Numero 1, Marzo 2015
PASSIONE
SEMPLICITÀ
DIFFONDERE
ARTE
CONFRONTO
CHIAREZZA
RISPETTO
CONDIVIDERE
ARTESPLORANDO
Perchè la cultura non è un concetto astratto, lontano dalla vita
quotidiana. La cultura determina i nostri gusti, il nostro stile di
vita, mitiga l'individualismo che ci fa dimenticare il bene co-
mune, orienta verso la solidarietà.
E forse può creare un terreno comune su cui costruire un nuo-
vo modello di sviluppo.
Per questo e per tanti altri motivi, ho ritenuto importante crea-
re questo spazio in cui si parla liberamente di arte, in cui si
scopre, si conosce, ci si confronta.
Buona lettura a tutti.
C. C.
Cultura e arte, antidoto al degrado morale
Guardando le notizie di que-
sto da poco cominciato 2015,
mi sono posto un quesito: nel
mezzo di una crisi economi-
ca, religiosa e politica deva-
stante a cosa può servire
parlare e scrivere di arte, di
paesaggio, di bellezza?
A cosa può servire un noti-
ziario come questo nel mon-
do d'oggi?
Si perdono posti di lavoro,
cresce la disoccupazione
giovanile, gli italiani comin-
ciano a risparmiare perfino
sui generi alimentari e Are
you art? parla d'arte!
A questi dubbi io risponderei
leggendo dall’elenco delle
spese sostenute da politici e
politicanti negli innumerevoli
scandali emersi negli ultimi
anni: aperitivi, cene in disco-
teca, auto, arredi per la casa,
abbonamenti alle partite...
neppure un euro per la cultu-
ra, per l’acquisto di un abbo-
namento al teatro, una tesse-
ra del Fai o per un libro.
La cultura sembra assente
dalla vita di questi politici e
allora viene da pensare che
laddove manca la cultura
sembra farsi largo la corru-
zione, il malaffare e che tanto
più oggi sembra indispensa-
bile scrivere di arte anche
come antidoto al degrado
morale.
“A cosa può
servire un
notiziario come
questo nel
mondo
d'oggi?”
Sono Cristian, classe 1983, laureato in restauro e conservazione dei beni culturali, mi piace
l'arte, la musica, la pittura. Da sempre la vera passione della mia vita è la storia dell'arte e oggi
cerco di diffonderla anche attraverso questo notiziario, fondato insieme ad altri blogger con cui
condivido questa passione!
artesplorando.blogspot.it [email protected]
MICHELANGELO BUONARROTI È TORNATO
La differenza fra statua e scultura
Io non ho mai scolpito statue.
Le statue stanno ferme, im-
mobili sui loro piedistalli a
sputar sentenze. Ti guardano
dall’alto verso il basso e at-
traversano i secoli senza dire
niente di nuovo, senza la-
sciare ai posteri l’amore di
chi le ha create.
Ho sempre preferito fare
sculture. Hanno racchiuso in
sé tutto il senso del movi-
mento e non rimangono mai
immobili per più di qualche
secondo. Se osservate da
diverse angolazioni, le
espressioni dei loro volti
cambiano e possono a volte
sorridere, altre imbronciarsi
oppure divenire giocose.
Parlano direttamente al cuore
e anche se non proferiscono
parola, proclamano a tutti i
loro sentimenti mettendo a
nudo l’animo di chi le ha
create.
Adesso sapete che differen-
za intercorre fra una statua e
una scultura. Se andate in un
qualsiasi museo non perdete
tempo guardando le statue,
ma correte subito verso le
sculture perché attendono
con ansia di raccontarvi le
loro meravigliose storie di
vita vissuta.
A. B.
“Io non ho mai
scolpito
statue...Ho
sempre
preferito fare
sculture”
Antonietta Bandelloni, da sempre appassionata di arte ma soprattutto di Michelangelo e delle
sue opere. Scrive per passione, per lavoro e per evadere dalla quotidianità. Casa sua è invasa
dai libri, dai tubetti di colore e dalla vivacità di due piccole birbanti.
michelangelobuonarrotietornato.com [email protected]
WWW.ALESSANDRAARTALE.IT
sgressioni all’iconografia
tradizionale.
Un quadro che diventa il ma-
nifesto del realismo neo cubi-
sta. Come Picasso in Guerni-
ca, così Guttuso nella scena
più drammatica della vita di
Cristo, ritrae le atrocità della
guerra che aveva messo in
ginocchio l’Italia e tutto il con-
tinente, le fa sue, le vuole
gridare al mondo intero. E
quell’uomo sulla croce diven-
ta, e in quel momento storico
ancora di più, il simbolo uni-
versale delle sofferenze uma-
ne. Sofferenze che sono di
tutti, dalla nuda Maddalena e
con le labbra troppo rosse
che lo piange disperata ai
due ladroni sulla croce, con i
corpi straziati dal dolore che
sembrano riflettersi nello
sguardo allucinato del caval-
lo.
I colori vibranti, forti e taglien-
ti come lame - i rossi e i neri
e i bianchi - vivono in un’in-
tensità espressiva che non si
spegne neanche nel paese
sullo sfondo, rassicurante e
all’apparenza pieno di pace,
perché è deserto, non c’è più
nessuno.
Ancora un quadro politico,
L’occupazione delle terre
incolte del 1949, con gli stes-
si colori accesi e la bandiera
rossa che sventola in primo
piano ne è un esempio: per
Guttuso l’arte diventa davve-
ro un mezzo per smuovere le
coscienze di chi è sempre
stato in silenzio, per far vale-
re i diritti di chi non ne ha mai
avuti. Ecco perché fonda,
due anni prima, il Fronte
Nuovo delle Arti, avanguardia
artistica legata al partito co-
munista e dichiaratamente
legata a temi di impegno
sociale senza cadere però
nella facile demagogia.
(continua nella pagina se-
guente)
Guttuso: impegno politico e Sicilia
La sua pittura è una forma di
libertà, di impegno morale e
politico, di toccante amore
per la sua Sicilia, così fulgida
di colori, di suoni e di bellez-
za luminosa. Renato Guttuso
vuole raccontare la vita con
realismo e lo fa in maniera
raffinata e intensa. Fu davve-
ro un grande e controverso
maestro, tenace difensore
dell’arte figurativa, tanto che,
dotato di una vasta cultura e
di una straordinaria abilità
tecnica, rielabora criticamen-
te l’arte europea, da Cézan-
ne agli impressionisti, per
approdare a Picasso: eviden-
ti sono gli elementi che rive-
de da quel pilastro dell’arte
del Novecento che fu Guerni-
ca, dipinta dall’artista spa-
gnolo nel 1937. E a lui certa-
mente guarda tre anni dopo
quando dipinge la Crocefis-
sione, un quadro che fece
scalpore e di cui si discusse
molto, soprattutto per le tra-
Cactus sul golfo di Palermo
“Renato
Guttuso vuole
raccontare la
vita con
realismo e lo fa
in maniera
raffinata e
intensa.”
