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Colomba Antonietti Porzi (Bastia Umbra 1826- Roma

1849)

Colomba è ricordata sia da Garibaldi nelle sue Memorie che

da Luigi Mercantino, poeta italiano. Appena quindicenne

conosce il cadetto delle truppe pontificie Luigi Porzi, lui

ricco e nobile, lei borghese. Le famiglie si oppongono alla

loro storia d’amore, nonostante ciò si sposano senza

autorizzazione delle famiglie, per questo motivo Luigi,

ormai tenente delle truppe pontificie, viene arrestato e

imprigionato. Una volta libero si unisce ai gruppi

combattenti per la Repubblica Romana e Colomba per poter

rimanere accanto al marito si taglia i capelli corti, indossa

un’uniforme da bersagliere e, travestita da uomo, partecipa

ai combattimenti. Durante le battaglia dell’assedio di Porta

San pancrazio al Gianicolo, Colomba viene colpita alla

schiena da una palla di cannone francese e solo quando

viene soccorsa i suoi compagni si rendono conto che il ferito

in realtà è una donna. Muore mormorando “Viva l’Italia!”.

E’ l’unica donna a cui è dedicato un busto posto sul

Gianicolo insieme a quelli dei combattenti per l’Unità.

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Caterina Baracchini (Roma 1810-Napoli 1862)

Nasce a Roma, segue poi la sorella che vive a Parigi e lì studia educata ai valori dell’illuminismo. E’ ancora in Francia quando scoppiano i moti del 1830 cui prende parte. In seguito si trasferisce a Londra dove viene a contatto con le idee liberali. Quando ritorna a Roma nel 1840 è sottoposta ad una dura vigilanza da parte della polizia. Dopo le rivolte del 1848 che vedono la fuga del papa a Gaeta e la nascita della Repubblica Romana, prende parte alla difesa della città partecipando all’assistenza infermieristica ai feriti organizzata dalla principessa Cristina di Belgiojoso, da Enrichetta Di Lorenzo e da altre patriote. In seguito alla conquista di Roma da parte dei francesi entra in alcune società segrete ma per una spiata viene incarcerata in una prigione durissima in cui non ci sono nemmeno i letti. Durante gli interrogatori si rifiuta di tradire gli altri patrioti così viene condannata a 15 anni di carcere, nel lungo periodo di detenzione assiste e cura le altre detenute soprattutto durante l’epidemia di colera del 1854. Dopo la nascita del Regno d’Italia va ad insegnare negli asili di Napoli e si batte per i riconoscimenti dei diritti delle donne ed è in questa città che morirà lottando fino alla fine per l’affermazione dei suoi ideali.

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Adele Baroffio (Lombardia, 1831-?)

Si sa poco di Adele Baroffio: è lombarda e probabilmente proviene da una famiglia nobile o alto- borghese, dato il matrimonio con Giuseppe Baroffio, il rappresentante diplomatico della Repubblica di Venezia uomo che data la sua posizione difficilmente avrebbe potuto sposare una donna di un rango non equivalente al suo. Nel 1848, quand’era già sposata, Adele conosce Goffredo Mameli, il poeta che compone il Canto degli Italiani, e lascia il marito per lui provocando così uno scandalo negli ambienti della diplomazia italiana. Le poche informazioni su di lei ci sono note da alcune lettere di Giuseppe Mazzini, nelle quali viene nominata come la “donna amata da Mameli” e da alcune annotazioni del diario di Agostino Bertani, il medico che tenta di curare Mameli ferito tra Giugno e Luglio del 1948. E’ una donna libera dai pregiudizi e capace di seguire i propri ideali anche oltre le convenienze, infatti adotta uno stile di vita in linea con ciò che predica la cultura romantica predica: vivere la vita in tutti i suoi aspetti con una passione estrema senza curarsi di dove ciò possa portare e così si vota anima e corpo all’ideale libertario dei giovani italiani dell’Ottocento, alla lotta politica all’amore vero che non piega alla convenienza matrimoniale e familiare. Come molte altre donne nel periodo delle battaglie della Repubblica Romana, si adopera per la difesa, assistendo i feriti e rafforzando le mura.

