1
ANALISI DEI RISULTATI ECONOMICI DELLE IMPRESE DELLA FILIERA ORTICOLA IN SERRA IN SICILIA
Ricerche nell’ambito delle attività istituzionali dell’Osservatorio sul Sistema dell’Economia
Agroalimentare della Sicilia (OSEAAS)
Responsabile della ricerca:
Dott. Carmelo Capizzi
________________________ Catania, Giugno 2006
2
INDICE
PREMESSA pag. 1
1. CARATTERI EVOLUTIVI DELL’ORTICOLTURA IN SERRA
1.1. Evoluzioni delle superfici e delle produzioni orticole in Italia pag. 4
1.2. Evoluzioni delle superfici e delle produzioni orticole in Sicilia pag. 9
1.3. Evoluzioni delle principali innovazioni tecnologiche nell’orticoltura protetta pag. 14
2. ANALISI TECNICO-ECONOMICHE DELLE COLTIVAZIONI ORTICOLE IN AMBIENTE
PROTETTO IN SICILIA
2.1. Caratteri territoriali dell’orticoltura protetta nella zona d’indagine pag. 23
2.2. Metodo d’indagine pag. 24
2.3. Principali caratteristiche delle aziende esaminate pag. 30
2.4. Analisi e risultati economici delle principali coltivazioni orticole
in ambiente protetto pag. 33
3. ORGANIZZAZIONE DEL MERCATO ALLA PRODUZIONE
3.1. Strutture commerciali e aspetti organizzativi pag. 44
3.2. Servizi di mercato e canali distributivi pag. 53
3.3. Norme di commercializzazione degli ortofrutticoli freschi pag. 61
3
4. ANALISI TECNICO - ECONOMICHE DELLE IMPRESE DI COMMERCIALIZZAZIONE
4.1. Metodo d’indagine pag. 70
4.2. Caratteristiche delle imprese esaminate pag. 75
4.3. Modalità di approvvigionamento del prodotto da parte delle imprese pag. 83
4.4. Struttura dei costi di commercializzazione degli ortaggi “fuori stagione” pag. 86
CONCLUSIONI pag. 90
BIBLIOGRAFIA
4
PREMESSA
Nell’ambito delle produzioni agrarie di numerosi Paesi, tra questi anche l’Italia, il
comparto orticolo in ambiente protetto ha assunto un ruolo di notevole rilievo,
intercettando importanti quote di reddito ed occupazione nel sistema agroalimentare nel
suo complesso.
Attualmente, in Europa, si assiste ad un processo di meridionalizzazione della
serricoltura che si presenta sempre più spiccato e nel quale l’Italia e la Sicilia, in
particolare, assume un ruolo di primaria rilevanza. In questa regione, infatti, la dinamica
evolutiva dell’orticoltura in serra, dalla sua nascita (anni sessanta) ad oggi, si è
contraddistinta per i rapidissimi incrementi di superfici e produzioni, passando da uno
degli ultimi posti in Italia, per superficie coperta, all’inizio degli anni sessanta, al primo
all’inizio degli anni settanta e continuando a mantenere una posizione di primato sino ad
oggi, con aliquote percentuali che, attualmente incidono, rispetto ai dati nazionali, per il
26 % delle superfici ed il 29% delle produzioni orticole in serra (Istat, 2003).
Negli ultimi decenni gli agricoltori siciliani hanno rivolto, quindi, un notevole
interesse verso la coltivazione degli ortaggi in ambiente protetto, anche a causa delle
crisi che ripetutamente hanno, di volta in volta, investito alcuni dei principali comparti
produttivi tradizionali dell’agricoltura isolana (agrumi, ortaggi in pieno campo, ecc.).
Il comparto serricolo, è caratterizzato dalla possibilità di svolgere attività
produttive altamente intensive, in considerazione dei cicli colturali generalmente brevi
che consentono in relazione alle diverse specie ed alle differenti varietà coltivate di
5
effettuare, nel corso di un anno solare, più di una coltivazione. Ciò consente di ridurre,
almeno in parte, i rischi sia tecnici che quelli economici che, ancora, di mercato.
Le produzioni degli ortaggi in serra nel corso dell’ultimo decennio, sono state
contraddistinte da un significativo processo di crescita (aumento delle superfici investite
e delle produzioni raccolte), generato, non soltanto dai moderni modelli di consumo e
da un intenso sviluppo di innovazioni di processo e di prodotto, tesi a privilegiare
l’ampliamento dei relativi calendari di offerta, ma anche dalle richieste di un numero
sempre più elevato di consumatori orientati all’acquisto di prodotti certificati, esenti da
residui di fitofarmaci e, dunque, adatti alle moderne abitudini alimentari, sempre più
spesso alla ricerca di un soddisfacente equilibrio sotto il profilo igienico-sanitario,
dietetico e nutrizionale.
La presente indagine si propone di individuare i principali caratteri tecnici,
organizzativi e gestionali delle aziende siciliane che operano nella filiera orticola in
serra dell’isola al fine di valutare, anche attraverso un’analisi dei risultati economici
delle imprese (profitti, ricavi e costi), le performances economiche realizzate lungo
l’intera filiera.
Il presente lavoro risulta articolato in quattro parti. Nella prima parte vengono
tracciati l’evoluzione ed i caratteri dell’orticoltura protetta attraverso l’analisi statistica
delle superfici e delle produzioni dell’ultimo decennio in Italia ed in Sicilia ed alcuni
elementi utili a comprendere il processo di diffusione delle innovazioni in agricoltura,
mettendo in evidenza le principali innovazioni di processo, di prodotto ed organizzative.
6
La seconda, riguardante l’analisi tecnico-economica delle coltivazioni orticole in
ambiente protetto, svolta attraverso un’indagine territoriale al fine di individuare le aree
orticole in serra più “dinamiche”, ed una aziendale (su campioni di aziende).
La terza parte, inerente l’analisi generale dell’organizzazione del mercato alla
produzione (figure di operatori commerciali, servizi di mercato, canali distributivi)
nell’area d’indagine.
Infine, la quarta parte inerente l’analisi tecnico-economica delle imprese di
commercializzazione che operano nelle aree di produzione.
7
1. CARATTERI EVOLUTIVI DELL’ORTICOLTURA IN SERRA
1.1. EVOLUZIONI DELLE SUPERFICI E DELLE PRODUZIONI ORTICOLE IN ITALIA
L’orticoltura in Europa, in relazione agli incrementi avutisi, sia a livello di
produzione che di superficie, nell’ultimo trentennio, merita una breve analisi anche in
relazione alla globalizzazione dei mercati che hanno portato ad un aumento degli
scambi commerciali sia tra i paesi membri che a livello mondiale.
In Europa la superficie complessiva destinata all’orticoltura è di oltre 1,9 milioni
di ettari. Con riferimento ai singoli paesi sia l’Italia che la Spagna superano i 450 mila
ettari, mentre la Francia si attesta sui 250 mila ettari. In tal senso, i suddetti tre paesi,
pertanto, coprono quasi il 70% della superficie orticola complessiva dell’UE.
Con riferimento alla produzione di ortaggi il principale paese produttore è l’Italia
con 16 milioni di tonnellate, seguita da Spagna con 13 milioni di tonnellate e Francia
con 7,5 milioni di tonnellate (FAO media 2002-2003), dati che evidenziano
l’importanza dell’orticoltura italiana nel contesto Europeo.
In Italia l’orticoltura è stata caratterizzata da un’intensa dinamica evolutiva con
marcati incrementi delle superfici investite e delle relative produzioni, oltre che per gli
intensi processi di trasformazione intervenuti, soprattutto, con riferimento alle tecniche
di coltivazione, alle specie e varietà coltivate nonché all’organizzazione dei mercati alla
produzione (Bellia, 1987).
L’orticoltura in serra in Italia, nel corso dell’ultimo decennio, ha continuato ad
espandersi ed a diffondersi per effetto del graduale avvicinamento a posizioni di
8
equilibrio tra domanda ed offerta delle relative produzioni, che ha determinato una
riduzione dei prezzi reali dei prodotti orticoli fuori stagione ed un peggioramento delle
ragioni di scambio rispetto a quelli di lavoro, dei mezzi tecnici e dei servizi.
La specie più diffusa dell’orticoltura Italiana, in base ai dati ISTAT per il 2003, è
il pomodoro con oltre 7.200 ettari in ambiente protetto, coltura questa che dà un
contributo notevole alla produzione lorda vendibile, attestandosi sulle 4.000 tonnellate. I
dati riportati nella tabella 1 mettono in risalto non solo l’importanza della coltivazione
degli ortaggi in serra in Italia ma la polarizzazione verso alcune specie quali il
pomodoro, la zucchina, il peperone, la melanzana ed il cetriolo, soprattutto nel primo
periodo considerato.
Nel corso degli ultimi anni si è riscontrato, però, un notevole interesse verso altre
specie (fragola, melone, lattuga, ecc.), che riescono ad intercettare aliquote di superficie
sempre più consistenti. Al riguardo, significativi sono i dati riportati nella tabella 1,
dove le “Altre” specie orticole incidono per quasi il 48 % sul totale Italia nell’anno
1993, registrando, tuttavia, incidenze di poco superiori al 43% nel 2003.
Sul territorio nazionale alcune colture orticole hanno fatto registrare elevati
incrementi di superfici e produzioni ottenute, come documenta la tabella 2, queste sono
risultate nell’ordine la zucchina (la cui superficie è quasi triplicata passando
rispettivamente da 1.345 ettari del 1993 a 3.156 del 2003 e la produzione raddoppiata
passando da 68.512 tonnellate del triennio 1991-1993 a 142.113 tonnellate del triennio
2001-2003), il cetriolo con un incremento di superficie pari al 46% (da 506 ettari del
1993 a 739 del 2003) e produzione pari al 24% (da 27.114 tonnellate del triennio 1991-
9
Tab.1 - Evoluzione delle superfici orticole distinte per specie in Italia (*)
1993 1998 2003 Specie
ha % ha % ha %
- Pomodoro 5.728 28,3 7.487 28,8 7.226 26,2 100 131 126 - Peperone 1.686 8,3 2.435 9,4 2.727 9,9 100 144 162 - Melanzana 1.278 6,3 1.702 6,5 1.805 6,5 100 133 141 - Zucchina 1.345 6,6 2.876 11,0 3.156 11,4 100 214 235 - Cetriolo 506 25,4 648 32,4 739 2,7 100 128 146 - Altre 9.712 47,9 11.342 43,6 11.979 43,4 100 117 123 - Italia 20.255 100,0 26.490 100,0 27.632 100,0 100 129 136 (*) Elaborazioni su dati tratti da: ISTAT, Statistiche dell'agricoltura, varie annate.
10
Tab. 2. Evoluzione delle principali coltivazioni orticole in serra in Italia (*)
Specie
1991-1993
2001-2003
t % t % - Pomodoro 388.343 61,0 504.500 57,8 100 130 - Peperone 85.000 13,4 110.532 12,7 100 130 - Melanzana 67.323 10,6 82.627 9,5 100 123 - Zucchina 68.512 10,8 142.113 16,3 100 207 - Cetriolo 27.114 4,3 33.728 3,9 100 124 Totale 636.292 100,0 873.500 100,0 100 (*) Elaborazioni su dati tratti da: ISTAT, Statistiche dell'agricoltura, varie annate.
11
1993 a 33.729 tonnellate del triennio 2001-2003), il pomodoro con aumenti di
superficie pari al 26% (da 5.728 ettari del 1993 a 7.226 del 2003) e di produzione pari,
sempre, al 30% (da 388.343 tonnellate del triennio 1991-1993 a 504.500 tonnellate del
triennio 2001-2003), la melanzana con aumenti di superficie e produzioni
rispettivamente di circa il 41% (da 1.278 ettari del 1993 a 1.805 del 2003) ed il 23% (da
67.323 tonnellate del triennio 1991-1993 a 82.627 tonnellate del triennio 2001-2003), il
peperone con aumenti di superficie pari al 62% (da 1.686 ettari del 1993 a 2.727 del
2003) e di produzione pari all’30% (da 85.000 tonnellate del triennio 1991-1993 a
110.532 tonnellate del triennio 2001-2003).
12
1.2. EVOLUZIONI DELLE SUPERFICI E DELLE PRODUZIONI ORTICOLE IN SICILIA
La Sicilia nell’ultimo ventennio ha contribuito in maniera sostanziale alla
produzione orticola nazionale, in stretto rapporto al peso che tale comparto produttivo
riveste sul piano regionale.
Così come mettono in evidenza i dati della statistica ufficiale, dagli anni novanta
ad oggi, le superfici investite ad ortaggi in ambiente protetto ha fatto registrare degli
incrementi passando dai 7.232 ettari del 1993 ai 8.164 del 2003 (Tab. 3).
I dati riportati dalla statistica ufficiale mettono in risalto non soltanto l’importanza
della coltivazione degli ortaggi in serra in Sicilia ma la polarizzazione verso alcune
specie quali il pomodoro, il peperone, la melanzana, la zucchina ed il cetriolo, che nel
complesso occupano quasi il 90% dell’intera superficie destinata agli ortaggi in
ambiente protetto. Nel corso degli ultimi anni si è riscontrato un notevole interesse
verso altre specie (melone, fragola, etc.), che riescono ad intercettare aliquote di
superficie consistenti, passando dal 10% sul dato complessivo siciliano nel 1993, a più
del 21% del 2003.
Si registra, tuttavia, che l’incidenza della superficie orticola in serra della Sicilia,
rispetto al dato complessivo Italia, ha subito dei decrementi, passando da circa il 35%
del 1993 a poco più del 29% del 2003. Le tabelle 3 e 4 evidenziano, inoltre, le colture
orticole che in Sicilia hanno fatto registrare contrazioni delle superfici investite e delle
produzioni che sono risultate essere rispettivamente nell’ordine il pomodoro (la
13
Tab.3 - Dinamica delle superfici a coltivazioni orticole in serra in Sicilia per provincia (*)
1993 1998 2003 Province
ha % ha % ha %
Ragusa 4.365 60,4 5.432 57,6 4.800 58,8 100 124 110 Caltanissetta 1.087 15,0 1.127 12,0 1146 12,2 100 104 105 Siracusa 742 10,3 1.687 17,9 1.392 17,1 100 227 188 Trapani 671 9,3 712 7,6 543 6,7 100 106 81 Agrigento 283 3,9 354 3,8 302 3,7 100 125 107 Altre 84 1,2 115 1,2 127 1,6 100 137 151 Sicilia 7.232 100,0 9.427 100,0 8.164 100,0 100 130 113 (*) Elaborazioni su dati tratti da: ISTAT, Statistiche dell'agricoltura, Roma, varie annate.
14
Tab.4 - Evoluzione delle superfici orticole distinte per specie in Sicilia (*)
1993 1998 2003 Specie
ha % ha % ha %
- Pomodoro 3.376 46,7 3.795 40,2 3.023 37,0 100 112 90 - Peperone 1.091 5,4 1.453 5,6 1.236 15,1 100 133 113 - Melanzana 1.122 15,5 1.131 12,0 1.098 13,4 100 101 98 - Zucchina 543 7,5 990 10,5 900 11,0 100 182 166 - Cetriolo 247 3,4 341 3,6 178 2,2 100 138 72 - Altre 762 10,5 1.777 18,8 1.729 21,2 100 233 227 - Sicilia in complesso 7.232 100,0 9.427 100,0 8.164 100,0 100 131 113 - Italia 20.235 26.052 27.632 100 129 137 - Sicilia/Italia (%) 35,7 36,3 29,5 (*) Elaborazioni su dati tratti da: ISTAT, Statistiche dell'agricoltura, varie annate.
15
Tab.5 - Evoluzione delle produzioni delle principali coltivazioni orticole in serra in sicilia (*)
Specie
1991-1993
2001-2003
t % t % - Pomodoro 224.345 60,1 192.854 62,8 100 85 - Peperone 54.928 14,7 40.734 13,3 100 72 - Melanzana 56.276 15,1 42.127 13,7 100 74 - Zucchina 26.617 7,1 27.653 9,0 100 102 - Cetriolo 10.862 2,9 3.734 1,2 100 36 Totale 373.028 100,0 307.102 100,0 100 82 (*) Elaborazioni su dati tratti da: ISTAT, Statistiche dell'agricoltura, varie annate.
16
cui superficie e produzioni si sono contratte rispettivamente del 10% e del 15%), la
melanzana (che ha fatto registrare una contrazione di superficie e produzione
rispettivamente di circa l’2% e del 26%) ed il cetriolo (la cui superficie e produzione si
sono contratte rispettivamente del 28% e del 64%). Di contro, alcune colture orticole
hanno fatto si registrare un incremento delle superfici investite, ma importanti
contrazioni delle produzioni, quali il peperone, (la cui superficie si è incrementata del
13% mentre evidenzia una contrazione delle produzioni del 28%). La zucchina, invece,
ha fatto registrare incrementi di superficie e produzioni rispettivamente del 66% e del
2%.
La coltivazione di ortaggi è diffusa in quasi tutta la regione, anche se assume
particolare rilevanza in alcune province tra le quali la più importante risulta quella di
Ragusa, che intercetta circa il 60% della superficie regionale in base agli ultimi dati del
2003, così come documenta la tabella 3; seguono le province di Siracusa (17%),
Caltanissetta (12%), Trapani (quasi il 7%) e Agrigento (quasi il 4%).
17
1.3. EVOLUZIONE DELLE PRINCIPALI INNOVAZIONI TECNOLOGICHE
NELL’ORTICOLTURA PROTETTA
Attualmente, le innovazioni tecnologiche vengono distinte in "labour-saving" ed
in "land-saving" a seconda che sostituiscano forza lavoro (innovazioni di tipo
meccanico) o l'impiego delle risorse capitale e terra (innovazioni di tipo chimico,
biologico e genetico varietale) (De Janvry, 1973). In tal senso, le imprese capitalistiche,
che nel nostro Paese trovano corrispondenza con le aziende di medie/grandi dimensioni,
sarebbero maggiormente propense ad accogliere innovazioni labour-saving mentre
quelle coltivatrici, in massima parte di piccola dimensione, sarebbero prevalentemente
orientate ad introdurre tecnologie land-saving (Gulisano, et al.,. 2001).
Una classificazione delle innovazioni in agricoltura, può essere condotta
attraverso il profilo tecnico, secondo il quale è possibile operare una distinzione tra le
innovazioni meccaniche (attrezzature e macchine per l’esecuzione delle operazioni
colturali, per la realizzazione dei processi di trasformazione delle produzioni aziendali),
le innovazioni biologiche (selezione e/o introduzione di nuove varietà coltivate) e le
innovazioni chimiche (fertilizzanti, diserbanti, antiparassitari, fitoregolatori). Inoltre,
tale distinzione può essere operata anche tra le innovazioni agronomiche
(avvicendamenti colturali, sistemi di irrigazione, densità di impianto, sistemi di
controllo biologico), le innovazioni zootecniche (tecniche di allevamento), quelle
organizzative (nuove modalità di organizzazione dei fattori produttivi interni ed esterni
alle imprese) e quelle gestionali (nuove forme di rilevazioni, analisi e pianificazione
delle attività aziendali; nuove tecniche di marketing) (De Benedictis, et al., 1979;
Iacoponi, et al., 1994 ).
18
Tali categorie di innovazioni esercitano effetti molto diversi nei confronti dei
rapporti di sostituzione tra capitale, lavoro, terra, fattore imprenditoriale e delle quantità
di prodotto ottenibili per unità di superficie, in quanto le innovazione tecnologiche, pur
conservando inalterati i caratteri di fondo, hanno assunto una diversa connotazione
rispetto ai processi di adozione nel ciclo produttivo.
