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Page 1: Alias supplemento del Manifesto (23 marzo 2013)

MUSICA » ARTI » OZIO SABATO 23 MARZO 2013 ANNO 16 N. 12SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE «IL MANIFESTO»

ACIDACAIPIRINHA

IL BRASILE OLFATTIVO E VISIONARIO, TRA LA SPINTA CENTRIFUGADELLE SUE ARCHITETTURE E L’«APARTHEID» ECONOMICO NEI BARRIOS

DAVID BOWIE CONCERTI FLOP TROVAJOLI

SALVADOR DA BAHIA SAN PAULO SALGADO CAVEH ZAHEDISECRET CINEMA GLAUCO MAURI ATLETI CATTOLICI

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Immersinelle visceredi Salvador

BRASILEdi FLAVIO BACCHETTASALVADOR DE BAHIA

●●●Giugno 2008, Pelourinho, laCittà Vecchia. Di giorno, uncaleidoscopio di colori, esaltatonelle viuzze che costeggiano laChiesa di San Francesco, ricorda unpo’ via Margutta a Roma. Con ladifferenza che gli artisti espongonole loro opere sulla strada; unapittura semplice, però geniale nelleforme e vivida nei colori. IlPelourinho non è solo il centrostorico di Salvador, bensì potrebbeessere considerato tale di tutto ilpaese; difatti qua si insediò nel 1549Tornè de Sousa, il primogovernatore della monarchiaportoghese, che lo battezzò così, pervia di una colonna di pietra eretta alcentro della piazza principale,utilizzata per legarvi schiavi ribelli emalfattori. Il quartiere, reduce da unviolento processo di degradazione acausa della modernizzazione dellacittà, aveva già ritrovato la sua gloriaantica, grazie al riconoscimento daparte dell’Unesco, avvenuto neiprimi anni ‘80, come patrimoniomondiale dell’umanità, che avevafacilitato l’opera di ristrutturazionedegli splendidi edifici coloniali.

La notte, i neri baiani erano glianimatori, complici con i turisti, deivari ristorantini, che offrivano ipiatti originali della «comida» locale,a prezzi più che abbordabili.

Ogni baretto, con un po’ di spaziodisponibile all’aperto, diventava,intorno alla mezzanotte, una balera,dove donne bellissime si sfidavano acolpi di samba. «Refugiumpeccatorum» per eccellenza,caipirinhas e capiroskas scorrevanoa litri, si peccava, ma senzaviolentare il portafoglio più ditanto….oggi, il quadro è cambiato, ilquartiere la notte è più pericoloso,molte locande a «bom preço», comeMama Bahia, hanno chiuso ibattenti, e la movida salvadoregna siè spostata soprattutto nel Barrio diRio Vermelho.

Malesseri olfattiviDicembre 2012, Mercato ModeloIl colossale Elevador (ascensore)Lacerda, che dalla spianata delMercado Modelo, la fieradell’artigianato più famosa delloStato baiano, sale fino alla collinadella Città Vecchia, è, come sempre,intasato di visitatori, per cui bisognaattendere; quando è il nostro turno,l’enorme cabina gonfia di gente, civomita al secondo Andar (piano)giusto di fronte al finestrone che dàla visuale del porto di Salvador, ilpiù grande dell’America Latina. Laprima cosa che colpisce oggi,all’ingresso del Pelourinho, il lezzodi piscio che ammorba l’aria.

La miseria è, per chi nonabituato, anzi tutto un malessereolfattivo. Macerie e lavori deturpanola visuale di un patrimonio storicoinestimabile; eppure a pocadistanza da qui, da questi vicoli,dove tanti emarginati passerannoun’altra notte, si affittano e sivendono appartamenti di lusso conterrazza vista baia, a prezzi cheoscillano dai 56 ai 150 eurogiornalieri. È il boom ediliziobrasilero, residenziale e turistico,che ha le sue teste di serie inFortaleza, nello Stato di Ceara,Recife, capitale di Pernambuco, eSalvador da Bahia per l’appunto.Una distesa inarrestabile dicemento a prezzi per oraabbordabili, paragonati all’Europaalmeno, anche se negli ultimi dueanni hanno subito rincari di oltre il

100%; ma saliranno ancoraparecchio, in vista dei campionatimondiali di calcio nel 2014 e delleOlimpiadi di Rio nel 2016; a Rio,così come Florianòpolis, capitaledello stato di Santa Catarina, lostandard dei costi è molto più alto,non lontano dai picchi delle grandicittà italiane e francesi.

