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Giovanni Battista CuneoBiografia di Giuseppe Garibaldi

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: Biografia di Giuseppe GaribaldiAUTORE: Cuneo, Giovanni BattistaTRADUTTORE:CURATORE:NOTE: Il testo è presente in formato immagine su“The Internet Archive” (https://www.archive.org/).Realizzato in collaborazione con il Project Guten-berg (https://www.gutenberg.net/) tramite Distribu-ted proofreaders (https://www.pgdp.net/).CODICE ISBN E-BOOK: n. d.DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze

COPERTINA: n. d.

TRATTO DA: Biografia di Giuseppe Garibaldi / compi-lata da G.B. Cuneo. - Torino : Tip. Fory e Dalmazzo,1850. - 94 p. ; 15 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 19 febbraio 2019

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INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:BIO000000 BIOGRAFIA E AUTOBIOGRAFIA / GeneraleFIC004000 FICTION / Classici

DIGITALIZZAZIONE:Distributed proofreaders, https://www.pgdp.net/

REVISIONE:Barbara Magni, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Claudio Paganelli, [email protected]

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BIOGRAFIADI

GIUSEPPE GARIBALDI

COMPILATADA

G. B. CUNEO

DEPUTATO.

TORINO 1850Tipografia FORY e DALMAZZO già Favale

in Doragrossa.

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BIOGRAFIADI

GIUSEPPE GARIBALDI

COMPILATADA

G. B. CUNEO

DEPUTATO.

TORINO 1850Tipografia FORY e DALMAZZO già Favale

in Doragrossa.

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GIUSEPPE GARIBALDI

VedraiUn Cavalier che Italia tutta onoraPensoso più d'altrui, che di sè stesso.

PETRARCA.

Di media statura, largo nel petto e negli omeri, tar-chiato e spigliato ad un tempo, ti dà l'idea della forza edell'agilità. Severo il volto al primo affacciarsi; e glidanno aspetto imponente la fulva intonsa barba, i lunghie biondi capelli e l'ampia fronte da cui scende e formacol naso una retta linea che cade a perpendicolo, e losguardo perspicace ed acuto; ma fissandolo, una cara ar-monia di linee e di forme ti balza come aspettata dinan-zi, e un sentimento di fiducia e di simpatia ti sorge im-provviso nell'animo e si mesce al rispetto che t'ispiravadapprima.

Aperto l'animo cavalleresco a tutte le manifestazionidel bello, la musica e la poesia hanno su di lui un magi-co impero. I racconti delle onorevoli imprese e gli atti dicarità a pro degl'infelici lo esaltano potentemente; maciò che sovra ogni cosa predomina in lui è la devozioneall'Italia ed all'onor nazionale. La costanza nelle avver-sità, il coraggio crescente in ragione degli ostacoli e de'pericoli, la fermezza nelle deliberazioni, un colpo

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GIUSEPPE GARIBALDI

VedraiUn Cavalier che Italia tutta onoraPensoso più d'altrui, che di sè stesso.

PETRARCA.

Di media statura, largo nel petto e negli omeri, tar-chiato e spigliato ad un tempo, ti dà l'idea della forza edell'agilità. Severo il volto al primo affacciarsi; e glidanno aspetto imponente la fulva intonsa barba, i lunghie biondi capelli e l'ampia fronte da cui scende e formacol naso una retta linea che cade a perpendicolo, e losguardo perspicace ed acuto; ma fissandolo, una cara ar-monia di linee e di forme ti balza come aspettata dinan-zi, e un sentimento di fiducia e di simpatia ti sorge im-provviso nell'animo e si mesce al rispetto che t'ispiravadapprima.

Aperto l'animo cavalleresco a tutte le manifestazionidel bello, la musica e la poesia hanno su di lui un magi-co impero. I racconti delle onorevoli imprese e gli atti dicarità a pro degl'infelici lo esaltano potentemente; maciò che sovra ogni cosa predomina in lui è la devozioneall'Italia ed all'onor nazionale. La costanza nelle avver-sità, il coraggio crescente in ragione degli ostacoli e de'pericoli, la fermezza nelle deliberazioni, un colpo

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d'occhio che di rado colpisce in fallo ne' più terribilifrangenti e la serenità in tutti i casi della vita, sono al-trettante doti che lo distinguono fra i contemporanei.

Coi germi di queste virtù, fremente azione ed un cam-po di lotta, si lanciò giovinetto sul mare, che dalle spon-de della sua Nizza nativa aveva tante volte con una spe-cie di voluttà contemplato sconvolto dalla tempesta, de-sideroso d'affrontare quelle onde infuriate e signoreg-giarle. E cominciò a dar prova dell'imperterrito animo edella sua perspicacia, adolescente ancora, un giorno, chetrovandosi a diporto in riva al mare tra Nizza e Villa-franca, gettavasi nelle onde per recare [4] aiuto ad alcunicompagni imbarcatisi sur un palischermo che per im-provviso infuriare del vento pareva vicino a capovolger-si. Sottraevasi il minacciato legno all'imminente perico-lo, mercè l'ardire e il pronto consiglio di quel fanciullet-to di 13 anni. Navigò pel Levante, e in Mar Nero; toccòvarii porti d'Italia, e da uno di questi recossi in quei suoiprimi anni a veder Roma, di cui gli rimase poi sempreimpressione profonda. Dato naturalmente allo studio,alla pratica che andava facendo degli uomini accoppiavapure lo insegnamento dei libri. E senza misura era quin-di il dolore in lui, allorchè pensando a ciò che l'Italia fue può essere ancora, vedevala misera preda dello stra-niero, e per giunta insultata da chi fu sempre strumentodella nostra rovina. Ira e pietà l'assalivano a un tempo; ea questi affetti profondamente sentiti venivano ad accre-scer forza gli ammaestramenti d'un fratello console sar-

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d'occhio che di rado colpisce in fallo ne' più terribilifrangenti e la serenità in tutti i casi della vita, sono al-trettante doti che lo distinguono fra i contemporanei.

Coi germi di queste virtù, fremente azione ed un cam-po di lotta, si lanciò giovinetto sul mare, che dalle spon-de della sua Nizza nativa aveva tante volte con una spe-cie di voluttà contemplato sconvolto dalla tempesta, de-sideroso d'affrontare quelle onde infuriate e signoreg-giarle. E cominciò a dar prova dell'imperterrito animo edella sua perspicacia, adolescente ancora, un giorno, chetrovandosi a diporto in riva al mare tra Nizza e Villa-franca, gettavasi nelle onde per recare [4] aiuto ad alcunicompagni imbarcatisi sur un palischermo che per im-provviso infuriare del vento pareva vicino a capovolger-si. Sottraevasi il minacciato legno all'imminente perico-lo, mercè l'ardire e il pronto consiglio di quel fanciullet-to di 13 anni. Navigò pel Levante, e in Mar Nero; toccòvarii porti d'Italia, e da uno di questi recossi in quei suoiprimi anni a veder Roma, di cui gli rimase poi sempreimpressione profonda. Dato naturalmente allo studio,alla pratica che andava facendo degli uomini accoppiavapure lo insegnamento dei libri. E senza misura era quin-di il dolore in lui, allorchè pensando a ciò che l'Italia fue può essere ancora, vedevala misera preda dello stra-niero, e per giunta insultata da chi fu sempre strumentodella nostra rovina. Ira e pietà l'assalivano a un tempo; ea questi affetti profondamente sentiti venivano ad accre-scer forza gli ammaestramenti d'un fratello console sar-

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do in Filadelfia, il quale dalla lontana terra non cessavadal rammentare all'amato Giuseppe, loro essere Italiani,e come tali dover vivere, temendo forse che la vicinanzadi Francia e le bastarde tendenze di alcuni lo traviassero.

Nelle sue navigazioni in Levante, colto da malattia,dovè fermarsi in Costantinopoli, ove conobbe la fami-glia dell'esule Calosso, del quale divenne amico; guaritoe trovandosi privo di mezzi, s'offerse maestro di calli-grafia, di lingua italiana e francese; si provvide così delbisognevole fino a che, avuto un favorevole incontro, ri-prese l'interrotta carriera del mare. Una decisa inclina-zione pei Greci e pei lor canti popolari, di cui soventeegli ricorda con desiderio ed affetto le armonie ed i ver-si, gli rimase nell'animo, frutto di quei viaggi e delle re-miniscenze dei primi studi.

Venivasi frattanto avvicinando l'epoca in cui l'Italiadoveva nuovamente tentare, e invano, di vincere l'avver-so destino: e Garibaldi affratellavasi ai generosi, cui nonisgomentava l'indifferenza dei molti. E da quanto rilevoda alcuni suoi versi fu appunto in Taganrok, al cospettode' servi Cosacchi, com'egli scriveva, che venne iniziatoai sublimi misteri da un credente:

Nell'età giovanil . . . . . . .Là sui ghiacci del Ponto giuravaPer la terra natale morir1.

1 Nel 1831 trovandosi Garibaldi in Taganrok capitò in una locanda, ov'eran-si riuniti molti marini di varie parti d'Italia, i quali delle umilianti condizio-ni di questa avevan fatto doloroso argomento ai loro discorsi. Era tra co-

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do in Filadelfia, il quale dalla lontana terra non cessavadal rammentare all'amato Giuseppe, loro essere Italiani,e come tali dover vivere, temendo forse che la vicinanzadi Francia e le bastarde tendenze di alcuni lo traviassero.

Nelle sue navigazioni in Levante, colto da malattia,dovè fermarsi in Costantinopoli, ove conobbe la fami-glia dell'esule Calosso, del quale divenne amico; guaritoe trovandosi privo di mezzi, s'offerse maestro di calli-grafia, di lingua italiana e francese; si provvide così delbisognevole fino a che, avuto un favorevole incontro, ri-prese l'interrotta carriera del mare. Una decisa inclina-zione pei Greci e pei lor canti popolari, di cui soventeegli ricorda con desiderio ed affetto le armonie ed i ver-si, gli rimase nell'animo, frutto di quei viaggi e delle re-miniscenze dei primi studi.

Venivasi frattanto avvicinando l'epoca in cui l'Italiadoveva nuovamente tentare, e invano, di vincere l'avver-so destino: e Garibaldi affratellavasi ai generosi, cui nonisgomentava l'indifferenza dei molti. E da quanto rilevoda alcuni suoi versi fu appunto in Taganrok, al cospettode' servi Cosacchi, com'egli scriveva, che venne iniziatoai sublimi misteri da un credente:

Nell'età giovanil . . . . . . .Là sui ghiacci del Ponto giuravaPer la terra natale morir1.

1 Nel 1831 trovandosi Garibaldi in Taganrok capitò in una locanda, ov'eran-si riuniti molti marini di varie parti d'Italia, i quali delle umilianti condizio-ni di questa avevan fatto doloroso argomento ai loro discorsi. Era tra co-

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[5] Nè mai uomo si adoperò con maggior religione percompiere il fatto giuramento.

Scoperta la congiura del 1833, i patriotti si preparava-no a riannodar le fila sgominate, per un tempo non mol-to lontano. Più tardi, fallito anche il tentativo di Savoia,e compromessi all'interno coloro che eransi adoperati asecondarlo, Garibaldi, che all'intento di meglio giovareerasi un mese prima offerto volontario nella marina daguerra, nella fuga soltanto potè trovare salvezza. La not-te del 3 al 4 gennaio 1834 un moto insurrezionale dove-va aver luogo in Genova; le notizie di Savoia pervenutein tempo, ed altri inaspettati avvenimenti sospendevanofortunatamente ogni moto; ma tutto questo non avveni-va senza dare troppo chiari indizii alla polizia del man-cato tentativo, per cui molti de' congiurati ebbero adevadersi: alcuni furono arrestati. Garibaldi si rifugiòpresso una buona popolana che il fornì d'abiti contadine-schi. Così travisato usciva il giorno seguente dalla città,e prendeva su per le montagne. Di monte in monte, bat-tendo rare volte ai tuguri dei montanari per ripararsi daifreddi delle notti alpine o chiedere un tozzo di pane,dopo molti giorni entrò furtivo nella casa paterna inNizza; riposatosi alquanto e stretti al seno i cari parenti,

storo un giovane, il credente, a cui Garibaldi allude, il quale affannavasi afar concepire ai poco creduli compagni speranze di lieto e glorioso avveni-re alla patria comune. Garibaldi dal fondo della sala porgeva attento l'orec-chio a quel ragionare; e alla fine non potendo più trattenersi correva versolo sconosciuto giovane e, col trasporto che ben manifestava l'ardoredell'animo stringevalo al suo seno. Da quel giorno ei divenne l'amico delcuore di quel credente, che lo iniziò alle dottrine della Giovine Italia.

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[5] Nè mai uomo si adoperò con maggior religione percompiere il fatto giuramento.

Scoperta la congiura del 1833, i patriotti si preparava-no a riannodar le fila sgominate, per un tempo non mol-to lontano. Più tardi, fallito anche il tentativo di Savoia,e compromessi all'interno coloro che eransi adoperati asecondarlo, Garibaldi, che all'intento di meglio giovareerasi un mese prima offerto volontario nella marina daguerra, nella fuga soltanto potè trovare salvezza. La not-te del 3 al 4 gennaio 1834 un moto insurrezionale dove-va aver luogo in Genova; le notizie di Savoia pervenutein tempo, ed altri inaspettati avvenimenti sospendevanofortunatamente ogni moto; ma tutto questo non avveni-va senza dare troppo chiari indizii alla polizia del man-cato tentativo, per cui molti de' congiurati ebbero adevadersi: alcuni furono arrestati. Garibaldi si rifugiòpresso una buona popolana che il fornì d'abiti contadine-schi. Così travisato usciva il giorno seguente dalla città,e prendeva su per le montagne. Di monte in monte, bat-tendo rare volte ai tuguri dei montanari per ripararsi daifreddi delle notti alpine o chiedere un tozzo di pane,dopo molti giorni entrò furtivo nella casa paterna inNizza; riposatosi alquanto e stretti al seno i cari parenti,

storo un giovane, il credente, a cui Garibaldi allude, il quale affannavasi afar concepire ai poco creduli compagni speranze di lieto e glorioso avveni-re alla patria comune. Garibaldi dal fondo della sala porgeva attento l'orec-chio a quel ragionare; e alla fine non potendo più trattenersi correva versolo sconosciuto giovane e, col trasporto che ben manifestava l'ardoredell'animo stringevalo al suo seno. Da quel giorno ei divenne l'amico delcuore di quel credente, che lo iniziò alle dottrine della Giovine Italia.

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se ne andò verso Francia. Vide finalmente dietro di sè leacque del Varo! e commosso, dalla sponda stranieraguardò la terra nativa, per cui dopo i corsi pericoli e letante fatiche sentì sorgersi in petto più vivo e più intensoquell'amore che in lui cesserà colla vita.

Ai profughi che d'Italia rifuggivansi sul territoriofrancese, il governo di Luigi Filippo non permettendoscegliere il luogo della dimora, veniva Garibaldi avviatoa Draghignano, ove stette sorvegliato da quelle autorità;ma non potendo egli sopportare a lungo quello statod'inerzia, scomparve; e [6] di là recossi a Marsiglia, dadove poco tempo dopo uscì ad altre navigazioni su legnifrancesi, e una volta andò uffiziale a bordo d'una fregataa Tunisi, la quale aveva comprato in Francia quel bey.Forse alle conoscenze fatte in quell'epoca è dovuta ladeterminazione da lui presa ultimamente di recarsi inquel paese, cercandovi un rifugio che non volle dargli lamal grata sua patria. Un bel tratto di Garibaldi in Marsi-glia merita di essere qui riferito. Trovavasi egli a bordoin quel porto, e d'improvviso un rumore come di chi an-nunzia una sciagura si leva sullo scalo dal popolo affol-lato: Garibaldi guarda, e vede in mare un giovinetto lot-tante colle acque presso a soccombere, e nessuno degliastanti osar strappare quella vittima alla morte; - fu unistante - ed egli aveva già afferrato quel morente primache altri se ne addasse e non ancora erano ben rinvenutidallo stupore che quel compianto trovavasi salvo allariva; ma Garibaldi era sparito. Cercato però dalla fami-

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se ne andò verso Francia. Vide finalmente dietro di sè leacque del Varo! e commosso, dalla sponda stranieraguardò la terra nativa, per cui dopo i corsi pericoli e letante fatiche sentì sorgersi in petto più vivo e più intensoquell'amore che in lui cesserà colla vita.

Ai profughi che d'Italia rifuggivansi sul territoriofrancese, il governo di Luigi Filippo non permettendoscegliere il luogo della dimora, veniva Garibaldi avviatoa Draghignano, ove stette sorvegliato da quelle autorità;ma non potendo egli sopportare a lungo quello statod'inerzia, scomparve; e [6] di là recossi a Marsiglia, dadove poco tempo dopo uscì ad altre navigazioni su legnifrancesi, e una volta andò uffiziale a bordo d'una fregataa Tunisi, la quale aveva comprato in Francia quel bey.Forse alle conoscenze fatte in quell'epoca è dovuta ladeterminazione da lui presa ultimamente di recarsi inquel paese, cercandovi un rifugio che non volle dargli lamal grata sua patria. Un bel tratto di Garibaldi in Marsi-glia merita di essere qui riferito. Trovavasi egli a bordoin quel porto, e d'improvviso un rumore come di chi an-nunzia una sciagura si leva sullo scalo dal popolo affol-lato: Garibaldi guarda, e vede in mare un giovinetto lot-tante colle acque presso a soccombere, e nessuno degliastanti osar strappare quella vittima alla morte; - fu unistante - ed egli aveva già afferrato quel morente primache altri se ne addasse e non ancora erano ben rinvenutidallo stupore che quel compianto trovavasi salvo allariva; ma Garibaldi era sparito. Cercato però dalla fami-

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glia del salvato, che era, se male non ci rammentiamouna delle più potenti in quella città e d'un generaled'armata, e finalmente rinvenuto, furongli dalla medesi-ma fatte offerte di ricompense, protezioni, e dati ringra-ziamenti senza fine. Garibaldi accettò con amore la cor-diale stretta di mano di quella riconoscente famiglia, eringraziò con dignità per le offerte, da cui sentivasicome offeso.

La speranza di avvenimenti, che erano sembrati viciniavevalo trattenuto per qualche tempo in Europa, maquesta speranza dileguatasi più tardi, egli imprese unviaggio all'America, e toccò pel primo porto Rio Janeironel 1836. Ivi strinsesi in amicizia con alcuni esuli italia-ni, colà balestrati dalle patrie avversità; e col loro aiutopotè fare acquisto di un'esile navicella, colla quales'esercitò per nove mesi nell'umile commercio del cabo-taggio per la costa di Rio Janeiro a Cabo Frio.

Quella vita lo affliggeva amaramente, non che eglis'adontasse del lavoro in cui s'adoperava, che anzi noi loabbiamo veduto andare orgoglioso di dovere il pane chelo sfamava a durissime, eppur sempre onorate fatiche;ma quell'affaccendarsi nei commerci nei quali ei portavanonostante attività ed intelligenza, non corrispondeva aibisogni di quell'anima ardentissima, ond'egli da Cabo-Frio ci scriveva il 27 dicembre del 1836: «Di me ti diròsoltanto che la fortuna non mi favorisce, e ciò chem'affligge si è l'idea di non [7] poter avanzar nulla per lecose nostre; sono stanco, per Dio! di trascinar un'esi-

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glia del salvato, che era, se male non ci rammentiamouna delle più potenti in quella città e d'un generaled'armata, e finalmente rinvenuto, furongli dalla medesi-ma fatte offerte di ricompense, protezioni, e dati ringra-ziamenti senza fine. Garibaldi accettò con amore la cor-diale stretta di mano di quella riconoscente famiglia, eringraziò con dignità per le offerte, da cui sentivasicome offeso.

La speranza di avvenimenti, che erano sembrati viciniavevalo trattenuto per qualche tempo in Europa, maquesta speranza dileguatasi più tardi, egli imprese unviaggio all'America, e toccò pel primo porto Rio Janeironel 1836. Ivi strinsesi in amicizia con alcuni esuli italia-ni, colà balestrati dalle patrie avversità; e col loro aiutopotè fare acquisto di un'esile navicella, colla quales'esercitò per nove mesi nell'umile commercio del cabo-taggio per la costa di Rio Janeiro a Cabo Frio.

Quella vita lo affliggeva amaramente, non che eglis'adontasse del lavoro in cui s'adoperava, che anzi noi loabbiamo veduto andare orgoglioso di dovere il pane chelo sfamava a durissime, eppur sempre onorate fatiche;ma quell'affaccendarsi nei commerci nei quali ei portavanonostante attività ed intelligenza, non corrispondeva aibisogni di quell'anima ardentissima, ond'egli da Cabo-Frio ci scriveva il 27 dicembre del 1836: «Di me ti diròsoltanto che la fortuna non mi favorisce, e ciò chem'affligge si è l'idea di non [7] poter avanzar nulla per lecose nostre; sono stanco, per Dio! di trascinar un'esi-

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stenza tanto inutile per la nostra terra, di dover fare que-sto mestiere; sta certo, noi siamo destinati a cose mag-giori; siamo fuori del nostro elemento.»

In questi viaggi fugli sempre caldo e affezionato com-pagno Luigi Rossetti di Genova che più tardi, combat-tendo nella provincia di Rio Grande per la Repubblicacontro l'impero brasiliano, cadde da valoroso sopraffattodal numero, lasciando solenne testimonianza della virtùitaliana in que' solitari ed ignorati campi dell'America.

Un'altro fatto simile a quelli di Nizza e di Marsigliacompiè Garibaldi in Rio Janeiro. Un povero negro eracaduto in mare tra mezzo ai bastimenti, mentre un ventofurioso sollevando le acque facevali cozzare l'un control'altro e rendeva oltremodo pericoloso l'azzardarsi a dareaiuto a quell'infelice; e Garibaldi alla vista dei moltispettatori curiosi e indifferenti, non curando la propriavita, si tuffava nella ribollente marina, e con robustamano stringendo il negro, traevalo seco alla sponda sanoe salvo. Un negro non era per Garibaldi un fratellomeno che un bianco.

L'insurrezione repubblicana di Rio Grande contro ilgoverno di Rio Janeiro convertitasi in guerra, che duròpoi circa dieci anni, aveva ricevuto un terribile colpoquasi nei suoi primordi, nella disfatta dell'isola di Fanfa.I capi di quel moto, abbenchè sotto l'egida d'una capito-lazione, furono arrestati e mandati nelle prigioni di RioJaneiro; eravi tra questi il nostro amico Livio Zambec-

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stenza tanto inutile per la nostra terra, di dover fare que-sto mestiere; sta certo, noi siamo destinati a cose mag-giori; siamo fuori del nostro elemento.»

In questi viaggi fugli sempre caldo e affezionato com-pagno Luigi Rossetti di Genova che più tardi, combat-tendo nella provincia di Rio Grande per la Repubblicacontro l'impero brasiliano, cadde da valoroso sopraffattodal numero, lasciando solenne testimonianza della virtùitaliana in que' solitari ed ignorati campi dell'America.

Un'altro fatto simile a quelli di Nizza e di Marsigliacompiè Garibaldi in Rio Janeiro. Un povero negro eracaduto in mare tra mezzo ai bastimenti, mentre un ventofurioso sollevando le acque facevali cozzare l'un control'altro e rendeva oltremodo pericoloso l'azzardarsi a dareaiuto a quell'infelice; e Garibaldi alla vista dei moltispettatori curiosi e indifferenti, non curando la propriavita, si tuffava nella ribollente marina, e con robustamano stringendo il negro, traevalo seco alla sponda sanoe salvo. Un negro non era per Garibaldi un fratellomeno che un bianco.

L'insurrezione repubblicana di Rio Grande contro ilgoverno di Rio Janeiro convertitasi in guerra, che duròpoi circa dieci anni, aveva ricevuto un terribile colpoquasi nei suoi primordi, nella disfatta dell'isola di Fanfa.I capi di quel moto, abbenchè sotto l'egida d'una capito-lazione, furono arrestati e mandati nelle prigioni di RioJaneiro; eravi tra questi il nostro amico Livio Zambec-

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cari, uno dei principali fautori di quel movimento, e poisegretario e compagno del Generale in capo dell'esercitoriograndense, Bento Goncalves da Sylva, quello stessoZambeccari che, dopo aver tanto patito e combattuto perla libertà in America, venne poi a dar l'opera sua nellaguerra nazionale, e tanto meritò della patria in Bologna,in Venezia, in Ancona, ed ora nell'esilio, che le persecu-zioni inglesi gli rendono più amaro e più onorato. Gari-baldi, messosi a contatto con Zambeccari e con BentoGoncalves, caduto egualmente prigione, concepì il pro-getto d'armare in guerra colla bandiera riograndense ilpiccolo legno a' suoi ordini, e scorrere il mare nemicoagli imperiali. Usciva difatti da Rio Janeiro munito deinecessarii documenti dal governo insurrezionale, e quasisubito impadronivasi d'una barca brasiliana, sulla cuiantenna inalberava lo stendardo repubblicano. Con quel-la dirigevasi [8] alla Repubblica Orientale, che gl'insorticredevano a loro favorevole; ma, pervenuti in Maldona-do, non trovavano accoglienza; e recavansi perciò nellevicinanze di Montevideo, inviando prima un messo aconoscere le intenzioni del governo, il quale, appena sa-puto il fatto spediva una grossa lancia armata onde co-glierli prigioni. All'approssimarsi di coloro, non veden-do Garibaldi il combinato segnale che li palesasse ami-ci, si preparò a combattere: cominciò il fuoco, e ai primitiri egli cadeva riverso sulla tolda allagata del suo san-gue; una palla avevalo colpito nel collo. L'equipaggio,rimasto così senza guida, e profilando del vento che spi-rava forte da Levante, si allontanarono dal pericolo, fug-

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cari, uno dei principali fautori di quel movimento, e poisegretario e compagno del Generale in capo dell'esercitoriograndense, Bento Goncalves da Sylva, quello stessoZambeccari che, dopo aver tanto patito e combattuto perla libertà in America, venne poi a dar l'opera sua nellaguerra nazionale, e tanto meritò della patria in Bologna,in Venezia, in Ancona, ed ora nell'esilio, che le persecu-zioni inglesi gli rendono più amaro e più onorato. Gari-baldi, messosi a contatto con Zambeccari e con BentoGoncalves, caduto egualmente prigione, concepì il pro-getto d'armare in guerra colla bandiera riograndense ilpiccolo legno a' suoi ordini, e scorrere il mare nemicoagli imperiali. Usciva difatti da Rio Janeiro munito deinecessarii documenti dal governo insurrezionale, e quasisubito impadronivasi d'una barca brasiliana, sulla cuiantenna inalberava lo stendardo repubblicano. Con quel-la dirigevasi [8] alla Repubblica Orientale, che gl'insorticredevano a loro favorevole; ma, pervenuti in Maldona-do, non trovavano accoglienza; e recavansi perciò nellevicinanze di Montevideo, inviando prima un messo aconoscere le intenzioni del governo, il quale, appena sa-puto il fatto spediva una grossa lancia armata onde co-glierli prigioni. All'approssimarsi di coloro, non veden-do Garibaldi il combinato segnale che li palesasse ami-ci, si preparò a combattere: cominciò il fuoco, e ai primitiri egli cadeva riverso sulla tolda allagata del suo san-gue; una palla avevalo colpito nel collo. L'equipaggio,rimasto così senza guida, e profilando del vento che spi-rava forte da Levante, si allontanarono dal pericolo, fug-

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gendo pel lato opposto; e tanto corsero, che, entrati nelParanà, andarono a gittar l'ancora dinanzi a Gualeguay,piccolo paese in Entrerios; dove non tenute per valide lecarte del governo riograndense, nè voluta riconoscere lanuova bandiera, tutti furono messi in carcere. Garibaldi,mortalmente ferito, veniva affidato al chirurgo RamonDelarca, nativo di quel paese, se non erriamo, il qualeprodigando all'infermo le più affettuose cure durante lalunga e difficile malattia, salvò all'Italia quest'importan-te vita col più nobile disinteresse. La palla che avevalocolpito eraglisi introdotta dal lato sinistro sotto l'orec-chio, e traversato il collo, erasi andata a fermare sottogli integumenti dell'orecchio destro; oltre questa feritaebbe il braccio destro scalfitto dalle palle in due o treluoghi. Ma colla salute l'amico nostro non ricuperò la li-bertà; fu trattenuto ancora per lungo tempo in quel paesenel quale poteva passeggiare liberamente. Visse amiche-volmente ospitato da uno Spagnuolo colà stabilito, ilsig. Andreus, che prese ad amare Garibaldi colla passio-ne direi d'un amante, tanto aveva egli compreso l'altezzadi quel nobile animo. E della sua cattività così Garibaldici scriveva: «Circa ad evadermi, ti basti che sono inquesta condizione, sulla mia parola d'onore. Passo lamaggior parte del giorno leggendo libri che l'instancabi-le bontà del mio ospite mi provvede; talora nella serad'un bel giorno vado a passeggio, visito qualche cono-scente, e guardo malinconicamente le bellezze del pae-se, e mi ritiro a casa; altra volta esco a godere d'una bel-la mattinata, e leggo o scrivo; e sempre in cuore l'Italia;

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gendo pel lato opposto; e tanto corsero, che, entrati nelParanà, andarono a gittar l'ancora dinanzi a Gualeguay,piccolo paese in Entrerios; dove non tenute per valide lecarte del governo riograndense, nè voluta riconoscere lanuova bandiera, tutti furono messi in carcere. Garibaldi,mortalmente ferito, veniva affidato al chirurgo RamonDelarca, nativo di quel paese, se non erriamo, il qualeprodigando all'infermo le più affettuose cure durante lalunga e difficile malattia, salvò all'Italia quest'importan-te vita col più nobile disinteresse. La palla che avevalocolpito eraglisi introdotta dal lato sinistro sotto l'orec-chio, e traversato il collo, erasi andata a fermare sottogli integumenti dell'orecchio destro; oltre questa feritaebbe il braccio destro scalfitto dalle palle in due o treluoghi. Ma colla salute l'amico nostro non ricuperò la li-bertà; fu trattenuto ancora per lungo tempo in quel paesenel quale poteva passeggiare liberamente. Visse amiche-volmente ospitato da uno Spagnuolo colà stabilito, ilsig. Andreus, che prese ad amare Garibaldi colla passio-ne direi d'un amante, tanto aveva egli compreso l'altezzadi quel nobile animo. E della sua cattività così Garibaldici scriveva: «Circa ad evadermi, ti basti che sono inquesta condizione, sulla mia parola d'onore. Passo lamaggior parte del giorno leggendo libri che l'instancabi-le bontà del mio ospite mi provvede; talora nella serad'un bel giorno vado a passeggio, visito qualche cono-scente, e guardo malinconicamente le bellezze del pae-se, e mi ritiro a casa; altra volta esco a godere d'una bel-la mattinata, e leggo o scrivo; e sempre in cuore l'Italia;

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e parlando con dispetto io grido:

«Io la vorrei deserta«E i suoi palagi infranti,[9]« . . . . . . . .«Pria che vederla trepida«Sotto il baston del Vandalo«. . . . . . . .»

Poi ispirandosi a quella fede che giammai venne inlui meno, soggiungeva, «La mia sorte è legata alla tua -guidati da un solo principio, consecrati ad una causa,abbiamo rinunciato alla tranquillità ed imposto silenzioa tutte le passioni; ad onta dei giudizii leggeri ed incon-siderati della moltitudine, chè non riguarda sovente ilnostro generoso proposito, che sotto l'aspetto d'interes-sate mire, o d'ambizione, proseguiremo. - Il testimoniodella coscienza ci basta.»

Ma di tal quiete non si volle lasciargli fruttare più alungo, dacchè le autorità del luogo ricevevano ordine difarlo tradurre alla capitale; la qual cosa era a lui comuni-cata alla vigilia della partenza, essendo già la notteavanzata. Temendo allora Garibaldi che si volesse sevirecontro di lui, e viste mutate le condizioni, per le qualiaveva dato la sua parola di non evadersi, si credè scioltoda parte sua, e tentò in quella notte medesima di porsi insalvo dalle persecuzioni che sospettava; errò due giorni

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e parlando con dispetto io grido:

«Io la vorrei deserta«E i suoi palagi infranti,[9]« . . . . . . . .«Pria che vederla trepida«Sotto il baston del Vandalo«. . . . . . . .»

Poi ispirandosi a quella fede che giammai venne inlui meno, soggiungeva, «La mia sorte è legata alla tua -guidati da un solo principio, consecrati ad una causa,abbiamo rinunciato alla tranquillità ed imposto silenzioa tutte le passioni; ad onta dei giudizii leggeri ed incon-siderati della moltitudine, chè non riguarda sovente ilnostro generoso proposito, che sotto l'aspetto d'interes-sate mire, o d'ambizione, proseguiremo. - Il testimoniodella coscienza ci basta.»

Ma di tal quiete non si volle lasciargli fruttare più alungo, dacchè le autorità del luogo ricevevano ordine difarlo tradurre alla capitale; la qual cosa era a lui comuni-cata alla vigilia della partenza, essendo già la notteavanzata. Temendo allora Garibaldi che si volesse sevirecontro di lui, e viste mutate le condizioni, per le qualiaveva dato la sua parola di non evadersi, si credè scioltoda parte sua, e tentò in quella notte medesima di porsi insalvo dalle persecuzioni che sospettava; errò due giorni

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per que' campi a lui sconosciuti. «Taccio, scriveva, leavventure di que' giorni di fuga; fui arrestato e ricondot-to a Gualeguay.... Qui dovrei finire e non rammentareciò che mi fece soffrire un mostro; però ti darò il suonome perchè lo segni all'esecrazione dell'universo - Sì -Leonardo Millan ha tenuto un vostro fratello per dueore appiccato per le mani......»

E quello strazio crudele rendeva più osceno ed atroceuna turba selvaggia che, affollatasi alla soglia della pri-gione rimasta aperta, scherniva il sofferente, e del marti-rio faceva argomento di contumelie. Del tormento bar-barico restò a Garibaldi offesa una mano, che in certecondizioni atmosferiche gli si risente ancora dolorosa-mente dopo 12 anni. Fatto finalmente condurre alla Ba-jada, capitale della provincia di Entre-rios, venne tratta-to alquanto umanamente: e forse la lunga prigionia e idurati patimenti persuasero quel governatore a non mag-giormente incrudelire verso un uomo che in nulla avevaoffeso le leggi del paese, in cui era stato condotto mori-bondo.

Alla fine di circa otto mesi di detenzione, stanchi for-se di sorvegliarlo, o sazi di farlo patire, lasciarongliaperto il cammino [10] ad allontanarsi da quell'infaustaterra, che pure non lasciò odio nell'animo di Garibaldi,memore soltanto dell'affetto e delle simpatie dei buoni,che gemevano sulle crudeltà contro di lui esercitate.Dalla Bajada fece vela a Montevideo, di là a Rio Gran-de, ove si combatteva per la libertà. Il governo della Re-

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per que' campi a lui sconosciuti. «Taccio, scriveva, leavventure di que' giorni di fuga; fui arrestato e ricondot-to a Gualeguay.... Qui dovrei finire e non rammentareciò che mi fece soffrire un mostro; però ti darò il suonome perchè lo segni all'esecrazione dell'universo - Sì -Leonardo Millan ha tenuto un vostro fratello per dueore appiccato per le mani......»

E quello strazio crudele rendeva più osceno ed atroceuna turba selvaggia che, affollatasi alla soglia della pri-gione rimasta aperta, scherniva il sofferente, e del marti-rio faceva argomento di contumelie. Del tormento bar-barico restò a Garibaldi offesa una mano, che in certecondizioni atmosferiche gli si risente ancora dolorosa-mente dopo 12 anni. Fatto finalmente condurre alla Ba-jada, capitale della provincia di Entre-rios, venne tratta-to alquanto umanamente: e forse la lunga prigionia e idurati patimenti persuasero quel governatore a non mag-giormente incrudelire verso un uomo che in nulla avevaoffeso le leggi del paese, in cui era stato condotto mori-bondo.

Alla fine di circa otto mesi di detenzione, stanchi for-se di sorvegliarlo, o sazi di farlo patire, lasciarongliaperto il cammino [10] ad allontanarsi da quell'infaustaterra, che pure non lasciò odio nell'animo di Garibaldi,memore soltanto dell'affetto e delle simpatie dei buoni,che gemevano sulle crudeltà contro di lui esercitate.Dalla Bajada fece vela a Montevideo, di là a Rio Gran-de, ove si combatteva per la libertà. Il governo della Re-

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pubblica accoglievalo con entusiasmo, e affidavaglisenz'altro il comando delle poche forze di mare, cheaveva sulla Lagoa dos patos. Senza perdere tempo Gari-baldi aumentava, riduceva a disciplina quelle forze, e il-lustrava con molto onorevoli fatti parziali, e la bandierarepubblicana e la nascente sua fama. Non c'è possibiledilungarci a narrarli partitamente, come non c'è dato ta-cere i seguenti.

Un capitano detto Moringue con 120 uomini attaccòinaspettato Garibaldi che trovavasi in Camacuàm consoli 11, tutti italiani, compreso Rossetti; e tanto fu il co-raggio con cui i sorpresi si seppero difendere, che i ne-mici caddero morti, e i superstiti dovettero fuggire;ond'è che narrando al Governo l'accaduto, Garibaldiesclamava con nobile orgoglio: Un uomo libero vale perdieci schiavi.