Tuttavia, esistono, a tutt’oggi, dei nuovi "soggetti nell’adozione" di innovazioni
tecnologiche accanto a quelli di tipo tradizionale (imprese coltivatrici e capitalistiche,
cooperative, ecc.), i quali vengono identificati con quel complesso di imprese che
forniscono servizi reali alla produzione e che rappresentano un ulteriore punto
d’incontro tra opportunità tecnologiche fornite dalla ricerca e dalla sperimentazione ed
esigenze e bisogni di operatori economici "in e per" l'agricoltura (Vellante, 1986).
Con riferimento alle differenti tipologie di innovazioni tecnologiche assume
rilievo la distinzione che viene posta in letteratura tra quelle che vengono definite
innovazioni di processo, di prodotto ed organizzative. In tal senso, le innovazioni di
processo prevedono l’introduzione di un nuovo metodo di produzione e la
modificazione dei processi esistenti.
Le innovazioni di processo possono essere distinte in incrementali, le quali
inducono costi più bassi e/o qualità più elevata del prodotto, in sintetiche, ottenute
attraverso un rilevante ampliamento delle dimensioni del volume o della capacità
produttiva di processi .già conosciuti e in discontinue, le quali danno luogo alla
creazione di processi produttivi completamente nuovi per la realizzazione di prodotti e/o
servizi (Brunetta, 1992).
Di contro, le innovazioni di prodotto consistono nel miglioramento delle
19
caratteristiche qualitative dei prodotti esistenti e possono essere distinte in sintetiche, le
quali non richiedono necessariamente l'introduzione di nuove tecnologie in quanto sono
originate dalla interazione di tecniche già esistenti, combinate in maniera più o meno
complessa con la struttura organizzativa dell’impresa e/o con appropriate politiche di
promo-valorizzazione, e discontinue, le quali implicano lo sviluppo o l’organizzazione
di nuove tecnologie o nuove idee che richiedono nuove capacità e competenze
professionali e/o la riorganizzazione produttiva dell’impresa, che si caratterizzano per
l’introduzione di cambiamenti di tipo incrementale attraverso l’immissione di nuove
estensioni e/o versioni di prodotto esistenti, aumentando le vendite e i profitti e
determinando, in alcuni casi, un aumento dell’occupazione (Cappellin, 2000).
Tuttavia, si può affermare che le innovazioni di prodotto implicano naturalmente
delle innovazioni di processo nelle imprese che realizzano nuovi prodotti, mentre le
innovazioni di processo spesso consistono nell’utilizzo di nuovi macchinari che
rappresentano essi stessi delle innovazioni di prodotto delle imprese che li costruiscono.
In riferimento alle innovazioni organizzative, esse si identificano con la divisione
del lavoro e l’attuazione in linea dei processi produttivi, non legate alle scoperte delle
scienze fisiche, chimiche, biologiche, ecc., ma derivanti solo dall’esperienza e
dall’intuizione degli imprenditori (Iacoponi et al., 1994).
È da sottolineare che tali innovazioni assumono un’importanza crescente
nell'ambito del settore agricolo dei Paesi avanzati, come il nostro, e, più in generale,
nell’intero sottosistema agroalimentare. Infatti, gli imprenditori ed i tecnici, si
preoccupano dell’aumento dei costi di breve periodo, non considerando che molti di
questi aumenti verranno presto compensati dal miglioramento dell’efficienza gestionale
20
e da una maggiore capacità a competere sul mercato. Di contro, tali innovazioni,
richiedono maggiori livelli di formazione e di aggiornamento professionale e di capacità
imprenditoriali, inoltre, tendono ad essere risparmiatrici di lavoro. In quest’ottica, è
bene ricordare che c'è bisogno di formazione, investimenti ed indirizzi politici al fine di
agevolare il cambiamento dei comportamenti degli operatori agricoli per poter
affrontare con possibilità di successo le sfide che, in un periodo storico di crescente
liberalizzazione dei mercati, si propongono oggi e si proporranno sempre più nel
prossimo futuro.
In genere, occorrono diversi anni prima che i risultati della ricerca scientifica si
traducano in innovazioni specifiche tali da poter essere applicati sulle realtà operative, e
cioè fino alle aziende interessate. Tali intervalli di tempo tendono, tuttavia, a ridursi col
progresso tecnico ed economico-sociale e con la creazione di servizi ad hoc, ma molto
si può ancora fare per accorciarli ulteriormente.
Quando un’innovazione si diffonde e si consolida in un dato comparto produttivo
perde le sue caratteristiche originarie di esclusività assumendo, in genere, il ruolo di una
normale tecnica produttiva di generale accettazione da parte degli operatori di comparto.
Infatti, alcune delle più importanti innovazioni introdotte nell’ultimo decennio
nell’orticoltura in ambiente protetto in Sicilia (l’irrigazione a manichetta, l’utilizzo di
ganci e rulli di fissaggio della plastica, l'utilizzo dei bombi per l’impollinazione dei fiori,
l’utilizzo di reti antinsetto, ecc. ), oggi tendono a configurarsi più come tecniche della
"nuova tradizione", che come vere e proprie innovazioni, in quanto l’utilizzazione delle
innovazioni costituisce un processo lento e graduale, che non può essere slegato da
quello relativo alle procedure tecniche in cui le innovazioni stesse si inseriscono.
21
E’ importante sottolineare, come l’avvento delle innovazioni possa essere guidato
da una indipendente evoluzione di settori non agricoli basti pensare al ruolo che a suo
tempo ebbero la tecnologia delle materie plastiche sull’irrigazione a microportata,
quello dell’informatica sull’odierno sviluppo dell’automazione in orticoltura, il
controllo del pH e della conducibilità elettrica delle acque e l’apertura delle pareti delle
moderne strutture metalliche. Inoltre, appaiono molto frequenti nell’orticoltura protetta,
le innovazioni che si realizzano molto gradualmente, mediante microadattamenti alle
diversissime realtà locali, aziendali e addirittura per singola serra, nell’ambito di una
stessa azienda.
Fra le innovazioni di processo in via di sviluppo, un breve cenno va fatto
all’impianto di irrigazione a goccia, alla fertirrigazione, alle serre con strutture
metalliche, ai sistemi alternativi alla disinfezione del terreno con bromuro di metile e
altre ancora. Nell’orticoltura moderna l’irrigazione a goccia rappresenta quasi una
strada obbligata per una gestione efficiente degli interventi irrigui, al fine di
salvaguardare e, se possibile, migliorare le caratteristiche organolettiche delle
produzioni in serra.
La distribuzione dei nutrienti mediante la fertirrigazione, è una tecnica che si è
sviluppata in modo parallelo al diffondersi degli impianti a goccia, soprattutto attraverso
tipologie tese ad utilizzare l’energia dell’impianto irriguo per la somministrazione dei
concimi liquidi, senza il ricorso a motori supplementari, con sensibili riduzioni sui costi
energetici. Una tale tecnica innovativa (concimazione + irrigazione), assume
un’importanza fondamentale per elevare al massimo le capacità produttive e vegetative
delle colture, soprattutto in terreni facilmente dilavabili, in cui, per effetto
22
dell'irrigazione, viene ad essere rapidamente alterata la fertilità del terreno
(Brazzaventre, 2003).
Nella pratica della fertirrigazione si realizza un effetto sinergico, l’acqua migliora
l’assorbimento dei fertilizzanti ed al tempo stesso questi rendono più efficiente il
consumo dell’acqua. I principali vantaggi della fertirrigazione sono riconducibili
all’impiego di poca manodopera per le operazioni di applicazione del concime, al
mancato calpestamento del terreno con le macchine, alla facilità di esatto frazionamento
della concimazione azotata ed all’applicazione dei fertilizzanti che interessa lo spessore
di terreno effettivamente esplorato dagli apparati radicali delle colture. Inoltre, ci si
avvantaggia per la possibilità di intervento anche in momenti in cui il terreno non è
praticabile per i mezzi meccanici, per la presenza della coltura. Gli aspetti negativi
principali sono collegati alla necessità di un impianto di irrigazione più perfezionato e
costoso, agli interventi di irrigazione non strettamente necessari ma effettuati con la sola
funzione concimante ed alle perdite per dilavamento e volatilizzazione a causa di
impianti irrigui inefficienti o di particolari condizioni chimiche del terreno che
favoriscono la volatilizzazione dell’ammoniaca.
La fertirrigazione a goccia richiede la più elevata qualità dell’acqua, priva di
solidi sospesi e di microrganismi che possono intasare i piccoli fori dei gocciolatori e
richiede anche l’impiego di fertilizzanti perfettamente idrosolubili (Brazzaventre, 2003).
Per ciò che riguarda le serre con strutture metalliche, la differenziazione
tipologica che ha contraddistinto l’evoluzione delle strutture serricole negli ultimi anni
ha condotto alla presenza sul mercato di vari tipi di serre distinguibili per geometria,
tecnologia costruttiva, materiali di copertura impiegati, destinazione colturale, esigenze
23
climatiche ed entità dell'investimento. In tal senso, analizzando la forma degli
apprestamenti per colture protette a scopo produttivo, le tipologie attualmente in uso
sono: le serre dette a colmo, a navata, o a padiglione, con tetto a falde piane
simmetriche utilizzate in Italia e nei Paesi mediterranei. Inoltre, troviamo le serre-tunnel
con pilastri verticali e copertura ad arco ed infine, i tunnel grandi o medi con forme di
vario tipo ad arco. Comunque, per tutte le tipologie descritte le prospettive future sono
orientate verso la costruzione di serre con maggiore altezza interna, allo scopo di
ospitare i sempre più numerosi e specializzati impianti di controllo e regolazione del
microclima interno, di agevolare l’adozione dei sistemi di movimentazione
meccanizzati e automatizzati dei prodotti, di incrementare la portata di ventilazione, e di
allevare le colture in altezza o su più piani anche per mezzo delle colture sospese alla
struttura portante (Brazzaventre, 2003).
Riguardo alla disinfezione del terreno con bromuro di metile (BM), le alternative
sono, allo stato attuale, uno dei principali obiettivi della ricerca nel settore della difesa
delle colture intensive, poiché la produzione e commercializzazione del BM è stata
vietata a partire dal 31/12/2004 così come stabilito dal Reg. CE 2037/2000 sulle
sostanze che riducono lo strato di ozono, il Regolamento, in vigore dal 01/10/2000, è lo
strumento legislativo di riferimento per gli Stati membri dell'U.E., relativamente
all'eliminazione del BM. Tale Regolamento recepisce a livello europeo le ultime
modifiche applicate al Protocollo di Montreal e aggiorna il calendario di riduzione del
BM, mantenendo le stesse scadenze, ma introducendo obblighi di riduzione più severi.
Gli utilizzatori si trovano ad affrontare riduzioni del BM rispetto ai livelli di
consumo del 1991 del 60% nel 2001 e del 75% nel 2003, anzi che del 50% e del 70%
24
come definito dal Protocollo.
Fumigatori e agricoltori italiani potranno continuare a fare ricorso alle scorte
aziendali di BM o a quello ancora disponibile sul mercato, ma solo fino al 31/12/2005.
Tale cambiamento comporta grandi sforzi ma al tempo stesso stimola la ricerca di
soluzioni innovative caratterizzate da una maggiore attenzione per l’ambiente ed un
miglior rapporto tra costi e benefici.
In riferimento alla messa a punto di mezzi chimici alternativi al BM, in Italia,
sono stati registrati, in particolare per applicazioni in ambiente protetto, un formulato a
base di cloropicrina, uno a base di 1,3 dicloropropene ed anche il metham sodio.
Tali formulati hanno la caratteristica di poter essere utilizzati anche mediante
l’utilizzo di impianti di irrigazione a goccia: si tratta di una metodologia di fumigazione
già da tempo adottata negli Stati Uniti, ove viene definita dagli addetti ai lavori "drip
fumigation "(Ajwa H., 2003). Inoltre, tali composti sono caratterizzati non solo da una
ridotta capacità di diffusione nel terreno, quando applicati mediante l'utilizzo di
sospensioni acquose e sistemi irrigui a goccia, ma possono anche avvantaggiarsi di
significativi incrementi di efficacia e di una potenziale riduzione di effetti collaterali
negativi.
Tra le altre innovazioni, destinate prima o poi a diffondersi nell’intera
serricoltura, vanno, inoltre, segnalate l’intercapedine di polietilene che, oltre ad
assicurare una efficace protezione dalle gelate, ha il vantaggio di impedire il
gocciolamento sulle piante causato dalla condensa, la pacciamatura con polietilene nero
(in autunno-inverno) o bianco-nero (in primavera-estate) che elimina tutti gli interventi
al terreno successivi al trapianto ed, in particolare, quelli relativi al controllo delle
25
infestanti, l’impiego dei bombi e degli insetti utili per l'impollinazione dei fiori, che
hanno sostituito la pratica dell’ormonatura fiorale ed, infine, i rulli avvolgitori per il
fissaggio del polietilene al posto delle fascette in legno, quest'ultima innovazione ha
portato alla modifica degli spioventi del tetto delle serre (con strutture in legno) dalla
sezione triangolare a quella semicircolare, adeguamento dettato alla necessità, ad un
tempo, di eliminare spigoli che, contribuiscono a lacerare il film per la trazione
esercitata dal rullo e di assicurare una maggiore aderenza del film alla struttura della
serra (Donzella, 2001).
26
2. ANALISI TECNICO-ECONOMICHE DELLE COLTIVAZIONI ORTICOLE IN AMBIENTE PROTETTO NELL’AREA D’INDAGINE
2.1. CARATTERI TERRITORIALI DELL’ORTICOLTURA PROTETTA NELLA ZONA D’INDAGINE
L’area indagata ricade lungo la fascia costiera del sud-est della Sicilia e
comprende le aree dei comuni ricadenti nella provincia di Ragusa (che interessano una
superficie totale di 24.000 ha, comprendente circa 5.000 ha con coltivazioni orticole in
ambiente protetto) e nella provincia di Siracusa, realtà meno importante della prima in
termini di superficie e quantità prodotta di orticoli sotto serra, ma altrettanto importante
e dinamica dal punto di vista delle imprese che producono e commercializzano tali
prodotti.
La zona esaminata è fortemente caratterizzata dalla presenza dell’orticoltura
protetta, contribuendo, in questo modo, a collocare le due province al primo posto fra
quelle con più estese coltivazioni orticole in serra in Italia.
Sotto il profilo geo-pedologico, nell’area indagata si riscontrano sia terreni di
origine alluvionale prevalentemente sabbiosi, ubicati lungo la fascia costiera in
prossimità di fiumi e torrenti, sia terreni di origine calcarea, di medio impasto, poco
profondi, concentrati soprattutto nell’immediato entroterra.
I limiti altimetrici restano compresi tra il livello del mare e i 150 metri s.l.m. con
una maggiore concentrazione delle coltivazioni ad altitudini comprese tra i 20 ed i 60
metri s.l.m.
27
Le superfici in serra sono in massima parte destinate alla coltivazione degli ortaggi
(90% del totale), mentre una quota sensibilmente inferiore risulta destinata a fiori o
piante ornamentali.
Quanto alle principali specie orticole in serra presenti si rileva nella zona una
maggiore incidenza per il pomodoro (29% delle orticole in serra), seguito dal peperone
(28%) e dalla melanzana (22%).
Le aziende presenti all’interno dell’area oggetto d’indagine, possono agevolmente
usufruire di un’ampia gamma di servizi, quali la presenza di mercati per il conferimento
delle produzioni, quindi della presenza di punti vendita dei mezzi produttivi, imprese di
servizi e di tutte le figure che ruotano intorno a monte, a valle ed a fianco delle aziende
agricole.
2.2. METODO D’INDAGINE
Volendo realizzare uno studio economico agrario sull’orticoltura protetta siciliana
si è dovuto tenere conto delle marcate differenziazioni esistenti sul piano territoriale che
hanno reso necessaria la realizzazione di un’indagine preliminare al fine di individuare i
principali caratteri delle aziende serricole.
I caratteri dell’orticoltura protetta della zona d’indagine sono stati rilevati
attraverso un’apposita scheda mediante la quale sono state raccolte le informazioni sui
fattori che hanno maggior peso nel determinare produzioni e risultati economici delle
aziende orticole. In particolare essi riguardano:
- I caratteri generali dell’azienda: superficie aziendale, specie coltivata, fonti di
28
approvvigionamento idrico, ecc..,
- Gli investimenti: fondiari (fabbricati e opere murane, pozzi irrigui, serbatoi
idrici, serre, impianti irrigui, ecc) e di scorta (macchine e attrezzi);
- I caratteri delle coltivazioni nella singola serra (specie orticola, varietà, ciclo di
coltivazione, tipo di struttura, costo della struttura, tecnologie impiegate, ecc);
- L’esercizio della serra (impiego di materiali, impiego di lavoro, servizi esterni,
produzioni, ecc.).
La peculiarità dell’orticoltura in serra (accentuata ripetitività di alcune operazioni
colturali, marcata complessità nell’esercizio della coltivazione, ecc.) e l’assenza
pressoché generalizzata di registrazioni contabili hanno fatto sì che la raccolta dei dati
avvenisse attraverso l'intervista diretta ("face to face") con gli imprenditori.
A tale scopo, preziosa si è rivelata la collaborazione di Agronomi operanti da
tempo nella zona, dei responsabili degli Uffici delle Sezioni di Assistenza Tecnica
dell'Assessorato Regionale e delle Foreste e dell'Ente di Sviluppo Agricolo, nonché di
addetti operanti nel comparto (ditte fornitrice di mezzi produttivi, intermediari, ecc) che
opportunamente contattati hanno fornito dati, informazioni, notizie e quant’altro utile
alla realizzazione della ricerca in oggetto.
Ai fini dell’ottenimento dei risultati economici sono stati utilizzati i prezzi di
vendita dei prodotti e di acquisto dei mezzi produttivi e servizi relativi all’annata agraria
2004- 2005.
La determinazione del costo delle produzioni in serra è stata realizzata seguendo
un approccio metodologico consolidato che discrimina tre grandi categorie di costi:
"materiali", "lavori aziendali e servizi" e "quote ed altre attribuzioni" (Pecorino, 2001;
29
Brazzaventre, 2003). Con riferimento ai materiali, la spesa per l’acquisizione dei mezzi
tecnici quali fertilizzanti, antiparassitari, piantine, materiale plastico, ausiliari biologici,
combustibili e lubrificanti, ecc, è stata determinata applicando il prezzo riscontrato sul
mercato locale ai quantitativi effettivamente utilizzati nelle aziende rilevate.
Per quanto riguarda i costi legati all’acqua irrigua, considerato che quasi tutte le
aziende presentano un approvvigionamento misto (pozzo artesiano autonomo e
Consorzi), è stato determinato sulla base di specifiche determinazioni sulla reale
situazione aziendale.
La seconda categoria di costi ("lavori aziendali e servizi") ha comportato lo
svolgimento di indagini specifiche volte ad accertare l’entità del lavoro e i rispettivi
salari pagati per le diverse operazioni colturali oltre alle tariffe di noleggio relative ad
alcune operazioni meccanizzate ricorrenti nelle serre (lavorazioni del terreno,
disinfezioni, ecc). In tal senso, il costo del lavoro è stato determinato applicando agli
impieghi registrati per le singole operazioni colturali i salari unitari osservati (pari a €
70,00 giorno) (la giornata lavorativa dell'operaio agricolo è stata considerata di 7 ore).