Ceto medio «scandinavo»São Salvador da Bahia de Todos OsSantos (questo è il nome completo)fu scoperta dal nostro AmerigoVespucci nel 1501, dopo che Cabralera approdato in Brasile a PortoSeguro due anni prima. È stata laprima capitale brasiliana, per poicedere il posto a Rio nel 1763, che a

sua volta cedette il passo a Brasilianel 1960. Un po’ per una.

La popolazione è per il 90% circa,di origine africana e amerinda, tremilioni e mezzo di persone, su untotale di quattro milioni. I bianchisono meno di mezzo milione,eppure non sembra assolutamente,a giudicare da quello che si vede ingiro. Negli ultimi anni lo sviluppodel Brasile, esploso soprattuttodurante l’amministrazione Lula, haportato alla nascita di un cetomedio molto agguerrito, che aSalvador si è espresso quasi a livelloscandinavo, con quartieri comeOndina e Barra, un modello diefficienza e pulizia. D’altra parteinvece le zone periferiche, e

soprattutto le favelas, sonoretrocesse a uno standard di vitatipo Africa sub-sahariana.

Questa tendenza si staaccentuando negli ultimi tre anni,dopo che il Brasile ha abbracciato inpieno il credo neo-liberista a livelloeconomico, con la forbice che si èulteriormente allargata a discapitodella maggioranza dellapopolazione.

Il giorno a Ondina scorretranquillo. Le strade sonoimmacolate, sembra di essere inSvizzera, mare a parte, si vedonosolo signori agiati o facoltosi chefanno shopping e si allenano inpalestre a 80 real giornalieri (circa32 euro, il cambio è 1 euro = 2,5

real) e ragazze bionde,elegantissime anche da nude,prendono il sole in piscina.

Gli unici neri e mulatti sono gliaddetti alla reception dell’hotel, e ivari lavoranti nei fast food, tra cuialcuni africani, immigratidall’Angola e Mozambico. È facileaccorgersi dopo pochi giorni, che laspiaggia a Salvador non fa partedelle frequentazioni dei«progrediti»; difatti gli unicibagnanti sulla «Praia» che fronteggial’albergo, sono afro, soprattutto nelweekend, quando le note dell’Axèbaiano, una sorta di hip hop allabrasiliana, e le leccornie cucinatedalle donne del Candomblè, qualil’Acarajè (pasta di fagioli racchiusain una specie di crocchetta) e laMoqueca de peixe e camarao (unasorta di «paella» locale) saturanol’aria di suoni e aromi. Sono l’unicobianco quaggiù, osservato come unpesce raro in un acquario.

Il grande FarolLa notte il trend muta di nuovo; iristoranti nel quartiere di Barra,sede del Farol, il faro forse piùfamoso del Brasile, circa 22 metri,fanno venire l’acquolina in bocca,ma sono carissimi. Per una cena abase di pesce, se ne partono dimedia 50/60 euro a coppia, circa trevolte tanto, rispetto a qualche annofa. Una Caipirinha oggi oscilla trauna media di 8/10 real, contro i tredel 2008. Bianchi ovunque, e alcunigruppi di transessuali, bianchianche loro. Neri e meticci sono aservire ai tavoli e in cucina.

Posso immaginare con qualisostanze condiranno i piatti deiclienti arroganti, per cui bassoprofilo e nessuna lamentela.