Altra volta i Repubblicani, spintisi fino alla costa sulmare, onde prendere la fortezza che difende dal nord labocca di Rio Grande, Garibaldi con Rossetti ed altri nonmolti, affrontando il fuoco nemico, arrampicaronsi super le mura, e i difensori, maravigliati a tanto ardimento,respinsero dalle cannoniere, e per quelle s'introdusseronella fortezza, non osando più i nemici opporre resisten-za. Però tanto valore non veniva secondato dagli altri!Sicchè, vistisi soli e abbandonati, dovettero ritirarsi.

Più tardi il Governo repubblicano, volendo estenderela rivoluzione nelle altre provincie dell'impero, avea of-

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pubblica accoglievalo con entusiasmo, e affidavaglisenz'altro il comando delle poche forze di mare, cheaveva sulla Lagoa dos patos. Senza perdere tempo Gari-baldi aumentava, riduceva a disciplina quelle forze, e il-lustrava con molto onorevoli fatti parziali, e la bandierarepubblicana e la nascente sua fama. Non c'è possibiledilungarci a narrarli partitamente, come non c'è dato ta-cere i seguenti.

Un capitano detto Moringue con 120 uomini attaccòinaspettato Garibaldi che trovavasi in Camacuàm consoli 11, tutti italiani, compreso Rossetti; e tanto fu il co-raggio con cui i sorpresi si seppero difendere, che i ne-mici caddero morti, e i superstiti dovettero fuggire;ond'è che narrando al Governo l'accaduto, Garibaldiesclamava con nobile orgoglio: Un uomo libero vale perdieci schiavi.

Altra volta i Repubblicani, spintisi fino alla costa sulmare, onde prendere la fortezza che difende dal nord labocca di Rio Grande, Garibaldi con Rossetti ed altri nonmolti, affrontando il fuoco nemico, arrampicaronsi super le mura, e i difensori, maravigliati a tanto ardimento,respinsero dalle cannoniere, e per quelle s'introdusseronella fortezza, non osando più i nemici opporre resisten-za. Però tanto valore non veniva secondato dagli altri!Sicchè, vistisi soli e abbandonati, dovettero ritirarsi.

Più tardi il Governo repubblicano, volendo estenderela rivoluzione nelle altre provincie dell'impero, avea of-

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ferto aiuti a quella di S. Catalina, che accettò. Una co-lonna, detta auxiliadora, si diresse alla Laguna (paesecollocato nella suddetta provincia, con piccolo portosulla costa); vi andava segretario del generale coman-dante la colonna Rossetti, che poi tenne, o diresse il go-verno nella Laguna, e Garibaldi, come sostegno poten-tissimo all'impresa. Cadeva il paese agevolmente inmano dei Riograndesi; e in un'operazione di mare Gari-baldi a stento salvavasi a nuoto dal naufragio di una del-le grosse lancie ai suoi ordini, mentre periva inquell'occasione il giovane amico suo Edoardo Mutrù diNizza, anima ardente d'amore per l'Italia, e anelante ipericoli per farvi mostra della virtù italiana.

[11]

Coll'attività ed energia che lo distinguono, Garibaldi,entrato nella Laguna, v'allestì in pochi giorni tre piccolilegni, i migliori che fossero in quel porto, e con questi,mal forniti d'armi e di munizioni, e male atti ai combat-timenti per la fragile costruzione, corse il mare, molestòil commercio del nemico, una o due navi ne prese emandò nel porto; alla vista delle vele da guerra imperialinon fuggì; manovrando destramente evitò l'urto dellepiù forti, e appiccò il fuoco con una di forza minore, masempre superiore a lui; rimasto solo, inseguito da tutti,si riparò in un seno, incagliò il suo legno, sbarcò i duecannoncini, e da un'eminenza ove li pose continuò a ful-minare il nemico, che, scostatosi per la notte sorvenuta,stette non lontano aspettando il giorno. - E il giorno fat-

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ferto aiuti a quella di S. Catalina, che accettò. Una co-lonna, detta auxiliadora, si diresse alla Laguna (paesecollocato nella suddetta provincia, con piccolo portosulla costa); vi andava segretario del generale coman-dante la colonna Rossetti, che poi tenne, o diresse il go-verno nella Laguna, e Garibaldi, come sostegno poten-tissimo all'impresa. Cadeva il paese agevolmente inmano dei Riograndesi; e in un'operazione di mare Gari-baldi a stento salvavasi a nuoto dal naufragio di una del-le grosse lancie ai suoi ordini, mentre periva inquell'occasione il giovane amico suo Edoardo Mutrù diNizza, anima ardente d'amore per l'Italia, e anelante ipericoli per farvi mostra della virtù italiana.

[11]

Coll'attività ed energia che lo distinguono, Garibaldi,entrato nella Laguna, v'allestì in pochi giorni tre piccolilegni, i migliori che fossero in quel porto, e con questi,mal forniti d'armi e di munizioni, e male atti ai combat-timenti per la fragile costruzione, corse il mare, molestòil commercio del nemico, una o due navi ne prese emandò nel porto; alla vista delle vele da guerra imperialinon fuggì; manovrando destramente evitò l'urto dellepiù forti, e appiccò il fuoco con una di forza minore, masempre superiore a lui; rimasto solo, inseguito da tutti,si riparò in un seno, incagliò il suo legno, sbarcò i duecannoncini, e da un'eminenza ove li pose continuò a ful-minare il nemico, che, scostatosi per la notte sorvenuta,stette non lontano aspettando il giorno. - E il giorno fat-

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tosi ben chiaro non mostrò la nave inseguita. L'instanca-bile ed astuto Ligure aveva lavorato la notte, ed abil-mente riguadagnato il porto prima che potessero avve-dersene gl'inseguitori. Raccontano che a meglio ingan-narli radunasse molte legna e nelle tenebre vi appiccasseil fuoco, per dar loro ad intendere d'aver abbruciata lasua barca e risoluto di cercare scampo per terra.

L'Impero aveva frattanto radunate molte forze dimare per riprendere la Laguna, e riuscì facilmente asforzarne l'entrata, non da altro difesa che da una batte-ria poco atta a fare una grande resistenza. Entrarono imolti vasi da guerra nel porto fulminando coi molti can-noni; Garibaldi dai suoi gusci rispondeva alacremente,avendo a fianco l'impavida moglie, nativa di quel paese,e che da pochi giorni erasi assunta a compagna del cuo-re. Quando poi vide disperato il caso, mandò i suoi aterra e rimase solo; - scortili in salvo, diè fuoco alle pol-veri, e mandò in aria con orrendo scoppio i bastimenti,gettandosi al medesimo tempo nelle onde, che valicò anuoto riducendosi a terra.

La fortuna dei nemici soperchianti per numero preva-lendo, i repubblicani dovettero ritirarsi, e Garibaldi, or-dinati i suoi in fanteria, seguì la colonna, tenne lunga-mente la campagna, dando sempre in ogni incontro lu-minose prove d'intelligenza e di coraggio; e un bel gior-no alle armi repubblicane ei segnò nel combattimento diLages, di cui il giornale del governo, O Povo, fece men-zione in onore del nostro concittadino. In uno dei molti

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tosi ben chiaro non mostrò la nave inseguita. L'instanca-bile ed astuto Ligure aveva lavorato la notte, ed abil-mente riguadagnato il porto prima che potessero avve-dersene gl'inseguitori. Raccontano che a meglio ingan-narli radunasse molte legna e nelle tenebre vi appiccasseil fuoco, per dar loro ad intendere d'aver abbruciata lasua barca e risoluto di cercare scampo per terra.

L'Impero aveva frattanto radunate molte forze dimare per riprendere la Laguna, e riuscì facilmente asforzarne l'entrata, non da altro difesa che da una batte-ria poco atta a fare una grande resistenza. Entrarono imolti vasi da guerra nel porto fulminando coi molti can-noni; Garibaldi dai suoi gusci rispondeva alacremente,avendo a fianco l'impavida moglie, nativa di quel paese,e che da pochi giorni erasi assunta a compagna del cuo-re. Quando poi vide disperato il caso, mandò i suoi aterra e rimase solo; - scortili in salvo, diè fuoco alle pol-veri, e mandò in aria con orrendo scoppio i bastimenti,gettandosi al medesimo tempo nelle onde, che valicò anuoto riducendosi a terra.

La fortuna dei nemici soperchianti per numero preva-lendo, i repubblicani dovettero ritirarsi, e Garibaldi, or-dinati i suoi in fanteria, seguì la colonna, tenne lunga-mente la campagna, dando sempre in ogni incontro lu-minose prove d'intelligenza e di coraggio; e un bel gior-no alle armi repubblicane ei segnò nel combattimento diLages, di cui il giornale del governo, O Povo, fece men-zione in onore del nostro concittadino. In uno dei molti

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fatti d'arme la moglie cadde in potere del nemico: ma lavalorosa donna non si rassegnò all'inerte prigione, cheanzi, pervenutale la falsa [12] notizia della morte del ma-rito, tanto studiò e fece, che ad alla notte si sottrasse allavigilanza de' suoi custodi, e smaniosa di sapere se vera-mente l'avesse colpita tanta sventura, primo suo pensie-ro fu quello di recarsi al campo di battaglia, ove ad ogniistante tremava di rinvenire le amate sembianze; eall'infelice, sull'albeggiare reclinata e fissa in quei mortilà ancora giacenti, parve, in un momento forse di aber-razione mentale, di scorgere, ahi! lo sposo diletto, detur-pato il volto per ripetute ferite. Ma rassicuratasi alfine,dopo aver bene esaminato quegli insepolti, s'affrettò arintracciarlo per que' vasti e solitari campi. Non la rat-tennero i pericoli, nè la solitudine spaventosa; corse fi-dando in Dio e nel suo amore, che non le fallirono, edopo due giorni ebbe la fortuna di ricongiungersiall'uomo che amava ed amò sempre con affetto, di cuirari s'incontrano gli esempi. In mezzo a tanti travagli eb-bero un figlio, cui, pel culto che Garibaldi professa agliuomini morti per l'Italia, impose il sacro nome di Me-notti.

Dopo la arrischiatissima impresa di Cima da Serra,ove il seguì la moglie col nuovo nato, esponendosi ai di-sagi e ai pericoli i più spaventosi, Garibaldi non si fer-mò più a lungo in Rio Grande. Scorgendo le cose andarea rovescio, e non più sostenuta la causa della Repubbli-ca, pensò a ritirarsi da quel campo, ove alla guerra di

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fatti d'arme la moglie cadde in potere del nemico: ma lavalorosa donna non si rassegnò all'inerte prigione, cheanzi, pervenutale la falsa [12] notizia della morte del ma-rito, tanto studiò e fece, che ad alla notte si sottrasse allavigilanza de' suoi custodi, e smaniosa di sapere se vera-mente l'avesse colpita tanta sventura, primo suo pensie-ro fu quello di recarsi al campo di battaglia, ove ad ogniistante tremava di rinvenire le amate sembianze; eall'infelice, sull'albeggiare reclinata e fissa in quei mortilà ancora giacenti, parve, in un momento forse di aber-razione mentale, di scorgere, ahi! lo sposo diletto, detur-pato il volto per ripetute ferite. Ma rassicuratasi alfine,dopo aver bene esaminato quegli insepolti, s'affrettò arintracciarlo per que' vasti e solitari campi. Non la rat-tennero i pericoli, nè la solitudine spaventosa; corse fi-dando in Dio e nel suo amore, che non le fallirono, edopo due giorni ebbe la fortuna di ricongiungersiall'uomo che amava ed amò sempre con affetto, di cuirari s'incontrano gli esempi. In mezzo a tanti travagli eb-bero un figlio, cui, pel culto che Garibaldi professa agliuomini morti per l'Italia, impose il sacro nome di Me-notti.

Dopo la arrischiatissima impresa di Cima da Serra,ove il seguì la moglie col nuovo nato, esponendosi ai di-sagi e ai pericoli i più spaventosi, Garibaldi non si fer-mò più a lungo in Rio Grande. Scorgendo le cose andarea rovescio, e non più sostenuta la causa della Repubbli-ca, pensò a ritirarsi da quel campo, ove alla guerra di

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principii pareva volersi sostituire una guerra d'ambizioniindividuali; e verso la metà del 41 recavasi colla fami-gliuola a Montevideo, lasciando in Rio-Grande, e pressoquanti nel Brasile amavano la causa rio-grandese, ono-revole rinomanza e grato ricordo, e presso tutti gli altriun nome temuto, involto nelle calunnie di cui i partitison prodighi in ogni parte del mondo; ma tutti amici enemici compresi d'ammirazione pel valore straordinario.E qui ci piace ad onore del vero e della nostra patriarammentare che due nomi italiani rimasero sovra gli al-tri cari e riveriti nella popolazione di Rio-Grande, Zam-beccari e Garibaldi.

Da Rio-Grande, dopo quei cinque anni di affannosavita, Garibaldi trasse seco, unico tesoro, la moglie caris-sima ed il figlio: - null'altro: - sicchè prima sua cura do-vette essere, arrivando in Montevideo, il cercar modo asostentar se e la famigliuola. Abborrente dal vivere a ca-rico altrui, e nemico all'ozio, non risparmiò fatica, nè la-sciò intentalo alcun mezzo, e riescì onde provvedere aisuoi cari. Tra le varie [13] cose in cui s'adoperò vogliamonotare le lezioni di algebra e di geometria che a certe oredel giorno dava nel principale collegio di quella città.Lo studio delle scienze esatte fu sempre una delle predi-lette occupazioni di Garibaldi. Però in un paese in cuiardeva la guerra non era possibile a lui rimanere a lungorivolto agli studi ed alle cure dei tempi di pace. Il gover-no di Montevideo cui erano note le di lui guerresche vir-tù e il carattere onoralo, avevalo più volte fatto tentare, e

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principii pareva volersi sostituire una guerra d'ambizioniindividuali; e verso la metà del 41 recavasi colla fami-gliuola a Montevideo, lasciando in Rio-Grande, e pressoquanti nel Brasile amavano la causa rio-grandese, ono-revole rinomanza e grato ricordo, e presso tutti gli altriun nome temuto, involto nelle calunnie di cui i partitison prodighi in ogni parte del mondo; ma tutti amici enemici compresi d'ammirazione pel valore straordinario.E qui ci piace ad onore del vero e della nostra patriarammentare che due nomi italiani rimasero sovra gli al-tri cari e riveriti nella popolazione di Rio-Grande, Zam-beccari e Garibaldi.

Da Rio-Grande, dopo quei cinque anni di affannosavita, Garibaldi trasse seco, unico tesoro, la moglie caris-sima ed il figlio: - null'altro: - sicchè prima sua cura do-vette essere, arrivando in Montevideo, il cercar modo asostentar se e la famigliuola. Abborrente dal vivere a ca-rico altrui, e nemico all'ozio, non risparmiò fatica, nè la-sciò intentalo alcun mezzo, e riescì onde provvedere aisuoi cari. Tra le varie [13] cose in cui s'adoperò vogliamonotare le lezioni di algebra e di geometria che a certe oredel giorno dava nel principale collegio di quella città.Lo studio delle scienze esatte fu sempre una delle predi-lette occupazioni di Garibaldi. Però in un paese in cuiardeva la guerra non era possibile a lui rimanere a lungorivolto agli studi ed alle cure dei tempi di pace. Il gover-no di Montevideo cui erano note le di lui guerresche vir-tù e il carattere onoralo, avevalo più volte fatto tentare, e

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invano, affinchè entrasse al servizio della Repubblica;ma finalmente, cedendo alle istanze degli amici, alla suapropria inclinazione e alla simpatia che gli ispirava lagiustizia della causa, assunse il comando di una partedella flotta. Tre legni gli furono affidati, una corvetta, unbrigantino, una goletta; con questi partiva da Montevi-deo per Corrientes sulla destra sponda del Paranà, affinedi secondare il piano di guerra contro Rosas, combinatotra i governi di quella provincia e della Banda orientale.Affrontava in quella corsa il fuoco delle batteriedell'Isola di Martin Garcia collocata sull'unico passag-gio delle navi, costrette quasi a rasentarla per iscarsitàd'acqua nel fiume restante; e tanto abilmente e coraggio-samente operò, che alcuni pezzi di artiglieria nemica fu-rono smontati in brev'ora, e agevolò, senza danno aglialtri suoi legni, rimanendo egli colla propria nave inpanna a sostenere tutto il fuoco nemico, quel passaggioconsiderato arrischiatissimo: locchè gli valse e le lodidei giornali del paese, e i ringraziamenti del Governo.Da quel punto dirigevasi al Paranà, che navigò stentata-mente pegli spessi banchi che lo ingombrano; e arrivatonelle vicinanze di Goya, mancategli intieramente le ac-que, ivi rimase incagliato; ed ivi lo raggiunse la flottanemica forte di 10 vele e capitanata dall'ammiraglioBrown, già noto per riportate strepitose vittorie sullasquadra brasiliana nella guerra contro l'impero sostenutadalla Repubblica Argentina. Baldanzoso pel numero,per la fama che accompagnavalo, e per la sfavorevoleposizione della flotta orientale, Brown s'avanzava quasi

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invano, affinchè entrasse al servizio della Repubblica;ma finalmente, cedendo alle istanze degli amici, alla suapropria inclinazione e alla simpatia che gli ispirava lagiustizia della causa, assunse il comando di una partedella flotta. Tre legni gli furono affidati, una corvetta, unbrigantino, una goletta; con questi partiva da Montevi-deo per Corrientes sulla destra sponda del Paranà, affinedi secondare il piano di guerra contro Rosas, combinatotra i governi di quella provincia e della Banda orientale.Affrontava in quella corsa il fuoco delle batteriedell'Isola di Martin Garcia collocata sull'unico passag-gio delle navi, costrette quasi a rasentarla per iscarsitàd'acqua nel fiume restante; e tanto abilmente e coraggio-samente operò, che alcuni pezzi di artiglieria nemica fu-rono smontati in brev'ora, e agevolò, senza danno aglialtri suoi legni, rimanendo egli colla propria nave inpanna a sostenere tutto il fuoco nemico, quel passaggioconsiderato arrischiatissimo: locchè gli valse e le lodidei giornali del paese, e i ringraziamenti del Governo.Da quel punto dirigevasi al Paranà, che navigò stentata-mente pegli spessi banchi che lo ingombrano; e arrivatonelle vicinanze di Goya, mancategli intieramente le ac-que, ivi rimase incagliato; ed ivi lo raggiunse la flottanemica forte di 10 vele e capitanata dall'ammiraglioBrown, già noto per riportate strepitose vittorie sullasquadra brasiliana nella guerra contro l'impero sostenutadalla Repubblica Argentina. Baldanzoso pel numero,per la fama che accompagnavalo, e per la sfavorevoleposizione della flotta orientale, Brown s'avanzava quasi

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sicuro della preda: ma la inaspettata resistenza ben ordi-nata e sostenuta contro i di lui attacchi presto il persuasedella tempra del nemico che aveva a combattere. Durò ilfuoco accanito per tre giorni, senza che gli avversarigiudicassero opportuno, per servirmi d'una frase dellarelazione di Garibaldi, di andare all'arrembaggio mal-grado la tanta superiorità del numero. - Vennero in quellungo battagliare a meno i proiettili alla flotta orientale,[14] e Garibaldi vi supplì tagliando a pezzi le catene delleàncore ed altri strumenti di ferro: di notte lanciò dei bru-lotti contro la squadra nemica che nonne ebbe alcundanno, perchè la molta violenza delle acque del fiume,di cui egli occupava la parte superiore, li fece sviare dal-la imposta direzione; quando poi mancò ogni manieraad offendere ei dispose ed eseguì l'imbarco dei suoi nel-le piccole lance, ed abbandonate le non più difendibilinavi, fecele saltare in aria appiccando fuoco alle polveri.- Sotto il tempestare delle palle nemiche vogò a terra, ela raggiunse in punto ove stava schierata e pronta la fan-teria che alla sua volta fulminavalo coi moschetti; nonpertanto toccò la sponda non solo, ma, ordinata la suagente, respinse i fanti nemici e s'aprì via, dopo lungocombattere in siffatta guisa, a guadagnare il territorio diCorrientes conducendo seco i feriti.

Dell'equipaggio di quelle navi molti erano italiani, enon poche preziose vite di nostri concittadini si spenseroin quel glorioso combattimento, che tanto onorò la ban-diera di Montevideo. Fra questi noi rammentiamo gli uf-

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sicuro della preda: ma la inaspettata resistenza ben ordi-nata e sostenuta contro i di lui attacchi presto il persuasedella tempra del nemico che aveva a combattere. Durò ilfuoco accanito per tre giorni, senza che gli avversarigiudicassero opportuno, per servirmi d'una frase dellarelazione di Garibaldi, di andare all'arrembaggio mal-grado la tanta superiorità del numero. - Vennero in quellungo battagliare a meno i proiettili alla flotta orientale,[14] e Garibaldi vi supplì tagliando a pezzi le catene delleàncore ed altri strumenti di ferro: di notte lanciò dei bru-lotti contro la squadra nemica che nonne ebbe alcundanno, perchè la molta violenza delle acque del fiume,di cui egli occupava la parte superiore, li fece sviare dal-la imposta direzione; quando poi mancò ogni manieraad offendere ei dispose ed eseguì l'imbarco dei suoi nel-le piccole lance, ed abbandonate le non più difendibilinavi, fecele saltare in aria appiccando fuoco alle polveri.- Sotto il tempestare delle palle nemiche vogò a terra, ela raggiunse in punto ove stava schierata e pronta la fan-teria che alla sua volta fulminavalo coi moschetti; nonpertanto toccò la sponda non solo, ma, ordinata la suagente, respinse i fanti nemici e s'aprì via, dopo lungocombattere in siffatta guisa, a guadagnare il territorio diCorrientes conducendo seco i feriti.

Dell'equipaggio di quelle navi molti erano italiani, enon poche preziose vite di nostri concittadini si spenseroin quel glorioso combattimento, che tanto onorò la ban-diera di Montevideo. Fra questi noi rammentiamo gli uf-

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fiziali Giuseppe Borzone di Chiavari, e Valerga, ambe-due giovani vigorosi e di provato coraggio. L'ingleseBrown, maravigliato di quella difesa, concepì d'allora inpoi la più alla stima pei talenti e pel valore di Garibaldi,e volle dargliene prova non dubbia l'illustre vecchio al-lorchè, ritirandosi in Inghilterra, approdò e rimase peralcuni giorni in Montevideo; poichè appena giunto colà,inviava a Garibaldi un suo fido, annunziandogli il desi-derio che aveva di visitarlo. Garibaldi, per rispetto allacanizie e al leale e generoso nemico, ch'ebbe tanta partenei più rimarchevoli avvenimenti nella storia delle re-pubbliche del Plata, e che per qualche tempo aveva avu-to l'onore di reggere la somma delle cose in Buenos-Aires, s'affrettò egli il primo alla casa dell'ammiraglio,che, stupito al vedere quella maschia figura, e in sì gio-vane età, stringevagli affettuosamente la mano, e conparole di sentito encomio lodavalo pel combattimentodel Paranà e per altri fatti minori nella guerra di mare.Non consentì Brown rimanere al disotto in cortesia alsuo avversario, che poco dopo si recò a vedere nellamodesta di lui casa.

Da quell'infelice ma onorevole spedizione tornavaGaribaldi colla sua gente a Montevideo, dopo alcunimesi, per via di terra; e v'arrivava appunto quandol'esercito che tuttora assedia quella città stava per inva-dere la Repubblica Orientale.

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Gli imminenti pericoli facevano desiderato Garibaldi

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fiziali Giuseppe Borzone di Chiavari, e Valerga, ambe-due giovani vigorosi e di provato coraggio. L'ingleseBrown, maravigliato di quella difesa, concepì d'allora inpoi la più alla stima pei talenti e pel valore di Garibaldi,e volle dargliene prova non dubbia l'illustre vecchio al-lorchè, ritirandosi in Inghilterra, approdò e rimase peralcuni giorni in Montevideo; poichè appena giunto colà,inviava a Garibaldi un suo fido, annunziandogli il desi-derio che aveva di visitarlo. Garibaldi, per rispetto allacanizie e al leale e generoso nemico, ch'ebbe tanta partenei più rimarchevoli avvenimenti nella storia delle re-pubbliche del Plata, e che per qualche tempo aveva avu-to l'onore di reggere la somma delle cose in Buenos-Aires, s'affrettò egli il primo alla casa dell'ammiraglio,che, stupito al vedere quella maschia figura, e in sì gio-vane età, stringevagli affettuosamente la mano, e conparole di sentito encomio lodavalo pel combattimentodel Paranà e per altri fatti minori nella guerra di mare.Non consentì Brown rimanere al disotto in cortesia alsuo avversario, che poco dopo si recò a vedere nellamodesta di lui casa.

Da quell'infelice ma onorevole spedizione tornavaGaribaldi colla sua gente a Montevideo, dopo alcunimesi, per via di terra; e v'arrivava appunto quandol'esercito che tuttora assedia quella città stava per inva-dere la Repubblica Orientale.

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Gli imminenti pericoli facevano desiderato Garibaldi

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in Montevideo, e molti dei più animosi tra i giovani diquella nobile città attendevanlo ansiosi per unirsi a luinella difesa che si andava preparando. «Con Garibaldi,dicevano, o si vince o si muore onorati.» Appena giunto,il governo incaricavalo d'organizzare una flotta di navisottili, uniche rimastegli della primitiva e fiorente suasquadra di mare. Non è a dire l'impegno con cui s'ado-perasse in questa bisogna; in breve tempo, superandol'aspettativa del governo, e assai meglio che non vi si at-tendesse per la scarsità de' mezzi, presentava ordinato epronto il naviglio. In questo mentre era venuto a collo-carsi quasi sotto le mura della città l'esercito assediatore;e il di lui capo, il generale Oribe, conscio del terrore cheispirava il suo nome e delle simpatie degli stranieri perla causa del popolo Orientale, mandava in que' primigiorni una circolare ai consoli, colla quale minacciava ditrattar da nemici coloro tra gli stranieri che avessero ocoll'armi o colla loro influenza giovato alla causa diquelli che ei veniva a combattere. A questa barbara mi-naccia i residenti tutti di Montevideo, allarmatisi, chie-sero il governo di essere armati onde prevenire ognidanno. Gli Italiani abitanti in gran numero in quella ca-pitale, richiesto ed ottenuto Garibaldi a lor capo, forma-rono una legione di circa 800 uomini e si posero agli or-dini del governo. È noto all'Italia come quei prodi nostriconcittadini difendessero energicamente la causa da essiabbracciata, e in quanto onore sollevassero il nome ita-liano in quelle contrade. In mille incontri sfolgorò lumi-noso il valore dei nostri condotti da Garibaldi e in parti-

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in Montevideo, e molti dei più animosi tra i giovani diquella nobile città attendevanlo ansiosi per unirsi a luinella difesa che si andava preparando. «Con Garibaldi,dicevano, o si vince o si muore onorati.» Appena giunto,il governo incaricavalo d'organizzare una flotta di navisottili, uniche rimastegli della primitiva e fiorente suasquadra di mare. Non è a dire l'impegno con cui s'ado-perasse in questa bisogna; in breve tempo, superandol'aspettativa del governo, e assai meglio che non vi si at-tendesse per la scarsità de' mezzi, presentava ordinato epronto il naviglio. In questo mentre era venuto a collo-carsi quasi sotto le mura della città l'esercito assediatore;e il di lui capo, il generale Oribe, conscio del terrore cheispirava il suo nome e delle simpatie degli stranieri perla causa del popolo Orientale, mandava in que' primigiorni una circolare ai consoli, colla quale minacciava ditrattar da nemici coloro tra gli stranieri che avessero ocoll'armi o colla loro influenza giovato alla causa diquelli che ei veniva a combattere. A questa barbara mi-naccia i residenti tutti di Montevideo, allarmatisi, chie-sero il governo di essere armati onde prevenire ognidanno. Gli Italiani abitanti in gran numero in quella ca-pitale, richiesto ed ottenuto Garibaldi a lor capo, forma-rono una legione di circa 800 uomini e si posero agli or-dini del governo. È noto all'Italia come quei prodi nostriconcittadini difendessero energicamente la causa da essiabbracciata, e in quanto onore sollevassero il nome ita-liano in quelle contrade. In mille incontri sfolgorò lumi-noso il valore dei nostri condotti da Garibaldi e in parti-

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colar modo si distinse nei fatti del Cerro, de las tresCruces, de la Boyada.

Il fatto del Cerro è stato, se non erriamo, il primo, incui la legione italiana potè dare un vero saggio di quantopiù tardi operò in benefizio di quella repubblica. Trova-vasi in quella circostanza un distaccamento di legionari,unito ad altri corpi nel Cerro - monte che sorge rimpettoa Montevideo dal lato occidentale della baia, che è portoa quella capitale sotto gli ordini del generale Bauzà, in-tento a far cacciare il nemico da certe posizioni, di cuierasi impossessato. Le truppe già s'erano da qualchetempo valorosamente battute; e tuttavia battevansi riso-lute a sloggiarnelo; e non ostante egli rimaneva pursempre lì ostinato senza dar segno di volersi allontanare.Garibaldi ben calcolata ogni cosa, aveva scorto d'untratto il punto in cui [16] avrebbe potuto con un decisivovantaggio urtare il nemico, e, dopo qualche esitanza, fi-nalmente apriva il suo pensiero al generale, chiedendogli fosse commessa quell'impresa che il generale appro-vava, e di buon animo affidavagli. Un forte pugno ditruppe nemiche erasi collocato in un fosso da dove sen-za poter essere offeso, offendeva terribilmente; non mol-to da quello discosto, sorgeva una casa, da cui gl'Italianidistavano da circa un cento passi, e tutto il rimanenteera campo aperto. Garibaldi presentatosi ai legionari, di-ceva così: «noi dobbiamo recarci a quella casa senzatrar colpo» e avviavasi il primo; il nemico, indovinato loscopo, tempestava furiosamente coi moschetti l'ardito

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colar modo si distinse nei fatti del Cerro, de las tresCruces, de la Boyada.

Il fatto del Cerro è stato, se non erriamo, il primo, incui la legione italiana potè dare un vero saggio di quantopiù tardi operò in benefizio di quella repubblica. Trova-vasi in quella circostanza un distaccamento di legionari,unito ad altri corpi nel Cerro - monte che sorge rimpettoa Montevideo dal lato occidentale della baia, che è portoa quella capitale sotto gli ordini del generale Bauzà, in-tento a far cacciare il nemico da certe posizioni, di cuierasi impossessato. Le truppe già s'erano da qualchetempo valorosamente battute; e tuttavia battevansi riso-lute a sloggiarnelo; e non ostante egli rimaneva pursempre lì ostinato senza dar segno di volersi allontanare.Garibaldi ben calcolata ogni cosa, aveva scorto d'untratto il punto in cui [16] avrebbe potuto con un decisivovantaggio urtare il nemico, e, dopo qualche esitanza, fi-nalmente apriva il suo pensiero al generale, chiedendogli fosse commessa quell'impresa che il generale appro-vava, e di buon animo affidavagli. Un forte pugno ditruppe nemiche erasi collocato in un fosso da dove sen-za poter essere offeso, offendeva terribilmente; non mol-to da quello discosto, sorgeva una casa, da cui gl'Italianidistavano da circa un cento passi, e tutto il rimanenteera campo aperto. Garibaldi presentatosi ai legionari, di-ceva così: «noi dobbiamo recarci a quella casa senzatrar colpo» e avviavasi il primo; il nemico, indovinato loscopo, tempestava furiosamente coi moschetti l'ardito

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Page 28: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

drappello, che s'affrettava verso la casa; e nonostante unmomento dopo, al riparo di quei muri, Garibaldi riordi-nava tutti i compagni sani e salvi; «ora, soggiungeva,colle baionette calate al fosso»; A quelle parole comeallo scattar d'una molla, avventavasi la piccola falangecompatta al punto indicato e vi cadeva con tale impetoche il nemico cominciò da quel lato a tentennare per sif-fatta guisa, che ne trasalì lungo tutta la sua linea, e pre-sentò così un momento favorevole ai montevideani che,colta l'opportunità lo respinsero facendogli molti prigio-ni.

Noi ci siamo alquanto diffusi intorno a questo fattoper rilevare una circostanza che è utile far nota all'Italia,nella fiducia che, ben conosciuti certi suoi pretesi amici,e nauseata finalmente dei vergognosi amori forestierivorrà pensare a dignitosamente provvedere da sè al pro-prio onore dapprima, supremo dei beni, poi alle altre vi-tali questioni da cui dipende la sua felicità e la sua forza,ma che tutte sottostanno a quella principalissimadell'onore nazionale, senza di cui la libertà, l'indipen-denza e tutto sono un nulla o una vergogna. E la rilevia-mo anche per far sempre più chiaro il nobilissimo carat-tere di Garibaldi, che il dispetto e l'ira in lui eccitati dal-le bassezze di chi vorrebbelo offendere, egli riversa incapo ai nemici, non mai sugli individui che o per fedepolitica o per vincolo fraterno, dovrebbero meglio diogni altro tenerlo in pregio.

Quando adunque sui primi d'aprile del 43, gl'Italiani

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drappello, che s'affrettava verso la casa; e nonostante unmomento dopo, al riparo di quei muri, Garibaldi riordi-nava tutti i compagni sani e salvi; «ora, soggiungeva,colle baionette calate al fosso»; A quelle parole comeallo scattar d'una molla, avventavasi la piccola falangecompatta al punto indicato e vi cadeva con tale impetoche il nemico cominciò da quel lato a tentennare per sif-fatta guisa, che ne trasalì lungo tutta la sua linea, e pre-sentò così un momento favorevole ai montevideani che,colta l'opportunità lo respinsero facendogli molti prigio-ni.

Noi ci siamo alquanto diffusi intorno a questo fattoper rilevare una circostanza che è utile far nota all'Italia,nella fiducia che, ben conosciuti certi suoi pretesi amici,e nauseata finalmente dei vergognosi amori forestierivorrà pensare a dignitosamente provvedere da sè al pro-prio onore dapprima, supremo dei beni, poi alle altre vi-tali questioni da cui dipende la sua felicità e la sua forza,ma che tutte sottostanno a quella principalissimadell'onore nazionale, senza di cui la libertà, l'indipen-denza e tutto sono un nulla o una vergogna. E la rilevia-mo anche per far sempre più chiaro il nobilissimo carat-tere di Garibaldi, che il dispetto e l'ira in lui eccitati dal-le bassezze di chi vorrebbelo offendere, egli riversa incapo ai nemici, non mai sugli individui che o per fedepolitica o per vincolo fraterno, dovrebbero meglio diogni altro tenerlo in pregio.

Quando adunque sui primi d'aprile del 43, gl'Italiani

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chiesero le armi in Montevideo, un Francese, seguendoin ciò il costume de' suoi connazionali, faceva presenteal governo e al generale in capo Paz, non d'altro esserecapaci gl'Italiani, che di ferire nelle spalle di notte e atradimento, [17] e quindi tempo, danari per organizzarli efiducia di valido aiuto, tutto sarebbesi risolto in nulla; eciò, seguitava, poterlo affermare per la pratica che avevadella gente nostra! Erano le villanie francesi esattamenteriferite a Garibaldi da persone, alla cui autorità non po-tevasi negar fede; ma troppo senno e troppa generositàaveva egli - e ben lo sapeva chi facevagli queste confi-denze - per non comprendere che, in faccia a un nemicoche tutti si preparavano a combattere, ogni personale ri-sentimento tra uomini militanti per la causa medesimadoveva tacere; sicchè frenata la giusta indignazione, fer-mava in cuor suo smentire e presto il calunniatore fran-cese con fatti, pei quali il nome italiano onorevolmentes'alzasse in quelle contrade, e a danno soltanto del nemi-co comune, colla speranza di poter pure col tempo umi-liare que' tracotanti, allorchè un paragone si fosse potutoistituire tra la legione italiana e la francese in Montevi-deo; non è quindi a dirsi con quale ardore ei cogliessequella prima occasione del Cerro per dare alla Repubbli-ca Orientale una prova che erano stati gl'Italiani turpe-mente calunniati. E fino a qual punto fosse già pervenu-to poco dopo a levare in fama la legione italiana supe-riore a quella dei francesi, si rileva dalla giornata delpaso de la Boyada, nella quale il generale Paz con ani-mo di tentare un arditissimo colpo, che avrebbe potuto

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chiesero le armi in Montevideo, un Francese, seguendoin ciò il costume de' suoi connazionali, faceva presenteal governo e al generale in capo Paz, non d'altro esserecapaci gl'Italiani, che di ferire nelle spalle di notte e atradimento, [17] e quindi tempo, danari per organizzarli efiducia di valido aiuto, tutto sarebbesi risolto in nulla; eciò, seguitava, poterlo affermare per la pratica che avevadella gente nostra! Erano le villanie francesi esattamenteriferite a Garibaldi da persone, alla cui autorità non po-tevasi negar fede; ma troppo senno e troppa generositàaveva egli - e ben lo sapeva chi facevagli queste confi-denze - per non comprendere che, in faccia a un nemicoche tutti si preparavano a combattere, ogni personale ri-sentimento tra uomini militanti per la causa medesimadoveva tacere; sicchè frenata la giusta indignazione, fer-mava in cuor suo smentire e presto il calunniatore fran-cese con fatti, pei quali il nome italiano onorevolmentes'alzasse in quelle contrade, e a danno soltanto del nemi-co comune, colla speranza di poter pure col tempo umi-liare que' tracotanti, allorchè un paragone si fosse potutoistituire tra la legione italiana e la francese in Montevi-deo; non è quindi a dirsi con quale ardore ei cogliessequella prima occasione del Cerro per dare alla Repubbli-ca Orientale una prova che erano stati gl'Italiani turpe-mente calunniati. E fino a qual punto fosse già pervenu-to poco dopo a levare in fama la legione italiana supe-riore a quella dei francesi, si rileva dalla giornata delpaso de la Boyada, nella quale il generale Paz con ani-mo di tentare un arditissimo colpo, che avrebbe potuto

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cambiare in parte le sorti della guerra se da tutti fossestato egualmente secondato, sceglieva ad essergli com-pagni nella più arrischiata fazione di quel giorno, alcunicorpi, fra i quali l'italiano comandato da Garibaldi e daAnzani. Non ebbe sventuratamente il piano del generalel'esito che s'era proposto e per ragioni che non è qui de-bito nostro enumerare: ma non possiamo tralasciar didire che nel paso de la Boyada Garibaldi col valore ecoll'intelletto, in ciò mirabilmente sostenuto dai suoi,contribuì cogli altri corpi potentemente a dare un giornodi gloria alle armi della Repubblica: mentre da un altrolato la legione francese lasciata nei soliti trincieramenti,e lontana dal fervore della mischia, spaventavasi in quelmedesimo giorno all'apparire d'un gruppo di cavalleria,sicchè molti perivano fuggendo colpiti nelle spalle, mol-ti altri a passi precipitosi andavano a cercare salvezzanella città, lasciando quasi deserto il posto a loro affida-to.