Tra i servizi acquisiti dalle aziende un peso rilevante assume la disinfestazione del
terreno, eseguita da Imprese specializzate ed appositamente autorizzate per l’impiego di
bromuro di metile (il costo di € 0,33/mq costante per tutte le aziende in quanto viene
eseguito alla dose minima del 50%).
Per le altre operazioni noleggiate (lavorazioni meccaniche del terreno,
applicazione film plastico di copertura, ecc) le tariffe rilevate sono state applicate alle
aziende che avevano fruito del servizio.
Le mediazioni hanno assunto valori variabili nelle aziende rilevate in rapporto
30
alle modalità di vendita delle produzioni, essendosi osservati importi elevati (11% della
PLV) per le aziende che vendono i prodotti direttamente al mercato e sensibilmente
inferiori o nulle, rispettivamente, per le aziende che vendono o per quelle che
conferiscono i prodotti a cooperative di lavorazione.
Per quanto attiene la terza categoria del costo di produzione ("quote ed altre
attribuzioni"), per gli investimenti fondiari connessi all’impianto della serra (scasso,
livellamento, concimazione di fondo, strutture portanti, ecc.) sono state calcolate le
quote di ammortamento ponendo in rapporto il relativo ammontare (valore di
riproduzione al netto di eventuali contributi fruiti) alla presunta durata media
dell’apprestamento (dieci anni per quelli con struttura portante in legno e cemento vibro
compresso, 15 anni per quelle in metallo), mentre è stato adottato il saggio del 6% per il
calcolo degli interessi.
Analogamente si è proceduto al calcolo delle quote di ammortamento,
manutenzione e degli interessi per gli impianti e le attrezzature riscontrabili nella
singola serra.
Per gli investimenti comuni a tutta l’azienda (fabbricati, vasche di raccolta
dell'acqua, pozzi artesiani, centraline, ecc.) dapprima si è proceduto a ripartire i costi in
rapporto alla tipologia dell’investimento (la ripartizione dei costi relativi ai fabbricati,
utilizzati per la lavorazione dei prodotti agricoli, il ricovero degli attrezzi e il deposito
delle scorte è stata realizzata in rapporto alla superficie serricola aziendale. Il costo della
centralina è stato invece riferito solo alla superficie serricola gestita in modo
automatizzato) e poi con le stesse modalità sopra riportate è stato effettuato il calcolo
delle quote ed interessi.
31
Anche per gli investimenti di scorta (macchine motrici ed operatrici, attrezzature
per i trattamenti, ecc) si è proceduto con gli stessi criteri di calcolo di ammortamenti,
manutenzioni ed interessi ripartendo gli importi ottenuti in rapporto alla superficie
serricola aziendale.
In dettaglio le aliquote applicate sono state le seguenti: serre 12%, fabbricati e
opere murarie 2%, sistemazioni del terreno 5%, pompa 10%, serbatoio 2%, pozzo e
accessori 5%, impianto per la fertirrigazione 10%, centralina 10%, substrato 25%, rete
antiafide 25%, pacciamatura 25%, impianto di riscaldamento 10%, attrezzi per i
trattamenti 25%, trattrice ed attrezzi 15%.
Il compenso per il lavoro di direzione, amministrazione e sorveglianza è stato
considerato pari al 2% della produzione lorda vendibile.
Per quanto concerne le imposte e i contributi, il valore dell’IRAP (Imposta
Regionale sulle Attività Produttive) è stato ottenuto moltiplicando l’imponibile
(ammontare dei corrispettivi al netto degli acquisti, dei contributi previdenziali, ecc.)
per un’aliquota dell’1,9 % prevista per l’anno 2004 per le attività agricole.
Per i contributi previdenziali INPS, si è proceduto alla relativa determinazione
sulla base delle giornate lavorative ufficialmente dichiarate e per un importo unitario
pari a € 10,85/giorno. Oltre ai contributi versati per gli O.T.D., sono stati calcolati anche
i contributi versati dai C.D. e dagli I.A.T.P., considerando le diverse forme contributive.
Gli interessi sul capitale di anticipazione sono stati calcolati adottando un saggio
del 6% e un periodo medio di anticipazione di 6/12. E' stato applicato tale periodo
medio di anticipazione in relazione al fatto che i lavori per il ciclo di coltivazione unico
iniziano ad agosto e si concludono a giugno mentre la raccolta viene effettuata a partire
32
da dicembre. Per quanto attiene alla produzione lorda vendibile, questa è stata
determinata applicando alla produzione effettivamente realizzata nel periodo 2004-2005
i relativi prezzi di vendita spuntati dai produttori nella stessa campagna e relativi alla
modalità di vendita a peso (distinta per qualità di prodotto). La determinazione del costo
di produzione e dei ricavi complessivi della serra ha permesso di quantificare alcuni
indici economici di particolare interesse che consentono di esprimere giudizi economici
sull’organizzazione e gestione aziendale.
33
2.3. PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLE AZIENDE ESAMINATE
In base alla metodologia precedentemente illustrata, è stato oggetto di rilievo un
numero rappresentativo di aziende serricole, scelte in considerazione di alcuni
fondamentali fattori quali: indirizzo produttivo, tecniche di coltivazione, specie orticole
coltivate, ciclo di coltivazione adottato, ecc, con conseguente possibilità per gli altri di
manifestarsi in modo casuale.
Una prima analisi sulle principali caratteristiche tecnico-economiche
dell’orticoltura protetta delle aziende esaminate, può farsi sulla base di quanto riportato
nella tabella 6, dalla quale si evidenziano le aliquote di superficie serricola rispetto al
totale e, nell’ambito della superficie a serre, quella destinata alle diverse tipologie di
coltivazione.
La superficie in serra rappresenta in media circa l’80 % della superficie aziendale
totale, con incidenze comprese tra un minimo del 58% ed un massimo di circa l’85%.
Trattasi di aziende contraddistinte in larga prevalenza da indirizzo orticolo
specializzato in serra, che non utilizzano totalmente la superficie aziendale, lasciando
una parte non utilizzata la quale viene adibita saltuariamente a coltivazioni erbacee o
orticole asciutte (le quali contribuiscono solo con modeste aliquote alla produzione
lorda vendibile aziendale).
Nelle aziende esaminate la superficie in serra coperta ha un campo di variazione
compreso tra i 3.200 e i 22.500 mq e mostra le maggiori frequenze nelle classi di
ampiezza compresa tra 7.000 e 12.000 mq.
34
Tab. 6 - Alcune caratteristiche delle aziende esaminate (2004-2005) (*) Azienda Superficie totale Corpi Superficie serricola % sulla Serre
n. ha n. m2 superficie aziendale n.
1 0,50 1 3.200 64,0 3 2 1,00 1 7.800 78,0 7 3 1,50 1 12.000 80,0 10 4 1,00 1 8.000 80,0 5 5 0,65 1 4.500 69,2 4 6 1,50 1 11.500 76,7 9 7 1,30 2 7.600 58,5 6 8 1,00 2 8.500 85,0 7 9 3,00 2 22.500 75,0 18
10 1,00 1 8.000 80,0 6
(*) Fonte: dati acquisiti in maniera diretta.
Gli apprestamenti di protezione si trovano ubicati in un unico corpo aziendale per
il 70 % dei casi mentre nelle rimanenti aziende si riscontra una frammentazione della
superficie in due corpi.
Assai contenuto è risultato, nel complesso, il numero di specie coltivate
nell’ambito della singola azienda con una forte polarizzazione degli investimenti
aziendali, in alcuni casi, su una o due differenti tipologie di ortaggi.
Tale concentrazione dell’interesse degli orticoltori trae origine sia dalla crescente
specializzazione necessaria per la realizzazione di alcune colture sia dalla necessità di
offrire consistenti partite di merce omogenee da avviare verso i principali mercati di
consumo.
Evidente, inoltre, è risultata la realizzazione, come colture esclusive, nell’ambito
del territorio oggetto di studio, del pomodoro a grappoli e del pomodoro ciliegino oltre
35
al peperone, alla melanzana, alla zucchina ed al cetriolo, mentre hanno trovato spazio,
nei cicli colturali delle aziende esaminate, in prima e seconda coltivazione, soprattutto il
pomodoro a grappolo, il pomodoro ciliegino, il peperone ed il cetriolo.
36
2.4. ANALISI E RISULTATI ECONOMICI DELLE PRINCIPALI COLTIVAZIONI ORTICOLE IN
AMBIENTE PROTETTO
Per quanto attiene agli investimenti fondiari, se ne sono riscontrate diverse
tipologie all’interno dell’azienda serricola, attinenti, in parte alle esigenze generali
dell’attività agricola (fabbricati, pozzi, ecc.), ed in parte alla presenza specifica delle
coltivazioni protette (strutture portanti delle serre, impianti irrigui, ecc.). La relativa
consistenza risulta differente da caso a caso in stretto rapporto sia alle caratteristiche sia
alle dimensioni aziendali, come mostra, per unità di superficie, la tabella 7. In
particolare, una marcata incidenza sul dato complessivo presentano le strutture portanti
delle serre che a livello medio intercettano il 62,5% degli investimenti fondiari, seguiti,
in ordine di importanza, dai fabbricati, la viabilità e le recinzioni (18,9%) e dalle opere
irrigue (18,6%).
Sensibilmente inferiore è risultata, tra le aziende rilevate, la variabilità degli
investimenti di scorta, con un valore massimo di circa 2.360 euro per mille metri
quadrati e minimo dell’ordine di 108 euro sempre per mille metri quadrati ed un
rapporto tra i due pari a 22. Peso sensibilmente maggiore, nell’ambito di tale tipologia
di investimenti, presentano le macchine ed attrezzature per lavorazioni e trasporti in
stretto rapporto alla presenza, in quasi tutte le aziende rilevate, di un parco macchine
completo ed idoneo non solo all’esecuzione delle principali operazioni colturali ma
anche al trasporto dei prodotti raccolti ai locali mercati all’ingrosso.
37
Tab. 7. Investimenti fondiari e di scorta sull'unità di superficie in serra nelle aziende esaminate (2004-2005) (*) (€/1.000 m²)
Voci Minimo Massimo Medio Differenza Rapporto Valori % massimo/ massimo/ minimo minimo
1. Investimenti fondiari 4.796 14.660 9.728 100,0 9.864 3,1 - Strutture portanti delle serre 2.982 9.181 6.081 62,5 6.199 3,1 - Opere irrigue 452 3.171 1.812 18,6 2.720 7,0 - Fabbricati, viabilità e recinzioni 64 3.608 1.836 18,9 3.544 56,4 2. Investimenti di scorta 108 2.359 1.233 100,0 2.251 21,9 - Macchine ed attrezzature per lavorazioni e trasporti 71 2.005 1.038 84,2 1.934 28,3 - Macchine ed attrezzature per trattamenti 15 130 73 5,9 115 8,7 - Attrezzature e strumenti vari 10 235 122 9,9 225 23,5 (*) Fonte: dati acquisiti in maniera diretta.
38
L’esercizio dell’azienda serricola risulta caratterizzato, oltre che da elevate
occorrenze di lavoro, dall’impiego di molteplici mezzi e servizi produttivi acquisiti
dall’esterno, in parte inquadrabili tra quelli di uso corrente in agricoltura (concimi,
antiparassitari, sementi, ecc.), in parte, invece, con caratteri di specificità per le colture
protette (materiale plastico per le coperture, sterilizzanti, fitoregolatori, ecc.).
Per tutte le aziende rilevate sono state svolte valutazioni specifiche, per specie
orticola e tipo di coltivazione, al fine di determinare i costi di produzione,
distinguendone gli elementi in tre grandi categorie (Pecorino, 2001): materiali, lavori
aziendali e servizi, quote ed altre attribuzioni.
Sensibili differenze risultano evidenti, dall’esame della tabella 8, con riferimento
al peso che tali categorie di costo presentano per le principali specie oggetto della
presente indagine.
In particolare, un’incidenza leggermente superiore sul costo totale presentano,
nella maggior parte dei casi, i costi per materiali e per lavori aziendali e servizi, mentre
leggermente inferiori risultano quelli sostenuti dalle imprese per le quote ed altre
attribuzioni.
Con riferimento alle diverse specie e tipi di coltivazione, il costo di produzione
totale risulta compreso tra i 6.227 euro del pomodoro ciliegino in coltura esclusiva ed i
2.890 euro del cetriolo in seconda coltivazione, con un maggiore addensamento dei casi
nella fascia di costo compresa tra i 4.000 e i 4.500 euro per le colture esclusive e,
invece, tra i 2.900 e i 3.900 euro per quelle ripetute. Nell'ambito del pomodoro, evidenti
risultano le differenze, in termini di costo totale, tra le varietà a grappolo ed il ciliegino
con livelli di costo quasi sempre più alti per quest'ultima specie in stretto
39
Tab. 8 - Analisi del costo medio di produzione per unità di superficie (1000 mq) nelle serre esaminate per principali specie e tipi di coltivazione (2004-2005) (*)
Materiali
Lavoro aziendale e servizi
Quote ed altre attribuzioni
Totale
€/mq % €/mq % €/mq % €/mq % Indicazioni
Pomodoro a grappolo (E) 1.736 38,8 1.426 31,9 1.313 29,3 4.475 100,0 Pomodoro a grappolo (I) 1.197 34,2 1.383 39,5 924 26,4 3.504 100,0 Pomodoro a grappolo (II) 1.213 33,1 1.327 36,2 1.122 30,6 3.662 100,0 Pomodoro ciliegino (E) 2.326 37,3 2.118 34,0 1.783 28,6 6.227 100,0 Pomodoro ciliegino (I) 1.385 35,3 1.531 39,0 1.013 25,8 3.928 100,0 Pomodoro ciliegino (II) 1.255 34,9 1.413 39,2 932 25,9 3.600 100,0 Peperone (E) 1.778 41,1 1.198 27,7 1.346 31,1 4.321 100,0 Peperone (I) 1.230 38,7 1.134 35,7 813 25,6 3.177 100,0 Peperone (II) 1.027 32,8 1.174 37,5 933 29,8 3.134 100,0 Zucchina (E) 1.368 30,9 1.651 37,3 1.412 31,9 4.431 100,0 Melanzana (E) 1.135 26,8 1.756 41,5 1.343 31,7 4.233 100,0 Cetriolo (E) 1.561 36,5 1.212 28,3 1.503 35,1 4.276 100,0 Cetriolo (II) 1.185 41,0 989 34,3 714 24,7 2.888 100,0 (*) Fonte: dati acquisiti in maniera diretta.
40
rapporto alle maggiori spese che gli imprenditori devono sostenere per la raccolta
nonché per talune specifiche operazioni colturali.
Evidente risulta comunque, per le diverse specie considerate nel corso della
presente indagine, l’entità sensibilmente inferiore dei costi totali di produzione nel caso
delle colture ripetute rispetto a quelle esclusive in stretto rapporto alla ripartizione di
alcuni costi annuali tra la prima e la seconda coltura effettuate nell’ambito dello stesso
apprestamento di protezione.
L’entità media complessiva dei costi afferenti alla prima grande categoria
(materiali) risulta discretamente differenziata per specie e tipo di coltivazione,
riscontrandosi valori superiori per le coltivazioni esclusive, con in testa il pomodoro
ciliegino (2.326 €/1000 mq), seguito dal peperone (1.778 €/1000 mq), dal pomodoro a
grappolo (1.736 €/1000 mq) e dal cetriolo (1.561 €/1000 mq), ed inferiori per le doppie
colture.
Tra queste si rilevano valori più alti per pomodoro ciliegino e per quello a
grappolo (rispettivamente 1.385 e 1.213 €/1.000 mq) ed inferiori per tutte le specie in
seconda coltivazione. Quanto alla seconda delle tre grandi categorie in cui è stato
distinto il costo di produzione, valori unitari differenti si osservano secondo la specie e
il tipo di coltivazione, con un livello superiore di costo nel caso del pomodoro ciliegino
(€ 2.118/1.000 mq) rispetto alla melanzana (1.756 €/1.000 mq) ed alla zucchina (1.651
€/1.000 mq) effettuate in coltura esclusiva.
Nel contesto della categoria in questione i compensi per il lavoro manuale
rappresentano la voce più consistente e che presenta la maggiore incidenza sul costo
totale di produzione.
41
Di una certa consistenza, nell’ambito di tale voce di costo, risultano i servizi
pagati per mediazioni ad operatori di mercato oltre alle spese per i servizi di
disinfestazione del terreno.
L’ultima grande categoria (quote ed altre attribuzioni) prospetta anch’essa un
campo di oscillazione dei valori unitari assai ampio, in stretto rapporto alle diverse
specie e tipi di coltivazione, e comunque in prima coltivazione compreso tra € 714
(cetriolo II) e € 1.783 (pomodoro ciliegino E).
Anche qui le coltivazioni esclusive denotano valori in linea di massima superiori
a quelli delle doppie coltivazioni, disponendosi secondo graduatorie analoghe a quelle
già osservate per le due altre grandi categorie di costo analizzate.
Nelle aziende esaminate assai diversificato risulta il contributo delle diverse
specie coltivate alla formazione della produzione lorda vendibile in stretto rapporto alle
superfici destinate alle singole colture, alle produzioni unitarie ed ai prezzi spuntati dai
serricoltori sul mercato.
I ricavi per specie e tipo di coltivazione manifestano campi di variazione relativa
nel complesso contenuti per effetto di una limitata variabilità delle rese nelle aziende
rilevate e dei prezzi di vendita degli ortaggi.
In dettaglio, come mostra la tabella 9, i livelli unitari superiori della produzione
lorda vendibile si sono osservati nel caso del pomodoro ciliegino E (9.662 €/1.000 mq),
seguito dal pomodoro a grappolo in prima (€ 6.235) e seconda coltivazione (€ 5.640).
Sensibilmente più bassi sono risultati i valori di produzione di alcune colture
ripetute essendosi gli stessi attestati sui 3.105 €/1.000 mq per il cetriolo II e sui
42
Tab. 9. Produzioni e prezzi delle principali coltivazioni orticole in serra nelle aziende esaminate (2004 - 2005) Pomodoro
Indicazioni grappolo E grappolo I grappolo II ciliegino E ciliegino I ciliegino II Peperone E Peperone I Peperone II Zucchina E Melanzana E Cetriolo E Cetriolo II Produzione lorda vendibile (Plv) (€/1.000 m²) Minima 4.524 5.253 5.453 9.520 3.483 4.615 4.145 2.911 3.800 4.588 3.706 5.254 3.076 Massima 5.654 7.217 5.828 9.804 7.367 5.871 5.346 4.502 7.461 4.728 5.423 6.686 3.135 Media 5.089 6.235 5.640 9.662 5.425 5.243 4.745 3.706 5.631 4.658 4.564 5.620 3.105 Rese unitarie (q/1.000 m²) Minima 72,0 71,0 58,0 73,4 40,0 47,0 49,0 43,0 47,0 61,0 70,0 78,0 64,0 Massima 84,0 87,0 61,0 82,0 52,0 56,0 82,0 73,0 68,0 67,0 84,0 88,0 81,0 Media 78,0 79,0 59,5 77,7 46,0 51,5 65,5 58,0 57,5 64,0 77,0 83,0 72,5 Prezzi medi ponderati €/q) Minimo 57,0 71,0 87,0 118,0 90,0 88,0 50,0 56,0 80,0 69,0 50,0 65,0 34,0 Massimo 68,0 83,0 90,0 126,0 133,0 108,0 90,0 73,0 122,0 76,0 66,0 73,0 55,0 Medio 62,5 77,0 88,5 122,0 111,5 98,0 70,0 64,5 101,0 72,5 58,0 69,0 44,5 (*) Fonte: dati acquisiti in maniera diretta.