Crocefissione - 1940
L’occupazione delle terre incolte - 1949
Alessandra Artale, storica dell’arte, giornalista, scrittrice e blogger, laureata all’Università di Ge-
nova tanti anni fa. Il mio peggior difetto l’essere maniaca della precisione, la mia maggior virtù
l’essere maniaca della precisione. L’arte è sempre stata la mia passione, fin da piccola. Non mi
piace l’arte contemporanea, amo invece quella antica. Il mio cuore è per Tiziano e Caravaggio,
ma c’è posto anche per qualcun altro.
www.alessandraartale.it [email protected]
confonde il cervello in quel
florilegio di merci e di perso-
ne. Confusione dei prodotti in
vendita, dai gomitoli di salsic-
ce alle frattaglie, dai pomodo-
ri ai pesci, fino al quarto di
bue appeso a un gancio.
Confusione dei colori: il bian-
co delle uova, il verde di cico-
ria e sedani, il rosso dei po-
modori e delle arance, il gri-
gio argento dei pesci e il rosa
dei tranci di pesce spada, il
vestito bianco della donna, il
giallo del maglione dell’uomo.
Ma Guttuso e la Sicilia sono
una cosa sola ed ecco nel
1974 la Vuccirìa: un enorme
(tre metri per tre) fotogramma
del mercato storico di Paler-
mo, con i suoi odori forti di
carne e di pesce, i suoi profu-
mi di verdure e di aromi, i
suoi colori e le sue urla in un
vicolo strettissimo pieno di
vita.
Vuccirìa in siciliano vuol dire
confusione, e la confusione è
palpabile, si sente a pelle e ti
“Guttuso e la
Sicilia sono
una cosa sola”
La Vucciria - 1974
E ancora il bianco della ca-
micia dell’uomo dietro e di
nuovo il nero della signora
con il sacchetto della spesa.
Vita, persone, odori, sapori e
colori di Sicilia, in un caos
miscelato alla perfezione.
Ogni volta che guardi quel
grande quadrato scopri
qualche particolare nuovo
che ti sorprende.
E per questo saperti regala-
re una sorpresa sempre
nuova, ringrazi Guttuso.
A. A.
APPUNTI D’ARTE
un albergo.
Alla prima mostra del gruppo
degli "Independantes", di cui
erano originariamente com-
presi Degas, Renoir,
Cézanne, Morisot, Pissarro,
Guillaumin, Sisley; nell'ele-
gante edificio dato in affitto
da Nadar; Monet consegnò
proprio il paesaggio su Le
Havre.
Il catalogo delle opere fu
accuratamente realizzato da
Edmond Renoir ( fratello del
pittore ), il quale trovando
banale il titolo dell'opera di
Monet ( e a dire il vero un po'
tutte le sue opere ), optò per
il titolo " Impressione, sole
nascente."
Il dipinto rappresenta-
va un'alba sul porto di Le
Havre.
Le Havre era allora una città
in pieno sviluppo, mondana,
con signori e dame elegante-
mente vestiti e attiva con la
sua ferrovia e il porto, centro
di vacanze e regate.
"Un disco di color arancione
brillante con vividi riflessi
dello stesso colore che si
spargevano in tutte le direzio-
ni, come diagonali tracciate
con tocchi rapidi. Era un di-
pinto semplice ed accattivan-
te".
Il caldo arancione del sole si
rifletteva nel mare blu-verde
ove si trovavano barche che
ritornavano dalla pesca not-
turna su un cielo grigio-blu;
un'atmosfera poetica volta
tutta a cogliere il momento.
Per il dipinto il pittore si ispirò
ai sublimi paesaggi di Joseph
Turner ( 1775-1851 ) e in
particolare a " L'Incendio del
Palazzo del Parlamento
" ( 1835 ),di grande effetto.
Come si sa, l'Eposizione
ebbe molte critiche e poca
duttilità da parte dei visitatori
che ritenevano incomprensi-
bile e non finita l'arte di quel
gruppo.
Ciò che pochi sanno è che "
Impressione, sole nascente
" non è il quadro in questio-
ne. Infatti quello che vediamo
noi oggi è un tramonto, non
un'alba. Bisogna ricordare
che Claude Monet era solito
rappresentare lo stesso sog-
getto in ore diverse del gior-
no. Il "vero" potrebbe far par-
te di una collezione privata.
(continua nella pagina se-
guente)
" Impressione, sole nascente " di Monet
" Ah, eccolo, eccolo! Escla-
mò dinanzi al n° 98.Che cosa
rappresenta questa tela ?
Guardate il catalogo.
Impressione, sole nascente.
Impressione, ne ero sicuro.
Ci dev'essere dell'impressio-
ne, là dentro. E che libertà,
che disinvoltura nell'esecu-
zione!
La carta da parati allo stato
embrionale è ancor più cura-
ta di questo dipinto."
( Louis Leroy su " Le Chiari-
vari ", 25 Aprile 1874 )
Così il critico francese Louis
Leroy ( 1812-1885 ), immagi-
nando un ipotetico dialogo tra
due visitatori, descrisse l'ope-
ra più famosa di Monet,
esposta per la prima volta il
venticinque Aprile 1874,
in boulevard des Capucines,
presso lo studio del fotogra-
fo Nadar ( 1820-1910 ), insie-
me ad altri dipinti di quel
gruppo così originale e mi-
sconosciuto che prese il no-
me proprio da quell'opera
così aspramente criticata, e
con cui diventarono in breve
tempo universalmente noti e
apprezzati.
Nella primavera del 1874,
Claude Monet ( 1840-1926 ),
giovane bello e di agiata fa-
miglia, tornava da Le Havre,
città della sua infanzia, por-
tando con sé una tela che
aveva dipinto dalla finestra di
“Ciò che pochi
sanno è
che Impressione
, sole nascente
non è il quadro in
questione.”
" Impressione,sole nascente " ( 1872 ),
C.Monet
Mi chiamo Michela, nata a Roma nel 1984,dove conseguito la maturità classica. Questa mi ha
dato la possibilità di ampliare fortemente le passioni che nutrivo fin da piccola, in particolar mo-
do la letteratura ( soprattutto francese), l'arte, biografie e storia.
appuntario.blogspot.it [email protected]
ne d'arte fu messa all'asta e il
quadro fu venduto a Georges
De Bellio ( 1828-1894 ),altro
collezionista, per duecento-
dieci franchi.
Dal 1938 risiede al Musée
Marmottan di Parigi.
Con questo grande capolavo-
ro si cominciava a stagliare in
quegli anni un nuovo modo di
vedere l'arte e con essa le
luci, i colori, le sfumatu-
re...ma anche la vita : era
l'alba dell'impressionismo.
M. P.
" Ho dipinto la Senna in tutta
la mia vita, a tutte le ore del
giorno, in tutti i periodi
dell'anno, da Parigi fino al
mare [...] Argentuil, Poissy,
Vétheuil, Giverny, Rouen, Le
Havre."
Il dipinto che fece anch'esso
il suo scandalo per l'originali-
tà artistica fu in seguito ac-
quistato dal ricco collezioni-
sta Ernest Hoschedé ( 1837-
1891 ),amico dell'artista per
ottocento franchi.