Oggi lo stipendio medio di unlavoratore a Salvador, camerieri,muratori, infermieri, oscilla dai 200ai 300 euro mensili. Un insegnantedella scuola pubblica arriva ai 350euro. Con queste cifre da capogiro,nessuno di loro può permettersi dispendere per una cena, anche con ibambini dai nonni, l’equivalente di

venti giorni di paga. Dopo la crisidel Pelourinho notturno, oggi idivertimenti post comida, si sonotrasferiti al barrio del Rio Vermelho,quartiere residenziale dei cetimedio-alti, famoso per essere ilregno della Dinha da Acarajè, unabaiana astutissima che ha iniziato apreparare l’Acarajè Sacro da quandoaveva sette anni, con la ricettaoriginale tramandata dai riticandomblè. È lei, con i suoicollaboratori, l’unica nera che vedola sera quaggiù, oltre ai musicisti eai camerieri, ma ci scommettereisopra che ha più soldi dei tantipseudo ricchi che vedo spendere espandere. Vestita del classicocompleto bianco, dal candidoturbante, la Dinha (pron, «Gina»)impasta fagioli e macina «dineirho»,alla faccia dei bianchi in fila indiana.

L’occasione è speciale, perchéaccanto al padiglione/bardell’Acarajè, stasera si esibisce in unconcerto di bossa novanientepopodimeno che il cugino diCaetano Veloso, con la suaband…in verità è più una riunionetra amici, che avviene all’interno diuna casa privata, con la cucinatrasformata in bar…in una stanza dinon più di 50 metri, stipati comesardine. Il pavimento è imbrattatodi birra, e cocci taglienti, lasciati dainostri raffinati ospiti, sono ovunque,mentre un patetico ventilatore cercainvano di rinfrescare l’ambiente. Maquando la musica inizia, la forzadelle note annulla calori e squallori,e la gente si scatena, donne euomini si baciano sulla bocca,musicisti compresi, i brasiliani sonogente calorosa, bianchi o neri,condividono almeno gli stessi modiper esprimere sentimenti e passioni.Si va avanti fino all’alba inoltrata.

Però di neri, tanto per cambiare,nessuna traccia, oltre ai solitiaddetti ai lavori.

Allo Shopi Barra, «sanctasanctorum» del consumismo diSalvador, le cose sono radicalmentecambiate, rispetto a qualche annofa. Un tempo le merci eranoabbordabili, anche per capi divestiario di marca. Ora i prezzi sonoproibitivi per una famiglia mediabrasiliana non «sviluppata».

I gelati costano cifre assurdeanche per noi, una coppa di tregusti arriva a 10/12 euro, un tranciodi pizza cinque, un panino tipo Subquasi dieci. Reparto vestiario: uncompleto per ragazza, 50 euro.

Un paio di scarpe da uomo, quasi100. Non vedo traccia di offertescontate. Non vedo traccia di coppieo famiglie afro. Il bianco vince, ilnero perde, ancora una volta.

I neri, finalmenteDall’aeroporto si arriva, dopo unbreve tragitto in taxi, ai quartieripopolari. A Mar Brasil ti accorgi chequalcosa non quadra già lungo lastrada. L’autista sbaglia svolta, e pertornare indietro si addentra in undedalo di viuzze. L’asfalto èspaccato ovunque, buche comecrateri costringono l’auto a unoslalom senza fine. L’illuminazione èscarsa, l’atmosfera equivoca.

Per mangiare si segue unpercorso obbligato; pizzerie chefungono anche da mini market… gliavventori, tutti neri, mi guardano incagnesco. La pizza ha un saporestrano, gommosa al punto giusto,ma a prezzo modico se non altro.

Fuori sulla via, cumulid’immondizia dappertutto, arrivanofino ai marciapiedi, non c’è modo dievitarli, ci inciampi sopra per forza.

Un solo cassonetto, sfondato, nelraggio di un chilometro almeno.Dietro l’angolo, una marea umanain movimento. I neri di notte,finalmente! È sabato sera, le ragazzesono in ghingheri, gli uomini con ilpetto gonfio, si dirigono verso le«baraccas» sulla spiaggia. Sullalitoranea i rifiuti sono cosìnumerosi, che arrivano a formarecollinette. Un odore nauseabondo,dolciastro, di monnezza inputrefazione, una puzza di morte,qui saranno settimane che i mezzi

REPORTAGE METROPOLITANO

DALL’ELEVADOR A ONDINAFINO ALLO SHOPI BARRA

Il liberismo economico, con i tagli sui servizipubblici, sanità e scuola privatizzate, stravolgeil corpo sociale del paese. E la città è divisa frachi ce la fa e chi ha il colore sbagliato della pelle

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della nettezza urbana, dal passaggioquotidiano a Barra e Ondina, non sifanno vedere. La gente ride, sonoabituati a questo sconcio fin dallanascita, non ci fa caso, siubriacheranno tutti a manettastanotte di «cachaça» pura, fino acrollare. Il Barrio limitrofo di StellaMària offre lo stesso quadro, quinon ci sono turisti o brasiliani«progrediti», per cui chissenefrega.Non pensavo che dopo Manaus lamonnezza potesse ancora farmieffetto, c’è sempre spazio per unmiglioramento….