43
€ 3.706 per il peperone I. Quanto alle rese, nell’ambito delle serre rilevate, le stesse
hanno mostrato limitati campi di oscillazione, ad eccezione delle prime coltivazioni in
stretto rapporto ai diversi periodi di espianto delle stesse prima del trapianto delle
seconde colture.
Per quanto attiene i prezzi di vendita, marcate variazioni sono state registrate tra
le diverse aziende ed all’interno di queste tra le differenti produzioni in rapporto ai
periodi di raccolta che hanno privilegiato, in termini di prezzo, le produzioni ottenute
nei mesi più freddi dell’anno, mentre quelle autunnali e primaverili sono state
contraddistinte da valori unitari assai più contenuti.
In particolare, con riferimento al pomodoro a grappoli, prezzi medi leggermente
superiori (77 €/quintale) sono stati osservati nel caso della prima coltura, mentre
inferiori sono risultati quelli della coltura esclusiva per effetto dell’elevata aliquota di
prodotto raccolto al termine della campagna di commercializzazione.
Prezzi a livello medio inferiore sono stati osservati invece, nel caso del pomodoro
ciliegino, per il prodotto proveniente dalla seconda coltivazione in stretto rapporto al
largo interesse manifestato nei confronti di questa coltura ripetuta dai serricoltori della
zona d'indagine per effetto degli interessanti prezzi spuntati dal prodotto nella prima
parte della campagna di commercializzazione.
Diametralmente opposta rispetto al precedente prodotto è stata la situazione di
mercato del peperone, con prezzi unitari, a livello medio, del 60% superiori nella
seconda coltivazione (100 €/quintale) rispetto alla prima (64,5 €/quintale).
Per quanto attiene ai profitti delle coltivazioni orticole in serra (tab. 10), gli stessi
oscillano tra valori massimi dell’ordine di € 3.865 euro per
44
Tab. 10. Profitti per principali specie e tipi di coltivazione in serra nelle aziende esaminate (2004-2005) (*) (€/1.000 m2)
Indicazioni PGE PGI PGII PCE PCI PCII PE PI PII ZE ME CE CII
Minimo 380 1.983 1.493 3.114 739 1.173 158 198 1.129 144 165 109 123
Massimo 847 3.479 2.463 3.756 2.255 2.113 689 860 3.865 309 496 467 313
Media 614 2.731 1.978 3.435 1.497 1.643 424 529 2.497 227 331 288 218
(*) Fonte: dati acquisiti in maniera diretta.
45
mille metri quadrati, con valori medi, per le diverse specie e tipi di coltivazione,
oscillanti tra le 218 €/1000mq (cetriolo I) ed i 3.435 €/1000mq (pomodoro ciliegino E).
All'interno della stessa specie e tipo di coltivazione i profitti unitari possono
variare anche sensibilmente tra le diverse aziende per i combinati effetti dovuti a valori
e costi di produzione (alte Plv e bassi costi, alte Plv e alti costi, basse Plv e bassi costi,
ecc.).
Il largo interesse mostrato dai serricoltori nel corso delle ultime annate nei
confronti del pomodoro ciliegino trova riscontro nei profitti unitari conseguiti che nel
caso della coltivazione esclusiva, si attestano sempre su valori superiori ai 3.400 €/1000
mq, mentre nel caso della prima e seconda coltivazione fanno registrare valori medi
compresi tra i 1.500 ed i 1.600 euro sempre per 1.000 metri quadrati di superficie
coperta.
Per una corretta valutazione comparativa degli esiti di gestione in termini di
profitti assicurati dalle diverse specie e tipi di coltivazione occorre istituire confronti tra
le colture esclusive e quelle doppie, almeno per le combinazioni più ricorrenti, con
riferimento all’unità di superficie.
Il raffronto, con riferimento alle diverse specie e tipi di coltivazione, tra i costi ed
i valori di produzione ha consentito di accertare profitti unitari sensibilmente superiori
nel caso delle colture ripetute rispetto a quelle esclusive.
Risulta evidente come le diverse combinazioni colturali effettuate dai serricoltori
della zona oggetto d’indagine consentono di conseguire profitti unitari sostanzialmente
analoghi o superiori rispetto a quelli della coltura esclusiva più redditizia (pomodoro
ciliegino E). Risulta quindi evidente che l’orientamento dei produttori agricoli della
46
zona oggetto d’indagine, tende a perseguire migliori risultati economici complessivi
attraverso lo sfruttamento degli apprestamenti di protezione per un periodo più lungo e
la realizzazione di un doppio ciclo produttivo.
Tale ordinamento consente l’offerta di ortaggi nei mesi più freddi dell’anno nei
quali, a fronte di una domanda sostanzialmente stabile, si registra una contenuta
disponibilità di prodotto e prezzi sensibilmente superiori a quelli medi.
47
3. ORGANIZZAZIONE DEL MERCATO ALLA PRODUZIONE
3.1. STRUTTURE COMMERCIALI E ASPETTI ORGANIZZATIVI
L’orticoltura in serra siciliana (in modo particolare la provincia di Ragusa e quella
di Siracusa) fornisce “prodotti fuori stagione” con prezzi notoriamente più alti di quelli
provenienti dal pieno campo. Benché l’offerta tragga competitività dalla sua
extrastagionalità, i produttori risentono dei condizionamenti posti dal mercato e non
sempre sono in grado di esercitare una capacità contrattuale adeguata.
I fattori determinanti di una siffatta situazione sono molteplici e riconducibili alla
presenza di un’offerta agricola all’origine estremamente polverizzata di un sistema
distributivo fortemente ancorato a modelli di tipo tradizionale, servizi di mercato
inadeguati, dell’orientamento produttivo, della gestione della fase commerciale, ecc.,
ed, infine, alla perifericità dell’areale di produzione, rispetto alle grandi aree di consumo
(Italia centro-settentrionale e centro-nord Europa). I circuiti distributivi si
caratterizzano, inoltre, per la presenza di numerose figure di operatori, che esplicano la
loro attività sia sui mercati alla produzione, sia in quelli all’ingrosso dei centri urbani di
grande consumo, rendendo più “lunghe” e quindi meno efficiente l’intera filiera.
Di contro, quando la domanda viene esercitata dalla G.D.O. (Grande Distribuzione
Organizzata), questa mette in atto un forte potere contrattuale nei confronti dei
produttori, che, se non associati, subiscono i prezzi imposti.
Le principali strutture che svolgono l’attività di commercializzazione degli ortaggi
in serra nelle aree di produzione sono:
• mercato ortofrutticolo all’ingrosso;
48
• imprese cooperative di produttori;
• imprese commerciali (individuali e societarie);
• agenzia di spedizione.
IL MERCATO ORTOFRUTTICOLO ALL’INGROSSO
Questo canale di vendita rappresenta la principale componente in grado di
connettere offerta (locale) e domanda (nazionale ed estera).
La principale struttura commerciale è il mercato ortofrutticolo di Vittoria (il più
importante mercato alla produzione non soltanto provinciale ma anche regionale)
seguito da quello di Scicli.
L’attività di funzionamento del mercato è strettamente controllata ed avviene in
maniera sostanzialmente analoga nelle principali strutture in questione (Vittoria e
Scicli). L’accesso dei produttori, dei commissionari e dei commercianti acquirenti viene
giornalmente regolato secondo orari e turni prestabiliti. Le operazioni di vendita sono
gestite esclusivamente dai commissionari, senza alcuna possibilità per il produttore di
intervenire nella transazione.
Gli stands sono di proprietà dei commissionari realizzati su suolo dell’Autorità
Comunale concesso in affitto (diritto di superficie).
Il trasporto dei prodotti dall’azienda al mercato avviene generalmente a spese del
produttore, non mancando però alcuni casi in cui il servizio venga offerto dal
commissionario o ricada sul commerciante acquirente se la transazione venga effettuata
presso l’azienda produttrice.
49
La merce presso gli stands, già sottoposta ad una prima sommaria selezione, viene
offerta confezionata nelle seguenti tipologie di contenitori:
• Cassette di legno a due barre della dimensione di 30x50 e 30x40 cm dal peso a
vuoto di circa 1,2 Kg localmente chiamate “fascette”;
• Cassette di legno con una sola barra dalle dimensioni di 30x50 e 30x40 cm dal
peso a vuoto di circa 0,90 Kg localmente chiamato “ploto”.
Il costo dell’imballaggio è, inizialmente, a carico del produttore, successivamente
viene recuperato in quanto nella fattura di liquidazione, oltre alla produzione, viene
anche conteggiato il costo della cassetta (Fini et al., 1983).
La liquidazione dell’importo spettante al produttore è effettuato dal
commissionario entro i primi 5 giorni del mese successivo a quello di vendita del
prodotto, mentre una dilazione nel pagamento è concessa da quest’ultimo al grossista
acquirente (circa 60-90 giorni). Il produttore per questo servizio di mediazione paga dal
10 al 12% (a seconda che si tratta di piccole o grosse partite) del valore del venduto a
mezzo del commissionario (provvigione).
I vantaggi che derivano al produttore dal ricorso a questo canale di vendita sono
dati sia dal prezzo della merce tempestivamente definito al momento della consegna,
nonché dalla pronta liquidazione dell’importo dovutogli. Inoltre, al produttore derivano
la garanzia di solvibilità dell’acquirente (garante è il commissionario), il maggior prezzo
ottenuto dalle produzioni semilavorate rispetto a quelle conferite ai magazzini privati o
alle associazioni di produttori senza la sommaria lavorazione.
Gli inconvenienti principali risultano, invece, la mancanza di qualificazione della
merce e dalle ricorrenti crisi di prezzo dei prodotti nel corso dell’anno, spesso non
50
giustificate se si considera l’andamento dei prezzi nei mercati all’ingrosso di
destinazione finale delle produzioni, ma spiegabili in rapporto alla perifericità della
struttura rispetto alle grandi aree di consumo.
IMPRESE ASSOCIATIVE DI PRODUTTORI
Diverse sul territorio sono le imprese associative presenti le quali erogano servizi
tecnici qualificati ai loro associati al fine di ottenere ortaggi in ambiente protetto di
pregiatissima qualità, da destinare alla grande distribuzione organizzata italiana ed
estera, nonché al mercato fresco.
In genere, la strategia commerciale di tali associazioni, consiste nel programmare
la produzione degli associati al fine di rispondere per gamma, continuità e salubrità, alle
esigenze del consumatore europeo. Le aziende curano l’applicazione di appositi
disciplinari di produzione per definire le tecniche di coltivazione e
commercializzazione, a tutela dell’ambiente e l’implementazione del sistema
H.A.C.C.P., per controllare i punti critici del sistema di produzione e la tracciabilità dei
prodotti (Cinnirella, 2004).
I sistemi di vendita più importanti cui le imprese associative si avvalgono sono:
a) La vendita in conto commissione, dove il commissionario vende al meglio e
rimette al fornitore il conto vendita. La figura tipica del commissionario è quella
che opera sui mercati all’ingrosso. Esso dispone, in genere, di uno stand e di
magazzini di deposito.
51
b) La vendita a fermo “franco arrivo”: con questo sistema il prezzo viene stabilito
all’arrivo ed interessa sia i mercati nazionali che esteri, con particolare riferimento
alla GDO. Tale modalità di vendita rappresenta il sistema di vendita più
conveniente per le cooperative, ove si consideri che l’aliquota del 10 – 12% di
provvigione del commissionario incide attualmente in maniera non trascurabile
sui costi di commercializzazione, eludibile con la vendita a fermo.
Qualunque sia il sistema di vendita prescelto, l’importo relativo al valore della
merce conferita viene liquidato al socio in 20-30 giorni dopo la consegna, senza alcuna
anticipazione all’atto del conferimento. Vengono ovviamente detratte dal ricavo le spese
di commercializzazione. Queste ultime risultano più o meno elevate rispetto a quanto è
possibile rilevare per le agenzie di spedizione, nella misura in cui il produttore
trasferisca alla cooperativa l’onere della lavorazione del prodotto. Per quest’ultimo
servizio i soci pagano alla cooperativa dalle 0,50 alle 0,75 €/Kg per prodotto lavorato.
I vantaggi commerciali offerti da questo canale sono tanto più elevati quanto più la
dimensione d’impresa, il livello organizzativo e l’immagine della cooperativa consente
di contenere o eliminare gli inconvenienti rilevati nel caso delle agenzie di spedizione.
Risulta, anzitutto, maggiore il grado di omogeneità dell’offerta, con la disponibilità
d’impianti e la possibilità di lavorazione in magazzino della merce conferita alla rinfusa
che consente la selezione, la standardizzazione e il confezionamento omogeneo del
prodotto e, in ultimo, la sua qualificazione (Virderi, 2003).
D’altra parte, le dimensioni economiche oramai raggiunte dalle cooperative,
consentono di farsi carico dei rischi di trasferimento cui va incontro il prodotto
commercializzato, di sopportarne le eventuali perdite, di garantire la veridicità del
52
prezzo di vendita nei vari mercati quando il prodotto venga venduto in conto
commissione.
Per concludere, alcune considerazioni sull’associazionismo. Un’analisi che non si
limiti alla enumerazione degli organismi presenti, ma intenda valutarne l’effettiva
incidenza nel tessuto commerciale del territorio, quale canale alternativo alle ben note
forme tradizionali, mette in evidenza la non rilevante importanza rivestita in atto dalla
cooperazione nel settore.
I motivi che impediscono all’associazionismo di decollare,e comunque di suscitare
presso i serricoltori del territorio l’interesse che merita, sono da individuare, anzitutto,
negli elevati costi di commercializzazione, con particolare riguardo all’incidenza delle
spese di lavorazione e trasporto della merce.
Di fronte ad un costo di produzione e di commercializzazione definiti a priori, cui
corrisponde una remunerazione incerta, sembra logico che le aziende serricole scelgano
adattamenti vari che, sebbene non rispondenti alle esigenze della domanda, siano
giustificativi nell’ambito di una struttura di mercato che non sempre da sufficienti
garanzie di adeguati redditi dei fattori produttivi impiegati.
Ciò spinge le piccole aziende a collocare direttamente le produzioni nel mercato
locale oppure a commercializzare in proprio tramite le agenzie di spedizioni. In
ambedue i casi l’onere della commercializzazione si riduce all’imballaggio, nel primo
caso, ed imballaggio e trasporto nel secondo caso.
E’ pertanto ovvio che la piccola azienda trovi più conveniente e sicuro scegliere
canali diversi che le consentano di risparmiare, ma soprattutto di acquisire il valore
aggiunto derivante dalla lavorazione della merce in proprio attraverso l’utilizzo di
53
manodopera familiare. Una conferma indiretta di ciò, è rappresentata dalla prevalente
richiesta di servizio di lavorazione della merce presso la cooperativa da parte,
soprattutto, delle medie e grosse aziende, per le quali il discorso di convenienza si pone
in termini diversi.
IMPRESE COMMERCIALI
Le imprese commerciali costituiscono le strutture di gestione dell’offerta che,
nell’ultimo ventennio, hanno fatto registrare i maggiori incrementi di prodotto in
termini di produzioni veicolate verso i mercati al consumo.
Le strutture che si sono specializzate sono facilmente accessibili ai produttori, i
quali vendono le produzioni a “peso” in cassette (generalmente in plastica fornite dalle
stesse imprese commerciali) sommariamente lavorate.
Il pagamento (vendita “franco magazzino”) avviene di norma dopo 20-30 giorni
dalla consegna della merce ed il prezzo viene fissato al momento della vendita sulla
base dei prezzi vigenti presso i locali mercati. Le imprese commerciali si fondano sulle
produzioni ottenute in proprio ma, soprattutto, su quelle acquistate dai produttori ma
anche nel locale mercato alla produzione (Virderi, 2003).
Comunque venga acquisita, la merce è sottoposta a selezione e confezionamento,
con modalità varie nei diversi magazzini di lavorazione; quindi viene avviata, con mezzi
terzi, verso i mercati nazionali e/o esteri o direttamente alla G.D.O.
A tal proposito, si ricorda che la quasi totalità delle produzioni orticole esportate
direttamente dai luoghi di produzione proviene dai quantitativi intercettati da tali
54
imprese. Esse, infatti, data la maggiore elasticità operativa derivante dalle varie
possibilità di approvvigionamento della merce, non trovano particolari difficoltà nel
soddisfare la domanda estera quando questa offre occasioni di fornitura, ripetute o
saltuarie, vantaggiose nell’arco dell’annata.
Questa forma di commercializzazione è destinata a diventare, entro pochi anni, la
più importante forma di commercializzazione per gli ortaggi fuori stagione, in quanto i
piccoli commercianti che nel passato hanno rifornito i dettaglianti tradizionali non
organizzati, affluivano numerosi nei mercati alla produzione, oggi con l’esplosione della
G.D.O. (ipermercato, supermercato, discount e cash and carry) questa forma di vendita
registra una forte crisi a causa dell’assenza sul mercato alla produzione della figura
principale rappresentata dalla domanda. Inoltre, la G.D.O., visti i volumi trattati, trova
più conveniente rivolgersi ad un’impresa commerciale per acquistare le merci la quale
può garantire costanza di forniture e servizi aggiunti alle produzioni. In tal senso, i
produttori vanno incontro a dei vantaggi derivanti dalla realizzazione di prezzi
mediamente più elevati, dell’assenza di spese di commissione e del risparmio di
manodopera, in azienda, per la selezione ed il confezionamento del prodotto (essenziale
per il conferimento al mercato ortofrutticolo all’ingrosso).
AGENZIE DI SPEDIZIONE
Si tratta di un canale di vendita utilizzato dai produttori che intendono
commercializzare in proprio i loro ortaggi nei mercati all’ingrosso dell’Italia Centro-
Settentrionale.
55
Le agenzie di spedizione dovrebbero rappresentare le strutture interessate al solo
trasporto della merce, con mezzi propri o di terzi. In effetti, alcune si limitano solo a tale
attività, mentre molte altre svolgono anche compiti di concentrazione dell’offerta per
conto dei grossisti ed esportatori del Nord Italia e, comunque, una funzione di
collegamento commerciale.
Il produttore paga all’agenzia per tale servizio (che comprende il trasporto e
l’attività di coordinamento) da 0,10 a 0,12 €/Kg.
Nonostante questo canale sia al secondo posto nelle preferenze dei serricoltori, i
vantaggi che esso offre sono per lo più apparenti. La possibilità di qualificazione della
produzione orticola per questa via è assai modesta, non consentendo di realizzare
un’offerta standardizzata, adottando ciascuna azienda propri tipi di imballaggio e di
selezione, con giudizi differenziati sul grado di maturazione e di omogeneità del
prodotto. Molti sono invece gli svantaggi per i produttori tra i quali si annoverano il
peso ed il prezzo della partita di merce definito al suo arrivo nei mercati di vendita,
senza alcuna possibilità da parte dei produttori di intervenire nell’intermediazione,a
seguire i rischi di viaggio a carico dei produttori ed, infine, la liquidazione dell’importo
dovuto dal commissionario (che trattiene circa il 12% sul valore del venduto) al
produttore al più presto dopo 20-30 giorni la consegna (Virderi, 2003).
Il fatto che tale canale abbia consistente utilizzazione, nonostante gli svantaggi
appena citati e gli elevati costi di commercializzazione, si giustifica soprattutto con la
realizzazione di prezzi superiori a quelli conseguibili mediamente nella zona, per effetto
di una migliore lavorazione e presentazione della merce da parte del produttore.