Con la bancarotta di Hosche-
dé, nel 1877, la sua collezio-
“Con questo
grande
capolavoro si
cominciava a
stagliare in
quegli anni un
nuovo modo di
vedere l'arte
…”
" L'Incendio al Parlamento " ( 1835 ),J.Turner
ARTE PER BIMBI CURIOSI
Raynor e Mayla
nenti dell’art nouveau, un
movimento artistico che non
riguarda solo la pittura, ma
anche architettura e arreda-
mento e che si ispira princi-
palmente alla natura, reinter-
pretandone gli elementi strut-
turali.
Ciò che rende l’opera di Klimt
così originale e riconoscibile
(soprattutto per quanto ri-
guarda i lavori che ho preso
in considerazione qui) è l’or-
namento, il decoro: le linee
sono eleganti e morbide, le
forme geometriche si ripeto-
no con armonia, alternandosi
a segni più delicati e i colori
sono accostati con sapienza.
Per quanto riguarda le simili-
tudini con il cartone animato,
si possono notare alcuni det-
tagli ripresi integralmente
dall’originale, basti notare il
vestito di re Raynor, la cui
fantasia è pressoché identica
a quella dell’abito che trovia-
mo ne “Il bacio”, o la mise di
regina Mayla, che ricalca
quella de “L’attesa”, anche
per quanto riguarda accon-
ciatura e copricapo.
Il personaggio di Gargona è
identico all'”Hygieia” e ripren-
de, inoltre, le acconciature
che troviamo in un particolare
del “Fregio di Beethoven”. La
perfida Panthea è, invece, un
mix tra “Emilie Floge” e la
figura spettrale di “Morte e
vita”.
I capelli fuxia di Mia e le cri-
niere dei vari unicorni sono
decorati con pietre colorate o
fiori, dettagli che troviamo
spesso nelle capigliature
delle donne di Klimt, come
“Nuda veritas”, “Le forze osti-
li” (sempre dal “Fregio di
Beethoven”), “Le tre età della
donna” e “Serpenti d’acqua”.
(continua nella pagina se-
guente)
Quando Mia incontra Klimt
Ultimamente, M. (mia figlia
seienne) segue un cartone
animato che, a mio avviso, è
veramente originale, non
tanto per la storia (che co-
munque è simpatica e poeti-
ca), ma, in particolare, per
l’ispirazione del disegno.
La serie si intitola “Mia and
me” e tratta di una dodicenne
rimasta orfana (Mia, appunto)
che ha ereditato un vecchio
libro sugli unicorni e un brac-
cialetto. Grazie a questi og-
getti, Mia può magicamente
avere accesso al mondo pa-
rallelo di Centopia e parlare
con gli unicorni che la popo-
lano, non più con le sue fat-
tezze di teenager, bensì co-
me elfo. Ed è a questo punto
“fatato” della storia che avvie-
ne l’intreccio tra live action e
animazione, i cui motivi sono
ispirati all’opera di Gustav
Klimt.
Ho colto subito l’occasione di
parlare a M. di questo artista
meraviglioso, mostrandole le
immagini “ispiratrici”, aiutan-
dola a trovare i punti in co-
mune tra pittura e cartone
animato e fornendole infor-
mazioni semplici e stringate
sui dipinti e sul loro autore.
M. ne è rimasta affascinata.
Non poteva essere altrimen-
ti…
Ecco a voi Klimt e Mia!
Klimt è stato un artista vien-
nese, uno dei massimi espo-
“Ciò che rende
l’opera di Klimt
così originale e
riconoscibile è
l’ornamento, il
decoro”
Didascalia dell'immagine o della foto-
grafia
Sono Monica, mamma full, full, full-time di due bimbi pestiferi e meravigliosi. Diplomata al liceo
artistico, successivamente ho intrapreso un percorso universitario che con l'arte non ha niente
in comune. Amo condividere la mia passione per l'arte con i miei figli, nonostante siano ancora
piccoli. Perchè non è mai troppo presto per imparare.
arteperbimbicuriosi.altervista.org [email protected]
Sicuramente i bimbi, lasciati
tranquilli a studiare e compa-
rare le immagini, saranno in
grado di trovare molte altre
similitudini che a me sono
sfuggite! Concludo con un’ul-
tima “opera d’arte”, quella
che ha magistralmente crea-
to M. ispirandosi “ai riccioli di
Klimt” (parole sue). E anche
queste sono soddisfazioni…
M. F.
“...i bimbi,
lasciati
tranquilli a
studiare e
comparare le
immagini,
saranno in
grado di
trovare molte
altre
similitudini…”
Panthea e Gargona
Klimt-Hygeia
Panthea e Gargona
Mia
M. ispirata da Klimt
ARTE A SCUOLA PRESENTA ...
I ritratti di Picasso
Lo stile di Picasso nei ritratti
è inconfondibile: le figure si
scompongono e si ricompon-
gono nei suoi quadri sconvol-
gendo tutti i canoni e le pro-
porzioni del volto secondo lo
stile cubista. Quando gli stu-
denti hanno copiato le opere
di Picasso non si sono preoc-
cupati di rispettare le propor-
zioni del quadro, ma hanno
disegnato liberamente, la-
sciandosi ispirare dall’imma-
gine. L’esperienza di dise-
gnare un volto fuori dalle
regole convenzionali ci ha
fatto ragionare sul concetto di
“bello” e di “brutto” per appro-
fondire altri aspetti del ritratto
come quelli di “significativo”,
“espressivo”, “comunicativo”.
Per realizzare questo lavoro
abbiamo dapprima preparato
un fondo a collage, incollan-
do pezzi di giornale su un
foglio bianco. Successiva-
mente è stato tracciato il di-
segno a mano libera con un
pennarello nero copiandolo
direttamente da un’opera di
Picasso. I colori sono stati
applicati successivamente
con i pastelli a olio, imitando
l’opera originale.
M. P.
“L’esperienza
di disegnare
un volto fuori
dalle regole
convenzionali
ci ha fatto
ragionare …”
Sono Miriam Paternoster, insegnante di Arte e Immagine presso la Scuola Secondaria di Primo
Grado. Dal 2008 lavoro a questo blog, pubblicando e condividendo i lavori fatti a scuola e le
lezioni ideate per la scuola: da allora questo sito è diventato un luogo dove scambiare nuove
idee, confrontare lezioni, sperimentare tecniche e creazioni. “Arte a scuola”, scritto in italiano
ed inglese, è un’occasione per incontrare insegnanti e studenti di tutto il mondo e per promuo-
vere la creatività in classe e nella vita.
arteascuola.com [email protected]
LETTEREARTE
Lavandare
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato tra il vapor leggiero.
E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene.
Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
Quando partisti, come son rimasta!
Come l'aratro in mezzo alla maggese.
(continua nella pagina seguente)
Pascoli e Van Gogh: Solitudini
Agli amanti della letteratura
capita, talvolta, di imbattersi
in un testo che richiama alla
mente un dipinto o, vicever-
sa, che, ammirando un'opera
d'arte, essa appaia come la
perfetta traduzione visiva di
un romanzo o di una poesia.
