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Sandro orlandi

Calma di vento

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A Maristellaancora…

sempre.

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Copyright © 2015 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i PaesiCasa Editrice AntipodesVia Toscana, 290144 [email protected]

In copertina: Mantova di Maristella Angeli.

ISBN: 978-88-96926-66-6

Sandro Orlandi, Calma di vento, Antipodes, Palermo 2015

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Spesso l’uomo diventaciò che crede di essere.

(Mahatma Gandhi)

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Prefazione

Perché scrivere racconti? Per condividere la propria inter-pretazione della realtà? Forse. Per esprimere ciò che lavita ci spinge a provare? Anche. Ma è sufficiente questo?

Secondo molti esperti del settore no.Critici, case editrici, editori, smaliziatissimi psicologi e consu-

lenti di marketing, sostengono con convinzione che una raccoltadi racconti, già di per sé difficile da promuovere, per avere suc-cesso di pubblico, che tradotto vuol dire essere venduta, dovrà ri-spondere a precisi requisiti di mercato. Innanzi tutto i raccontidovranno avere un filo conduttore, una tematica in comune in-somma, che permetta alla casa editrice di “scaffalare” il libro e af-fibbiargli un genere ben preciso: giallo, noir, mistery, surreale,comico etc…, e questo per una mera esigenza editoriale, perchécosì, secondo loro, si vende meglio, come fanno al mercatoquando distinguono le patate in tre o quattro categorie. Natural-mente, pur appartenendo a questo o a quel genere, i racconti do-vranno essere originali. Ma come fanno ad essere originali inquesto modo, cioè mai scritti prima, se devono seguire tutti lestesse regole di sempre? Poi i racconti dovranno essere dello stessoperiodo, ovvero avere lo stesso stile, la stessa atmosfera, perun’uniformità che, sempre secondo loro, dovrebbe portare il let-tore al giusto grado di phatos. Ma anche avere un’ambientazioneprecisa in cui il lettore dovrà ritrovarsi, per facilitare la sua imme-desimazione nella narrazione, che naturalmente non dovrà mai es-

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sere troppo avulsa dalla realtà, a meno che non sia di un generespecifico come quello fantasy e/o fantascientifico, che però ha lesue regole ben precise. Insomma: è come se i racconti andasseroscritti secondo un’ispirazione felice, ma seguendo rigide, asettiche,asfittiche, regole editoriali e mai mescolati tra loro, anche se in re-altà, essendo brani distinti, possono essere letti distintamente l’unodall’altro.

I racconti di questa raccolta sono tutto il contrario.Non ci sarà un unico filo conduttore, né un’ambientazione spe-

cifica, né un genere ben distinto. Si passerà ineffabilmente da unbrano comico-ironico ad un thriller, da un mistery ad un esisten-ziale e così via. Dopotutto preferisco considerare i racconti perquello che sono: brani scritti sull’onda di un mare in tempesta,quello della vita quotidiana (da qui il titolo: Calma di vento) e nonmi sembra poco. Se analizziamo le nostre giornate, ci accorgeremoche in una settimana tipo, di eventi ne sono accaduti tanti e tuttimolto diversi tra loro e mi dispiace per gli esperti: la vita, special-mente la mia, non è di genere definibile, né tanto meno “scaffalabile”.

Così sono i miei racconti, che vogliono essere semplicementestorie di vita, a volte vera, da condividere con chi avrà il piaceredi leggerli. E sono certo che a voi lettori non interesserà poi tantose non seguiranno le regole della moderna editoria. In caso con-trario, fatemelo sapere.

S. Orlandi

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PARTE PRIMA

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Dove c’è molta lucel’ombra è più nera.

(W. Goethe)

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La buona terra

«Ma tu lo sai quante cose ci sono in un metro quadrato di terra?»«No. Perché tu lo sai nonno?»«Cento lombrichi, cinquanta ragni, cento coleotteri, trecento

millepiedi, centomila acari, dodici milioni di funghi e in più unsacco di alghe varie.»

«Accidenti!» rispose il piccolo Enrico «ma quanto è grandeun…un metro…»

«Un metro quadrato? Beh, ecco: vedi il tavolo che c’è sul ter-razzo? È più o meno quanto la superficie di quel tavolo.»

Enrico pensieroso si infilò un dito nel naso.«Non ci credi?»«Sì, certo! Se lo dici tu.»«Ma non lo dico io, lo dice il libro.»«E di chi è?»«È mio. Un libro vecchio quanto me.»«E tu lo hai letto? Di che parla? Mi leggi qualcosa?»«Piano, piano» sorrise Giuseppe «facciamo così: invece di rac-

contarti la solita favola, che ieri te ne ho raccontate talmente tanteche ti è risalita la febbre, oggi ti parlerò di un posto che esiste ve-ramente, e di cui questo libro parla.»

«E che posto è?»«È la foresta degli gnomi e, se vorrai, un giorno ti ci porterò.»«Sì, sì, dai nonno, dai!»«Va bene, ma ora calmati, rimettiti sotto le coperte e non ti scoprire.»

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Enrico subito si distese tirandosi le coperte fin sotto il mento.«Bravo! E ora stai a sentire, non interrompermi come al solito.

Ascolta e cerca di immaginare quanto ti leggerò.»Gli occhi del bambino tradirono curiosità e anche un po’ di

paura. Ma Enrico non mosse un muscolo e non fece più un fiato.«Dunque vediamo» cominciò Giuseppe aprendo il libro e sfo-

gliandone le prime pagine.«Si dice che tanto tempo fa, la foresta degli gnomi fosse molto

diversa da com’è ora, molto più grande, molto più intricata e buia.Ora ci si può entrare e camminare, magari anche farci un pic-nice, perché no?, anche andarci a giocare a nascondino, però a queitempi era davvero molto buia: solo i raggi del sole di mezzogiorno,in una mattina d’estate e con il cielo sereno, riuscivano a pene-trarne un po’ l’oscurità. Nessuno osava entrarvi in altri momenti.Questo perché non si vedeva niente, ma anche perché in molti rac-contavano di aver sentito strane voci e rumori provenire da essa,di aver visto luci, fiamme e strani vapori alzarsi verso il cielo dinotte al di sopra delle cime degli abeti, specialmente quando laluna piena rischiarava la valle. Così tante erano le voci che circo-lavano sulla foresta degli gnomi, che ogni tanto qualcuno si met-teva in testa di andare a vedere se erano vere o solo stupideleggende di paese. Naturalmente chi decideva di farlo sapeva beneche nessuno di quelli che avevano tentato prima l’impresa era tor-nato a raccontarla; nessuno, a memoria d’uomo. Sul lato ovest delbosco c’era un piccolo cimitero di campagna che raccoglieva iresti dei poveracci che erano morti da peccatori inveterati, colorocioè che avevano ucciso, rubato, violentato. Erano stati condannatial carcere a vita e, una volta morti, erano stati sepolti lì, al limitaredel bosco. Era molto antico quel cimitero. La storia racconta chefu istituito addirittura nel medioevo dal Priore del villaggio, perchéin quei tempi bui la pietà divina veniva spesso confusa con la ven-

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