Noi rammentiamo aver in quel giorno udito i legiona-ri [18] italiani che avean veduto il lor colonnello uscire il-leso da quella tempesta di palle, ripetere tra la maravi-glia e lo scherzo: - che egli scacciasse da se i piombi mi-cidiali con uno scrollo come si fa de le mosche. -

Lo scontro de las tres Cruces fu sanguinosissimo perambe le parti. Un colonnello per nome Neira avanzatosidi troppo verso gli assediatori di Montevideo, era cadutodi cavallo colpito da un tiro di fucile: Garibaldi avverti-to del fatto, ordinava subito ad alcuni de' suoi di racco-

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cambiare in parte le sorti della guerra se da tutti fossestato egualmente secondato, sceglieva ad essergli com-pagni nella più arrischiata fazione di quel giorno, alcunicorpi, fra i quali l'italiano comandato da Garibaldi e daAnzani. Non ebbe sventuratamente il piano del generalel'esito che s'era proposto e per ragioni che non è qui de-bito nostro enumerare: ma non possiamo tralasciar didire che nel paso de la Boyada Garibaldi col valore ecoll'intelletto, in ciò mirabilmente sostenuto dai suoi,contribuì cogli altri corpi potentemente a dare un giornodi gloria alle armi della Repubblica: mentre da un altrolato la legione francese lasciata nei soliti trincieramenti,e lontana dal fervore della mischia, spaventavasi in quelmedesimo giorno all'apparire d'un gruppo di cavalleria,sicchè molti perivano fuggendo colpiti nelle spalle, mol-ti altri a passi precipitosi andavano a cercare salvezzanella città, lasciando quasi deserto il posto a loro affida-to.

Noi rammentiamo aver in quel giorno udito i legiona-ri [18] italiani che avean veduto il lor colonnello uscire il-leso da quella tempesta di palle, ripetere tra la maravi-glia e lo scherzo: - che egli scacciasse da se i piombi mi-cidiali con uno scrollo come si fa de le mosche. -

Lo scontro de las tres Cruces fu sanguinosissimo perambe le parti. Un colonnello per nome Neira avanzatosidi troppo verso gli assediatori di Montevideo, era cadutodi cavallo colpito da un tiro di fucile: Garibaldi avverti-to del fatto, ordinava subito ad alcuni de' suoi di racco-

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gliere il caduto, reputandolo ferito: ma il nemico ch'eraingrossato in quel punto staccava alla sua volta forzemaggiori per opporsi: lì impegnavasi una lotta accanita:Garibaldi coll'esempio e colla voce animava gl'Italiani atener fermo onde non lasciar perire il ferito compagno:il nemico superiore di forze s'ostinava a non cedere: dei150 de' nostri cadde la quarta parte tra morti e feriti;l'onore non concedeva a nessuno il ritirarsi: ma Garibal-di, fatto fare un estremo sforzo ai suoi, vedeva il nemicoandare indietro, poi darsi alla fuga, che nol sottrasse allebaionette dei soldati furenti: le memorie d'allora regi-strarono la perdita del nemico di gran lunga maggiore aquella degl'Italiani. - Questo fatto mostrerà, comenell'ora del pericolo possano i compagni d'armi contarefiduciosi sull'appoggio del lor capo. V'hanno nella co-stui vita molti altri fatti di arme brillanti, pari a questi opiù splendidi, ma noi li preferimmo, perchè da essi tra-luce meglio oltre il coraggio e il talento militare, la tem-pra dell'animo generoso, qualità che sopratutte noi vene-riamo. Nella storia della Legione italiana in America,chi si farà un giorno a compilarla potrà distesamente, ead una ad una, narrare le imprese in cui Garibaldi tantomeritamente si distinse.

Frattanto noi senza contraddire al nostro proposito cifaremo a narrarne alcune altre, e più specialmente quelladel febbraio 1846 nel campo di S. Antonio, in cui diedeprova di straordinaria militare perizia e d'incredibile au-dacia.

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gliere il caduto, reputandolo ferito: ma il nemico ch'eraingrossato in quel punto staccava alla sua volta forzemaggiori per opporsi: lì impegnavasi una lotta accanita:Garibaldi coll'esempio e colla voce animava gl'Italiani atener fermo onde non lasciar perire il ferito compagno:il nemico superiore di forze s'ostinava a non cedere: dei150 de' nostri cadde la quarta parte tra morti e feriti;l'onore non concedeva a nessuno il ritirarsi: ma Garibal-di, fatto fare un estremo sforzo ai suoi, vedeva il nemicoandare indietro, poi darsi alla fuga, che nol sottrasse allebaionette dei soldati furenti: le memorie d'allora regi-strarono la perdita del nemico di gran lunga maggiore aquella degl'Italiani. - Questo fatto mostrerà, comenell'ora del pericolo possano i compagni d'armi contarefiduciosi sull'appoggio del lor capo. V'hanno nella co-stui vita molti altri fatti di arme brillanti, pari a questi opiù splendidi, ma noi li preferimmo, perchè da essi tra-luce meglio oltre il coraggio e il talento militare, la tem-pra dell'animo generoso, qualità che sopratutte noi vene-riamo. Nella storia della Legione italiana in America,chi si farà un giorno a compilarla potrà distesamente, ead una ad una, narrare le imprese in cui Garibaldi tantomeritamente si distinse.

Frattanto noi senza contraddire al nostro proposito cifaremo a narrarne alcune altre, e più specialmente quelladel febbraio 1846 nel campo di S. Antonio, in cui diedeprova di straordinaria militare perizia e d'incredibile au-dacia.

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Veniva Garibaldi spedito dal governo con una divisio-ne composta di varii corpi e d'una parte della legioneitaliana al Salto, città collocata quasi alla frontiera delBrasile, affinchè difendesse e sgombrasse quel territoriodai nemici, i quali incontrò e battè ripetute volte, scac-ciandoli finalmente da quella provincia. Nella sua navi-gazione da Montevideo al Salto operò l'occupazionedella Colonia, sbarcando pel [19] primo cogl'Italiani, chein quel giorno combatterono soli contro il nemico, e ri-portarono poi dai giornali francesi la taccia d'aver sac-cheggiata l'occupata città. Da quest'accusa noi abbiamogià difesa la legione italiana in uno scritto pubblicatonel Corriere Livornese2 dimostrando come invece i sol-dati di Francia fossero gli autori degli scandali nella Co-lonia. Lasciata però questa città al colonnello Battle checontinuò a difenderla valorosamente, ei riducevasi infi-ne al Salto. Colà fu diverse volte attaccato dal nemicocon molta artiglieria e superiore di forze, ma sempre in-vano.

In quel giorno 8 febbraio erane uscito con 184 legio-nari italiani ed alcuni uomini di cavalleria onde proteg-gere il generale Medina, che con pochi soldati dovevaricoverarsi nel Salto. Appena giunto a una lega distante,trovavasi attorniato da 1500 nemici, contro i quali fuforza combattere, poichè cedere nè far patti onde salvarela vita non istà nella natura di Garibaldi. Andavano i ne-mici come a preda sicura, e Garibaldi lasciavali appros-

2 Vedi dal n. 9, 11, al 16.

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Veniva Garibaldi spedito dal governo con una divisio-ne composta di varii corpi e d'una parte della legioneitaliana al Salto, città collocata quasi alla frontiera delBrasile, affinchè difendesse e sgombrasse quel territoriodai nemici, i quali incontrò e battè ripetute volte, scac-ciandoli finalmente da quella provincia. Nella sua navi-gazione da Montevideo al Salto operò l'occupazionedella Colonia, sbarcando pel [19] primo cogl'Italiani, chein quel giorno combatterono soli contro il nemico, e ri-portarono poi dai giornali francesi la taccia d'aver sac-cheggiata l'occupata città. Da quest'accusa noi abbiamogià difesa la legione italiana in uno scritto pubblicatonel Corriere Livornese2 dimostrando come invece i sol-dati di Francia fossero gli autori degli scandali nella Co-lonia. Lasciata però questa città al colonnello Battle checontinuò a difenderla valorosamente, ei riducevasi infi-ne al Salto. Colà fu diverse volte attaccato dal nemicocon molta artiglieria e superiore di forze, ma sempre in-vano.

In quel giorno 8 febbraio erane uscito con 184 legio-nari italiani ed alcuni uomini di cavalleria onde proteg-gere il generale Medina, che con pochi soldati dovevaricoverarsi nel Salto. Appena giunto a una lega distante,trovavasi attorniato da 1500 nemici, contro i quali fuforza combattere, poichè cedere nè far patti onde salvarela vita non istà nella natura di Garibaldi. Andavano i ne-mici come a preda sicura, e Garibaldi lasciavali appros-

2 Vedi dal n. 9, 11, al 16.

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simare di tanto che nessun colpo potesse andare fallito:e solo allorchè una breve distanza lo separava dai 300fanti, che marciavangli sopra, ordinò una scarica, che ri-dusse a metà l'inorgoglito nemico. Durò l'ineguale con-flitto 8 ore ostinatissimo. Garibaldi combattè in quelgiorno da soldato, appuntando sovente il moschetto con-tro il soverchiante numero. - Non consentì che un parla-mento inviato dal nemico s'avvicinasse a lui, preferendola bella morte nel campo alla vita comprata con armisti-zi e codarde transazioni. - I suoi udironlo, in tutto queltempo che il fuoco durò, esortarli a rammentarsidell'onore italiano compromesso in quella lotta, e a noncedere. E il possente scongiuro sortiva in quei valorosis-simi l'effetto bramato. Perirono 35 sul luogo, cinquantarimasero feriti, e appena 100 trovavansi alle 9 ore diquella sera ancora in piedi, quantunque tutti o quasi toc-chi e contusi. In sì deplorabile condizione Garibaldi ri-volse dapprima il pensiero ai feriti, che collocò sui ca-valli rimasti, e cogli altri commilitoni scortò nella ritira-ta che imprese a quell'ora notturna. Lungo e travagliatofu il breve tragitto da S. Antonio al Salto, ove non entra-rono che verso la mezzanotte; il nemico tuttocchè battu-to e assottigliato, pure rimasto sempre superiore di forzech'erano di cavalleria, aveva continuato a molestarli du-rante il cammino.

[20] Gli abitanti del Salto accoglievano festanti e cometrasognati quei gloriosi, e il loro capo, sì miracolosa-mente salvati per propria virtù da tanti nemici. Di costo-

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simare di tanto che nessun colpo potesse andare fallito:e solo allorchè una breve distanza lo separava dai 300fanti, che marciavangli sopra, ordinò una scarica, che ri-dusse a metà l'inorgoglito nemico. Durò l'ineguale con-flitto 8 ore ostinatissimo. Garibaldi combattè in quelgiorno da soldato, appuntando sovente il moschetto con-tro il soverchiante numero. - Non consentì che un parla-mento inviato dal nemico s'avvicinasse a lui, preferendola bella morte nel campo alla vita comprata con armisti-zi e codarde transazioni. - I suoi udironlo, in tutto queltempo che il fuoco durò, esortarli a rammentarsidell'onore italiano compromesso in quella lotta, e a noncedere. E il possente scongiuro sortiva in quei valorosis-simi l'effetto bramato. Perirono 35 sul luogo, cinquantarimasero feriti, e appena 100 trovavansi alle 9 ore diquella sera ancora in piedi, quantunque tutti o quasi toc-chi e contusi. In sì deplorabile condizione Garibaldi ri-volse dapprima il pensiero ai feriti, che collocò sui ca-valli rimasti, e cogli altri commilitoni scortò nella ritira-ta che imprese a quell'ora notturna. Lungo e travagliatofu il breve tragitto da S. Antonio al Salto, ove non entra-rono che verso la mezzanotte; il nemico tuttocchè battu-to e assottigliato, pure rimasto sempre superiore di forzech'erano di cavalleria, aveva continuato a molestarli du-rante il cammino.

[20] Gli abitanti del Salto accoglievano festanti e cometrasognati quei gloriosi, e il loro capo, sì miracolosa-mente salvati per propria virtù da tanti nemici. Di costo-

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ro vuolsi che 500 rimanessero in quel giorno fuori dicombattimento, la maggior parte estinti. - All'annunziodel fatto strepitoso, il governo di Montevideo fece in-scrivere a lettere d'oro nella bandiera della legione ita-liana queste parole: - Gesta dell'8 febbraio 1846 dellalegione italiana agli ordini di Garibaldi, e alla legionemedesima assegnava per un decreto, in tutte le paratedell'esercito nazionale, la destra, distinzione altamenteonorevole alle armi italiane, dovuta al genio e al corag-gio di Garibaldi così valorosamente secondato dai com-pagni3.

Di questo fatto scrivendo egli ad un amico in Monte-video, a giusto titolo inorgoglito diceva: Io non darei ilmio nome di legionario italiano per il globo in oro. No-bilissimo detto che fu da tutti raccolto, e sublimato in uncanto, che il poeta orientale Figueroa consacrava entu-siasmato al difensore della di lui patria.

L'ammiraglio di Francia, nel Rio de la Plata, Lainé,colto da stupore anch'egli, scriveva dalla sua fregatal'Africaine al generale Garibaldi le seguenti parole, chetraduciamo dall'autografo in nostro potere: «Io vi felici-to, mio caro generale, d'avere così potentemente contri-buito colla intelligente ed intrepida vostra condotta alcompimento di fatti d'arme, dei quali si sarebbero inor-gogliti i soldati della grande armata, che per un momen-to contenne tutta l'Europa. Io vi felicito in egual modo3 Vedi CORR. LIV., numeri citati, nei quali è diffusamente narrato questo fat-

to.

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ro vuolsi che 500 rimanessero in quel giorno fuori dicombattimento, la maggior parte estinti. - All'annunziodel fatto strepitoso, il governo di Montevideo fece in-scrivere a lettere d'oro nella bandiera della legione ita-liana queste parole: - Gesta dell'8 febbraio 1846 dellalegione italiana agli ordini di Garibaldi, e alla legionemedesima assegnava per un decreto, in tutte le paratedell'esercito nazionale, la destra, distinzione altamenteonorevole alle armi italiane, dovuta al genio e al corag-gio di Garibaldi così valorosamente secondato dai com-pagni3.

Di questo fatto scrivendo egli ad un amico in Monte-video, a giusto titolo inorgoglito diceva: Io non darei ilmio nome di legionario italiano per il globo in oro. No-bilissimo detto che fu da tutti raccolto, e sublimato in uncanto, che il poeta orientale Figueroa consacrava entu-siasmato al difensore della di lui patria.

L'ammiraglio di Francia, nel Rio de la Plata, Lainé,colto da stupore anch'egli, scriveva dalla sua fregatal'Africaine al generale Garibaldi le seguenti parole, chetraduciamo dall'autografo in nostro potere: «Io vi felici-to, mio caro generale, d'avere così potentemente contri-buito colla intelligente ed intrepida vostra condotta alcompimento di fatti d'arme, dei quali si sarebbero inor-gogliti i soldati della grande armata, che per un momen-to contenne tutta l'Europa. Io vi felicito in egual modo3 Vedi CORR. LIV., numeri citati, nei quali è diffusamente narrato questo fat-

to.

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per la semplicità, e la modestia che rendono più cara lalettura della relazione, in cui ci date i più minuti raggua-gli d'un fatto, del quale potreste senza timore attribuirvitutto l'onore. Del resto questa modestia vi ha cattivato lesimpatie di persone atte a meritamente apprezzare ciòche voi siete venuto operando da sei mesi in qua4, tra lequali noterò in primo luogo il nostro ministro plenipo-tenziario, che onora il vostro carattere, e nel quale aveteun caldo difensore soprattutto allorquando si tratta discrivere a Parigi coll'intento di distruggere le impressio-ni sfavorevoli, che ponno aver fatto [21] nascere alcuniarticoli di giornali, redatti da persone poco use a dire laverità anche quando raccontano dei fatti avvenuti sotto iproprii loro occhi»5

Al tempo medesimo che aveva Garibaldi il comandodella legione italiana, conservava pur sempre quello del-la flottiglia orientale, e in molte occasioni con questaprese il largo a molestare il commercio del nemico, inonta al blocco tenuto dalle navi di Brown, le quali nonpoterongli sempre impedire di condurre prigioni nel4 Erano appunto sei mesi dacchè Garibaldi era stato dal governo incaricato

della spedizione al Salto5 Queste parole dell'ammiraglio francese non possono far allusione che alle

ripetute calunnie a carico degl'Italiani apparse ne' giornali francesi intornoall'occupazione della Colonia, e specialmente ad articoli pubblicati nellaPresse, generalmente attribuiti al signor Page, comandante del brigantinoDucoëdic, il quale trovavasi dinanzi alla Colonia all'epoca dell'occupazio-ne suddetta, e traeva coi cannoni sugl'Italiani sbarcati, in luogo di mitra-gliare i nemici. — Il signor Page è tenuto nel Rio de la Plata come interes-sato partigiano di Rosas.

Era ministro di Francia in Montevideo il barone Deffaudis.

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per la semplicità, e la modestia che rendono più cara lalettura della relazione, in cui ci date i più minuti raggua-gli d'un fatto, del quale potreste senza timore attribuirvitutto l'onore. Del resto questa modestia vi ha cattivato lesimpatie di persone atte a meritamente apprezzare ciòche voi siete venuto operando da sei mesi in qua4, tra lequali noterò in primo luogo il nostro ministro plenipo-tenziario, che onora il vostro carattere, e nel quale aveteun caldo difensore soprattutto allorquando si tratta discrivere a Parigi coll'intento di distruggere le impressio-ni sfavorevoli, che ponno aver fatto [21] nascere alcuniarticoli di giornali, redatti da persone poco use a dire laverità anche quando raccontano dei fatti avvenuti sotto iproprii loro occhi»5

Al tempo medesimo che aveva Garibaldi il comandodella legione italiana, conservava pur sempre quello del-la flottiglia orientale, e in molte occasioni con questaprese il largo a molestare il commercio del nemico, inonta al blocco tenuto dalle navi di Brown, le quali nonpoterongli sempre impedire di condurre prigioni nel4 Erano appunto sei mesi dacchè Garibaldi era stato dal governo incaricato

della spedizione al Salto5 Queste parole dell'ammiraglio francese non possono far allusione che alle

ripetute calunnie a carico degl'Italiani apparse ne' giornali francesi intornoall'occupazione della Colonia, e specialmente ad articoli pubblicati nellaPresse, generalmente attribuiti al signor Page, comandante del brigantinoDucoëdic, il quale trovavasi dinanzi alla Colonia all'epoca dell'occupazio-ne suddetta, e traeva coi cannoni sugl'Italiani sbarcati, in luogo di mitra-gliare i nemici. — Il signor Page è tenuto nel Rio de la Plata come interes-sato partigiano di Rosas.

Era ministro di Francia in Montevideo il barone Deffaudis.

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porto di Montevideo i legni, che andavano a provvedereOribe. Altre volte con opportuni movimenti agevolò allebarche mercantili, che trasportavano vettovaglie allabloccata città, l'entrata nel porto gelosamente custoditodalla squadra argentina. Talora di notte imbarcatosi conmolti legionari in grosse lancie usciva determinato adare l'assalto alle navi nemiche, che munite di grossicannoni, ei non poteva affrontare di giorno; ma l'arditodivisamento ei non potè mandare giammai ad effettoperchè il nemico non ignorando con quale terribileuomo avesse a fare, soleva di notte alzare le àncore, etrasportarsi altrove. Finalmente volendo un giorno torsiquella voglia di venire alle mani, uscì con tre piccoli le-gni, i meno cattivi della squadra, con animo deliberatod'attaccare il nemico, che stava ancorato sulla rada diMontevideo. Tre navi, il 25 de marzo, General Echague,e la Maypù con 44 cannoni, tra tutte, presentava la squa-dra di Rosas; Garibaldi ne contava appena 8 di piccolocalibro, e nonostante egli s'avanzò, e dispose i suoi legniin linea di battaglia. La squadra nemica, che aveva giàsciolto le vele, rivolgeva le prore, e navigava minaccian-do gli audaci che le stavano a rincontro: però vicina atoccare quella distanza, che avrebbe reso inevitabile ilcombattimento, torceva la direzione e si allontanava.Erano i terrazzi di [22] Montevideo gremiti di popolo an-sioso e trepidante: dagli alberi delle numerose navi mer-cantili e da guerra d'ogni nazione stavano i marini atten-dendo meravigliati che quella lotta così disuguales'ingaggiasse; ma il nemico ritirandosi lasciava tutti sor-

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porto di Montevideo i legni, che andavano a provvedereOribe. Altre volte con opportuni movimenti agevolò allebarche mercantili, che trasportavano vettovaglie allabloccata città, l'entrata nel porto gelosamente custoditodalla squadra argentina. Talora di notte imbarcatosi conmolti legionari in grosse lancie usciva determinato adare l'assalto alle navi nemiche, che munite di grossicannoni, ei non poteva affrontare di giorno; ma l'arditodivisamento ei non potè mandare giammai ad effettoperchè il nemico non ignorando con quale terribileuomo avesse a fare, soleva di notte alzare le àncore, etrasportarsi altrove. Finalmente volendo un giorno torsiquella voglia di venire alle mani, uscì con tre piccoli le-gni, i meno cattivi della squadra, con animo deliberatod'attaccare il nemico, che stava ancorato sulla rada diMontevideo. Tre navi, il 25 de marzo, General Echague,e la Maypù con 44 cannoni, tra tutte, presentava la squa-dra di Rosas; Garibaldi ne contava appena 8 di piccolocalibro, e nonostante egli s'avanzò, e dispose i suoi legniin linea di battaglia. La squadra nemica, che aveva giàsciolto le vele, rivolgeva le prore, e navigava minaccian-do gli audaci che le stavano a rincontro: però vicina atoccare quella distanza, che avrebbe reso inevitabile ilcombattimento, torceva la direzione e si allontanava.Erano i terrazzi di [22] Montevideo gremiti di popolo an-sioso e trepidante: dagli alberi delle numerose navi mer-cantili e da guerra d'ogni nazione stavano i marini atten-dendo meravigliati che quella lotta così disuguales'ingaggiasse; ma il nemico ritirandosi lasciava tutti sor-

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presi, mentre a Garibaldi ridondavane gloria e concettograndissimo presso quegli spettatori ed in ispecie pressogli ufficiali delle navi inglesi, americane e francesi. In-tento di Garibaldi era d'aspettare il nemico che superioredi tanto in forze credeva non avrebbe esitato a correrglisopra, e quando gli fosse stato vicino, avventarglisi aifianchi, e venire all'arma bianca: perlochè aveva al suobordo un buon numero di legionari risoluti a quel colpoarrischiato. Vuolsi che il comandante di Rosas non di-sposto al decisivo esperimento, che avvicinandosi scor-geva preparatogli dall'audace nemico, si ritraesse dalcampo.

E ad onore di Garibaldi vogliamo registrare in questepagine un progetto, che ben dimostra di quanto sia capa-ce l'imperterrito suo animo. Ei proponeva adunque algoverno di Montevideo, d'imbarcare nella flottiglia lalegione italiana e con essa navigare il più che fosse pos-sibile occulto alla volta di Buenos-Aires, e di notte tem-po scendere improvvisamente in quella città, accorrerealla casa di Rosas, tentare di farlo prigione e chiamarequell'oppressa e fremente popolazione alla libertà toltaledal suo feroce persecutore. Il governo di Montevideonon osava accettare la proposta, e a scusa del rifiuto ad-duceva il timore di perdere Garibaldi e i suoi, e con essiparte del suo più valido appoggio. - Il colpo meditato daGaribaldi, ove, com'era probabile, atteso l'esasperazionedi quel popolo contro Rosas, fosse riuscito, avrebbe po-tuto accelerare di molto e in beneficio della buona causa

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presi, mentre a Garibaldi ridondavane gloria e concettograndissimo presso quegli spettatori ed in ispecie pressogli ufficiali delle navi inglesi, americane e francesi. In-tento di Garibaldi era d'aspettare il nemico che superioredi tanto in forze credeva non avrebbe esitato a correrglisopra, e quando gli fosse stato vicino, avventarglisi aifianchi, e venire all'arma bianca: perlochè aveva al suobordo un buon numero di legionari risoluti a quel colpoarrischiato. Vuolsi che il comandante di Rosas non di-sposto al decisivo esperimento, che avvicinandosi scor-geva preparatogli dall'audace nemico, si ritraesse dalcampo.

E ad onore di Garibaldi vogliamo registrare in questepagine un progetto, che ben dimostra di quanto sia capa-ce l'imperterrito suo animo. Ei proponeva adunque algoverno di Montevideo, d'imbarcare nella flottiglia lalegione italiana e con essa navigare il più che fosse pos-sibile occulto alla volta di Buenos-Aires, e di notte tem-po scendere improvvisamente in quella città, accorrerealla casa di Rosas, tentare di farlo prigione e chiamarequell'oppressa e fremente popolazione alla libertà toltaledal suo feroce persecutore. Il governo di Montevideonon osava accettare la proposta, e a scusa del rifiuto ad-duceva il timore di perdere Garibaldi e i suoi, e con essiparte del suo più valido appoggio. - Il colpo meditato daGaribaldi, ove, com'era probabile, atteso l'esasperazionedi quel popolo contro Rosas, fosse riuscito, avrebbe po-tuto accelerare di molto e in beneficio della buona causa

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Page 38: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

il termine di quella guerra che tuttavia dura, e con incer-te speranze di prospero fine.

Il governo della Repubblica reputando a lui più con-veniente avere Garibaldi nella capitale, richiamavalo dalSalto, che da lungo tempo non veniva più molestato, nèapprossimato dai nemici ch'egli aveva battuti, come giàaccennammo, in vari incontri, dei quali non vogliono es-sere taciuti, prima quello d'Itapevy, ove sconfisse il co-lonnello Lavalleja, togliendogli 100 prigioni, due pezzid'artiglieria, oltre l'essere rimasta in di lui potere la fa-miglia del capo nemico, al quale la rimandò subito ac-compagnata da un picchetto composto di que' prigionie-ri e da una lettera piena di cortesi e generosi [23] senti-menti6; e l'altro avvenuto sulle sponde del fiume Day-man contro i colonnelli Lamas e Vergara che disfece to-talmente. Partiva adunque il generale alla volta di Mon-tevideo, lasciando quella città munita d'una ben costruttafortezza, opera dovuta alla perizia ed all'attività del co-lonnello Anzani, e quella popolazione dolente di perderei suoi buoni amici e difensori.

E qui giova ricordare un monumento di pia ricordan-za che a testimonio del suo animo religioso lasciò Gari-baldi nel Salto, come già aveva fatto all'epoca del com-battimento navale nel Paranà, presso Goya. Appenaprovveduto ai compagni superstiti alla battaglia di S.Antonio, fu suo pensiero far raccogliere i corpi gloriosa-6 Vedi: Réponse aux détracteurs de Montevideo par M. Pacheco y Obes,

Paris 1849.

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il termine di quella guerra che tuttavia dura, e con incer-te speranze di prospero fine.

Il governo della Repubblica reputando a lui più con-veniente avere Garibaldi nella capitale, richiamavalo dalSalto, che da lungo tempo non veniva più molestato, nèapprossimato dai nemici ch'egli aveva battuti, come giàaccennammo, in vari incontri, dei quali non vogliono es-sere taciuti, prima quello d'Itapevy, ove sconfisse il co-lonnello Lavalleja, togliendogli 100 prigioni, due pezzid'artiglieria, oltre l'essere rimasta in di lui potere la fa-miglia del capo nemico, al quale la rimandò subito ac-compagnata da un picchetto composto di que' prigionie-ri e da una lettera piena di cortesi e generosi [23] senti-menti6; e l'altro avvenuto sulle sponde del fiume Day-man contro i colonnelli Lamas e Vergara che disfece to-talmente. Partiva adunque il generale alla volta di Mon-tevideo, lasciando quella città munita d'una ben costruttafortezza, opera dovuta alla perizia ed all'attività del co-lonnello Anzani, e quella popolazione dolente di perderei suoi buoni amici e difensori.

E qui giova ricordare un monumento di pia ricordan-za che a testimonio del suo animo religioso lasciò Gari-baldi nel Salto, come già aveva fatto all'epoca del com-battimento navale nel Paranà, presso Goya. Appenaprovveduto ai compagni superstiti alla battaglia di S.Antonio, fu suo pensiero far raccogliere i corpi gloriosa-6 Vedi: Réponse aux détracteurs de Montevideo par M. Pacheco y Obes,

Paris 1849.

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mente caduti in quel campo e dar loro sepoltura, ch'egliindicò al viandante con un'altissima croce che la religio-ne volle consecrare colle sue benedizioni.

Quella croce porta queste semplici iscrizioni - da unlato - 36 Italiani morti l'8 febbraio 1846 - e dall'altro -184 Italiani nel campo di S. Antonio.

Verso il settembre del 46 rivedevano la capitale e i le-gionarii e Garibaldi che senza avere per allora occasionidi rendere importanti servigi alla Repubblica, continuònonostante collo stesso zelo ed affetto al mantenimentodell'ordine, e a tener lontano il nemico, fino a tanto chesorvenute difficili circostanze, volle il governo affidargliil comando supremo della guernigione della città, ch'egliaccettò dopo ripetute istanze ed a malincuore. Poco tem-po rimase però a quel luogo fatto argomento d'invidie edi gelosie. - Desideroso piuttosto di meritare che di otte-nere gli onori, ei rinunziava spontaneo all'incarico ambi-to da altri. Di quei brevi giorni in cui tenne il supremocomando non vuolsi dimenticare che tra i maneggi e leinfinite bassezze praticate da pochi individui, si tentò difar ribellare alla di lui autorità un battaglione compostodi negri, i quali - affrettavasi taluno a dirgli - volevanoad ogni costo disfarsi di lui, e a consigliarlo quindi anon esporsi mostrandosi a quegli inferociti. - «Rimaneteadunque, se avete paura» rispondeva Garibaldi, e mon-tato a cavallo correva solo e in quell'istesso momento albattaglione ribelle, il quale intese poche e franche parole[24] del generale, acclamavalo con evviva e saluti d'affet-

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mente caduti in quel campo e dar loro sepoltura, ch'egliindicò al viandante con un'altissima croce che la religio-ne volle consecrare colle sue benedizioni.

Quella croce porta queste semplici iscrizioni - da unlato - 36 Italiani morti l'8 febbraio 1846 - e dall'altro -184 Italiani nel campo di S. Antonio.

Verso il settembre del 46 rivedevano la capitale e i le-gionarii e Garibaldi che senza avere per allora occasionidi rendere importanti servigi alla Repubblica, continuònonostante collo stesso zelo ed affetto al mantenimentodell'ordine, e a tener lontano il nemico, fino a tanto chesorvenute difficili circostanze, volle il governo affidargliil comando supremo della guernigione della città, ch'egliaccettò dopo ripetute istanze ed a malincuore. Poco tem-po rimase però a quel luogo fatto argomento d'invidie edi gelosie. - Desideroso piuttosto di meritare che di otte-nere gli onori, ei rinunziava spontaneo all'incarico ambi-to da altri. Di quei brevi giorni in cui tenne il supremocomando non vuolsi dimenticare che tra i maneggi e leinfinite bassezze praticate da pochi individui, si tentò difar ribellare alla di lui autorità un battaglione compostodi negri, i quali - affrettavasi taluno a dirgli - volevanoad ogni costo disfarsi di lui, e a consigliarlo quindi anon esporsi mostrandosi a quegli inferociti. - «Rimaneteadunque, se avete paura» rispondeva Garibaldi, e mon-tato a cavallo correva solo e in quell'istesso momento albattaglione ribelle, il quale intese poche e franche parole[24] del generale, acclamavalo con evviva e saluti d'affet-

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to, smentendo le calunnie e confondendo i tristi.Rinunziato al comando supremo, il consiglio e

l'appoggio di Garibaldi continuò ad essere sempre viva-mente ricercato dal governo nelle circostanze, e furononon poche, in cui gravi pericoli minacciavano la sua esi-stenza per opera delle interne fazioni agitantisi irrequie-te.

Ciò che poi veramente è rimarchevole in costui, oltrele tante rarissime sue doti, di cui siamo venuti parlando,si è la di lui straordinaria attitudine a combattere valoro-samente ed abilmente in terra ed in mare. E rimarchevo-le più di tutto ancora si è il disinteresse e la modestiache il guidano in tutte le sue azioni. La qual cosa dimo-strerà ciò che seguiamo a narrare. Il generale Riveraavendo fatto donazione, che fu accettata, di terreni e be-stiami a una legione francese formatasi parimente inMontevideo, volle altrettanto offerire agl'Italiani, e Gari-baldi, quasi adontandosi dell'atto, rispondeva ringrazian-do senza accettare il dono, e osservando che «per debitod'uomini liberi soltanto avevano gl'Italiani preso le armiin quella guerra, senza mire d'interessi od ambizionipersonali». Quando l'Assemblea della Repubblica vollesolennizzare il terzo anniversario dell'assedio comincia-to in marzo del 1843, il fece, decretando, tra le altrecose, diverse militari promozioni, e tra i promossis'annovera Garibaldi al grado di generale. - Egli, nonsentendo di sè presuntuosamente, scriveva allora al go-verno, riconoscente per l'onorevole distinzione, e rinun-

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to, smentendo le calunnie e confondendo i tristi.Rinunziato al comando supremo, il consiglio e

l'appoggio di Garibaldi continuò ad essere sempre viva-mente ricercato dal governo nelle circostanze, e furononon poche, in cui gravi pericoli minacciavano la sua esi-stenza per opera delle interne fazioni agitantisi irrequie-te.

Ciò che poi veramente è rimarchevole in costui, oltrele tante rarissime sue doti, di cui siamo venuti parlando,si è la di lui straordinaria attitudine a combattere valoro-samente ed abilmente in terra ed in mare. E rimarchevo-le più di tutto ancora si è il disinteresse e la modestiache il guidano in tutte le sue azioni. La qual cosa dimo-strerà ciò che seguiamo a narrare. Il generale Riveraavendo fatto donazione, che fu accettata, di terreni e be-stiami a una legione francese formatasi parimente inMontevideo, volle altrettanto offerire agl'Italiani, e Gari-baldi, quasi adontandosi dell'atto, rispondeva ringrazian-do senza accettare il dono, e osservando che «per debitod'uomini liberi soltanto avevano gl'Italiani preso le armiin quella guerra, senza mire d'interessi od ambizionipersonali». Quando l'Assemblea della Repubblica vollesolennizzare il terzo anniversario dell'assedio comincia-to in marzo del 1843, il fece, decretando, tra le altrecose, diverse militari promozioni, e tra i promossis'annovera Garibaldi al grado di generale. - Egli, nonsentendo di sè presuntuosamente, scriveva allora al go-verno, riconoscente per l'onorevole distinzione, e rinun-

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ciando non ostante a quell'onore: rinuncia che nè il go-verno, nè l'Assemblea si indussero mai ad ammettere.Ed a lord Howden, ministro inglese inviato per la pacifi-cazione delle repubbliche della Plata, allorchè acceden-do al di lui invito, recavasi a vederlo nelle sue stanze,dopo intese le astute insinuazioni di sciogliere la legioneitaliana con profferte d'indennizzazioni ai militi ed aicapi, rispondeva: «Sè ed i suoi avere impugnate le armiper difendere la causa della giustizia, e questa causa nonpotersi abbandonare da uomini onorati». Della quale ri-sposta maravigliato lord Howden, rigido sostenitore delpartito aristocratico, ed insigne spregiatore di tutti, bensi rammentava nella tornata dei Pari in Londra del mesedi luglio 1849, allorchè parlando degli uomini che avevavisto figurare in quelle [25] contese americane, pronun-ziava dal suo seggio queste solenni parole, di cui cicompiaciamo serbar memoria nelle nostre pagine: «Ilpresidio (di Montevideo) era quasi per intero compostodi Francesi e d'Italiani, ed era comandato da un uomocui sono felice di poter rendere testimonianza che soloera disinteressato fra una folla d'individui che non cerca-vano che il loro personale ingrandimento. Intendo parla-re d'un uomo dotato di gran coraggio e di alto ingegnomilitare, che ha il diritto alle vostre simpatie per gli av-venimenti straordinarii accaduti in Italia, del generaleGaribaldi.»