Io l'ho provato più di una
volta: il mito ovidiano di Apol-
lo e Dafne tradotto nel mar-
mo dal Bernini, l'Olympia di
Manet come descrizione del-
la Margherita Gautier prota-
gonista de La signora delle
camelie... ma uno dei più
sorprendenti riconoscimenti
di poesia nell'arte arriva da
un dipinto realizzato da Vin-
cent Van Gogh nel 1890, dal
titolo Campo innevato con un
aratro, che sembra la trasfi-
gurazione in tratti e colore di
uno dei componimenti più
celebri di Giovanni Pascoli,
Lavandare.
“...uno dei più
sorprendenti
riconoscimenti
di poesia
nell'arte arriva
da un dipinto
realizzato da
Vincent Van
Gogh .”
Vincent Van Gogh, Campo innevato con un aratro (1890), Van Gogh Museum di
Amsterdam
Mi chiamo Cristina, ho studiato lettere e filologia classiche, ma al grande amore per la letteratura
si unisce da sempre la passione per l’arte. Dal connubio dei miei interessi, è nato, nel febbraio
2013, il blog Athenae Noctua, in cui confluiscono interventi dedicati ai libri, alle opere d’arte, al
teatro, al cinema e all’attualità e non di rado mi trovo a fondere insieme spunti provenienti da tutti
questi mondi.
athenaenoctua2013.blogspot.it [email protected]
impressionismo fatto di tratti
frammentari, non diversa-
mente da quanto fa l'artista
olandese con le sue immagini
composte di virgole veloci.
Tanto lontani geograficamen-
te, tanto vicini appaiono nella
solitudine queste due grandi
figure della cultura di fine
Ottocento (Van Gogh morirà
nello stesso 1890, Pascoli,
nato solo tre anni dopo, so-
pravvivrà fino al 1912). I loro
frammenti esprimono le affini
sensibilità, la difficoltà a rap-
portarsi con un mondo che
sembra tendere continue
minacce... e allora solo la
natura, gli alberi, i campi, gli
uccelli, i fiori, elementi ricor-
renti nella poesia dell'uno e
nei dipinti dell'altro, possono
offrire un conforto o, se la
consolazione non appare
possibile, un'immagine che
traduca un disagio in un lin-
guaggio più diretto e sponta-
neo di quello di una ragione
assente o introvabile.
C. M.
La descrizione di questo ab-
bandono, nell'oggetto lascia-
to in un campo, la terra mez-
za rivoltata e il freddo che
cade sull'ultima strofa sem-
brano la perfetta didascalia
del dipinto di Van Gogh . In
esso troviamo la stessa at-
mosfera gelida, i trattini di
colore nel cielo che suggeri-
scono la presenza del “vapor
leggiero” e, a metà, eviden-
ziato dall'isolamento come
quel “dimenticato” che balza
all'attenzione del lettore gra-
zie all'enjambement fra i ver-
si 2 e 3, un aratro abbando-
nato, senza qualcuno che lo
manovri, come per una fuga
improvvisa. Lavandare, un
testo incluso in Myricae fin
dalla prima edizione, si data
al 1891, un solo anno dopo la
realizzazione del quadro di
Amsterdam. In entrambi co-
gliamo un senso di freddezza
e di solitudine che in Van
Gogh è accentuato dalle tinte
azzurre e verdognole, mentre
nei versi di Pascoli è almeno
in parte mitigato dalla ventata
sonora che arriva da lontano
a suggerire la presenza di
una realtà sicura e confortan-
te. La nota prevalente di My-
ricae è la costante simbiosi
fra le immagini e i suoni della
quotidianità (spesso legati
alla natura) e il soggetto che
li percepisce, alla ricerca di
un'armonia che il poeta di
San Mauro rende con un
“Tanto lontani
geograficamente,
tanto vicini
appaiono nella
solitudine queste
due grandi figure
della cultura di
fine Ottocento“
THE ART POST BLOG
sala riunione del Gran Consi-
glio.
Il primo nucleo della Basilica
Palladiana era costituito dal
Palazzo della Ragione, sede
delle magistrature pubbliche
cittadine e di botteghe al pia-
no terra, che venne realizza-
to tra il 1449 e il 1460, recu-
perando alcuni edifici pubblici
medievali esistenti.
La tradizione attribuisce al
maestro Domenico da Vene-
zia la progettazione dell’am-
pio salone superiore con
copertura lignea a carena di
nave rovesciata rivestita da
lastre di piombo.
Nel 1481 iniziarono i lavori
per circondare tre lati del
palazzo con un loggiato,
mentre nel 1495 venne rea-
lizzato da Pietro Lombardo lo
scalone d’accesso al loggiato
superiore.
Nel 1496 il crollo dell’angolo
sud-ovest delle logge diede
vita ad un acceso dibattito
sulla ricostruzione che coin-
volse i più importanti architet-
ti del tempo: Jacopo Sansovi-
no, Sebastiano Serlio, Miche-
le Sanmicheli e Giulio Roma-
no.
L’approvazione del progetto
del Palladio, nel maggio del
1549, segnò la consacrazio-
ne artistica dell’architetto che
propose una soluzione inno-
vativa.
Andrea Palladio avvolse le
vecchie mura dell’edificio con
un portico a due piani e ca-
ratterizzato da colonne di
marmo, rendendo la struttura
in grado di tener conto dei
necessari allineamenti con le
aperture e i varchi dell’edifi-
cio quattrocentesco preesi-
stente.
(continua nella pagina se-
guente)
La Basilica Palladiana
Basilica Palladiana, Vicen-
za. Il numero di visitatori alla
mostra“Tutankhamon, Cara-
vaggio, Van Gogh. La sera e
i notturni dagli Egizi al Nove-
cento” è impressionante e se
anche voi andrete a vedere
la mostra di Vicenza o state
pensando di farlo, non potre-
te evitare di farvi stregare da
questa città ricca di storia e
di bellezze.
La mostra è ospitata all’inter-
no della Basilica Palladiana,
che è il più importante monu-
mento storico di Vicenza e
che ha una storia che vale la
pena conoscere.
La Basilica Palladiana è l’edi-
ficio simbolo di Vicenza.
Progettata dall’architetto An-
drea Palladio ( 1508 – 1580),
che è considerato il più im-
portante architetto veneto del
Cinquecento, l’opera venne
completata nel 1614 e rap-
presenta la consacrazione
dello stile palladiano, ovvero
il recupero del linguaggio
dell’architettura classica sen-
za dimenticare le esigenze
funzionali che un’edificio de-
ve possedere.
Nel 1549 il Consiglio dei
Cento, l’organo di governo di
Vicenza, affidò a Palladio
l’incarico per la ricostruzione
del vecchio Palazzo della
Ragione, che in origine era
un grande edificio gotico in
mattoni e che serviva come
“La Basilica
Palladiana è
l’edificio
simbolo di
Vicenza.”
Io non racconto una mostra, ma le storie che racconta una mostra. Non spiego la storia dell’arte,
ma narro le storie di cui parla l’arte. Nel mio blog ci sono dettagli, frammenti, curiosità, piccole
storie contenute in grandi capolavori, realizzati da uomini e donne di grande talento. Divertiti e
fatti ispirare.
www.theartpostblog.com [email protected]
“Premio dell’Unione Europea per il Patrimonio culturale – Con-
corso Europa Nostra 2014” per la conservazione del patrimo-
nio culturale.