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Giulia Bovio Paolucci (Bologna 1816 – Roma 1880)

Giulia Bovio, pronipote del papa Benedetto XV, proviene da

una famiglia aristocratica, giovanissima si sposa con il conte

Vittorio Paolucci de’ Calboli di idee liberali e con lui nel 1848 si

trasferisce a Roma, per partecipare ai combattimenti per la

Repubblica Romana. Mentre il marito è a capo dei gruppi di

ragazzi armati che difendono la città, lei ed altre donne

organizzano la gestione degli ospedali e delle ambulanze, il

reperimento del materiale per curare e fasciare le ferite,

l’aiuto ai chirurghi e la fabbricazione delle munizioni che

all’epoca venivano preparate a mano. Lei in particolare si

occupa dell’organizzazione dell’ospedale di Trinità dei

pellegrini. All’interno degli ospedali la loro dedizione non è

rivolta solo ai combattenti italiani ma anche ai francesi. La

mentalità bigotta dell’epoca porta molti a criticarle e di loro è

scritto che sono “infermierine in grembiulino di seta e

ventaglio, con le spalle nude che non facevano altro che

ridacchiare e dire parole sdolcinate”, alludendo al fatto che

siano donnacce, con intenzioni sconce o in cerca di amanti; altri

le giudicano negativamente perché ritengono assurda l’idea che

delle donne si schierino politicamente e operino attivamente in

una guerra, ovviamente fra i primi ad emettere tali giudizi

negativi ci sono papa Pio IX ed il generale francese Oudinot.

Sopravvive alla triste ed esaltante esperienza della Repubblica

Romana e vi rimane a vivere fino alla morte.

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Nicholas Brown (New York 18??-??)

Nicholas Brown fu console degli Stati Uniti a Roma dal

luglio 1845 al 11849. Il fatto che non parlasse italiano a

quanto pare non costituì un ostacolo. Fu amico ed

ammiratore di Mazzini. Quando l’Assemblea

costituente si riunì a Roma e il 9 febbraio 1849 e

proclamò la nascita della Repubblica Romana che

avrebbe avuto come forma di governo la «democrazia

pura» Nicholas Brown trovò gli eventi emozionanti. In

un rapporto inviato a James Buchanan raccontava della

felicità del popolo romano alla fuga di papa da Roma.

Fu il solo diplomatico o fra i pochi che non si unirono al

papa a Gaeta ma rimase in città e inviò al Presidente

dell’Assemblea Costituente una lettera di

congratulazioni per la proclamazione della Repubblica

Romana e la fine del dominio pontificio. Spronò per

dodici volte il governo degli Stati Uniti a riconoscere il

nuovo stato ma Washington non gli diede retta. Sotto

l’occupazione francese concesse almeno duemila

passaporti americani falsi agli esuli repubblicani, uno di

questi fu dato proprio a Mazzini che così fuggi sotto il

falso nome di Moore. Fu richiamato in patria subito

dopo la presa di Roma da parte dei francesi proprio per

le sue troppo esplicite simpatie per la repubblica

romana.

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Giulia Calame Modena (Berna, Svizzera 1814- Torino

1869)

Figlia di un ricco banchiere di Berna, è educata come tutte

le ragazze borghesi dell’epoca per diventare una buona e

concreta madre di famiglia ma si appassiona agli ideali

libertari del Risorgimento e rifiuta il destino che la

tradizione borghese le avrebbe concesso per seguire i suoi

ideali. Dimostra la sua indipendenza intellettuale quando

sposa l’attore Gustavo Modena di semplici origini. Nel

1847 e 1848 viaggia a Milano, Padova, Venezia e Firenze

per legare con i locali comitati di emigrazione e l’8 febbraio

1848 a Firenze è tra i patrioti che dichiarano la decadenza

del seggio granducale di Leopoldo d’Asburgo-Lorena. E’ a

Venezia e successivamente a Roma quando le città

proclamano la repubblica. A Roma è in prima fila negli

aiuti ai combattenti per la Repubblica avendo un ruolo

preminente nel comitato creato dalla principessa Cristina

Trivulzio di Belgioioso nella creazione del primo corpo di

infermiere volontarie femminile, insieme a Enrichetta di

Lorenzo Pisacane, Margaret Fuller e Giulia Bovio Paolucci.

Dopo la sconfitta della Repubblica si trasferisce a Torino

dove è attiva nel sostegno dei perseguitati politici e

fuoriusciti di ogni parte d’Italia. Muore a Torino nel 1869

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Angela Cerotti Pasqui (Bertinoro 1819- Forlì 1878) Donna che si fa valere per la repubblica romana come vivandiera; è suddita del papa, in quanto la Romagna, regione in cui nasce, fa parte dello Stato Pontificio; dopo le rivolte del 1848 quando questo territorio viene occupato dagli Austriaci, segue il marito soldato per combattere a Roma e difendere la neonata Repubblica Romana, abbandonando la sua vita da bottegaia. Il ruolo che svolge per l’esercito rivoluzionario è appunto quello di vivandiera. Le vivandiere nell’Ottocento sono considerate soldati a tutti gli effetti; non solo svolgono funzioni di lavanderia, cucina o vettovagliamento ma sono sottoposte ai regolamenti militari e lavorano anche sul campo di battaglia distribuendo gallette, acqua e munizioni. Sono anche armate ma solo per la difesa. Molte rimangono ferite o uccise, Angela invece sopravvive ai bombardamenti ed ai combattimenti viene fatta prigioniera dai Francesi e deportata in Corsica. Ritornerà nella sua Romagna dove morirà. Un gran numero di vivandiere tra cui Angela vengono ricordate e premiate per il coraggio e il senso del dovere.