E a tutti questi tratti di animo generoso siamo lieti dipoter aggiungere i seguenti, che ricaviamo da un recente

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ciando non ostante a quell'onore: rinuncia che nè il go-verno, nè l'Assemblea si indussero mai ad ammettere.Ed a lord Howden, ministro inglese inviato per la pacifi-cazione delle repubbliche della Plata, allorchè acceden-do al di lui invito, recavasi a vederlo nelle sue stanze,dopo intese le astute insinuazioni di sciogliere la legioneitaliana con profferte d'indennizzazioni ai militi ed aicapi, rispondeva: «Sè ed i suoi avere impugnate le armiper difendere la causa della giustizia, e questa causa nonpotersi abbandonare da uomini onorati». Della quale ri-sposta maravigliato lord Howden, rigido sostenitore delpartito aristocratico, ed insigne spregiatore di tutti, bensi rammentava nella tornata dei Pari in Londra del mesedi luglio 1849, allorchè parlando degli uomini che avevavisto figurare in quelle [25] contese americane, pronun-ziava dal suo seggio queste solenni parole, di cui cicompiaciamo serbar memoria nelle nostre pagine: «Ilpresidio (di Montevideo) era quasi per intero compostodi Francesi e d'Italiani, ed era comandato da un uomocui sono felice di poter rendere testimonianza che soloera disinteressato fra una folla d'individui che non cerca-vano che il loro personale ingrandimento. Intendo parla-re d'un uomo dotato di gran coraggio e di alto ingegnomilitare, che ha il diritto alle vostre simpatie per gli av-venimenti straordinarii accaduti in Italia, del generaleGaribaldi.»

E a tutti questi tratti di animo generoso siamo lieti dipoter aggiungere i seguenti, che ricaviamo da un recente

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scritto dell'egregio amico nostro il generale Pacheco yObes ministro della repubblica orientale in Parigi, colquale rispondendo ai detrattori del suo paese, tesse purel'elogio meritato a Garibaldi soldato di quella repubbli-ca. «Nel 1843, egli dice, il sig. Francesco Agell, uno trai più rispettabili negozianti di Montevideo, indirizzan-dosi al Ministro della guerra, facevagli sapere che nellacasa di Garibaldi, del capo della legione italiana, delcapo della flotta nazionale, dell'uomo infine, che davaogni giorno la sua vita per Montevideo, faceva, dico, sa-pere al ministro che in quella casa non s'accendeva dinotte il lume, perchè nella razione del soldato - unicacosa sulla quale Garibaldi contasse per vivere - nonerano comprese le candele. Il ministro (ed era lo stessoscrivente) mandò per il suo aiutante di campo G. M.Torres, 100 patacconi (500 lire) a Garibaldi, il quale ri-tenendo per sè la metà di questa somma, restituì l'altraaffinchè fosse recata alla casa d'una vedova, che secon-do lui, ne aveva maggiore bisogno.

«Cinquanta patacconi (250 lire), ecco l'unica sommache Garibaldi ebbe dalla repubblica. Mentre egli rimasetra noi, la sua famiglia visse nella povertà, egli non fumai diversamente calzato dei soldati, sovente i di luiamici dovettero ricorrere a dei sotterfugi per fargli cam-biare gli abiti già logori. Egli aveva amici tutti gli abi-tanti di Montevideo, giammai vi fu uomo più di lui uni-versalmente amato, ed era questo ben naturale. Garibal-di sempre il primo al combattimento, lo era egualmente

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scritto dell'egregio amico nostro il generale Pacheco yObes ministro della repubblica orientale in Parigi, colquale rispondendo ai detrattori del suo paese, tesse purel'elogio meritato a Garibaldi soldato di quella repubbli-ca. «Nel 1843, egli dice, il sig. Francesco Agell, uno trai più rispettabili negozianti di Montevideo, indirizzan-dosi al Ministro della guerra, facevagli sapere che nellacasa di Garibaldi, del capo della legione italiana, delcapo della flotta nazionale, dell'uomo infine, che davaogni giorno la sua vita per Montevideo, faceva, dico, sa-pere al ministro che in quella casa non s'accendeva dinotte il lume, perchè nella razione del soldato - unicacosa sulla quale Garibaldi contasse per vivere - nonerano comprese le candele. Il ministro (ed era lo stessoscrivente) mandò per il suo aiutante di campo G. M.Torres, 100 patacconi (500 lire) a Garibaldi, il quale ri-tenendo per sè la metà di questa somma, restituì l'altraaffinchè fosse recata alla casa d'una vedova, che secon-do lui, ne aveva maggiore bisogno.

«Cinquanta patacconi (250 lire), ecco l'unica sommache Garibaldi ebbe dalla repubblica. Mentre egli rimasetra noi, la sua famiglia visse nella povertà, egli non fumai diversamente calzato dei soldati, sovente i di luiamici dovettero ricorrere a dei sotterfugi per fargli cam-biare gli abiti già logori. Egli aveva amici tutti gli abi-tanti di Montevideo, giammai vi fu uomo più di lui uni-versalmente amato, ed era questo ben naturale. Garibal-di sempre il primo al combattimento, lo era egualmente

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a raddolcire i mali della guerra. Quando recavasi neglioffici del governo, era per domandare la grazia di un co-spiratore, o per [26] chiedere soccorsi in favore di qualcheinfelice; ed è all'intervento di Garibaldi, che il sig. Mi-chele Haedo condannato dalle leggi della repubblica,dovè la vita. - Nel 1844 un orribile tempesta flagellavala rada di Montevideo; eravi nel porto una goletta, cheperdute le àncore, stava affidata con evidente pericolo,all'unica che le rimaneva; a quel bordo stavano le fami-glie dei signori Carril. - Il generale Garibaldi informatodel pericolo s'imbarcò con 6 uomini recando secoun'altra àncora, colla quale la goletta fu salva. - A Gua-leguaychu fa prigioniero il colonnello Villagra, uno deipiù feroci capi di Rosas e lo rilascia in libertà, come an-che gli altri di lui compagni. Nella sua spedizioneall'interno, egli si distinse per molti tratti di cavallerescagenerosità, che anche al dì d'oggi formano argomento diconversazione nel campo dei due partiti7».

A due altissime mire ebbe sempre rivolto il pensierol'illustre nostro concittadino: sostenere ed accrescerel'onore del nome italiano, e combattere per la libertà inqualsivoglia terreno la trovasse in pericolo. E mentre colbraccio e coll'animo intendeva a propugnare i diritti dialtri popoli, ei non dimenticava la terra natia, continuodesiderio e sospiro della vita solitaria dell'esule, sicchèegli avidamente raccoglieva coll'anima inebbriata e fre-

7 Réponse aux détracteurs de Montevideo par M. Pacheco y Obes, già cita-to.

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a raddolcire i mali della guerra. Quando recavasi neglioffici del governo, era per domandare la grazia di un co-spiratore, o per [26] chiedere soccorsi in favore di qualcheinfelice; ed è all'intervento di Garibaldi, che il sig. Mi-chele Haedo condannato dalle leggi della repubblica,dovè la vita. - Nel 1844 un orribile tempesta flagellavala rada di Montevideo; eravi nel porto una goletta, cheperdute le àncore, stava affidata con evidente pericolo,all'unica che le rimaneva; a quel bordo stavano le fami-glie dei signori Carril. - Il generale Garibaldi informatodel pericolo s'imbarcò con 6 uomini recando secoun'altra àncora, colla quale la goletta fu salva. - A Gua-leguaychu fa prigioniero il colonnello Villagra, uno deipiù feroci capi di Rosas e lo rilascia in libertà, come an-che gli altri di lui compagni. Nella sua spedizioneall'interno, egli si distinse per molti tratti di cavallerescagenerosità, che anche al dì d'oggi formano argomento diconversazione nel campo dei due partiti7».

A due altissime mire ebbe sempre rivolto il pensierol'illustre nostro concittadino: sostenere ed accrescerel'onore del nome italiano, e combattere per la libertà inqualsivoglia terreno la trovasse in pericolo. E mentre colbraccio e coll'animo intendeva a propugnare i diritti dialtri popoli, ei non dimenticava la terra natia, continuodesiderio e sospiro della vita solitaria dell'esule, sicchèegli avidamente raccoglieva coll'anima inebbriata e fre-

7 Réponse aux détracteurs de Montevideo par M. Pacheco y Obes, già cita-to.

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Page 44: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

mente di nuove speranze le prime voci dell'epoca nuovache da questa terra recavangli i venti alla spiaggia ame-ricana. È difficile descrivere l'impressione che le novelled'Italia cagionavano nell'animo di Garibaldi ancora inAmerica; la sua fisonomia pareva avesse preso unaespressione nuova, i suoi modi erano divenuti più conci-tati: sovente ei s'arrestava sopra pensieri, e gli sfuggivaun leggiero sorriso come a chi attende una lieta fortuna.Al nome del nuovo pontefice, e alle lodi che avevanoeco in quelle remote contrade, ei pensò che l'uomoaspettato fosse comparso sulla terra, e come tutti, s'illuseintorno a quell'uomo! E caldo in quella illusione, scrive-va da Montevideo, unito al valoroso e nobile amico no-stro, il colonnello Anzani, al nunzio apostolico Bedini inRio Janeiro, sotto la data del 12 ottobre colle seguentiparole che troviamo in quella lettera: «Se queste bracciacon qualche uso delle armi, ponno riuscire ben accette aSua Santità, noi ben più volentieri le [27] adopreremo invantaggio di colui che tanto bene serve alla Chiesa e allapatria. - Purchè sia in sostegno dell'opera redentrice diPio IX, per bene avventurati ci terremo noi ed i nostricompagni, in di cui nome parliamo, se ci sarà dato po-terci mettere il nostro sangue». Cui il nunzio mandava il14 novembre questa risposta scritta e firmata di propriosuo pugno, e che noi serbiamo originale in nostro pote-re.... «Sento il dovere di significarle senza indugio chequanto in essa si contiene (nella lettera di Garibaldi) didevoto e di generoso verso il Sommo Pontefice regnanteè veramente degno di cuori italiani, e merita riconoscen-

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mente di nuove speranze le prime voci dell'epoca nuovache da questa terra recavangli i venti alla spiaggia ame-ricana. È difficile descrivere l'impressione che le novelled'Italia cagionavano nell'animo di Garibaldi ancora inAmerica; la sua fisonomia pareva avesse preso unaespressione nuova, i suoi modi erano divenuti più conci-tati: sovente ei s'arrestava sopra pensieri, e gli sfuggivaun leggiero sorriso come a chi attende una lieta fortuna.Al nome del nuovo pontefice, e alle lodi che avevanoeco in quelle remote contrade, ei pensò che l'uomoaspettato fosse comparso sulla terra, e come tutti, s'illuseintorno a quell'uomo! E caldo in quella illusione, scrive-va da Montevideo, unito al valoroso e nobile amico no-stro, il colonnello Anzani, al nunzio apostolico Bedini inRio Janeiro, sotto la data del 12 ottobre colle seguentiparole che troviamo in quella lettera: «Se queste bracciacon qualche uso delle armi, ponno riuscire ben accette aSua Santità, noi ben più volentieri le [27] adopreremo invantaggio di colui che tanto bene serve alla Chiesa e allapatria. - Purchè sia in sostegno dell'opera redentrice diPio IX, per bene avventurati ci terremo noi ed i nostricompagni, in di cui nome parliamo, se ci sarà dato po-terci mettere il nostro sangue». Cui il nunzio mandava il14 novembre questa risposta scritta e firmata di propriosuo pugno, e che noi serbiamo originale in nostro pote-re.... «Sento il dovere di significarle senza indugio chequanto in essa si contiene (nella lettera di Garibaldi) didevoto e di generoso verso il Sommo Pontefice regnanteè veramente degno di cuori italiani, e merita riconoscen-

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za ed elogio. Col pacchetto inglese che partì ieri trasmisilo indicato foglio a Roma, onde siano eccitati anche inpiù elevati petti i medesimi sentimenti.... Se la distanzadi tutto un emisfero può impedire di profittare di ma-gnanime offerte, non ne sarà mai diminuito il merito, nèmenomata la soddisfazione nel riceverle», e conchiude-va con questo voto: «quelli che si trovano sotto la suadirezione, deh! che sian sempre degni del nome che lionora e del sangue che li scalda! - Con questo voto sin-cerissimo accompagno l'augurio ecc., ecc.»

Questo Bedini, dei voti sincerissimi, e che lodava nel1847 i cuori italiani, è quel medesimo che più tardi gui-dò l'armata austriaca a bombardare Bologna per piùgiorni, e a distruggervi ogni seme di libertà!

Ma oramai per Garibaldi era diventato impossibile ri-manere più a lungo lontano dalla patria; e veniva a mira-bilmente secondare il di lui desiderio di ritornarvi e adare probabilità di buon esito ad un progetto concepitoin tempi remoti, e per lunghi anni accarezzato, la straor-dinaria concitazione degl'italiani residenti in Montevi-deo, i quali tocchi da quel medesimo spirito che avevarisvegliato una vita novella nella madre patria, eransi allieto annunzio dei primi moti in Italia, sollevati alle piùsublimi speranze, e, cacciati da uno di quegli impeti dicuor generoso, che non fanno mai fallo nelle moltitudi-ni, allorchè una grande idea balena loro chiara dinanzi,avevano in poco tempo per mezzo d'una soscrizione na-

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za ed elogio. Col pacchetto inglese che partì ieri trasmisilo indicato foglio a Roma, onde siano eccitati anche inpiù elevati petti i medesimi sentimenti.... Se la distanzadi tutto un emisfero può impedire di profittare di ma-gnanime offerte, non ne sarà mai diminuito il merito, nèmenomata la soddisfazione nel riceverle», e conchiude-va con questo voto: «quelli che si trovano sotto la suadirezione, deh! che sian sempre degni del nome che lionora e del sangue che li scalda! - Con questo voto sin-cerissimo accompagno l'augurio ecc., ecc.»

Questo Bedini, dei voti sincerissimi, e che lodava nel1847 i cuori italiani, è quel medesimo che più tardi gui-dò l'armata austriaca a bombardare Bologna per piùgiorni, e a distruggervi ogni seme di libertà!

Ma oramai per Garibaldi era diventato impossibile ri-manere più a lungo lontano dalla patria; e veniva a mira-bilmente secondare il di lui desiderio di ritornarvi e adare probabilità di buon esito ad un progetto concepitoin tempi remoti, e per lunghi anni accarezzato, la straor-dinaria concitazione degl'italiani residenti in Montevi-deo, i quali tocchi da quel medesimo spirito che avevarisvegliato una vita novella nella madre patria, eransi allieto annunzio dei primi moti in Italia, sollevati alle piùsublimi speranze, e, cacciati da uno di quegli impeti dicuor generoso, che non fanno mai fallo nelle moltitudi-ni, allorchè una grande idea balena loro chiara dinanzi,avevano in poco tempo per mezzo d'una soscrizione na-

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zionale raccolto una vistosa somma8, che essi destinaro-no [28] fin dal primo momento per la spedizione in Italia,comandata da Garibaldi.

Era l'offerta premurosamente accettata come augurioanche di felice riuscita, e come pegno di appoggio fra-terno in Italia. Presto ogni cosa fu in pronto per la par-tenza: ma sorgeva a trattenerlo dal sospirato viaggio ilgoverno di Montevideo, che non sapeva rassegnarsi allaprivazione di un tanto uomo; ed il giorno della partenzaveniva quindi indefinitamente ritardato. Gli indugi frap-posti accoravano profondamente Garibaldi, che ognigiorno vissuto in quell'inerte aspettativa, tormentavalocome un rimorso; pareva a lui che ogni giorno di piùpassato nella terra straniera fosse una colpa verso la pa-tria; ond'ei soleva in quella circostanza ripetere con ac-cento di sentito dolore: - Duolmi che arriveremo gli ul-timi, quando tutto sarà finito. - Sventuratamente l'amiconostro non fu profeta, e il dolore da cui fu contristatol'animo suo era destino, che dovesse scaturire da ben al-tra ed invero amarissima fonte! Ma venuta l'ora in cui ilgoverno, a malincuore, assentiva che sciogliesse le vele,presentavasi il commercio inglese a chiedergli rimanes-se per qualche tempo ancora, come se la sola sua pre-senza bastasse a rassicurare gli abitanti, ed a preservar-

8 Fra i molti che splendidamente contribuirono a formare la somma neces-saria, si distinse il signor Stefano Antonini, negoziante di Genova, chesborsò la non tenue quantità di 30,000 lire e più onde favorire la nobile in-trapresa. Nella storia della Legione italiana in Montevideo dovrebbe esserepubblicata la lista di tutti i contribuenti a quella spedizione.

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zionale raccolto una vistosa somma8, che essi destinaro-no [28] fin dal primo momento per la spedizione in Italia,comandata da Garibaldi.

Era l'offerta premurosamente accettata come augurioanche di felice riuscita, e come pegno di appoggio fra-terno in Italia. Presto ogni cosa fu in pronto per la par-tenza: ma sorgeva a trattenerlo dal sospirato viaggio ilgoverno di Montevideo, che non sapeva rassegnarsi allaprivazione di un tanto uomo; ed il giorno della partenzaveniva quindi indefinitamente ritardato. Gli indugi frap-posti accoravano profondamente Garibaldi, che ognigiorno vissuto in quell'inerte aspettativa, tormentavalocome un rimorso; pareva a lui che ogni giorno di piùpassato nella terra straniera fosse una colpa verso la pa-tria; ond'ei soleva in quella circostanza ripetere con ac-cento di sentito dolore: - Duolmi che arriveremo gli ul-timi, quando tutto sarà finito. - Sventuratamente l'amiconostro non fu profeta, e il dolore da cui fu contristatol'animo suo era destino, che dovesse scaturire da ben al-tra ed invero amarissima fonte! Ma venuta l'ora in cui ilgoverno, a malincuore, assentiva che sciogliesse le vele,presentavasi il commercio inglese a chiedergli rimanes-se per qualche tempo ancora, come se la sola sua pre-senza bastasse a rassicurare gli abitanti, ed a preservar-

8 Fra i molti che splendidamente contribuirono a formare la somma neces-saria, si distinse il signor Stefano Antonini, negoziante di Genova, chesborsò la non tenue quantità di 30,000 lire e più onde favorire la nobile in-trapresa. Nella storia della Legione italiana in Montevideo dovrebbe esserepubblicata la lista di tutti i contribuenti a quella spedizione.

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gli da ogni colpo del nemico; ed a Garibaldi, da cuigl'Inglesi apprendevano le enormi spese diarie causatedal ritenere più a lungo il bastimento contrattato, offeri-vano il bisognevole per soddisfarle durante molti giorni.Questi finalmente trascorsi, accompagnato da un centotra soldati della legione ed altri volontarii9, salpava fi-nalmente da Montevideo nel mese di aprile del 1848, edopo una lunga navigazione e quattordici anni d'esilioonorato, rivedeva e toccava quella patria amata tanto, eal di cui vento contemplava sventolante quella bandiera,pel di cui amore aveva dovuto in così giovine età fuggi-re [29] dal suolo nativo, e menare una vita di stenti per leterre straniere!

Negli ultimi momenti che precessero la partenza diGaribaldi da Montevideo, egli riceveva fra gli altri segnidi stima e di affetto, una commoventissima lettera delprimo Corpo di quella guardia nazionale, firmato dal va-loroso suo colonnello Tajes e da tutti gli uffiziali - «Nonè possibile, scrivevano, che noi i quali abbiamo vedutovoi e i vostri compagni dividere con noi con tanta gene-rosità e valore tutti i travagli di questa guerra, siamo in-differenti al vuoto che lascia tra noi la vostra assenza.Ricevete, proseguivano, queste brevi parole, come unomaggio imperfetto, tributato ai grandi servigi da voi

9 Fra questi ultimi merita speciale menzione Francesco Gaggini, il qualedopo venti e più anni d'assenza dalla patria, abbandonava ad un tratto isuoi ben avviati commerci per venire a combattere in Italia, e accompa-gnava Garibaldi fino al momento, in cui disciolta la Legione in S. Marino,ciascheduno doveva provvedere alla propria salvezza.

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gli da ogni colpo del nemico; ed a Garibaldi, da cuigl'Inglesi apprendevano le enormi spese diarie causatedal ritenere più a lungo il bastimento contrattato, offeri-vano il bisognevole per soddisfarle durante molti giorni.Questi finalmente trascorsi, accompagnato da un centotra soldati della legione ed altri volontarii9, salpava fi-nalmente da Montevideo nel mese di aprile del 1848, edopo una lunga navigazione e quattordici anni d'esilioonorato, rivedeva e toccava quella patria amata tanto, eal di cui vento contemplava sventolante quella bandiera,pel di cui amore aveva dovuto in così giovine età fuggi-re [29] dal suolo nativo, e menare una vita di stenti per leterre straniere!

Negli ultimi momenti che precessero la partenza diGaribaldi da Montevideo, egli riceveva fra gli altri segnidi stima e di affetto, una commoventissima lettera delprimo Corpo di quella guardia nazionale, firmato dal va-loroso suo colonnello Tajes e da tutti gli uffiziali - «Nonè possibile, scrivevano, che noi i quali abbiamo vedutovoi e i vostri compagni dividere con noi con tanta gene-rosità e valore tutti i travagli di questa guerra, siamo in-differenti al vuoto che lascia tra noi la vostra assenza.Ricevete, proseguivano, queste brevi parole, come unomaggio imperfetto, tributato ai grandi servigi da voi

9 Fra questi ultimi merita speciale menzione Francesco Gaggini, il qualedopo venti e più anni d'assenza dalla patria, abbandonava ad un tratto isuoi ben avviati commerci per venire a combattere in Italia, e accompa-gnava Garibaldi fino al momento, in cui disciolta la Legione in S. Marino,ciascheduno doveva provvedere alla propria salvezza.

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prestati all'indipendenza e alla libertà della nostra pa-tria». Generose parole pronunziate da generosi, e chestrapparono lagrime di riconoscenza agli occhi di Gari-baldi!

Approdò Garibaldi anzi tutto in Nizza ad abbracciarvila vecchia madre e la moglie coi figli, che aveva qual-che mese prima avviati alla casa paterna, ove delibateun istante le domestiche dolcezze, s'affrettava a Genovaper la via di mare, collo stesso legno, la Esperanza, cheavevalo trasportato coi compagni da Montevideo. Le ac-coglienze nella forte e generosa città furono e di essa edi lui degne; ma Garibaldi non si fermò che pochi mo-menti, prese difilato la via per Torino, ansioso di agireegli pure, essendo già la guerra dell'indipendenza inol-trata. Ma l'uomo ch'erasi mosso dall'America, divoratodalla febbre di combattere per la gloria e l'indipendenzaitaliana, trovava nel Ministero d'allora fredda accoglien-za, e parole che dovettero fare una ben triste sensazionesu quell'animo non d'altro bramoso che d'opera, e per-suaso che questo fosse titolo sufficiente ond'essere benaccetto ad uomini che reggevano un paese combattentecontro l'Austriaco. Con modi nei quali non era abbastan-za dissimulato il poco conto in che era tenuta la patriot-tica offerta, veniva egli consigliato a recarsi dal Re, ilquale trovavasi coll'esercito intorno a Mantova. Abben-chè non uso, e repugnante anzi dal chiedere checchessia,accorreva Garibaldi non ostante a Roverbella e si pre-sentava a Carlo Alberto. Egli voleva combattere e dare

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prestati all'indipendenza e alla libertà della nostra pa-tria». Generose parole pronunziate da generosi, e chestrapparono lagrime di riconoscenza agli occhi di Gari-baldi!

Approdò Garibaldi anzi tutto in Nizza ad abbracciarvila vecchia madre e la moglie coi figli, che aveva qual-che mese prima avviati alla casa paterna, ove delibateun istante le domestiche dolcezze, s'affrettava a Genovaper la via di mare, collo stesso legno, la Esperanza, cheavevalo trasportato coi compagni da Montevideo. Le ac-coglienze nella forte e generosa città furono e di essa edi lui degne; ma Garibaldi non si fermò che pochi mo-menti, prese difilato la via per Torino, ansioso di agireegli pure, essendo già la guerra dell'indipendenza inol-trata. Ma l'uomo ch'erasi mosso dall'America, divoratodalla febbre di combattere per la gloria e l'indipendenzaitaliana, trovava nel Ministero d'allora fredda accoglien-za, e parole che dovettero fare una ben triste sensazionesu quell'animo non d'altro bramoso che d'opera, e per-suaso che questo fosse titolo sufficiente ond'essere benaccetto ad uomini che reggevano un paese combattentecontro l'Austriaco. Con modi nei quali non era abbastan-za dissimulato il poco conto in che era tenuta la patriot-tica offerta, veniva egli consigliato a recarsi dal Re, ilquale trovavasi coll'esercito intorno a Mantova. Abben-chè non uso, e repugnante anzi dal chiedere checchessia,accorreva Garibaldi non ostante a Roverbella e si pre-sentava a Carlo Alberto. Egli voleva combattere e dare

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il suo sangue per l'Italia: questo era supremo bisognoper lui, e superare gli ostacoli che gl'impedivano lan-ciarsi nel campo delle battaglie, era pur sempre combat-tere [30] e spingersi innanzi. Il Re facevagli cortese acco-glimento, e colle lodi di quanto aveva operato in Ameri-ca rendevalo avvertito che il di lui nome non eragliignoto. Eppure anche Carlo Alberto, allorchè Garibaldiesponevagli il motivo della sua visita, lasciavalonell'incertezza, e rispondeva vaghe parole, invitandolo aparlare ai ministri. Noi lasciamo alla storia che dovràtrasmettere ai futuri la spiegazione di tanti avvenimentiaccaduti in questi ultimi due anni, tuttora ravvolti nelmistero, l'incarico di far palese come il defunto re, lungidall'approfittare di tanto entusiasmo, di così maraviglio-sa devozione alla patria e d'un nome già tanto noto ecaro all'Italia, consentisse invece allontanarlo da sè, eprivare la guerra nazionale d'un sì potente mezzo di vit-toria. Forse egli trascinato obbediva suo malgrado, e in-conscio anche a quella fatalità che poi e la nazione e luistesso travolse in tanta sciagura che tuttavia ci preme. E,se vero è quello che ci venne riferito di Re Caro Alber-to, allorchè, esule in Portogallo, udiva la disfattadell'orda francese il 30 aprile sotto le mura di Roma, eicerto dovè pentirsi di non aver adoperato nella guerra dalui condotta un così prode e generoso uomo! Narranoche a quell'annunzio egli esclamasse con viva emozioneed evidente fremito di gioia: Bravo Garibaldi! bravoGaribaldi! Forse in quel momento ei rendeva nell'intimasua coscienza un omaggio negato a calunniate virtù; ed

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il suo sangue per l'Italia: questo era supremo bisognoper lui, e superare gli ostacoli che gl'impedivano lan-ciarsi nel campo delle battaglie, era pur sempre combat-tere [30] e spingersi innanzi. Il Re facevagli cortese acco-glimento, e colle lodi di quanto aveva operato in Ameri-ca rendevalo avvertito che il di lui nome non eragliignoto. Eppure anche Carlo Alberto, allorchè Garibaldiesponevagli il motivo della sua visita, lasciavalonell'incertezza, e rispondeva vaghe parole, invitandolo aparlare ai ministri. Noi lasciamo alla storia che dovràtrasmettere ai futuri la spiegazione di tanti avvenimentiaccaduti in questi ultimi due anni, tuttora ravvolti nelmistero, l'incarico di far palese come il defunto re, lungidall'approfittare di tanto entusiasmo, di così maraviglio-sa devozione alla patria e d'un nome già tanto noto ecaro all'Italia, consentisse invece allontanarlo da sè, eprivare la guerra nazionale d'un sì potente mezzo di vit-toria. Forse egli trascinato obbediva suo malgrado, e in-conscio anche a quella fatalità che poi e la nazione e luistesso travolse in tanta sciagura che tuttavia ci preme. E,se vero è quello che ci venne riferito di Re Caro Alber-to, allorchè, esule in Portogallo, udiva la disfattadell'orda francese il 30 aprile sotto le mura di Roma, eicerto dovè pentirsi di non aver adoperato nella guerra dalui condotta un così prode e generoso uomo! Narranoche a quell'annunzio egli esclamasse con viva emozioneed evidente fremito di gioia: Bravo Garibaldi! bravoGaribaldi! Forse in quel momento ei rendeva nell'intimasua coscienza un omaggio negato a calunniate virtù; ed

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il fiele onde era stato abbeverato in Novara per qualcheistante cessava dall'amareggiargli l'anima, assorta nellacontemplazione dell'onore italiano vendicato.

Dopo avere inutilmente vagato e perduto un preziosotempo, Garibaldi recavasi alla fine in Milano, ove il Co-mitato di pubblica difesa non esitava un solo istante atrar profitto dell'illustre guerriero, al quale dava subitol'incarico di arruolare i volontarii, e formare un corpoche destinava a difendere la provincia bergamasca. Inbreve tempo, affidati al nome del capo, correvano sotto idi lui ordini circa 3000 uomini, che immantinente veni-vano spediti alla volta di Brescia. In segno di affettuosamemoria al compagno d'armi che aveva secolui divisopericoli, stenti e glorie in America, Garibaldi chiamavaparte di quel corpo Battaglione Anzani. Non ancor beneaveva egli disposto le cose nella suddetta provincia, cheera in tutta fretta chiamato a Milano, cui le sorti avversedella guerra facevano temere guai, che pur troppo [31] sisono poi realizzati. Senza frapporre indugio rispondevaalla chiamata, e rapidamente avviavasi alla minacciatacittà. La nemica fortuna era stata veloce assai più! Gari-baldi giungeva a Monza, distante dodici miglia da Mila-no, quando l'infausto annunzio dell'armistizio Salascogli rivelava la tristissima condizione delle cose nostre, el'onta immensa che la perfidia e lo spirito di parte ave-vano lanciato sulla italiana bandiera. Garibaldi, che ave-va veduto un sì fiorente esercito, e i soldati correre bra-mosi come a festa alla battaglia, e gioire al tuonare delle

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il fiele onde era stato abbeverato in Novara per qualcheistante cessava dall'amareggiargli l'anima, assorta nellacontemplazione dell'onore italiano vendicato.

Dopo avere inutilmente vagato e perduto un preziosotempo, Garibaldi recavasi alla fine in Milano, ove il Co-mitato di pubblica difesa non esitava un solo istante atrar profitto dell'illustre guerriero, al quale dava subitol'incarico di arruolare i volontarii, e formare un corpoche destinava a difendere la provincia bergamasca. Inbreve tempo, affidati al nome del capo, correvano sotto idi lui ordini circa 3000 uomini, che immantinente veni-vano spediti alla volta di Brescia. In segno di affettuosamemoria al compagno d'armi che aveva secolui divisopericoli, stenti e glorie in America, Garibaldi chiamavaparte di quel corpo Battaglione Anzani. Non ancor beneaveva egli disposto le cose nella suddetta provincia, cheera in tutta fretta chiamato a Milano, cui le sorti avversedella guerra facevano temere guai, che pur troppo [31] sisono poi realizzati. Senza frapporre indugio rispondevaalla chiamata, e rapidamente avviavasi alla minacciatacittà. La nemica fortuna era stata veloce assai più! Gari-baldi giungeva a Monza, distante dodici miglia da Mila-no, quando l'infausto annunzio dell'armistizio Salascogli rivelava la tristissima condizione delle cose nostre, el'onta immensa che la perfidia e lo spirito di parte ave-vano lanciato sulla italiana bandiera. Garibaldi, che ave-va veduto un sì fiorente esercito, e i soldati correre bra-mosi come a festa alla battaglia, e gioire al tuonare delle

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artiglierie e affrontare con tanto valore la morte, sospet-tò quell'armistizio una trama di pochi codardi, e l'animosuo altamente italiano e dell'onore del nome gelosissi-mo, sdegnò piegarsi a tanto infortunio, e preferì alla ver-gogna di scendere a patti coll'Austriaco, incontrare coipochi suoi fidi la morte contro il soperchiante nemico.

Disdiceva perciò ogni tregua, e sentendo rivivere insè il diritto che appartiene a ciascun cittadino d'opporsicon tutte le sue forze e in ogni modo alla rovina dellapatria od alla sua vergogna, sè costituiva propugnatoredella causa italiana, forte del mandato che la patria con-fida a chiunque ha il coraggio d'assumerlo. E se nelletristi condizioni in cui trovavansi le nostre sorti precipi-tate, non era a lui concesso rialzarle co' propri suoi sfor-zi, mancante de' mezzi necessari a tant'uopo, egli vollemostrare almeno coll'esempio in qual guisa si deve dauomini dell'onor nazionale zelanti, cedere all'avversafortuna.

Coll'intento adunque di scegliere un terreno, su cui glifosse dato protestare solennemente e d'un modo onore-vole per l'Italia contro gli avversi destini, egli avviavasida Monza alla volta di Como; di là prendendo la via deimonti dirigevasi ad Arona, ove tolti all'Austriaco i duevapori S. Carlo e Verbano, imbarcava su questi le suetruppe, e con esse navigando pel Lario giungeva allaspiaggia di Luino inaspettato, mercè le rapide marciecon ch'erasi accelerato per giungere in Arona. Era Luinooccupato in quella circostanza da un numero di truppe

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artiglierie e affrontare con tanto valore la morte, sospet-tò quell'armistizio una trama di pochi codardi, e l'animosuo altamente italiano e dell'onore del nome gelosissi-mo, sdegnò piegarsi a tanto infortunio, e preferì alla ver-gogna di scendere a patti coll'Austriaco, incontrare coipochi suoi fidi la morte contro il soperchiante nemico.

Disdiceva perciò ogni tregua, e sentendo rivivere insè il diritto che appartiene a ciascun cittadino d'opporsicon tutte le sue forze e in ogni modo alla rovina dellapatria od alla sua vergogna, sè costituiva propugnatoredella causa italiana, forte del mandato che la patria con-fida a chiunque ha il coraggio d'assumerlo. E se nelletristi condizioni in cui trovavansi le nostre sorti precipi-tate, non era a lui concesso rialzarle co' propri suoi sfor-zi, mancante de' mezzi necessari a tant'uopo, egli vollemostrare almeno coll'esempio in qual guisa si deve dauomini dell'onor nazionale zelanti, cedere all'avversafortuna.

Coll'intento adunque di scegliere un terreno, su cui glifosse dato protestare solennemente e d'un modo onore-vole per l'Italia contro gli avversi destini, egli avviavasida Monza alla volta di Como; di là prendendo la via deimonti dirigevasi ad Arona, ove tolti all'Austriaco i duevapori S. Carlo e Verbano, imbarcava su questi le suetruppe, e con esse navigando pel Lario giungeva allaspiaggia di Luino inaspettato, mercè le rapide marciecon ch'erasi accelerato per giungere in Arona. Era Luinooccupato in quella circostanza da un numero di truppe

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austriache forte quattro volte più delle sue. Nonostanteegli risolvevasi ad attaccarlo ne' suoi propri alloggia-menti; e l'incredibile audacia sortendo esito felice veni-va a riconfermare la nota sentenza: chi non ha paura, haun grande elemento di vittoria.

[32]

Il nome di Garibaldi e l'accanimento con cui sentivasiattaccato, persuadevano il nemico a ritirarsi dall'occupa-ta città; ma il concepito divisamento non poteva cosìpresto mandare ad effetto, che non vi penetrasse Gari-baldi, e giungesse ancora a tempo da fargli prigione undistaccamento, ricoveratosi nella locanda della Beccac-cia. Quanto più il nemico ravvisava a sè vergognosaquella ritirata, tanto maggiore era la pertinacia che eimetteva ad evitare un simile sfregio; la resistenza fuquindi ostinata e sanguinosa, ma dovette finalmente ces-sare all'impeto dei nostri, che guidati da Garibaldi inpersona, seguivano più che mai bramosi il lor capo, checoll'esempio, e con infiammate parole inferocivali con-tro l'Austriaco.

Nè a questo primo esperimento collo straniero si ac-quetava Garibaldi, che lasciate alcune ore di riposo nellanotte ai compagni, allo spuntar del sole conducevalinuovamente ad inseguire il nemico, il quale concentratele molte forze che teneva in quei dintorni, aveva forma-to una cerchia in cui i nostri furono rinserrati. Rimaseroin quella difficile posizione per quattro interi giorni sen-za alcun serio attacco. Nel frattempo Garibaldi avendo

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austriache forte quattro volte più delle sue. Nonostanteegli risolvevasi ad attaccarlo ne' suoi propri alloggia-menti; e l'incredibile audacia sortendo esito felice veni-va a riconfermare la nota sentenza: chi non ha paura, haun grande elemento di vittoria.

[32]

Il nome di Garibaldi e l'accanimento con cui sentivasiattaccato, persuadevano il nemico a ritirarsi dall'occupa-ta città; ma il concepito divisamento non poteva cosìpresto mandare ad effetto, che non vi penetrasse Gari-baldi, e giungesse ancora a tempo da fargli prigione undistaccamento, ricoveratosi nella locanda della Beccac-cia. Quanto più il nemico ravvisava a sè vergognosaquella ritirata, tanto maggiore era la pertinacia che eimetteva ad evitare un simile sfregio; la resistenza fuquindi ostinata e sanguinosa, ma dovette finalmente ces-sare all'impeto dei nostri, che guidati da Garibaldi inpersona, seguivano più che mai bramosi il lor capo, checoll'esempio, e con infiammate parole inferocivali con-tro l'Austriaco.

