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Page 1: D ietro le quinte del `900Adolfo Oxilia, direttore dell' Ul-tima , parlano tutti e tre, sopra un palco scricchiolante, a un gruppo di malati di mente. Trat-tano dei massimi sistemi

Corriere Fiorentino Sabato 2 Novembre 2019 FI13

Il libro Celebri fiorentini del secolo scorso colti senza veli e con spirito acuto e sarcasticoCosì tra le pagine di «Busti equestri» di Carlo Lapucci si sorride di Spadolini, Luzi e La Pira

Dietro le quinte del ‘900A fine anno Alfio, mitico bi-

dello della facoltà di Scienze po-litiche, era solito passare tra ibanchi degli studenti per racco-mandare loro di applaudire altermine della lezione il profes-sore Giovanni Spadolini, «altri-menti non vi dà le firme». Dili-genti gli studenti seguivano ilconsiglio del bidello. «Applau-dimmo da spellarci le mani elui, il nostro professore, firmòanche le cambiali», racconta di-vertito Carlo Lapucci in Bustiequestri. Figure e personaggigranducali del secondo Nove-cento, edito dalla Sef. Lapucci,79 anni, linguista, esperto di tra-dizionali popolari, (è autore delDizionario dei Proverbi italia-ni), ha attraversato il secondoNovecento fiorentino con il pas-so dell’osservatore acuto e ironi-co e in Busti equestri fa sfilare,come in una commedia dante-sca, ritratti al vetriolo, sarcastici,ironici, ma trattati con un velodi simpatia.

«Non mi piacciono i santini.Così ho cercato di raccontare ilati curiosi, non pubblici, i tic, ledebolezze dei personaggi tratta-ti», spiega. Tra miti e maschere,vita e finzione Lapucci mette inmostra la Firenze dietro le quin-te di Pietro Annigoni, Anna Ban-ti, Carlo Betocchi, Piero Bigon-giari, Romano Bilenchi, PrimoConti, Dylan Thomas, Mario Lu-zi, Luciano Satta, Giorgio La Pi-ra, Alessandro Parrocchi, AdolfoOxilia e Giovanni Spadolini percitare i personaggi più illustri.«Era una Firenze ricca di fervoreculturale. C’erano fior di editori,mostre, negozi di dischi, scritto-ri, poeti. Ora la città è ridotta auna fiumana di turisti in proces-sione verso paninari e dehors»,osserva Lapucci.

Ieri, invece avvenivano incon-tri come questo . Casa Bilenchi,noto giornalista e scrittore. Luziva a trovarlo assieme a Lapucci.Abbracci, sorrisi e qualchechiacchera di letteratura. Poi Bi-lenchi estrae da alcuni cassetto-

Giorgio La Pira, il sindaco «san-to». Lo ritrae alla Consumamentre con Pino Arpioni eAdolfo Oxilia, direttore dell’ Ul-tima, parlano tutti e tre, sopraun palco scricchiolante, a ungruppo di malati di mente. Trat-tano dei massimi sistemi conslanci e agitar di braccia. Erano itempi di Basaglia e intervieneanche un malato di mente in viadi integrazione. Finale con pre-miazione. La signora che deveconsegnare il premio, «tuttaprofumata e in fronzoli», chiedea Lapucci: «ma di quei tre qual èil matto al quale devo conse-gnarlo?».

Tornando a Spadolini. Nota èla sua fama di gran mangiatore.Un esempio? Un giorno allaGiubbe Rosse con il preside diScienze politiche Giuseppe Ma-ranini ordina una pasta e uncappuccino. Così almeno gli pa-

re. Preso dalla discussione nonsi accorge infatti che di paste neaveva mangiate più di una. Equando il cameriere presenta ilconto rimane sorpreso: «Maquanto costano oggi un cappuc-cino, un caffè e una pasta?». Ri-batte il cameriere: «Una pasta?In questo vassoio quando ve l’hoportato ce n’erano quindici e vele siete spazzolate tutte quan-te!».