Dal 2014, inoltre, è accessibile anche la Terrazza della Basili-
ca da cui si gode una vista impareggiabile sulla città di Vicen-
za.
C. S.
L’idea del Palladio si basa su
una struttura fatta di arcate
sovrapposte e in cui l’ele-
mento dominante è un arco
affiancato da due aperture
laterali rettangolari e di lar-
ghezza variabile, per com-
pensare la differenza di lar-
ghezza delle campate.
Questa struttura è detta
“serliana”, derivando il nome
dall’architetto Sebastiano
Serlio (1475 – 1554/1555) il
quale aveva descritto questa
tipologia architettonica, e
conosciuta fin dall’antichità,
nel suo “Trattato di Archiettu-
ra”.
Con questa struttura il Palla-
dio riesce ad inglobare il vec-
chio edificio a due piani, re-
golarizzandone la forma e
creando una struttura nuova
ma ispirata allo stile classico.
Fu Palladio stesso a dare
all’edificio il nome di
“Basilica”, dato che nel XVI
secolo il termine “basilica”
non indicava una chiesa, ma
piuttosto un’aula di incontro o
con una funzione civile.
L’edificio è imponente, ma è
solo al suo interno che si
riescono a percepire le enor-
mi dimensioni del loggiato e
soprattutto della sala al primo
piano, dove attualmente si
svolgono le mostre tempora-
nee.
La Basilica Palladiana è stata
inserita dall’Unesco nella lista
dei beni patrimonio dell’uma-
nità nel 1994 e nel 2014 è
diventata Monumento Nazio-
nale.
Tra il 2007 al 2012 la Basilica
è stata oggetto di un impor-
tante restauro architettonico,
per la conservazione della
struttura e per rendere l’edifi-
cio funzionale.
Il 5 ottobre 2012 è stata ria-
perta al pubblico e all’inter-
vento conservativo è stato
assegnato a Vienna il
“Fu Palladio
stesso a dare
all’edificio il
nome di
Basilica”
SVIRGOLETTATE - PENNELLATE DI CURIOSITÀ DAL MONDO DELL'ARTE
detta la Madonna dell’insala-
ta, custodita presso la Chiesa
dei Cappuccini di Recanati.
Già, Recanati, il paese pro-
tetto dai Conti Leopardi, il cui
massimo esponente, Giaco-
mo, è tra i padri fondatori
della letteratura moderna che
fa capo al XIX secolo, pare
abbia ospitato anche Cara-
vaggio, che qui potrebbe
aver lasciato una sua opera.
La storia dell’attribuzione del
dipinto a Caravaggio inizia
quasi un secolo fa, quando il
recanatese Patrizi, studioso
di criminologia, si occupò più
volte della figura del Cara-
vaggio, affascinato da
quell’evento che lo vide pro-
tagonista della morte di Ra-
nuccio Tommasoni.
In visione di ciò, il Patrizi, si
imbatté casualmente, il 25
luglio del 1912, (un periodo
ricordiamolo, in cui l’interesse
per l’arte correlato alla risco-
perta del patrimonio artistico
ancora da scoprire, era all’a-
pice), in un dipinto presente
nella chiesa dei Cappuccini
del suo paese. E analizzan-
do il colore, i soggetti, la resa
pittorica e volgendo uno
sguardo d’insieme a quella
che era stata la vita del pitto-
re per eccellenza, in un arti-
colo del 1916, si decise ad
attribuire quest’opera a Cara-
vaggio, definendola un Ripo-
so nella fuga in Egitto. E poi-
ché la sacra Famiglia è inten-
ta a preparare una cena im-
provvisata con della verdura
selvatica, denominò il dipinto
“Madonna dell’insalata”.
Tenete ben a mente questa
denominazione, perché ci
ritorneremo più tardi. Conti-
nuando il nostro percorso,
l’opera subì vari restauri: nel
1916, a poche settimane
dall’articolo, il dipinto fu re-
staurato in qualità di “opera
del Caravaggio” (il che atte-
sta una convinzione del so-
praintendente delle Gallerie
delle Marche ad accettare
l’attribuzione) dal restaurato-
re De Bacci Venuti, che fer-
mò il colore risollevato, evi-
tando che questo cadesse;
nuovamente nel 2008, così
da rimuovere le vecchie ver-
nici, ossidate nel secolo cor-
rente. Questo, ha permesso
che la tela acquisisse mag-
giore leggibilità e luminosità,
per cui ghiotta si è resa l’oc-
casione di avviare una più
approfondita indagine storico
archivistica, che ha permes-
so di appurare che il dipinto
è presente nella chiesa del
convento dei Cappuccini di
Recanati a partire dalla fine
dell’Ottocento.
(continua nella pagina se-
guente)
La Madonna dell'Insalata di Recanati: Caravaggio o non Caravaggio?
Degli artisti più celeberrimi
della storia dell’arte, non
sempre è possibile delinear-
ne una precisa e sicura cro-
nologia del loro operato: mol-
to spesso accade che venga
ripresa in considerazione
un’opera d’arte snobbata o
semplicemente non cono-
sciuta, diroccata in qualche
chiesa periferica o palazzo
privato, che venendo attribui-
ta all’artista per stile più vici-
no, finisce addirittura per
svelare un lato poco cono-
sciuto di questo.
Ricordo a tal proposito le tele
del Tintoretto e del Veronese
site presso la Pinacoteca di
Bari, protagoniste dei restauri
del 1914-15 e del 2010, che
testimoniano una meraviglio-
sa collaborazione non solo
commerciale ma anche arti-
stica tra il Veneto e la Puglia,
o il dipinto dei SS. Quattro
Coronati un tempo sito
nell’ormai demolita Sant’An-
drea in Vincis, attribuito non
a caso per qualche tempo al
Caravaggio.
E a proposito del Caravag-
gio, contestualizzandolo alla
premessa fatta, diviene im-
portante analizzare e scredi-
tare per quanto ci è possibile,
l’alone di mistero che aleggia
intorno ad un dipinto attribui-
to a questo sin dal lonta-
no1916, che io, semplice-
mente perché ingordo della
sua arte, voglio credere suo:
La fuga in Egitto, altrimenti
“La storia
dell’attribuzione
del dipinto a
Caravaggio
inizia quasi un
secolo fa”
Antonio Dario Fiorini, storico dell'arte e blogger. Il suo miglior pregio è la curiosità; il suo peggior
difetto: la curiosità. Laureatosi presso l'Università degli Studi Roma Tre, ama l'arte moderna e
contemporanea, provando una particolare predilezione per Caravaggio, Otto Dix, Ernst Ludwig
Kirchner e Henri Matisse.
svirgolettate.blogspot.it [email protected]
nale presso il quale il Caravaggio aveva dimorato durante i
miserevoli anni del suo soggiorno a Roma: proprio questo
cardinale, veniva chiamato dal Caravaggio “Monsignor Insala-
ta”, a causa della natura del cibo troppo frugale che il prelato
gli somministrava.