Dagli ospedali alle scuoleLa Sanità di Salvador oggi è in manoprevalentemente di banche e gruppifinanziari, che eleggono lororappresentanti negli organismistatali; molti ospedali pubblici nellosfascio totale, con interi repartieliminati, e code chilometriche dipersone che sono costrette adaspettare anche giorni per riceverecure mediche frettolose eapprossimative. Per accedere aiservizi delle cliniche private,bisogna stipulare un accordo con isuddetti enti per un Piano Salute.Quello basico, il più economico,prevede i seguenti costi mensili: 68euro ciascuno per moglie e marito,37 euro ogni figlio del nucleofamiliare. Queste tariffe consentonol’ingresso presso nosocomi di livellobase, senza poter usufruire di curespecialistiche avanzate.

A tal fine, le cifre raddoppiano,per cui un nucleo di sei persone,che costituisce la tipica famigliabrasiliana dei ceti bassi, sitroverebbe a sborsare circa 550 euromensili, assurdo per l’entrata mediadi questa che, bene che vada, seentrambi i coniugi lavorano, arriva a500 circa. Salvador possiedel’ospedale per la cura del cancro piùavanzato del Brasile, l’AristideMaltez, un ente filantropico che siregge su sovvenzioni private e delleOng locali; causa la crisi globale e itagli statali ai contributi sociali, oggiquesto nosocomio rischia dichiudere, gettando nel panico ipoveri, che ancora possonousufruirne gratis. L’unica boccata diossigeno da parte dello Stato, èquella degli assegni familiari per lefamiglie indigenti, nell’ordine di 30euro a figlio.

La scuola pubblica ha vissutol’anno scorso ad aprile due mesi dipanico, per via dello sciopero degliinsegnanti, che protestavano controi cumuli di straordinario non pagati,su un salario base di 350 euromensili. Gli edifici e le aule sono,per la maggior parte, in condizionifatiscenti, la pioggia filtra dai soffitti,mentre proliferano gli istituti privatiper figli d’imprenditori eprofessionisti, che pagano retteoscillanti dai 450 ai 600 euromensili, in prevalenza bianchiovviamente, così da formare iquadri dirigenti del futuro, stileGiamaica e Caraibi in generale. Ilibri di testo sono a pagamento, ilpiù costoso, il sussidiario generale,che comprende diverse materie, alcosto di 320 euro.

A marzo del 2012, la serrata degliagenti di polizia, estesa lungo tuttolo Stato di Bahia, aveva provocato ilrecord nazionale di crimini eomicidi, con un picco annuo di3000 vittime. I supermercati sonorincarati, 1 Kg di fagioli tre euro, dueper un pacco di pasta, carne e pesceimproponibili. In seguito a questiaumenti del costo della vita, ilfenomeno delle carte dicredito/debito, emesse dagli stessi

gruppi che oggi controllano Sanità eIstruzione, è diventato una vera epropria piaga del paese.

Sventolando davanti al naso dellapovera gente la carotadell’innalzamento del credito,questa oggi si trova indebitata in unmodo pauroso nei confronti dellefinanziarie, che, per riscuotere,pongono ipoteche sulle case eminacce di vario genere, arrivando abloccare i loro miseri salari, quandonecessario. In questo quadronegativo, superstizione e gioco dellalotteria prendono il sopravvento; lagente comune preferisce investire ipropri risparmi in una sorta di giocod’azzardo per poveri, costituito daLotto e Bingo, tentando la fortuna,che non riescono a trovare nelcosiddetto Paese delle Opportunità,che sono tutto meno che Pari, perloro almeno.

Il candomblé raddoppiaLe cerimonie del Candomblè, che èil culto degli dei Orixàs, ereditàdell’etnia africana degli Yoruba,sono raddoppiate negli ultimi anni;la gente di Salvador, cerca confortoin queste pratiche, che alleviano leloro sofferenze.