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Orsola Cesari (Foligno, 1832-?)  

Orsola Cesari è una donna del popolo, viene da                 Foligno che si trova in Umbria e quindi è una suddita                     papale dato che prima dell’unità l’Umbria faceva parte               dello Stato Pontificio. Di lei sappiamo pochissimo             come della maggior parte delle donne che hanno               contribuito alla difesa della Repubblica Romana: è             una vivandiera e come tale partecipa ai soccorsi dei                 militari che si battono sulle barricate contro l’esercito               francese, portando loro acqua, cibo e confezionando             cartucce. Spesso le vivandiere muoiono sul campo di               battaglia colpite dal fuoco nemico. Per stare in guerra                 vengono addestrate quasi come se fossero militari per               poter intervenire in modo adeguato. Anche se non si                 conosce molto di loro, le vivandiere sono considerate               delle vere e proprie eroine. 

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Angelo Brunetti (Roma 1800- Ca’ Tiepolo 1849)

Uomo di umile famiglia popolana del rione di Campo Marzio inizia

giovanissimo ad esercitare il mestiere di carrettiere, trasportando vino

dai Castelli a Roma. E’ soprannominato sin da bambino “Ciceruacchio”

che in dialetto romanesco voleva dire “grassottello”. Grazie ad una

brillante intelligenza riesce raggiungendo una buona agiatezza

economica. Da giovane aderisce alla Carboneria e successivamente alla

Giovine Italia; nel 1837 viene coinvolto in una congiura, da cui esce

senza condanna, ma sorvegliato dalla polizia. Diventa un personaggio di

primo piano sulla scena politica cittadina dall'ascesa al trono pontificio

di Pio IX del quale inizialmente ha un alta opinione, ma nel 1848

lentamente comincia a scivolare su posizioni radicalmente critiche e

quando è ucciso Pellegrino Rossi, primo ministro dello Stato della

Chiesa, alcuni attribuiscono l’omicidio a lui o a suo figlio. Nel 1849 è un

esponente di primo piano della difesa dell’esperienza repubblicana;

durante l'assalto militare francese, ha la funzione di commissario alle

barricate per la difesa interna e la responsabilità del rifornimento dei

viveri alla città assediata. In questo momento la personalità che sembra

esercitare su di lui, come sui figli Luigi e Lorenzo, maggiore ascendente

è Garibaldi. E il generale egli segue nella famosa marcia di ritirata da

Roma fino alla spiaggia della Mesola. Tenta, con pochi altri, di

attraversare il confine veneto, ma, tradito, è arrestato dagli Austriaci e

fucilato il 10 agosto 1849, insieme con i figli, a Ca' Tiepolo.

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Enrico Dandolo (Varese 1827 Roma 1849) E’ un patriota italiano che partecipa ad alcune delle più importanti battaglie del Risorgimento tra cui le “Cinque giornate di Milano”(1848). Partecipa alla prima guerra d’indipendenza dove comanda un battaglione specializzato in tecniche di guerriglia, la Legione Manara costituita da giovanissimi volontari lombardi. Quando Pio IX scappa da Roma spaventato dai disordini rifugiandosi a Gaeta nel Regno di Napoli e a Roma si costituisce una Repubblica, segue Manara di cui è amico e porta i suoi soldati alla difesa della città. La Repubblica romana dura solo pochi mesi perché i Francesi accorrono in aiuto del pontefice e attaccano le difese repubblicane, una prima volta ad aprile, ma vengono facilmente sopraffatti dagli italiani comandati da Garibaldi, dato che sottovalutando la capacità militare di Roma avevano mandato un piccolo contingente mal equipaggiato; una seconda volta il 3 giugno, con un esercito molto numeroso e ben armato, rompendo la tregua concordata con un giorno d’anticipo. Anche a Roma Enrico con il grado di capitano del Battaglione Bersaglieri Lombardi combatte al fianco del suo amico Manara. Purtroppo la notte stessa del subdolo attacco francese Enrico muore nella difesa di villa Corsini (detta anche casino dei Quattro Venti) fuori porta san Pancrazio.