Beh però se l’allusione fosse da prendere come valida, allora
il dipinto apparterrebbe agli inizi della carriera del Caravaggio
e non potrebbe essere la pala di Tolentino del 1603, che pos-
siamo addurre appartenere al periodo maturo; inoltre la prove-
nienza sarebbe da individuarsi nella corte pontificia romana e
non nella periferia marchigiana. Non posso esprimermi, non
ho prove certe per potermi schierare da questa o da quell’altra
parte.
Certo è, che tutti gli indizi parrebbero confermare il dipinto al
Caravaggio. E pure la critica è d’accordo in questo, quasi
all’unanimità: in pieno contrasto con la teoria del prof. Barto-
lozzi, il noto storico dell’arte Vittorio Sgarbi è convinto infatti
che la pala sia da attribuirsi ad Alessandro Turchi, conosciuto
come l’Orbetto, solo per il fatto che il pittore sarebbe un se-
guace di Caravaggio e avrebbe vissuto i luoghi marchigiani
durante il suo operato.
Per cui alla visione di quanto detto, sorrido all’idea che qual-
cuno come Sgarbi debba per forza andare controcorrente
anche lì dove c’è l’evidenza. È nella natura dello storico
dell’arte dire la sua: per qualcuno vige addirittura la regola
“giusto o sbagliato purché se ne parli”.
Una visione opinabile, certo, che non vuole intaccare assolu-
tamente la professionalità dell’emerito, ma spinge senza dubbi
a considerare come valida l’idea che, nel caso suddetto,
quanto affermato dallo storico dell’arte e politico si debba ne-
cessariamente vedere come una mezza castroneria.
A. D. F.
Ora, converrete che se il
dipinto è del XVII secolo, per
ben due secoli è stato sito
necessariamente presso un
altro edificio, per cui si è ten-
tato di individuare la chiesa o
il palazzo di provenienza
dell’opera. E a tal punto, il
professor Bartolozzi, storico
dell’arte che tenta di vedere
nella Madonna dell’Insalata
un’opera dell’artista lombar-
do, ha avanzato una ipotesi
di degno spessore che po-
trebbe individuare l’ignota
provenienza.
Pare che al Caravaggio fu
commissionata fra la fine del
1603 e gli inizi del 1604, la
pala d’altare da collocare nel
Convento dei Cappuccini di
Tolentino e così fu fatto; do-
cumenti certi lo attestano.
Adesso sopraggiunge la tesi
del professor Bartolozzi: a
suo dire è da ritenersi possi-
bile che il dipinto, dopo la
soppressione del convento di
Tolentino avvenuta nel 1866,
sia passato a quello di Reca-
nati, in sostituzione della pala
del Calcagni defraudata pro-
prio nel 1866 nella cappella
di San Giuseppe, dove ap-
punto fu collocato il Caravag-
gio o presunto tale.
Ebbene a questo punto, ri-
cordate che vi avevo chiesto
di tener a mente la denomi-
nazione ufficiosa del dipinto?
Bene, da una relazione del
giugno 1916, del Soprinten-
dente alle Gallerie del Lazio
e degli Abruzzi, Federico
Hermanin, in cui riferisce alla
Direzione Generale per le
Antichità e Belle Arti lo stato
del dipinto, si evince una
curiosità che non è affatto
irrilevante. A detta dell’Her-
manin, i cespi d’insalata porti
dalla Vergine al Bambino,
che poi li lava nel catino,
potrebbero rivelare un’allu-
sione furbesca a Monsignor
Pucci di Recanati, un cardi-
“tutti gli indizi
parrebbero
confermare il
dipinto al
Caravaggio”
L’IMBRATTAC-ARTE
dipinto, una scultura o una
fotografia ma hai paura di
compiere un errore. Eccoti
allora dieci consigli che ti
aiuteranno a scegliere un
artista le cui quotazioni po-
trebbero rivalutarsi nel corso
degli anni.
Devo partire innanzitutto da
una breve ma fondamentale
premessa indispensabile per
contenere il più possibile le
polemiche che ogni volta si
scatenano quando si parla di
questo argomento.
Ti dico inoltre fin da subito
che in un solo articolo non
potrò esaurire l’argomento,
sul quale per altro si sono già
consumate le penne di deci-
ne di giornalisti, critici o ad-
detti ai lavori. Scriverò co-
munque presto altri post le-
gati a quello che stai per leg-
gere. Ma ora partiamo:
L’arte è una cosa, il merca-
to un’altra
Proprio così, arte e mercato
sono due entità differenti e
separate anche se stretta-
mente legate e connesse fra
loro. È come parlare di uno
sport, il calcio per esempio,
ma di due partite differenti
che si giocano su due campi
differenti per due competizio-
ni differenti. Se valutiamo il
valore artistico di un’opera, lo
stile di un artista e la sua
importanza culturale, stiamo
giocando una partita, se ana-
lizziamo il valore economico
di un dipinto o di una scultu-
ra, ne stiamo giocando un’al-
tra.
Questo vuol dire che arte e
mercato non si incontrano
mai? No, a volte si incontra-
no anche, ma nella maggior
parte dei casi c’è un forte
sfasamento e il mercato si
comporta un po’ come un
cavallo impazzito: corre
avanti rispetto a certi artisti
mentre ne lascia indietro altri
e questo comportamento fa
arrabbiare tanti nostalgici
amanti della vecchia buona e
bella arte.
Facciamo qualche esempio
per essere più chiari. Chi
sono gli artisti che più di tutti
negli ultimi anni sono stati
bersaglio di aspre critiche e
fulcro di polemiche sistemati-
che (spesso anche conscia-
mente cercate)? Sicuramente
i nomi principali, per citare i
più famosi, sono Damien
Hirst e Jeff Koons. Il primo è
stato forse un precursore
nell’aver utilizzato
(consapevolmente e con una
strategia precisa) ciò che si
chiama personal branding nel
mondo dell’arte. Il secondo
detiene il record per l’opera
di un artista vivente più paga-
ta in asta (58 milioni di $).
(continua nella pagina se-
guente)
Investire in arte: 10 buoni consigli per non sbagliare
Investire in arte è una forma
molto redditizia per far frutta-
re una parte dei propri rispar-
mi. È vero che ci sono diversi
livelli di volatilità, ma le per-
formance non sono affatto
da scartare. Per l’arte con-
temporanea per esempio,
possono arrivare anche
a picchi del 50%. Restando
con i piedi per terra, studi più
o meno recenti indicano
un rendimento medio annuo
che va dal 14% al 17%.
Con questi numeri non è
difficile capire come mai in
molti si stanno lanciando su
questo mercato
per diversificare il proprio
portfolio investimenti. Il pro-
blema è che come è vero che
si possono ottenere bei gua-
dagni, è altrettanto vero ed è
molto più facile fare acquisti
sbagliati e ritrovarsi dopo
qualche anno con qualcosa
che praticamente non ha più
alcun valore.
Questo succede soprattutto
quando si passa all’azione
senza una reale conoscenza
del vasto universo dell’arte,
un mondo affascinante ma
che per quanto riguarda il
mercato è guidato da ben
poche regole certe e verifica-
bili.