Lapucci era intimo amico diLuzi. Questi un giorno vienepreso di mira da una signora«vestita come una rificolona, in-

gioiellata come la Madonna diLoreto». Gli si avvicina e gli pre-senta un’amica. « Ecco Loreda-na, ti presento il poeta MarioLuzi; ma che dico poeta, scritto-re, ma che dico scrittore? Anchedi più, critico, ma che dico criti-co? il massimo esponente dellacultura italiana, e conferenziere,insegnante, storico… Vero pro-fessore?» Divertito e rassegnatoLuzi risponde caustico: «Eh, si-gnora mia, in tempi duri se ne fadi tutte!»

E che dire di Paolo Marini,animatore della galleria l’India-no, fondata da Ottone Rosai ePiero Santi, scrittore e criticod’arte gay? Lapucci lo definisce«uno scorbellato» che a diffe-renza dello scoglionato può es-sere educato e colto ma nel con-tempo capace di invettive e pa-rolacce. Amareggiato per l’indif-ferenza della città nei confrontidelle iniziative anche genialidella sua galleria, frequentatatra gli altri da Pier Paolo Pasolinie Leonardo Sciascia, Mariniogni sera «scendeva dalla galle-ria fin sul portone che dava inpiazza dell’Olio e ripeteva il suorito: guardando la gente chepassava, diceva con quanta voceaveva: «Che città di merda». Cisono pagine in Busti equestriche rivelano il talento letterariodi Lapucci. Come ad esempio ilracconto delle serate cinemato-grafiche all’Arena Pini, «una lin-gua di terra che si stendeva tra laferrovia e il Mugnone», dove leseggiole erano «traballanti» e sireggevano «legate le une alle al-tre per file» e dove accorrevauna «marmaglia di gente, ingo-losita dai prezzi popolari: si an-dava dal vecchio decrepito al ne-onato che veniva allattato nelbuio al seno della puerpera e,siccome a staccarlo piangeva, restava con la bocca al capezzoloe gli occhi torti a vedersi il filmda quella posizione». E poi lezanzare «che salivano a tormedal Mugnone, assatanate da tan-to pascolo di carne e sangue» e itreni della ferrovia che passava-no a tre metri di distanza dallaplatea, spingendo avanti un tur-bine d’aria che investiva piante,cespugli e spettatori, per nonparlare del fracacco che coprivala colonna sonora del film congli spettatori che nel buio dava-no vita a infinite discussioni. Unfilm nel film.

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di Mario Lancisi Da sapere

Busti equestri. Figure e personaggi granducali del secondo Novecento, edito dalla Sef è il nuovo libro di Carlo Lapucci

L’autore, linguista ed esperto di tradizioni popolari, in questo libro ha raccontato personaggi noti e meno noti della Firenze novecentesca - da Mario Luzi a Giovanni Spadolini e Giorgio La Pira —come da dietro le quinte, con ironia e sagacia

EccellentiIl poeta Mario Luzzi. Sopra, Giovanni Spadolini

ni «pacchi enormi di radiogra-fie» e le mostra una ad una agliamici. Un rito che faceva contutti gli ospiti: ci teneva a far co-noscere i suoi numerosi malan-ni. «Posso dire di non saperemolto della narrativa di Bilen-chi, ma delle sue ossa ho vistoproprio tutto», commenta cau-stico l’autore di Busti equestri.Lapucci non risparmia neppure

Segreti Bilenchi, ossessionato dalle malattie, mostrava a tutti le sue radiografie

«La Lettura» celebra i 600 anni della CupolaIn edicola domani con l’intervento di Renzo Piano: «Brunelleschi unì tecnica e poesia»

Quando partì il cantiere,era il 7 agosto del 1420, l’obiet-tivo dichiarato era già quello di realizzare la più grande cu-pola della cristianità. E questoprimato Filippo Brunelleschilo ottenne mettendo in essereun cantiere di dimensioni ecaratteristiche inverosimilianche per il blasonatissimoRinascimento fiorentino.