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Marta della Vedova (Faenza 1803-Roma 1849)

Marta della Vedova è nata a Faenza, in Emilia-

Romagna, nel 1803 in una famiglia benestante (non

nobile). A quel tempo l’Emilia-Romagna faceva parte

dello Stato della Chiesa. Quando, a Bologna, iniziano

le prime rivolte, Marta e suo marito, entrambi patrioti,

decidono di andare a combattere. Nel 1848 le rivolte

scoppiano anche a Roma, così lasciano la loro casa per

unirsi alla lotta. Dopo la tragica morte del marito

avvenuta in battaglia, Marta, invece di tornare nel suo

paesino d’origine, continua a lottare. Purtroppo,

durante uno scontro a porta S. Pancrazio, viene ferita

gravemente e portata d’urgenza all’ospedale di Trinità

dei Pellegrini dove, per salvarle la vita, le amputano

un braccio. Proprio quando sta per riprendersi

dall’intervento, cade una bomba nell’ospedale ma lei,

con un gesto eroico si butta sopra l’ordigno con tutto il

corpo per spegnerlo e muore, riuscendo così a salvare

i malati presenti in corsia.

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Enrichetta Di Lorenzo (Aversa 1820 – Napoli 1871)

Enrichetta nasce in una famiglia della piccola nobiltà del Regno

delle Due Sicilie. Sposa nel 1838 (a soli 17 anni) Dioniso Lazzari

da cui ha tre figli. Dioniso è cugino di Carlo Pisacane. Con

quest’ultimo Enrichetta inizia nel 1845 una relazione amorosa che

dura fino alla morte di lui. Nel 1847 i due amanti fuggono

insieme da Napoli ma denunciati dal marito di lei, fanno perdere

le loro tracce e si dirigono alla volta dell’Inghilterra. La fuga da

Napoli e l’abbandono del marito significa per Enrichetta un

periodo di privazioni e sacrifici, che tuttavia lei difende sempre

con una forte consapevolezza della propria volontà di autonomia

e di libertà. Dopo Londra la coppia si rifugia a Parigi dove è

arrestata, in carcere perde il bambino di cui è in attesa. Allo

scoppio dei moti di Milano, nel 1848 (Cinque giornate), segue

Carlo Pisacane, tornato in Italia per partecipare alla guerra

d’indipendenza; fallita l’esperienza rivoluzionaria milanese, i due

raggiungono Roma per partecipare alla difesa della Repubblica e

lì Enrichetta affianca Cristina Trivulzio di Belgioioso, Margaret

Fuller e Giulia Calame, nell’organizzare la cura dei combattenti

feriti, anche francesi. Alla caduta della Repubblica si rifugia in

Svizzera poi rientra con Pisacane in Italia e malata si ferma a

Genova, dove stringe rapporti di amicizia con Enrico Cosenz,

rapporti che si trasformano in una breve ed intensa storia

d’amore. Ricongiuntasi a Pisacane nel 1852, nasce la loro unica

figlia, Silvia. Il 4 luglio del 1857 riceve la notizia della morte di

Pisacane nel vano tentativo di far insorgere il popolo del Regno

delle Due Sicilie. Nel 1860 rientra a Napoli, dove rimane fino alla

morte.

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Antonio Sisto Giovanni Fedele (Alatri 1824- 1902)

Nato da una famiglia di benestanti proprietari terreni

di credo politico conservatore, Giovanni matura ben

presto un credo politico opposto a quello della sua

famiglia. Nel 1848 quando il papa Pio IX sembra

favorevole ad una Italia unita parte per Roma per

arruolarsi come volontario contro l’Austria nel

Reggimento Unione. Dopo il voltafaccia e la fuga di

Pio IX il reggimento di cui faceva parte viene schierato

contro i francesi per difendere l’appena nata

Repubblica Romana. Nel Giugno del 1848 Giovanni

ed un'altri del Reggimento Unione si fanno

protagonisti di un’eroica resistenza contro le truppe

francesi che ormai dilagano nella città assediata, i

francesi attaccano l’avamposto Casa Giacometti (sede

odierna del ristorante Scarpone). Il reggimento seppur

in inferiorità sia numerica che d’armamenti invece di

arrendersi resiste coraggiosamente una decina di

giorni all’assalto francese, questa piccola vittoria

(sebbene inutile) solleva di molto il morale delle

truppe rivoluzionarie permettendo di resistere ancora

una decina di giorni fino alla caduta inevitabile della

Repubblica Romana. Caduta la repubblica torna ad

Alatri dove muore.

