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DISTRIBUZIONE COLESTEROLO AI TESSUTI

Le lipoproteine ad alta densità (HDL) rimuovono il

colesterolo in eccesso dai tessuti (endotelio vasale e

lo cedono ai trasportatori liposomiali perchè lo

riportino al fegato.

Le lipoproteine a bassa densità (LDL) trasportano il colesterolo e lo cedono ai tessuti (endotelio vasale). L’accumulo di colesterolo nelle cellule endoteliali causa una reazione infiammatoria con la formazione di una placca (ateroma). In seguito all’attivazione della cascata coagulativa si ha formazione di un trombo, in grado di ridurre il calibro di un vaso (i.e. angina pectoris), oppure di staccarsi o frammentarsi andando ad ostruire altri vasi (ictus).

Prevenzione rischio cardiovascolare

Limitare l’assunzione di colesterolo a meno di 300 mg/die; Limitare l’apporto della quota energetica tramite lipidi a meno del 30%; Limitare l’apporto energetico tramite lipidi saturi a meno del 10%;

Fattori di rischio cardiovascolare

Colesterolo LDL/Colesterolo HDL > 5; (rischio elevato)

Terapia per portare:

HDL > 40 mg / 100 ml; LDL < 155-175 mg / 100 ml

COLESTEROLO E CARDIOPATIA ISCHEMICA

modesti cambiamenti alimentazione per

prevenire cardiopatia ischemica:

riduzione del grasso totale nella dieta dal 42 al

35% circa dell'assunzione totale di energia o

riduzione di grassi saturi dal 20 al 13% circa

L’assunzione di grassi saturi determina dal 60 al 80% della variabilità del colesterolo ematico:

rapporto costo /beneficio molto più interessante di quello dei medicinali che riducono il colesterolo.

Accanto all’elevazione della colesterolemia, altri fattori legati

all’alimentazione contribuiscono alla formazione delle placche

aterosclerotiche.

Un fattore aterogeno indotto dal consumo elevato di alimenti di origine

animale, ricchi di aminoacidi solforati, è rappresentato dalla omocisteina il

cui eccesso può essere tossico per la parete arteriosa.

ALIMENTAZIONE E ATEROSCLEROSI: 2

Anche la suscettibilità delle LDL all’ossidazione ne determina la capacità

aterogenetica. Il mantenimento di un buon potenziale antiossidante,

attraverso il consumo di frutta e la verdura, è un documentato fattore

protettivo nella insorgenza di queste patologie.

Si parla di ipertensione quando: Psist>160 mm Hg e/o Pdiast>95.

E’ importante ricordare che l’ipertensione decorre in generale silente dal

punto di vista dei segni clinici. La sintomatologia tipicamente compare

all’instaurarsi dei danni conseguenza dell’ipertensione.

IPERTENSIONE

L'ipertensione è un noto fattore di rischio, sia per le cardiopatie ischemiche

che per l’ictus. Il rischio di insorgenza di ictus aumenta progressivamente con

l’aumentare della pressione sanguigna.

Una modesta riduzione nell'assunzione giornaliera di sodio di circa 3 g di sale,

porterebbe a una diminuzione di 5 mm Hg della pressione media sistolica.

Tale riduzione, di facile attuazione, indurrebbe un decremento del 22%

nell'incidenza dell'ictus e del 16% nell'incidenza di malattie coronariche.

IPERTENSIONE ED EVENTI CARDIOVASCOLARI

L’APPORTO DI SODIO

L’organismo elimina ogni giorno da 0.1 a 0.6 g di sodio,

una quantità che va reintegrata con la dieta.

In realtà l’apporto dietetico è molto superiore alle

perdite ed è di circa 4 g di sodio (circa 10 g di sale).

IL SALE NEL PANE E NEI PRODOTTI DA FORNO

IL SALE NEGLI ALIMENTI CONSERVATI

Anche altri minerali sono coinvolti nella modulazione della pressione del

sangue. In particolare, in uno studio del 1998 effettuato su 43.783 individui si

è osservato che una dieta ricca di potassio, calcio, magnesio e fibra ha un

forte effetto anti-ipertensivo.

Lo studio DASH (Dietary Approach to Stop Hypertension) ha recentemente

confermato queste indicazioni.

Una dieta ad alto contenuto di frutta e verdura ha dimostrato una riduzione

significativa della pressione sistolica rispetto ad una a basso contenuto.

L’effetto della dieta sulla pressione determina una riduzione del 20% del

rischio di insorgenza di patologie coronariche e la riduzione del 34% del

rischio di insorgenza di ictus.