Alla genesi, ma anche allecaratteristiche architettoni-che della Cupola del Brunelle-schi, che nel 2020 celebra i600 anni dalla sua progetta-zione e dall’inizio della suacostruzione, domani La Let-tura del Corriere della Seradedica una doppia pagina,

densa di notizie preziose, im-magini — anche in sezione —schede tecniche. Un viaggionella storia di uno dei monu-menti più visitati al mondocondotti per mano da StefanoBucci e con un contributo diRenzo Piano che proprio a Fi-renze si è laureato in architet-tura e qui a Firenze, all’ombradell’opera maestosa di FilippoBrunelleschi, ha conosciuto eintroiettato quel «filo rossoche unisce il pragmatismodella tecnica con la leggerezzadella poesia». Perché, e ce loricorda in modo chiaro Bucci,la grandezza dell’architettoche in città ha lasciato il suosegno anche allo Spedale de-

gli Innocenti, alla Cappella de’Pazzi in Santa Croce e alla Ba-silica di Santo Spirito, consi-ste non solo nel fatto di averrealizzato un’opera forte di45,50 metri di diametro che siinnalza su un tamburo collo-cato a 54 metri dal suolo, pro-traendosi fino a 116 metri dialtezza, per un peso comples-sivo di 37.000 tonnellate, madi aver nel contempo proget-tato e fatto realizzare i mac-chinari indispensabili a «farsvettare verso il cielo» l’im-mensa mole di laterizio che èla copertura di Santa Mariadel Fiore. Un’opera masto-dontica e autoportante, innal-zata con l’ausilio di solo 60

muratori e di cui parlano nel servizio de La Lettura ancheFrancesco Gurrieri, che è sta-to professore di restauro deimonumenti e Simone Cacia-gli, responsabile dell’area tec-nica dei monumenti del Duo-mo di Firenze. Entrambi, in-terpellati da Bucci, rassicura-no sullo stato di salute delmonumento, controllato 365giorni grazie all’ausilio 52 sta-zioni di rilevamento. D’altrocanto, pare che lo stesso Bru-nelleschi che a varie riprese avrebbe seguito il cantieredella cupola fino alla sua mor-te avvenuta nel 1446 — quan-do aveva appena iniziato a la-vorare alla lanterna del monu-

mento — avesse lasciatoistruzioni precise per il man-tenimento della sua forse piùcelebre opera. Consigli e am-monimenti che tutt’oggi gui-dano il team di tecnici e di re-stauratori dell’Opera del Duo-mo di Firenze che, a intervalliregolari, vediamo sollevati dagru, prendersi cura di quellameraviglia.

Chiara Dino© RIPRODUZIONE RISERVATA

Sei secoli La cupola del Brunelleschia Santa Maria del Fiore

La sua grandezza?Aver creato una meravigliae tutti i macchinari necessari a tirarla su

Culture Ferragamo racconta il patrimonio della cultura d’impresa A Firenze la valorizzazione degli archivi di aziende passa dalla moda Edizione numero 18 per la Settimana della Cultura d’Impresa che attraverso convegni, incontri, workshop, proiezioni cinematografiche, mostre, dibattiti e visite guidate racconterà ai partecipanti l’immenso patrimonio culturale custodito all’interno dei musei e degli archivi di grandi, medie e piccole imprese italiane. L’appuntamento,

previsto dall’8 al 22 novembre, a Firenze vedrà protagonista il Museo Salvatore Ferragamo, in piazza Santa Trinita 5r, che proporrà il «Sustainable Thinking», tour guidati per adulti (tutti i giorni dalle 18 alle 19) e attività per bambini (sabato 9 e domenica 17 novembre dalle 17 alle 18). (A.P.)«Sustainable Thinking» la mostra di Ferragamo