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Margaret Fuller (Cambridge 1810 -New York 1850)

Sarah Margaret Fuller Ossoli è una giornalista americana,

patriota italiana, editrice che combatte per i diritti delle

donne, contro la schiavitù in America e per le riforme delle

prigioni. Margaret è figlia di un importante avvocato e

politico, il quale la educa con grande rigidità, studia,

diventa un’insegnante e comincia a fare conferenze per

promuovere la causa della parità di genere. E’ la prima

donna ad essere assunta come giornalista ed The New York

Tribune la sceglie come corrispondente in Europa. Nel 1847

Margaret Fuller giunge a Roma dove incontra il marchese

Giovanni Angelo Ossoli che è di 10 anni più giovane di lei;

si innamorano e hanno un figlio, Angelo. Margaret sostiene

e partecipa con grinta alle lotte per l’indipendenza Italiana.

Nel 1849 durante gli attacchi Francesi il marito combatte

sulle mura Vaticane mentre lei dirige l’ospedale

Fatebenefrattelli. e continua ad inviare i suoi resoconti al

suo giornale in America contribuendo alla crescita delle

simpatie degli statunitensi alla causa unitaria italiana.

Caduta Roma in mani francesi Margaret il marito e suo

figlio decidono di tornare in America, ma a poche miglia da

New York la loro nave affonda; muoiono tutti e tre e si

perde il libro che aveva scritto sulla Repubblica Romana.

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Anita Garibaldi (Brasile 1821- Ravenna 1849)

Ana Maria De Jesus Ribeiro Da Silva, nota come Anita

Garibaldi è terza di dieci figli. Quando il padre muore la

famiglia cade in povertà e la madre decide di accasare le

figlie maggiori anche se erano molto giovani così Ana si

sposa all’età di quattordici anni con un calzolaio. Il

matrimonio non dura a lungo perché nel 1839 conosce

Giuseppe Garibaldi, Anita s’innamora subito e decide di

seguirlo nella sua vita avventurosa e pericolosa

abbandonando il marito; Anita è una donna molto

coraggiosa e risoluta, sa cavalcare a pelo, sa nuotare e lo

affianca anche nei combattimenti. Si sposano ed hanno

quattro figli.: Menotti, Rosita (morta a due anni) Teresa e

Ricciotti. Nel 1847 raggiungono Nizza ma il soggiorno

dura poco in quanto Giuseppe vuole prendere parte ai

combattimenti in difesa delle rivoluzioni del 1848. Nel 1849

viene eletto deputato della Repubblica Romana e anche

questa volta Anita lo segue e nonostante sia incinta decide

di raggiungerlo. Quando la Repubblica Romana cade,

Anita si taglia i lunghi capelli, si veste da uomo e parte a

cavallo a fianco di Giuseppe con altri volontari per

raggiungere Venezia dove avrebbero continuato a

combattere. Durante la fuga, Anita prende la malaria,

inseguito dai soldati il gruppo deve proseguire a piedi , ma

Anita è sempre più stremata, arrivata a Mandriole vicino

Ravenna muore tra le braccia di Giuseppe.

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Giuseppe Garibaldi (Nizza 1807- Caprera 1882)

Garibaldi è considerato il più grande eroe del Risorgimento ed uno dei

maggiori artefici dell’unità d’Italia. Nizza, città in cui nasce è attualmente

francese ma lo è diventata dopo il 1860 per questo Garibaldi è italiano.

La sua vita è incredibilmente avventurosa e coraggiosa. Nasce in una

famiglia di marinai e segue le orme paterne da quando ha 16 anni

Aderisce alla Giovine Italia, prende parte ai moti insurrezionali e

ricercato dalla polizia segreta fugge in Sud America dove partecipa alle

lotte per l’indipendenza in Uruguay e in Brasile. Tornato in Italia per

combattere partecipa in Lombardia alla 1a guerra d’Indipendenza, dopo

la proclamazione della Repubblica romana, nonostante i dissidi nati con

Mazzini. riceve l’incarico della difesa della città. Il suo intervento è

decisivo per mettere in fuga i Francesi al primo tentativo di conquista di

Roma (aprile 1849) ma nonostante l’energia, l’intelligenza ed il coraggio

profusi, Garibaldi, i combattenti e le combattenti romani ed italiani non

riuscirono ad evitare la caduta della città di fronte al secondo assalto

(giugno 1849) dell’enorme contingente francese (16.000 francesi contro

6000 italiani) ben armato mandato da Napoleone III per evitare di essere

nuovamente cacciato con ignominia dallo Stato pontificio. Nella fuga da

Roma muore la moglie Anita. Partecipa a tutte le guerre d’Indipendenza,

a due tentativi di riconquista di Roma, mette in atto l’impresa dei Mille.