ALIMENTAZIONE ED IPERTENSIONE

1. Segui un’alimentazione varia e non saltare i pasti. 2. Bevi regolarmente 1,5 litri o 2 di acqua al giorno. 3. Riduci il più possibile tutti i cibi e le bevande che contengono zuccheri

semplici. 4. Riduci al massimo i condimenti con burro, lardo, margarina. 5. Attento al sale! usa invece le erbe aromatiche o spezie per insaporire ciò che

mangi. 6. Fai sempre attività fisica. 7. Di tanto in tanto controllati sulla bilancia.

Fabbisogno energetico in gravidanza

Una corretta nutrizione é estremamente importante in gravidanza: bambini nato sottopeso (<2-2.4 kg)

hanno maggiori probabilità di sviluppare problemi quali ridotto IQ o ritardo mentale, problemi visivi e

uditivi, e malattie gravi durante l’infanzia.

Il feto durante la vita intrauterina é alimentato

tramite la placenta. La placenta agisce come una

filtro che rigetta le sostanze in base al peso

molecolare piuttosto che in base alla loro tossicità.

Sostanze tossiche, quali alcool, derivati del tabacco e

nicotina, sostanze nervine, farmaci, sono di basso

peso molecolare e passano facilmente il filtro

placentare.

Nonostante che l’orientamento al riguardo sia variato nel corso dei secoli (nel secolo scorso un medico

inglese consigliava la restrizione dietetica durante le ultime fasi della gravidanza al fine di facilitare il

travaglio) sino a pochi decenni fa il suggerimento che veniva dato alla donna in gravidanza era quello di

mangiare per due. Il che non significa necessariamente mangiare il doppio!

2.9 - 3.5 Kg 0.45 - 0.9 Kg 0.9 Kg 0.7 - 0.9 Kg 0.4 Kg 1.1 - 1.4 Kg 2.3 Kg 1.8 - 3.2 kg 10.5 - 13.2 Kg

Per comprendere meglio

questo punto si può

considerare quali sono gli

aumenti ponderali in

gravidanza. La tabella (donne

del Nord America) mostra

come l’aumento di peso (a

termine), dopo 9 mesi di

gravidanza sia in parte

dovuto a liquidi (liquido amniotico e plasma) e depositi adiposi. In Italia, una donna non dovrebbe

guadagnare in gravidanza oltre 9-12 Kg: aumenti oltre questo valore sono rappresentati sostanzialmente

da depositi adiposi.

Tabella nutrizionale per donna in

età fertile del peso di circa 53

Kg, alta circa 1.62 mt. Valori

medi che possono variare in più

od in meno.

La tabella 12.1 mostra che oltre

ai valori medi di apporto

energetico e proteico, anche

quelli di alcuni cofattori, quali

minerali (Fe, Ca, P, Mg) e

vitamine (acido folico).

CARENZA ACIDO FOLICO

AUMENTO RISCHIO SPINA BIFIDA

La necessità di ferro é invece legata alla sintesi di nuovi globuli rossi e quindi di emoglobina e della placenta.

Di fatto un certo grado di anemia é comune in gravidanza e nei casi più gravi, in particolare nel terzo

trimestre, viene somministrato ferro per via orale o parenterale.

La necessità di calcio, fosforo e magnesio é legata allo sviluppo dello scheletro del feto, in particolare

durante gli ultimi due trimestri.

Un aspetto particolare legato all’alimentazione in gravidanza sono le nausee ed il fenomeno della pica.

Le nausee sono in linea generale più evidenti nel primo trimestre, ma la variabilità individuale é notevole;

alcune donne non hanno veramente nausee, altre sperimentano nausee e vomito per tutta la durata della

gravidanza. Sebbene il problema non sia di origine alimentare (sembra legato ai livelli dell’ormone HCG,

importante per l’impianto del feto nell’utero), tuttavia l’alimentazione aiuta nell’attenuare il fenomeno. In

generale vanno evitati i cibi ad alto contenuto di grassi, in quanto tendono a rallentare lo svuotamento

gastrico e accentuano il senso di pesantezza. Di fatto non esistono trattamenti realmente efficaci contro le

nausee gravidiche.

Il fenomeno della pica, é invece probabilmente legato alle carenze di ferro, e consiste nella predilezione per

cibi improbabili, dall’argilla all’amido per stirare, al ghiaccio, etc.