Questa religione è originaria diBahia, e la ritroviamo anche nelloStato del Pernambuco con un nomediverso, Xangò, mentre diventaMacumba in quello di Rio. ASalvador esiste un lago artificiale,Dique do Tororò, sito dinanzi allostadio, dove galleggiano legigantesche statue delle Divinità.

Questo processo di «apartheidsilenziosa» che, senza bisogno didivieti ufficiali, sta tracciando unadicotomia netta nella popolazione,tutta basata sul possesso del denaro,è in corso progressivo lungo ilBrasile.

A Rio, rispetto a una volta, èmolto evidente, basta farsi unapasseggiata sulle spiagge diCopacabana e Ipanema, chefronteggiano il mitico Pào deAçùcar. Però nel Sud i neri sono unaminoranza, e anche se l’ingiustiziasociale rimane tale, nel caso diSalvador, che è nera per 3/4, diventaclamorosa.

La capitale di Bahia è oggi laperfetta sintesi della «città globale»dei nostri tempi equivoci; unamaggioranza di persone che vive aimargini di un «progreso», decantatocome sacro dogma del genereumano, e una minoranza diprivilegiati che, da questa stortura,spacciata come sviluppo, trae imassimi benefici possibili.

In copertina, «A grandemulata III», 1980 di Carybé

GERENZA

Alcuni scorci della città di Salvador da Bahiae dei riti del Candomblé). Quelle al centro, quiaccanto, sono state scattate dall’autore delreportage, Flavio Bacchetta. Sotto, l’Elevador

Il manifestodirettore responsabile:Norma Rangeri

ultravista a cura diSilvana Silvestri

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«Blade Runner»in versionetropicale, chiedea chi vi si addentridi spogliarsidei parametridi orientamentoeuropei, lasciandoa casa i pregiudizi

di ALESSANDRA CRICONIA

●●●Nella luce di un tardopomeriggio di pioggia tropicale,dall’alto del Copan il meravigliosoedificio ondulato di Oscar Niemeyer,San Paolo appare una città plumbea,avvolta nelle nebbiedell’inquinamento e del caldo,prigioniera di uno spaventoso ingorgodi macchine di cui non si riesceneanche a immaginare la fine. Oltre180 chilometri dicono i bollettini, èuna situazione surreale ma per ipaulistani si tratta di una realtàall’ordine del giorno. Le cose nonsono molto diverse cambiando ilpunto di vista: per strada moltitudinidi persone di ogni razza e cultura inmezzo a cui potrebbero benissimonascondersi dei replicanti, simuovono senza mai fermarsi, FiatSiena e moto Gilera circolano nelfamigerato traffico da paura come seil tempo si fosse fermato a trent’annifa, un’umanità di prostitute, trans,giovani imbottiti di crack vive buttatasu materassi allineati ordinatamenteai bordi dei marciapiedi, diversi stranisoggetti dentro macchinoni neriguardano i passanti con occhiconcupiscenti di denaro, grovigli dipesanti cavi elettrici appesi alla menopeggio a pali di legno ballonzolanopericolosamente sulla testa di chicammina tra immondizie e alberitropicali. Per quanto paradossalepossa sembrare, a San Paolo si respiraun’atmosfera del «come eravamoquando saremo». Deve essere perquesto clima da fantascienza se laguida routard presenta San Paolo delBrasile, megalopoli di 12 milioni diabitanti e oltre 2500 grattacieli, comeuna Los Angeles del 2019, BladeRunner in versione tropicale. Ma sonoproprio queste apparenze alla BladeRunner a fare di San Paolo unparadigma del mondocontemporaneo che per esseredecriptato, anche solo per potercisimuovere dentro, richiede di spogliarsidell’habitus europeo che a quellelatitudini è fuorviante.