Nè a questo primo esperimento collo straniero si ac-quetava Garibaldi, che lasciate alcune ore di riposo nellanotte ai compagni, allo spuntar del sole conducevalinuovamente ad inseguire il nemico, il quale concentratele molte forze che teneva in quei dintorni, aveva forma-to una cerchia in cui i nostri furono rinserrati. Rimaseroin quella difficile posizione per quattro interi giorni sen-za alcun serio attacco. Nel frattempo Garibaldi avendo

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avuto agio a ben conoscere il terreno ed a studiar modoad evadersi colle sue truppe, di notte tempo mettevasi inmoto e perveniva con accorte marcie a sfuggire al nemi-co ed entrare in Morazzone; da dove meditava lanciarsisopra Varese nella speranza di sorprendere il generaled'Aspre acquartierato in quel punto con 10,000 uomini;mentre egli comandava appena a 1,500! Ma stante il nu-mero grandissimo dei nemici che ingombravano quelleterre, ei non riuscì a siffattamente celare le sue mosse egli intendimenti suoi, che non fosse il di lui arrivo colà,e il concepito progetto ad un tempo, conosciuto dal ge-nerale austriaco. Il quale staccato un corpo di 5000 uo-mini, munito d'artiglieria, inviavalo, e se non erriamo,conducevalo egli stesso sopra Morazzone. Informato atempo delle mosse del nemico, Garibaldi si dispose asostenere degnamente l'assalto, ordinando che in ognipunto della città si formassero le barricate. E da ogniparte cominciò a fervere improvvisamente il lavoro, persiffatto modo che in breve ora si trovò in istato di rice-vere il nemico, che non tardò a dare l'attacco. Erano lequattro del dopo pranzo allorchè il fuoco cominciò;l'austriaco colle bombe, colla mitraglia e coi razzi incen-diarii [33] tentò sloggiare i nostri che sempre più irritatipei danni crescenti della città, s'ostinavano nella difesa:che non era punto cessata col cadere del giorno. Gari-baldi accorrendo in quella notte a tutti i luoghi ove il ri-schio era maggiore, vegliava su tutto e colla sua presen-za accresceva il furore della battaglia nei noti compagni;ma visto inutile l'ostinarsi in quella lotta tanto disuguale,

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avuto agio a ben conoscere il terreno ed a studiar modoad evadersi colle sue truppe, di notte tempo mettevasi inmoto e perveniva con accorte marcie a sfuggire al nemi-co ed entrare in Morazzone; da dove meditava lanciarsisopra Varese nella speranza di sorprendere il generaled'Aspre acquartierato in quel punto con 10,000 uomini;mentre egli comandava appena a 1,500! Ma stante il nu-mero grandissimo dei nemici che ingombravano quelleterre, ei non riuscì a siffattamente celare le sue mosse egli intendimenti suoi, che non fosse il di lui arrivo colà,e il concepito progetto ad un tempo, conosciuto dal ge-nerale austriaco. Il quale staccato un corpo di 5000 uo-mini, munito d'artiglieria, inviavalo, e se non erriamo,conducevalo egli stesso sopra Morazzone. Informato atempo delle mosse del nemico, Garibaldi si dispose asostenere degnamente l'assalto, ordinando che in ognipunto della città si formassero le barricate. E da ogniparte cominciò a fervere improvvisamente il lavoro, persiffatto modo che in breve ora si trovò in istato di rice-vere il nemico, che non tardò a dare l'attacco. Erano lequattro del dopo pranzo allorchè il fuoco cominciò;l'austriaco colle bombe, colla mitraglia e coi razzi incen-diarii [33] tentò sloggiare i nostri che sempre più irritatipei danni crescenti della città, s'ostinavano nella difesa:che non era punto cessata col cadere del giorno. Gari-baldi accorrendo in quella notte a tutti i luoghi ove il ri-schio era maggiore, vegliava su tutto e colla sua presen-za accresceva il furore della battaglia nei noti compagni;ma visto inutile l'ostinarsi in quella lotta tanto disuguale,

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e temendo d'altronde d'essere preso tra due fuochiall'apparir del giorno, essendo il nemico grossissimo inquelle terre, verso le ore tre dopo la mezza notte, lascia-to addietro un buon pugno di uomini a difendere la riti-rata e ad ingannare coi tiri il nemico, fece uscire le suetruppe dalla città: e divise queste in drappelli le sciolseavviandole ai confini della Svizzera. L'austriaco avevain que' due incontri di Luino e di Morazzone nuovamen-te sentito quel braccio medesimo che l'aveva percosso aGoito, a Pastrengo, ed a Santa Lucia; e le menti grosso-lane dei suoi soldati atterriti a quel furioso tempestare,fantasticavano di demoni accorsi a lor danno, e diceva-no Garibaldi legato coi diavoli e portarne la divisa, ram-mentando la tunica rossa dei legionarii italiani venuti daMontevideo. E quei fatti ricordò più tardi senza dubbioil general D'Aspre, allorchè in Parma alla presenzad'un'autorità del nostro regno vuolsi che egli esclamas-se: «L'uomo che avrebbe potentemente giovato alla vo-stra guerra, voi non lo avete conosciuto, e questi è Gari-baldi.»

Allorquando Garibaldi dopo lunghissime ed accelera-te marcie giungeva in Arona, vi perveniva colle suetruppe estenuate dalle fatiche e dalle privazioni di ognigenere, e nessun'altra via gli rimaneva onde provvedereai suoi imperiosi bisogni, tranne quella di ricorrere almunicipio della città; il quale del molto danaro che eranelle casse, sborsava appena lire 7000, di cui Garibaldidiede la ricevuta. Taluno ha creduto poter giustamente

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e temendo d'altronde d'essere preso tra due fuochiall'apparir del giorno, essendo il nemico grossissimo inquelle terre, verso le ore tre dopo la mezza notte, lascia-to addietro un buon pugno di uomini a difendere la riti-rata e ad ingannare coi tiri il nemico, fece uscire le suetruppe dalla città: e divise queste in drappelli le sciolseavviandole ai confini della Svizzera. L'austriaco avevain que' due incontri di Luino e di Morazzone nuovamen-te sentito quel braccio medesimo che l'aveva percosso aGoito, a Pastrengo, ed a Santa Lucia; e le menti grosso-lane dei suoi soldati atterriti a quel furioso tempestare,fantasticavano di demoni accorsi a lor danno, e diceva-no Garibaldi legato coi diavoli e portarne la divisa, ram-mentando la tunica rossa dei legionarii italiani venuti daMontevideo. E quei fatti ricordò più tardi senza dubbioil general D'Aspre, allorchè in Parma alla presenzad'un'autorità del nostro regno vuolsi che egli esclamas-se: «L'uomo che avrebbe potentemente giovato alla vo-stra guerra, voi non lo avete conosciuto, e questi è Gari-baldi.»

Allorquando Garibaldi dopo lunghissime ed accelera-te marcie giungeva in Arona, vi perveniva colle suetruppe estenuate dalle fatiche e dalle privazioni di ognigenere, e nessun'altra via gli rimaneva onde provvedereai suoi imperiosi bisogni, tranne quella di ricorrere almunicipio della città; il quale del molto danaro che eranelle casse, sborsava appena lire 7000, di cui Garibaldidiede la ricevuta. Taluno ha creduto poter giustamente

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biasimare non solo quest'atto, ma farne anche all'inte-merato guerriero, che in ogni guisa s'affannava a degna-mente sostenere colle armi l'onore italiano in facciaall'austriaco, un delitto. Però chiunque abbia sensi ecuore di vero cittadino d'Italia ben lungi dal dare biasi-mo, loderà invece altamente l'uomo, che rivolto il pen-siero all'universa nazione, seppe sovrapponendosi alleimpronte ed insensate questioni di provinciali legalità,con questo ed altri fatti dare un esempio, e [34] segnarefrancamente la via a chi vorrà un giorno farsi unificatoredella smembrata sua patria.

La Svizzera accoglieva finalmente gli onorati avanzidi quella colonna, che, dopo l'italica rovina nota al mon-do coll'infausto nome Salasco, aveva ancora control'irrompente nemico sostenuto gloriosamente in altoquella bandiera che Dio ha dato all'Italia, e il suo popolorileverà un giorno vittoriosa in faccia allo straniero.

Appena Garibaldi ebbe abbandonato l'Italia, svilup-possi in lui la febbre, di che aveva attinto i germi in Ro-verbella, e travagliato da molestia siffatta, passò inFrancia, e di là tornò a rivedere in Nizza la famiglia, chepoco stante lasciava per recarsi a Genova. Il suo tragittolungo il littorale della Riviera fu un continuo trionfo; lepopolazioni accorrevano da punti remoti in massa sul dilui passaggio per salutarlo, e i circoli inviavano le lorodeputazioni a felicitare l'eroe di Montevideo, il combat-tente di Luino. In onta all'immensa sventura, l'entusia-smo nei popoli durava! e all'apparire dell'uomo che ave-

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biasimare non solo quest'atto, ma farne anche all'inte-merato guerriero, che in ogni guisa s'affannava a degna-mente sostenere colle armi l'onore italiano in facciaall'austriaco, un delitto. Però chiunque abbia sensi ecuore di vero cittadino d'Italia ben lungi dal dare biasi-mo, loderà invece altamente l'uomo, che rivolto il pen-siero all'universa nazione, seppe sovrapponendosi alleimpronte ed insensate questioni di provinciali legalità,con questo ed altri fatti dare un esempio, e [34] segnarefrancamente la via a chi vorrà un giorno farsi unificatoredella smembrata sua patria.

La Svizzera accoglieva finalmente gli onorati avanzidi quella colonna, che, dopo l'italica rovina nota al mon-do coll'infausto nome Salasco, aveva ancora control'irrompente nemico sostenuto gloriosamente in altoquella bandiera che Dio ha dato all'Italia, e il suo popolorileverà un giorno vittoriosa in faccia allo straniero.

Appena Garibaldi ebbe abbandonato l'Italia, svilup-possi in lui la febbre, di che aveva attinto i germi in Ro-verbella, e travagliato da molestia siffatta, passò inFrancia, e di là tornò a rivedere in Nizza la famiglia, chepoco stante lasciava per recarsi a Genova. Il suo tragittolungo il littorale della Riviera fu un continuo trionfo; lepopolazioni accorrevano da punti remoti in massa sul dilui passaggio per salutarlo, e i circoli inviavano le lorodeputazioni a felicitare l'eroe di Montevideo, il combat-tente di Luino. In onta all'immensa sventura, l'entusia-smo nei popoli durava! e all'apparire dell'uomo che ave-

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va sì nobilmente saputo interpretarne i voti ed i desideriiplaudivano, intendendo con ciò di rendere omaggio almagnanimo ardimento con cui aveva risposto al palpitoil più santo del loro cuore.

In Genova ritiravasi in una villa, intento a guarire dal-la febbre che avevalo ridotto a deplorabile stato. Fu inquella circostanza che venivagli offerto da parte del Go-verno del re un posto distinto nell'armata nazionale, cheGaribaldi non era più nel caso di poter accettare, avendogià prima aderito ai Siciliani, dai medesimi invitato a re-carsi nell'isola a prendere il comando di quelle truppe.Unito ai fidi compagni che non s'allontanarono mai dalui, prendeva posto sul vapore per Livorno onde conti-nuare di là il viaggio per l'isola. La popolazione di que-sta città festeggiava entusiasmata l'arrivo del generale, etanta forza fece al di lui cuore, che lo indusse a rinunzia-re all'impegno contratto colla Sicilia, e rimanere in To-scana, che non molto dopo lasciò, fatto accortodell'obbliquo procedere di alcuni individui di quel Go-verno non punto amici a chi non ad una provincia, non apersone, ma all'universa Italia consacrava vita ed affetti.Uscì dalla Toscana verso le romane provincie, dirigen-dosi alla volta di Bologna; ma giunto alle Filigare sul to-scano confine, vedevasi costretto a sostare, avendo il ge-nerale Zucchi inviato ad impedirgli il passo, un distacca-mento di svizzeri; per lo [35] che egli si decise recarsi inpersona a Bologna collo scopo d'indurre quel generale acambiare di proposito, da cui non gli venne fatto in al-

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va sì nobilmente saputo interpretarne i voti ed i desideriiplaudivano, intendendo con ciò di rendere omaggio almagnanimo ardimento con cui aveva risposto al palpitoil più santo del loro cuore.

In Genova ritiravasi in una villa, intento a guarire dal-la febbre che avevalo ridotto a deplorabile stato. Fu inquella circostanza che venivagli offerto da parte del Go-verno del re un posto distinto nell'armata nazionale, cheGaribaldi non era più nel caso di poter accettare, avendogià prima aderito ai Siciliani, dai medesimi invitato a re-carsi nell'isola a prendere il comando di quelle truppe.Unito ai fidi compagni che non s'allontanarono mai dalui, prendeva posto sul vapore per Livorno onde conti-nuare di là il viaggio per l'isola. La popolazione di que-sta città festeggiava entusiasmata l'arrivo del generale, etanta forza fece al di lui cuore, che lo indusse a rinunzia-re all'impegno contratto colla Sicilia, e rimanere in To-scana, che non molto dopo lasciò, fatto accortodell'obbliquo procedere di alcuni individui di quel Go-verno non punto amici a chi non ad una provincia, non apersone, ma all'universa Italia consacrava vita ed affetti.Uscì dalla Toscana verso le romane provincie, dirigen-dosi alla volta di Bologna; ma giunto alle Filigare sul to-scano confine, vedevasi costretto a sostare, avendo il ge-nerale Zucchi inviato ad impedirgli il passo, un distacca-mento di svizzeri; per lo [35] che egli si decise recarsi inpersona a Bologna collo scopo d'indurre quel generale acambiare di proposito, da cui non gli venne fatto in al-

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Page 57: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

cun modo rimuoverlo; e se poco dopo otteneva passan-do per Ravenna di potersi recare a Venezia, era ciò do-vuto soltanto al minaccioso contegno del popolo, che in-dignato per quell'impolitico procedere obbligava il Zuc-chi a mutare d'avviso.

A Ravenna trovò Garibaldi di nuovo le truppe svizze-re aumentate di numero, ed in attitudine tale da fare inloro supporre ostili intenzioni; la qual cosa fece sìch'egli tenesse in guardia la sua gente, 250 uomini circa,e preparata ad ogni avvenimento; se non che erano perlui le popolazioni, che in Ravenna, in Faenza ed altrovesi sarebbero ad un solo cenno sollevate contro que' prez-zolati stranieri. Mentre stavano le cose in quelle incer-tezze, accadeva in Roma la morte del ministro Rossi;Pio IX fuggiva dallo stato, e il Governo Provvisorio co-stituivasi nell'eterna città a tutelare le leggi e gl'interessidei popoli, nell'ora del pericolo abbandonati da chi purpresume affidatogli da Dio quel santissimo dovere. Pre-muroso Garibaldi di concorrere coll'opera sua in queimomenti di crisi a sostegno del nuovo ordine di cose, dacui sperava un potente appoggio a la causa italiana: re-cavasi a Roma ov'era dal Governo immantinente ricevu-to al servizio dello stato. Al partire da Ravenna avevaGaribaldi avviato la sua gente per Cesena ad Ancona, edera essa di già pervenuta alla Cattolica allorchè dietroordine del suo capo rivolgevasi su Roma, da dove parti-to Garibaldi andava a raggiungerla in Foligno per gui-darla alle frontiere verso Napoli, sulle quali non com-

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cun modo rimuoverlo; e se poco dopo otteneva passan-do per Ravenna di potersi recare a Venezia, era ciò do-vuto soltanto al minaccioso contegno del popolo, che in-dignato per quell'impolitico procedere obbligava il Zuc-chi a mutare d'avviso.

A Ravenna trovò Garibaldi di nuovo le truppe svizze-re aumentate di numero, ed in attitudine tale da fare inloro supporre ostili intenzioni; la qual cosa fece sìch'egli tenesse in guardia la sua gente, 250 uomini circa,e preparata ad ogni avvenimento; se non che erano perlui le popolazioni, che in Ravenna, in Faenza ed altrovesi sarebbero ad un solo cenno sollevate contro que' prez-zolati stranieri. Mentre stavano le cose in quelle incer-tezze, accadeva in Roma la morte del ministro Rossi;Pio IX fuggiva dallo stato, e il Governo Provvisorio co-stituivasi nell'eterna città a tutelare le leggi e gl'interessidei popoli, nell'ora del pericolo abbandonati da chi purpresume affidatogli da Dio quel santissimo dovere. Pre-muroso Garibaldi di concorrere coll'opera sua in queimomenti di crisi a sostegno del nuovo ordine di cose, dacui sperava un potente appoggio a la causa italiana: re-cavasi a Roma ov'era dal Governo immantinente ricevu-to al servizio dello stato. Al partire da Ravenna avevaGaribaldi avviato la sua gente per Cesena ad Ancona, edera essa di già pervenuta alla Cattolica allorchè dietroordine del suo capo rivolgevasi su Roma, da dove parti-to Garibaldi andava a raggiungerla in Foligno per gui-darla alle frontiere verso Napoli, sulle quali non com-

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parve che un mese dopo, avendo la popolazione di Ma-cerata fra cui dovette passare, volutolo a guernigionenella propria città, la quale ne chiese ed ottenne dal go-verno l'assenso.

Premendo finalmente custodire lo stato dalla parte diNapoli, andava Garibaldi a stabilire il suo quartiere ge-nerale a Rieti, spingendo le sentinelle avanzate fino allalinea che divide i due territori. Tra le facoltà accordate-gli dal governo, era pur quella d'arruolare il maggior nu-mero d'uomini che gli fosse stato possibile; ed egli inciò tanto felicemente riusciva, che in breve ora potècontarne sotto i di lui ordini due mila circa, tutt'ardentis-sima gioventù, nella quale scorgevansi individui dallepiù umili alle più elevate [36] classi, concordi tutti ed af-fratellati nel santo amore della patria italiana, e pieni difiducia nell'uomo, sotto il quale erano accorsi volontero-si e colla certezza di essere condotti ad onorifiche im-prese.

Noi ci faremo qui a descrivere le feste con cui le po-polazioni della nuova repubblica in mezzo alle quali do-vette Garibaldi passare colla sua colonna, si affrettavanoad onorarlo; ci basterà il rammemorare per saggiodell'entusiasmo destato dal di lui nome, come da ognipaese escissero le genti ad incontrarlo alla distanza dialcune miglia, accompagnate da musiche e bande milita-ri. Toccata finalmente Rieti, fu prima sua cura di fortifi-care quel punto con fossi e trincee, e munirle d'artiglie-ria. Poi rivolgendo intieramente l'animo a ben discipli-

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parve che un mese dopo, avendo la popolazione di Ma-cerata fra cui dovette passare, volutolo a guernigionenella propria città, la quale ne chiese ed ottenne dal go-verno l'assenso.

Premendo finalmente custodire lo stato dalla parte diNapoli, andava Garibaldi a stabilire il suo quartiere ge-nerale a Rieti, spingendo le sentinelle avanzate fino allalinea che divide i due territori. Tra le facoltà accordate-gli dal governo, era pur quella d'arruolare il maggior nu-mero d'uomini che gli fosse stato possibile; ed egli inciò tanto felicemente riusciva, che in breve ora potècontarne sotto i di lui ordini due mila circa, tutt'ardentis-sima gioventù, nella quale scorgevansi individui dallepiù umili alle più elevate [36] classi, concordi tutti ed af-fratellati nel santo amore della patria italiana, e pieni difiducia nell'uomo, sotto il quale erano accorsi volontero-si e colla certezza di essere condotti ad onorifiche im-prese.

Noi ci faremo qui a descrivere le feste con cui le po-polazioni della nuova repubblica in mezzo alle quali do-vette Garibaldi passare colla sua colonna, si affrettavanoad onorarlo; ci basterà il rammemorare per saggiodell'entusiasmo destato dal di lui nome, come da ognipaese escissero le genti ad incontrarlo alla distanza dialcune miglia, accompagnate da musiche e bande milita-ri. Toccata finalmente Rieti, fu prima sua cura di fortifi-care quel punto con fossi e trincee, e munirle d'artiglie-ria. Poi rivolgendo intieramente l'animo a ben discipli-

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nare i suoi militi, ei cominciò dal tenerli in continuiesercizi, senza mai lasciar trascorrere giorno, che conqualche nuova fatica non li tenesse risvegli; maneggid'armi, evoluzioni, corse faticose, nulla perdonò; e traqueste ultime è da memorare una perlustrazione chefece imprendere a tutta la sua colonna pei monti Apen-nini, che durò alcuni giorni, lungo i quali furono conti-nuamente molestati dalle pioggie, ch'egli a paro del sol-dato, non si risparmiò punto, tuttochè appena allora fos-se uscito da non lieve infermità. E tanto per la sua parteei si mostrò vigile e della disciplina zelante, che unasola notte non si rimase dal montare a cavallo e da Rietirecarsi al confine onde meglio accertarsi dell'esattezza escrupolosità del servizio. Ammiravano le popolazioni inlui la straordinaria attività, l'amore con che all'ordina-mento delle milizie attendeva, ed il modesto vestire chesolo distinguevasi per un poncho10 bianco foderato dirosso, mentre agli ufficiali era stato provveduto con abiticonvenienti al loro grado. L'esempio del capo e la con-dotta dei subalterni, aveva destato negli abitanti dei pae-si circonvicini tale ardore e desiderio di ammaestrarsinelle armi, che da ogni parte facevangli richiested'istruttori, i quali egli di buon grado accordava, nes-sun'altra cosa desiderando più che il vedere gl'Italianiaddestrarsi nelle militari fatiche e rendersi atti a viril-mente combattere.

10 Specie di mantello usato nelle campagne dei paesi del Rio de la Plata edaltri luoghi dell'America meridionale.

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nare i suoi militi, ei cominciò dal tenerli in continuiesercizi, senza mai lasciar trascorrere giorno, che conqualche nuova fatica non li tenesse risvegli; maneggid'armi, evoluzioni, corse faticose, nulla perdonò; e traqueste ultime è da memorare una perlustrazione chefece imprendere a tutta la sua colonna pei monti Apen-nini, che durò alcuni giorni, lungo i quali furono conti-nuamente molestati dalle pioggie, ch'egli a paro del sol-dato, non si risparmiò punto, tuttochè appena allora fos-se uscito da non lieve infermità. E tanto per la sua parteei si mostrò vigile e della disciplina zelante, che unasola notte non si rimase dal montare a cavallo e da Rietirecarsi al confine onde meglio accertarsi dell'esattezza escrupolosità del servizio. Ammiravano le popolazioni inlui la straordinaria attività, l'amore con che all'ordina-mento delle milizie attendeva, ed il modesto vestire chesolo distinguevasi per un poncho10 bianco foderato dirosso, mentre agli ufficiali era stato provveduto con abiticonvenienti al loro grado. L'esempio del capo e la con-dotta dei subalterni, aveva destato negli abitanti dei pae-si circonvicini tale ardore e desiderio di ammaestrarsinelle armi, che da ogni parte facevangli richiested'istruttori, i quali egli di buon grado accordava, nes-sun'altra cosa desiderando più che il vedere gl'Italianiaddestrarsi nelle militari fatiche e rendersi atti a viril-mente combattere.

10 Specie di mantello usato nelle campagne dei paesi del Rio de la Plata edaltri luoghi dell'America meridionale.

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Frattanto Pio IX rifugiatosi tra le braccia del Borbone[37] a Gaeta, aveva respinto con ira e dispetto gl'inviti delgoverno di Roma a tornare nella capitale. Evidentemen-te ogni mezzo per l'accordo era stato esaurito; le provin-cie stanche per quello stato di incertezza in cui versava-no, ed inquiete sul loro avvenire, esigevano dal poterepronti ed efficaci provvedimenti che alle apprensionidolorose ponessero termine, ed apportassero al paese lastabilità nei suoi destini, e la regolarità nuovamente av-viasse negli ordini politici e sociali.

In siffatta emergenza il governo provvisorio convoca-va un'Assemblea Costituente, nella quale era mandato asedere Garibaldi dal collegio di Macerata. Nella memo-randa seduta del 5 febbraio alzavasi Garibaldi e propo-neva si proclamasse il governo repubblicano, oramaifatto desiderio di tutti per la ostile condotta del traviatopontefice. Era la proposta tramandata al 9 dello stessomese, giorno in cui trovavasi per la prima volta l'Assem-blea legalmente costituita; discussa vivamente, non mol-to dopo, e a quasi unanimità di voti, con applausodell'astante numeroso popolo veniva approvata.

La risoluzione presa dalla Costituente romana, irritan-do le passioni avverse alle libertà popolari, aveva solle-vato contro la nascente Repubblica gli sdegni d'una gen-te che ostentando carità di religione, non ha nè creden-ze, nè fede, e solo all'ombra di quel manto aspira altrionfo dell'impero assoluto da cui ottiene potenza, ric-chezze ed onori a danno del popolo che soffre tutte le

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Frattanto Pio IX rifugiatosi tra le braccia del Borbone[37] a Gaeta, aveva respinto con ira e dispetto gl'inviti delgoverno di Roma a tornare nella capitale. Evidentemen-te ogni mezzo per l'accordo era stato esaurito; le provin-cie stanche per quello stato di incertezza in cui versava-no, ed inquiete sul loro avvenire, esigevano dal poterepronti ed efficaci provvedimenti che alle apprensionidolorose ponessero termine, ed apportassero al paese lastabilità nei suoi destini, e la regolarità nuovamente av-viasse negli ordini politici e sociali.

In siffatta emergenza il governo provvisorio convoca-va un'Assemblea Costituente, nella quale era mandato asedere Garibaldi dal collegio di Macerata. Nella memo-randa seduta del 5 febbraio alzavasi Garibaldi e propo-neva si proclamasse il governo repubblicano, oramaifatto desiderio di tutti per la ostile condotta del traviatopontefice. Era la proposta tramandata al 9 dello stessomese, giorno in cui trovavasi per la prima volta l'Assem-blea legalmente costituita; discussa vivamente, non mol-to dopo, e a quasi unanimità di voti, con applausodell'astante numeroso popolo veniva approvata.

La risoluzione presa dalla Costituente romana, irritan-do le passioni avverse alle libertà popolari, aveva solle-vato contro la nascente Repubblica gli sdegni d'una gen-te che ostentando carità di religione, non ha nè creden-ze, nè fede, e solo all'ombra di quel manto aspira altrionfo dell'impero assoluto da cui ottiene potenza, ric-chezze ed onori a danno del popolo che soffre tutte le

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miserie di questo mondo, e paga lautamente i suoi felicipadroni.

Protestando devozione alla chiesa agitavansi Francia,Spagna, Austria e Ferdinando Borbone; il Vicario diCristo invocava e benediceva le bombe straniere che do-vevano riconquistargli l'abbandonato trono, e quattroeserciti rovesciavansi contro Roma. Francia, fedele allepatrie tradizioni veniva prima, Giuda e Caino all'Italia,sicchè il secolo XIX vedeva rinnovato il feroce spetta-colo d'un Brenno ancor più violento dell'antico. Tristierano le condizioni della Repubblica romana e tali damettere spavento in chiunque non avesse avuto una so-vrumana dose di coraggio. Volte in basso le sorti dellaguerra contro l'Austria per la preparata disfatta di Nova-ra, caduta Toscana in mano degli Austriaci, dominata laLombardia, Napoli in piena reazione per la vittoria bor-bonica in Sicilia, occupata Civitavecchia dalle orde gal-liche, [38] era il territorio della Repubblica circondato daforti e numerosi nemici, ed in più parti già da costoro in-vaso. I timidi, coloro che ai comodi e alle mezze libertàacquistate senza stenti, nè merito proprio son prontisempre a sacrificare ogni sentimento di nazionale digni-tà e l'onore, consigliavano transazione coi soldati venutida Francia a ristaurare l'assoluto dominio dei preti; manon fu, viva Dio! il pusillanime e turpe consiglio adotta-to. Decretava la Repubblica «alla forza s'opponga la for-za»; e in pari tempo riuniva le sue truppe nella capitale,e dalla frontiera di Napoli richiamava Garibaldi, il quale

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miserie di questo mondo, e paga lautamente i suoi felicipadroni.

Protestando devozione alla chiesa agitavansi Francia,Spagna, Austria e Ferdinando Borbone; il Vicario diCristo invocava e benediceva le bombe straniere che do-vevano riconquistargli l'abbandonato trono, e quattroeserciti rovesciavansi contro Roma. Francia, fedele allepatrie tradizioni veniva prima, Giuda e Caino all'Italia,sicchè il secolo XIX vedeva rinnovato il feroce spetta-colo d'un Brenno ancor più violento dell'antico. Tristierano le condizioni della Repubblica romana e tali damettere spavento in chiunque non avesse avuto una so-vrumana dose di coraggio. Volte in basso le sorti dellaguerra contro l'Austria per la preparata disfatta di Nova-ra, caduta Toscana in mano degli Austriaci, dominata laLombardia, Napoli in piena reazione per la vittoria bor-bonica in Sicilia, occupata Civitavecchia dalle orde gal-liche, [38] era il territorio della Repubblica circondato daforti e numerosi nemici, ed in più parti già da costoro in-vaso. I timidi, coloro che ai comodi e alle mezze libertàacquistate senza stenti, nè merito proprio son prontisempre a sacrificare ogni sentimento di nazionale digni-tà e l'onore, consigliavano transazione coi soldati venutida Francia a ristaurare l'assoluto dominio dei preti; manon fu, viva Dio! il pusillanime e turpe consiglio adotta-to. Decretava la Repubblica «alla forza s'opponga la for-za»; e in pari tempo riuniva le sue truppe nella capitale,e dalla frontiera di Napoli richiamava Garibaldi, il quale

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trovandosi in Anagni, distante circa 60 miglia da Roma,avviavasi alla Capitale ove giungeva due giorni dopocolla sua gente stanca, per le marcie forzate a traversoun terreno in cui aveva patito perfino penuria di acqua.Il popolo di Roma, in onta alle calunnie colle quali ave-vano tentato denigrare e fargli prendere in odio Garibal-di ed i suoi, accorreva numeroso e festante a ricevere inuovi venuti; il ministro Avezzana affrettavasi a stringe-re fra le sue braccia Garibaldi e a dir parole di lode ed'entusiasmo alla Legione. Colla presenza di Garibaldieransi i Romani sentito crescere l'animo e ciascuno viravvisava un pegno di sicura vittoria. Frattanto, tornatevane tutte le trattative coi capi francesi, Roma erasi pa-rata a sostenere l'attacco, il quale ebbe poi luogo nel 30aprile del 1849. Alle ore 9 di quel mattino presentavansii Francesi in numero di 7000 uomini, nella stoltezza delloro insanabile orgoglio persuasi, che gl'Italiani non sisarebbero battuti, e alla vista delle armi loro dispersi.Forse l'esempio di Novara, il cui funesto risultato erro-neamente attribuivano a mancanza di coraggio ne' no-stri, aveva in loro esagerato quel disprezzo verso gli altripopoli, così radicato in quella vanitosa nazione.

Tentata in primo luogo Porta Cavalleggieri da cui fu-rono virilmente respinti per opera della guardia naziona-le, eransi i nemici rivolti alla porta S. Pancrazio, ovestava Garibaldi con 300 uomini vegliando alla difesa.Con questo pugno di prodi egli sostenne l'urto dei batta-glioni nemici, e per qualche momento ne contenne la

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trovandosi in Anagni, distante circa 60 miglia da Roma,avviavasi alla Capitale ove giungeva due giorni dopocolla sua gente stanca, per le marcie forzate a traversoun terreno in cui aveva patito perfino penuria di acqua.Il popolo di Roma, in onta alle calunnie colle quali ave-vano tentato denigrare e fargli prendere in odio Garibal-di ed i suoi, accorreva numeroso e festante a ricevere inuovi venuti; il ministro Avezzana affrettavasi a stringe-re fra le sue braccia Garibaldi e a dir parole di lode ed'entusiasmo alla Legione. Colla presenza di Garibaldieransi i Romani sentito crescere l'animo e ciascuno viravvisava un pegno di sicura vittoria. Frattanto, tornatevane tutte le trattative coi capi francesi, Roma erasi pa-rata a sostenere l'attacco, il quale ebbe poi luogo nel 30aprile del 1849. Alle ore 9 di quel mattino presentavansii Francesi in numero di 7000 uomini, nella stoltezza delloro insanabile orgoglio persuasi, che gl'Italiani non sisarebbero battuti, e alla vista delle armi loro dispersi.Forse l'esempio di Novara, il cui funesto risultato erro-neamente attribuivano a mancanza di coraggio ne' no-stri, aveva in loro esagerato quel disprezzo verso gli altripopoli, così radicato in quella vanitosa nazione.

Tentata in primo luogo Porta Cavalleggieri da cui fu-rono virilmente respinti per opera della guardia naziona-le, eransi i nemici rivolti alla porta S. Pancrazio, ovestava Garibaldi con 300 uomini vegliando alla difesa.Con questo pugno di prodi egli sostenne l'urto dei batta-glioni nemici, e per qualche momento ne contenne la

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foga: vide in quella gigantesca lotta cadergli morto afianco il maggiore Montaldi, in freschissima età, e venu-to pur esso d'America; vide al Padre Bassi che stavagliaccanto ucciso d'un colpo il cavallo; una palla di canno-ne battendogli poco discosto l'aveva coperto di polvere:la cintura della sua spada era stata lambita da [39] un tirodi moschetto; due altri avevangli bucato il poncho; buo-na parte dei 300 erano caduti feriti nel petto, e stanche lebraccia nel percuotere il nemico; - e questi superioresempre di numero si avanzava occupando il posto deicaduti non più difeso. Allora Garibaldi si ritrasse in or-dine coi superstiti e si ricongiunse alla riserva. - Riordi-nò celeremente colà le scomposte file, e unito ad altretruppe non entrate ancora in battaglia, si riversò impe-tuosamente sui nemici che già s'erano inoltrati fin pressole porte; l'urto e il furore dei combattenti furono tali, chei francesi perduto alla fine ogni ordine, cominciarono aretrocedere e a cercare un rifugio nelle case vicine, overiescirono a trincerarsi, ma per poco; chè Garibaldi contre sole compagnie si avventò egli stesso a sloggiarli, econ tanto ardore gl'investiva, che dopo un lungo com-battere astringevali a ritirarsi facendo loro molti prigio-ni. - Durò il memorando conflitto fino alle 6 della sera,lasciandovi i Francesi circa 500 morti, e poco meno di600 prigioni. Diresse Garibaldi quella difesa, e v'acqui-stò nuova fama pel maraviglioso coraggio, e le opportu-ne disposizioni così energicamente secondate dalle trup-pe, dalla guardia nazionale e dal popolo.

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foga: vide in quella gigantesca lotta cadergli morto afianco il maggiore Montaldi, in freschissima età, e venu-to pur esso d'America; vide al Padre Bassi che stavagliaccanto ucciso d'un colpo il cavallo; una palla di canno-ne battendogli poco discosto l'aveva coperto di polvere:la cintura della sua spada era stata lambita da [39] un tirodi moschetto; due altri avevangli bucato il poncho; buo-na parte dei 300 erano caduti feriti nel petto, e stanche lebraccia nel percuotere il nemico; - e questi superioresempre di numero si avanzava occupando il posto deicaduti non più difeso. Allora Garibaldi si ritrasse in or-dine coi superstiti e si ricongiunse alla riserva. - Riordi-nò celeremente colà le scomposte file, e unito ad altretruppe non entrate ancora in battaglia, si riversò impe-tuosamente sui nemici che già s'erano inoltrati fin pressole porte; l'urto e il furore dei combattenti furono tali, chei francesi perduto alla fine ogni ordine, cominciarono aretrocedere e a cercare un rifugio nelle case vicine, overiescirono a trincerarsi, ma per poco; chè Garibaldi contre sole compagnie si avventò egli stesso a sloggiarli, econ tanto ardore gl'investiva, che dopo un lungo com-battere astringevali a ritirarsi facendo loro molti prigio-ni. - Durò il memorando conflitto fino alle 6 della sera,lasciandovi i Francesi circa 500 morti, e poco meno di600 prigioni. Diresse Garibaldi quella difesa, e v'acqui-stò nuova fama pel maraviglioso coraggio, e le opportu-ne disposizioni così energicamente secondate dalle trup-pe, dalla guardia nazionale e dal popolo.

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Page 64: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

Dopo alcune ore di riposo, Garibaldi ardente nel desi-derio di cacciare d'Italia questi nuovi stranieri venuti aconculcarla, dirigeva nuovamente le sue truppe contro iFrancesi ritiratisi a Palo, 10 miglia distante da Roma,con animo deliberato di attaccarli e venire ad un decisi-vo risultato. Il generale nemico, compreso quale fossel'intenzione di Garibaldi, spedivagli un messo proponen-do un armistizio, cui egli sdegnosamente: «andatelo afare a Parigi.» Ma la proposta medesima fatta da lui per-venire al triumvirato alle cui determinazioni doveva inogni caso sottomettersi, era dai supremi regolatori accet-tata, e Garibaldi rientrava quindi, benchè a malincuore,ne' suoi alloggiamenti in città, che l'accoglieva tra le ac-clamazioni e gli evviva universali.

Il giorno della battaglia i soldati avevano veduto illoro capo avvicinarsi amorevolmente ai feriti, abbrac-ciarli, e dar loro il conforto di affettuose parole e di lodi:«Consolatevi, diceva, voi cadete in Roma per la libertàe l'onore d'Italia.»

Sublimi parole che rivelano l'altezza dell'animo, lapotenza di sacrificio e la tempra dell'amore alla patria inchi le pronunciava, e in chi le udiva confortato! Possanogl'Italiani tutti comprendere, e mostrarsi degni di siffatteconsolazioni!

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Il dì dopo allorchè avviava le truppe a respingere iFrancesi da Palo, ei volle in prima recarsi sul campo,

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Dopo alcune ore di riposo, Garibaldi ardente nel desi-derio di cacciare d'Italia questi nuovi stranieri venuti aconculcarla, dirigeva nuovamente le sue truppe contro iFrancesi ritiratisi a Palo, 10 miglia distante da Roma,con animo deliberato di attaccarli e venire ad un decisi-vo risultato. Il generale nemico, compreso quale fossel'intenzione di Garibaldi, spedivagli un messo proponen-do un armistizio, cui egli sdegnosamente: «andatelo afare a Parigi.» Ma la proposta medesima fatta da lui per-venire al triumvirato alle cui determinazioni doveva inogni caso sottomettersi, era dai supremi regolatori accet-tata, e Garibaldi rientrava quindi, benchè a malincuore,ne' suoi alloggiamenti in città, che l'accoglieva tra le ac-clamazioni e gli evviva universali.