Probabilmente anche tu vuoi
diversificare il tuo portfolio
investimenti e puntare su un
“L’arte è una
cosa, il
mercato
un’altra
”
Copywriter, blogger e web marketer con una grande passione per l'arte e per il suo mercato.
Quando lavoro scrivo, quando non lavoro scrivo, leggo, viaggio e giro per mostre, musei e fiere
cercando di divertirmi: perché l'arte è una cosa seria, come la vita, per questo va presa con il
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sperare di aver sotto il brac-
cio un dipinto che in futuro si
rivaluterà. Cominciamo:
1. Qual è la galleria o il
mercante che segue e
gestisce il suo lavoro?
Eh si, la prima domanda non
ha nulla a che vedere né con
l’artista tanto meno che con
la sua arte. Ti sembra stra-
no? Ti ricordo che stiamo
parlando di mercato e il mer-
cato lo fa il gallerista, non
l’artista. Come esistono av-
vocati più potenti e influenti
degli altri, politici più potenti e
influenti degli altri, blogger,
giornalisti, imprenditori, ecc.
più potenti e influenti degli
altri, così nel mondo dell’arte
ci sono galleristi più potenti e
influenti degli altri. Sono loro
che, insieme ad altri perso-
naggi, muovono le reti del
sistema e a volte sono così
famosi da diventare brand
più importanti degli stessi
artisti che gestiscono: Larry
Gagosian, David Zwir-
ner, Iwan Wirth per citarne
qualcuno.
Stando con i piedi per terra,
senza andare a scomodare
certe vette, anche a livelli
inferiori ci sono galleristi che
fanno bene il proprio lavoro e
altri che lo fanno meno bene.
Dietro alle alte quotazioni di
un artista, si nasconde un
lungo e dispendioso lavoro,
sia a livello di tempo che a
livello di denaro. Non tutti
sono in grado o hanno le
capacità, le conoscenze e i
contatti (fattore essenziale
per avere successo in questo
mondo) per portarlo a termi-
ne. Ricordatevi che dietro
agli impressionisti c’era Paul
Durand Ruel e dietro
a Picasso e Cézanne c’era
un grande mercante co-
me Ambroise Vollard. Quindi
insieme all’artista, e in alcuni
casi ancor prima dell’artista,
Può un cagnolone gigante,
metallizzato, consapevol-
mente kitsch, costare più di
un’opera di Gerhard Richter,
per citare un altro artista vi-
vente, o di Salvador Dalì e
di Lucio Fontana, per citare
due nomi di artisti storicizza-
ti?
Ebbene sì, può, sempre per
lo stesso motivo: l’arte è una
cosa, il mercato un’altra. Lo
ripeto nuovamente perché
deve entrare bene in testa a
chi si vuole avvicinare a que-
sto mondo senza trovarsi di
fronte a brutte sorprese.
Il mercato ha delle regole
proprie e si muove secondo
principi propri che a volte non
hanno nulla a che vedere con
quelli della storia dell’arte.
Quindi se ci si avvicina all’ar-
te con l’intenzione di fare un
investimento sono le regole
del mercato che bisognereb-
be cercare di capire e segui-
re, non la piacevolezza
dell’opera tanto meno il pro-
prio gusto personale. Ovvia-
mente fra i tanti possibili in-
vestimenti si può scegliere
l’artista che più tocca le no-
stre corde, ma, come ho già
scritto in un precedente post,
se si compra sperando in una
futura rivalutazione dell’opera
non bisognerebbe mai farsi
guidare dall’emozio-
ne: godere l’arte con il cuore
ma comprarla con la testa.
Come investire in arte: 10
consigli per scegliere l’o-
pera giusta
Veniamo finalmente al succo
di questo post. Se ti stai avvi-
cinando al mondo dell’arte
con l’intenzione di fare un
buon investimento eccoti 10
domande che faresti bene a
porti quando ti trovi davanti a
un’opera che ti affascina pri-
ma di decidere di tirar fuori il
tuo libretto degli assegni e
“stiamo
parlando di
mercato e il
mercato lo fa
il gallerista,
non l’artista ”
scegliete il mercante giusto. In
Italia le gallerie più forti sono
Massimo De Carlo, Giò Marco-
ni, Lia Rumma, Massimo Mini-
ni, Franco Noero per citarne
solo alcune. Ci sono poi tantis-
sime altre gallerie meno forti
ma che fanno un ottimo lavoro
e vendono artisti interessanti.
(continua nella pagina seguen-
te)
Cruz in America, mentre in
Italia si devono citare
la Collezione Miuccia Prada,
quella di Giuliano Gori e
quella del Conte Panza di
Biumo.
4. Quale ruolo ha all’inter-
no della storia dell’arte?
All’interno del vasto mondo
della storia dell’arte, ci sono
artisti importanti, alcuni indi-
spensabili e altri che non
hanno lasciato il segno. Se
cancellassimo Cézanne, non
capiremmo più Picasso e
senza Picasso crollerebbe
tutto il castello della storia
dell’arte del Novecento. La
stessa cosa vale per Lucio
Fontana, per Andy Warhol e
per tanti altri. Il mercato
spesso non va di pari passo
con la storia dell’arte e, so-
prattutto avvicinandoci ai
giorni nostri, ci sono impor-
tanti e già storicizzati artisti
che hanno ancora delle quo-
tazioni raggiungibili. In que-
sto momento gli artisti del
dopoguerra (Vedova, Afro,
Manzoni, Fontana, Castella-
ni) hanno già valutazioni inar-
rivabili per i più ed è in atto la
riscoperta degli artisti cineti-
ci e di quelli dell’arte analiti-
ca. Una volta che anche loro
arriveranno a determinate
vette, il mercato passerà ai
movimenti dei decenni suc-
cessivi. Negli anni ’90 per
esempio, hanno lavorato
artisti come Alessandro Pes-
soli, Marco Cingolani e Stefa-
no Arienti le cui quotazioni
non hanno ancora raggiunto
quelle del coetaneo Maurizio
Cattelan. La cosa che si do-
vrebbe fare è anticipare i
tempi e comprare gli artisti
prima che vadano di moda e
che vengano inglobati dal
mercato: per riuscire a fare
questo però, bisogna iniziare
a familiarizzare con linguaggi
a cui non siamo ancora abi-
tuati e che spesso possono
risultare di difficile compren-
sione.
(continua nella pagina se-
guente)
2. In quali mostre o musei
sono stati o sono espo-
sti i suoi lavori?
Finalmente parliamo dell’arti-
sta o meglio ancora del
suo Curriculum. Se doveste
assumere un collaboratore
come lo scegliereste? Ovvia-
mente dando un’occhiata alle
sue esperienze passate e
alle aziende per cui ha lavo-
rato. Nel caso di un artista le
esperienze sono date dai
premi vinti, dalle mostre e
soprattutto dai musei in cui le
sue opere sono esposte. Un
tempo gli artisti raggiungeva-
no questo riconoscimento a
fine carriera. Oggi le cose
sono cambiate e spesso gli
artisti entrano nei musei mol-
to prima e ottengono il rico-
noscimento economico fin da
giovani. Avere un’opera all’in-
terno di un museo, oltre che
essere un riconoscimento
ufficiale, espone il nome
dell’artista agli occhi del mon-
do e lo rende quindi più desi-
derabile. Consiglio: cercate
artisti esposti nei musei ma
con prezzi ancora abbordabili
e diffidate di quelli che costa-
no già cifre stellari ma che
nei musei entrano solo pa-
gando il biglietto.
