Download - Chapeau MAGGIO 09

Transcript
Page 1: Chapeau MAGGIO 09

Tom HanksAngelo o Demone?Tom HanksAngelo o Demone?

MENICHELLI MENICHELLI

RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MODA CULTURA COPIA GRATUITA - Anno 5 - N. 5 - Maggio 2009 - Tiratura copie 20.000

Il futuro ha 100 anniI primi 100 anni

di Rita Levi Montalcini

Matrimonio

tra necessità e scelta

Page 2: Chapeau MAGGIO 09

Direttore Responsabile

Mara Parmegiani

Comitato scientifico

Gino Falleri, Nino Marazzita,

Simonetta Matone, Carlo Giovannelli,

Rosario Sorrentino, Emilio Albertario,

Anna Mura Sommella

Segreteria di Redazione

Marco Alfonsi

Nicoletta Di Benedetto

Marina Bertucci

Servizi fotografici di redazione

Laura Camia, Giancarlo Sirolesi

Hanno collaborato

Marco Alfonsi, Costanza Cerìoli,

Isabella De Martini,

Nicoletta Di Benedetto, Andrea Di Capoterra,

Cristina Guerra, Tiziano Melara,

Rita Lena, Cristian Coppotelli,

Fabio Sciarra, Siderio

Fotografo: Maurizio Righi

Via Piero Aloisi, 29 - 00158 Roma

Tel. 06.4500746 - Fax 06.4503358

www.chapeau.biz

Aut. Trib. di Roma n. 529/2005 del 29/12/2005

Edizioni e Stampa

Rotoform s.r.l.

Via Ardeatina Km. 20,400 - S. Palomba (RM)

Ideazione grafica ed impaginazione

Monica Proietti

Settore Pubblicità

Direzione: 00158 Roma - via Piero Aloisi, 29

Tel. 06.4500746 - Fax 06.4503358

e-mail: [email protected]

Si ringrazia “AltaRoma”

per la concessione delle foto di moda.

La responsabilità legale del contenuto degli articoli e dei contributi di tipo pubblicitario èa carico dei singoli autori. La collaborazione al mensile Chapeau è da ritenersi del tuttogratuita e pertanto non retribuita, salvo accordi scritti o contratti di cessione di copyright.È vietata la riproduzione, anche parziale, di testi, grafici, immagini e contributi pubblici-tari realizzati da Chapeau.

I GIORNI SENZA FINE NELLE TENDOPOLI

Tamponate le criticità dei primi momen-ti, ora che tutti gli sfollati hanno trova-to un ricovero sicuro nelle tendopoli,nelle zone terremotate de L’Aquila edintorni, l'emergenza più difficile da ge-stire rimane la paura. La case agibilicontinuano a restare vuote, soprattuttodi notte. I centri di accoglienza, che digiorno sono semideserti o popolati so-

prattutto da bambini ed anziani, all’imbrunire si riempiono.La psicosi del terremoto si allarga a macchia d'olio dalle zonemartoriate. La Giunta regionale, su proposta dell’assessore alla Sanità, Lan-franco Venturoni, ha assegnato oltre 4 milioni di euro a sostegnodi iniziative facenti parte del progetto “La salute mentale”, e alfabbisogno del Centro regionale per le Psicosi Infantili della Asl deL’Aquila 156 mila euro. L’importo totale servirà per sostenere pro-grammi sul disagio relativo all’annualità 2009 e per il Centro diPsicosi Infantili. Il tutto per offrire servizi e risposte adeguate a undisagio, quello mentale, che va affrontato con estrema cautela ecompetenza. In mano alla Protezione Civile il coordinamento degli aiuti destina-ti alle persone disabili che non possono vivere a lungo nelle ten-dopoli. Con attenzione soprattutto alle persone con disabilitàintellettive. Le priorità maggiori riguardano disabili gravi per i qua-li l’accoglienza nelle tendopoli appare particolarmente difficile.

A tutti loro la nostra solidarietà e l’incoraggiamento ad andareavanti.

Mara Parmegiani

Page 3: Chapeau MAGGIO 09

44

66

88

99

1010

1212

1414

1717

1818

2020

2222

2525

2828

2929

3030

3131

IN QUESTOnumeroL’INTERVISTA

I MUSTI MUST

STORIA DEL MATRIMONIO STORIA DEL MATRIMONIO

L’INTERVISTA

Intervistaa Tom HanksKS

I must

Borse in rialzo

Le spose di Chapeau

Roma by Night

Il giallo del Curaro

Storia del matrimonio

Cento anni di Rita Levi Montalcini

Il futuro ha cento anni

Il malocchio

Storia della cioccolata

Dolci messaggi

L’angelo sull’autobus

Libri - Eventi - Mostre

I trucchi di primavera

Ricetta e oroscopo del mese

IL FUTURO HA CENTO ANNI IL FUTURO HA CENTO ANNI

DOLCI MESSAGGI DOLCI MESSAGGI

IL MALOCCHIO IL MALOCCHIO

Page 4: Chapeau MAGGIO 09

TOM HANKSTRA ANGELI E DEMONI

4

TOM HANKS SEGUE LA TRAIETTORIA DELLA LUCE

Cosa ci fa Tom Hanks al CERN di Ginevra? Certo, capire sucosa lavorano gli scienziati del centro europeo di ricercanucleare non è semplice, soprattutto quando ci si trovadavanti al grande collisore di adroni (Large Hadron Colli-der), l’esperimento di punta del centro. Ma cosa ha a chevedere questo con Hollywood? Ce lo dirà, a modo suo, pro-prio Tom Hanks che veste per la seconda volta i panni del-lo storico dell’arte-detective di Harvard, Robert Langdonin “Angeli e Demoni”, il nuovo film diretto da Ron Howard, tratto dall’omonimo romanzo di Dan Brown. Li-bro che precedette il Codice da Vinci, fenomeno editorialedi sei anni fa e da cui fu tratto il film che incassò ben 750milioni di dollari ai botteghini. La Sony Pictures, che pro-

duce il film, aveva contattato il Centro all'inizio del 2007per girare al Cern alcune scene. Una richiesta che “è statavista immediatamente come un’opportunita” ed accettatacon entusiasmo dal direttore della ricerca del Centro, Ser-gio Bertolucci, soddisfatto che, dopo il bestseller ‘Angeli &Demoni’, “adesso anche Hollywood offra l’opportunità dimostrare quanto sia eccitante la ricerca sull’antimateria”.Un privilegio aver lavorato con il Cern, secondo il registaRon Howard. “I ricercatori - afferma - ci hanno aiutatomoltissimo spiegandoci fenomeni scientifici e permetten-doci di avere accesso a luoghi incredibili. Penso che stianofacendo cose fantastiche”. Il romanzo di Dan Brown, cosicome il film a cui si ispira, si concentra su uno dei princi-pali temi di ricerca del Cern: l’equilibrio fra materia e an-timateria. Presenti nelle stesse quantità quandol’universo ha avuto origine, 13,5 miliardi di anni fa, nelmomento in cui materia e antimateria si sono incontratesi sono annichilite. Ma ancora non si sa perchè una certaquantità di materia sia sopravvissuta, dando origine astelle e pianeti. Come nel “Codice Da Vinci”, anche in “An-geli e Demoni”, Robert Langdon è in lotta contro poteriantichi, disposti a tutto, anche all’assassinio, pur di rag-giungere i loro scopi. Langdon-Hanks si imbatte stavoltanell’antica setta segreta degli Illuminati, la più potente or-ganizzazione clandestina della storia decisa a distruggerela Chiesa Cattolica e il Vaticano. Il piano degli Illuminaticonsiste nell’utilizzare l’antimateria rubata al CERN comeultima arma di distruzione di massa se Langdon non riu-scirà a risolvere una serie di misteri antichissimi. Alcunecentinaia di esponenti del mondo della stampa hanno af-follato il CERN per vedere in anteprima alcune scene delfilm e prendere parte ad un evento unico: la possibilità divedere la tecnologia che sta dietro al più grande esperi-mento che il mondo abbia mai visto, il grande collisore diadroni (Large Hadron Collider), una massa di macchinari

Tom Hanks e Pierfrancesco Favino

Page 5: Chapeau MAGGIO 09

5

e strumenti alta come un palazzo di cinque piani che sitrova in una grande caverna, un’immensa cattedrale dellascienza, che contiene così tanti cavi da riuscire a circonda-re l’equatore per quasi sette volte. Oltre ad alcune sequen-ze del film, la location ha ospitato la conferenza stampacon Tom Hanks, Ayelet Zurer, che interpreta il ruolo dellascienziata Vittoria Vetra, il regista Ron Howard e un espo-nente del CERN, Rolf Landua. Hanks ha raccontato il suoentusiasmo nel ricoprire nuovamente i panni di RobertLangdon, un’occasione che non si è lasciato sfuggire comeha precisato in conferenza stampa. Molte scene del filmsono state poi girate a Roma tra Castel S.Angelo, Piazzadel Popolo, Piazza Navona, di fronte alla chiesa di SantaSusanna. E alcune, grazie alle tecnologie digitali, sembra-no girate addirittura all’interno della basilica di San Pie-tro. Il fatto è ancora più curioso perché le gerarchieecclesiastiche cattoliche, che a suo tempo avevano con-dannato il Codice Da Vinci, hanno sempre negato l’auto-rizzazione ad usare luoghi sacri come location del film.“Non glielo abbiamo nemmeno chiesto”, ha spiegato Ho-ward. “Sfruttando tutte le possibilità che i produttori cine-matografici hanno a loro disposizione al giorno d’oggi,sono convinto che siamo stati in grado di dare al pubblicol’impressione di fare un viaggio veramente realistico die-tro le mura del Vaticano. Avevamo previsto di filmare inparticolari location in tutta Roma, con il Vaticano, ma an-che con altre chiese sullo sfondo. Tra l’altro tre giorni pri-ma di iniziare le riprese c’è stato detto che durante unincontro con alcuni esponenti del Vaticano un certo nu-mero dei permessi per girare erano stati revocati.” A Ro-ma c’è stato poi l’incontro con gli altri protagonisti del castdi “Angeli e Demoni”, come Ewan McGregor, che interpre-ta il Camerlengo: l’uomo che istituzionalmente ha il com-pito di governare temporaneamente il Vaticano dopo lamorte del Papa e preparare il conclave. Stellan Skarsgardche interpreta Richter, il comandante della Guardia Sviz-zera e Pierfrancesco Favino che recita nei panni di Olivet-ti, l’ufficiale della polizia vaticana. Al tramonto, un tourper seguire la traiettoria della luce di cui si parla nel film:si dice che fosse questo il modo in cui gli Illuminati sele-zionavano nuovi adepti, facendogli risolvere una serie dicomplicati indizi ed enigmi. È questo il percorso, scopertoda Robert Langdon, il quale spera che riuscirà a salvare iquattro cardinali rapiti ed a fermare gli Illuminati dall’esi-gere la loro vendetta centenaria contro la Chiesa Cattolica.Nel romanzo si racconta che gli Illuminati risalgono al1500 e vennero fondati per contrastare il pensiero della

Chiesa. Nella storia di “Angeli e Demoni” scompar-vero più di un secolo fa, ma qualcuno sostiene cheesistano ancora e che i loro adepti detengano posi-zioni di potere, abbiano il controllo sugli accadi-menti del mondo e progettino di costruire un nuovoordine con lo scopo di sostituire gli attuali governidi ciascun Paese. Una sorta di massoneria illumina-ta. Il film è in sala dal 13 maggio ma intanto lo scrit-tore Dan Brown da settembre offre al pubblico ilsuo nuovo romanzo che in tutta probabilità sarà ilsequel di “Angeli e Demoni”. La prima edizione dellibro, che vedrà ancora una volta protagonista lostorico dell’arte-detective di Harvard Robert Langdon, prevede la stampa di cinque milione dicopie, un vero record per la casa editrice RandomHouse. “Questo libro è stato un viaggio strano e me-raviglioso” ha affermato Brown, che oggi ha 44 an-

ni. “Tessere cinque anni di ricerche in una storia della du-rata di 12 ore è stata una sfida stimolante. Di certo la vitadi Robert Langdon si muove più velocemente della mia”.

Andrea di Capoterra

Una sequenza del film “Angeli e Demoni”

Tom Hanks nei panni di Robert Langdon

Tom Hanks, Ayelet Zurer ed Ewan McGregor con l'antimateria

Una sequenza del film “Angeli e Demoni”

Page 6: Chapeau MAGGIO 09

I DIECI MUST DELLA VOST

6

Per Balamigiacche. Co

CORALLOè il colore che rivendica l'estate. Declinato in tutte le

sfumature dal rosso intenso al rosa salmone, dai top ai vestiti ai bijoux alle scarpe.

ETNICOL’etnico è un altro tema per un'estate alla moda. Declinato in tutti i temi è proposto da Dior, con

accessori tribali per un maggiore effetto.

BLUEIl blu trionfa in

questa stagione, riproposto anche

da Celine, John Galliano e Sonia

Rykiel con vestiti,bluse, scarpe e

piccole borse

SAROUELAlexander McQuee.

I pantaloni, per lepiù audaci, sono

destrutturati, a panier e larghi sulleanche. Stile sultano,

abbinabili a bijouxetnici.