Il giorno della battaglia i soldati avevano veduto illoro capo avvicinarsi amorevolmente ai feriti, abbrac-ciarli, e dar loro il conforto di affettuose parole e di lodi:«Consolatevi, diceva, voi cadete in Roma per la libertàe l'onore d'Italia.»

Sublimi parole che rivelano l'altezza dell'animo, lapotenza di sacrificio e la tempra dell'amore alla patria inchi le pronunciava, e in chi le udiva confortato! Possanogl'Italiani tutti comprendere, e mostrarsi degni di siffatteconsolazioni!

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Il dì dopo allorchè avviava le truppe a respingere iFrancesi da Palo, ei volle in prima recarsi sul campo,

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ov'erano caduti i prodi commilitoni, per onorare di se-poltura gli estinti, e assicurarsi meglio se qualche feritofosse rimasto dimenticato sul luogo. Le quali amorevolipremure osservando i valorosi soldati, sentivano semprepiù crescere in loro l'affetto per l'umano e non meno va-loroso lor capo.

Dopo questa vittoria riportata contro lo straniero e perla quale Garibaldi esultava contento di aver fatto unavolta toccar con mano ai Francesi se veramente gl'Ita-liani si battono, quella fatalità che da tanti secoli pesasull'infelice Italia voleva che quelle stesse armi che ave-vano respinto l'invasore venuto di Francia si appuntasse-ro pochi dì dopo contro petti italiani; poichè essendo inquei giorni invaso il territorio della repubblica da unesercito mandato dal re Borbone, era necessario ricorre-re alla forza onde respingere gli aggressori. Per lo che letruppe non ben anco ristorate del lungo faticare in quelgiorno 30 d'aprile, dovevano rimettersi in marcia e di-sporsi a versare sangue fraterno. La qual impresa dove-va profondamente affliggere l'italiano animo di Garibal-di, in estremo repugnante ai dissidi ed alle guerre tra noifigli d'una medesima madre. Pure la malignità degli uo-mini di Gaeta avevalo collocato in tale situazione, cheimponevagli, senza via di scampo, anche questo doloro-sissimo sacrificio - ed egli accettò. - Uscì da Roma con4,000 uomini, e corse ad incontrare i fratelli convertitiin nemici, bramoso di torsi dinanzi quanto più prestofosse stato possibile l'amarissimo calice. Avevano i bor-

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ov'erano caduti i prodi commilitoni, per onorare di se-poltura gli estinti, e assicurarsi meglio se qualche feritofosse rimasto dimenticato sul luogo. Le quali amorevolipremure osservando i valorosi soldati, sentivano semprepiù crescere in loro l'affetto per l'umano e non meno va-loroso lor capo.

Dopo questa vittoria riportata contro lo straniero e perla quale Garibaldi esultava contento di aver fatto unavolta toccar con mano ai Francesi se veramente gl'Ita-liani si battono, quella fatalità che da tanti secoli pesasull'infelice Italia voleva che quelle stesse armi che ave-vano respinto l'invasore venuto di Francia si appuntasse-ro pochi dì dopo contro petti italiani; poichè essendo inquei giorni invaso il territorio della repubblica da unesercito mandato dal re Borbone, era necessario ricorre-re alla forza onde respingere gli aggressori. Per lo che letruppe non ben anco ristorate del lungo faticare in quelgiorno 30 d'aprile, dovevano rimettersi in marcia e di-sporsi a versare sangue fraterno. La qual impresa dove-va profondamente affliggere l'italiano animo di Garibal-di, in estremo repugnante ai dissidi ed alle guerre tra noifigli d'una medesima madre. Pure la malignità degli uo-mini di Gaeta avevalo collocato in tale situazione, cheimponevagli, senza via di scampo, anche questo doloro-sissimo sacrificio - ed egli accettò. - Uscì da Roma con4,000 uomini, e corse ad incontrare i fratelli convertitiin nemici, bramoso di torsi dinanzi quanto più prestofosse stato possibile l'amarissimo calice. Avevano i bor-

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Page 66: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

bonici in numero di 7,000 occupato Valmontone, e Gari-baldi ad ora già tarda erasi andato a collocare in Pale-strina, posizione vantaggiosissima, nella quale meditavaattirare il nemico che intento a riposarsi la notte nonsembrava disposto venire alle mani per quel giorno; maGaribaldi volendolo costringere a scuotere l'inerzia e aduscire dai suoi alloggiamenti, gli tenne durante le orenotturne quattro compagnie continuamente ai fianchicon ordine di inquietarlo senza posa, e mantenere vivol'allarme nel di lui campo; nè sopravvenuto il giornoegli faceva cessare quel fuoco, nella speranza che stancoil nemico di essere molestato, sarebbesi finalmente ri-solto a respingere seriamente gli assalitori; nè males'appose, chè tratto in inganno dalla ritirata di quelli silasciò facilmente trascinare ad attaccarne il grosso inPalestrina. Erano [41] le 3 pomeridiane del giorno 8 dimaggio allorquando la zuffa cominciò, e non ebbe fineche a tarda sera. L'insegna del dispotismo fu atterrata, lavirtù repubblicana prevalse, ma del valore malauguratodei napolitani fratelli, rimasero, dolorosa testimonianza,800 uomini fuori di combattimento.

I Francesi che per molti giorni erano rimasti quieti neipresi alloggiamenti, collo scopo di guadagnar tempo,onde avere rinforzi d'armi, d'uomini e di artiglieried'assedio, covando in petto il perfido disegno di restau-rare pienamente l'antico ordine di cose dalla pubblicacoscienza condannato, avendo fatto qualche movimento,per cui sembravano minacciare nuovamente Roma Gari-

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bonici in numero di 7,000 occupato Valmontone, e Gari-baldi ad ora già tarda erasi andato a collocare in Pale-strina, posizione vantaggiosissima, nella quale meditavaattirare il nemico che intento a riposarsi la notte nonsembrava disposto venire alle mani per quel giorno; maGaribaldi volendolo costringere a scuotere l'inerzia e aduscire dai suoi alloggiamenti, gli tenne durante le orenotturne quattro compagnie continuamente ai fianchicon ordine di inquietarlo senza posa, e mantenere vivol'allarme nel di lui campo; nè sopravvenuto il giornoegli faceva cessare quel fuoco, nella speranza che stancoil nemico di essere molestato, sarebbesi finalmente ri-solto a respingere seriamente gli assalitori; nè males'appose, chè tratto in inganno dalla ritirata di quelli silasciò facilmente trascinare ad attaccarne il grosso inPalestrina. Erano [41] le 3 pomeridiane del giorno 8 dimaggio allorquando la zuffa cominciò, e non ebbe fineche a tarda sera. L'insegna del dispotismo fu atterrata, lavirtù repubblicana prevalse, ma del valore malauguratodei napolitani fratelli, rimasero, dolorosa testimonianza,800 uomini fuori di combattimento.

I Francesi che per molti giorni erano rimasti quieti neipresi alloggiamenti, collo scopo di guadagnar tempo,onde avere rinforzi d'armi, d'uomini e di artiglieried'assedio, covando in petto il perfido disegno di restau-rare pienamente l'antico ordine di cose dalla pubblicacoscienza condannato, avendo fatto qualche movimento,per cui sembravano minacciare nuovamente Roma Gari-

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Page 67: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

baldi fu richiamato subito in città. Respinti da un lato iborbonici, venivansi inoltrando dall'altro su Bologna gliAustriaci. Gli Spagnuoli anch'essi sbarcavano in Fiumi-cino rivolgendo un proclama nella loro lingua al popolo,di cui s'annunziavano liberatori.

Fu in que' momenti che il triumviro Mazzini dirigen-dosi al plenipotenziario di Francia facevagli osservare laslealtà e l'ignominia di proseguire oltre gli ostili disegnicontro Roma dinanzi alla triplice invasione accennata«Vi sarebbe in ciò, esclamava l'intemerato triumviro,qualche cosa simile all'accordo schifoso del 1772 controla Polonia.» E l'accordo tra gl'invasori tutti v'era purtroppo, come risulta dai dibattimenti nell'assembleafrancese nelle tornate d'ottobre. Ma intavolatesi tra ilLesseps e il triumvirato trattative di sospendere le ostili-tà, il governo pensò mettere a profitto quel tempo sba-razzandosi dell'esercito borbonico, che era nuovamentevenuto ad accamparsi in numero di 16,000, e munito dinumerosa artiglieria in Velletri ed in Palestrina, avente acapo lo stesso re Ferdinando, che male sapeva compor-tare l'onta della prima disfatta ricevuta dalle armi repub-blicane.

Bologna già da vari giorni sosteneva a quell'epocauna lotta accanita contro l'esercito austriaco. Tuttochèpriva di artiglieria, e in gran parte anche della sua armi-gera gioventù accorsa alla difesa di Roma, trovònell'antica sua fierezza tanto e tale valore da resistereper otto intieri giorni al bombardamento e agli attacchi

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baldi fu richiamato subito in città. Respinti da un lato iborbonici, venivansi inoltrando dall'altro su Bologna gliAustriaci. Gli Spagnuoli anch'essi sbarcavano in Fiumi-cino rivolgendo un proclama nella loro lingua al popolo,di cui s'annunziavano liberatori.

Fu in que' momenti che il triumviro Mazzini dirigen-dosi al plenipotenziario di Francia facevagli osservare laslealtà e l'ignominia di proseguire oltre gli ostili disegnicontro Roma dinanzi alla triplice invasione accennata«Vi sarebbe in ciò, esclamava l'intemerato triumviro,qualche cosa simile all'accordo schifoso del 1772 controla Polonia.» E l'accordo tra gl'invasori tutti v'era purtroppo, come risulta dai dibattimenti nell'assembleafrancese nelle tornate d'ottobre. Ma intavolatesi tra ilLesseps e il triumvirato trattative di sospendere le ostili-tà, il governo pensò mettere a profitto quel tempo sba-razzandosi dell'esercito borbonico, che era nuovamentevenuto ad accamparsi in numero di 16,000, e munito dinumerosa artiglieria in Velletri ed in Palestrina, avente acapo lo stesso re Ferdinando, che male sapeva compor-tare l'onta della prima disfatta ricevuta dalle armi repub-blicane.

Bologna già da vari giorni sosteneva a quell'epocauna lotta accanita contro l'esercito austriaco. Tuttochèpriva di artiglieria, e in gran parte anche della sua armi-gera gioventù accorsa alla difesa di Roma, trovònell'antica sua fierezza tanto e tale valore da resistereper otto intieri giorni al bombardamento e agli attacchi

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della preponderante forza, facendole costar cara la vitto-ria. Accompagnava l'orda barbarica il prete Bedini innome di Pio IX.

In onta a questi rovesci ed ai pericoli che la stringeva-no, la repubblica mantenevasi ferma e lungi dall'affievo-lirsi nell'animo, spediva 12,000 uomini con 12 boccheda fuoco [42] ad incontrare il Borbone. Comandaval'avanguardia il colonnello Giuseppe Marocchetti, il cor-po di battaglia Garibaldi, il comando supremo commes-so al generale in capo. Era sull'aggiornare del 19 maggioallorchè Garibaldi avanzatosi verso Velletri incontravaalla distanza di alcune miglia il nemico in grosso nume-ro, ch'egli non esitò di attaccare con 100 uomini di ca-valleria, seguendo il suo stile di mostrare in certi casiestrema audacia e risolutezza, affine di sorprendere lafortuna: ebbe in quello scontro la peggio, e negli avvi-luppamenti della ritirata gli cadde a terra il cavallo, chelui pure trascinò al suolo, lasciandogli contuso il volto eferita una mano: ma risalito celeremente in groppa e po-stosi alla testa di 500 uomini di fanteria ritornava allacarica colle baionette calate, dinanzi alle quali il nemicocedeva il terreno, e finiva per andarsi a rifuggire sotto lemura di Velletri, da dove continuò ad opporre accanitaresistenza, in onta alla quale Garibaldi proseguì a com-battere, tuttochè inferiore di forze, non essendo ancora ilgrosso della spedizione romana ripervenuto al luogodella battaglia. Caricò a più altre prese il nemico alla ba-ionetta, e sarebbe forse anche riuscito colle poche trup-

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della preponderante forza, facendole costar cara la vitto-ria. Accompagnava l'orda barbarica il prete Bedini innome di Pio IX.

In onta a questi rovesci ed ai pericoli che la stringeva-no, la repubblica mantenevasi ferma e lungi dall'affievo-lirsi nell'animo, spediva 12,000 uomini con 12 boccheda fuoco [42] ad incontrare il Borbone. Comandaval'avanguardia il colonnello Giuseppe Marocchetti, il cor-po di battaglia Garibaldi, il comando supremo commes-so al generale in capo. Era sull'aggiornare del 19 maggioallorchè Garibaldi avanzatosi verso Velletri incontravaalla distanza di alcune miglia il nemico in grosso nume-ro, ch'egli non esitò di attaccare con 100 uomini di ca-valleria, seguendo il suo stile di mostrare in certi casiestrema audacia e risolutezza, affine di sorprendere lafortuna: ebbe in quello scontro la peggio, e negli avvi-luppamenti della ritirata gli cadde a terra il cavallo, chelui pure trascinò al suolo, lasciandogli contuso il volto eferita una mano: ma risalito celeremente in groppa e po-stosi alla testa di 500 uomini di fanteria ritornava allacarica colle baionette calate, dinanzi alle quali il nemicocedeva il terreno, e finiva per andarsi a rifuggire sotto lemura di Velletri, da dove continuò ad opporre accanitaresistenza, in onta alla quale Garibaldi proseguì a com-battere, tuttochè inferiore di forze, non essendo ancora ilgrosso della spedizione romana ripervenuto al luogodella battaglia. Caricò a più altre prese il nemico alla ba-ionetta, e sarebbe forse anche riuscito colle poche trup-

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pe sotto i suoi ordini a dare un colpo decisivo che avreb-belo fatto padrone d'una parte della città, se la poderosaartiglieria dei borbonici collocata nell'altura dei Cappuc-cini non lo avesse con vivo e continuo fuoco tenuto lon-tano. Ravvolgeva in animo Garibaldi il progetto di pre-cludere la via di fuggire a re Ferdinando e farlo prigio-ne, lo che forse temendo, erasi questi quasi sul princi-piare della battaglia messo in salvo, con ordine a' suoisoldati di seguirlo nella notte. Tutto il giorno 19 si duròa combattere vigorosamente da ambe le parti, e soltantoa sera avanzata si pose fine alla strage fraterna, che s'èfatta maggiore per l'arrivo durante il giorno delle altreforze repubblicane sotto le mura di Velletri, che tacita-mente abbandonata dai borbonici accorsi a raggiungereil re fuggitivo, venne dai Romani, già preparati ad attac-carla, occupata nel giorno seguente 20 di maggio. Fuquello scontro doloroso e rimarchevole pel numero deifratelli nel campo nemico rimasti fuori di combattimen-to, e che si fece ascendere a 1,200.

Avendo parte di quella spedizione contro Velletri, ri-presa la via di Roma, Garibaldi si rivolse due giornidopo con 8000 uomini verso il regno di Napoli, nonsenza speranza [43] di raggiungere quei fuggenti accele-rando le marcie, nè senza la lusinga che entrando nel re-gno sorgesse qualche moto favorevole alla causa dellalibertà. E questa lusinga appare evidente dal proclamache usciva in quei giorni diretto ai napoletani «Fratelli,diceva, noi non veniamo ad imporvi alcuna legge, ve-

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pe sotto i suoi ordini a dare un colpo decisivo che avreb-belo fatto padrone d'una parte della città, se la poderosaartiglieria dei borbonici collocata nell'altura dei Cappuc-cini non lo avesse con vivo e continuo fuoco tenuto lon-tano. Ravvolgeva in animo Garibaldi il progetto di pre-cludere la via di fuggire a re Ferdinando e farlo prigio-ne, lo che forse temendo, erasi questi quasi sul princi-piare della battaglia messo in salvo, con ordine a' suoisoldati di seguirlo nella notte. Tutto il giorno 19 si duròa combattere vigorosamente da ambe le parti, e soltantoa sera avanzata si pose fine alla strage fraterna, che s'èfatta maggiore per l'arrivo durante il giorno delle altreforze repubblicane sotto le mura di Velletri, che tacita-mente abbandonata dai borbonici accorsi a raggiungereil re fuggitivo, venne dai Romani, già preparati ad attac-carla, occupata nel giorno seguente 20 di maggio. Fuquello scontro doloroso e rimarchevole pel numero deifratelli nel campo nemico rimasti fuori di combattimen-to, e che si fece ascendere a 1,200.

Avendo parte di quella spedizione contro Velletri, ri-presa la via di Roma, Garibaldi si rivolse due giornidopo con 8000 uomini verso il regno di Napoli, nonsenza speranza [43] di raggiungere quei fuggenti accele-rando le marcie, nè senza la lusinga che entrando nel re-gno sorgesse qualche moto favorevole alla causa dellalibertà. E questa lusinga appare evidente dal proclamache usciva in quei giorni diretto ai napoletani «Fratelli,diceva, noi non veniamo ad imporvi alcuna legge, ve-

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niamo per dirvi una parola libera, motrice di magnanimiaffetti, per innalzare in mezzo a voi il vessillo della pa-tria comune.» E se i Francesi non erano, forse l'Europavedeva da quel canto d'Italia sorgere una potente favilla,che l'incendio avrebbe più fieramente ridestato. Non ap-pena toccava Garibaldi Rocca d'Arci, che riceveva ordi-ne dal governo di sforzare le marcie verso la capitale,disponendosi i Francesi a nuovamente attaccarla. Rifeceadunque il cammino non riposando nè giorno nè notte,in tal guisa che il 2 giugno entrava colla sua colonna inRoma.

Il generale francese avea fissato il giorno 4 per ri-prendere le ostilità, siccome è provato dalla letterach'egli stesso inviò al generale Roselli: poi contro ladata parola cominciò invece il fuoco nella notte del 2 al3, con intento di sorprendere i difensori, e terminare conun colpo di mano l'impresa, che prevedeva difficile, tut-tochè avessero affermato che gli Italiani non si battono.

A un'ora dopo mezzanotte i Francesi avanzaronsi allavilla Pamfili, rispondendo in italiano, colla mira di me-glio nascondersi al grido d'allarme delle scolte, viva laRepubblica Romana; e in questa guisa riescirono in nu-mero di 6000 a sopraffare il presidio che vegliava alladifesa di quel punto; ma pervenuta la notizia di tantaslealtà agli altri corpi, tutti accorsero indignati al loroposto preparati a qualunque evento. Il nemico avendocontinuato a venire innanzi e a trarre colle artiglierie, ilcombattimento divenne ben presto generale. Fin dai pri-

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niamo per dirvi una parola libera, motrice di magnanimiaffetti, per innalzare in mezzo a voi il vessillo della pa-tria comune.» E se i Francesi non erano, forse l'Europavedeva da quel canto d'Italia sorgere una potente favilla,che l'incendio avrebbe più fieramente ridestato. Non ap-pena toccava Garibaldi Rocca d'Arci, che riceveva ordi-ne dal governo di sforzare le marcie verso la capitale,disponendosi i Francesi a nuovamente attaccarla. Rifeceadunque il cammino non riposando nè giorno nè notte,in tal guisa che il 2 giugno entrava colla sua colonna inRoma.

Il generale francese avea fissato il giorno 4 per ri-prendere le ostilità, siccome è provato dalla letterach'egli stesso inviò al generale Roselli: poi contro ladata parola cominciò invece il fuoco nella notte del 2 al3, con intento di sorprendere i difensori, e terminare conun colpo di mano l'impresa, che prevedeva difficile, tut-tochè avessero affermato che gli Italiani non si battono.

A un'ora dopo mezzanotte i Francesi avanzaronsi allavilla Pamfili, rispondendo in italiano, colla mira di me-glio nascondersi al grido d'allarme delle scolte, viva laRepubblica Romana; e in questa guisa riescirono in nu-mero di 6000 a sopraffare il presidio che vegliava alladifesa di quel punto; ma pervenuta la notizia di tantaslealtà agli altri corpi, tutti accorsero indignati al loroposto preparati a qualunque evento. Il nemico avendocontinuato a venire innanzi e a trarre colle artiglierie, ilcombattimento divenne ben presto generale. Fin dai pri-

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mi rumori Garibaldi era accorso al quartiere delle suetruppe, che già in pronto non attendevano che i di lui or-dini. - Dette poche parole raccomandando severa disci-plina e di rammentarsi dell'onore italiano, guidavale apasso di carica a porta S. Pancrazio. Il nemico aveva giàoccupato oltre villa Pamfili quella di Valentini e l'altradei Quattro Venti; l'energica resistenza opposta dalletruppe già accorse era stata superata dal numero, glisforzi con cui eransi adoperate a sloggiarlo erano tornativani. Garibaldi arrivava in quel punto, e postosi senzapiù alla [44] testa dei battaglioni li rincorava coll'esempio;e col solito impeto li conduceva ad assaltare il nemicocolle baionette: lì s'impegnò furiosissima la tenzone, chedurò senza mai ristarsi per quattro intiere ore. Alla fine iFrancesi non potendo tenere più fermo cedettero il cam-po già occupato, rimanendo però nella villa Pamfili. -Rinforzato di nuove truppe, il nemico tornò all'assalto, edopo alcune ore di lotta disperata riprese le abbandonateposizioni. Verso mezzogiorno Garibaldi riordinata la suagente, ed era sempre la stessa, conducevala per la secon-da volta contro i Francesi, i quali con doppio numero diforze contrastarono ferocemente il terreno, che più tardidovettero sgombrare. Ma il nemico potendo disporre ditruppe fresche e di numerosi battaglioni, cacciava innan-zi sempre nuove colonne, contro le quali non reggendopiù il numero, Garibaldi dopo avere sostenuto per piùvolte e sempre colla stessa virtù lo scontro col nemico,ordinò la ritirata e si ridusse al casino detto il Vascello,da dove continuò a combattere sino alla sera. Ebbero i

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mi rumori Garibaldi era accorso al quartiere delle suetruppe, che già in pronto non attendevano che i di lui or-dini. - Dette poche parole raccomandando severa disci-plina e di rammentarsi dell'onore italiano, guidavale apasso di carica a porta S. Pancrazio. Il nemico aveva giàoccupato oltre villa Pamfili quella di Valentini e l'altradei Quattro Venti; l'energica resistenza opposta dalletruppe già accorse era stata superata dal numero, glisforzi con cui eransi adoperate a sloggiarlo erano tornativani. Garibaldi arrivava in quel punto, e postosi senzapiù alla [44] testa dei battaglioni li rincorava coll'esempio;e col solito impeto li conduceva ad assaltare il nemicocolle baionette: lì s'impegnò furiosissima la tenzone, chedurò senza mai ristarsi per quattro intiere ore. Alla fine iFrancesi non potendo tenere più fermo cedettero il cam-po già occupato, rimanendo però nella villa Pamfili. -Rinforzato di nuove truppe, il nemico tornò all'assalto, edopo alcune ore di lotta disperata riprese le abbandonateposizioni. Verso mezzogiorno Garibaldi riordinata la suagente, ed era sempre la stessa, conducevala per la secon-da volta contro i Francesi, i quali con doppio numero diforze contrastarono ferocemente il terreno, che più tardidovettero sgombrare. Ma il nemico potendo disporre ditruppe fresche e di numerosi battaglioni, cacciava innan-zi sempre nuove colonne, contro le quali non reggendopiù il numero, Garibaldi dopo avere sostenuto per piùvolte e sempre colla stessa virtù lo scontro col nemico,ordinò la ritirata e si ridusse al casino detto il Vascello,da dove continuò a combattere sino alla sera. Ebbero i

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Francesi una perdita quattro volte maggiore de' nostri, econfessarono che quella era stata una lotta da giganti.Garibaldi dovunque appariva seminava il terrore e lamorte11. Il combattimento durò 17 ore, la mischia fu piùche tutt'altrove sanguinosa e feroce presso alla villaPamfili, ove Garibaldi fece quasi sempre combatterecorpo a corpo, all'arma bianca. Rendendo conto alTriumvirato di quanto erasi fatto in quel giorno egli scri-veva, parlando dei suoi commilitoni «io non saprei di-stinguere alcuno, perchè tutti si sono egualmente distin-ti». Garibaldi perdè in quel giorno due degli uffizialich'eran venuti con lui d'America, i maggiori Ramorino ePeralta, degni d'onorata memoria. Il nostro valorosoamico Giacomo Medici, colonnello della legione por-tante il di lui nome, diede in quel giorno una solenneprova di quanto può aspettarsi da lui l'Italia nella futuraguerra nazionale.

È impossibile, e riescirebbe d'altronde troppo lungo iltener dietro ad uno ad uno de' numerosi fatti in cui Gari-baldi si fece rimarcare per valore e per accortezza sianel respingere il nemico, sia guidando le sue truppe adattaccarlo nelle proprie trincee. Nei giorni 5 e 6 di giu-gno furono rinnovate le offese dagli assedianti, i qualisempre ricacciati, resero quei giorni memorandi per legrandissime loro perdite e per [45] nuove vittorie dellearmi italiane. Garibaldi diè loro tali fierissime percosse,che li lasciarono sovente atterriti e sanguinosi. Le lotte

11 Siège de Rome par B. Del Vecchio.

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Francesi una perdita quattro volte maggiore de' nostri, econfessarono che quella era stata una lotta da giganti.Garibaldi dovunque appariva seminava il terrore e lamorte11. Il combattimento durò 17 ore, la mischia fu piùche tutt'altrove sanguinosa e feroce presso alla villaPamfili, ove Garibaldi fece quasi sempre combatterecorpo a corpo, all'arma bianca. Rendendo conto alTriumvirato di quanto erasi fatto in quel giorno egli scri-veva, parlando dei suoi commilitoni «io non saprei di-stinguere alcuno, perchè tutti si sono egualmente distin-ti». Garibaldi perdè in quel giorno due degli uffizialich'eran venuti con lui d'America, i maggiori Ramorino ePeralta, degni d'onorata memoria. Il nostro valorosoamico Giacomo Medici, colonnello della legione por-tante il di lui nome, diede in quel giorno una solenneprova di quanto può aspettarsi da lui l'Italia nella futuraguerra nazionale.

È impossibile, e riescirebbe d'altronde troppo lungo iltener dietro ad uno ad uno de' numerosi fatti in cui Gari-baldi si fece rimarcare per valore e per accortezza sianel respingere il nemico, sia guidando le sue truppe adattaccarlo nelle proprie trincee. Nei giorni 5 e 6 di giu-gno furono rinnovate le offese dagli assedianti, i qualisempre ricacciati, resero quei giorni memorandi per legrandissime loro perdite e per [45] nuove vittorie dellearmi italiane. Garibaldi diè loro tali fierissime percosse,che li lasciarono sovente atterriti e sanguinosi. Le lotte

11 Siège de Rome par B. Del Vecchio.

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dei tempi omerici furono in quei giorni rinnovate conlode somma dei nostri, coll'onta e col danno dei nemici.La luce diurna non bastando agli animi inaspriti, Gari-baldi usciva di notte tempo ad attaccare i Francesi checerto non s'aspettavano a tanto ardimento. Era talel'ardore, l'attività e l'indomabile coraggio di lui in quellearditissime fazioni, che i Romani chiamavanlo il leonedella serra. Memorabile tra tutti gli altri per individualecoraggio, si è il fatto in cui con solo 8 uomini di cavalle-ria cacciò da un palazzo fuori porta S. Pancrazio i famo-si Chasseurs de Vincennes, che non seppero lungamenteresistere a quell'impeto, e cercarono scampo fuggendoper le finestre.

Avendo i Francesi piantato delle batterie, i di cui fuo-chi riescivano oltremodo funesti ai Romani, Garibaldimise mano a una via sotterranea, che li conducesse aquella volta con animo di farle colle mine saltare in aria,lo che impedivagli il nemico di mandare ad effetto, colrivolgere le acque dentro i lavori già avanzati, e de' qua-li egli s'era avveduto.

La sera del 10 meditando un audacissimo colpo, Gari-baldi riuniva buon nerbo di truppe nella piazza di s. Pie-tro, e fattele disporre per una incamiciata, le conducevafuori dei muri con ordine di avanzarsi in silenzio e discagliarsi al convenuto segnale sull'accampamento ne-mico, colla baionetta alla mano. Un inaspettato contrat-tempo faceva sì che l'avanguardia sparato qualche tiroprima di giungere al luogo, rendesse avvertiti i Francesi

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dei tempi omerici furono in quei giorni rinnovate conlode somma dei nostri, coll'onta e col danno dei nemici.La luce diurna non bastando agli animi inaspriti, Gari-baldi usciva di notte tempo ad attaccare i Francesi checerto non s'aspettavano a tanto ardimento. Era talel'ardore, l'attività e l'indomabile coraggio di lui in quellearditissime fazioni, che i Romani chiamavanlo il leonedella serra. Memorabile tra tutti gli altri per individualecoraggio, si è il fatto in cui con solo 8 uomini di cavalle-ria cacciò da un palazzo fuori porta S. Pancrazio i famo-si Chasseurs de Vincennes, che non seppero lungamenteresistere a quell'impeto, e cercarono scampo fuggendoper le finestre.

Avendo i Francesi piantato delle batterie, i di cui fuo-chi riescivano oltremodo funesti ai Romani, Garibaldimise mano a una via sotterranea, che li conducesse aquella volta con animo di farle colle mine saltare in aria,lo che impedivagli il nemico di mandare ad effetto, colrivolgere le acque dentro i lavori già avanzati, e de' qua-li egli s'era avveduto.

La sera del 10 meditando un audacissimo colpo, Gari-baldi riuniva buon nerbo di truppe nella piazza di s. Pie-tro, e fattele disporre per una incamiciata, le conducevafuori dei muri con ordine di avanzarsi in silenzio e discagliarsi al convenuto segnale sull'accampamento ne-mico, colla baionetta alla mano. Un inaspettato contrat-tempo faceva sì che l'avanguardia sparato qualche tiroprima di giungere al luogo, rendesse avvertiti i Francesi

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dell'imminente pericolo e non più eseguibile il preparatoassalto.

Tale stizza i Francesi aveano concepito contro Gari-baldi, che allorquando appresero com'egli solevadall'alto del palazzo nella villa Corsini osservar le lorooperazioni e dirigere i movimenti delle truppe romane,cominciarono a far piovere sulla malaugurata casa ecannonate e bombe in tal copia, che non molto dopo do-vette Garibaldi abbandonarla perchè interamente guastae prossima a crollare. Di là egli trasportò il suo quartierenella villa Spada, egualmente esposta ai tiri del nemico.

Spuntava frattanto il giorno 12, in cui il generale Ou-dinot, terminati i lavori d'approccio, trovavasi in posi-zione di poter bombardare Roma; per cui rivolgendosialle autorità scriveva: che ove dopo 12 ore dall'intima-zione la città non [46] si fosse arresa, avrebbela attaccatadi viva forza: al che il Triumvirato fermo nell'onorevoleproposito: «Non tradiamo mai le nostre promesse, ri-spondeva: abbiamo promesso difendere l'onore del pae-se e la bandiera della Repubblica: manterremo la nostrapromessa.» E dodici ore dopo ricominciava più che maifuriosa la pugna. Videro in quel giorno i Francesi taliprove di audacia, di valore e di militare scienza, che nemaravigliarono spaventati. Garibaldi dà di quella tre-menda giornata, ch'egli dirigeva in persona, un saggionella relazione che trasmise al governo; ivi è detto: «Ilfurore de' nostri era al colmo, poichè mancando di mu-nizioni, questi prodi colsero le pietre, e con esse sconfis-

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dell'imminente pericolo e non più eseguibile il preparatoassalto.

Tale stizza i Francesi aveano concepito contro Gari-baldi, che allorquando appresero com'egli solevadall'alto del palazzo nella villa Corsini osservar le lorooperazioni e dirigere i movimenti delle truppe romane,cominciarono a far piovere sulla malaugurata casa ecannonate e bombe in tal copia, che non molto dopo do-vette Garibaldi abbandonarla perchè interamente guastae prossima a crollare. Di là egli trasportò il suo quartierenella villa Spada, egualmente esposta ai tiri del nemico.

Spuntava frattanto il giorno 12, in cui il generale Ou-dinot, terminati i lavori d'approccio, trovavasi in posi-zione di poter bombardare Roma; per cui rivolgendosialle autorità scriveva: che ove dopo 12 ore dall'intima-zione la città non [46] si fosse arresa, avrebbela attaccatadi viva forza: al che il Triumvirato fermo nell'onorevoleproposito: «Non tradiamo mai le nostre promesse, ri-spondeva: abbiamo promesso difendere l'onore del pae-se e la bandiera della Repubblica: manterremo la nostrapromessa.» E dodici ore dopo ricominciava più che maifuriosa la pugna. Videro in quel giorno i Francesi taliprove di audacia, di valore e di militare scienza, che nemaravigliarono spaventati. Garibaldi dà di quella tre-menda giornata, ch'egli dirigeva in persona, un saggionella relazione che trasmise al governo; ivi è detto: «Ilfurore de' nostri era al colmo, poichè mancando di mu-nizioni, questi prodi colsero le pietre, e con esse sconfis-

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sero il nemico, gli tolsero le baionette dai fucili, e se neservirono come d'un arma terribile.»

In tutti quei giorni di lotta che seguirono dal 13 al 22,Garibaldi fu visto dì e notte continuamente nei luoghiove più ferveva la battaglia, ed era più evidente il peri-colo: la gente non sapeva com'egli potesse tanto assi-duamente mostrarsi dovunque le emergenze di que' for-tunosi momenti richiedessero la presenza d'un uomo chevalesse col consiglio e l'audacia a debitamente provve-dervi. Egli pareva non sentir mai il bisogno del riposo oquello del cibo: sarebbesi detto che nel fuoco e nelleaspre fatiche della guerra prendessero le di lui membraristoro e forze novelle.

Occasione di nuovi ingenti sforzi e di valore disperatodiede a Garibaldi la notte in cui i nemici per la lenta masicura via delle opere d'assedio, apparvero dentro i muridella città. Trovavasi egli in quel momento in un postodi riserva e non appena giungevagli l'infausta notizia,che in un colle truppe accorreva ad assalire colla baio-netta calata il nemico, che in fortissimo numero già s'eratrincerato nelle prese posizioni. Tornata vana tanta virtù,egli non si perdeva d'animo per questo; chè all'alba connuovo furore avventavasi risolutamente un'altra voltaall'ardimentoso cimento. Spinse i soldati a metter piedeperfin sui lavori del nemico, e con tal impeto e dispregiodel pericolo il fece, che erasi condotto tanto innanzi, chei nostri toccavano le punte delle carabine ai soldati ne-mici, le quali sopravanzavano dalle paralelle. Pure anco

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sero il nemico, gli tolsero le baionette dai fucili, e se neservirono come d'un arma terribile.»

In tutti quei giorni di lotta che seguirono dal 13 al 22,Garibaldi fu visto dì e notte continuamente nei luoghiove più ferveva la battaglia, ed era più evidente il peri-colo: la gente non sapeva com'egli potesse tanto assi-duamente mostrarsi dovunque le emergenze di que' for-tunosi momenti richiedessero la presenza d'un uomo chevalesse col consiglio e l'audacia a debitamente provve-dervi. Egli pareva non sentir mai il bisogno del riposo oquello del cibo: sarebbesi detto che nel fuoco e nelleaspre fatiche della guerra prendessero le di lui membraristoro e forze novelle.

Occasione di nuovi ingenti sforzi e di valore disperatodiede a Garibaldi la notte in cui i nemici per la lenta masicura via delle opere d'assedio, apparvero dentro i muridella città. Trovavasi egli in quel momento in un postodi riserva e non appena giungevagli l'infausta notizia,che in un colle truppe accorreva ad assalire colla baio-netta calata il nemico, che in fortissimo numero già s'eratrincerato nelle prese posizioni. Tornata vana tanta virtù,egli non si perdeva d'animo per questo; chè all'alba connuovo furore avventavasi risolutamente un'altra voltaall'ardimentoso cimento. Spinse i soldati a metter piedeperfin sui lavori del nemico, e con tal impeto e dispregiodel pericolo il fece, che erasi condotto tanto innanzi, chei nostri toccavano le punte delle carabine ai soldati ne-mici, le quali sopravanzavano dalle paralelle. Pure anco

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questo secondo tentativo rimaneva pur troppo senzafrutto dinanzi all'ostacolo dei trinceramenti, senza di cuiil nemico avrebbe dovuto come già altre volte ritirarsisanguinoso e disfatto. Erano quelli momenti supremi, [47]

e la posizione tristissima; e nonostante il coraggio e ildesiderio di nuovi paragoni col nemico in tutti raddop-piavansi allo spettacolo sublime di Garibaldi e de' suoi. -Roma riviveva ai tempi antichi.

Dalla nuova posizione in cui s'erano fortificati, iFrancesi bombardarono senza posa per molti giorni lacittà, e gravissimi danni arrecarono agli antichi monu-menti, che altri barbari e in più barbari tempi avevanorispettato. E la ferocia di codesti stranieri che non offesi,nè provocati eran calati in Italia senz'altra ragione che ilnumero12, senz'altro diritto che il sangue, veniva spinta atal grado, che i consoli delle estere nazioni, indignati atanto strazio diressero al generale francese una nota nel-la quale protestando contro «quel modo d'attaccare chenon solo minacciava le proprietà e le vite dei neutri abi-tanti, ma anche quelle delle donne e dei fanciulli, chie-devano in nome dell'umanità e delle nazioni civili chedesistesse dal bombardare più oltre, per salvare dalla di-struzione la città monumentale che è considerata comesotto la protezione morale di tutti i paesi inciviliti delmondo.»