PROTEINE: +17g/die;

CALCIO: +200-400 mg/die;

IODIO: +50 µg/die;

VITAMINA A: +350 mg/die

retinolo equivalenti

• Substrati energetici nel lavoro muscolare

• Il metabolismo energetico cambia con la durata dell’esercizio

Metabolismo anaerobico e alattacido: usa scorte di ATP e CrP

Metabolismo anaerobico e lattacido: ossidazione anaerobica del glucosio con produzione acido lattico

Metabolismo aerobico e alattacido: Ossidazione completa glucosio senza produzione acido lattico

• Metabolismo energetico durante il lavoro muscolare

100 mt

50%

50%

10%

65%

25%

10%

25%

65%

25%63%

13%

50%

50%0%

200 mt 400 mt 800 mt

13%13%

88%88%

0%

3%3%

97%97%

0%

75%

75%

0%0%

20%

5%

0%

70%

70%

20%

10%

5000 mt 10000 mt maratona calcio

• DEPLEZIONE ATP E FATICA MUSCOLARE

Attività sportiva

ATP dal metabolismo aerobico (%)

Causa principale di fatica

100 mt 0 Deplezione di fosfocreatina

200 mt 10 Deplezione di fosfocreatina

400 mt 25 Accumulo H+

800 mt 50 Accumulo H+

1500 mt 75 Accumulo H+

5000 mt 87.5 Deplezione di glicogeno

10000 mt 97 Deplezione di glicogeno

maratona 100 Deplezione di glicogeno

Integrazione con creatina

• Prodotta nel fegato, assunta con la dieta (carne e pesce) o mediante integrazione

• Contenuta quasi esclusivamente nei muscoli (40% creatina e 60% fosfocreatina)

• Livelli variabili da individuo a individuo

• Dose di carico di 20g/d per 5-7 d, e dose di mantenimento di 3-5g/d per 1 settimana-6 mesi, con notevole variazione individuale

Efficacia integrazione con creatina

• La supplementazione con creatina aumenta la capacità di svolgere brevi (6-30 s) cicli di lavoro alla massima intensità (sprint al cicloergometro)

• Gli effetti su corsa e nuoto non sono convincenti • L’efficacia della creatina nell’aumentare lo

sviluppo di forza (sollevamento pesi), forse legata alla maggiore sintesi di miofibrille, va ulteriormente approfondita

• La creatina non migliora la prestazione negli esercizi di durata o in quelli sottomassimali

Integrazione con carnitina

• Carnitina: prodotta a partire da lisina e metionina (AA essenziali) oppure di origine alimentare (carne rossa e latticini)

• Ruolo essenziale nel trasporto degli acidi grassi a lunga catena (>10 atomi carbonio) attraverso le membrane mitocondriali esterna ed interna

• La supplementazione non aumenta il contenuto di carnitina del muscolo

Efficacia della supplementazione con L-carnitina

• Risultati controversi sulla capacità dell’integrazione con carnitina di migliorare le prestazioni nell’esercizio di resistenza

• Resta da chiarire la capacità di migliorare il recupero dopo l’esercizio e di ridurre il danno ossidativo muscolare indotto dall’esercizio intenso

L’APPARATO DIGERENTE

DIGESTIONE E ASSORBIMENTO NUTRIENTI

BARRIERA EPITELIALE

FUNZIONI IMMUNITARIE

SVILUPPO DELLA BARRIERA EPITELIALE

La barriera intestinale del bambino non è matura sino al compimento del

primo anno

ALIMENTI CHE CAUSANO ALLERGIE

LATTE VACCINO

UOVA

GRAMINACEE

CROSTACEI

SOIA

FRUTTA A GUSCIO

FRUTTA MOLLE PESCE

ALLERGENI ALIMENTARI

L'allergia al latte

vaccino o all'uovo si riscontra nel 5%

circa dei bambini < 2 anni. Nell'adulto l'allergia

alimentare è meno frequente (1%), e riguarda alimenti di

origine vegetale (frutta e verdura). I cibi, stimolando

la produzione di Ig E specifiche verso gli antigeni proteici,

determinano la comparsa di sintomi polimorfi che

coinvolgono diversi organi.

FREQUENZA DELLE ALLERGIE ALIMENTARI

SINTOMI DI REAZIONI ALLERGICHE AGLI ALIMENTI

Respiratori

Cutanei

Rinorrea- Starnuti - Tosse - Respiro affannoso-sibilante

Asma (difficoltà a respirare)

Gonfiore di labbra, bocca, lingua, faccia e/o gola Orticaria - Prurito - Eczema - Eruzioni cutanee o rossori

Gastrointestinali

Crampi addominali - Coliche - Diarrea

Gonfiore - Nausea - Vomito

Sistemici Shock anafilattico (grave shock generalizzato

Scatenate il più delle volte dall'assunzione

di latte vaccino, frumento, noccioline e cioccolata.