Costanza Cerioli

Page 7: Chapeau MAGGIO 09

TRA ESTATE

7

SPALLE LARGHEamin sono le spalle larghe ad imporsi sullee. Con l'immagine di una rock star si sposa-

no bene con i jeans

NUDOStella McCartney,

rilancia lo stile “nudo” (beige rosato)Bello per i tailleur e

per la sera

GRAFICOSe amate il bianco e

il nero, Chanel nepropone uno facile

da portare, abbinatoanche a scarpe

gioielli bicolore

CORTOGivenchy, ma anche Dior ri-conferma gambe al vento! ma... attenzione alle scarpe che devono essereleggere e decorate

CAPPELLIChapeau le chapeau !Ritornano di moda. Untocco sofisticato? Con ijeans, gli short e con ilcostume da bagno.

WESTERNLa grande tendenza dell'estate è la moda Western:

frange, borse, cinture, gilet e foulards.

C.C.

Page 8: Chapeau MAGGIO 09

IN TEMPI DI NOTIZIE PESSIMISTICHE CHE ARRIVANO DA TUTTO IL MON-DO GLI STILISTI CERCANO DI RISPONDERE CON UNO STILE LEGGERO ECOLORATO... DI SPERANZA, QUASI AD ESORCIZZARE I MOMENTI BUI

Neanche le borse e le scarpe fanno eccezione...Quelle che vi mostriamo sono pezzi bellissimi ed esclusivi tutti realizzati con materiali di grandissimo valore.

C.C.

GALLIANOBULGARI GUESS

MARIELLA BURANI

LESPORTSAC LE NUOVE PROPOSTE DELLA MAX CLAN

VERSACE

BRACCIALINI

8

Page 9: Chapeau MAGGIO 09

LE SPOSE DI CHAPEAUL’abito, studiato per un solo giorno,racconta di una femminilità romanti-ca che attraversa, all’insegna della se-duzione, elaborati intarsi di tessuto,preziosi ricami e ampie scollature che,a volte, si frantumano in virtuosi vo-lants arricchiti di plissè, fiori delicati e

pizzi impalpabili. Per l’abito da sposa è decisivo il ritor-no dell’abito intero. Anche il velo faràparlare di sé, ponendosi talvolta comeelemento essenziale per la scelta del-l’abito, all’insegna del romanticismo.

C.C.

9

Fausto Sarli

Lorenzo Riva

Tony Ward

Camillo Bona

Renato Balestra

Curiel Couture

Abed Mahfouz

Page 10: Chapeau MAGGIO 09

ROMA by NIGHTa cura di Giancarlo Sirolesi

Massimo Ranieri presenta il suo spettacolo

Laura Troscel sfila per Papa Moto al Gildaper le over 50

Micaela Ramazzotti al premio Cinema Giovani

La compagnia di Gianluca Guidi al

10

Nadia Bengala e Demetra Hamptoncon i loro accompagnatori

Alessandro Aber protagonista del cortometraggio"Quando dico di no, è no!"

Brindisi di Cinzia TH Torrini con il marito Aldo de Luca

L’affascinante Alessandra Martinez

Tesori ritrovati "Annunciazione", Pietro Novelli, XVII sec.,olio su tela, Galleria Regionale della Sicilia,Palazzo Abatellis

Carlo Capponi, Patrizia de Blanck e le unghie laccate di Solange

L'onnipresente Franco Pazzaglia L’intramontabile regista Rai-TV, Adolfo Lippi

Metà ‘800 - Abito da sposa in taffetasdi seta matelassè, impreziosito sul corpino da preziosi intarsi a motivi floreali, enfatizzato da una giacchina intulle dagli alti polsi a campana- Collezione Mara Parmegiani -

Una spiritosa e ironica Cinzia Leoni

Page 11: Chapeau MAGGIO 09

Angela Melillo tra le protagoniste al Bagaglino diPingitore

Veronica Maio bellissima conduttricedi

Elena Sofia Ricci con il marito

Lorena Bianchetti conduttrice di DomenicaIn

Demi Mendez alla presentazione della nuova lineaMax Clan

Ilcorpo di ballo e Alex La Rosa in una performance al Gilda

Abito Liberty - 1910in raso, pizzo e ricami preziosi -collezione Mara Parmegiani-

Arisa vincitrice a San Remo 2009 - nuove proposte

111111

Elda Alvigini protagonista de “I Cesaroni”

La sposa di Damiani

Le bellissime Matilde Brandi e Manila Nazzaro

Teatro La Cometa: Massimo Lopez ed Emanuele Filiberto

Milly Carlucci e il marito alla prima di “Fiesta”

“COL PIEDE GIUSTO” la nuova commedia di Angelo Longoni con Simone Colombari, Eleonora Ivone, Amanda Sandrelli e Blas Roca Rey

La gioia dei Bambini della Comunità di Sant’Egidio per il gran-de uovo di Pasqua e giocattoli dono del Presidente dell’osser-vatorio Parlamentare, dott. Giuseppe Catapano

L’elegantissima Ela Weber

Michele Miglionico in passerella

Abito da sposa 1915. Tulle pois d'esprit e raso di seta avorio, impreziositoda ricami di fiori e spighe realizzati a pizzo rinascimento.

Page 12: Chapeau MAGGIO 09

IL GIALLO DEL CURARO“MEDICO CONDANNATO ALL’ERGASTOLO PER L’AVVELENAMENTO DELLA MOGLIE”

È la sera del 14 marzo del 1963 quando OmbrettaGaleffi, moglie di Carlo Nigrisoli, viene ritrovatamorta all’interno della clinica di famiglia.Fin da subito le accuse, anche degli stessi famiglia-ri, ricadono su Carlo, definito come un uomo ambi-guo, mediocre e bugiardo con diverse relazioniextraconiugali alle spalle, che avrebbe ucciso la mo-glie iniettandole una dose di curaro.

Siamo nell’Italia degli anni Sessanta, l’Italia arcaica deimariti traditori e assassini, come il dottor Carlo Nigriso-li, e delle mogli fragili che si lasciano ammazzare tra la-crime e atroci dolori, con una iniezione di curaro: comecapitò appunto ad Ombretta Nigrisoli, nella notte tra il14 e il 15 marzo 1963.Ombretta è una donna mite, rassegnata, delusa, madredi tre figli e in quell’età che sente con una certa appren-sione gli imminenti quarant’anni.Carlo Nigrisoli è un medico fallito: nella clinica del padreè incaricato semplicemente dell’amministrazione; gli pe-sa tremendamente la tradizione familiare che lo ha co-stretto - insieme al fratello - a seguire una carriera, quellamedica a lui non congeniale. Gli piace la vita sportiva ebrillante: partecipa ai rallies automobilistici, passa allamotonautica e infine si concede una amante.L’insigne padre, professor Pietro, si compiace di rappre-

sentare la classe medica bolognese di indubbio valore; la

sua clinica, per quanto rinomata però, non rappresental’eccellenza. Non stima suo figlio Carlo e dimostra solocondiscendenza per la nuora Ombretta (sarà lui, con ge-sto degno della storia, a consegnare il figlio alla giustiziadopo il fattaccio).

LA RADIOGRAFIA DEI DUE CONIUGI

Da tempo c’è tensione fra i due coniugi; Ombretta rice-ve rimproveri dal marito perché non vuole seguirlo nellavita brillante che l’uomo conduce. Forse è a conoscenzadella relazione del marito con “l’altra”. Resta fermo ilfatto che l’amore di tredici anni prima si è trasformato,in lui, nella disistima e, forse, nell’odio. Lei è profonda-mente infelice ma il suo naturale riserbo non le impedi-sce di confidare a parenti ed amici che “qualcosa nonva”; nel pomeriggio che precede la tragedia, congedan-dosi dopo una visita ad una amica, le dice che forse nonsi sarebbero riviste più. Presagio di una tragedia o volon-tà di togliersi la vita? Tarda serata del 13 marzo 1963:Ombretta entra in coma. Il marito la prende in braccio ela porta, ancora viva, nell’ambulatorio della sua clinica, apochi metri, dall’ala della casa di cura in cui abitano.Ombretta muore senza poter parlare. Sul comodino vici-no al letto della sua camera, una siringa ed un flaconci-no di sincurarina vuoto. I medici curanti della clinica(prima quello di guardia e successivamente un altro) si ri-fiutano di stilare l’atto di morte “per cause naturali”. Pa-pà Nigrisoli cerca sul corpo della nuora traccie di puntureche non trova. Poi, non si comprende perché, inveiscecontro il figlio Carlo e telefona ad un avvocato amico difamiglia. Quest’ultimo avverte il magistrato.Carlo Nigrisoli viene arrestato. Il perito esegue l’autopsiae invia i reperti all’Istituto di Firenze: se è curaro, c’è unaprobabilità su cento che possa essere rinvenuto.Se questi sono i fatti sicuri, tuttavia se ne possono esa-minare altri due come probabili: Ombretta soffriva fisica-mente di qualche malattia o di un grave esaurimentonervoso; il marito le praticava una cura ricostituente abase di calcio per via intramuscolare. La prima ipotesi èavvalorata da questi fatti: esiste un elettrocardiogram-ma di Ombretta e lei, insieme con il marito, ha visitatouno psichiatra; infine, una ventina di giorni prima dellasua morte, ha accusato forti dolori.Con questi elementi si può azzardare a ricostruire la sto-ria di una morte (assassinio?).Carlo Nigrisoli ricorda il matrimonio come l’unico atto divolontà della sua vita. I genitori infatti auspicavano chequesto figliolo sposasse una donna “più su”, come ave-va fatto il fratello di Carlo. Però, quell’atto di ribellioneai voleri della famiglia si trasforma in un totale fallimen-to, uno dei tanti della sua esistenza. Nascono tre figli macosa possono contare per un cervello che si rode conti-nuamente?

12

Page 13: Chapeau MAGGIO 09

Di qui l’incompatibilità, l’irritazione profonda. Si faun’amante; poi un’altra, infine la terza che è quella giu-sta e che lo fa innamorare follemente. La moglie sembrapercepire che qualcosa non va e decide per camere sepa-rate. Carlo, però, non si accontenta e nella sua mente sifa strada un’altra possibilità. La casa di cura è un luogoparticolare, dove si può anche morire (o uccidere, comenel suo caso) senza particolare trambusto. Tanta gentemuore in ospedale. E poi ci sono i medici che sono suoiamici dipendenti e pagati da Nigrisoli. Nella farmacia del-la casa di cura ci sono tante boccette interessanti. Il cu-raro, ad esempio; che non lascia traccia nei tessuti,provoca un rilassamento dei muscoli e fa morire per sof-focamento dovuto a mancanza di ossigeno. L’avvelenatoda curaro non può neanche gridare perché le corde voca-li non vibrano. Ecco, Carlo Nigrisoli sceglie il curaro. Biso-gna iniettarlo e dunque convince la moglie a farsi fareuna puntura che le farà bene. Ombretta non è personamolto colta ma se leggesse sul flacone “sincurarina” di-rebbe di no. Bisogna perciò architettare un piano preci-so.

LE DUE IPOTESI

La prima cosa consigliata dallo psichiatra è una cura rico-stituente, iniezioni, appunto. Sarà facile, al momento op-portuno, arrivare dalla moglie con la siringa già pronta.Poi Carlo sarà finalmente libero di andare con “l’altra”che aspetta. Carlo pensa: i medici della clinica sono ami-ci e dipendenti, rimarranno addolorati per la morte dellasignora. Ma come è successo, di cosa soffriva? Mah, ri-sponderà lui, l’ho sentita rantolare e sono accorso manon c’era più niente da fare. Un collasso cardiaco? Sì, leisoffriva di cuore, l’ho fatta anche visitare. I medici dellaclinica stileranno il certificato di morte e tanti saluti.

Questa una prima ipotesi. Ma se ne può fare un’altra,quella del suicidio.Ombretta, ragazza di provincia, entra in una famigliamolto abbiente. Lei non ha pretese, tanto meno ambizio-ni se non quella di una vita onesta e dignitosa. E’ accol-ta dai suoceri piuttosto freddamente anche se, con il

tempo, si è fatta benvolere e stimare anche per il donodei tre nipotini. Eppure è proprio il marito a darle la pri-ma delusione. Non è il Nigrisoli che immaginava, ma so-lo un mediocre. Il gelo scende poco a poco fra loro. Erauna bella e fiorente ragazza; ora è una mamma vicina al-la maturità. Ha capito che il marito ha un’amante e que-sto la rende confusa, esaurita; avverte disturbi di cuorema il marito non le offre un aiuto se non quello, un po’cinico, nascosto nella frase: “Fatti visitare...”E lei finisce per accettare questo suggerimento e andrà afarsi visitare, insieme con il marito, pochi giorni primadella tragedia. Tornata a casa, si fa strada in lei un pen-siero: farla finita, nonostante i tre figli. La sera fatale at-tende che tutti riposino; ha già fatto visita alla farmaciadella clinica ed ha preso un flaconcino di sincurarina. Sul flacone ha notato il teschio con la dicitura “veleno”.Si farà una iniezione su una gamba (ecco perché, ad unprimo esame, il suocero non ha trovato tracce di puntu-ra). Poi lascerà sul comodino la siringa e il flaconcinovuoto.Carlo sente ad un certo punto, dalla sua stanza, la mo-glie che rantola, va da lei e la trova stravolta, incapace diparlare. Rapidamente la crisi precipita; Ombretta si facianotica, Carlo la solleva e la porta nell’ambulatorio allafine del corridoio. Non si rende nemmeno conto che aquel punto tutto è contro di lui. Se ha guardato e poitoccato il flacone e la siringa per rendersi conto di quan-to è accaduto, le sue impronte saranno rimaste. Infattialle prime domande lui è confuso, non sa che risponde-re. C’è confusione intorno al letto dove ormai giace ca-davere Ombretta. E poi il padre che lo investe: “L’haiuccisa!”, ma lui la intende in un altro senso: “sei tu checon il tuo comportamento l’hai portata al suicidio”. Sirende conto che forse è vero. Si agita e urla. Lo chiudo-no in una stanza. Poi arrivano i Carabinieri, il magistratoe lui si sente inebetito. Ecco, queste le due possibili alter-native per la morte di Ombretta. Tuttavia occorre fareuna considerazione. D’accordo, il “delitto perfetto” nonesiste (così dicono...), ma come poter accettare, nellaipotesi dell’uxoricidio, che un padre di tre figli, dopo aversuperato ogni orrore della premeditazione con freddezzae con cinico calcolo, finisca poi per compiere sbagli diuna ingenuità infantile? Perché un marito che uccide lamadre dei suoi figli con il proposito di assistere impavi-do alla spaventosa agonia (che lui, medico, conosce) nonpuò essere il tipo da dimenticarsi siringa e flacone, conscritto curaro, sul comodino; non può essere il tipo chefa accorrere i colleghi perché si avvedano in tempo deipalesi effetti di un beneficio in atto.