In onta alla voce che il mondo cristiano sollevava per12 L'esercito francese montava a 40,000; gl'Italiani sommavano appena a

12,000 di truppe regolari.

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questo secondo tentativo rimaneva pur troppo senzafrutto dinanzi all'ostacolo dei trinceramenti, senza di cuiil nemico avrebbe dovuto come già altre volte ritirarsisanguinoso e disfatto. Erano quelli momenti supremi, [47]

e la posizione tristissima; e nonostante il coraggio e ildesiderio di nuovi paragoni col nemico in tutti raddop-piavansi allo spettacolo sublime di Garibaldi e de' suoi. -Roma riviveva ai tempi antichi.

Dalla nuova posizione in cui s'erano fortificati, iFrancesi bombardarono senza posa per molti giorni lacittà, e gravissimi danni arrecarono agli antichi monu-menti, che altri barbari e in più barbari tempi avevanorispettato. E la ferocia di codesti stranieri che non offesi,nè provocati eran calati in Italia senz'altra ragione che ilnumero12, senz'altro diritto che il sangue, veniva spinta atal grado, che i consoli delle estere nazioni, indignati atanto strazio diressero al generale francese una nota nel-la quale protestando contro «quel modo d'attaccare chenon solo minacciava le proprietà e le vite dei neutri abi-tanti, ma anche quelle delle donne e dei fanciulli, chie-devano in nome dell'umanità e delle nazioni civili chedesistesse dal bombardare più oltre, per salvare dalla di-struzione la città monumentale che è considerata comesotto la protezione morale di tutti i paesi inciviliti delmondo.»

In onta alla voce che il mondo cristiano sollevava per12 L'esercito francese montava a 40,000; gl'Italiani sommavano appena a

12,000 di truppe regolari.

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bocca de' suoi rappresentanti in Roma contro il vandali-smo de' soldati di Francia, le bombe continuarono senzaristarsi un momento a cadere sull'eroica capitale d'Italia,e quanto più codesti pretesi liberatori dei popoli vede-vansi da un piccol numero d'uomini, nuovi quasi tuttialle armi e privi dei potenti mezzi di guerra, di cui essipotevano disporre, contrastato il trionfo e sovente anco-ra battuti, tanto maggiormente s'imbestialivano, e il con-cetto furore con atti crudelissimi disfogavano. Poco pa-reva a costoro il fulminare notte e giorno la città coimortai e co' cannoni, che anche spingevano all'assalto isoverchianti battaglioni; ma a traverso le tenebre, collamira d'introdursi non visti e per sorpresa, dacchèl'approssimarsi di giorno e venire a far prova faccia afaccia del proprio valore coi nostri avevano vedute tor-nar loro sempre a danno e a vergogna. E tale esito ebbeil colpo tentato la notte del 25, in cui da tutti i punti as-saliti vennero coraggiosamente respinti. Ripeteronol'assalto la notte del 27 giovandosi d'una fitta nebbia eattaccando colla baionetta; [48] ma non valse loro nè lasorpresa nè la risolutezza dell'assalto, chè un muro insu-perabile di petti cittadini s'oppose a contrastarli il passo.Ivi s'accese una mischia talmente accanita da ambe leparti, che durante tutta la notte si continuò a combattere,il micidiale incontro protraendosi fino a tardi nel giornoseguente. Garibaldi sempre in mezzo al fuoco aizzava icompagni in quel furore e gli esortava a non cedere, atener fermo per l'onore italiano, e accorrendo dovunqueaccresceva l'animo e la rabbia nei combattenti. «Voi pu-

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bocca de' suoi rappresentanti in Roma contro il vandali-smo de' soldati di Francia, le bombe continuarono senzaristarsi un momento a cadere sull'eroica capitale d'Italia,e quanto più codesti pretesi liberatori dei popoli vede-vansi da un piccol numero d'uomini, nuovi quasi tuttialle armi e privi dei potenti mezzi di guerra, di cui essipotevano disporre, contrastato il trionfo e sovente anco-ra battuti, tanto maggiormente s'imbestialivano, e il con-cetto furore con atti crudelissimi disfogavano. Poco pa-reva a costoro il fulminare notte e giorno la città coimortai e co' cannoni, che anche spingevano all'assalto isoverchianti battaglioni; ma a traverso le tenebre, collamira d'introdursi non visti e per sorpresa, dacchèl'approssimarsi di giorno e venire a far prova faccia afaccia del proprio valore coi nostri avevano vedute tor-nar loro sempre a danno e a vergogna. E tale esito ebbeil colpo tentato la notte del 25, in cui da tutti i punti as-saliti vennero coraggiosamente respinti. Ripeteronol'assalto la notte del 27 giovandosi d'una fitta nebbia eattaccando colla baionetta; [48] ma non valse loro nè lasorpresa nè la risolutezza dell'assalto, chè un muro insu-perabile di petti cittadini s'oppose a contrastarli il passo.Ivi s'accese una mischia talmente accanita da ambe leparti, che durante tutta la notte si continuò a combattere,il micidiale incontro protraendosi fino a tardi nel giornoseguente. Garibaldi sempre in mezzo al fuoco aizzava icompagni in quel furore e gli esortava a non cedere, atener fermo per l'onore italiano, e accorrendo dovunqueaccresceva l'animo e la rabbia nei combattenti. «Voi pu-

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gnate per la libertà e per l'onore d'Italia!» era il suo gri-do prediletto di guerra, e a quel grido raddoppiavansicome per incanto i colpi, sotto i quali cadevano i Fran-cesi a mordere quel mal tocco terreno. L'orribile pioggiadi bombe e di granate accompagnava incessantementequegli attacchi alle fortificazioni, protetti pur anco dalleartiglierie che avevano già grandemente dilatato la brec-cia. Sulla quale avendo finalmente i nemici lanciato il dì30 un numero sterminato d'uomini, poterono collocareuna batteria che rendeva quasi del tutto vana ogni ulte-riore resistenza. Nonostante male sapendo Garibaldicomportare quel trionfo del nemico, che oramai non erapiù in poter d'uomo contrastare lungamente, egli vollefar prova di scacciarlo dalle occupate posizioni, e riusci-vagli il colpo; senonchè rivennero poco dopo i Francesialla pugna, e dovè Garibaldi ritirarsi non senza però ri-tentare la fortuna che sorridevagli per l'ultima volta, poi-chè avendo nuovamente respinto il nemico, quando tuttogià pareva perduto, questi rinforzatosi con nuove truppe,rese impossibile ad umana forza ogni altro tentativo.

Questi rovesci ben lungi dal far desistere Garibaldi daogni idea d'ulteriore resistenza avevanlo sempre piùconfermato nel pensiero di continuarsi ad opporre alFrancese nella terza cinta protetta dalle barricate al diqua del Tevere, e dopo aver fatto rovinare il ponte di S.Angelo e quello di Sisto. Se il magnanimo propositonon fu mandato ad effetto, debbesi attribuire a cause cheda lui non dipesero, e le quali la storia, fedele custode

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gnate per la libertà e per l'onore d'Italia!» era il suo gri-do prediletto di guerra, e a quel grido raddoppiavansicome per incanto i colpi, sotto i quali cadevano i Fran-cesi a mordere quel mal tocco terreno. L'orribile pioggiadi bombe e di granate accompagnava incessantementequegli attacchi alle fortificazioni, protetti pur anco dalleartiglierie che avevano già grandemente dilatato la brec-cia. Sulla quale avendo finalmente i nemici lanciato il dì30 un numero sterminato d'uomini, poterono collocareuna batteria che rendeva quasi del tutto vana ogni ulte-riore resistenza. Nonostante male sapendo Garibaldicomportare quel trionfo del nemico, che oramai non erapiù in poter d'uomo contrastare lungamente, egli vollefar prova di scacciarlo dalle occupate posizioni, e riusci-vagli il colpo; senonchè rivennero poco dopo i Francesialla pugna, e dovè Garibaldi ritirarsi non senza però ri-tentare la fortuna che sorridevagli per l'ultima volta, poi-chè avendo nuovamente respinto il nemico, quando tuttogià pareva perduto, questi rinforzatosi con nuove truppe,rese impossibile ad umana forza ogni altro tentativo.

Questi rovesci ben lungi dal far desistere Garibaldi daogni idea d'ulteriore resistenza avevanlo sempre piùconfermato nel pensiero di continuarsi ad opporre alFrancese nella terza cinta protetta dalle barricate al diqua del Tevere, e dopo aver fatto rovinare il ponte di S.Angelo e quello di Sisto. Se il magnanimo propositonon fu mandato ad effetto, debbesi attribuire a cause cheda lui non dipesero, e le quali la storia, fedele custode

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delle umane azioni, farà note più tardi.Non patendo a Garibaldi l'animo di cedere le gloriose

armi allo straniero invasore, risolveva uscire da Roma,ed avventurarsi a nuovi pericoli; e fatto appello ai com-pagni con queste parole che riportiamo fedelmente:

[49]

Soldati,Ciò che io offro a quanti vogliono seguitarmi, eccolo:

fame, freddo, sole. Non paga, non caserme, non muni-zioni, ma avvisaglie continue, marce forzate e fazionialla baionetta. - Chi ama la patria e la gloria mi seguiti.

Garibaldi.radunò circa 3,000 uomini coi quali s'avviò alla volta

di Tivoli, non lontano forse dal credere che mantenen-dosi per qualche tempo nella campagna, avrebbe potutoriunire a sè maggiori e considerevoli elementi onde or-ganizzare una lunga resistenza contro gli stranieri, cheda due parti diverse aveano invaso l'Italia, e i quali adun tempo s'affaccendavano ad inseguirlo, ben mostran-do come degli Austriaci chiamati barbari non fosseropunto dissimili codesti altri calati di Francia bestem-miando parole di libertà.

Non ignorava Garibaldi l'ardore con che ambedue sisarebbero egualmente lanciati sulle di lui tracce, e per-ciò affine di meglio celar loro e la propria situazione e lesue mire, aveva diviso in molti piccoli drappelli le sue

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delle umane azioni, farà note più tardi.Non patendo a Garibaldi l'animo di cedere le gloriose

armi allo straniero invasore, risolveva uscire da Roma,ed avventurarsi a nuovi pericoli; e fatto appello ai com-pagni con queste parole che riportiamo fedelmente:

[49]

Soldati,Ciò che io offro a quanti vogliono seguitarmi, eccolo:

fame, freddo, sole. Non paga, non caserme, non muni-zioni, ma avvisaglie continue, marce forzate e fazionialla baionetta. - Chi ama la patria e la gloria mi seguiti.

Garibaldi.radunò circa 3,000 uomini coi quali s'avviò alla volta

di Tivoli, non lontano forse dal credere che mantenen-dosi per qualche tempo nella campagna, avrebbe potutoriunire a sè maggiori e considerevoli elementi onde or-ganizzare una lunga resistenza contro gli stranieri, cheda due parti diverse aveano invaso l'Italia, e i quali adun tempo s'affaccendavano ad inseguirlo, ben mostran-do come degli Austriaci chiamati barbari non fosseropunto dissimili codesti altri calati di Francia bestem-miando parole di libertà.

Non ignorava Garibaldi l'ardore con che ambedue sisarebbero egualmente lanciati sulle di lui tracce, e per-ciò affine di meglio celar loro e la propria situazione e lesue mire, aveva diviso in molti piccoli drappelli le sue

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Page 80: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

genti che spinse in direzioni diverse, mostrandosi cosìnel tempo medesimo in disparatissimi punti. Per lo che inemici, francesi ed austriaci, quantunque in numero digran lunga superiore, mal sapendo ove rivolgersi per co-glierlo, vedevansi obbligati ad errare alla ventura, e coninutili marcie stancare i propri soldati, che talora quandomeno vi s'attendevano, sentivansi improvvisamente col-piti dai tiri d'un nemico, di cui non trovavan più orma.Con questo incessante avvicendarsi di marcie e di inse-guimenti erasi condotto in Toscana, coll'intendimento ditentare anche quelle popolazioni e conoscerne l'animo.Apparve perciò nelle vicinanze di Montepulciano versoil 10 di luglio, e sostò per prendervi riposo sull'alpestremonte Fallonico, ove era impossibile al nemico l'avvici-narglisi. Entrò più tardi in quella città, ove da un con-vento di frati furongli tratti alcuni tiri di fucile; la qualcosa diede luogo a che Garibaldi ritenesse presso di sè econducesseli fuori, e il sottoprefetto ed alcuni preti diquel paese, i quali rilasciò poi subito, senza ulteriormen-te occuparsi nè di loro nè dei frati.

Accennando da Montepulciano alla volta d'Arezzo,stavano in quest'ultima città e nella stessa Firenze in al-larme gli uomini della ristorazione, e l'italiana Arezzovide le sue porte chiudersi all'avvicinarsi di Garibaldi,come se uno [50] straniero nemico o un malfattore la mi-nacciasse. Contro la quale condotta protestarono inmodo solenne il popolo e gli abitanti di quei dintorni, iquali affrettaronsi numerosi a salutare i fratelli ed a re-

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genti che spinse in direzioni diverse, mostrandosi cosìnel tempo medesimo in disparatissimi punti. Per lo che inemici, francesi ed austriaci, quantunque in numero digran lunga superiore, mal sapendo ove rivolgersi per co-glierlo, vedevansi obbligati ad errare alla ventura, e coninutili marcie stancare i propri soldati, che talora quandomeno vi s'attendevano, sentivansi improvvisamente col-piti dai tiri d'un nemico, di cui non trovavan più orma.Con questo incessante avvicendarsi di marcie e di inse-guimenti erasi condotto in Toscana, coll'intendimento ditentare anche quelle popolazioni e conoscerne l'animo.Apparve perciò nelle vicinanze di Montepulciano versoil 10 di luglio, e sostò per prendervi riposo sull'alpestremonte Fallonico, ove era impossibile al nemico l'avvici-narglisi. Entrò più tardi in quella città, ove da un con-vento di frati furongli tratti alcuni tiri di fucile; la qualcosa diede luogo a che Garibaldi ritenesse presso di sè econducesseli fuori, e il sottoprefetto ed alcuni preti diquel paese, i quali rilasciò poi subito, senza ulteriormen-te occuparsi nè di loro nè dei frati.

Accennando da Montepulciano alla volta d'Arezzo,stavano in quest'ultima città e nella stessa Firenze in al-larme gli uomini della ristorazione, e l'italiana Arezzovide le sue porte chiudersi all'avvicinarsi di Garibaldi,come se uno [50] straniero nemico o un malfattore la mi-nacciasse. Contro la quale condotta protestarono inmodo solenne il popolo e gli abitanti di quei dintorni, iquali affrettaronsi numerosi a salutare i fratelli ed a re-

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car loro il bisognevole, onde potessero ristorarsi dellafame e della sete patite in que' lunghi travagli.

Erano in que' momenti le condizioni d'Italia tutta, e diEuropa, poco o nulla favorevoli alla causa della libertà,perciò i popoli non potendo corrispondere agli eccita-menti di Garibaldi, stavano quieti, oppressi dagli esercitistranieri, accampati in gran numero nelle nostre provin-cie. Fattosi persuaso Garibaldi della realtà dolorosa, percui doveva rimettere ai giorni avvenire il compimentodel magnanimo proposito rifaceva i passi, avviandosiverso l'Umbria. Anche durante quella ritirata ebbe sem-pre ai fianchi l'austriaco, che inseguivalo numeroso esenza prender mai posa. Marcie e contromarcie precipi-tose e continue, riposi brevi, e conturbati sempre dalpensiero d'un attacco imminente, vigilanza diligentissi-ma, corse per luoghi alpestri e tenuti per impraticabili;talora circondati dal nemico, che stava per serrarli nellavasta cerchia, che facevasi ad ognora più stretta, e convolte e rivolte sfuggirgli dalle mani, che già si stendeva-no sopra di loro; tal altra lanciarsi arditamente tra mezzoalle schiere nemiche, e transitare al punto bramato senzache azzardassero offenderli. Per siffatte circostanze fumaravigliosa quella ritirata verso gli stati romani, dadove Garibaldi risolveva ricoverarsi finalmente in S.Marino, nella certezza di esservi ben accolto.

La disciplina più rigorosa fu da Garibaldi fatta osser-vare dalle sue truppe lungo questa escursione; a talespinse lo scrupolo da quel lato, che per lievi mancanze

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car loro il bisognevole, onde potessero ristorarsi dellafame e della sete patite in que' lunghi travagli.

Erano in que' momenti le condizioni d'Italia tutta, e diEuropa, poco o nulla favorevoli alla causa della libertà,perciò i popoli non potendo corrispondere agli eccita-menti di Garibaldi, stavano quieti, oppressi dagli esercitistranieri, accampati in gran numero nelle nostre provin-cie. Fattosi persuaso Garibaldi della realtà dolorosa, percui doveva rimettere ai giorni avvenire il compimentodel magnanimo proposito rifaceva i passi, avviandosiverso l'Umbria. Anche durante quella ritirata ebbe sem-pre ai fianchi l'austriaco, che inseguivalo numeroso esenza prender mai posa. Marcie e contromarcie precipi-tose e continue, riposi brevi, e conturbati sempre dalpensiero d'un attacco imminente, vigilanza diligentissi-ma, corse per luoghi alpestri e tenuti per impraticabili;talora circondati dal nemico, che stava per serrarli nellavasta cerchia, che facevasi ad ognora più stretta, e convolte e rivolte sfuggirgli dalle mani, che già si stendeva-no sopra di loro; tal altra lanciarsi arditamente tra mezzoalle schiere nemiche, e transitare al punto bramato senzache azzardassero offenderli. Per siffatte circostanze fumaravigliosa quella ritirata verso gli stati romani, dadove Garibaldi risolveva ricoverarsi finalmente in S.Marino, nella certezza di esservi ben accolto.

La disciplina più rigorosa fu da Garibaldi fatta osser-vare dalle sue truppe lungo questa escursione; a talespinse lo scrupolo da quel lato, che per lievi mancanze

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inflisse i più severi castighi. I luoghi per cui transitò nonebbero che a lodarsi dell'ordine e del rispetto alle perso-ne e alle cose. Allorchè le vettovaglie mancavano, ei ri-correva alle comuni che fornivangli l'occorrente, egiammai si fece lecito di togliere da per se neppure lostrettamente necessario.

Molte volte i suoi uffiziali instarono presso di lui affi-ne di indurlo a battersi col nemico, ed egli consultandola difficile posizione in cui si trovavano, e calcolato conmaggior prudenza le cose, rifiutò costantemente di farsiaggressore. Mancavangli i mezzi di trasporto pei feriti,mancavagli un luogo sicuro ove depositarli: come maiavrebbe egli potuto [51] acconsentire in tanto critica con-dizione, che i di lui compagni s'esponessero alle even-tualità di una lotta, dalla quale erasi convinto non poterpiù ricavare quei benefizi di che si era lusingato dappri-ma?

Entrava quindi in S. Marino, ove il governo e gli abi-tanti facevangli tutta quell'onorevole e lieta accoglienzache si doveva a fratelli. Quivi chiamati a sè gli uffiziali,rendeva lor noto essere oramai inutile continuarenell'intrapresa, e necessario quindi lo sciogliersi, e prov-vedere ciascuno alla propria salute in quella terra amica.Frattanto l'austriaco avea per mezzo del governo di S.Marino fatto proporre a Garibaldi una capitolazione,colla quale era offerto libero il campo per ritirarsi alproprio paese ad ognuno della sua colonna, ed assicura-to a lui un passaggio per l'America. Concertato col reg-

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inflisse i più severi castighi. I luoghi per cui transitò nonebbero che a lodarsi dell'ordine e del rispetto alle perso-ne e alle cose. Allorchè le vettovaglie mancavano, ei ri-correva alle comuni che fornivangli l'occorrente, egiammai si fece lecito di togliere da per se neppure lostrettamente necessario.

Molte volte i suoi uffiziali instarono presso di lui affi-ne di indurlo a battersi col nemico, ed egli consultandola difficile posizione in cui si trovavano, e calcolato conmaggior prudenza le cose, rifiutò costantemente di farsiaggressore. Mancavangli i mezzi di trasporto pei feriti,mancavagli un luogo sicuro ove depositarli: come maiavrebbe egli potuto [51] acconsentire in tanto critica con-dizione, che i di lui compagni s'esponessero alle even-tualità di una lotta, dalla quale erasi convinto non poterpiù ricavare quei benefizi di che si era lusingato dappri-ma?

Entrava quindi in S. Marino, ove il governo e gli abi-tanti facevangli tutta quell'onorevole e lieta accoglienzache si doveva a fratelli. Quivi chiamati a sè gli uffiziali,rendeva lor noto essere oramai inutile continuarenell'intrapresa, e necessario quindi lo sciogliersi, e prov-vedere ciascuno alla propria salute in quella terra amica.Frattanto l'austriaco avea per mezzo del governo di S.Marino fatto proporre a Garibaldi una capitolazione,colla quale era offerto libero il campo per ritirarsi alproprio paese ad ognuno della sua colonna, ed assicura-to a lui un passaggio per l'America. Concertato col reg-

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Page 83: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

gente di S. Marino il modo di salvare i compagni, rifiutòper sè ogni patto dell'austriaco, cui non volle umiliarsi.

Non rimanendo in Italia più altro campo ove si com-battesse contro lo straniero, tranne Venezia, ei concepìlo ardito divisamento di recarsi a far le ultime provenell'eroica città, che oramai sola sosteneva la bandieraitaliana colla guerra. Perciò accompagnato dalla moglieche da Roma avevalo voluto seguire ad ogni costo, e daun centinaio d'uomini i quali in onta a tutto non sepperorisolversi ad abbandonarlo, scese dalla montagna di S.Marino alle pianure del Cesenatico, ove stavano a vigileguardia numerosi gli austriaci, più che mai bramosi diaverlo nelle mani. Mercè la scorta di generosi patriottidi quei dintorni potè la piccola brigata passare non vistain mezzo ai nemici, e giungere alla sponda senza verunostacolo. Solo non ebbe amica la fortuna quel santomartire, il quale smarritosi nella corsa cadde in poteredel nemico, e più tardi spirò in Bologna rotto dai piombitedeschi stromenti dell'ira clericale. Perdita che lasciòun immenso dolore nell'animo di Garibaldi che nel P.Bassi venerava il vero tipo dell'uomo di Dio.

Era questa la terza volta che egli veniva colpito nellaparte più sensibile del suo cuore dacchè aveva rivedutola patria. Fin dai primi giorni del suo approdo in Genovala morte ponendo fine al martirio di una troppo lunga in-fermità, avevagli rapito l'antico fratello d'armi, il colon-nello Anzani, al quale stringevalo stima ed affetto cal-dissimo. [52] Combattendo sotto le mura di Roma contro i

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gente di S. Marino il modo di salvare i compagni, rifiutòper sè ogni patto dell'austriaco, cui non volle umiliarsi.

Non rimanendo in Italia più altro campo ove si com-battesse contro lo straniero, tranne Venezia, ei concepìlo ardito divisamento di recarsi a far le ultime provenell'eroica città, che oramai sola sosteneva la bandieraitaliana colla guerra. Perciò accompagnato dalla moglieche da Roma avevalo voluto seguire ad ogni costo, e daun centinaio d'uomini i quali in onta a tutto non sepperorisolversi ad abbandonarlo, scese dalla montagna di S.Marino alle pianure del Cesenatico, ove stavano a vigileguardia numerosi gli austriaci, più che mai bramosi diaverlo nelle mani. Mercè la scorta di generosi patriottidi quei dintorni potè la piccola brigata passare non vistain mezzo ai nemici, e giungere alla sponda senza verunostacolo. Solo non ebbe amica la fortuna quel santomartire, il quale smarritosi nella corsa cadde in poteredel nemico, e più tardi spirò in Bologna rotto dai piombitedeschi stromenti dell'ira clericale. Perdita che lasciòun immenso dolore nell'animo di Garibaldi che nel P.Bassi venerava il vero tipo dell'uomo di Dio.

Era questa la terza volta che egli veniva colpito nellaparte più sensibile del suo cuore dacchè aveva rivedutola patria. Fin dai primi giorni del suo approdo in Genovala morte ponendo fine al martirio di una troppo lunga in-fermità, avevagli rapito l'antico fratello d'armi, il colon-nello Anzani, al quale stringevalo stima ed affetto cal-dissimo. [52] Combattendo sotto le mura di Roma contro i

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Page 84: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

Francesi erasi veduto orbare d'un altro a lui estrema-mente caro per valore e per senno militare, il colonnelloMasina di Bologna. Pareva che un maligno destino sal-vando a lui la vita da tanti e così fieri pericoli, volessefargliela misera ed insopportabile, accumulando sul dilui animo dolori sopra dolori, che qui non ebbero ancorfine.

L'austriaco informato del rifiuto di Garibaldi per lecondizioni propostegli, emanò severissimi ordini controchi avesse dato asilo a lui e ai compagni, e come sel'atto già di per sè barbaro non fosse bastante, un altrovolle aggiungerne più barbaro ancora. Eragli noto che laindivisibile compagna stavagli a fianco; - ed egli, il te-desco, ricordavalo alle popolazioni, affinchè meglio fos-se riconoscibile il marito! e non si vergognava di avver-tire inoltre come a più chiaro indizio, che era la donnaincinta da vari mesi. Lo stato dell'infelice Anna, che perqualunque altro nemico sarebbe stato un titolo a mitiga-re i feroci diritti della guerra, doveva servire invececoll'austriaco a fare più desolata e lagrimevole la condi-zione di lei! Tali sono gli uomini che pesano sulla nostrasventurata patria!

Ma il bando assassino dello straniero non mettevapunto sgomento nel cuore di quei generosi abitanti, poi-chè non solo ebbero i fuggitivi fraterna accoglienza do-vunque, ma trovarono sulla riva pronti i peschereccibragozzi che li accolsero e li condussero lontano.

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Francesi erasi veduto orbare d'un altro a lui estrema-mente caro per valore e per senno militare, il colonnelloMasina di Bologna. Pareva che un maligno destino sal-vando a lui la vita da tanti e così fieri pericoli, volessefargliela misera ed insopportabile, accumulando sul dilui animo dolori sopra dolori, che qui non ebbero ancorfine.

L'austriaco informato del rifiuto di Garibaldi per lecondizioni propostegli, emanò severissimi ordini controchi avesse dato asilo a lui e ai compagni, e come sel'atto già di per sè barbaro non fosse bastante, un altrovolle aggiungerne più barbaro ancora. Eragli noto che laindivisibile compagna stavagli a fianco; - ed egli, il te-desco, ricordavalo alle popolazioni, affinchè meglio fos-se riconoscibile il marito! e non si vergognava di avver-tire inoltre come a più chiaro indizio, che era la donnaincinta da vari mesi. Lo stato dell'infelice Anna, che perqualunque altro nemico sarebbe stato un titolo a mitiga-re i feroci diritti della guerra, doveva servire invececoll'austriaco a fare più desolata e lagrimevole la condi-zione di lei! Tali sono gli uomini che pesano sulla nostrasventurata patria!

Ma il bando assassino dello straniero non mettevapunto sgomento nel cuore di quei generosi abitanti, poi-chè non solo ebbero i fuggitivi fraterna accoglienza do-vunque, ma trovarono sulla riva pronti i peschereccibragozzi che li accolsero e li condussero lontano.

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Page 85: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

Rivedendo il mare, e sentendolo fremere intorno a sè,quasi fosse la cara voce d'un amico, esultava Garibalditra i buffi del vento che venivano a scompigliarli sullafronte i lunghi capegli; e navigando alla volta di Veneziasentiva ognora più rinfrancarsi l'animo al pensare, chetra non molto avrebbe potuto toccare la terra desideratae forse operare ancora qualche bel fatto che il suo nomenon solo illustrasse, ma, ciò che più stavagli a cuore, alnome italiano fosse onorevole, e alla causa della libertàdi giovamento. E l'ardore e la straordinaria concitazionedell'animo suo ei comunicava ai compagni stimolandolicolla seducente pittura de' nuovi pericoli e delle piùsplendide glorie.

Così viaggiando tutta una notte erano sull'albeggiarepervenuti all'altura di Comacchio, allorquando vedevan-si sorgere dinanzi, e non molto da loro discosto, i legnida guerra austriaci veglianti in quelle acque, e senza al-cun [53] dubbio attendendoli. Appena scoperti furongli ri-volti sopra i cannoni, che incominciarono a bersagliarlifieramente; in breve alcuni bragozzi andarono capovoltiperendo miseramente le persone, altri furono raggiunti efatti prigioni; solo, per quanto ci consta, pervenne Gari-baldi a riguadagnare la costa col suo palischermo. Forsealla sua rara abilità di marino, alla robustezza del brac-cio, e al raro suo sangue freddo, ch'egli conserva sempreinalterato anche ne' momenti d'estremo pericolo, o forseal volere della Provvidenza che lo riserba al compimen-to di qualche alta impresa, è dovuto se in tale emergenza

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Rivedendo il mare, e sentendolo fremere intorno a sè,quasi fosse la cara voce d'un amico, esultava Garibalditra i buffi del vento che venivano a scompigliarli sullafronte i lunghi capegli; e navigando alla volta di Veneziasentiva ognora più rinfrancarsi l'animo al pensare, chetra non molto avrebbe potuto toccare la terra desideratae forse operare ancora qualche bel fatto che il suo nomenon solo illustrasse, ma, ciò che più stavagli a cuore, alnome italiano fosse onorevole, e alla causa della libertàdi giovamento. E l'ardore e la straordinaria concitazionedell'animo suo ei comunicava ai compagni stimolandolicolla seducente pittura de' nuovi pericoli e delle piùsplendide glorie.

Così viaggiando tutta una notte erano sull'albeggiarepervenuti all'altura di Comacchio, allorquando vedevan-si sorgere dinanzi, e non molto da loro discosto, i legnida guerra austriaci veglianti in quelle acque, e senza al-cun [53] dubbio attendendoli. Appena scoperti furongli ri-volti sopra i cannoni, che incominciarono a bersagliarlifieramente; in breve alcuni bragozzi andarono capovoltiperendo miseramente le persone, altri furono raggiunti efatti prigioni; solo, per quanto ci consta, pervenne Gari-baldi a riguadagnare la costa col suo palischermo. Forsealla sua rara abilità di marino, alla robustezza del brac-cio, e al raro suo sangue freddo, ch'egli conserva sempreinalterato anche ne' momenti d'estremo pericolo, o forseal volere della Provvidenza che lo riserba al compimen-to di qualche alta impresa, è dovuto se in tale emergenza

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potè sottrarsi agli inseguitori.Toccava finalmente la spiaggia; ma ivi la sua costan-

za ed il suo valore dovevano trovarsi alla più tremendaprova, che mai padre e marito possano sopportare. Tantecorse affannose pe' monti tanti giorni e notti senza pren-dere riposo, e lo sgomento continuo nell'animo per lasorte del marito, e le privazioni d'ogni cosa al di lei statoindispensabile, e l'incontro fatale sul mare, tutto avevacontribuito a spossare le robuste forze della infelice suadonna, e a condurla a termini di morte. Al toccare lariva appena rimaneva alla sventurata un tenue alito divita - Era quel luogo deserto; e nessun soccorso potevavenirle apprestato. Più tardi apparve qualcheduno cuiGaribaldi mandò in fretta a Ravenna per un medico; edinoltre potè dalla pietà di quelle genti ottenere un biroc-cio, sul quale adagiò la morente, che condusse nellacasa d'un contadino, in una terra del marchese Guiccioli,non molto lontana dal mare.

La povera famigliuola che l'abitava commossa a tantasventura di quegli sconosciuti offrì un letto per la donnamoribonda - Sventurato! appena Garibaldi ebbe tempodi coricarla, che già la travagliata aveva finito di patire!

Quel colpo atterrò l'animo di colui che aveva tantevolte nei suoi giorni sentito senza punto commoversiruggire intorno a sè la desolazione e la morte - Chinò ilcapo come cedendo al peso di così grande dolore; poichiesto un bicchier d'acqua per mitigare l'arsura che

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potè sottrarsi agli inseguitori.Toccava finalmente la spiaggia; ma ivi la sua costan-

za ed il suo valore dovevano trovarsi alla più tremendaprova, che mai padre e marito possano sopportare. Tantecorse affannose pe' monti tanti giorni e notti senza pren-dere riposo, e lo sgomento continuo nell'animo per lasorte del marito, e le privazioni d'ogni cosa al di lei statoindispensabile, e l'incontro fatale sul mare, tutto avevacontribuito a spossare le robuste forze della infelice suadonna, e a condurla a termini di morte. Al toccare lariva appena rimaneva alla sventurata un tenue alito divita - Era quel luogo deserto; e nessun soccorso potevavenirle apprestato. Più tardi apparve qualcheduno cuiGaribaldi mandò in fretta a Ravenna per un medico; edinoltre potè dalla pietà di quelle genti ottenere un biroc-cio, sul quale adagiò la morente, che condusse nellacasa d'un contadino, in una terra del marchese Guiccioli,non molto lontana dal mare.

La povera famigliuola che l'abitava commossa a tantasventura di quegli sconosciuti offrì un letto per la donnamoribonda - Sventurato! appena Garibaldi ebbe tempodi coricarla, che già la travagliata aveva finito di patire!

Quel colpo atterrò l'animo di colui che aveva tantevolte nei suoi giorni sentito senza punto commoversiruggire intorno a sè la desolazione e la morte - Chinò ilcapo come cedendo al peso di così grande dolore; poichiesto un bicchier d'acqua per mitigare l'arsura che

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stringevalo alle fauci, ed alzato lo sguardo al cielo, qua-si invocandolo a testimonio di quanto pativa per la cau-sa dell'umanità, e dato un ultimo doloroso addio allafredda spoglia della amata sua donna, uscì frettoloso daquella casa e disparve.

Povera Anna! Ella che soleva con tanto amore visita-re [54] in America la sepoltura d'una sua figliuoletta, cheDio le tolse, e volle tra i suoi angeli, e con quell'affettoistesso con cui s'affaccendava a renderla vaga e lietad'ornamenti in vita, davasi continua cura perchè il sepol-cro ch'avevala accolta paresse men tristo, e desse testi-monianza d'un amore che durava oltre la fossa, poveraAnna! era gran mercè se la cristiana carità del buon con-tadino che avevala ospitata, poteva dar riposo alle sueossa in un campo ignorato, senza che un segno le indi-casse alla pietà de' suoi cari, o alla reverenza di quantihanno in pregio tanta virtù e tanto amore di sposa!

Ma quelle ossa non poterono aver pace! chè

La derelitta cagna ramingando

sconvolse quella terra, che le copriva, e svelòall'inquisizione dell'austriaco la colpa del povero conta-dino, il quale convinto d'aver dato ricetto in vita e poisepoltura a quella morta, fu da que' feroci messo in car-cere!

All'uscire dall'infausta casa, Garibaldi aveva seco unsuo fido, capitano Leggero di Sardegna, il quale d'Ame-

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stringevalo alle fauci, ed alzato lo sguardo al cielo, qua-si invocandolo a testimonio di quanto pativa per la cau-sa dell'umanità, e dato un ultimo doloroso addio allafredda spoglia della amata sua donna, uscì frettoloso daquella casa e disparve.

Povera Anna! Ella che soleva con tanto amore visita-re [54] in America la sepoltura d'una sua figliuoletta, cheDio le tolse, e volle tra i suoi angeli, e con quell'affettoistesso con cui s'affaccendava a renderla vaga e lietad'ornamenti in vita, davasi continua cura perchè il sepol-cro ch'avevala accolta paresse men tristo, e desse testi-monianza d'un amore che durava oltre la fossa, poveraAnna! era gran mercè se la cristiana carità del buon con-tadino che avevala ospitata, poteva dar riposo alle sueossa in un campo ignorato, senza che un segno le indi-casse alla pietà de' suoi cari, o alla reverenza di quantihanno in pregio tanta virtù e tanto amore di sposa!

Ma quelle ossa non poterono aver pace! chè

La derelitta cagna ramingando

sconvolse quella terra, che le copriva, e svelòall'inquisizione dell'austriaco la colpa del povero conta-dino, il quale convinto d'aver dato ricetto in vita e poisepoltura a quella morta, fu da que' feroci messo in car-cere!

All'uscire dall'infausta casa, Garibaldi aveva seco unsuo fido, capitano Leggero di Sardegna, il quale d'Ame-

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rica era venuto con lui a prender parte alla guerra nazio-nale. Accompagnato da questi, pensò guadagnare lo sta-to sardo, unico luogo in Italia, in cui poteva speraretranquillità e sicurezza; ma il cammino era difficile elungo, tutti gli stati romani da quel lato erano occupatidagli austriaci, la Toscana medesima erane ingombra,pure fidando in Dio e nella sua stella s'accinse al peri-glioso viaggio.

Ignoravasi dovunque la sorte toccata all'uomo cheaveva con sè l'amore di tutti: non v'era patriotta in Italiache trepidante non ne chiedesse novella: erasi sparsa lavoce che avesse approdato in Venezia, e fu questa unapietosa invenzione per eludere l'austriaca vigilanza; inVenezia stessa era stato annunciato imminente il di luiarrivo, ma fra l'incertezza di queste voci tutti perdevansiin conghietture, e facevano voti per la salvezza d'untant'uomo: la speranza di saperlo fra non molto fuorid'ogni pericolo albergava nel cuore di tutti i buoni, matalora le liete speranze veniva a troncarle il lungo silen-zio e il non udirne mai nuova.