56
3.2. SERVIZI DI MERCATO E CIRCUITI DISTRIBUTIVI
La merce appena raccolta viene sottoposta ad un diverso condizionamento in
relazione ai canali commerciali attraversati e dalla destinazione finale.
In tale fase rientrano tutte le operazioni effettuate sui prodotti ortofrutticoli, sia in
campagna, che nei magazzini di lavorazione, per consentirne un’adeguata
commercializzazione. Le attività di condizionamento sono numerose e variano in
relazione al prodotto oggetto della lavorazione ed alle esigenze dei mercati di sbocco.
Tra esse si annoverano il raffreddamento, il lavaggio, la spazzolatura, la selezione
e la calibratura, i trattamenti conservanti, il confezionamento e lo stoccaggio del
prodotto. Le finalità del condizionamento sono riconducibili all’allontanamento dei
corpi estranei presenti (terra, pietre, insetti, foglie, rametti, ecc.), dei corpi guasti o che
presentano delle alterazioni ed al miglioramento dell’aspetto dei prodotti (lucidatura,
ceratura, ecc.). Inoltre, durante il condizionamento, si tende a selezionare le produzioni
secondo diversi parametri (peso, calibro, colore, grado di maturazione, ecc.), a
stabilizzare la temperatura interna dei frutti (lavaggi con acqua fredda) ed a migliorarne
la presentazione (confezionamento).
Relativamente al prodotto commercializzato presso i locali mercati alla
produzione, è il produttore che provvede in proprio alla selezione, in modo tale da
separare semplicemente il prodotto di qualità scadente da quello buono, all’imballaggio
ed al trasporto della merce dall’azienda agli stands dei mercati.
Presso i mercati ortofrutticoli, in genere, il produttore appronta la merce in diversi
tipi di imballaggio. Ciò comporta, pertanto, la presenza di imballaggi di diversa natura e
57
grandezza, con pesi lordi variabili in relazione alle dimensioni delle casse e al peso
specifico della specie orticola confezionata.
Anche per la merce destinata ai mercati nazionali all’ingrosso, tramite le agenzie
di spedizione, il produttore provvede alla selezione, all’imballaggio ed al trasporto della
merce dall’azienda ai magazzini degli spedizionieri. In questo caso, però, data la
destinazione, il produttore pone una maggiore cura nella lavorazione della merce,
sebbene i criteri di selezione, di classamento e calibratura rimangono pur sempre
arbitrari.
Con riferimento alle imprese cooperative o commerciali, che effettuano la
lavorazione della merce in magazzino, le operazioni di condizionamento successive alla
fase di conferimento o acquisto possono così compendiarsi:
1. Conservazione del prodotto in celle frigorifero, cui si ricorre nei periodi di
eccedenza del prodotto in lavorazione oppure quando, compatibilmente con i
tempi di stoccaggio della merce, il mercato lasci prevedere mutamenti favorevoli
nell’arco di tempi brevissimi. In tali casi il prodotto viene sistemato in celle
frigorifero dove può permanere per circa 10-15 giorni alla temperatura di 7-10°C e
umidità relativa dell’atmosfera dell’85-90% per quanto riguarda il pomodoro, la
melanzana ed il cetriolo, oppure alla temperatura di 4°C e umidità relativa del 90-
95% nel caso della zucchina e del fagiolino.
2. Selezione del prodotto, al fine di dividere la merce nelle classi di qualità
omogenea “extra”, “I” e “II”. La selezione viene effettuata tramite l’impiego di
manodopera in prevalenza femminile. Vengono considerati come “scarto” gli
ortaggi deformati, stramaturi, affetti da malattie e/o scottature e, pertanto, che non
58
presentino i requisiti minimi di commercializzazione. Tali prodotti devono
presentarsi, infatti, sani, interi, puliti (praticamente esenti da sostanze estranee
visibili), privi di umidità esterna anormale e di sapori e odori estranei. Più in
particolare è richiesto che:
a) La melanzana sia sufficientemente sviluppata (senza eccessivo numero di
semi), con polpa fibrosa, di aspetto fresco, consistente, praticamente esente
da bruciature da sole e munite di calice e del penducolo;
b) Il peperone sia ben sviluppato, privo di lesioni non cicatrizzate ed esente da
danni prodotti dal gelo e da bruciature prodotte dal sole;
c) Il cetriolo sia di aspetto fresco, resistente e senza sapore amaro.
Nella categoria “extra”, praticata per il pomodoro, rientrano quei prodotti di
qualità superiore, praticamente esenti da qualsiasi difetto esteriore. Nella categoria “I”
sono compresi, invece, quei prodotti di buona qualità che non presentano difetti tali da
pregiudicarne il valore commerciale. Nella categoria “II”, infine, rientrano quei prodotti
che non possono essere classificati nelle categorie superiori, ma che presentano,
comunque, requisiti minimi.
3. Calibratura del prodotto, ha lo scopo di suddividere la merce selezionata in partite
di dimensioni omogenee. Tale operazione viene anch’essa svolta manualmente, ad
eccezione del pomodoro ove l’impresa disponga di calibratrice, tenendo presente
che i calibri minimi richiesti sono di 35 mm per il pomodoro, 40 mm per le
melanzane lunghe e 70 mm per quelle globose; 30 mm per i peperoni lunghi, 60 e
40 mm per quelli quadrati rispettivamente di forma appiattita e appuntita; 1,5 Kg
per i meloni, 250 gr. per il cetriolo ottenuto sotto serra; 6 mm di larghezza per il
59
fagiolino fresco e 7 cm di lunghezza per la zucchina. Come si può dedurre, il
calibro degli ortaggi considerati è misurato secondo parametri diversi. Si
considera, infatti, il diametro massimo della sezione equatoriale normale all’asse
della bacca nel pomodoro, nella melanzana e nel peperone, il peso minimo nel
cetriolo e nel melone, la larghezza massima della sezione normale all’asse del
baccello nel fagiolino, la lunghezza minima nel caso della zucchina (AA.VV.,
1994).
Imballaggio della merce. Questi sono utilizzati in tutti gli stadi della filiera: dalla
raccolta in campo, allo stoccaggio del prodotto, al trasporto ed infine durante
l’esposizione nel punto vendita. Le funzioni dell’imballaggio sono quelle di contenere il
prodotto, proteggerlo, identificarlo ed assicurarne un’adeguata manipolazione e
movimentazione. Nel settore ortofrutticolo sono classificati “imballaggi primari” i fogli
alveolari (che consentono ai frutti di non toccarsi all’interno della stessa cassetta), le
cestelle ed i vassoi, oggi prevalentemente realizzati in materia plastica, usati per il
confezionamento dei prodotti ortofrutticoli negli “imballaggi secondari”, costituiti tra
gli altri da cassette, plateaux, ecc. Per gli imballaggi secondari, il materiale più usato è il
legno (55%), seguito da cartone (43%) e quindi dalla plastica (2%). Oggi si assiste
all’introduzione di cassette in materia plastica “a rendere”, ripieghevoli e riutilizzabili,
sulla base della Direttiva Comunitaria 94/62 sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio,
nonché della normativa europea EN13117 del gennaio 1998. Si tratta di una cassetta in
materia plastica impilabile e a sponde abbattibili, che risponde a caratteristiche e
requisiti stabiliti dalla norma europea EN 13117/1/2 del gennaio 1998. La cassetta CPR,
disponibile in diverse altezze, misura di base cm 60x40 ed è quindi compatibile con le
60
unità di carico internazionale “europalletts”; le misure interne consentono la stessa
portata delle cassette in legno e in cartone finora impiegate per contenere razionalmente
il numero di cestelle e vassoi nelle dimensioni e nei volumi stabiliti dall’ICE (Istituto
Commercio Estero) e della norma UNI 10.561. La cassetta CPR, inoltre, è composta da
cinque componenti distinti (la base e le quattro sponde ripieghevoli), per cui, in caso di
rottura, è possibile sostituire (e riciclare) esclusivamente la parte danneggiata, senza
perdere l’intera cassetta. Le sponde ripieghevoli permettono di risparmiare spazi e costi
nella movimentazione a vuoto (quattro cassette CPR chiuse occupano il volume di una
cassetta aperta), con il vantaggio di un minore impatto ambientale. Le cassette sono
inoltre garantite per oltre 50 viaggi in andata e ritorno. Ogni contenitore deve essere
accompagnato dall’etichetta. Per etichettatura si intende l’insieme delle menzioni, delle
indicazioni, dei marchi di fabbrica o di commercio, delle immagini o dei simboli che si
riferiscono al prodotto alimentare e che figurano direttamente sull’imballaggio o su
un’etichetta apposta o sul dispositivo di chiusura o su cartelli, anelli, fascette legati al
prodotto medesimo. La legislazione in materia di etichettatura prevede che ci siano
informazioni da riportare obbligatoriamente sull’imballaggio ed altre facoltative. Per i
prodotti ortofrutticoli, le disposizioni specifiche relative alle indicazioni esterne sono
riportate nei singoli regolamenti riguardanti le norme di qualità, in base alle quali ogni
imballaggio deve recare, in caratteri raggruppati su uno stesso lato, leggibili, indelebili,
e visibili all’esterno le indicazioni riguardanti l’identificazione dell’imballatore e/o
speditore, la natura del prodotto (nome del prodotto e tipo commerciale), il nome della
varietà, l’origine del prodotto (stato d’origine ed eventualmente zona di produzione), le
caratteristiche commerciali (categoria e calibro) ed, infine, il marchio ufficiale di
61
controllo (facoltativo). Anche in questo caso è la manodopera femminile a provvedere
all’imballaggio della merce, mentre quella maschile si occupa in prevalenza delle
operazioni di scarico, movimentazione interna e carico della merce condizionata sui
mezzi di trasporto. Durante quest’ultima operazione la merce, destinata ai paesi non
facenti parte del mercato comune, viene sottoposta al controllo qualità da parte del
personale ispettivo dell’ICE. L’allegata figura 2 riportante un organigramma tipo
relativo ai circuiti distributivi specifici delle produzioni orticole siciliane in serra,
consente una visione sufficientemente chiara ed articolata dei canali attraverso cui la
merce perviene dalla produzione al consumo. Essi sono fondamentalmente quattro. In
conformità a quanto detto in precedenza, il grado di utilizzazione di questi canali è
molto diverso. Dall’azienda agricola la produzione arriva nei diversi canali commerciali
senza l’intervento di alcuna figura intermedia.
I locali mercati ortofrutticoli, le agenzie di spedizione, le imprese associative e
quelle commerciali costituiscono, infatti, delle strutture di mercato aperte a tutti i
produttori. Come si evidenzia dell’organigramma, nel mercato ortofrutticolo affluiscono
le produzioni dei serricoltori singoli, mentre le produzioni dei produttori associati viene
prima condizionata nel magazzino e poi trasferita alla G.D.O..
La merce affluita presso i locali mercati ortofrutticoli alla produzione è in
prevalenza acquistata da imprese commerciali non locali che, effettuata la lavorazione,
provvedono alla collocazione della stessa nelle piattaforme di distribuzione o
direttamente alla G.D.O. Le imprese cooperative di produttori operano in genere una
commercializzazione diretta; le produzioni dei soci conferitori vengono infatti collocate
sia nei mercati all’ingrosso nazionali ma anche direttamente nella G.D.O.
62
Le agenzie di spedizione, in conformità con quanto espresso in precedenza,
organizzano la spedizione della merce dei produttori singoli, in prevalenza sui mercati
all’ingrosso nazionali, ponendosi, in tal senso, come anello di congiunzione tra il
singolo produttore locale e il commissionario di tale mercati. Esse, in genere, non
operano spedizioni di merce all’estero, se non per conto delle poche imprese
commerciali a ciò interessate, agendo, in tal caso, come semplici agenzie di trasporto.
Le imprese commerciali, infine, intercettano aliquote cospicue di prodotto e
sono quelle che praticano l’esportazione. Generalmente, si rivolgono al mercato interno
ed alla GDO, ma vi sono casi in cui effettuano l’esportazione verso paesi esteri. Come si
nota dall’organigramma, le imprese commerciali svolgono un ruolo centrale nel sistema
distributivo, interponendosi tra il produttore ed il distributore finale (Virderi, 2003).
Esse entro pochi anni rappresenteranno la sbocco primario delle produzioni
orticole del territorio indagato, assumendo un’importanza notevole nello smistamento
dei prodotti destinati al consumo interno ed ai mercati esteri. Prima il trasferimento dai
mercati all’ingrosso a quelli al consumo nazionali ed esteri veniva assolto da svariate
figure intermedie come i grossisti, cooperative di consumo, dettaglianti, ecc., i quali
allungavano il canale distributivo con effetti negativi sui prezzi degli ortaggi al
consumo finale. Con le imprese commerciali che riescono a soddisfare le richieste della
GDO (che effettua la grande e piccola distribuzione al minuto) si ha un accorciamento
del canale distributivo, il che consegue un trasferimento di valore aggiunto alle aziende
orticole produttrici.
63
Agenzie di spedizione
Produzione
Imprese commerciali
non locali
Imprese cooperative
di produttori
Imprese commerciali
G.D.O. nazionale
Mercati all’ingrosso
Imprese commerciali
estere
Fig. 2. Organigramma dei circuiti distributivi dei prodotti orticoli “fuori stagione” (*)
Mercati all’ingrosso
nazionali
Imprese associative di grado superiore
non locali
Mercati all’ingrosso
esteri
G.D.O. estera
(*) Fonte: Brazzaventre, 2003.
64
3.3.NORME DI COMMERCIALIZZAZIONE DEGLI ORTOFRUTTICOLI FRESCHI
Il concetto di qualità merceologica è stato standardizzato a livello europeo
attraverso l’adozione di regolamenti comunitari (norme di qualità), che definiscono i
parametri merceologici da rispettare per singolo prodotto, affinché questo possa essere
commercializzato sia all'interno dell’UE e sia da e per i Paesi terzi (AA.VV., 1994).
Ciascun ordinamento nazionale possiede da tempo proprie regole in ordine alla
determinazione della qualità. Può così accadere che un prodotto qualificato come
biologico in un Paese e come tale immesso sul mercato sia in realtà ottenuto utilizzando,
ad esempio, fitofarmaci proibiti in altri Paesi. Con la creazione del Mercato Comune le
divergenze normative sui requisiti di qualità dei prodotti hanno iniziato a rappresentare
un ostacolo al raggiungimento di quella libera circolazione dei beni e dei servizi che ha
costituito uno degli scopi principali della creazione di un’unione economica in Europa.
Anche in relazione al settore agroalimentare, le diversità esistenti tra i vari Paesi
quanto ai prodotti e, ancora più a monte, alle culture alimentari, hanno creato degli
ostacoli alla libera circolazione dei beni. Per superare tali difficoltà sono stati fissati
degli standard europei in relazione alla commercializzazione dei prodotti, atti a garantire
negli scambi commerciali un livello di armonizzazione normativa in materia di qualità
che fosse compatibile con gli obiettivi di unificazione economica perseguiti dalla
Comunità Europea.
Tuttavia alcuni Stati membri hanno applicato tali standard in chiave
protezionistica, tradendo cosi l'obiettivo che ne aveva determinato l’introduzione. Per
evitare un’utilizzazione distorta degli standard comunitari in materia di qualità e, quindi,
65
per far si che essi non fossero a loro volta d’ostacolo alla libera circolazione, la Corte di
Giustizia delle Comunità Europea, con la sentenza Cassis de Djon, ha chiarito che ogni
Stato Membro ha l'obbligo di tener conto anche della normativa degli altri Stati Membri
e, soprattutto, che devono essere accettati in ogni Stato quei prodotti che rispettano le
norme base in materia di qualità vigenti negli altri Paesi Membri (cd. principio del
mutuo riconoscimento).
Nel settore industriale ed in quello agricolo il proliferare della legislazione e la
crescente domanda di qualità da parte del mercato hanno determinato uno sviluppo
significativo della certificazione di prodotto. Essa consiste nella verifica e nella
attestazione della rispondenza del prodotto a determinati requisiti fissati da regole
cogenti o volontarie e consensuali (le prime dette regole tecniche, le seconde norme
tecniche).
La verifica e l'attestazione sono effèttuate da "certificatori" esterni la cui
competenza e serietà profèssionale sono garantite da un Ente di accreditamento.
L'attività di certificazione, e quindi di assicurazione della qualità al mercato,
assume, nel settore agro alimentare più che altrove, una rilevanza fondamentale in
considerazione del carattere primario e diffuso delle esigenze di soddisfazione delle
quali sono destinati i prodotti. L'intento che si persegue attraverso l'attività di
certificazione di qualità è, dunque, quello di evitare le truffe, le sofisticazioni e la
"pirateria agroalimentare" e di assicurare la fiducia del cliente e del consumatore.
Numerosi sono i fattori rilevanti ai fini della assicurazione della qualità dei
prodotti alimentari e quindi della certificazione della stessa. Si fa innanzitutto
riferimento a requisiti di igiene e salubrità, prescritti dalla legislazione europea in
66
materia e garantiti da opportuni controlli sul mercato. Vengono, poi, poste in rilievo le
caratteristiche organolettiche e nutrizionali, quali, in via esemplificativa, sapore, colore,
odore, aroma, componenti nutrizionali. Vanno poi considerati elementi di utilizzazione
come il tipo di confezionamento e la conservabilità, e fattori etico-sociali, quali il
rispetto dell'ambiente e l'assenza di crudeltà verso esseri viventi nei processi di
produzione.
Di particolare rilevanza sono i fattori culturali. e cioè la tradizione, la genuinità,
l'appartenenza locale. Allo scopo di soddisfare le esigenze di tipicità e tradizionalità
sono stati emanati alcuni Regolamenti comunitari che hanno introdotto i prodotti a
denominazione di origine protetta (DOP) ed i prodotti a indicazione geografica protetta
(IGP). Il sistema di produzione biologica, pure disciplinato da Regolamenti comunitari,
è stato creato per rispondere alle esigenze di genuinità, di tutela dell'ambiente e di
sviluppo sostenibile.
L'introduzione delle produzioni da agricoltura biologica e dei prodotti DOP e IGP,
che rappresentano comunque una quota tutto sommato modesta del mercato
agroalimentare, ha, quindi, comportato la creazione di marchi regolamentati, cioè
attestazioni di conformità, cui si accede volontariamente, ma a condizione che siano
stati rispettati procedimenti di valutazione della conformità fissati da regole cogenti. In
proposito è opportuno ricordare che l'Ente Internazionale di Normazione ISO ha
compreso tra le proprie attività l'elaborazione di una guida avente ad oggetto
l’applicazione delle norme ISO 9001 al settore dell'industria alimentare con riferimento
ai prodotti agricoli e alle derrate alimentari da agricoltura biologica ai sensi del
Regolamento CE 2092/91 e successive modifiche.
67
Non va poi trascurata l'importanza di evitare che prodotti provenienti da Paesi
extracomunitari, nei quali non vigono le regole qualitative stabilite nel diritto
comunitario e nella normativa nazionale derivata, entrino nel mercato comune,
eventualmente per il tramite di paesi compiacenti che ne certifichino falsamente la
qualità. In proposito la Circolare dei Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del
16 giugno 2000 prevede un complesso iter perché sia riconosciuto lo status di
importatore di prodotti da agricoltura biologica.