Se ci si attiene ai codicidell’orientamento e alle gerarchiespaziali della città europea, San Paoloè un rebus insolubile: un’estensionedi materiale urbano e umano senzasoluzione di continuità e un taleamalgama di contrasti che èimpossibile venirne a capo. Non dimeno questo mondo così scombinatoche deve la sua disurbanità anche allamancanza di piani regolatori mai

varati per ragioni politiche – si diceche durante la dittatura, i militariabbiano preferito lasciar crescere lacittà nella casualità per evitaremiglioramenti della qualità urbanache avrebbero potuto innescarepericolose emancipazioni delle massedei poveri – non solo riesce afunzionare, ma ha saputo inventaredelle sue proprie soluzioni. Più chesulla separazione centro e periferiache a San Paolo non esiste, la città siregola sul principio della segregazionedegli spazi. È cioè quella condizionedi conflitto permanente tipica di ognimegalopoli postmoderna del boomeconomico a dettare le leggidell’urbano e i cui segni sonoimpressi nelle recinzioni, nelleinferriate, nei cancelli, nelletelecamere che sono lì a rimarcare,insieme alla presenza diffusa diguardia civil e di portieri, la distanzache separa il ricco mondo dei privatida quello povero della strada con ilsuo disordine e la sua diversità; unadistanza minima dello spessore diuna soglia sufficiente però adistinguere appartenenze e statussociali. Se fuori c’è il caos, una voltasuperati i portieri e i cancelli, igrattacieli hotel-condomini sono delleoasi di pace, piccoli paradisi immersiin tranquilli giardini, attraversati davialetti che portano agli ascensoridentro ingressi arredati come deisalotti con tappeti, divani, sculture equadri alle pareti. Ancora una voltaviene in mente Los Angeles e

soprattutto le indagini di Mike Davissul futuro della metropoli. Ma adifferenza della metropolilosangelina, San Paolo è unametropoli antropologica popolata dapiù di 70 nazionalità provenienti daogni parte del mondo (italiani egiapponesi sono tra le comunità piùnumerose) che per convivere hadovuto, almeno in passato, inventareuna forma di spazio pubblico che nonè piazza e non è agorà ma è un luogodi incrocio delle genti che siincontrano in questi spazi aperti per imotivi più disparati. Ecco allora che aSan Paolo, città cresciutacaoticamente per aggiunte eproliferazioni successive, cittàfortificata come Los Angeles, città delconflitto permanente che costringe amuoversi con un doppio borsellino,quello per i rapinatori d’assalto equello della sopravvivenza, i luoghicardine sono degli edifici-spazipubblici che sovvertono la classicadistinzione tra spazio urbano eedificio perché qui le due cosecoincidono: un edificio ècontemporaneamente palazzo e città,spazio privato e luogo pubblico. Sitratta di un cambio di orizzonte chequalifica diversamente l’architetturache non serve a ordinare lo spazio néa fare tessuto urbano. L’architetturacioè non costruisce città ma disegnaun luogo nella città che èprincipalmente un luogoantropologico, fatto e pensato per chici sta dentro e deve usare quel luogo.In questa chiave è la facoltà diarchitettura nel campus universitariodi San Paolo progettata da VilanovaArtigas architetto iscritto al partitocomunista brasiliano che fu tra ifondatori della scuola di architetturapaulista che insieme a Carlos Cascaldirealizzò questo straordinario monolitedi cemento armato svuotatoall’interno per consentire unacontinuità spaziale e un’interazionetra il mondo della città e la scuola: uningresso aperto e senza porte dàaccesso a una promenade urbanacostituita da un sistema di largherampe che collegano i sei livelli dellafacoltà e si affacciano su un ampioambiente centrale che è una piazzacoperta e insieme un luogo diassemblea come mostra la fotografiastorica degli studenti stipati nell’aulaper contestare la dittatura. La stessafilosofia di spazio pubblico, un pianovuoto e vasto, senza barriere e incontinuità con la città, pronto a essereriempito nei tanti modi dell’esseredelle genti metropolitane si ritrova inaltri edifici con funzioni pubbliche, ilMasp (Museu de Arte di San Paolo) diLina Bo Bardi e il Mube (MuseuBrasileiro da Escultura) di Mendes daRocha, dolmen contemporaneisollevati sulla città per lasciare unvuoto che a piacimento può esserepiazza, giardino delle sculture, teatroall’aperto. Si rintraccia così, dentro uncontesto sfigurato e sformato,un’architettura-spazio pubblico incontrotendenza con le logiche delmercato fatta con un materiale«democratico» e universale qual è ilgrigio cemento lasciato al vivo, senzacamuffamenti e maschere di colore.