Frattanto egli imbattutosi in uomini pei quali la patriaè una sacra parola, aveva in essi trovato appoggio edasilo fraterno; molti giorni rimase celato in luogo, chenon crediamo ancora fuori di pericolo per que' generosiil rendere noto; di là scortato sempre da qualche fido dauno in altro punto [55] veniva lentamente avvicinandosi:sovente ozioso nel giorno, e ricovrato ne' boschi aspettòil favore della notte per continuare il viaggio, talora in-

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rica era venuto con lui a prender parte alla guerra nazio-nale. Accompagnato da questi, pensò guadagnare lo sta-to sardo, unico luogo in Italia, in cui poteva speraretranquillità e sicurezza; ma il cammino era difficile elungo, tutti gli stati romani da quel lato erano occupatidagli austriaci, la Toscana medesima erane ingombra,pure fidando in Dio e nella sua stella s'accinse al peri-glioso viaggio.

Ignoravasi dovunque la sorte toccata all'uomo cheaveva con sè l'amore di tutti: non v'era patriotta in Italiache trepidante non ne chiedesse novella: erasi sparsa lavoce che avesse approdato in Venezia, e fu questa unapietosa invenzione per eludere l'austriaca vigilanza; inVenezia stessa era stato annunciato imminente il di luiarrivo, ma fra l'incertezza di queste voci tutti perdevansiin conghietture, e facevano voti per la salvezza d'untant'uomo: la speranza di saperlo fra non molto fuorid'ogni pericolo albergava nel cuore di tutti i buoni, matalora le liete speranze veniva a troncarle il lungo silen-zio e il non udirne mai nuova.

Frattanto egli imbattutosi in uomini pei quali la patriaè una sacra parola, aveva in essi trovato appoggio edasilo fraterno; molti giorni rimase celato in luogo, chenon crediamo ancora fuori di pericolo per que' generosiil rendere noto; di là scortato sempre da qualche fido dauno in altro punto [55] veniva lentamente avvicinandosi:sovente ozioso nel giorno, e ricovrato ne' boschi aspettòil favore della notte per continuare il viaggio, talora in-

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calzato dagli eventi s'aggirò tra le file dei nemici, men-tre forse stavano meditando in qual modo avrebberlopotuto raggiungere; altra volta mentre seduto in unaosteria attendeva a rifocillarsi, capitò, e s'assise accantoa lui il croato, che senza sospetto vide quello sconosciu-to alzarsi e partire.

Dovunque egli trovò ardenti e coraggiosi patriotti,che per lui non badarono a pericoli nè a fatiche; e sap-piamo d'un parroco il di cui nome aspettiamo tempi mentristi per segnalare alla riconoscenza di tutta Italia, ilquale confortò l'illustre fuggiasco di tutte quelle amore-voli cure, che soltanto sa suggerire un nobile animo,educato alla sublime dottrina del Vangelo.

Finalmente dopo tanto errare, dopo tante dolorose vi-cende rivedeva la marina dalla costa toscana. NovelloMario inseguito da crudeli nemici e colla morte ruggen-te alle spalle, egli pure dalla spiaggia tendeva lo sguardosulle onde in traccia d'una vela, che il raccogliesse, ecome Mario ei vedeva una barca propizia a suoi voti ap-prossimarsi alla riva ed accoglierlo nel suo seno: ma delfuggiasco romano più fortunato egli trovava cuori gene-rosi, che lungi dallo spaventarsi all'apprenderne il nome,vogarono più lieti alla costa sarda, superbi di poter sal-vare un tant'uomo.

Era il 5 di settembre, ed il giorno trentacinquesimodel travaglioso viaggio, allorquando la barca guidata dapescatori, raccoglieva la vela sulla rada di Porto Venere.

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calzato dagli eventi s'aggirò tra le file dei nemici, men-tre forse stavano meditando in qual modo avrebberlopotuto raggiungere; altra volta mentre seduto in unaosteria attendeva a rifocillarsi, capitò, e s'assise accantoa lui il croato, che senza sospetto vide quello sconosciu-to alzarsi e partire.

Dovunque egli trovò ardenti e coraggiosi patriotti,che per lui non badarono a pericoli nè a fatiche; e sap-piamo d'un parroco il di cui nome aspettiamo tempi mentristi per segnalare alla riconoscenza di tutta Italia, ilquale confortò l'illustre fuggiasco di tutte quelle amore-voli cure, che soltanto sa suggerire un nobile animo,educato alla sublime dottrina del Vangelo.

Finalmente dopo tanto errare, dopo tante dolorose vi-cende rivedeva la marina dalla costa toscana. NovelloMario inseguito da crudeli nemici e colla morte ruggen-te alle spalle, egli pure dalla spiaggia tendeva lo sguardosulle onde in traccia d'una vela, che il raccogliesse, ecome Mario ei vedeva una barca propizia a suoi voti ap-prossimarsi alla riva ed accoglierlo nel suo seno: ma delfuggiasco romano più fortunato egli trovava cuori gene-rosi, che lungi dallo spaventarsi all'apprenderne il nome,vogarono più lieti alla costa sarda, superbi di poter sal-vare un tant'uomo.

Era il 5 di settembre, ed il giorno trentacinquesimodel travaglioso viaggio, allorquando la barca guidata dapescatori, raccoglieva la vela sulla rada di Porto Venere.

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Garibaldi aveva unicamente tre lire in suo potere! emale ei quindi poteva rimunerare a danaro i suoi salva-tori, cui diede unica ricompensa un'abbraccio, che que'buoni popolani accolsero colle lagrime agli occhi, e unoscritto, che renderà fede ai futuri della sua riconoscenzaper tanto benefizio.

Ricevuto in Porto Venere con segni di manifesta reve-renza e d'amore dal popolo, ebbe da un amico i mezziper recarsi a Chiavari, ove appena arrivato, il governoper mezzo de' suoi agenti s'impadronì di lui, e feceloscortare coi carabinieri a Genova, ritenendolo ivi custo-dito nel palazzo ducale.

Il Parlamento appena conosciuto il reo procedere delministero contro un cittadino, che aveva pur tanti dirittinon solo ad un'accoglienza amorevole per le sue sventu-re, ma [56] al rispetto e ad ogni onorifica dimostranza perquanto aveva operato in pro della patria comune, biasi-mò altamente ed a gran maggioranza di voti quelloscandaloso contegno, adottando il seguente ordine delgiorno, che noi riferiamo ad encomio dei nobili senti-menti e dell'indignazione generosa, manifestati nellatornata del 20 settembre dai rappresentanti nazionali.«La Camera dichiarando che l'arresto del generale Gari-baldi e la minacciata espulsione di lui dal Piemontesono lesivi dei diritti conservati dallo Statuto e dei senti-menti della nazionalità italiana passa all'ordine del gior-no.»

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Garibaldi aveva unicamente tre lire in suo potere! emale ei quindi poteva rimunerare a danaro i suoi salva-tori, cui diede unica ricompensa un'abbraccio, che que'buoni popolani accolsero colle lagrime agli occhi, e unoscritto, che renderà fede ai futuri della sua riconoscenzaper tanto benefizio.

Ricevuto in Porto Venere con segni di manifesta reve-renza e d'amore dal popolo, ebbe da un amico i mezziper recarsi a Chiavari, ove appena arrivato, il governoper mezzo de' suoi agenti s'impadronì di lui, e feceloscortare coi carabinieri a Genova, ritenendolo ivi custo-dito nel palazzo ducale.

Il Parlamento appena conosciuto il reo procedere delministero contro un cittadino, che aveva pur tanti dirittinon solo ad un'accoglienza amorevole per le sue sventu-re, ma [56] al rispetto e ad ogni onorifica dimostranza perquanto aveva operato in pro della patria comune, biasi-mò altamente ed a gran maggioranza di voti quelloscandaloso contegno, adottando il seguente ordine delgiorno, che noi riferiamo ad encomio dei nobili senti-menti e dell'indignazione generosa, manifestati nellatornata del 20 settembre dai rappresentanti nazionali.«La Camera dichiarando che l'arresto del generale Gari-baldi e la minacciata espulsione di lui dal Piemontesono lesivi dei diritti conservati dallo Statuto e dei senti-menti della nazionalità italiana passa all'ordine del gior-no.»

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Page 91: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

In onta del quale Garibaldi continuò ad essere soste-nuto in prigione, ove molti fra i più ragguardevoli uomi-ni che trovavansi in Genova, e gli uffiziali del presidioaffollavansi ogni giorno a visitarlo. Non mai uscì dallasua bocca un lamento intorno a quel modo d'agire versodi lui, sembrava non accorgersi, o non dare alcuna im-portanza a quel passeggero capriccio della nemica fortu-na. A quanti l'avvicinarono in quei giorni, egli nond'altro parlò che dell'avvenire d'Italia, confortandoli adaver fede e ad unirsi concordi per la guerra nazionale,nè lontana, nè perduta, affine di raggiungere la bramatavittoria. Quegli stessi che prevenuti contro di lui andaro-no a vederlo per mera curiosità, ne partirono compene-trati d'un senso d'ammirazione, se non d'affetto.

Quanti altri che formano attualmente i più bei titoliche abbia l'Italia alla stima delle nazioni sono, com'era,ed è in parte tuttavia Garibaldi, calunniati, e costringe-rebbero in egual modo i loro nemici a ricredersi ed a sti-marli, se fossero ben conosciuti!

Desiderando Garibaldi rivedere la vecchia madre inNizza ed i figli, consentì il governo che v'andasse sopraun vapore: si disse che un agente di polizia in incognitolo accompagnasse. È impossibile descrivere l'entusia-smo del popolo nicese al rivedere il suo concittadinodopo tante avventure e dopo i fatti di Roma. Trattenutosicolà appena il tempo necessario per visitare i parenti egli amici, risaliva a bordo del vapore per tornare a Ge-nova, giusta la data parola, e mettersi nuovamente alla

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In onta del quale Garibaldi continuò ad essere soste-nuto in prigione, ove molti fra i più ragguardevoli uomi-ni che trovavansi in Genova, e gli uffiziali del presidioaffollavansi ogni giorno a visitarlo. Non mai uscì dallasua bocca un lamento intorno a quel modo d'agire versodi lui, sembrava non accorgersi, o non dare alcuna im-portanza a quel passeggero capriccio della nemica fortu-na. A quanti l'avvicinarono in quei giorni, egli nond'altro parlò che dell'avvenire d'Italia, confortandoli adaver fede e ad unirsi concordi per la guerra nazionale,nè lontana, nè perduta, affine di raggiungere la bramatavittoria. Quegli stessi che prevenuti contro di lui andaro-no a vederlo per mera curiosità, ne partirono compene-trati d'un senso d'ammirazione, se non d'affetto.

Quanti altri che formano attualmente i più bei titoliche abbia l'Italia alla stima delle nazioni sono, com'era,ed è in parte tuttavia Garibaldi, calunniati, e costringe-rebbero in egual modo i loro nemici a ricredersi ed a sti-marli, se fossero ben conosciuti!

Desiderando Garibaldi rivedere la vecchia madre inNizza ed i figli, consentì il governo che v'andasse sopraun vapore: si disse che un agente di polizia in incognitolo accompagnasse. È impossibile descrivere l'entusia-smo del popolo nicese al rivedere il suo concittadinodopo tante avventure e dopo i fatti di Roma. Trattenutosicolà appena il tempo necessario per visitare i parenti egli amici, risaliva a bordo del vapore per tornare a Ge-nova, giusta la data parola, e mettersi nuovamente alla

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disposizione del governo. Il quale fermo nell'allontanar-lo dallo Stato, alcuni giorni dopo fecelo trasportare conun vapore da guerra a Tunisi, avendo Garibaldi sceltoper luogo della sua dimora [57] quell'affricana città, venu-tigli forse in dispetto cotestoro della civile Europa, checon atti da veri barbari toglievano ai popoli la libertà,bombardavano città innocenti vantandosene liberatori, eprocedevano tant'oltre da perseguitare perfino un indivi-duo, solo ed inerme, e scampato per miracolo da tanti ecosì gravi pericoli.

Nel suo tragitto da Genova alla volta di Barberia, ilvapore che lo conduceva approdò in Cagliari, ove la po-polazione appena informata della sorte di Garibaldis'affollò numerosissima sulle barchette, spinta dal desi-derio di vedere almeno una volta quell'uomo di cui ave-vano udito tante nobili e maravigliose imprese. I fieriisolani, nelle cui vene scorre ardente il sangue latino, fe-cero ripetute volte echeggiare quelle sponde agli evvivaal forte Italiano, e agli auguri di più lieta fortuna in nonlontano avvenire - Era quello un ultimo addio, che l'Ita-lia mandava al prode guerriero dall'estremo suo lembo -E quell'addio si prolungava sulle acque del golfo, comegrido di madre desolata che vede strapparsi dal seno ilprediletto suo figlio.

Salpato poco dopo per Tunisi arrivava in quel porto ilgiorno 21 di settembre; ma anche là attendevalo la ven-detta francese e la persecuzione del governo sardo, se è

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disposizione del governo. Il quale fermo nell'allontanar-lo dallo Stato, alcuni giorni dopo fecelo trasportare conun vapore da guerra a Tunisi, avendo Garibaldi sceltoper luogo della sua dimora [57] quell'affricana città, venu-tigli forse in dispetto cotestoro della civile Europa, checon atti da veri barbari toglievano ai popoli la libertà,bombardavano città innocenti vantandosene liberatori, eprocedevano tant'oltre da perseguitare perfino un indivi-duo, solo ed inerme, e scampato per miracolo da tanti ecosì gravi pericoli.

Nel suo tragitto da Genova alla volta di Barberia, ilvapore che lo conduceva approdò in Cagliari, ove la po-polazione appena informata della sorte di Garibaldis'affollò numerosissima sulle barchette, spinta dal desi-derio di vedere almeno una volta quell'uomo di cui ave-vano udito tante nobili e maravigliose imprese. I fieriisolani, nelle cui vene scorre ardente il sangue latino, fe-cero ripetute volte echeggiare quelle sponde agli evvivaal forte Italiano, e agli auguri di più lieta fortuna in nonlontano avvenire - Era quello un ultimo addio, che l'Ita-lia mandava al prode guerriero dall'estremo suo lembo -E quell'addio si prolungava sulle acque del golfo, comegrido di madre desolata che vede strapparsi dal seno ilprediletto suo figlio.

Salpato poco dopo per Tunisi arrivava in quel porto ilgiorno 21 di settembre; ma anche là attendevalo la ven-detta francese e la persecuzione del governo sardo, se è

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vera la voce che ne corse13.Il Bey cedendo alle esigenze della grande nazione

che non poteva vivere tranquilla se quell'uomo avesseavuto stanza in Barberia, negò il permesso a Garibaldidi sbarcare nella sua città. E al medesimo tempo quasiavesse voluto manifestargli l'animo suo non avverso, eforse anco a scusa del rifiuto impostogli dal più forte, ilBey gli offerì un vapore perchè si recasse a Malta, ovefosse piaciuto a Garibaldi trasferirvisi.

Simile anche in ciò a Mario, che fuggitivo dalle costed'Italia si rivolse a quell'istesso porto, non molto disco-sto dal quale sedeva l'antica Cartagine, e dovette subito[58] allontanarsene riprendendo nuovamente il mare persottrarsi alle persecuzioni de' suoi concittadini e de' bar-bari, Garibaldi tornò indietro colla stessa nave, dal co-mandante della quale fu sbarcato nella piccola isola diMaddalena, collocata presso la costa settentrionale dellaSardegna, ed ivi lasciato sotto la custodia del coman-dante militare del luogo, fino a che il governo avessepreso nuove determinazioni.

Quell'isoletta fu per Garibaldi l'oasi invocata dal viag-giatore affranto dalle lunghe e perigliose fatiche del de-serto, sconvolto da fierissimi venti. Ivi trovò riposo, e

13 Fu detto, che il Console francese in Tunisi d'accordo col sardo facessevive istanze presso il Bey, onde Garibaldi venisse respinto; e che il secon-do inviasse poi persona del Consolato a bordo del Tripoli con incarico difar presente a Garibaldi che egli, il Console erasi adoperato presso quelGoverno affinchè gli accordasse la bramata ospitalità!

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vera la voce che ne corse13.Il Bey cedendo alle esigenze della grande nazione

che non poteva vivere tranquilla se quell'uomo avesseavuto stanza in Barberia, negò il permesso a Garibaldidi sbarcare nella sua città. E al medesimo tempo quasiavesse voluto manifestargli l'animo suo non avverso, eforse anco a scusa del rifiuto impostogli dal più forte, ilBey gli offerì un vapore perchè si recasse a Malta, ovefosse piaciuto a Garibaldi trasferirvisi.

Simile anche in ciò a Mario, che fuggitivo dalle costed'Italia si rivolse a quell'istesso porto, non molto disco-sto dal quale sedeva l'antica Cartagine, e dovette subito[58] allontanarsene riprendendo nuovamente il mare persottrarsi alle persecuzioni de' suoi concittadini e de' bar-bari, Garibaldi tornò indietro colla stessa nave, dal co-mandante della quale fu sbarcato nella piccola isola diMaddalena, collocata presso la costa settentrionale dellaSardegna, ed ivi lasciato sotto la custodia del coman-dante militare del luogo, fino a che il governo avessepreso nuove determinazioni.

Quell'isoletta fu per Garibaldi l'oasi invocata dal viag-giatore affranto dalle lunghe e perigliose fatiche del de-serto, sconvolto da fierissimi venti. Ivi trovò riposo, e

13 Fu detto, che il Console francese in Tunisi d'accordo col sardo facessevive istanze presso il Bey, onde Garibaldi venisse respinto; e che il secon-do inviasse poi persona del Consolato a bordo del Tripoli con incarico difar presente a Garibaldi che egli, il Console erasi adoperato presso quelGoverno affinchè gli accordasse la bramata ospitalità!

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volti amici e cuori che fecero sue le di lui pene. - Tuttiquegli abitanti andarono a gara per testimoniargli l'inte-resse e la stima che sentivano per lui. Dal più ricco alpiù povero nessuno tra i buoni isolani lasciò di stringerequella mano che aveva sì fieramente percosso i nemicid'Italia; tanto essi l'amavano, tanta confidenza avevaegli ispirata col suo fare semplice e cordiale! - Credia-mo dover nostro di specialmente rammentare qui a titolod'onore il signor Susini sindaco nell'isoletta, padre diquell'istesso Susini, scelto da Garibaldi a suo successorenel comando della legione italiana in Montevideo, dacui il nostro amico ebbe le più distinte prove di affettuo-sa amicizia.

Nei molti giorni, che quasi dimenticato rimase colà,ei soleva per allontanare da sè la cupa malinconia, dacui era tormentato, esercitare il corpo e distrarre la men-te colla caccia e la pesca, di lui prediletti passatempi. Eun giorno mentre egli era in riva al mare vide un bur-chiello a vela navigare lungo la costa con evidente peri-colo di capovolgersi, soffiando impetuoso il vento; nès'ingannò, che poco dopo cresciuto questo in forza e fat-tosi più turgido il seno della vela, non presentando l'esi-le barchetta sufficiente peso a mantenere l'equilibrio, sipiegò rovesciandosi sulle acque. A quella vista non ri-mase Garibaldi freddo spettatore; si precipitò nel mareseguito da un suo compagno, e tanto s'adoperò colle ro-buste membra e coll'ingegno, che que' naviganti furonosalvati. Così la Provvidenza diede a lui occasione di mo-

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volti amici e cuori che fecero sue le di lui pene. - Tuttiquegli abitanti andarono a gara per testimoniargli l'inte-resse e la stima che sentivano per lui. Dal più ricco alpiù povero nessuno tra i buoni isolani lasciò di stringerequella mano che aveva sì fieramente percosso i nemicid'Italia; tanto essi l'amavano, tanta confidenza avevaegli ispirata col suo fare semplice e cordiale! - Credia-mo dover nostro di specialmente rammentare qui a titolod'onore il signor Susini sindaco nell'isoletta, padre diquell'istesso Susini, scelto da Garibaldi a suo successorenel comando della legione italiana in Montevideo, dacui il nostro amico ebbe le più distinte prove di affettuo-sa amicizia.

Nei molti giorni, che quasi dimenticato rimase colà,ei soleva per allontanare da sè la cupa malinconia, dacui era tormentato, esercitare il corpo e distrarre la men-te colla caccia e la pesca, di lui prediletti passatempi. Eun giorno mentre egli era in riva al mare vide un bur-chiello a vela navigare lungo la costa con evidente peri-colo di capovolgersi, soffiando impetuoso il vento; nès'ingannò, che poco dopo cresciuto questo in forza e fat-tosi più turgido il seno della vela, non presentando l'esi-le barchetta sufficiente peso a mantenere l'equilibrio, sipiegò rovesciandosi sulle acque. A quella vista non ri-mase Garibaldi freddo spettatore; si precipitò nel mareseguito da un suo compagno, e tanto s'adoperò colle ro-buste membra e coll'ingegno, che que' naviganti furonosalvati. Così la Provvidenza diede a lui occasione di mo-

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strare agli amorevoli suoi ospiti in qual guisa ei paghi idebiti di gratitudine.

Non consentendo il governo ch'egli rimanesse più alungo nel territorio sardo, fecelo trasportare dal briganti-no il «Colombo» a Gibilterra, unico luogo ove potesserecarsi [59] tra i più vicini in Europa. Al suo arrivo colàebbe l'assenso del governatore soltanto per isbarcarvi erimanervi pochi giorni. Richiesto il Console spagnuolose sarebbe accolto in qualche punto della Spagna, n'ebberisposta negativa - Andare in Francia non era cosa chepotesse venirgli in mente. A fronte di tante turpitudini, ilConsole degli Stati Uniti d'America e con lui gli uffizia-li delle sue navi da guerra, quasi a protestare contro tan-ta infamia per l'onore dell'umanità, si presentarono adoffrire al valent'uomo perseguitato dai vermi della diplo-mazia, oro, asilo nel loro paese, e un legno da guerra pertrasportarvelo - Garibaldi non volendo allontanarsid'Europa ringraziò que' nobili figli della libera America,e preferì tentare di nuovo l'Affrica. Partì pochi giornidopo per Tangeri, nell'impero di Marocco, ove fu accol-to da persona amica, e trovò quel pacifico asilo che in-vano aveva desiderato in patria.

All'apprendere questi fatti i posteri maraviglierannosenza dubbio per tanta ingratitudine verso un così illu-stre cittadino, e chiederanno indignati se le protested'amore alla causa italiana e alla libertà tanto spesso ri-petute ai dì nostri da certi individui, fossero un'ironiagettata in volto a un popolo di imbelli!

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strare agli amorevoli suoi ospiti in qual guisa ei paghi idebiti di gratitudine.

Non consentendo il governo ch'egli rimanesse più alungo nel territorio sardo, fecelo trasportare dal briganti-no il «Colombo» a Gibilterra, unico luogo ove potesserecarsi [59] tra i più vicini in Europa. Al suo arrivo colàebbe l'assenso del governatore soltanto per isbarcarvi erimanervi pochi giorni. Richiesto il Console spagnuolose sarebbe accolto in qualche punto della Spagna, n'ebberisposta negativa - Andare in Francia non era cosa chepotesse venirgli in mente. A fronte di tante turpitudini, ilConsole degli Stati Uniti d'America e con lui gli uffizia-li delle sue navi da guerra, quasi a protestare contro tan-ta infamia per l'onore dell'umanità, si presentarono adoffrire al valent'uomo perseguitato dai vermi della diplo-mazia, oro, asilo nel loro paese, e un legno da guerra pertrasportarvelo - Garibaldi non volendo allontanarsid'Europa ringraziò que' nobili figli della libera America,e preferì tentare di nuovo l'Affrica. Partì pochi giornidopo per Tangeri, nell'impero di Marocco, ove fu accol-to da persona amica, e trovò quel pacifico asilo che in-vano aveva desiderato in patria.

All'apprendere questi fatti i posteri maraviglierannosenza dubbio per tanta ingratitudine verso un così illu-stre cittadino, e chiederanno indignati se le protested'amore alla causa italiana e alla libertà tanto spesso ri-petute ai dì nostri da certi individui, fossero un'ironiagettata in volto a un popolo di imbelli!

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Page 96: Biografia di Giuseppe Garibaldi - Liber Liber...GIUSEPPE GARIBALDI Vedrai Un Cavalier che Italia tutta onora Pensoso più d'altrui, che di sè stesso. PETRARCA. Di media statura, largo

Tutta la vita di Garibaldi è un continuo e non infecon-do sacrifizio alla libertà e alla patria. Nei suoi attid'uomo privato, come in quelli d'uomo pubblico, ne' lieticonvegni degli amici, come nelle serie e gravi adunanze,uno fu sempre l'oggetto ch'ebbe in mira, uno l'argomen-to dei suoi pensieri e de' suoi discorsi: PATRIA e Umanità.

Le sublimi aspirazioni della forte anima sua costante-mente s'elevarono a quell'altissimo concetto; di ogni al-tra cosa poco o nulla prese mai cura, perciò fu vistocombattere sempre, e la causa americana difendere conquell'ardore medesimo con cui impugnò le armi in Lom-bardia ed in Roma - Al pensiero tenne sempre dietro eincessante l'azione.

Convinto che soprattutto l'Italia ha bisogno di riabili-tarsi nell'opinione del mondo con forti e magnanimi fat-ti, e che la libertà, come il pane, dev'essere acquistatacol sudore della propria fronte, egli vuol combatteresolo co' suoi le italiane battaglie, e respinge come unosfregio all'onore nazionale, e una macchia che rimarreb-be eterna nella [60] storia d'Italia, ogni idea d'interventostraniero. L'Italia deve, e volendo può fare da sè, glieloimpone il suo passato, lo esige l'altezza della sua missio-ne avvenire. Lo schiavo ognor fremente, e in continualotta virilmente sostenuta è per lui la più sublime prote-sta dell'uomo conscio della propria dignità; quegli cheinfingardo o fiaccamente operando invoca, e accetta sol-lievo dalla carità altrui lo muove a sdegno e disprezzo.Ei vorrebbe prolungata la schiavitù della patria, anzi che

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Tutta la vita di Garibaldi è un continuo e non infecon-do sacrifizio alla libertà e alla patria. Nei suoi attid'uomo privato, come in quelli d'uomo pubblico, ne' lieticonvegni degli amici, come nelle serie e gravi adunanze,uno fu sempre l'oggetto ch'ebbe in mira, uno l'argomen-to dei suoi pensieri e de' suoi discorsi: PATRIA e Umanità.

Le sublimi aspirazioni della forte anima sua costante-mente s'elevarono a quell'altissimo concetto; di ogni al-tra cosa poco o nulla prese mai cura, perciò fu vistocombattere sempre, e la causa americana difendere conquell'ardore medesimo con cui impugnò le armi in Lom-bardia ed in Roma - Al pensiero tenne sempre dietro eincessante l'azione.

Convinto che soprattutto l'Italia ha bisogno di riabili-tarsi nell'opinione del mondo con forti e magnanimi fat-ti, e che la libertà, come il pane, dev'essere acquistatacol sudore della propria fronte, egli vuol combatteresolo co' suoi le italiane battaglie, e respinge come unosfregio all'onore nazionale, e una macchia che rimarreb-be eterna nella [60] storia d'Italia, ogni idea d'interventostraniero. L'Italia deve, e volendo può fare da sè, glieloimpone il suo passato, lo esige l'altezza della sua missio-ne avvenire. Lo schiavo ognor fremente, e in continualotta virilmente sostenuta è per lui la più sublime prote-sta dell'uomo conscio della propria dignità; quegli cheinfingardo o fiaccamente operando invoca, e accetta sol-lievo dalla carità altrui lo muove a sdegno e disprezzo.Ei vorrebbe prolungata la schiavitù della patria, anzi che

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averla libera per mano straniera. Spezzerebbe la suaspada, e tra i ferri nemici cercherebbe la morte se all'Ita-lia fosse riserbata quell'onta.

Uomo dell'Umanità, ei vagheggia nell'avvenire la fra-tellanza dei popoli, ma al banchetto delle nazioni ei vuolsedere da eguale, o non sedere. Può l'Italia dalla sua al-tezza discendere come l'uomo Dio nelle tenebre del se-polcro, ma come l'Uomo Dio deve risorgere per sua pro-pria virtù - Grande sovra tutte le nazioni nel passato,deve esserlo nell'avvenire; l'esempio altrui male s'atta-glia a chi esce dalla sfera comune.

Educato fin dai primi suoi anni ai principii delle liber-tà popolari e convinto che a raggiungere l'altezza de'suoi destini l'Italia deve in un futuro più o meno lontanoessere una, ogni suo pensiero ed ogni suo atto concer-nente alla Patria, fu sempre diretto a quelle due mire;ma conscio egualmente che anzi tutto denno gl'Italianiacquistarsi l'indipendenza, egli, come tutti i suoi fratellidi fede politica14, è pronto, messa a parte ogni individua-le convinzione, a far sua la bandiera di colui, che offren-do maggior probabilità di riuscita, entrerà in campo irre-vocabilmente deciso a cacciare oltr'alpe l'austriaco.

Garibaldi conta oggi 42 anni d'età. La stessa energia el'ardore medesimo della prima gioventù governano tut-tora quell'anima indomata. Il suo discorso breve, ed'ordinario pacato, s'infiamma, e dai suoi occhi scintilla

14 V. MAZZINI, Italia del Popolo. — Vol. II, pag. 23 — gennaio 1850.

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averla libera per mano straniera. Spezzerebbe la suaspada, e tra i ferri nemici cercherebbe la morte se all'Ita-lia fosse riserbata quell'onta.

Uomo dell'Umanità, ei vagheggia nell'avvenire la fra-tellanza dei popoli, ma al banchetto delle nazioni ei vuolsedere da eguale, o non sedere. Può l'Italia dalla sua al-tezza discendere come l'uomo Dio nelle tenebre del se-polcro, ma come l'Uomo Dio deve risorgere per sua pro-pria virtù - Grande sovra tutte le nazioni nel passato,deve esserlo nell'avvenire; l'esempio altrui male s'atta-glia a chi esce dalla sfera comune.

Educato fin dai primi suoi anni ai principii delle liber-tà popolari e convinto che a raggiungere l'altezza de'suoi destini l'Italia deve in un futuro più o meno lontanoessere una, ogni suo pensiero ed ogni suo atto concer-nente alla Patria, fu sempre diretto a quelle due mire;ma conscio egualmente che anzi tutto denno gl'Italianiacquistarsi l'indipendenza, egli, come tutti i suoi fratellidi fede politica14, è pronto, messa a parte ogni individua-le convinzione, a far sua la bandiera di colui, che offren-do maggior probabilità di riuscita, entrerà in campo irre-vocabilmente deciso a cacciare oltr'alpe l'austriaco.

Garibaldi conta oggi 42 anni d'età. La stessa energia el'ardore medesimo della prima gioventù governano tut-tora quell'anima indomata. Il suo discorso breve, ed'ordinario pacato, s'infiamma, e dai suoi occhi scintilla

14 V. MAZZINI, Italia del Popolo. — Vol. II, pag. 23 — gennaio 1850.

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un insolito splendore quando parla di patria e di glorianazionale. Austero nei costumi, parco nel dar lodi, dalsuo labbro non esce mai detto che offenda; delle offesericevute non degna mover [61] lamento e le obblia. Ineso-rabile nel suo sdegno verso i codardi ed i tristi, è indul-gente co' valorosi.

Senza alterigia, come senz'umiltà, tratta con egual ri-spetto chiunque; il semplice soldato come ogn'altro hasempre libero accesso a lui; pari all'ultimo de' suoi nelcibo, nel vestire e nelle privazioni della vita militare, sidistingue soltanto per l'aspetto decoroso e la reverenzache nessuno sa negargli. Quanti l'avvicinarono gli rima-sero amici: i suoi compagni d'armi ebbero sempre perlui affetto di figli. Allorchè un doloroso pensiero gli tra-vaglia l'animo, ei suole calarsi sulla fronte il berretto estarsi o passeggiare solo e taciturno; ha il passo non gre-ve, ma lento, e l'andare composto a gravità senz'ombradi studio. Per lo più serio e sopra pensieri, la vista d'unamico lo allegra e chiama il sorriso sulle di lui labbra.Fra persone di sua intimità talora s'abbandona alloscherzo, ma per poco, quasi l'assalisse rimorso d'aversprecato il tempo. - Riverente alla madre, ottimo marito,è co' figli or sorridente, ora severo.

I tanti travagli durati per la propria patria e l'altrui glihanno fruttato povertà, persecuzioni, un nome onoratoin Europa e in America15, l'odio dei tristi e l'amore del15 Nell'America del Nord quattro anni or sono vide la luce un romanzo inti-

tolato Dolores nel quale a Garibaldi è assegnata una nobile parte. - Noi

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un insolito splendore quando parla di patria e di glorianazionale. Austero nei costumi, parco nel dar lodi, dalsuo labbro non esce mai detto che offenda; delle offesericevute non degna mover [61] lamento e le obblia. Ineso-rabile nel suo sdegno verso i codardi ed i tristi, è indul-gente co' valorosi.

Senza alterigia, come senz'umiltà, tratta con egual ri-spetto chiunque; il semplice soldato come ogn'altro hasempre libero accesso a lui; pari all'ultimo de' suoi nelcibo, nel vestire e nelle privazioni della vita militare, sidistingue soltanto per l'aspetto decoroso e la reverenzache nessuno sa negargli. Quanti l'avvicinarono gli rima-sero amici: i suoi compagni d'armi ebbero sempre perlui affetto di figli. Allorchè un doloroso pensiero gli tra-vaglia l'animo, ei suole calarsi sulla fronte il berretto estarsi o passeggiare solo e taciturno; ha il passo non gre-ve, ma lento, e l'andare composto a gravità senz'ombradi studio. Per lo più serio e sopra pensieri, la vista d'unamico lo allegra e chiama il sorriso sulle di lui labbra.Fra persone di sua intimità talora s'abbandona alloscherzo, ma per poco, quasi l'assalisse rimorso d'aversprecato il tempo. - Riverente alla madre, ottimo marito,è co' figli or sorridente, ora severo.

I tanti travagli durati per la propria patria e l'altrui glihanno fruttato povertà, persecuzioni, un nome onoratoin Europa e in America15, l'odio dei tristi e l'amore del15 Nell'America del Nord quattro anni or sono vide la luce un romanzo inti-

tolato Dolores nel quale a Garibaldi è assegnata una nobile parte. - Noi

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suo paese, di cui forma una delle più splendide glorie.Lasciò in Nizza la vecchia madre, coi tre figli, Menotti,Ricciotti e Teresita, all'educazione de' quali provvedecon affetto di padre l'avvocato Garibaldi cugino del Ge-nerale: - egli, il suo amico Daideri, e non altri.

Uomini generosi, di cui non è difetto la Dio mercè inItalia, offersero al prode uomo ragguardevoli somme,che non accettò. D'indole laboriosa, egli trova dovunquecome sostentarsi coll'opera sua; all'uopo non esiterebbeun solo momento a imbarcarsi per semplice marinaio.Sobrio, modesto, e tollerante le fatiche, poco gli basta.

Accettò con lieto animo una spada superbamente la-vorata in Firenze, frutto d'una soscrizione nazionale.Un'altra eseguita dall'egregio artista Borani in Torino,dono essa pure [62] de' suoi compatrioti, sarà tra non mol-to depositata nella sua casa materna.

Di queste spade una rappresenta nell'impugnatural'Italia, che appoggiata al brando attende a ristorare leproprie forze.

Dio le infonda vigore! Quando l'ora di sollevarlo nuo-vamente sarà giunta, Garibaldi nol lascerà giacere ozio-so. Dalle aride montagne di Marocco, donde mirandoall'Italia, medita la grande vendetta, tornerà fulmine diguerra, a dar nuove glorie alla patria, nuovi argomentid'odio ai malvagi, e, Dio confermi l'augurio, l'ultimo

rammentiamo questo lavoro del nostro amico Harro Harring ad encomiodell'autore e di Garibaldi.

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suo paese, di cui forma una delle più splendide glorie.Lasciò in Nizza la vecchia madre, coi tre figli, Menotti,Ricciotti e Teresita, all'educazione de' quali provvedecon affetto di padre l'avvocato Garibaldi cugino del Ge-nerale: - egli, il suo amico Daideri, e non altri.

Uomini generosi, di cui non è difetto la Dio mercè inItalia, offersero al prode uomo ragguardevoli somme,che non accettò. D'indole laboriosa, egli trova dovunquecome sostentarsi coll'opera sua; all'uopo non esiterebbeun solo momento a imbarcarsi per semplice marinaio.Sobrio, modesto, e tollerante le fatiche, poco gli basta.

Accettò con lieto animo una spada superbamente la-vorata in Firenze, frutto d'una soscrizione nazionale.Un'altra eseguita dall'egregio artista Borani in Torino,dono essa pure [62] de' suoi compatrioti, sarà tra non mol-to depositata nella sua casa materna.

Di queste spade una rappresenta nell'impugnatural'Italia, che appoggiata al brando attende a ristorare leproprie forze.

Dio le infonda vigore! Quando l'ora di sollevarlo nuo-vamente sarà giunta, Garibaldi nol lascerà giacere ozio-so. Dalle aride montagne di Marocco, donde mirandoall'Italia, medita la grande vendetta, tornerà fulmine diguerra, a dar nuove glorie alla patria, nuovi argomentid'odio ai malvagi, e, Dio confermi l'augurio, l'ultimo

rammentiamo questo lavoro del nostro amico Harro Harring ad encomiodell'autore e di Garibaldi.

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colpo all'austriaco fuggente oltre l'Alpi!

FINE.

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colpo all'austriaco fuggente oltre l'Alpi!

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