E’ contattato da Lincoln per combattere con i Nordisti nella guerra di

Secessione americana. Combatte con i Francesi contro i Prussiani nel

1870; è per l’uguaglianza dei neri e il suffragio universale. E’ stato

deputato del Regno di Sardegna, del Regno d’Italia e della Repubblica

Francese.

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Goffredo Mameli (Genova 1827 – Roma 1849) Goffredo Mameli nasce da una nobile famiglia del Regno di Sardegna. Fin dalla giovinezza emergono le sue capacità letterarie e la sua passione politica: nel 1846 infatti compone la poesia “Fratelli d’Italia”, diventata inno nazionale italiano solo nel 2017, dopo lunghe e travagliate vicende. Mameli è un fervente sostenitore dell’unità d’Italia, e il suo inno, messo in musica dall’amico e compositore Navaro, viene utilizzato la prima volta nelle piazze di Genova in occasione della commemorazione della rivolta dei genovesi contro gli austriaci nel 1847. Partecipa in seguito alle cinque giornate di Milano e successivamente viene arruolato nell’esercito di Giuseppe Garibaldi come ufficiale occupandosi dell’organizzazione militare. I patrioti italiani si uniscono per liberare l’Italia e dar vita alla Repubblica Romana; Papa Pio IX temendo di perdere il proprio potere chiede aiuto a Napoleone III e all’esercito francese. Purtroppo i francesi, meglio organizzati, riescono a sconfiggere i patrioti italiani. Non solo ma il giovane Mameli, ufficiale aiutante di Garibaldi, viene ferito alla gamba sinistra. Nonostante venga curato, quattro giorni dopo si sviluppa una grave cancrena che arriva quasi al ginocchio, dovuta all’infezione causata dallo stoppaccino lasciato per sbaglio all’interno della ferita stessa. I medici sono costretti ad amputare la gamba ma l’infezione è ormai troppo grave e Mameli muore dopo qualche settimana, concludendo così la sua breve ma intensa vita.

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Luciano Manara (Milano 1825-Roma 1849)

Nato in una facoltosa famiglia della borghesia

milanese, Manara è amico di Carlo Cattaneo e compie

gli studi liceali a Milano. Frequenta le lezioni della

scuola di Marina a Venezia e partecipa valorosamente

alle Cinque Giornate di Milano, dove raccoglie e

ordina un’ardita schiera di giovani che conduce alle

barricate tra l’altro capeggiando l'operazione che porta

alla conquista di Porta Tosa ora denominata Porta

Vittoria. Entra poi nell’esercito regolare dove è a capo

di un battaglione di bersaglieri lombardi. Insieme a

quest’ultimi Manara combatte la prima guerra

d’indipendenza al fianco di Garibaldi, che lo nomina

tenete colonnello. Scende con i suoi soldati a Roma per

difenderla dai francesi e la mattina del 30 giugno del

1849 mentre con pochi soldati difende accanitamente

Villa Spada, cade colpito in pieno petto.

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Marzia (Roma1840-?Dopo1860)

Di costei sappiamo ben poco, nasce a Roma, probabilmente intorno al 1840 ed è sicuramente morta dopo il 1860. Queste informazioni sono desunte da un libro di Garibaldi “I Mille” in cui il generale racconta di quanto fu stupito scoprendo che la sera successiva alla battaglia di Calatafimi due giovani che facevano parte del gruppo dei più coraggiosi e che gareggiavano a chi doveva affrontare per prima il nemico, erano in realtà due donne. Vi era l’ordine di non far partecipare le donne alla spedizione esse lo avevano trasgredito e quindi la sera le due ragazze andarono a chiedere perdono per ciò che era accaduto e Garibaldi invece di rimproverarle le loda: una era Lina, lombarda e sorella di un volontario, l’altra è Marzia romana. Da queste poche parole possiamo ragionevolmente supporre che Marzia è una popolana perché delle famiglie borghesi o aristocratiche avrebbero impedito in tutti i modi a delle ragazze di seguire un esercito; Marzia è romana perché lo dichiara a Garibaldi, nel 1860 è ancora viva perché è presente a Calatafimi ed è sicuramente giovane perché le donne all’epoca si sposavano prestissimo e se avesse avuto dei figli o delle responsabilità familiari non si sarebbe potuta unire ai Mille. Ci piace pensare che il motivo che forse la spinge a combattere per l’unità d’Italia è che da bambina ha assistito o addirittura aiutato, insieme ad altri bambini, a spegnere con una pezza bagnata le bombe che cadevano sulla città prima che scoppiassero. Questo è il brutto e pericoloso lavoro che hanno i bambini nei combattimenti per la Repubblica Romana