Ulteriori forme di certificazione di qualità nel settore agroalimentare, anch'esse
effettuate da organismi di certificazione terzi rispetto al produttore, sono rappresentate
dalla certificazione volontaria di prodotto, che costituisce un marchio volontario di
qualità alimentare, e dalla certificazione di filiera, attraverso la quale sono rintracciabili
tutte le fasi dei processo produttivo.
L’Unione Europea ha emanato numerosi regolamenti che disciplinano la
commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, essi sono:
- Regolamento (CE) n. 2200/96 del Consiglio del 28 Ottobre 1996 relativo
all'organizzazione comune dei mercati nel settore degli ortofrutticoli;
- Regolamento (CE) n. 1148/2001 della Commissione del 12 Giugno 2001 sui
controlli di conformità alle norme di commercializzazione applicabili nel settore
degli ortofrutticoli freschi, modificato dal Reg. (CE) n. 2379/2001 del 05/12/2001 e
dal Reg. (CE) n. 408/2003 del 05/03/2003;
- Decreto Legislativo 10 Dicembre 2002, n. 306; Disposizioni sanzionatorie in
attuazione del regolamento (CE) n. 1148/2001 relativo ai controlli di conformità alle
norme di commercializzazione applicabili nel settore degli ortofrutticoli freschi, a
68
norma dell'articolo 3 della legge 1 Marzo 2002, n. 39;
- Decreto Ministeriale 28 Dicembre 2001; Disposizioni nazionali di attuazione del
Regolamento (CE) n. 1148/200 1 della Commissione (CE), in materia di controlli di
conformità alle norme di commercializzazione applicabili nel settore degli
ortofrutticoli freschi.
Gli operatori che devono attenersi alle norme di qualità, sono rappresentati dalle
persone fisiche o giuridiche, rientranti nelle seguenti categorie, che detengono prodotti
ortofrutticoli, esponendoli e mettendoli in vendita o altrimenti commercializzandoli, per
conto proprio o per conto terzi, sia in ambito comunitario, che da e per i Paesi terzi:
l) Commerciante all’ingrosso persona fisica o giuridica che professionalmente
acquista prodotti ortofrutticoli in nome e per conto proprio e li rivende ad altri
commercianti, all'ingrosso o al dettaglio, o ad utilizzatori professionali, o ad altri
utilizzatori in grande. L’attività svolta da tali imprese può assumere la forma di
commercio interno, d'importazione o di esportazione. Le tipologie di questa figura
commerciale sono:
a) grossisti di mercato o operatori che commercializzano all'ingrosso
all’interno di mercati agroalimentari, mercati alla produzione, aste, utilizzando
gli appositi stands e/o piazzole;
b) grossisti fuori mercato o operatori che commercializzano all’ingrosso su
aree private, al di fuori dei mercati indicati precedentemente, utilizzando
appositi magazzini e/o strutture;
2) Imprese che commercializzano per conto terzi (es. commissionari), sempre che
detengano i prodotti ortofrutticoli o li espongono alla vendita;
69
3) Organizzazione dei produttori riconosciute ai sensi del reg. (CE) 2200/96 e
successive modifiche ed integrazioni, che commercializza prodotti ortofrutticoli;
4) Cooperativa di produttori non associata ad O.P. od altra cooperativa, ovvero
associata, ma che commercializza prodotti ortofrutticoli anche in proprio;
5) Imprenditore agricolo non associato ad O.P. o a Cooperativa, ovvero associato
ad O.P. o a Cooperativa, ma che commercializza anche in proprio. In proposito si
ritiene di precisare che, in base alle disposizioni contenute nell'art. 2135 del C.C..
perché un imprenditore agricolo possa essere ascritto a questa specifica categoria
di operatore ortofrutticolo e non ad altre e, come tale, essere soggetto agli obblighi
imposti dalle norme di qualità, è necessario che lo stesso eserciti, oltre all'attività
agricola essenziale della coltivazione del fondo, anche l'attività connessa di
alienazione dei prodotti ortofrutticoli, sempre che rientri nell’esercizio normale
dell’agricoltura. Il criterio di normalità previsto dal legislatore, implica di
verificare se l'attività di commercializzazione svolta dall'imprenditore agricolo, sia
usuale per le aziende agricole in relazione alle dimensioni dell' impresa, alla
località in cui l' impresa opera, ai mezzi di cui si avvale ed al tempo in cui viene
esercitata.
6) Centrali d'acquisto collegate alle piattaforme o centri di raccolta della grande
distribuzione, settori strategici dei grandi gruppi cui compete:
a) l'atto di acquisto vero e proprio dei prodotti ortofrutticoli;
b) tutta la serie di prove e test per l'accertamento qualitativo dei prodotti
ortofrutticoli;
c) il costante e quotidiano contatto con le aziende fornitrici;
70
d) il controllo dei livelli di stoccaggio dei prodotti, al fine di evitare vuoti di
magazzino.
7) Grande distribuzione organizzata (GDO), costituita dalla diverse tipologie di
punti vendita;
8) Dettaglianti tradizionali non organizzati;
Gli operatori di cui ai precedenti punti 6), 7) ed 8) rappresentano
complessivamente la categoria dei commercianti al dettaglio, persone fisiche o
giuridiche che professionalmente acquistano prodotti ortofrutticoli in nome e per conto
proprio e li rivendono, su aree private in sede fissa o mediante altre forme di
distribuzione, direttamente al consumatore finale.
Sempre nell'ambito della vendita al dettaglio, appare utile soffermarsi sulla G. D.
(Grande Distribuzione) e sulla D. O. (Distribuzione Organizzata), costituenti le moderne
articolazioni della Grande Distribuzione Organizzata. La G.D. o Grande Distribuzione è
caratterizzata, tra l'altro, da società di tipo capitalistico, a capitale sociale privato.
Inoltre, le sedi operative, centrali e periferiche, ed i punti vendita sono privati. In genere
tutte le società sono in possesso di proprie piattaforme, atte alla ricezione ed alla
distribuzione dei prodotti ortofrutticoli. La D.O. o Distribuzione Organizzata,
organizzazione avviata al dettaglio tradizionale o dagli stessi consumatori e promossa
principalmente per ottenere sinergie in termini di acquisti e servizi di vendita, nonché
per aumentare l'efficienza delle imprese aderenti, riunisce tre diverse realtà:
l) i gruppi d’acquisto, associazioni a carattere orizzontale, tra soli grossisti o
dettaglianti di piccola media dimensione, realizzate al fine di superare il limitato
potere contrattuale nei confronti dei produttori.
71
La loro caratteristica consiste nella centralizzazione degli ordini d'acquisto per
l'approvvigionamento, al fine di conseguire significative economie di scala.
Le imprese che partecipano al gruppo d'acquisto, conferiscono ad un unico
operatore il mandato d'acquisto, ognuno dei soci, però, conserva la propria autonomia
gestionale.
2) le unione volontarie, forme di integrazione verticale tra grossisti e dettaglianti
che si accordano per organizzare in comune gli acquisti ed alcuni servizi per lo
sviluppo delle vendite;
3) le cooperative di consumo, gruppi di consumatori organizzati allo scopo di
creare e gestire aziende distributrici, con obiettivi di interesse collettivo. In genere
la D.O. è costituita da società a capitale cooperativo e le sedi aziendali sono
cooperative. A differenza della G.D., non tutte le società della D.O., costituenti i
gruppi d'acquisto, sono organizzate per il ricevimento dei prodotti ortofrutticoli. In
tal caso, il socio della centrale distributiva dovrà provvedere autonomamente
all'acquisto dei prodotti, rivolgendosi ai mercati generali o ai grossisti di zona. Per
verificare se i prodotti ortofrutticoli, per i quali sono adottate le norme di qualità,
sono conformi alle disposizioni degli articoli da 3 a 6 del reg. (CE) n. 2200/96 e
successive modifiche ed integrazioni, in tutte le fasi della commercializzazione e
durante il trasporto, vengono eseguiti controlli di conformità per sondaggio presso
le imprese che commercializzano sul mercato interno e sistematici presso quelle
che effettuano scambi commerciali da e per i Paesi terzi.
I controlli di conformità sui prodotti ortofrutticoli in questione vengono eseguiti
nelle seguenti fasi della filiera commerciale:
72
I) condizionamento;
II) carico e spedizione;
III) fase logistico - commerciale: Tale fase, generalmente attua ricomposizione
del prodotto ed il suo smistamento da/per:
- piattaforma della G.D.O.;
- piattaforme di altri operatori;
- mercati all'ingrosso;
- vendita al dettaglio;
Per quanto riguarda i controlli, il decreto 28 Dicembre 2001, n. 1148, incarica il
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, quale coordinatore degli organismi
responsabili del controllo, che sono le Regioni. Questi li effettuano sia sul mercato
interno che per i prodotti provenienti o destinati ai Paesi terzi, anche a destinazione
industriale. Tutti gli operatori che commercializzano prodotti ortofrutticoli freschi,
soggetti a norme di commercializzazione, devono risultare iscritti in una apposita banca
dati nazionale, tenuta dal Ministero (AA.VV., 1994).
73
4. ANALISI TECNICO – ECONOMICHE DELLE IMPRESE DI COMMERCIALIZZAZIONE
4.1 METODO D'INDAGINE
Con riferimento all’analisi tecnico–economica delle imprese di
commercializzazione (segmenti distributivi da quando la merce si stacca dalla fase
agricola a quanto essa, condizionata nei magazzini di lavorazione, è collocata sui mezzi
di trasporto) sono state svolte, nell’area d’indagine, specifiche rilevazioni presso le
imprese in attività, con l’ausilio di un questionario appositamente predisposto.
Tale questionario risulta articolato in cinque punti essenziali, riguardanti:
- caratteri generali dell’impresa (tipo, ragione sociale, attività svolta, volumi
commercializzati, etc.);
- notizie relative all’opificio (superficie, titolo di possesso, anno di costruzione, etc.);
- attrezzature per la lavorazione dei prodotti (banchi di lavorazione, carrelli elevatori,
celle frigorifere, hydrocooler, etc.);
- attività svolta dall’operatore commerciale (volumi di ortaggi trattati, modalità di
acquisto della merce, modalità di vendita dei prodotti, ecc.);
- analisi delle spese di lavorazione e/o condizionamento in magazzino.
Inoltre, tutti i dati sono stati rilevati per intervista, in base a registrazioni
extracontabili e ad appunti tenuti dall’imprenditore intervistato. In seguito, i dati tecnici
ed economici acquisiti sono stati sottoposti a varie elaborazioni ed utilizzati ai fini della
conoscenza degli aspetti strutturali delle imprese in questione, della individuazione del
numero e della qualità delle operazioni di condizionamento e dell’accertamento dei
74
livelli e della struttura dei costi di distribuzione delle produzioni orticole "fuori
stagione" della zona indagata.
In pratica, i dati si riferiscono alla campagna 2004-2005 e gli accertamenti sono
stati effettuati successivamente alla chiusura della contabilità dell’annata, e cioè a
consuntivo, nella prima metà del 2005.
Il campione d’imprese prescelto risulta pari a 10 unità: 3 di tipo individuale, 4
imprese commerciali di tipo societario e 3 imprese associative di produttori.
Con riferimento al grado di specializzazione dell’attività di tali imprese, è
risultato che nessuna di esse si occupano in maniera esclusiva del condizionamento e
della commercializzazione degli ortaggi in esame, in quanto estendono tale attività
anche ad altre produzioni (frutticole, orticole da pieno campo), che però risultano di
entità modeste rispetto agli ortaggi considerati.
Ai fini della determinazione dei costi sostenuti dalle imprese di
commercializzazione sono state prese in considerazioni le seguenti categorie (Virderi,
2003): materiali, salari, stipendi, spese di gestione e servizi, quote ed interessi sugli
investimenti.
Nei materiali di consumo sono stati considerati i costi di tutti quei prodotti che
trovano impiego per la lavorazione della merce, quali olio lubrificante, energia elettrica,
acqua, combustibile, etc. Sono state considerate, inoltre, le spese per le cassette
d’imballaggio, della carta d’involucro, delle etichette ed altri eventuali materiali relativi
al confezionamento.
Per la determinazione dei salari per la lavorazione, sono stati considerati gli
impieghi di lavoro nel segmento distributivo che va dallo scarico della merce dai mezzi
75
di trasporto provenienti dalla campagna, alla sistemazione in magazzino della stessa, al
condizionamento nei magazzini di lavorazione, nonché al carico sui mezzi destinati ai
mercati di consumo.
Poiché nell’area d’indagine la raccolta del prodotto in azienda e il relativo
trasporto nei magazzini di lavorazione risulta, nella quasi totalità dei casi, espletata dal
serricoltore, si è ritenuto di non considerare i salari relativi e i costi del trasporto nel
calcolo del costo della distribuzione.
In definitiva, per ogni impresa e per il periodo di lavorazione interessato, sono
state quantificate le ore complessive di lavoro degli addetti allo scarico in magazzino,
alla movimentazione interna, alla selezione e all’imballaggio della merce, per ottenere,
applicando la paga oraria corrisposta, la retribuzione totale.
A questa sono stati aggiunti gli importi relativi ai versamenti agli Istituti
Previdenziali competenti, degli oneri sociali calcolati sul minimale imponibile
giornaliero per gli operai delle imprese commerciali.
Per la determinazione degli stipendi sono state individuate in un primo momento
le retribuzioni totali corrisposte dall’impresa al personale impiegato e i corrispondenti
oneri sociali versati; quindi si è proceduto a disaggregare tale costo attribuendo agli
ortaggi un’aliquota di stipendio pari alla loro incidenza sul prodotto totale lavorato e
commercializzato dall’impresa.
Analogamente, si è proceduto per la determinazione del compenso spettante al
direttore commerciale a al titolare, allorché questi disimpegnino una o più attività
relative alla direzione, amministrazione e sorveglianza.
Passando alla quarta grande categoria di costi, si sono fatte rientrare nelle spese di
76
gestione quelle postali, telefoniche e telegrafiche, per missioni e trasferte, per i servizi di
contabilità meccanizzata, per consulenze professionali, per cancelleria ed altre minori.
La relativa acquisizione non ha richiesto particolare impegno, risultando dalle
registrazioni contabili esistenti presso ciascuna impresa oggetto di analisi.
Le spese per i servizi, invece, riguardano la vendita della merce (spese di
commissione, tariffe per agenti e rappresentanti la vendita, etc.), la sorveglianza dello
stabilimento.
Piuttosto laboriosa è risultata, invece, la determinazione delle quote ed altre
attribuzioni, in rapporto alle molteplicità dei tipi d’investimento caratteristici
dell’impresa in esame.
In una prima fase, con riferimento al 2004-2005, sono stati determinati i valori a
nuovo (costi di ricostruzione) dei singoli investimenti esistenti nelle imprese
(magazzino, attrezzature, etc.) e, successivamente a tali valori sono state applicate
aliquote complessive di ammortamento, di manutenzione e assicurazione, fissate in base
alle caratteristiche dei diversi tipi di capitali, in rapporto alla loro vita utile, attribuendo
particolare attenzione all’elevata incidenza del progresso tecnologico soprattutto per le
attrezzature del ciclo di lavorazione, senza operare alcuna distinzione fra impresa
commerciale ed associativa.
Per quanto riguarda gli interessi sugli investimenti, poiché le imprese esaminate
non costituiscono in alcun caso fondo di ammortamento, sono stati calcolati su un
valore medio convenzionale pari a quello a nuovo (valore di riproduzione per i
fabbricati ed altri investimenti immobiliari a prezzi correnti di acquisto nel caso di
attrezzature di lavorazione).
77
Tutto ciò, anche in considerazione del fatto che tali investimenti, a qualunque
tipologia si riferissero, presentavano nell’ambito delle imprese in oggetto "età" più o
meno notevolmente differenziate.
Nelle determinazioni si è comunque tenuto conto di eventuali finanziamenti
pubblici fruiti ai fini della relativa acquisizione.
In dettaglio, per i fabbricati, il saggio di interesse adottato è del 4%, mentre per
l’insieme delle attrezzature di lavorazione presenti nei magazzini è pari all’8%.
Non vanno inoltre sottovalutati i problemi connessi con le imputazioni
(attribuzioni di valore e discriminazione di costi) al costo di condizionamento d’imposte
ed interessi sul capitale di anticipazione, che spesso si riferiscono ai costi di
commercializzazione nel loro complesso.
Le analisi effettuate hanno consentito di raggiungere una migliore conoscenza
sulle strutture dei costi di lavorazione degli ortaggi fuori stagione, pervenendo alla
determinazione di costi unitari medi per chilogrammo di merce trattata, distinti anche
per imprese commerciali ed imprese associative di produttori.
78
4.2 CARATTERISTICHE DELLE IMPRESE ESAMINATE
Il campione di imprese oggetto di analisi è pari a dieci unità e, come evidenziato
nella tabella 11, risulta costituito da 3 imprese associative di produttori e da 7 imprese
commerciali. Le imprese oggetto di analisi dispongono, nella maggior parte dei casi di
magazzino di proprietà, mentre presentano un diverso grado di meccanizzazione.
La capacità di lavorazione riscontrata varia da un minimo di 2 ad un massimo di
17 tonnellate per ora.
La totalità delle imprese esaminate commercializzano pomodoro, peperone,
melanzana, zucchina, cetriolo, fagiolo fresco, melone ed altre ortive da pieno campo.
Tab. 11. Alcune caratteristiche delle imprese di lavorazione e commercializzazione degli ortaggi rilevate nella zona d'indagine (2004-2005) (*)
Impresa Tipologia
Giuridico-Economica (**)
Titolo
di possesso stabilimento
Anno costruzione
Superficie stabilimento
mq
Capacitàoperativa
(t/h)
1 I.A.P. Proprietà 1983 3.200 17 2 I.C.S. Proprietà 1992 480 4 3 I.C.I. Proprietà 2001 1.500 2 4 I.A.P. Proprietà 1974 1.854 12 5 I.A.P. Proprietà 1989 2.510 3 6 I.C.S. Affitto 1995 856 2 7 I.C.I. Proprietà 1987 1.145 3 8 I.C.S. Affitto 2000 450 15 9 I.C.I. Proprietà 1978 2.100 2
10 I.C.S. Affitto 1976 750 3 (*) Fonte: dati acquisiti in maniera diretta. (**) I.A.P. = Impresa Associativa di Produttori; I.C.I. = Impresa Commerciale Individuale; I.C.S. = Impresa Commerciale di Tipo Societaria.
79
Per quanto concerne le quantità di ortaggi ottenuti in serra e sottoposti a
lavorazione in magazzino, la tabella 12 e la relativa figura 3 documentano che le
imprese di commercializzazione lavorano per oltre il 70 % pomodoro, ad eccezione
delle imprese n° 3 e n° 4 le cui incidenze si abbassano rispettivamente al 58 % ed al
16%.
Le imprese di commercializzazione per la lavorazione delle produzioni orticole
dispongono di magazzini dove la penetrazione del progresso tecnologico e della
divisione del lavoro, anche sotto lo stimolo della domanda, ha assunto in molti casi un
rilievo straordinario. Infatti, la lavorazione e la commercializzazione delle produzioni si
realizzano sempre più in impianti, con attrezzature e con l’impiego di personale fisso, di
grandi dimensioni economiche e più o meno fortemente specializzati. Trattasi, nello
specifico, di attività imperniate sull’uso di fattori fissi imperfettamente divisibili, aventi
vita economica più o meno prolungata e, come tali, assai esposti alle varie forme di
logorio economico.