Si manifestano con orticaria, edema laringeo con difficoltà respiratorie,

vomito, eczema, edema delle labbra e della lingua,

nausea, dolore addominale e a volte

shock anafilattico.

Reazioni immediate (IgE mediate)

Reazioni ritardate (non mediate da IgE)

E’ difficile

identificare gli alimenti responsabili,

che rimangono il più delle volte sconosciuti; spesso fanno seguito

ad una gastroenterite acuta, probabilmente collegabili ad un deficit

immunitario transitorio. Si manifestano con

astenia, ansia , dolori articolari e muscolari,

otite .

Alimenti che possono dare orticaria se assunti in grandi quantità

Alimenti che inducono la liberazione

di istamina

Alimenti che contengono

istamina

cioccolato, fragole, ananas e frutti esotici,

crostacei, albume d’uovo, formaggi fermentati,

cavoli, alcool;

tonno, sarde, aringhe, sgombri, formaggi (es.gorgonzola,

emmenthal, camembert),

salsicce, salame, coppa, pancetta affumicata,

pomodori, spinaci, crauti,

vini sia bianchi che rossi e birra;

L’APPARATO DIGERENTE

DIGESTIONE E ASSORBIMENTO NUTRIENTI

BARRIERA EPITELIALE

FUNZIONI IMMUNITARIE

G.A.L.T. GUT-ASSOCIATED LYMPHATIC TISSUE

Nel sistema digerente è localizzato circa il 70% del sistema immunitario.

Il GALT produce e accumula cellule del sistema immunitario, quali linfociti

B e T

PATOLOGIE INTESTINALI CRONICHE

Morbo celiaco Morbo di Crohn

Colite ulcerosa Colon irritabile M.I.C.I

Malattie Infiammatorie

Croniche Intestinali

Colon irritabile

Sindrome ad eziologia poco nota caratterizzata da disturbi della motilità del colon che provocano,

oltre a dolore di tipo colico, diarrea alternata a stipsi.

La sintomatologia è simile a quella delle intolleranze alimentari

Colite ulcerosa

Gruppo di alterazioni caratterizzate da una reazione infiammatoria della mucosa del colon e del retto, non legate a cause infettive, con formazione di ascessi su tutto

lo spessore della parete, sino alla formazione di ulcere. La flogosi diviene gradualmente granulomatosa.

Morbo di Crohn

E’ una grave malattia, su base immunologica, in cui è presente la flogosi cronica della mucosa intestinale con formazione di granulomi e

processi ulcerativi che esitano in cicatrici responsabili della fibrosi intestinale con perdita della elasticità

della parete intestinale

La forma più frequente interessa l’ileo e può compromettere l’assorbimento di alcuni alimenti,

simulando un’intolleranza alimentare

Morbo celiaco

Difetto dell’assorbimento causato dall’alterazione della mucosa intestinale in risposta alla formazione di immunocomplessi

rivolti verso alcune componenti del glutine

BASI GENETICHE DELLA CELIACHIA

La celiachia è più frequente in individui portatori

degli aplotipi HLA-DQ2 e HLA-DQ8.

Soggetti omozigoti per HLA-DQ2 e HLA-DQ8

presentano un rischio maggiore degli eterozigoti.

La presenza di una componente genetica spiega

perchè questa patologia non rimette spontaneamente.

INTOLLERANZA AL GLUTINE

La prevalenza della MC è attualmente stimata intorno a 1 – 1.5%, sia nei bambini che

negli adulti, ne risulta quindi affetto una persona su 100. La MC è la più frequente

intolleranza alimentare a livello mondiale.

RUOLO DELLA TRANSGLUTAMINASI

Residui glutamina della gliadina

tTG (Transgluaminasi

tissutale)

Residui acido glutammico

Aumento antigenicita’ dei peptidi derivati dal

glutine

In molti pazienti celiaci sono presenti anticorpi anti-transglutaminasi

Glutammine Digestione incompleta

Frammenti peptidici (sino a 50 AA)

Barriera intestinale

Linfociti T CD8+, cellule dendritiche

e macrofagi

RUOLO DELL’IMMUNITA’

Citochine proinfiammatorie

Glutammine Digestione incompleta

Frammenti peptidici (sino a 50 AA)

Barriera intestinale

APC (Antigen presenting cells) della mucosa

intestinale

Linfociti T CD4+

RUOLO DELL’IMMUNITA’

Citochine proinfiammatorie

GLU

TIN

E

zonulina

zonulina

zonulina

zonulina

GLU

TIN

E

Biopsia intestinale

Ricerca anticorpi antigliadina IgA e IgG

Ricerca anticorpi antiendomisio IgA

Ricerca anticorpi antitransglutaminasi IgA

Diagnosi di celiachia

Ricerca anticorpi antigliadina IgA e IgG

Non vengono più raccomandati, in quanto poco sensibili

e poco specifici.