IL PROCESSO

Si apre un processo in cui si alternano amanti, medici,perizie e super prove, conclusosi con la condanna di Car-lo Nigrosoli all’ergastolo, poi tramutata, grazie alle atte-nuanti generiche, in 24 anni di carcere. L’11 dicembre 1993, a Ravenna, si è risposato con MariaPezzi, 47 anni, divorziata e madre di 2 gemelli.

Mara Parmegiani

CONIUGI NIGRISOLI IL GIORNO DEL LORO MATRIMONIO

13

Page 14: Chapeau MAGGIO 09

Ci si sposa per amore, per dovere, per consuetudine; ci si sposaper accordo tra i genitori, per non restare vergini, per avere unadiscendenza. Tante sono state nel mondo e nella storia le formedi matrimonio e i motivi che hanno portato gli sposi a unirsi “persempre”, più o meno consenzienti, più o meno consapevoli. Il matrimonio ha origini antiche, non ben conosciute, ma non ne-cessariamente origini religiose. La sua etimologia sembra risalire,secondo una visione diffusa, al latino “matris manus” (compitodella madre) oppure a “matrem munere” (proteggere la madre)ad indicare in un caso il ruolo della maternità e nell’altro la stret-ta relazione tra i due sposi orientata alla protezione della figuramaterna e di conseguenza della prole. Comunque la nozione dicoppia, fondata sul matrimonio, nell’ambito di un sistema pa-triarcale che ben conosciamo, è più recente di quanto spesso sivoglia credere. Per un lungo periodo, infatti, in epoca arcaica - dal Paleolitico al-l’Età del Ferro - i rapporti tra uomini e donne sono stati decisa-mente equilibrati e in nessun momento si percepival’oppressione dell’Uno sull’Altra o viceversa. Per circa 30 mila an-ni dunque uomini e donne si sono divisi i compiti con equità, sen-za dare mai l’impressione che l’Uno fosse il pallido copionedell’Altro. Dalla separazione inziale dei poteri che caratterizza ilPaleolitico alla loro condivisione durante l’Età del Ferro, non vi èmai alcuna traccia di quella guerra tra i sessi che sarebbe sorta inseguito e che ha prodotto il sistema patriarcale, tuttora alla basedella nostra società. La separazione all’epoca non significava -concetto molto importante - esclusione (dalla società tanto quan-to dalla casa, dai poteri politici così come dalla gestione domesti-ca), ma bisogno reciproco dell’Altro con una spinta verso lasolidarietà e il rispetto altrui. Probabilmente non era quello unostato connaturato all’essere umano o quanto meno non era de-stinato a durare a lungo se in seguito i rapporti di coppia sareb-bero a tal punto cambiati da determinare una prevaricazionedell’uomo sulla donna. E’ presumibile che il matrimonio – ovvero la necessità di ricono-scere dei confini all’unione tra uomo e donna - sia nato come ri-sposta universale delle società umane alla proibizione, anch’essauniversale, dell’incesto. Il matrimonio cominciò ad essere giuridi-camente regolamentato in epoca romana, anche se i giuristi ro-

mani lo consideravano un’istituzione fondata sul diritto naturalein quanto nasceva dall’unione sessuale dei due fidanzati. All’ori-gine il matrimonio non era consacrato da alcun rito, ma era suf-ficiente la convivenza cum affectione a sancire legalmentel’unione. Pian piano gli ordinamenti dell’antica Roma cominciaro-no a distinguere le “famiglie legali” da quelle “di fatto”, dove leprime ricevevano un riconoscimento ufficiale attraverso un ritopubblico ed acquisivano così diritti e doveri, tanto tra i coniugistessi quanto tra questi e il mondo esterno. Poi in epoca repubblicana si impose il concetto che la donna do-veva sottomettersi all’autorità di un uomo: di conseguenza seprima del matrimonio era sottoposta al potere del padre, quan-do si sposava questo potere passava nella mani del marito con iltrasferimento della patria potestà. E la formula latina, estrema-mente concisa - Ubi Gaius, ego Gaia - sintetizzava bene la condi-zione della donna nei confronti dell’uomo. Il matrimonio romano era in questa fase organizzato dai padridei futuri sposi, i quali si potevano conoscere reciprocamente so-lo al momento del loro fidanzamento. Il matrimonio era conside-rato un dovere del cittadino romano e doveva essererigorosamente monogamico. La sposa era vestita di bianco, co-perta da un velo di colore arancio e incoronata da una corona difiori. Le “giuste nozze” erano riservate solo ai cittadini romaniche si potevano sposare unicamente tra di loro. Tutte le altreunioni - tra un cittadino romano e una non-cittadina o tra un ro-mano e una schiava - non erano ufficialmente riconosciute e ibimbi nati da tali unionierano considerati illeggit-timi. Il matrimonio concordatotra le famiglie - detto cummanu - fu progressiva-mente sostituito da quel-lo libero - sine manu -fondato sul consenso de-gli sposi. Fu il giurecon-sulto Ulpiano a stabilireche “non è l’unione fisicache fa il matrimonio, mail consenso”. Una formulache ebbe importanti con-seguenze perché nessunodoveva più sposarsi inmancanza di una volontàchiaramente espressa.Ovviamente in questo ca-so era necessario che glisposi avessero un’età mi-nima per esprimere co-scientemente il consenso:dodici anni per le donne equattordici per gli uomi-ni. Inoltre questo princi-pio rendeva legittimo ildivorzio consensuale equello su iniziativa di unodei due coniugi, a diffe-renza di prima quandosolo l’uomo poteva ripu-diare la donna. La cristianizzazione del-l’impero romano e le suc-

14

STORIA DEL MTRA NECESSI

Page 15: Chapeau MAGGIO 09

cessive invasioni barbariche modificarono tali pratiche. La Chiesaaccettò e riconobbe le unioni contratte secondo il diritto roma-no, con una impostazione però etico-religiosa. Per la Chiesa erainfatti importante che si arrivasse alle nozze illibati, anche se poiera disposta a chiudere un occhio se il matrimonio poteva costi-tuire un argine ad una vita sgregolata. Fu con l’Editto di Milanodel 313 che alcune norme vennero cambiate. La Chiesa introdus-se il divieto di divorzio e di secondo matrimonio per i vedovi. Eancora nel 534 l’imperatore romano Giustiniano condannò il ses-so al di fuori di quello consumato nell’ambito matrimoniale. Inol-tre ridusse i motivi di divorzio unilaterale e soppresse quelloconsensuale (reintrodotto però dal suo successore Michele III nel566). E il Codice Giustinianeo fu alla base della giurisprudenza europeaper un millennio. All’epoca il matrimonio si svolgeva con una ce-rimonia privata al domicilio della futura sposa. Qualche volta ve-niva impartita anche una benedizione senza però valore ufficiale.Il matrimonio era in sostanza un contratto reciproco, scritto e fir-mato. Era poi reso valido dalla promessa verbale - il cosiddettoVerbum - dei due coniugi che dichiaravano reciprocamente l’in-tenzione di costruire una vita insieme. La presenza di un sacerdo-te o di altri testimoni era utile, ma non necessaria. E se lecircostanze la impedivano, non era richiesta. Con il declino dell’impero romano l’abitudine di firmare unoscritto pian piano scomparve, consentendo di fatto numerosiabusi. Per evitare questi la Chiesa si rivolse al diritto germanico in

materia matrimoniale ene accettò le regole, total-mente diverse da quelledel diritto romano. Secon-do il diritto teutonico in-fatti la volontà degli sposinon aveva alcun valore ealcuna autonomia decisio-nale. Il legame matrimo-niale veniva concordatodalle famiglie degli sposie contemplava due fasi. Nella prima - la desponsa-tio - le rispettive famigliestipulavano un contrattoin cui si stabiliva che il po-tere sulla donna venivatrasferito dal padre al fu-turo marito, che in cambiopagava una dote al padredella sposa (in sostanzacomprava la moglie). Nellaseconda fase avvenivanole nozze vere e proprie - lenuptiae - che si conclude-vano con la traditio puellae, cioè l’accom-pagnamento della sposanella camera nuziale. Ma ilmatrimonio germanicoprevedeva anche la possi-bilità del ripudio o del di-vorzio consensuale, cosìcome del concubinato conmogli di grado inferiore

accanto alla moglie principale. Aspetti che però la Chiesa respin-geva fermamente. Uno dei problemi che si pose riguardo al matrimonio era il rischiodi incesto, cioè dell’unione tra consanguinei. Se già il diritto ro-mano vietava il matrimonio tra parenti, la Chiesa estese la con-sanguineità fino al settimo grado nei secoli VII-XI e parificòl’affinità alla parentela. Inoltre i capitolari carolingi (cioè le ordi-nanze del re) stabilirono che il clero doveva indagare e controlla-re l’eventuale consanguineità tra gli sposi assumendosi anche ilpotere di separare i coniugi incestuosi. Al tempo stesso, però, laChiesa cominciò a sostenere il fondamento consensuale del ma-trimonio che, se pure riconosciuto per la prima volta nel 866 dapapa Niccolò I, si impose solo nell’XI-XII secolo. Progressivamen-te il ruolo giuridico del clero si fuse con la vecchia pratica dellabenedizione degli sposi, così che con il tempo si affermò tra teo-logi, giuristi e papi sia la dottrina del consenso dei diretti interes-sati, sia la natura sacramentale del vincolo. A questo punto ilmatrimonio cessò di essere un contratto tra famiglie, ma una li-bera scelta degli sposi benedetta religiosamente. Da qui nacque