Le imprese di commercializzazione si insediano all’interno di fabbricati dotati di
ampi locali, realizzati "ad hoc", oppure "adattati" alla specifica attività produttiva
essendo stati in passato adibiti ad altri usi.
Dai dati della tabella 13, si evidenzia come risultano maggiormente diffusi i
fabbricati con locali progettati rispetto a quelli adattati, con una consistenza pari
rispettivamente a 6 e a 4.
Nel suo complesso, la situazione esistente mostra nelle imprese di
commercializzazione grandi processi evolutivi verso strutture che tendono a migliorare
le attività di magazzino e le condizioni operative di lavoro.
80
Tab. 12. Produzioni orticole "fuori stagione" lavorate in magazzino dalle imprese rilevate (2004-2005) Impresa Pomodoro Peperone Melanzana Zucchina Altre Totale t % t % t % t % t % t %
1 6.000 84,2 165 2,3 365 5,1 200 2,8 687 9,6 7.123 100,0 2 836 69,8 97 8,1 118 9,8 41 3,4 116 9,7 1.198 100,0 3 443 57,7 136 17,7 68 8,9 38 4,9 17 2,2 768 100,0 4 865 15,9 467 8,6 123 2,3 227 4,2 3.823 70,4 5.434 100,0 5 462 38,1 113 9,3 115 9,5 74 6,1 577 47,6 1.212 100,0 6 712 81,3 72 8,2 45 5,1 50 5,7 40 4,6 876 100,0 7 776 78,6 65 6,6 103 10,4 63 6,4 56 5,7 987 100,0 8 4.637 70,3 678 10,3 685 10,4 137 2,1 548 8,3 6.600 100,0 9 521 70,1 320 43,1 97 13,1 28 3,8 125 16,8 743 100,0 10 904 70,8 112 8,8 130 10,2 24 1,9 132 10,3 1.276 100,0
(*) Fonte: dati acquisiti in maniera diretta.
81
0%
20%
40%
60%
80%
100%
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Pomodoro Peperone Melanzana Zucchina Altre
Fig. 3. Distribuzione percentuale dei volumi di ortaggi commercializzati dalle imprese distinte per specie.
82
Tab. 13. Distribuzione delle imprese di commercializzazione delle produzioni orticole "fuori stagione"per tipi d'investimento (*)
Tipi di fabbricati Attrezzature di magazzino per la lavorazione
Categorie imprese Realizzati
"ad hoc"
Adattati da
altri usi
Linea "interamente
meccanizzata"
Linea "prevalentemente
meccanizzata"
Linea "scarsamente
meccanizzata"
Celle frigorifere
1 si no si no no si 2 no si no si no si 3 si no si no no si 4 no si no si no si 5 si no no si no si 6 no si no si no no 7 no si no si no no 8 si no no no si no 9 si no no si no si
10 si no no si no no
Totale 6 4 2 7 1 6
% sul totale delle imprese
60,00 40,00 20,00 70,00 10,00 60,00
(*) Elaborazioni su dati direttamente rilevati.
Le attrezzature di lavorazione in dotazione alle imprese di commercializzazione
possono distinguersi in "interamente", "prevalentemente" o "scarsamente"
meccanizzate, in rapporto all’esistenza di specifiche macchine nel processo di
condizionamento.
Trattasi di macchine che intervengono soprattutto a valle della "fase di
lavorazione", cioè nella fase di confezionamento dei prodotti, quali banchi di selezione,
incartatrici, retinatici, etichettatrici, ecc., in quanto nella fase di alimentazione raramente
si osserva il ricorso a macchine rovesciatrici.
La presenza di tali macchine negli stabilimenti di lavorazione può essere più o
83
meno variabile, e la loro consistenza determina verosimilmente il grado di automazione
del processo di condizionamento che risulta così affidato ora ad attrezzature di
lavorazione "interamente meccanizzate" ora a quelle "prevalentemente meccanizzate";
nel caso che essi risultano assenti e le corrispondenti operazioni avvengono
manualmente le attrezzature si identificano fra le "scarsamente meccanizzate".
Occorre ancora rilevare l’esistenza nei magazzini di lavorazione di un corredo di
attrezzature secondarie capaci di rendere meccanizzate e più spedite tutte quelle
operazioni che si svolgono a fianco del processo di condizionamento, più volte citato.
Fra tali tipi di macchine esistenti si ricordano i carrelli a forche semoventi di vario
tipo, ai quali viene affidata la movimentazione di magazzino, i palettizzatori che
provvedono a sistemare gli imballaggi l’uno sull’altro sopra una paletta, gli avvolgitori
di carichi palettizzati con film tipo estendibile o termoretraibile e gli elevatori per il
carico della merce variamente confezionata sui mezzi di trasporto, etc.
Distribuendo le imprese di commercializzazione secondo il grado di
meccanizzazione del processo di condizionamento, maggiormente diffuse risultano
quelle "prevalentemente meccanizzate" (70%), in relazione alla necessità di incorporare
notevole valore aggiunto ai prodotti destinati alla G.D.O.
Modesto è risultato il numero di quelle "scarsamente meccanizzate" (10%), mentre
notevole è il numero di quelle "interamente meccanizzate" (20%).
Occorre infine evidenziare la presenza negli stabilimenti di lavorazione di apposite
strutture, destinate alla conservazione degli ortaggi, denominate celle di
condizionamento ad atmosfera controllata (o celle frigorifere). Queste strutture fungono
da polmoni, sia per la merce proveniente dalla campagna ed in attesa di lavorazione, sia
84
per quella già lavorata e destinata alla commercializzazione in epoche successive.
Tali strutture, realizzate all’interno della stessa sala di lavorazione o nelle
adiacenze, sono presenti in numero variabile e con diversa cubatura in funzione della
capacità di lavorazione delle imprese dotate.
Le imprese di commercializzazione che posseggono strutture per la conservazione
degli ortaggi (celle frigorifere), come in precedenza mostrato dalla tabella 13, sono
risultate pari a 6.
Con rilievi effettuati presso ciascuna impresa di commercializzazione è stato
possibile acquisire un’ampia documentazione sulla quantità di produzione manipolata
nel triennio 2003-2005, documentazione che ha permesso di pervenire, effettuando
apposite elaborazioni, alla distribuzione per classi di produzione commercializzata dalle
imprese stesse.
Ad un primo esame (tab. 14), dai risultati ottenuti si evidenzia che le imprese
rilevate si caratterizzano, nel 70% dei casi, per volumi di produzione annuale piuttosto
contenuti ed inferiori alle 2.000 tonnellate, mentre, il 30% presenta caratteristiche
differenti evidenziando volumi complessivi veicolati non inferiori alle 6.000 tonnellate
annue.
Le imprese di commercializzazione sono in gran parte dotate, come prima
rilevato, di linea di lavorazione meccanizzata. Per effetto del cambiamento nel rapporto
dei prezzi dei capitali rispetto a quelli del lavoro, quest’ultimo viene sempre più
sostituito dalle macchine, onde contenere la tendenza all’aumento dei costi unitari medi.
85
Tab. 14. Analisi dei volumi veicolati dalle imprese di commercializzazione delle produzioni orticole "fuori stagione" per classi di produzione nel triennio 2003-2005 (*)
fino a 1.000 t 1.000 - 1.500 t 1.500 - 2.000 t 2.000 - 2.500 t > 2.500 t Categorie imprese t % t % t % t % t %
1 0 − 0 − 0 − 0 − 7.156 34,9 2 0 − 1.234 32,5 0 − 0 − 0 − 3 745 20,8 0 − 0 − 0 − 0 − 4 0 − 0 − 0 − 0 − 6.785 33,1 5 0 − 1.276 33,6 0 − 0 − 0 − 6 912 25,5 0 − 0 − 0 − 0 − 7 1.200 33,5 0 − 0 − 0 − 0 − 8 0 0 − 0 − 0 − 6.587 32,1 9 725 22,2 0 − 0 − 0 − 0 − 10 0 − 1.287 33,9 0 − 0 − 0 −
Totale 3.582 100,0 3.797 100,0 1.259 100,0 − − 20.528 100,0 (*) Elaborazioni su dati direttamente rilevati.
86
4.3 MODALITÀ DI APPROVVIGIONAMENTO DEL PRODOTTO DA PARTE DELLE IMPRESE
La compravendita dei prodotti orticoli fuori stagione nelle aziende agricole
interessate avviene attraverso due modalità diverse: "a peso" o mediante il
"conferimento" dei soci delle imprese commerciali.
La modalità "a peso" è un tipo di operazione che comporta la fissazione di un
prezzo per unità di peso, ad esempio il chilogrammo, stabilito in base a caratteristiche
intrinseche del prodotto ed al prezzo corrente di mercato.
Con l’acquisto "a peso" tutti i rischi di produzione sono a carico del venditore in
quanto la proprietà del prodotto viene trasferita all’acquirente solo alla consegna, cioè
quando la merce viene raccolta, caricata sul mezzo di trasporto e trasferita agli
stabilimenti di lavorazione.
Il contratto che prevede una compravendita "a peso" assume quasi sempre una
forma verbale, che implica la fiducia tra le due parti contraenti le quali si impegnano a
rispettare il contratto stipulato. Questa tipologia di vendita è diffusa soprattutto per gli
ortaggi quali il pomodoro, peperone, melanzana, zucchina, ecc., che non vengono
lavorati in azienda, ma destinati alle imprese di commercializzazione che effettuano il
condizionamento.
Con la conclusione della contrattazione si ha un vero e proprio trasferimento della
proprietà dal produttore all’acquirente. Da questo momento i rischi legati alla
produzione sono a carico del compratore.
Tale contrattazione prevede la stipula di un contratto nel quale si indica il prezzo
fissato, nonché i termini temporali entro cui si deve fissare la raccolta. In questo caso il
compratore elargisce il 50 % del prezzo alla stipula del contratto e il rimanente 50% nel
87
momento in cui viene effettuata la raccolta.
Le imprese di commercializzazione delle produzioni orticole esaminate ricorrono
alle due modalità d’acquisizione della merce appena descritte, pur prediligendo
l’acquisizione della merce a "peso", come si evince dall’analisi della tabella 15.
Nel caso delle imprese associative di produttori ma anche di imprese commerciali
individuali e societarie la merce viene conferita all’impresa da parte dei produttori.
Il conferimento avviene in modo indipendente, senza alcun riferimento ad un
calendario di produzione, questo provoca un afflusso di prodotto discontinuo ed
altalenante che non garantisce un flusso uniforme durante l’intera stagione in modo da
rendere massimo il coefficiente di utilizzazione dei capitali e della forza lavoro.
Le aziende censite, effettuano gli acquisti "a peso" per oltre il 55% della
produzione trattata e per il 45% "a conferimento".
88
Tab. 15. Analisi della fonte e delle modalità di approvvigionamento delle produzioni orticole "fuori stagione"delle imprese esaminate nell'annata 2004-2005 (*)
Fonte di approvvigionamento Modalità di approvvigionamento % % Categorie
imprese a "peso" a "conferimento"
Produttori singoli
Associazioni di produttori
Commissionari
1 85,0 20,0 0,0 55,0 45,0 2 80,0 10,0 10,0 20,0 80,0 3 100,0 0,0 0,0 65,0 35,0 4 100,0 0,0 0,0 5,0 95,0 5 100,0 0,0 0,0 10,0 90,0 6 0,0 30,0 70,0 100,0 0,0 7 80,0 20,0 0,0 80,0 20,0 8 15,0 0,0 85,0 70,0 30,0 9 100,0 0,0 0,0 60,0 40,0 10 10,0 0,0 90,0 85,0 15,0
Totale 67,0 8,0 25,0 55,0 45,0 (*) Elaborazioni su dati direttamente rilevati.
89
4.4 STRUTTURA DEI COSTI DI COMMERCIALIZZAZIONE DEGLI ORTAGGI FUORI STAGIONE"
Quanto all’analisi dei costi di commercializzazione nella fase di mercato
all’origine si è provveduto ad adattare uno schema metodologico all’analisi già
utilizzato (Virderi, 2003) nello stesso ambito territoriale. In particolare, gli importi,
distinti per principale categoria di spesa, e relativi alle imprese esaminate, sono riportate
nella tabella 16.
In media la voce di costo più alta si riferisce ai "Salari", questi variano tra un
minimo di 0,073 €/kg ad un massimo di 0,104 €/Kg, con un valore medio attestato
intorno ai 0,089 €/Kg (37% circa del costo totale medio).
La notevole differenza di valori riscontrata nell’ambito di tale voce è dovuta,
oltre che dalle diverse remunerazioni salariali, soprattutto ai maggiori o minori servizi
incorporati dai prodotti in relazione alle diverse destinazioni (mercati generali o
G.D.O.).
Nel caso di prodotti destinati ai mercati generali, le imprese effettuano sommarie
lavorazioni, viceversa la merce destinata alla G.D.O. viene lavorata in confezioni
specifiche che richiedono un maggiore grado di attività. Questo incide in maniera non
indifferente sull’altra grossa voce di costo rappresentata dai "Materiali", infatti, si
riscontrano valori minimi, massimi e medi rispettivamente pari a 0,061 €/Kg, 0,120
€/Kg e 0,083 €/Kg (34,3% del costo totale medio ).
Altra grande categoria del costo di condizionamento è rappresentata dalle spese
90
Tab. 16. Campi di variazione del costo medio di condizionamento delle produzioni orticole “fuori stagione” (2004-2005) (*)
Minimo (a) Massimo (b) Medio Differenza (b-a) Voci di costo €/Kg % €/Kg % €/Kg % €/Kg %
Materiali 0,061 42,9 0,120 34,9 0,083 34,3 0,059 29,2 Salari 0,073 51,4 0,104 30,2 0,089 36,7 0,031 15,3 Stipendi 0,004 2,8 0,033 9,6 0,020 8,2 0,029 14,3 Spese di gestione e servizi 0,003 2,1 0,050 14,5 0,030 12,4 0,047 23,2 Quote ed interessi su investimenti 0,001 0,7 0,037 10,7 0,020 8,2 0,036 17,8 Totale 0,142 100,0 0,344 100,0 0,242 100,0 0,202 100,0 (*) Fonte: Elaborazioni su dati acquisiti in maniera diretta.
91
di gestione e servizi, dove, specialmente, l’elemento "servizi" esige maggiore attenzione
in quanto appare evidente che le imprese di commercializzazione si differenziano per i
costi relativi al trasporto delle produzioni da condizionare, a totale carico o meno degli
stessi operatori commerciali. Anche le spese relative ai compensi per gli intermediari
per le vendite concorrono in misura diversa sul tale categoria di costo, essendo correlate
sia al tipo di figura, caso per caso interessata, sia al fatto che le imprese di
commercializzazione possano più o meno fare ricorso ad intermediazioni, potendo
stabilire in alcuni casi diretti rapporti con gli acquirenti (grossisti, operatori della grande
distribuzione, ecc.).
La componente "spese di gestione e servizi", invece, concorre in assoluto con
valori più bassi del precedente a determinare il costo della quarta grande categoria in
esame, valori anch’essi più o meno variabili in funzione soprattutto del ricorso o meno a
consulenze professionali, polizze assicurative, maggiore o minore frequenza di missioni
e trasferte degli operatori commerciali, ecc. In ogni caso, la grande categoria "spese di
gestione e servizi" denuncia un apprezzabile campo di variazione, che in termini relativi
è di circa del 4%.
Tali differenze risultano legate a tutta una serie di fattori, alcuni dei quali sopra
indicati, che possono incidere diversamente da un’impresa all’altra. Sensibili divari si
registrano, infine, per quel che concerne le quote ed interessi sugli investimenti, in cui si
hanno importi compresi tra 0,001 e 0,037 €/Kg. Sull’ampiezza di tale campo di
variazione influiscono la diversa misura degli investimenti per fabbricati, attrezzature
principali, attrezzature secondarie, nonché per le celle frigorifere.
In complesso, il costo totale medio di commercializzazione dei prodotti agricoli
92
in serra, nella fase di mercato all’origine, è risultato dell’ordine di 0,242 €/Kg, con
oscillazioni minime e massime comprese grosso modo tra le 0,142 e le 0,344 €/Kg.
Con riferimento alla tabella 19, rappresentativa dei costi unitari di lavorazione
della merce per singola impresa, è possibile rilevare più in dettaglio le differenze tra le
voci di costo appena esaminate.
Non emergono, invece, differenze sostanziali dei costi medi di
commercializzazione tra le imprese associative e quelle commerciali, tranne che in
alcune voci di spesa. Nel caso di "spese di gestione e servizi" si osserva infatti un costo
generalmente superiore per le imprese associative di circa 0,010 €/Kg rispetto a quello
delle imprese commerciali (in media circa il 70 % in più).
Ciò è dovuto, probabilmente, al ricorso esclusivo delle imprese ai
commissionari, i cui servizi di mediazioni impongono spese di provvigione
generalmente alte. Analoga situazione si rileva invece nel caso di "Quote ed interessi su
investimenti", voce per la quale le imprese associative sostengono, in media, spese
maggiori, in relazione alla presenza nei magazzini di maggiori investimenti per
macchine ed attrezzature.
93
CONCLUSIONI
L’espansione delle superfici in serra e delle relative produzioni avvenuta in Italia
nel corso dell’ultimo ventennio costituisce un processo unico nella storia della nostra
agricoltura, tanto più se si pensa che gli incrementi maggiori sono stati registrati in un
periodo caratterizzato da una congiuntura economica sfavorevole e da una dinamica
positiva dei prezzi dei fattori produttivi e mezzi tecnici largamente superiore rispetto a
quella osservatasi per i prodotti (La Via et al., 2000). Tali evoluzioni hanno
progressivamente ridotto i margini di redditività delle colture orticole in serra ed i
produttori hanno conseguentemente dovuto adottare strategie intese a contenere sia i
costi di produzione (semplificazione delle operazioni colturali, riduzione dei gradi di
attività, aumenti delle rese unitarie, ecc.) che i rischi di mercato (diversificazione
colturale, adozione delle doppie coltivazioni, ecc.).
Il quadro complessivo delle produzioni orticole in ambiente protetto è andato
quindi assumendo una complessità crescente a determinare la quale ha contribuito in
misura sensibile il tentativo operato dai produttori di limitare la rischiosità connessa
all’attività imprenditoriale attraverso la realizzazione di più cicli colturali nell’ambito
dello stesso esercizio.
Tali schemi organizzativi, che alla metà degli anni ottanta interessavano
solamente pochi produttori, risultano oggi estesi alla maggioranza delle aziende della
zona oggetto d’indagine con la presenza in prima e seconda coltivazione della maggior
parte (pomodoro a grappoli, pomodoro ciliegino, peperone, ecc.) delle specie orticole
coltivate in ambiente protetto (La Via, 1992).
94
L’indagine effettuata ha consentito di accertare i principali caratteri tecnico-
economici dell’orticoltura protetta: ridotte superfici aziendali, elevati coefficienti di
utilizzazione delle stesse con colture protette, coltivazioni imperniate su un numero
consistenti di specie, larga presenza di imprese coltivatrici, elevati livelli degli
investimenti fondiari e di scorta, ecc..
Con riferimento ai costi di produzione delle aziende agrarie campionate, è emersa
l’esistenza di una situazione fortemente diversificata in stretto rapporto alla diverse
specie coltivate ed al diverso schema produttivo adottato.
In particolare, i costi totali più elevati (6.227 €/1.000 mq) sono stati osservati per
la produzione del pomodoro ciliegino in coltura esclusiva e quelli più contenuti (€
2.888) per il cetriolo in seconda coltivazione, con un maggiore addensamento dei casi
nella fascia di costo compresa tra i 4.000 ed i 4.500 euro per le colture esclusive ed
invece tra i 2.800 ed i 3.600 euro per quelle ripetute.