3. Chi lo colleziona?
Una volta c’erano Papi, nobili
e aristocratici. Oggi ci sono
capitani d’industria, banchieri
e imprenditori. Cambiano i
ruoli, cambiano i modi, ma la
musica non cambia. Entrare
a far parte di certe collezioni
è garanzia di successo. Pen-
sate agli artisti della Young
British Art collezionati dal
magnate della pubblici-
tà Charles Saatchi e che oggi
hanno raggiunto cifre da ca-
pogiro. Altre collezioni im-
portanti sono quella
dei coniugi Rubell e quella
diRosa e Carlos De la
8. Quella che sto per acquistare è un’opera di un periodo
significativo?
Quasi tutti gli artisti hanno avuto nel corso della vita, periodi di
grande fermento creativo affiancati a periodi meno produttivi.
Di solito il ciclo produttivo di un artista è diviso da una fase in
cui “inventa” un nuovo linguaggio, seguito da una seconda
fase in cui la novità si afferma e quindi finisce di essere una
novità. Infine arriverà la fase in cui l’artista, ormai affermato, si
attesterà sulla stanca ripetizione di uno schema ormai di suc-
cesso. Ovviamente la prima fase è quella più cercata e pagata
dal mercato. Non tutti i Picasso costano milioni di euro. Quelli
del periodo rosa, del periodo blu o le opere cubiste sono quel-
le che raggiungono quotazioni spaventose. I Picasso dell’ulti-
mo periodo non si avvicineranno nemmeno ai record price
pazzeschi dell’artista. Così come una Piazza d’Italia di De
Chirico degli anni ’50 non costerà come una del primo decen-
nio del ‘900 o un Castellani degli anni 2000 non costerà come
uno degli anni ’60. Attenzione però, perché non per tutti gli
artisti il periodo migliore è quello giovanile, ci sono pittori che
hanno raggiunto il massimo dell’espressività in età senile o
altri per cui l’anno di creazione di un opera non fa la differenza
ma conta solo la qualità.
(continua nella pagina seguente)
5. Ha raccolto le sue ope-
re in un catalogo gene-
rale?
Per un artista avere il catalo-
go generale è garanzia di
sicurezza. Serve a far ordine
nella sua produzione, a certi-
ficare quali opere sono vere
e a dare un messaggio di
serietà che poi si trasferisce
al mercato. Una delle cose
che ha fatto esplodere il mer-
cato di Alighiero Boetti qual-
che anno fa è stata la pubbli-
cazione del catalogo ragiona-
to delle sue opere.
6. I suoi lavori sono imme-
diatamente riconoscibi-
li?
Avere uno stile unico e incon-
fondibile porta sicuramente
valore al lavoro di un artista,
soprattutto quando questo
vuol dire anche utilizzare un
linguaggio nuovo o dire cose
che nessuno ha mai detto.
Artisti con stili propri sono
quelli che poi diventano più
facilmente icone e quindi più
desiderabili dai grandi colle-
zionisti. Un’opera di Andy
Warhol, come una di Francis
Bacon, come una di Lucio
Fontana, come una di Luigi
Ontani ecc. le si possono
riconoscere a chilometri di
distanza. Avere una loro ope-
ra appesa in un salotto è
garanzia di prestigio per chi
la possiede.
7. Le sue opere girano
all’interno di un merca-
to locale, nazionale o
internazionale?
Qui è anche inutile spendere
troppe parole, è una legge
dell’economia: più la richiesta
aumenta, più aumentano i
prezzi. È intuitivo e automati-
co che un artista venduto nel
mondo ha più richiesta di un
altro venduto solamente dalla
galleria del paese.
“Avere uno
stile unico e
inconfondibile
porta
sicuramente
valore al
lavoro di un
artista”
no con i nomi che fanno ottimi risultati in asta.
Adesso sei pronto anche tu a comprare la tua prima opera e
a investire in arte. Ovviamente non è necessario che un
artista possegga tutti i requisiti che ho elencato qui sopra
per essere un investimento, soprattutto se stiamo parlando
di un artista giovane.
Queste vogliono essere solo delle linee guida ma il discorso
ovviamente non si esaurisce qui, ci sono tante variabili che
influenzano le quotazioni di un artista soprattutto in un mer-
cato in cui c’è poca chiarezza e trasparenza. Matthew Carey
-Williams, curatore della galleria White Cube di Londra ha
dichiarato provocatoriamente «Oggi l’arte è un super busi-
ness. Dopo il traffico di droga e la prostituzione, è il più gran-
de mercato senza regole del mondo».
Prima di lanciarti in un acquisto azzardato sarebbe meglio
quindi iniziare a visitare musei, mostre, fiere nazionali e in-
ternazionali e dare un’occhiata ai nomi che girano. La cosa
ancora più saggia è quella di farsi consigliare da un addetto
ai lavori, ma occhio anche in questo caso a scegliere quello
giusto, alcuni sono solo dei bravi imbonitori.
N. S.
9. Com’è la qualità dell’o-
pera che sto per acqui-
stare?
La qualità appunto. Penso
sia chiaro che un artista non
dipinge solo capolavori. Tutti
noi abbiamo giornate no, in
cui niente ci esce come vor-
remmo e altre in cui tutto
sembra invece facile. Per un
artista è uguale: ci sono gior-
nate in cui dipinge capolavo-
ri, altre in cui i quadri sono
poco riusciti, altre ancora in
cui non ha alcuna ispirazione
ed è costretto a creare opere
giusto per accontentare il
mercato e altre giornate an-
cora in cui il risultato del suo
lavoro è ciò che l’ambiente
chiama con il sinonimo di
“crosta”. Ovviamente i capo-
lavori costano più delle altre
opere, ma sono anche quelli
che si rivalutano meglio nel
tempo e che si farà meno
fatica a vendere quando si
vorrà monetizzare l’investi-
mento. Nel mondo dell’arte a
volte è meglio ricordarsi del
proverbio: “chi più spende
meno spende.”
10. Quale critico si è occu-
pato della sua opera?
Quest’ultima regola ero inde-
ciso se inserirla o meno. Un
tempo la voce di un critico
avrebbe potuto lanciare ver-
so le stelle la carriera e le
quotazioni di un artista. Oggi
anche una critica importante
non smuove in sostanza
niente dal punto di vista delle
quotazioni. C’è in compenso
una nuova figura che qualche
influenza in più ce l’ha ed è
quella del curatore. Negli
ultimi anni le scelte fatte da
alcune importanti istituzioni
museali rispetto a mostre ed
esposizioni spesso coincido-
“Prima di
lanciarti in un
acquisto
azzardato
sarebbe
meglio quindi
iniziare a
visitare
musei,
mostre, fiere
…”
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Numero 1, Marzo 2015
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