15

MATRIMONIOITÀ E SCELTA

Page 16: Chapeau MAGGIO 09

la cerimonia religiosa in cui il prete, dopo aver indagato sui rap-porti di consanguineità e accertata la volontà dei futuri coniugi aunirsi in matrimonio, consacrava l’unione davanti a Dio. Il matrimonio divenne così materia di diritto canonico e con il ca-nonista Graziano (1140) venne definito “l’unione dell’uomo e del-la donna che fonda tra loro una comunità di vita”. Poco dopo furegolamentato dal Concilio Laterano IV (1215) che stabilì: il gra-do di consanguineità o affinità (entro il quale è vietato sposarsi)fu abbassato dal settimo al quarto; per evitare i matrimoni clan-destini venne imposto l’uso delle pubblicazioni; per evitare i di-vorzi il matrimonio fu reso legalmente indissolubile (tranne nelcaso di morte di uno dei coniugi); per evitare rapimento e unionicombinate, fu richiesto il consenso libero e pubblico degli sposida esprimere in luogo aperto; per evitare il matrimonio di bambi-ni o di ragazze molto giovani, fu imposta un’età minima; furonostabilite poi regole per l’annullamento in caso di violenze sullapersona, di rapimento, non consumazione e matrimonio clande-stino. Infine fu sancito che per sposarsi era necessario essere bat-tezzati e soprattutto che il matrimonio doveva essere consideratoun sacramento. Per molti anni quanto decretato dal Concilio Laterano rimase piùo meno intatto. Solo nel 1563, durante il Concilio di Trento, ci fuuna nuova sistemazione alla luce delle dottrine protestanti che sistavano diffondendo in quel periodo. Secondo Lutero infatti ilmatrimonio aveva sì un’origine divina, ma era stato istituito nonai fini della salvezza bensì in relazione all’ordine naturale dei rap-porti umani e dunque non era un sacramento. La riforma lutera-na legò il matrimonio al diritto civile, tanto che laregolamentazione e la registrazione divenne compito dello Stato,almeno di quello in cui il sovrano aveva scelto la confessione ri-formata (secondo il principio del “cuius regio eius religio”). Lute-ro ammetteva in alcuni casi il divorzio e giudicò illeggittimo tuttociò che si opponeva all’unione dell’uomo e della donna, compre-so il celibato imposto a preti e suore. Una concezione che la Chie-sa non poteva accettare. Con il Concilio di Trento dunque ilmondo ecumenico non solo condannò le tesi protestanti, ma riaf-fermò con più forza i principi già stabiliti nel XIII secolo, vigentinegli stati di confessione cattolica: matrimonio come sacramen-to, celebrazione davanti al parroco e a testimoni, obbligo di regi-strare l’unione in un libro conservato nella parrocchia, divieto dicoabitazione fuori dal matrimonio. Il Concilio si pose pure il pro-blema dei matrimoni clandestini, celebrati tra consenzienti ma dinascosto per sfuggire evidentemente al rifiuto delle famiglie. Aquesto proposito i Padri (sia pure non all’unanimità) affermaronoche sono “veri matrimoni” solo quelli celebrati con il consensodegli sposi, ma nel rispetto delle forme di pubblicità richieste, pe-na l’annullamento; al tempo stesso affermarono pure che nonpoteva essere causa di nullità del matrimonio il mancato consen-so dei genitori. L’Europa si divise in due: nei paesi protestanti siaffermò il matrimonio civile, soprattutto in Germania dove si in-debolì fortemente il ruolo delle chiese cristiane e il matrimonioreligioso venne ridotto ad una cerimonia privata; nei paesi catto-lici invece restò di competenza del diritto canonico almeno finoalla Rivoluzione Francese. La Francia non accolse le decisioni delConcilio e per ancora due secoli le ordinanze reali richiesero aigiovani sposi l’esplicito consenso dei genitori e fu equiparato aun rapimento (punito anche con la pena di morte) il matrimonioclandestino. Solo nel 1792 un decreto, pur ribadendo che il ma-trimonio era materia di diritto civile, abolì il consenso dei genito-ri e introdusse il divorzio. Successivamente il codice napoleonico,che si estese poi in gran parte dell’Europa, ristabilì il potere delpadre sui figli e del marito sulla moglie, ma non toccò il principiodel matrimonio civile. Proprio a questo principio si richiamò l’Eu-ropa del XIX secolo e anche in Italia venne introdotto nel 1865.Poi i patti Lateranensi del 1929 raggiunsero il compromesso inse-rendo il doppio regime: il riconoscimento cioè degli effetti civili aimatrimoni religiosi, celebrati secondo il rito cattolico. Al giornod’oggi le cose sono molto cambiate e continuano a cambiare. In-nanzitutto il matrimonio non è più una tappa obbligata nella vi-ta di una persona, a differenza di quanto avveniva in passato. Eper quanto sia sempre concepito come un sacramento, almenoda chi è credente, non vi è più una visione rigida del vincolo co-niugale. L’introduzione dell’istituto legale del divorzio permettedi sciogliere l’unione almeno da un punto di vista civile, quandoil mutuo consenso e la reciproca fiducia, nonché il sentimentod’amore, è finito o comunque viene percepito come tale. Dalla se-conda guerra mondiale ad oggi infatti il numero dei divorzi è au-

mentato fortemente in occidente, così come sono aumentate leconvivenze, i single per scelta, i bambini nati fuori dal matrimo-nio. E’ emerso un sistema che viene definito monogamia seriale,cioè il matrimonio non è più un patto a vita, ma un contratto chepuò essere interrotto da entrambe le parti. Ma tante altre sonostate le variazioni avvenute all’interno del matrimonio nel XX se-colo: diversamente da quanto accadeva nell’Ottocento, è la don-na ora ad ottenere l’affidamento dei figli nell’80% dei casi didivorzio; entrambi i coniugi hanno il dovere formale di dare so-stegno alla famiglia e non più solo l’uomo; i figli nati fuori dalmatrimonio hanno gli stessi diritti di quelli cosiddetti “legittimi”;lo stupro e la coercizione fisica contro la moglie non è più am-messa ed è punita legalmente; le proprietà acquisite dopo il ma-trimonio appartengono ad entrambi. Persiste nel mondooccidentale il concetto che il matrimonio deve essere monogami-co, a differenza del mondo orientale islamico, dove è invece am-messa la poligamia come segno di ricchezza e potere. Oggi dunque il matrimonio è cambiato perché sono cambiati i

rapporti di base. Non ci si accontenta più di stare con una perso-na con cui non si va d’accordo, non si concepisce più il dovere distare insieme anche se si è diventati estranei l’uno all’altro, si ri-tiene un’ipocrisia tenere in piedi il matrimonio quando l’amore, lacomplicità e l’intesa non c’è più. La donna stessa, il cui ruolo èprofondamente cambiato, non accetta più di sostenere su di sé lamaggior parte degli oneri della vita coniugale, ma pretende unadivisione equa dei compiti, cosa a cui molti uomini ancora nonsanno adeguarsi. La mancanza di reciprocità allontana i coniugiche non vogliono più avvilirsi in un amore non condiviso. Proprioil sentimento ha un posto forte nelle nuove coppie che non vo-gliono dominare e possedere l’Altro, ma piuttosto vivere quel ti-po di relazione dove entrambi si possono sentire amati, capiti,protetti, consolati, perdonati. Ognuno dà e riceve, tutti e due al-lo stesso modo. Sintetizza bene il concetto il sociologo Adorno:“ci ama soltanto colui con il quale possiamo mostrarci deboli sen-za provocarne la forza”.

Cristina GuerraGiornalista RAI

16

Page 17: Chapeau MAGGIO 09

17

I PRIMI CENTO ANNI DI RITA LEVI MONTALCINI

“Arrivare a 100 anni è un premio per me. Il segreto? Non pen-sare a se stessi, ma agli altri e lavorare con passione”.È una delle frasi pronunciate da Rita Levi Montalcini festeggia-ta all’Istituto Superiore di Sanità per i suoi 100 anni, qualchegiorno prima del suo compleanno, il 22 aprile. Un fiume di pa-role che hanno interpretato l’ininterrotto fluire dei ricordi e del-le riflessioni di quella che è stata una lunga vita fatta di lavoro.Un’esistenza guidata dal “pensare non convenzionale”, ha sot-tolineato Ferruccio Fazio, sottosegretario alla Salute intervenu-to alla cerimonia. L’essenza della ricerca e del progresso, comeha aggiunto il sottosegretario, è quella ‘serendipity’ che spessoassiste gli scienziati che, mentre cercano qualcosa, fanno sco-perte fondamentali, come fu per la penicillina. ‘Serendipity’ nonvuol dire solo fortuna, vuol dire, soprattutto, acume, curiosità esaper capire che dietro ‘l’insolito’, ci può essere un mondo daindagare. “E così è stato anche per Rita Levi Montalcini”,ha sot-tolineato.Laureatasi nel 1936 ha conquistato il premio Nobel per la Me-dicina nel 1986 per la scoperta del fattore di crescita NGF (Ner-ve Growth Factor), una molecola, ha spiegato la Montalcini,scoperta “perché ho capito che quello che stavo osservandonon rientrava nella norma”. L’NGF ha aperto la strada agli stu-di della biologia molecolare, ad un nuovo approccio diagnosti-co che misura l’equilibrio delle vie metaboliche, quelle cheportano le informazioni tra cellula e cellula ed ha, infine, rivo-luzionato, come ha sottolineato Fazio, anche la progettazionedei farmaci, non solo centrati sull’efficacia generale del princi-pio attivo, ma disegnati per riparare pezzi di circuiti metabolicialterati.Dopo la cerimonia di apertura, il premio Nobel è stata omag-giata dai ricordi dei suoi amici, dei suoi collaboratori e dei suoiallievi che hanno voluto lasciare testimonianza della loro stimae del loro affetto per Rita, come confidenzialmente la chiama-no, in un volume che raccoglie i loro pensieri, molti dei quali so-no stati letti dall'attore Paolo Triestino. Ne emerge il ritratto diuna donna coraggiosa, coerente, piena di passione per il suo la-voro, gentile, elegante e che ha sempre saputo ascoltare i gio-vani. Un ritratto che Enrico Garaci, Presidente dell'IstitutoSuperiore di Sanità, conferma.“Erano gli anni ottanta - ha detto - ed erano passati già diversianni dal suo rientro in Italia. Il suo soggiorno all’Istituto Supe-riore di Sanità era ormai concluso e la sua affermazione comericercatrice di fama internazionale e la sua carriera al CNR era-no sempre più in ascesa. Ma il ricordo che ho di lei non si limi-ta a quello di un ottima ricercatrice e di una creativa dellascienza.Era impossibile incontrare Rita Levi Montalcini e non scorgereuna donna dagli occhi luminosi, curiosa della vita e del mondo,animata ogni volta che nella discussione si intrecciava l’eticacon la scienza”.“Dopo tanti interventi che mi hanno celebrato - ha detto anco-ra Rita Levi Montalcini - è difficile prendere la parola. Sono com-mossa e sorpresa da tale accoglienza. In realtà, non credo diessere nata per fare la scienziata, il mio grande desiderio chesolo ora, alla fine della mia vita ho potuto esaudire, è semprestato quello di aiutare chi ne aveva più bisogno. Penso all’Afri-

ca, alle donne e agli uomini sfruttati ancora oggi”. Ininterrottele parole che più volte hanno riproposto pensieri e convinzioni,come quello che nella vita a contare veramente sono i valori e“non importa quanto si vive, ma quali sono i messaggi che si la-sciano”. Non è mancata l'autoironia, quando, accorgendosi diparlare, forse, un pò troppo ha detto che fortunatamente nonsoffre di Alzheimer e che il suo cervello, arricchito dall’esperien-za scientifica ed umana, funziona meglio ora che quando ave-va 20 anni “se non m’illudo”, ha aggiunto. E a proposito deisuoi inizi come ricercatrice, ha ricordato che in fondo le leggirazziali l’hanno aiutata “perché segregata nella mia stanza hopotuto lavorare”, ha detto. Ed infine, ringraziando tutti e so-prattutto l’ISS per l’onore che le ha accordato dedicandole unatarga nell’aula conferenze dei premi Nobel, ha voluto ancheelogiare il suo paese, nel quale è ritornata a lavorare nel 1963,e gli italiani, “un popolo pieno di intuito e di fantasia. Un capi-tale umano enorme. “Auguro a tutti i giovani di avere la miastessa fortuna” ed ha, così, salutato il pubblico.

Rita Lena

Page 18: Chapeau MAGGIO 09

Il Futurismo è stato una corrente artistica italiananata nel febbraio del 1909, con Filippo TommasoMarinetti. Pubblicizzata nelle Cronache letterariedel quotidiano bolognese, La gazzetta dell’Emilia,vide l’adesione di Boccioni, Carrà, Russolo, Severini,Balla, Depero, l'architetto Sant'Elia, il cineasta e fo-tografo Bragaglia.Nello stesso periodo, movimenti artistici influenzatidal futurismo si svilupparono in altri Paesi, soprat-tutto in Russia, dove alla base non c’era, però, unconcetto bellicoso come quello dei futuristi, ma

un’utopica idea di pa-ce e libertà, sia indivi-duale (dell’artista), siacollettiva (del mon-do). I suoi fondamentisono in grado di ab-bracciare praticamen-te ogni formad’espressione artisti-ca: dalla letteraturaalla pittura e alla scrit-tura, dalla musica allafotografia, dal cinemaalla cucina, al teatro,alla moda e così via.Esprimevano la ten-denza e la sintesi,l’abbreviazione e lastilizzazione, fino alla

deformazione espressiva per lasciare emergere l'ani-ma delle cose.Le guerre, la trasformazione sociale dei popoli, igrandi cambiamenti politici, e le nuove scopertetecnologiche e di comunicazione come il telegrafosenza fili, la radioe gli aeroplani;arrivarono a cam-biare completa-mente lapercezione delledistanze e deltempo, “avvici-nando” fra loro icontinenti. Le ca-tene di montag-gio abbattevano itempi di produ-zione, le automo-bili aumentavanoogni giorno, lestrade iniziaronoa riempirsi di luceartificiale, si av-vertiva questanuova sensazionedi futuro e veloci-tà, sia nel tempoimpiegato perprodurre o arriva-

IL FUTURO HA CE

18

Page 19: Chapeau MAGGIO 09

ENTO ANNI

19

re ad una destinazione, sia nei nuovi spazi che potevanoessere percorsi, sia nelle nuove possibilità di comunicazio-ne. I futuristi compresero immediatamente il ruolo che i tra-sporti avrebbero assunto successivamente nella vita dellecittà. Nei progetti di questo periodo si cercano nuovi svi-luppi pensando ad una città in perenne mutamento, agi-le e mobile in ogni sua parte, un continuo cantiere incostruzione, le cui abitazioni sono impregnate di dinami-cità, prive di una simmetria classicamente intesa. Il mon-do va verso il futuro e non si deve più arrestarlo.Faro della pittura italiana del XX, Giacomo Balla può esse-re considerato il primo punto di riferimento per alcuni deimembri del Movimento futurista; all’inizio del novecentoil suo studio è frequentato da Boccioni e Severini, ai qua-

li trasmette le nozionidelle pittura divisio-nista acquisita duran-te un soggiorno aParigi nel 1900.“La modernità del Fu-turismo” di GiacomoBalla: figure in realtàstatiche che sembra-no muoversi, oppureimmagini modificatedalla percezione del

nostro cervello, che sembrano illusioni ottiche.Con Fortunato Depero (1892-1960) si apre la seconda fa-se del Futurismo, che, dopo la morte di Boccioni e Sant’Elia, in tempo di guerra, tenta di superare la crisiapertasi al suo interno. Il tentativo di “... ricostruire l’Uni-verso rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente ...” Siestende alla progettazione e produzione di una vastagamma di oggetti ed arredi. Nasce il “giocattolo futuri-sta”, il “vestito trasformabile” ed altri congegni che ripro-pongono ancora in definitiva il mito della macchina. Diaghilev, impresario e coreografo dei Balletti Russi, chevisitò il suo studio, gli commissionò scene e costumi pla-stici per “Il canto dell’usignolo con musiche di Stravinskij;fu anche un antesignano, nel settembre del 1928 a NewYork, molto attivo nel settore della pubblicità, oltrechédella scenografia teatrale. Nel 1919 aprì a Rovereto la Ca-sa d’Arte Depero nella quale venivano prodotti oggettid’arte applicata, tarsie in panno e collages. Nel 1925 rap-presentò l’Italia all’Esposizione Internazionale di Parigi in-sieme a Prampolini e Balla.