Per quanto concerne le Produzioni lorde vendibili delle stesse aziende, i valori
superiori sono stati osservati nel caso del pomodoro ciliegino coltivato in maniera
esclusiva (9.662 €/1.000 mq), seguito dal pomodoro a grappolo in prima coltivazione
(6.235 €/1.000 mq) e dal peperone in seconda coltivazione (€ 5.631).
Anche i profitti hanno fatto registrare ampi campi di oscillazione in rapporto alle
diverse specie e schemi produttivi adottati con valori minimi dell’ordine di 331 €/1.000
mq per la melanzana coltivata in modo esclusivo e di 3.435 €/1.000 mq per il ciliegino
coltivato “ esclusivo”. Profitti più contenuti si sono invece osservati per le altre specie e
tipi di coltivazione con campi di variazione dei valori unitari che vanno da 227 a 3.435
€/1.000 metri quadrati di superficie coperta per le colture esclusive e 218 e 2.731 euro
95
per quelle ripetute. Il confronto tra i risultati economici conseguiti attraverso
l’effettuazione delle colture esclusive e di quelle ripetute ha consentito di mettere in
evidenza come la realizzazione di più colture nel corso dell’anno nell’ambito dello
stesso apprestamento di protezione non solo consente di conseguire livelli superiori dei
profitti unitari, ma anche di ridurre i rischi connessi all’offerta del prodotto in un arco
temporale più contenuto che potrebbe essere contraddistinto da livelli inferiori dei
prezzi di vendita degli ortaggi. Tale orientamento, inizialmente adottato da un numero
contenuto di produttori, risulta ormai diffuso in misura più o meno ampia in tutte le
aziende della area indagata e tende a diffondersi, in stretto rapporto ai migliori risultati
economici conseguibili, anche nelle altre aree orticole siciliane.
Per ciò che riguarda l’analisi del mercato alla produzione degli ortaggi
extrastagionali della zona oggetto d’indagine, tale studio ha comportato l’accertamento
della consistenza delle imprese di commercializzazione, l’acquisizione di puntuali
conoscenze sui principali aspetti dell’organizzazione e gestione dei corrispondenti
impianti e la determinazione dei costi di commercializzazione ivi sostenuti.
I risultati dell’indagine svolta sugli aspetti tecnico-commerciali dell’orticoltura in
serra, nella zona indagata, mostrano in primo luogo come il calendario di offerta delle
produzioni in esame si presenti abbastanza ampio, tale da abbracciare un arco di tempo
pari a nove mesi circa, escludendo il periodo estivo (a causa delle elevate temperature).
Con riferimento alla destinazione della merce, questa trova collocazione
prevalentemente nei mercati di consumo nazionali, in particolare crescono i volumi di
prodotto assorbite direttamente dalla G.D.O., sebbene una quota venga trasferita
all’estero sia direttamente dalle imprese che operano sul territorio, ma anche da quelle
96
del Centro-Nord, dove i prodotti pervengono dalle zone di produzione e spesso vengono
rilavorati in relazione ai luoghi di destinazione.
Aspetti interessanti sono emersi anche riguardo all’organizzazione del mercato
alla produzione (r le figure di operatori che vi intervengono, per le funzioni
disimpegnate e per il diverso grado di attività che mostrano).
Nell’ultimo ventennio il canale distributivo che ha fatto registrare forti incrementi
di prodotto trattato è quello delle imprese commerciali, sia individuali che societarie,
ponendo questa forma di commercializzazione tra le più importanti del territorio. Tale
merce, sottoposta a selezione e confezionamento, con modalità specifiche nei diversi
magazzini di lavorazione, viene avviata, con mezzi terzi, verso i mercati nazionali e/o
esteri o direttamente alla G.D.O. (Grande Distribuzione Organizzata). In relazione ai
trend di crescita realizzati negli ultimi anni è possibile prevedere che essa sia destinata a
diventare la principale tipologia di struttura distributiva al consumo, anche per gli
ortaggi “fuori stagione”. I vantaggi per i produttori sono molteplici, dalla realizzazione
di prezzi mediamente più elevati dovuti all’accorciamento della filiera commerciale,
dall’assenza di spese di commissione, al minore impiego di manodopera in azienda per
la selezione ed il confezionamento del prodotto (pratica essenziale per il conferimento al
mercato ortofrutticolo alla produzione).
L’analisi di un congruo numero di imprese di commercializzazione, campionate
“ad hoc”, ha permesso di definire la struttura dei costi di commercializzazione delle
produzioni orticole in serra, nella zona oggetto d’indagine.
Oltre i 2/3 dei prodotti lavorati nei magazzini è rappresentato dal pomodoro, il
quale necessita di notevoli gradi di attività (massimo nel caso di lavorazione del
97
pomodoro ciliegino) per le operazioni riferibili alla lavorazione ed al confezionamento e
all’imballaggio. In ordine d’importanza segue la componente materiali (34% del costo
medio totale), caratterizzata dai notevoli servizi incorporati dai prodotti destinati alla
G.D.O. Nel caso di lavorazione di prodotto da destinare alla Grande Distribuzione, ed in
particolare per il pomodoro ciliegino, si rilevano svariate tipologie di confezioni (vassoi
da Kg 0,50 prezzato con codice a barre, etc.) che presentano maggiori incidenze delle
spese per il confezionamento e l’imballaggio.
Inferiori risultano le incidenze delle componenti inerenti le "spese di gestione e
servizi" (12,4% ), per effetto della notevole incidenza delle spese d’intermediazione ai
fini della vendita (provvigioni per commissionari, agenti di rappresentanza, etc.), "quote
ed interessi su investimenti" (8,2 %) ed, infine, la componente "Stipendi" (8,2%).
Risulta importante sottolineare come, passando da un’impresa all’altra, esistono
elevati gradi di variabilità che ampliano la “forbice” dei costi di commercializzazione
del prodotto, in rapporto all’esistenza di una notevole difformità legate ai differenti tipi
di imballaggio ed alle relative tecniche di confezionamento impiegate.
98
BIBLIOGRAFIA
AA.VV., (1989): Stato attuale e prospettive dell’economie delle produzioni orticole in
serra in Sicilia. Ist. Di Econ. E Pol. Agr., Catania.
AA.VV., (1993): Produzione, trasferimento e impatto delle innovazioni nell’agricoltura
italiana: primi risultati dell’indagine Inea. Il Mulino.
AA.VV., (1994): Norme Comuni di Qualità per la classificazione dei prodotti
ortofrutticoli. Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
ALVISI F. (1993): Situazioni e prospettive dell’orticoltura italiana. Estratto da
“Esercitazioni dell’Accademia Agraria in Pesaro”, Serie 3°, volume 25°.
ARCURI E. (1990): La serricoltura in Italia: produzione e mercati; in “Associazionismo
Ortofrutticolo”, n. 8.
BACARELLA A. (1971): Le coltivazioni in serra in Sicilia. INEA. Osservatorio di
Economia Agraria per la Sicilia, Palermo.
BELLIA F. (1983): Orticoli in serra: aspetti economici; in “Giornale di Agricoltura”, n.
39.
BELLIA F. (1984): Pomodoro, peperone e melanzana in serra: evoluzione della
produzione e del mercato; in “Colture protette”, n. 1.
BELLIA F. (1987): Aspetti economici degli ortaggi fuori stagione, l’Italia Agricola, n. 3.
BELLIA F. (1992): L’agroalimentare nelle regioni mediterranee: l’industria
agroalimentare, relazione presentata al 1° Seminario Internazionale di Studio: De la
politique agricole e la politique alimentare en europe et en Italie, 7-8 maggio, Parma.
99
BELLIA F. (1995): Evoluzione e prospettive dell’industria agroalimentare nel
Mezzogiorno, Accademia dei Georgofili, Firenze.
BENI C., PANNICELLI V., DI DIO C. (2001): Il condizionamento dei prodotti
ortofrutticoli, Calderoni Ed agricole, Bologna.
BRACCO S., LA VIA G. (2000): Analisi economiche comparative nell’orticoltura protetta
ragusana, Estratto dagli Atti del Workshop “Applicazione di tecnologie innovative per
il miglioramento dell’orticoltura meridionale”, CNR, 18 Luglio, Roma.
BRACCO S., PECORINO B. (2000): Evoluzione dell’orticoltura protetta nel ragusano ed
importanza relativa sui corrispondenti dati regionali e nazionali, Analisi tecnico –
economiche comparative fra doppia coltivazione e coltivazione esclusiva
dell’orticoltura in serra nel ragusano, Progetto CNR “Applicazione di tecnologie
innovative per il miglioramento dell’orticoltura mediterranea”. Università degli Studi,
Catania.
BRAZZAVENTRE A. (2002): La diffusione dell’innovazione tecnologica nell’orticoltura
protetta ed effetti sui redditi delle imprese, Dip. di Sc. Econ. Agr. ed Estim. (DISEAE),
Università degli Studi di Catania.
BRUNETTA R. (1992): Innovazione tecnologica e mercato del lavoro, Studi di Economia
Diritto, n. 2.
CANNARELLA C. (1995): Tecnologie innovative negli imballaggi. De qualitate, n. 7.
CANNARELLA C., NERI S. (1996): Diffusione dell’innovazione globale per la qualità
della catena agroalimentare. De qualitate, n. 5.
CAPPELLIN R. (2000): Corso di Economia dell’innovazione – Economia regionale
Facoltà di Economia – Università di Roma “Tor Vergata”.
100
CARRÀ G. (1992): Ortaggi fuori stagione e tendenze di mercato, Colture Protette, n. 7-8.
CARRÀ G., BIANCO V.V., LA MALFA G., TUDISCA S. (1999): Aspetti del mercato dei
prodotti orticoli fuori stagione, in “Profili di qualità dell’orticoltura meridionale”. CNR
– P.O.
CASIERI A., DE GENNARO B., NARDONE G. (2000): Il cambiamento tecnologico nei
sistemi agricoli locali: il caso del pomodoro da industria, in “Atti del XXXVII
Convegno di Studi della SIDEA”, Innovazione e ricerca nell’agricoltura italiana,
Bologna, 14 – 16 settembre.
CHIUMENTI R. (1999): Costruzioni rurali, Ed agricole, Bologna.
CINNIRELLA S. (2003): Evoluzione del mercato dei principali prodotti orticoli della
serricoltura della Sicilia sud-orientale e ruolo della Grande Distribuzione moderna,
Dip. di Sc. Econ. Agr. ed Estim. (DISEAE), Università degli Studi di Catania.
CISILINO F. (2000): Piccole e medie imprese agroalimentari dell’Emilia Romagna:
un’indagine campionaria sullo sviluppo e la diffusione dell’innovazione tecnologica,
Rivista di Politica Agraria, n. 6.
DE BENEDICTIS M., CASENTINO V. (1979): Economia dell’azienda agraria, Il Mulino,
Bologna.
DE JANVRY A. (1973): Socioeconomic Model of Induced Innovations for Argentine
Agricultural Development, Quartely Journal of Economics, n. 3.
DE JANVRY A., SADOULET E., FAFCHAMPS M. (1989): Agrarian structure, Technological
Innovations, and the State in P. Bardhan (a cura di) The economic theory of agrarian
institution, Claredo Paperbacks.
101
DESSY A. (1995): Innovazione tecnologica, evoluzione dei mercati e ruolo delle piccole
e medie imprese; in “Politiche Finanziarie e indebitamento nelle piccole e medie
imprese”, EGEA, Milano.
DONZELLA G. (1999): Serricoltura ragusana, le cultivar e le tendenze, Colture Protette,
n. 10.
DONZELLA G. (2001): Il pomodoro da mensa in Italia. G. Setti (a cura di), Calderoni Ed
agricole, Bologna.
FARDARELLA G.G. (1977): La serricoltura licatese: in “Agricoltura Agrigentina: realtà e
limiti di sviluppo”. Camera di Commercio, Agricoltura e Artigianato, Agrigento.
FERRO O. (1994): La ricerca in agricoltura, Note e commenti, Padova.
FINI A., CACCAMISI D., ARBIZZANI R. (1983): Gli imballaggi nella commercializzazione
dei prodotti ortofrutticoli. Frutticoltura, n. 3-4.
FOTI S. (1971): Le colture protette nel quadro della ortofloricoltura in Italia; in
“Tecnica Agricola”, n. 2.
FOTI S. (1974): Le colture protette nell’attuale stato evolutivo e possibilità di una loro
ulteriore affermazione. Atti del 1° Convegno Nazionale sulla tecnica delle coltivazioni
ortive in serra; in “Tecnica Agricola” (numero speciale), n. 1-2-3.
GREEN R., MARIENI A., LARINI L., VISTOLA A. (2001): La commercializzazione dei
prodotti ortofrutticoli freschi, Napoli.
GULISANO G., BALDARI M. (2001): Un’analisi economica dell’innovazione
nell’olivicoltura in Calabria, Rivista di Economia Agraria – anno LVI, n. 3.
HAYAMI Y., RUTTAN V. (1985): Agricultural Development: an international
perspective, Baltimora, London, J. Hopkins University Press.
102
HICKS J. (1973): Capitale e tempo. Una teoria neo-austriaca, Milano, Etas Kompass.
IACOPONI L. (1990): Distretto marshalliano e forme di organizzazione delle imprese in
agricoltura, Rivista di Economia Agraria, n. 4.
IACOPONI L., ROMITI (1994): Economia e politica agraria, II edizione, Ed agricole,
Bologna.
INEA: Annuario dell’agricoltura italiana. Roma, varie annate.
ISMEA: ISMEA Informazioni “ortofrutticoli”. Roma, vari numeri.
ISTAT: Annuario di Statistica Agraria. Roma, varie annate.
ISTAT: Statistiche dell’agricoltura, zootecnia e mezzi di produzione. Roma, varie
annate.
LA MALFA G. (1987): Scelte della specie e delle varietà nella coltivazione in serra; in
“L’Italia Agricola”, n. 3.
LA MALFA G. (1991): La qualità degli ortaggi in serra, Colture protette, n. 10.
La Via G. (1990): Il ruolo delle imprese associative per lo sviluppo del sistema
agroalimentare, Atti del XXVII Convegno SDEA, Alghero.
La Via G. (1992): Developement production cost, return san profits in Italian protected
– environment vegetable production, XIIth International Symposium on Horticultural
Economics, Montepellier, France.
La Via G. (1993): Alcune riflessioni sulla diffusione delle tecnologie informatiche e
telematiche nell’agricoltura italiana, Rivista di Economia Agraria, n. 1.
LA VIA G., COCUZZA G., NUCIFORA A. (2000): Analisi dei prezzi dei pomodori in serra
in Sicilia: un modello di previsione, Workshop “Applicazione di tecnologie innovative
per il miglioramento dell’orticoltura meridionale”, CNR, Roma.
103
LA VIA G., PECORINO B. (1996): L’industria di trasformazione degli agrumi, CNR-
RAISA, Catania.
MALERBA F. (2002): Economia dell’innovazione, Carocci Editore, Roma.
MAUGERI G. (1980): Risultati economici e costi del pomodoro, del peperone, della
melanzana e della zucchina in serra nel ragusano; in “Tecnica Agricola”, n.6.
MAUGERI G. (1981): Ricerca Agricola e industria di trasformazione. Rivista di
Economia Agraria, n. 2.
MAUGERI G. (1983): L’economia dell’orticoltura in serra in Sicilia. Ist. Di Econ. E. Pol.
Agr., Catania.
MAUGERI G. (1987): Aspetti economici della produzione degli ortaggi in serra; in
“L’Italia Agricola”, n. 3.
MAUGERI G. (1989): Stato attuale e prospettive dell’economia delle produzioni orticole
in serra in Sicilia, Università degli Studi, Catania.
PAINE F.A. (1990): Sistemi moderni di lavorazione, condizionamento e distribuzione dei
prodotti alimentari, Tecniche Nuove, Milano.
PECORINO B., (2001): Analisi tecnico-economiche comparative fra doppia coltivazione e
coltivazione esclusiva nell’orticoltura in serra nel ragusano, Consiglio Nazionale delle
Ricerche P. O. “Ricerca, Sviluppo Tecnologico ed Alta Formazione”, inserito nel
Progetto: “Applicazioni di tecnologie innovative per il miglioramento dell’orticoltura
meridionale”.
PECORINO B., ZARBÀ A.S. (2000): Origine e diffusione dell’orticoltura in piena area in
Sicilia, uno sguardo al mercato, relazione presentata al Convegno “La
commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli nel Sud-Ovest Etneo”, Adrano.
104
PELLERANO A. (1991): Innovazione tecnologica dei sistemi di confezionamento,
trasporto e commercializzazione degli ortofrutticoli, Frutticoltura, n. 5.
PERCIVALE F., BELTRAMO R. (1996): Promozione della qualità nel settore
agroalimentare, Atti del XVII Congresso Nazionale di Merceologia, Lecce.
PERCIVALE F., BELTRAMO R., PEIRA C. (1996): La qualità dei prodotti agroalimentari,
De qualitate, n. 2.
PULVIRENTI G. (1997): Evoluzione strutturale dell’industria agroalimentare negli anni
ottanta in Sicilia. Tecnica Agricola, n. 1-2.
ROGERS E. M. (1962): Diffusion of Innovations, The Free Press, New York.
ROGERS E. M., SHOEMAKER F. (1971). Communication of Innovations, The Free Press,
New York.
SCHIFANI C. (1971): Aspetti economici delle colture protette e problemi della
commercializzazione dei relativi prodotti; in “Tecnica Agricola”, n. 2.
SCHIMMENTI E. (1996): Aspetti produttivi e commerciali dell’orticoltura siciliana,
CNR-P.F. RAISA, Palermo.
SCUDERI A., STURIALE C. (2001): Caratteri evolutivi della struttura e del ruolo
dell’industria nella filiera agrumicola. Frutticoltura, n. 2.
STAMPACCHIA B. (1996): La qualità: fattore strategico nell’industria agroalimentare.
Atti del XVII Congresso Nazionale di Merceologia, Lecce.
STURIALE C. (1971): Le forme associative in agricoltura: realizzazioni e problemi,
“Agricoltura Nuova”, n. 11.
TRAVERSI G. (1995): La certificazione dei sistemi di qualità delle aziende del settore
servizi, De Qualitate, n. 11.
105
TUDISCA S. (1987): Le coltivazioni in serra in alcuni ambienti della Sicilia,
CNR_IPRA, Palermo.
TUDISCA S. (1993): Le colture protette in Sicilia, Dipartimento di Economia, Ingegneria
e Tecnologie Agrarie, Palermo.
VELLANTE S. (1986): Aspetti del cambiamento tecnologico in agricoltura ed esame
sintetico del segmento servizio-processo, in Atti del seminario di studio “Meccanismi di
trasferimento ed effetti dell’innovazione in agricoltura”, Roma.
VIRDERI P. (2003): Analisi della commercializzazione delle produzioni serricole in
un’importante zona del ragusano (Scicli), Dip. di Sc. Econ. Agr. ed Estim. (DISEAE),
Università degli Studi di Catania.
ZARBÀ A.S. (1986): Indagine sulle strutture distributive e sui costi di
commercializzazione delle produzioni agrumarie, Università degli Studi, Catania.
ZARBÀ A.S. (2000): Nuovi aspetti delle forme associative ortofrutticole, relazione
presentata al Convegno “La commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli nel Sud-
Ovest Etneo”, Adrano.
Top Related