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Parag Khanna, americano di origini indiane(classe 1977), esperto di geopolitica, è il direttoredel settore Global Governance Initiative dellaNew America Foundation. Nel suo ultimo libro,The Second World (Fazi editore), sostiene chel’Occidente ha ormai terminato la sua parabola dicentro del mondo.

«C’è molta ironia nell’interrogativo se sarà la Cinaa salvare il capitalismo. Ancora oggi, negli StatiUniti, c’è chi è incapace di pronunciare la parolaCina senza farla precedere dall’aggettivo “rossa”o “comunista”, ma gli americani dotati di un po’di lucida ironia non possono non notare che laCina è ormai la nazione più capitalista del mon-do. La Cina sta praticando uno scaltro capitali-smo neomercantilista già dal 1978, orientato al-l’export e amplificato da una moneta perenne-mente svalutata. Attualmente, con quasi due tri-lioni di dollari di riserva in valuta, sta incoraggian-do i propri consumatori a incentivare la domandadomestica, e il suo potenziale ruolo nel ricapita-lizzare le autorità finanziarie, dal Fondo moneta-rio internazionale a un nuovo Fondo monetarioasiatico, le attribuirà l’aura di salvatrice. Ma po-trebbe rivelarsi imprudente ignorare quanto la Ci-na dipenda ancora dagli investimenti esteri nel fi-

nanziamento della sua pro-duzione manifatturiera, co-me pure sottostimare quan-to essa potrebbe venire dan-neggiata da ogni nuova for-ma di protezionismo in Occi-dente. La sola conclusionecerta è che il capitalismoglobale dipende tanto daldenaro e dalla manodoperacinesi, e che i cambiamentigeopolitici avvengono dalbasso, non dall’alto. Non cisveglieremo domani sco-prendo improvvisamenteche la Cina dà ordini in Asiaorientale o che l’Arabia Sau-dita è in disaccordo con gliStati Uniti sull’Afghanistan,questi assetti cambiano len-tamente, ma quotidiana-mente. E chi crede che lapresidenza di Obama ripor-terà da sola il mondo sotto ildominio degli Stati Uniti,sbaglia. Sono molti gli Statidel Secondo mondo chepuntano a costruirsi un’auto-nomia e a difendersi dal-l’America con politiche deltutto imprevedibili».Massimiliano Panarari

Tina Fey, comica, di madre greca epadre tedesco. Ha diretto il team disceneggiatori di Saturday Night Live, evinto l’Emmy Award come migliore attri-ce comica. Nota per l’imitazione di Sa-ra Palin, vive a N.Y. con marito e figlia.

«Sono piccolina, porto gli occhiali e houn’aria insicura come il mio personag-gio Liz Lemon. È la versione non sposa-ta di me stessa. Crescere come ragaz-za è sempre traumatizzante, specie sehai la combinazione mortale di unapelle grassa e grosse tette. Ho pensatodi ingraziarmi le persone facendole ri-dere. Nessuno in questo Paese attra-versa momenti difficili come le donne,non possiamo nemmeno diventare pre-sidenti. Allora ci compriamo un abitoda sposa, facciamo un bambino, mo-riamo e poi in paradiso finalmente in-contreremo il nostro uomo speciale.Credo che la maggiore preoccupazioneper una donna single sia di crepare incasa per soffocamento. Il mio matrimo-nio corre sul filo della noia, ma nel sen-so buono. Non provo piacere nel brivi-do del pericolo, non mi piace la volatili-tà nei rapporti. Non possiedo quella co-sa che si chiama “amore per i mascal-zoni”. Il futuro per i single è verso il po-sitivo. Avventure centellinate, nessunmarketing sentimentale. Ciascuno saràquello che è. Liberatorio no?». (Tratto dauno speach di Tina Fay alla Radio Npr)

LA CINA SALVERÀIL CAPITALISMO?

COSA SOGNERANNO I SINGLE?

«CI SPOSIAMO,FACCIAMO UN BAMBINO,MORIAMO. POI,IN PARADISO,TROVEREMOIL LUI IDEALE»