Marco Alfonsi

Umberto Boccioni, Forme uniche della continuità nello spazio (1913)

DEPERO FORTUNATO. panciotto futurista, anni 20

Page 20: Chapeau MAGGIO 09

20

GLI JETTATORI TERRIBILI

Lo jettatore è un essere moralmente perduto; dalsuo sguardo emanerebbero le influenze perniciose,di invidia e cattiveria, che determinano quelle alte-razioni che colpiscono, nell’anima e nel corpo, lapovera vittima. Un individuo così pericoloso comelo jettatore che, con il solo sguardo, causa tante di-sgrazie, è sicuramente da evitare.L’IDENTIKIT DELLO JETTATORE, secondo la tradizionepopolare, ci insegna come riconoscerlo. E’ arcigno,cattivo, solitario, taciturno, spesso magro, pallido odi colorito giallognolo, leggermente curvo e con gliocchi leggermente sporgenti, con sopracciglia foltee unite.Alessandro Dumas nel suo libro "Le surnaturel et lesdieux d'après les maladies mentales" ce ne dà un ap-profondito ritratto:

"È di solito magro e pallido, ha il naso ricurvo, e oc-chi grandi che ricordano quelli del rospo e che eglitende a coprire con un paio di occhiali: com’è noto,il rospo ha il dono della jettatura, tanto che uccideun usignolo con il solo sguardo. Quando incontrateuna persona come quella che ho descritto, guarda-tevene: quasi sicuramente si tratta di uno jettatore.Se costui vi ha scorto per primo, il male è fatto enon c’è rimedio: chinate il capo e aspettate. In casocontrario, se non avete ancora incontrato lo sguar-do, presentategli il dito medio teso e le altre ditapiegate: il maleficio sarà scongiurato. Non occorredire che se portate addosso corni di giada o di corallo non avete bisogno di tutte queste precauzioni”.

Corna, cornetti, amule-ti, gobbetti, ferri di ca-vallo, e molte altreforme di superstizionisul terreno di gioco: lascaramanzia è la reginadel calcio e da sempreNapoli detiene anchequesto singolare recordnel campo delle preven-zioni. La verità è che neicalciatori impera la pau-

ra che, a parte la preparazione atletica e i recentisviluppi degli schemi tattici, esistono anche episodiimportanti legati al caso, alla sfortuna e al maloc-chio. Un caso sconcertante di un pericoloso jettatore, è ilprincipe di Ventignano di Napoli, narrato da Erne-sto De Martino, che aveva appreso la vera storia delpericoloso personaggio, il principe X, dalla biogra-fia tracciata dal Dumas. De Martino, nel suo libro:“Sud e magia” (Feltrinelli, Milano 1977), racconta: “Come la tradizione vuole il principe inaugura la se-rie delle sciagure fin da quando viene al mondo -1824 -; la madre rende l’anima nel partorirlo, la nu-trice cui è affidato perde il latte, il padre è rimossodalla carica di ambasciatore in Toscana. Questa atti-vità jettatoria seguirà il principe per tutto il corsodella sua lunga vita. Il giorno in cui il principe entròin seminario, tutti i ragazzi della sua classe furonocolpiti da tosse convulsiva; nel corso dei suoi studisopravanzava i compagni e guadagnava sempre il

UOCCHIO E MALOCCHIIOPREZZZEMOLO E FINOCCHIO

LE INFLUENZE DELL’OCCCHIO MALVAGIO

Page 21: Chapeau MAGGIO 09

21

p r e m i o ,tranne unavolta che fus e c o n d o ,ma allora ilcompagnoa cui eratoccato ilprimo pre-mio in-ciampò nelprimo gra-dino delp a l c o ,mentre sirecava a ri-cevere lasua coronae si ruppeuna gam-ba.

“Né si salvarono i frati del convento di Camaldoli quan-do il principe entrò a fare il suo noviziato, poiché ilgiorno dopo il suo ingresso apparve l'ordinanza dellaRepubblica Partenopea che sopprimeva le comunità re-ligiose. Abbandonato il proposito di darsi alla vita reli-giosa... inaugurò la sua vita mondana recandosi per laprima volta al San Carlo: quella sera stessa il teatro pre-se fuoco. Invitato ad una festa da una certa contessa,tutto volse al peggio: gran temporale che impedì di re-stare in giardino, crollo di un lampadario, stecca dellaprima donna del S. Carlo che abbandonò la sala sen-tendosi dominata da una forza nefasta superiore alsuo talento, e così via...”. Il genero, che da scapolo era stato un libertino, nonpoté consumare il matrimonio con la figlia del nobileper effetto della benedizione paterna impartita allacoppia.Altre disgrazie sulla sua via furono lo scoppio della Ri-voluzione quando giunse a Parigi e la morte di Papa PioVII, tre giorni dopo averlo incontrato per strada. Manon basta. Durante un suo viaggio in Inghilterra nau-fragò la nave che lo accoglieva e identica sorte toccòalla nave accorsa a soccorrere i naufraghi. AlessandroDumas, che scrisse la biografia del principe, per paurae scaramanzia, non volle citarne neppure il nome e lopresentò anonimo come “Principe X”.

Uno jetta-tore storicosi dice fosseil marcheseBonifacio.Nel 1529,arrabbiatocon Carlo Vche regalòil suo feudoa Giovannid ’Urb ino .Pare cher i u s c i s s econ i suoiinflussi afar morirequest’ulti-mo, ragionper cuì Car-lo V ci ri-pensò e gli restituì il feudo.Un altrettanto famoso jettatore fu Alfonso di Spagna,che in vita ne fece di cotte e di crude jellando il prossi-mo. Raggiunse l’apoteosi del portasfiga nel 1923,quando nel corso di una visita a Napoli un cannoneesplose uccidendo tutti i soldati che gli stavano tribu-tando gli onori militari.Chi temeva il malocchio dei frati era re Ferdinando Iche rifiutò per quindici anni l’insistenza del CanonicoDe Iorio, presunto jettatore, che voleva offrirgli inomaggio un suo libro. Finalmente il Re cedette e il 3gennaio del 1823 accettò d’incontrarlo: il mattino se-guente Ferdinando morì per un collasso. Il suo successore, Ferdinando II ereditò questa supersti-zione supportata poi, per gli scaramantici, dal fattoche avendo incontrato due frati all’uscita della Reggiadi Caserta affrontò un viaggio disastroso per assisterealle nozze del Duca di Calabria con Maria Sofia Amaliadi Baviera dove incontrò tempeste di neve e tormenteal punto di rientrare a Napoli con una lettiga e moriregridando “mi hanno jettato”.

Mara Parmegiani

UOCCHIO E MALOCCHIOPREZZEMOLO E FINOCCHIO

LE INFLUENZE DELL’OCCHIO MALVAGIOCanonico De Iorio Re Ferdinando II

Page 22: Chapeau MAGGIO 09

IL PIACERE DELLA CIOCCOCURIOSITÀ STORICHE E VIRARTIGIANALE

La passione per il cioccolato ha radici antichissime. Già 1000 an-ni prima di Cristo gli Aztechi coltivavano la pianta del cacao i cuisemi costituivano una bevanda piccante ed energetica. La leggen-da vuole che sia stato proprio il dio Quetzalcoatl a farne dono aimortali, che in suo onore chiamarono il seme “chocolati”: nomerimasto sostanzialmente immutato nel tempo, in quasi le 300 lin-gue del mondo. I semi di questa pianta erano talmente preziosida essere usati come moneta per pagare i tributi al loro impera-tore. Dopo la tostatura i semi erano polverizzati, mescolati condel peperoncino, diluiti con del liquido, sbattuti fino a diventareuna crema spumosa. Servita in contenitori d’oro costituiva il pa-sto giornaliero di Montezuma che riusciva a berne fino a cinquan-ta tazze, accompagnandola con focacce di pane di mais. Come ilsovrano anche i dignitari e i mercanti, dopo un lauto banchetto abase di mais, tacchino, fagioli, peperoncini e pomodori, gustava-no grandi quantità di cioccolati servita in enormi zucche. Ben sa-pendo che bastava una sola tazza per eliminare la fatica estimolare le forze fisiche e mentali. Le vittorie della Spagna nelNuovo Mondo, grazie anche al conquistatore Fernando Cortez,ebbero come conseguenza l’introduzione di nuovi cibi come il pe-perone, il pomodoro ed i semi del cacao, alimenti che si integra-rono ben presto nella cucina spagnola. Dovette passare più di unsecolo, principalmente per merito di Anna d’Austria, infanta diSpagna sposa di Luigi XII di Francia, perché il cacao definito “un

miscuglio liqui-do marroncino”,giungesse nel‘600 in Francia.Diluito non piùcon acqua, macon il latte, preseil nuovo nome diCioccolatte. Erapreparato conun vero e pro-prio cerimoniale,spesso da un ca-meriere moro,come quello delCardinale Maz-zarino, che van-tava uno stagedi quattordicimesi in Italia pera p p r e n d e r n el’arte. Entusia-smò la corte edivenne il cibopreferito del reLuigi XIV, delle

sue concubine e della regina Maria Teresa. Divenne così indispen-sabile anche per la regina Maria Antonietta che viaggiava semprecon il suo cioccolatiere al seguito. Incoraggiate dal fatto che la Fa-coltà di Medi-cina di Parigine avesse con-cesso il placet,non fu dis-degnato nean-che da Mada-me de Pom-padour e daMadame duBarry, favoritedi Luigi XVche, su sugge-rimento dellamaga Voisin,ne faceva uso,la prima perstimolare ipropri ardori,la seconda pergli amanti,perché fosseroall’altezza deisuoi temperamenti ardenti. I Gesuiti, golosissimi consumatori dicioccolata, commerciarono il cacao tra l’America latina e l’Euro-pa, dando così il via libera all’uso della cioccolata in Chiesa inquanto l’ordinanza di papa Pio V stabiliva che i liquidi non infran-gono il digiuno. Ma si poteva definire la densa cioccolata un liqui-do? Rompe ildigiuno? Il cardi-nale Brancaccio,golosissimo dicioccolato cuiaveva dedicatouna lunga odenel 1667, sciolsela controversia di-c h i a r a n d o : “ L acioccolata non èné bevanda nétantomeno ciboma, bensì un a c c i d e n t e ” . Permise di conse-guenza alle damespagnole, cheusavano sorbiretazze di cioccola-ta dopo la messa, di continuare afarlo senza com-mettere il pecca-to di non osser-

22

Page 23: Chapeau MAGGIO 09

OLATAIRTUOSISMO

vare il digiuno. Ostacolò, per questo consenso, la decisione del Vescovo di Chiapa che nel 1630, stufo di assistere durante la Messaalle grandi bevute di cioccolata dei suoi fedeli, ne vietò l’uso pena lascomunica. Proibizione amara in quanto un fedele lo uccise versan-do del veleno proprio nella sua tazza di cioccolata. L’infatuazione deigesuiti per il “cioccolatte” si scontrò anche con il parere contrario de-gli ambienti cattolici e di altri ordini religiosi. I Domenicani, tradizio-nali rivali della Compagnia di Gesù, sostenuti da Padre GirolamoSemenzi professore di Teologia all’Università di Pavia, presero posi-zione su l’uso e l’abuso di questa bevanda, mettendo in guardia con-tro i pericoli che la cioccolata poteva causare riscaldando in eccessoil sangue. Nonostante i giudizi contrari la cioccolata iniziò la suatrionfale ascesa, accompagnandosi all’evolversi e al modificarsi deglistili di vita conviviali. Proprio in Spagna si inizia a manipolare il cioc-colato, ma si deve alla corte di Toscana l’aggiunta di ingredienti co-me le scorse fresche “de’ cedrati e de’ limoncelli e l’odoregentilissimo del gelsomino, che mescolato con la cannella, la vani-glia, l’ambra e col muschio, dà un sentire stupendo a coloro che dicioccolato si dilettano”. Le dosi erano un segreto di Stato che Cosi-mo de’ Medici gelosamente conservava insieme al “recipe” misterio-so, tenuto nascosto nella cassaforte della Fonderia di Palazzo Pitti,con l’ordine per il suo Archiatra, confidente e cortigiano devoto, dinon divulgare i segreti che rallegravano l’ipocondriaco e taciturnoprincipe. Madame d’Aulnoy osservò che le donne spagnole eranomolto magre e ne dedusse che: ”Non esiste nulla di più bruciantedella cioccolata che esse bevono in grande quantità. Inoltre, aggiun-gono avventatamente del pepe e altri condimenti che le consumanoletteralmente”. Ben presto però iniziarono a circolare strane voci,culminanti in uno dei pettegolezzi più belli della marchesa de Sévi-gné che, nel 1671, raccomandava alla figlia di non abusare della be-

vanda in quanto “la marchesa di Coetlogon prese tanta cioccolatadurante la gravidanza che si sgravò con un neonato nero come il dia-volo, che morì subito…”. Ma allo stesso tempo la marchesa quaran-tanovenne, presumibilmente vicino alla menopausa, parla dellequalità corroboranti dellacioccolata, della sua attivitàafrodisiaca e del rimedio percontrastare sintomi e depres-sioni di questo periodo.L’escamotage più divertenteper eludere la proibizione alledonne di consumare alcolici,lo trovarono giovani maestricioccolatieri che produsseropraline ripiene con acquavitestravecchia, facilitando così ilconsumo di alcool e cioccola-to e salvando, all’epoca, la ri-spettabilità delle golosedame. Ad introdurre l’uso delcacao in Italia fu, nel 1606, ilcommerciante fiorentino An-tonio Carletti, che raggiunseun immediato successo nelmondo dell’aristocrazia, an-che se Federico III di Prussiane condannò l’uso proiben-dolo nel proprio Regno. Lasua diffusione in Piemonte si deve al duca Emanuele Filiberto di Sa-voia, generale degli eserciti spagnoli sotto Carlo V, che nel 1678 con-cesse il primo brevetto di Casa Savoia autorizzando Giò Battista Ariad esercitare l’arte del cioccolatiere e a “vendere pubblicamentecioccolata in bevanda per anni sei prossimi dalla data della presen-te”. Si sviluppò, di conseguenza, un raffinatissimo lavoro artigianaledel cacao, portando Torino, verso la fine del XVII secolo, ad esserneconsiderata la Capitale, anche se nei paesi in cui era permesso resta-va appannaggio dei soli ricchi per il prezzo elevato. Londra nel 1657si aggiudicò il primato dell’apertura della prima “Chocolate house”,dove la costosa bevanda era servita in cioccolatiere d’argento, capo-