SENSIBILITA’ AL GLUTINE

Ricerca anticorpi antitransglutaminasi IgA

Elevata sensibilità (90-96%)

e specificità (95-97%)

Costi contenuti

In considerazione del fatto che i soggetti celiaci hanno frequentemente deficit di IgA, è opportuno eseguire anche il dosaggio delle IgA totali e se questo risulta sotto il range di normalità, è opportuno eseguire anche il dosaggio degli Ab anti tTG di classe IgG.

Ricerca anticorpi antiendomisio IgA

Elevata specificità (100%)

buona sensibilità

Costi elevati

Biopsia intestinale

La diagnosi di celiachia non richiede necessariamente una biopsia intestinale:

La diagnosi di MC veniva posta dopo il riscontro istologico delle caratteristiche lesioni a livello della mucosa duodenale: - 1) atrofia dei villi intestinali; - 2) iperplasia delle cripte -3) infiltrazione della lamina propria da parte dei linfociti mucosali.

-Attualmente, la positività agli anticorpi anti-TG in due prelievi indipendenti, permette la diagnosi di celiachia.

Istituto “Seragnoli”-Bologna

ATROFIA DEI VILLI NEL MORBO CELIACO

Biopsie digiunali normali

Biopsie digiunali in pz con morbo celiaco

NORMALE

CELIACO

Prima Dopo tre mesi dieta priva di glutine

ALTERAZIONI DELLA MUCOSA INDOTTE DAL GLUTINE

Una stretta osservanza della dieta priva di glutine è obbligatoria per gli individui celiaci al fine di

ottenere la remissione dei segni e sintomi dovuti alla malattia celiaca, ma soprattutto per

prevenire lo

sviluppo delle sue complicanze.

E’ infatti noto che la prolungata esposizione al glutine aumenta il rischio di patologie

autoimmuni e neoplastiche, che una volta sviluppatesi non regrediscono anche se si instaura il

trattamento

dietetico.

Le complicanze più temibili sono appunto quelle neoplastiche – soprattutto linfoma intestinale

ed adenocarcinoma dell’intestino tenue — responsabili di una importante riduzione

dell’aspettativa di vita dei pazienti celiaci.

Le malattie autoimmuni che complicano la MC - tiroiditi con conseguente ipo/ipertiroidismo,

diabete mellito di I tipo – insulino dipendente, epatiti, pancreatiti, psoriasi, disordini del sistema

nervoso

centrale le più frequenti – pur non essendo direttamente causa di aumentata mortalità, inficiano

la qualità di vita dei pazienti colpiti e ne determinano un aumento dell’ospedalizzazione e della

medicalizzazione.

La norma di riferimento per la produzione degli alimenti senza glutine (ed altri prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare) è rappresentata dal D. Lgs. del 27 gennaio 1992, n. 111 e successive modifiche. Tale Decreto Legislativo prevede che la produzione ed il confezionamento (art. 10) di prodotti senza glutine vengano effettuati in “stabilimenti autorizzati” dal Ministero della Salute. Inoltre i prodotti sono soggetti a “notifica di etichetta” ai sensi dell’art. 7 della norma di cui sopra. Sempre la stessa norma prevede che solo gli alimenti prodotti presso stabilimenti autorizzati e sottoposti a procedura di notifica di etichetta possono riportare sulla confezione l’indicazione “dietetico” (art. 4) e nel nostro caso ad esempio la scritta “senza glutine”.

La tipologia di prodotto dietetico con contenuto di glutine tra 21 e 100 ppm fino ad oggi non è mai stata commercializzata in Italia. A tutela dei celiaci italiani, infatti, è stata diffusa dal Ministero della Salute la circolare n° 600.12/ AG32/2861, del 2 ottobre 2003, dell’Ufficio Alimenti Nutrizione e Sanità Pubblica Veterinaria del Ministero della Salute, che applica il limite dei 20 ppm ai prodotti definibili “senza glutine” inseriti nel Registro Nazionale degli Alimenti, che comprende tutti i prodotti erogabili.