 85mobilità non motorizzata 87 non vedenti/disabili visivi 69omicidio stradale 93ostacoli fissi 95Parco edUcazione stradale 99Pedone 101Piccoli comUni 103QUalità sicUrezza stradale 105risarcimenti 109romea s.s, 309 111segnaletica stradale 113soccorso (omissione) 115tirrenica inferiore s.s. 18 117traUmi e soccorsi 119Utenti deboli strada/bambini 123violenza stradale 125vittime 127Well-fare society 129World day of remembrance 131zone 30/QUesta sconosciUta 135 zone 30/eUroPa 139

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