23

Page 24: Chapeau MAGGIO 09

lavori di lusso e raffinatezza. Due elementi molto diversi tra loro han-no caratterizzato il Settecento: l’apertura della scienza e

la galanteria. E’ il periodo di transizione della Modatra Barocco e Rococò e, anche se la Francia tende

a decadere politicamente, la corte di Luigi XVinfluenza un nuovo stile di vita, più agile e

spregiudicato, rispetto a quello forma-le. Le dame dell’alta società, delica-

te e disappetenti, tra l’agitarsi diventagli e bisbigliati pettego-

lezzi sulle novità della mo-da, vanno pazze per la

nuova bevanda esotica, il“brodo indiano”, in pratica la

cioccolata. Il cioccolato visse il suomassimo splendore verso la fine del ‘700

grazie ai veneziani e ai fiorentini che contri-buirono alla sua diffusione, trovando nel mar-

chese De Sade uno dei più grandi estimatori; CarloGoldoni ne celebra le qualità scrivendo “…viva viva la cioccolata ecolui che l’ha inventata…”, mentre il Parini consigliava al suo giovinsignore “…il brun cioccolatte...” Voltaire ne consumava circa 12 taz-ze, tra le 5 del mattino e le 3 del pomeriggio; Giacomo Casanova,dopo aver spazzolato cacciagione, tartufi e vini della Sassonia, con-sumava cioccolata apprezzandone le presunte proprietà afrodisia-che. Tesi condivisa, più tardi, anche dal sommo Vate GabrieleD’Annunzio che si concedeva dei cioccolatini fondenti prima di ogni“rendez-vous”. Goethe, che l’amava follemente, era solito regalarecioccolatini e fiori per fare breccia sulla donna desiderata. Sulla na-scita dei cioccolatini si fanno diverse congetture. Forse fu conse-guenza di un incidente avvenuto nella cucina del duca Plessis-Traslin:un piatto di mandorle cadute per terra e una casseruola piena di zuc-chero caramellato rovesciatasi sopra, diedero l’idea al capocuoco difare di questo casuale impasto un dolce da presentare in tavola, ri-coperto di cioccolata, a dimensione di boccone. Sembra, tuttavia,che la patria dei primi cioccolatini fu Torino: bocconcini dalle dimen-sioni di una ghianda, fatti a mano da un blocco di pasta di cioccola-to, ai quali furono dati il nome di givu. E, ancora, il primo spunto didecorazione degli stessi potrebbe essere stato dato a François Cail-ler, creatore all’inizio dell’800 della prima tavoletta di cioccolata, dal-le impronte impresse dalle zampe dei gatti sui mattoncini molli messiad essiccare in modo artigianale sul terrazzo. L’invenzione dei gian-duiotti, invece, è una storia tutta italiana. Questa squisita pasta dicioccolato e nocciole piemontesi ridotte in polvere fu escogitata a se-guito del blocco commerciale voluto da Napoleone per indebolire gliinglesi: il cacao, il cui costo era divenuto altissimo, fu allora “diluito”

con le nocciole. I famosi cioccolatini a forma di spicchio, fatti a ma-no, uno ad uno, furono immessi sul mercato dalla Caffarel Prochetnel 1865. Vittorio Emanuele II, conquistatore di donne e goloso di ci-bi, dopo un pasto a base di piatti piemontesi, ricchi di cacciagione,non rinunciava alla torta “Principe di Piemonte” decorata con cioc-colato fondente grattugiato di cui era ghiotto. Lo stesso Mussoliniche ne apprezzava il gu-sto, dopo aver visitato nel1923 gli stabilimenti dellaPerugina, rispose al salutodel Consigliere Delegato,dottor Buitoni: “… vi dicoe vi autorizzo a ripeterloche il vostro Cioccolato èveramente squisito!”. “Il tabacco può uccidere,la cioccolata no”, asseri-sce il presidente cubanoFidel Castro che ha dichia-rato il suo pentimento co-me ex fumatore di sigari:“Fanno male alla salute,molto meglio un pezzo dicioccolato”. A questo pia-cere non rinuncia neanchela regina Elisabetta d’In-ghilterra che ha una pas-sione estrema per il gelatoal cioccolato e alla mentae per i cioccolatini “Terry’sTwilight” mentre suo ma-rito, Filippo d’Edimburgo,non sa trattenersi davanti a un soufflè al cioccolato. Secondo il me-dico Nicolas Audry (1720), la cioccolata era utile per l’alito e per lavoce, guariva addirittura dalla tisi. Oggi si sostiene che combatterlacarie e l’ipertensione, previene l’insorgere della trombosi, favorisce laconcentrazione e il buon umore. Di certo le proprietà curative di que-sta bevanda erano già note nel ‘700 e lo testimonia un libro di spe-se di un convento pugliese che annota l’acquisto di cioccolata perdue monache “afflitte”. L’uso di questo cibo aiuta nello sport ed è ra-zione supplementare nell’Esercito Italiano per i piloti dell’Aeronauti-ca. La razione di cioccolato per le truppe americane in Italia nella 2°Guerra Mondiale, insieme alle prime calze di nylon, costituì merce discambio per un momentodi passione con le “segno-rine”. Il 6 ottobre 1999,per celebrare i 10 anni del-la caduta del Muro, a Ber-lino fu costruita unaparete di cioccolato di 12metri con un duplice sco-po: abbatterla a spallate efesteggiare, mangiando-sela fino all’ultima scheg-gia. Oggi travolti dai ritmifrenetici della vita moder-na spesso dimentichiamoche mangiare la cioccolatapuò essere un’esperienzasensuale e appagante, for-se il miglior preludio aduna notte d’amore.

M.P.

24

Page 25: Chapeau MAGGIO 09

25

La cioccolata è un alimento così noto, una presenzatalmente scontata nella vita di tutti i giorni, che ai piùnon viene neanche in mente di chiedersi da dove ven-ga, chi l’abbia introdotta e come si sia diffusa. Quando mettiamo in bocca un cioccolatino, ci predi-sponiamo ad assaporare una sensazione di piacevolevellutatezza e cremosità frutto di un ciclo di lavorazio-ne lungo e complesso, strettamente legato alla esecu-zione a “regola d’arte”. Capolavori di maestricioccolatieri, la cui unicità è stata suggellata con unnome. Ma cosa sarebbe un cioccolatino senza un de-gno contenitore? Sin dalla seconda metà dell’Ottocen-to, la scatola ha costituito per le aziende produttrici dicioccolatini un efficace ed immediato mezzo di comu-nicazione veicolando con questo sistema il Marchio, laformula, il nome. Queste scatole hanno affascinato igolosi di mezzo mondo dall’alto degli scaffali delledrogherie fin dal loro apparire. Tangibili resoconti del-le tendenze della moda, testimonianze dei tempi pas-sati, di ciò che si amava gustare ed ammirare.Funzionali contenitori rilevarono, nel decoro, eventispeciali e fauste ricorrenze reali. Sotto l’egida di Re Umberto I, che concedeva ad alcu-ne ditte meritevoli “la facoltà di innalzare lo StemmaReale sull’insegna della fabbrica” con i diplomi di“S.M. La Regina Madre”, gli stemmi erano riportaticon orgoglio anche sulle scatole. Gli stessi reali usava-no offrire piccole scatole di “chicche di cioccolato” per

le feste di compleanno, come quelle setificate con l’ef-fige di Mafalda e Jolanda di Savoia.Passioni storiche per l’invenzione più golosa del mon-do che ha trovato anche a pretesto, nei vari Paesi e neltempo, le nozze tra il principe Umberto di Savoia eMaria José, del re di Spagna e di Baldovino del Belgio,di Carlo d’Inghilterra con Diana, e tutte le fauste ricor-renze della Corte inglese. Uno degli esempi più fortu-nati di pubblicità del cioccolato risale alla Caffarel chenel 1880 confezionava gli spicchi di cioccolata in sca-tole di cartone abbellite da volute, motivi floreali, trat-ti decorativi più o meno elaborati. Si affacciano così leprime forme di réclame con la pubblicità esterna: ilcartello, la locandina e il manifesto diventano i princi-pali veicoli della comunicazione di massa. Scatole rea-lizzate con estrema semplicità tipografica che siadegueranno via via agli stili di vita. Partendo dallo sti-le “floreal liberty”, basato sul messaggio di identifica-zione/immedesimazione di un modello vincente,assumeranno caratteristiche lussuose nella realizzazio-ne in porcellana, seta e velluto. Il viaggio nel mondodelle scatole dei cioccolatini inizia a cavallo tra la finedell’Ottocento e l’inizio del Novecento attraverso leimmagini su di loro rappresentate, evocatrici di ricor-di per una passione “storica” che certo non passa dimoda. Sullo sfondo di quest’epoca va di moda lo stileorientale, con i fumoir e i salotti turchi con decorazio-ni di palme. La Caffarel si adegua e propone, nel 1905,una confezione di gianduiotti in linea con le nuovetendenze esotiche. Con l’ingresso nel nuovo secolo lacampagna pubblicitaria non trascura le conquiste ita-liane, lo testimonia una scatola di latta del 1912 “Tri-poli Italia” che mostra su una faccia un soldatoitaliano che insegue un negretto il quale fugge conuna scatola della Perugina tra le mani.Con gli anni dieci dello scorso secolo si amplia la gam-ma delle forme e dei materiali, compaiono le primescatole in metallo, cartone e legno, la pubblicità inve-ste nei calendarietti, nelle cartoline Postali e nei bi-gliettini augurali. Scatole e carteggi rari che oggifanno parte del collezionismo. Le campagne pubblici-tarie si susseguono e la Perugina affida nel 1922 a Fe-derico Seneca, uno straordinario creatore artistico, larealizzazione di una scatola di cioccolatini. Si ispireràal quadro di Francesco Hayez “Il bacio”: una coppia diinnamorati sotto il cielo stellato che caratterizza anco-ra oggi i Baci Perugina nei quali è anche inserito uncartiglio con poetiche variazioni sul tema del bacio. La cioccolata coinvolse anche Mussolini che il 23 otto-bre 1923, in visita allo stabilimento Perugina di Fonti-vegge, chiuse il suo discorso con la frase “Vi dico e viautorizzo a ripeterlo, che il vostro cioccolato è vera-mente squisito”. Queste parole, pronunciate dal capo