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Giacomo Medici (Milano 1817-Roma 1882)

Nasce a Milano dove cresce e vive e fino all’esilio in

Portogallo nel 1836. Trasferitosi a Londra nel 1840, prende

contatto col neonato movimento della Giovine Italia e

conosce Giuseppe Mazzini. L’eco dei moti rivoluzionari in

America Latina lo porta in Uruguay dove conosce Garibaldi

di cui diventa amico. Quando giungono le notizie delle

riforme di Pio IX e di Carlo Alberto , Medici e Garibaldi

fanno ritorno in Italia dove partecipano alla guerra contro

gli Austriaci e alle Cinque giornate di Milano. Dopo la

riconquista della città si unisce ai patrioti italiani che vanno

in difesa della Repubblica Romana. Nel 1849 Medici giunge a

Roma con Garibaldi, alla guida della cosiddetta “Legione

Medici”,composta da circa trecento lombardi, studenti o

cadetti di famiglie nobili e benestanti ed è a lui ed ai suoi

uomini che viene dato l’incarico di difendere il palazzo del

Vascello. Quando i Francesi attaccano le postazioni italiane

fuori porta San Pancrazio, la Legione Medici riesce a

resistere, unica, mentre tutto il resto dopo un ardua difesa

viene conquistato, per questo il governo della Repubblica

Romana gli assegna la medaglia d’oro al valore militare.

Chiusa l’esperienza repubblicana fugge da Roma ma non

smette di combattere, partecipa alla Seconda guerra

d’indipendenza, all’impresa dei Mille in cui capeggia un

gruppo di 900 volontari e alla Terza guerra d’indipendenza .

Dopo l’Unità è eletto deputato più volte.

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Giovanni Pandozzi (Roma 1823-1887)

Nel 1849 Giovanni Pandozzi lavora con i suoi fratelli in

una bottega a Trastevere come orologiaio. E’

specializzato in meccanica ed è proprio per queste sue

capacità che gli viene insegnato l’uso del telegrafo ottico

una recente invenzione francese che all’epoca si sta

diffondendo e che Napoleone per primo ha usato in

ambito militare. Gli viene assegnata la postazione

collocata sulla cupola di S.Pietro e da lì muovendo i

bracci di un telegrafo montato su un’asta riesce a

comunicare con il comando militare che ha sede sul

Campidoglio. Il 30 aprile dalla sua postazione sulla

cupola di san Pietro riesce a vedere le mosse

dell’esercito francese che scende dall’Aurelia e che

punta sul Vaticano nel tentativo di conquistare Roma,

comunica le mosse dei nemici ai comandanti che a loro

volta le trasmettono ai combattenti lungo le linee di

difesa. Assiste anche alla disfatta dei francesi che

vengono attaccati da Garibaldi che comanda le truppe

collocate sul Gianicolo. Non sappiamo quale ruolo ha

nel giugno del 1849 quando i francesi rompendo la

tregua concordata con il governo romano attaccano e

dopo 27 giorni irrompono in città per riportare al potere

Pio IX.

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Righetto (Roma 1837- 1849)

Nel 1849 Righetto è un bambino di 12 anni, orfano di entrambi i genitori che si trova ad essere un protagonista nella difesa della Repubblica Romana. Il suo contributo alla lotta dei volontari italiani giunti in città per aiutare i romani a difendersi dai francesi chiamati dal papa per riportarlo al potere, è quello, condiviso con molti altri bambini e bambine romani, di spegnere le micce delle bombe cadute a terra con l’aiuto di una pezza bagnata. Un lavoro rischiosissimo che era però in grado di salvare moltissime vite. Inoltre il ministero della guerra della Repubblica aveva anche istituito una ricompensa in denaro per chi avesse riconsegnato le bombe inesplose da riusare contro il nemico e sono le donne e i bambini a dedicarsi a questo lavoro rischioso. E’ proprio mentre cercadi spegnere una miccia che Righetto muore. E’ il 29 giugno e lui si trova all’altezza di Ponte Sisto, alla Renella, sul Tevere. Una granata gli arriva tra le mani ma lui non riesce a spegnerla: la miccia è troppo piccola e interna alla bomba. Per lui non c’è nulla da fare. La sua fama si sparge presto prima tra i garibaldini, divenendo un simbolo ed un eroe e poi anche tra il popolo e gli aristocratici. Il 9 settembre del 2005 è stata inaugurata sul Gianicolo la statua dedicata a Righetto, affiancato da Sgrullarella la sua cagnolina. La targa recita: “A Righetto – Giovane trasteverino simbolo dei ragazzi caduti in difesa della gloriosa repubblica romana del 1849”.