ARCHITETTURA, LA CITTÀ MUTANTE

Grande, a destra, l’edificio Copan;sopra, il parco Ibirapuera; il complessoSesc Pompeia di Lina Bo Bardie il museo d’arte Masp

URBANISTICA ■ SE IL PRINCIPIO REGOLATORE È LA SEGREGAZIONE SPAZIALE

Quel rebusinsolubiledi san Paulo

IL LUOGO PARADOSSALEDI CAOS E GIARDINI

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FOTOGRAFIA, UN PROGETTO MONDIALE DEL REPORTER BRASILIANO

Sebastião Salgadoa Roma con la sua«Genesi», dal 15maggio all’AraPacis. «La forestatropicale erail paradiso,ora gran parteè terra bruciata»

Sebastião Salgado,Isole South Sandwich, 2009

di MANUELA DE LEONARDISROMA

●●●L’uso morbido dei passaggidi grigi, cifra espressiva che è lafirma di Salgado, modella ombre,nuvole, deserti, foreste, montagne,ghiacciai, elementi della naturache riflettono un’armoniasuperiore, attraversata da unaspiritualità palpitante. Laspiritualità del non credente che silascia stupire dall’immensità diuna natura che - nonostante tutto- è generosa e incontaminata.

Genesi è il progetto cheSebastião Salgado (Aimorés, Statodi Minas Gerais, Brasile 1944, vivea Parigi) e Lélia Deluiz WanickSalgado, sua compagna di vita e dilavoro da oltre quarant’anni,hanno presentato alla Casa delCinema di Roma. La mostra diduecento fotografie, realizzata daAmazonas Images (l’agenzia che lacoppia ha fondato nel 1994) eprodotta da Contrasto e Zètema,inaugurerà il 15 maggio al Museodell’Ara Pacis (resterà visitabile peril pubblico fino al 15 settembre), aridosso dell’appuntamento delNatural History Museum diLondra, del Royal OntarioMuseum di Toronto e dellGiardino Botanico di Rio deJaneiro, prime tappe di un tourmondiale che prevede altri trentaluoghi istituzionali. Saràaccompagnata dal catalogoTaschen, da un prezioso libro ingrande formato destinato ai

collezionisti e anche da un filmrealizzato dal loro figlio Giuliano,cineasta, insieme a Wim Wenders.

Prendere per mano lo spettatoreper stimolare la coscienzaecologica è una missione per ilfotografo, esattamente comeprecedentemente si era trattato didenunciare soprusi e violenze,raccontando attraverso l’obiettivodella sua macchina fotografica35mm (sempre rifuggendol’estetizzazione del dramma)l’uomo e i suoi problemi disopravvivenza: il movimento deiSem Terra, le migrazioni, iminatori della Serra Pelada, ilavoratori del caffè, la siccità nelSahel, il genocidio in Rwanda, lamalattia, l’infanzia, la guerra.

La terra come patrimoniocomune dalla portataincommensurabile, da ammiraresenza filtri e con un pizzico di

ottimismo. «Sono nato nel 1944 inuna grandissima azienda agricoladel Brasile il cui territorio, allora,era coperto per il 60% dalla forestatropicale, quindi posso benaffermare di essere nato inparadiso», racconta Salgado. Unparadiso che negli anni Novanta,quando i suoi genitori ormaianziani decisero di lasciarel’azienda ai loro otto figli, era ingran parte distrutto. «Da unacopertura di foresta tropicalesuperiore al 50% eravamo scesi ameno di mezzo punto dipercentuale. Ci siamo trovati inmano una terra bruciata. Lì doveavrebbero potuto essere allevatidecine di migliaia di capi dibestiame, il territorio, ormai, era ingrado di sostenerne appenaqualche centinaia».