DOLCI MESSAGGI

Page 26: Chapeau MAGGIO 09

26

del Governo e del Fascismo, diventa-no lo slogan in un cartello disegnatoda Seneca. Curioso è il lancio della cioccolataenergetica “il pollo”: una tavolettadi “cioccolato Luisa” (dal nome diLuisa Spagnoli), il cui valore nutriti-vo equivaleva esattamente a quellodi un pollo. Il primo concorso a pre-mi promosso dalla pubblicità veicolòanche l’acquisto in massa di una ra-dio. Le dodici puntate dei “Tre Mo-schettieri” erano abbinate alconcorso, indetto dalla Perugina,con l’invito ai radio ascoltatori ad in-dovinare il numero di cartoline chesarebbero state mandate alle aziende con il parere“Qual è il cioccolatino che vi piace di più”. In premio:“una Balilla, dodici radiofonografi Phonola, cinque-cento cassette di specialità Buitoni e cinquecento sca-tole di cioccolatini ”. Il successo di questa iniziativa spinse la Perugina ad in-serire nel prodotto cento figurine, da collezionare eraccogliere in un album, abbinato a premi che arriva-rono a far vincere una Fiat “Topolino” oltre che centi-naia di migliaia di scatole di cioccolatini. Ne scaturì,grazie alla prima grande campagna multimediale, unafebbre “moschettiera” con l’affannosa caccia all’intro-vabile “feroce Saladino”. Tra il 1930 e il 1940 l’impegno pubblicitario si intensi-fica con nuove strategie. Le aziende propongono sca-tole di lusso realizzate con tessuti preziosi, spessodipinti a mano, talmente raffinate da essere utilizzatepoi come portafazzolettini o portagioie. Nel 1937prende il via un altro concorso, questa vota legato adeventi sportivi. Con il periodo post-bellico degli anni’50 assistiamo ad un recupero di immagini storiche, ri-produzioni di paesaggi o, più distensive immagini flo-reali da appendere come quadro. La novità è l’avventodella televisione e con lei un nuovo modo di veicolarela pubblicità. Basta per questo pensare al successo diCarosello ed al suo impatto dirompente sulle abitudi-ni degli italiani. Si ritorna gradatamente ad un recupe-ro del lusso ed è interessante notare la differenza diprezzo tra una scatola normale ed una di seta: nel1959 una scatola di cartone di cioccolatini da 250grammi era venduta al pubblico a L. 1.100; rivestita instoffa a L. 2.250. Il livello creativo sale e negli anni ’60sulle confezioni di Majani si affacciano raffinate com-posizioni di fiori, la Ferrero immette sul mercato pro-dotti con le nocciole del Piemonte e i cioccolatiniparlano di sentimenti. Un vero linguaggio che passaattraverso il simbolismo di una scatola per parlared’amore, di compleanni, feste del papà e della mam-ma, testimoniato con le scatole a forma di cuore e inscatole-libro con le liriche d’amore di Montale. Prendepiede la nuova proposta di evidenziare il prodotto sul-la confezione. Le scatole di cioccolatini, non più lega-

te alle ricorrenze, diventano piccole egraficamente d’impatto per un consumopiù veloce. Gli investimenti pubblicitaripuntano sull’uomo ed ecco allora i cioc-colatini al liquore dell’ICAM in una scato-la seriosa e, più tardi, la cravattacolorata della Ferrero. Una campagna“giovane” è quella degli anni ’70 cheesprime sulle scatole la nuova efferve-scenza e la voglia di vivere della “Beatgeneration” e dei figli dei fiori.Gli anni ’80 si caratterizzeranno con pro-poste più essenziali e raffinate. La Pejra-no da il via alla sua collezione firmata:contenitori dalle forme originali, mate-riali insoliti, accostamenti preziosi, di-

venteranno, quando il loro prodotto sarà finito,complemento dell’arredamento. Negli anni ’90 assi-stiamo ad una produzione a larga diffusione, a prezzicontenuti. La comunicazione punta sulla forma comeil Tubo della Perugina e la Piramide trasparente dellaFerrero.Ovali, rettangolari, quadrate o rotonde, minuscole o digrandi dimensioni le scatole ci raccontano il passato,il gusto, le tendenze. Purtroppo il patrimonio di molteaziende è andato distrutto da eventi naturali o percause belliche ma i pezzi raccolti nello spazio di pocopiù di un secolo, sono in grado di ricucire, con il filodella memoria, i momenti “dolci” della nostra vita.Scatole che dopo aver concluso la loro missione diportatrici di affetto e di passione, quando riemergonoda un mondo come il nostro, che ha cambiato valori eregole, sanno restituire il fascino del vissuto che altri-menti non avrebbe meritato memoria.

Costanza Cerioli

Perugia Manifesto pubblicitario di

Federico Seneca, (1929)

Page 27: Chapeau MAGGIO 09
Page 28: Chapeau MAGGIO 09

Stavo viaggiando sulla linea122 per andare a casa di miasorella a sud di Londra, miaveva invitato a cena per pre-sentarmi il suo nuovo fidan-zato che, avendo sentitoparlare delle mie facoltà disensitivo, voleva farmi qual-che domanda. Stavo sedutoe, immerso nei miei pensieri,guardavo distrattamente fuo-ri dal finestrino la gente chesaliva e scendeva dall’auto-bus. Ad un certo punto mi re-si conto, che malgrado il busfosse molto affollato, il postoaccanto a me era rimastostranamente vuoto. Iniziai asentirmi a disagio. “Forsemando cattivo odore”, pen-sai, con apprensione, “sonovestito in modo strano” op-

pure, “i miei capelli sono fuori posto”. I miei pensieri si accavallavano ansio-samente e cominciai a sbirciare il riflesso del mio viso nel vetro del finestrino,alla ricerca di qualcosa di strano. Mentre cercavo di capire cosa stesse acca-dendo, notai un signore anziano alla fermata dell’autobus, che faceva ungesto con la mano per fermarlo. Salì sul mezzo e si sedette accanto a me,“Questo è il mio posto preferito” disse sistemandosi la cravatta. Era vestitobene: pantaloni neri, giacca sportiva, scarpe lucide e un buon profumo diborotalco. Sotto i suoi occhi blu pastello un sorriso largo che lo faceva sem-brare una persona felice. “Vado a bere una cosa con gli amici, non li vedoda tre mesi, ultimamente non sono stato bene”, mi disse passandosi un faz-zoletto sugli occhi come per asciugarli. “Mia moglie è malata e depressa, stasempre a letto. Non riesce ad alzarsi”. Non sapevo cosa dire, “Ha consulta-to un dottore?” gli chiesi. Poi iniziò a comportarsi stranamente come fosseconfuso. “Ci risiamo - pensai - eccone un altro che vuole parlare e scaricarsidei suoi problemi”. Iniziò a piangere” E’ tutta colpa mia, sono io la causa ditutto”. Parlava ad alta voce e i passeggeri cominciarono a fissarci. “Mia figlia- iniziò a raccontare - ha due bimbi, ha lasciato suo marito per un altro uo-mo che non mi piaceva: troppo giovane per lei”. Capii che ero quasi arriva-to alla mia fermata e dovevo scendere, ma lui sorprendendomi disse: “No,tu non scendi qui, hai altre quattro fermate”. E mi diede una pacca sullagamba. Aveva ragione, mi chiesi come faceva a saperlo se non l’avevo maivisto prima. Poi cominciò a raccontare di certe monete. “Mia moglie – disse- ha in mano due monete irlandesi, gliele ho lasciate io. Quando dovevoprendere una decisione facevo testa o croce: croce voleva dire sì, che segui-vo il mio istinto, e testa voleva dire no”. Tutti i passeggeri sull’autobus ci sta-vano guardando e ridevano divertiti.Ad un certo punto si alzò, “Ecco, qui scendo io, vado in quel pub a bere unacosa con i miei amici” e stringendomi la mano, aggiunse: “Di a loro che sa-rò a casa alle 20.30 e che porterò delle patatine”. Scese e passando sotto ilfinestrino bussò gentilmente sul vetro e mi disse: “sto bene, dì a loro che stobene e che rimango con gli amici a bere una cosa”. C’era silenzio sull’auto-bus e tutti gli occhi erano puntati su di me, non avevo idea di chi stesse par-lando, poi scesi dall’autobus e m’incamminai verso casa di mia sorella. Latrovai fuori, in giardino, con i suoi amici, tra questi una giovane donna di cir-ca 35 anni, alta con capelli neri e corti.“Sei in ritardo come sempre”, scherzò, “questa è Kim” disse presentandomila sua amica. Stringendole la mano ebbi una strana sensazione, notai cheaveva gli stessi occhi dell’uomo sull’autobus. Mia sorella notò lo sguardo sulmio viso “Che c’è?” mi chiese e, poi, rivolgendosi a Kim “Te l’ho detto cheavrebbe capito subito il tuo problema”. Ma io non avevo capito il suo pro-blema, piuttosto stavo pensando all’uomo dell’autobus e quello che mi ave-va detto. “Hai due bambini e vivi con un uomo più giovane di te” le chiesi.Kim, infastidita, si allontanò, intanto avevo sentito che intorno a lei c’eranotante barriere sentimentali. “Racconta, racconta”, la incalzava mia sorella“vedrai che lui riuscirà a vedere di più”. Kim si sedette sul muro fuori la ca-sa e mia sorella andò dentro a prepararci qualcosa da bere. “Si, ho due fi-glie”, disse, mentre giocava con le sue mani “ma il mio fidanzato mi halasciato un paio di mesi fà, ed ora mi ritrovo da sola”. Intanto mia sorella,tornata fuori, ci porgeva le bevande. “Cin cin” e bevemmo le nostre arancia-te. Posai il bicchiere e cominciai a raccontare la storia dell’uomo sull’auto-

bus. “Ovunque lui vada haun’avventura”, mi inter-ruppe mia sorella, “andia-mo dentro a cenare cosìpuoi finire la tua storia”,disse invitandoci a rientra-re. Ci sedemmo intorno altavolo e mia sorella mi in-vitò ad andare avanti conil racconto dell’uomo del-l’autobus. Intanto versavala salsa sul suo ottimo ar-rosto. Iniziai a descriverel’uomo dell’autobus e dinuovo sentivo che c’erauna connessione con Kim,l’amica di mia sorella. Ri-cordai che l’uomo mi ave-va raccontato di suamoglie malata, che erapreoccupato per lei e delledue monete irlandesi. Sen-tendo queste parole a Kimcaddero contemporanea-mente il coltello e la for-chetta dalle mani, si coprìla bocca con la mano echiese: “Le monete, cosaha detto delle monete?” Mia sorella capì che doveva rimanere in silenzio.Continuai a raccontare delle monete e del fatto che sua moglie doveva pren-dere un’importante decisione e, quindi, tirare in aria le monete e leggerne ilresponso: “Croce si, Testa no”. “Cos’altro ha detto? Dov’è andato?”, mi chie-se Kim “Ha detto che andava ad incontrare i suoi amici al pub “Crown” e chesarebbe tornato a casa per le 20.30 circa”. Kim stava tremando, “Ha dettoanche che avrebbe portato a casa delle patatine”, chiese. “Chi era?” chiesemia sorella, che non stava capendo nulla. “Era mio padre” rispose Kim pian-gendo “Quello era il pub dove andava sempre a bere”. A questo punto Kimmi chiese di andare a casa sua, proprio dietro l’angolo, lì avrei trovato suamadre. La donna era seduta sul letto. Stava lì da tre mesi e non aveva inten-zione di muoversi. “Mamma - le disse Kim - apri le mani”. La madre aprì lemani: c’erano le due monete irlandesi delle quali mi aveva parlato l’uomodell’autobus. “Mamma, Craig ha qualcosa da dirti” e si sedette accanto allamadre. La donna non era vecchia, poteva avere 54 anni circa, non di più, masembrava più anziana, forse perché non usciva mai. La sua pelle era grigia ei capelli avevano bisogno di una spazzolata. Ma potevo sentire la sua soffe-renza e la sua tristezza. Iniziai, di nuovo, a raccontare la storia dell’autobus,quando finii, nella stanza era caduto il silenzio. Anche mia sorella era am-mutolita.“Era tuo marito?”, le chiesi, senza pensare a cosa sarebbe successodopo. La madre mi urlò di uscire, Kim cercava di calmarla, mia sorella era giàmezzo fuori dalla porta. Kim ci chiamò nella stanza accanto per spiegarci co-sa stava accadendo.“Quell’uomo era mio padre. Lui prendeva sempre quel-l’autobus e il pub dove ha detto di andare era quello dove era solito recarsia bere”. Sospirò profondamente e proseguì: ”Tornava sempre a casa alle20.30 con una busta di patatine per mia madre”. Guardai mia sorella chestava cercando di accendersi nervosamente la decima sigaretta. Kim conti-nuò “mia madre deve fare una scelta, vendere la casa perché abbiamo trop-pi soldi da pagare. Io e mio padre non ci siamo parlati per oltre un anno ma,quando è morto, ero con lui”. Quell’uomo era un angelo, ecco perché lagente sull’autobus mi guardava ridendo: non potevano veder con chi parla-vo. Il pensiero mi imbarazzava, ma Kim fu felice di aver ricevuto un messag-gio da suo padre e di aver saputo che stava bene e al sicuro. “Non ha maimesso profumo – mi spiegò - usava solo tanto borotalco”. Un particolareche mi fece capire che aveva creduto a quanto gli avevo raccontato. Sua ma-dre volle incontrarmi e dopo qualche giorno tirò le monetine in aria e la ri-sposta fu “si”. Bisognava vendere la casa ed andare avanti. Si alzò dal lettoed iniziò di nuovo a vivere, a risolvere i problemi e a passare il suo tempocon la famiglia.

Dal libro “ Non è facile essere Craig Warwick”[email protected]

Trasled Rita Lena

C R A I G W A R W I C KL ’ A N G E L O S U L L ’ A U T O B U S

28

Page 29: Chapeau MAGGIO 09

CI METTO LA FIRMA!La gavetta dei giornalisti famosiCOSA FACEVANO QUANDO NON ERANO NESSUNO Di Mariano Sabatini

Quali sono le doti di un buon giornalista e gli errori da evitare? Come si rea-lizza l'intervista perfetta? Come si scrive un attacco irresistibile? Quali so-no i testi da leggere e rileggere, e i modelli da seguire? Queste sono alcunedelle domande rivolte da Mariano Sabatini ai più brillanti giornalisti delnostro Paese, che ricordano i propri esordi e l'inevitabile gavetta, e svelanoi segreti del mestiere in risposta a un questionario agile e di sicura presa.