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Giuditta Tavani Arquati (Roma 1830-1867)

Figlia di un patriota liberale cresce in un

ambiente di idee laiche e repubblicane. Nel

negozio di stoffe di suo padre conosce

Francesco Arquati con cui si sposa a

quattordici anni. I due sposi combattono

insieme a difesa della Repubblica Romana e

dopo la caduta della città ad opera dei

francesi, seguono Garibaldi e si rifugiano a

Venezia. Nel 1865 rientrano a Roma al fine di

organizzare nascostamente la liberazione della

città e frequentano il gruppo di patrioti che si

raduna presso il lanificio di Giulio Ajani. La

mattina del 25/10/1867 partecipano ad una

riunione nel lanificio per organizzare una

sommossa contro Pio IX ma una pattuglia di

Zuavi pontifici attacca il lanificio. I congiurati

cercano di resistere ma le truppe del Papa

hanno la meglio. Nella battaglia perdono la

vita nove persone tra cui Giuditta (incinta del

quarto figlio), il marito e il loro figlio più

giovane Antonio.

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Cristina Trivulzio di Belgioioso (Locante, 1808 – Milano, 1871) Nasce in una famiglia nobile e cosa inusuale all’epoca ha, per desiderio dei genitori, una buona formazione scolastica. Quando suo padre muore Cristina ha solo quattro anni e la madre si sposa con Alessandro Visconti d’Aragona, con cui ha altri quattro figli. E’ una bambina timidissima ed introversa. A sedici anni si sposa con il principe Emilio Barbiano di Belgioioso ma la convivenza con il marito dura solo un paio di anni, lui è un donnaiolo e i due fanno vite separate mantenendo buoni rapporti. Quando inizia a frequentare i patrioti viene presa di mira dalla polizia di Milano, così scappa in Svizzera e poi in Francia dove inizia a guadagnarsi da vivere facendo pizzi e coccarde fino a quando riesce a recuperare i beni che le avevano sequestrato gli Austriaci. Continua a vivere a Parigi, dove ha un salotto escrive articoli. Ha molti amanti, da uno di loro, la cui identità è sconosciuta, ha una figlia, Maria. Quando torna a Locante, la sua città natale apre una scuola per bambini poveri riducendo in modo consistente il tasso di analfabetismo dei bambini del paese. Allo scoppio delle Cinque Giornate organizza e finanzia l’esercito Belgioioso composto da 200 patrioti napoletani. Sconfitta Milano si unisce ai patrioti della Repubblica Romana dove organizza gli ospedali per i combattenti coinvolgendo come infermiere nobili, borghesi, popolane e anche prostitute, ovviamente questo causa scandalo presso molti ambienti conservatori. Alla caduta della Repubblica Romana si trasferisce in Turchia con Maria, dove continua a scrivere articoli e dove fonda una colonia agricola. Nel 1855 torna in Italia, vive nei suoi possedimenti e fa in tempo a veder nascere il Regno d’Italia; muore a Locanto, a 63 anni.

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INDICE DEI PERSONAGGI, DEI BIOGRAFI E DELLE BIOGRAFE

Antonietti Colomba Stella ApreaBaracchini Caterina Flavia MelandriBaroffio Adele De Santis ChiaraBovio Paolucci Giulia Sanjust Di Teulada EmmaBrown Nicholas Levy RichardCalame Modena Giulia Politi IreneCerotti Pasqui Angela Marcelli MariaCesari Orsola Pennino PenelopeCiceruacchio De Vecchis LorenzoDandolo Enrico Tammaro LorenzoDella Vedova Marta Pansa SofiaDi Lorenzo Enrichetta Pedicini LetiziaFedele Antonio Sisto Giovanni Pugliese SamueleFuller Margareth Paradisi AnnaGaribaldi Anita Sanchez KirstenGaribaldi Giuseppe Celani ValerioMameli Goffredo De Rienzo RaffaeleManara Luciano Proietti GabrieleMarzia Sanna EvaMedici Giacomo Dela Cruz GabrielePandozzi Giovanni Susini LucaRighetto Bronzini LeonardoTavani Arquati Giuditta Bischetti LaviniaTrivulzio di Begiojoso Cristina Morini Beatrice

Il lavoro è stato eseguito dalla 3N nell’anno scolastico pandemico 2020/2021

ed. Manzoni, viale di Villa Pamphili 7- Roma