Basate sul divertente meccanismo delle"interviste doppie", e in questo caso pluri-me, le domande si ripetono per tutti più omeno uguali ma ricevono risposte semprediverse. I maggiori giornalisti italiani rie-vocano gli anni in cui respiravano la polve-re delle redazioni. La fatica di una gavettaspezzaschiena non retribuita - il cosiddetto"abusivato" - senza "corte" nè vacanze, i gi-ri degli ospedali, la caccia ai disastri, la cu-ra dei fatti periferici che spesso nascondono"fattacci". Un libro per i moltissimi aspi-ranti gionalisti, sui luoghi comuni e i mitidel mestiere, raccontati dalle stelle delgiornalismo nostrano.

Aliberti editore

IL FUTURISMO E LA MODATrattare di Futurismo e Moda è uno squisito escamotage per attraversare il costu-me della società. I futuristi fecero della moda un fondamentale campo di indagi-ne per rompere i vecchi equilibri e superare le passatiste e soffocanti “tradizioniborghesi”. E primi fra tutti favorirono l’incessante divenire della moda, sollecitan-done il suo continuo rinnovamento. Attribuivano al modo di vestire il compito dirispecchiare “la dinamicità, l’energia e la velocità caratteristiche dei tempi mo-derni”. Il loro obiettivo era realizzare il rapporto arte-vita nel quotidiano. L’abitorientrava nell’ambito della “ricostruzione futurista dell’Universo” e l’interesse per lamoda nacque con il Movimento. Coinvolse Marinetti, Balla, Depero, Crali, Tha-yaht, Diulgheroff, Rizzo, Nizzoli, Corona, De Sanctis, Delle Site. Ma anche, e a va-rio titolo, Dal Monte, Volt, Mazza, Carli, Boccioni, Corra e Severini, per unaproduzione di proposte e riflessioni che oggi, dal casual all’haute couture, ritrovia-mo nel nostro guardaroba e nel nostro modo di vestire quotidiano.

Costanza Cerioli

29

ECCO LOTUS ELISE ED EXIGE 2010: STESSE PRESTAZIONI, MENO EMISSIONINell’epoca dell’auto politically correct, tutti si devono adeguare all’impe-rativo ormai categorico di dare una verniciata verde ai propri prodotti. An-che chi per tradizione fabbrica da decenni splendide sportive senzacompromessi, concentrati di guida pura, da godere al meglio tra i cordolidi un bell’autodromo. Anche Lotus. È così che nascono la Elise e la Exige2010: tutto immutato, nella forma e nella sostanza. Una sola, fondamenta-le modifica, sbandierata con inconsueto orgoglio dal piccolo costruttorebritannico: il deciso taglio dei consumi e delle emissioni delle due bipostodi Hethel. Grazie ad una serie di leggeri affinamenti all’erogazione dei mo-tori, al comportamento degli organi di trasmissione e alla profilatura aero-dinamica dei suoi modelli, Lotus è riuscita a tagliare del 9% le emissionidi CO2, la famigerata anidride carbonica. Secondo la casa britannica, èstata la Elise S, che costituisce il gradino d’ingresso nel mondo Lotus, abeneficiare dei miglioramenti più significativi per quanto riguarda le per-correnze sul ciclo combinato: il suo consumo dichiarato scende da 8,3 a 7,6l/100 km e le emissioni di CO2 passano da 196 a 179 g/km. Come a dire:signori, non è più tempo di gozzovigliare senza guardare cosa ci succedeintorno. Iniziamo a darci una regolata. Tutti.

Fabio Sciarra

LA RESPONSABILITÀ PER PERDITA O DANNEGGIAMENTO DEI BAGAGLI NEL CONTRATTO DI TRASPORTO AEREOCon l’arrivo della bella stagione molti di Voi si recheranno nei vari luoghi di villeg-giatura anche servendosi, a volte, di voli aerei. La scorsa estate è stata contrasse-gnata, in molti casi, dalla brutta sorpresa per il viaggiatore che si è visto privato delproprio bagaglio al momento dell’arrivo nell’aeroporto di destinazione. Dopo l’ini-ziale scoramento, il consumatore deve essere messo nelle condizioni di conosceregli strumenti di tutela e le eventuali inziative giudiziarie da poter azionare. La ma-teria in oggetto è disciplinata principalmente dal Codice Civile nonché dalla nor-mativa comunitaria e in ultimo dal Codice della Navigazione. All’atto dell’imbarco,contestualmente al check-in, il viaggiatore deposita il suo bagaglio alla compagniaaerea, la quale, è tenuta, in caso di smarrimento, al risarcimento del danno se nonprova che lo stesso è stato determinato da cause a lui non riconducibili come pre-visto dall’articolo 1218 c.c. nonché dall’articolo 951 del codice della navigazione.In buona sostanza la compagnia aerea è responsabile del danno derivante dallaperdita di bagagli consegnati, nonché, del loro deterioramento per il solo fatto chetali circostanze si verifichino poi alla consegna. Il passeggero può far valere i pro-pri diritti di risarcimento alla condizione che la compagnia aerea prenda conoscen-za della perdita del bagaglio stesso ovvero quando il bagaglio consegnato non siagiunto a destinazione entro 21 giorni dalla scadenza prevista. La responsabilità delvettore in caso di distruzione, perdita o deterioramento è limitato alla somma dicirca Euro 1.165,00 circa per passeggero salvo che lo stesso abbia espressamentedichiarato, prima dell’imbarco, un valore molto superiore dei beni custoditi, il tut-to dietro pagamento di una tassa supplementare connessa all’assicurazione del ba-gaglio in questione. Tale tariffa è messa a disposizione dei passeggeri che ne fannorichiesta. In tal caso l’operatore aereo sarà tenuto al risarcimento fino alla concor-renza della somma dichiarata. Il passeggero il cui bagaglio sia andato smarrito, haaltresì diritto al rimborso delle spese sostenute in considerazione dell’avvenutosmarrimento, spese per il vestiario ed effetti personali che devono essere docu-mentati. Nel caso in cui avvengano le sfortunate circostanze, in base alla conven-zione di Montreal, il passeggero che subisce danneggiamento al bagaglio devepresentare reclamo alla compagnia aerea direttamente, mentre in caso di ritardonella riconsegna, il reclamo deve essere inoltrato entro 31 giorni dalla data in cui ibagagli sono stati riconsegnati. Il diritto al risarcimento dei danni soggiace alla pre-scrizione di due anni dal giorno di arrivo a destinazione dell’aereo, purchè, comedetto, sia stato presentato reclamo alla compagnia aerea. Mettetevi quindi tran-quillamente in viaggio e, in caso di perdita o ritardo nella consegna dei bagagli, nonperdete la calma, il diritto è dalla Vostra parte.

Avv. Cristian [email protected]

Page 30: Chapeau MAGGIO 09

30

La voglia di primavera si fà sempre piùsentire: voglia di abbandonare abiti egiacche pesanti, cieli cupi e piovosi, perabbracciare tonalità più vivaci e colorisgargianti correndo incontro ad un’estatesolare. Lo sguardo è il protagonista indi-scusso, un make up femminile e grintosoallo stesso tempo, creato per una donnache desidera il meglio.Quindi un inno allo sguardo per sbizzarrir-si e creare un occhio da gatta. Il fondotinta varia da naturale atrasparente per un look acqua e sapone,fino a coprente per una pelle effetto por-cellana. Il trucco per gli occhi è giocoso, coloratoe creativo, in tonalità dorate e calde, maanche colori forti e accesi accompagnatoda una dose quasi esagerata di mascara.Le labbra per un effetto nature splendonocon gloss fruttati e teneri, con un puntoluce nella parte centrale delle labbra.Infine un immancabile tocco di fard dalletonalità rosate ed arancioni.L’81% delle donne si profuma dietrol’orecchio.

Il 51% sul collo e ai polsi.Il 20% qualche goccia al decolleté.Si al profumo dietro le orecchie, sui polsi,tra i seni.Si uscire dal negozio con un profumo sul-la pelle e annusarlo fino a sera per capirese i suoi stadi ci piacciono.Si spruzzarlo all’interno dei capi, sul faz-zoletto.Si nei risvolti del dossier se siete donne incarrieraSi nella piega del ginocchio se siete sen-sualiNo mischiare o sovrapporre più fragranzeNo il profumo sul palmo della mano. È giàricco di propri odori.No prima dell’esposizione al sole. Essenze,come il bergamotto possono causaremacchie sulla pelle.

No provare più ditre essenze. Il nasosi disorienta.No non sentire unprofumo dal tap-po. L’alcool aggre-disce l’olfatto.No sul pelo dellapelliccia, sulla pel-le, su tessuti chiari.No sulle perle e suicoralli. Ricordarsiche il parfum resi-ste per giorni, l’eaude toilette spariscesubito.

Yves Saint Laurent propone nuove formu-lazioni per i tre specialisti del demaquilla-ge: l’esfoliazione senza granuli diGommage Action Biologique diventa piùefficace con l’estratto di corteccia di Enan-tia Chlorantha, che restringe i pori e affi-na la grana della pelle, mentre zuccherivegetali e olii ultra-fini assicurano conforte delicatezza. Lo stesso complesso rivela-tore di luminosità arricchisce l’Eau Déma-quillante 3 en 1 che non inaridisce la pellee la dinamizza con l’estratto di yuzu. E in-

fine l’azione struccante di DémaquillantYeux Haute Performance, ancora più deli-cata sulla pelle del contorno occhi: la faseazzurra è arricchita da estratti lenitivi dicamomilla e da provitamina B5 che pro-tegge e fortifica le ciglia, mentre gli oliisatinati della fase trasparente sciolgonoogni tipo di make up.

Giorgio Armani Lip Wax Nuance appassio-nate per il nuovo rossetto compatto Gior-gio Armani che eredita la sua allure,spiccatamente retrò, dai primi rossi perlabbra ma ha una formula all’avanguardiache veste la bocca con un velo di coloredal finish satin, confortevole e impalpabi-le. In sei tonalità intense da applicare apiccoli tocchi con la punta delle dita, pos-sono anche essere mescolate tra loro perun risultato cromatico su misura.

Tiziano Melara

Page 31: Chapeau MAGGIO 09

3131

TORO

Il segno zodiacale del Toro (21 aprile - 21 maggio) appartiene ai segni di Terra. E’ il secondo segno dello zodiaco ed è considerato alfemminile, forse perché governato dal pianeta Venere. I nati sotto questo segno hanno un istintivo legame con tutto ciò che è belloe rientra nelle espressioni della natura. Sono dotati di un fisico robusto e ben saldo, anche se nascondono tanta fragilità interiore. So-no pigri, possessivi, e con una certa vena egoistica. La donna Toro ha una spiccata femminilità e una sana fertilità; l'uomo è caparbioe dotato di una forte resistenza. Ambedue si caratterizzano per un carattere ostinato e paziente; sono per lo più introversi e con scar-sa predisposizione ai cambiamenti d'ambiente e di abitudini. In ogni gesto del quotidiano esprimono le loro spiccate doti di riflessio-ne e calma, ma questo non deve ingannare perché, anche se raramente e lungamente meditate, le esplosioni di rabbia sono da temereper la loro violenza, esattamente come quelli dell'animale che li rappresenta. Però, una volta placati, tornano docili e sereni. Si sento-no sempre al di sopra di tutti e, per questo, prima di prendere una decisione scandagliano bene la situazione. Il loro motto è: “me-glio prevenire che curare”. Questo spiega perché raramente si abbandonano all’immaginazione e alla fantasia, preferendo restare coni piedi ben saldi a terra. Pur non dotati di una spiccata prontezza di riflessi, i nati sotto il segno del Toro hanno enormi potenziali in-tellettuali che mettono in atto con lentezza ma che, una volta attivati, danno buoni frutti. Per loro contano solo i risultati che devo-no essere notevoli e di una certa consistenza. I nati sotto questo segno preferiscono lo Smeraldo, il Rame, la Rosa, il colore Blu e il loro numero fortunato è il 6.

SIDERIO

VENDESI MULTIPROPRIETÀ VULCANO - Isole Eolie -2 settimane, dalla seconda alla terza nel mese di settembre - info: [email protected]

RISO CON SCAMORZA AFFUMICATA

Preparazione:

Fate soffriggere la cipolla in tre quattro cucchiai di olio, aggiungete il riso e fatelo brillare.

Aggiungete poco alla volta il brodo bollente sino ad un minuto prima della cottura completa.

Aggiungete la scamorza affumicata che avrete precedentemente tagliato a dadini.

Ingredienti: (dose per 4 persone)

• 300 gr. riso• 200 gr. scamorza affumicata,

• 1 l. di brodo •una cipolla• olio d’oliva

• sale q.b.• 2 fogli di carta stagnola

MQ 60

Fate finire la cottura e servite caldo.

Page 32: Chapeau MAGGIO 09

CARBONDIVER

Movimento automaticocon datario ore 3Cassa in policarbonato neraLunetta in acciaio girevoletrattata in PVD neroVetro mineraleQuadrante in carbonioLancette in SuperluminovaCinturino cordura pelleFibbia personalizzataCorona a vite impermeabile 50 metri

COLLEZIONE DIAMONDIVER

Movimento Automatico con datario ore 3Cassa in policarbonato trasparente

Lunetta in acciaio con140 diamanti carati 1,40 circa

Vetro mineraleQuadrante in madreperla con 8 diamanti

Lancette SuperluminovaCinturino in cordura idrorepellente

Fibbia personalizzataCorona a vite impermeabile 50 metri

+39 0761. [email protected]

MENICHELLIgioiellieri dal 1912

VITERBOCorso Italia, 102/104 - Tel. 0761.345113

www.menichelli-gioielli.it