È Lélia a lanciare la sfida:«Sebastião - mi ha detto - visto che

sostieni di essere nato in paradiso,perché non ricostruirlo,ripristinando la foresta tropicaleche una volta ricopriva questasuperficie? Va bene, le ho risposto,proviamoci! E abbiamo intrapresoquesto tentativo». Ripristinarel’ecosistema richiedeva uno sforzoimmenso, avrebbero dovutopiantare circa due milioni dialberi, di almeno cento speciediverse. «Per reperire le risorsenecessarie al fine di realizzarequesto nostro progetto abbiamoviaggiato da un capo all’altro delmondo e, devo dire, che l’Italia èstato tra i paesi che ci hannoaiutato di più, insieme allaSpagna, agli Stati Uniti e, prima ditutto, al nostro Brasile.Attualmente, siamo a più di duemilioni di alberi piantati eabbiamo trecento specie diverse,dunque abbiamo ripristinatol’ecosistema. Un progetto duratoanni in cui abbiamo lavorato, madurante i quali ci è anche tornatala voglia di dar vita a un grandeprogetto fotografico in cui andarea vedere le meraviglie che ci sonoancora nel nostro pianeta».

Questo è l’obiettivo di Genesi,forse il più ambizioso tra tutti isuoi progetti, iniziato nel2003/2004 e conclusosi nel 2012con al suo attivo circa diecimilascatti, oltre trenta reportage ecinque continenti attraversati,partendo dal sud del mondo(Argentina, Antartide) per arrivarein Alaska, passando per Papua

Nuova Guinea, Siberia,Madagascar, percorrendo l’Africa,per inoltrarsi infinenell’Amazzonia venezuelana ebrasiliana.

Camminare è stata una praticasignificativa all’interno del lavoro(in altri contesti, con quella suaelegante ironia, Salgado haaffermato che per un fotografo èpiù importante avere delle buonescarpe, piuttosto che una buonamacchina fotografica). È arrivato acamminare per giorni, mesiaddirittura come nell’Etiopia delNord, uno dei viaggi a cui è piùaffezionato, dove nel 2008 hatrascorso un paio di mesipercorrendo ottocentocinquantachilometri, arrampicandosi su perle montagne per arrivare in luoghialtrimenti irraggiungibili.

La curiosità è la molla cheancora riesce a coinvolgereemotivamente l’autore. Unosguardo che non è da antropologoil suo, né da geologo o dagiornalista, ma semplicementequello di un uomo che sa cogliereil respiro degli animali, dellepietre, il loro dialogo con ipaesaggi naturali e quando l’uomoè presente appartiene a società«primitive», solo apparentementelontane anni luce dalla nostracontemporaneità. Anche i mineralie le rocce fremono nel suosguardo: «La montagna chefotografo non è un natura morta.Quella montagna è più viva dime».

La coscienzadel pianeta

Page 6: Alias supplemento del Manifesto (23 marzo 2013)

(6) ALIAS23 MARZO 2013

Il conflittodell’artistacon la libertà

di GIONA A. NAZZARO

●●●Se c’è un cineasta sopra esotto le righe, questi è CavehZahedi. Bizzarra figura di guastatoreoperante fra sperimentazione,documentario e fiction mutante,Zahedi è l’autore di un pugno difilm in prima persona presentati nelcorso degli anni nei festival chemaggiormente svolgono il lavoro disetaccio delle frontiere porosedell’immaginario.

Amico di lunga di Jay Rosenblatt,temperamento umano e artisticodiametralmente opposto al suo,Zahedi è un newyorkese di origineiraniana. Con Rosenblatt, Zahedinel corso degli anni ha collaborato avari progetti e intavolato unavideo-corrispondenza di saporemekasiano, presentata per la primavolta a Visions du Réel nel 2011, ilcui apice è un autoritratto in acidoche il regista ha poi rielaborato nelfilm realizzato con Will OldhamTripping with Caveh che avrebbedovuto dare vita a una serietelevisiva che non è stata realizzata.

Magrissimo, logorroico,petulante, esibizionista,iper-entusiasta, frenetico, iper-attivoè stato immortalato da RichardLinklater in A Scanner Darkly - Unoscuro scrutare - nel quale siesibisce in una delle sue soliteinterminabili tirate totalmente inlinea con il plot paranoico-dickianodel film. Non necessariamentesimpatico o un cineasta facile daamare, Zahedi, sempre in bilico fraautopromozione danza sull’abissodi un cortocircuito nel quale sifatica a comprendere se è l’autore alservizio del cinema o viceversa. Asalvarlo - quasi sempre - un candoresuicida, idiota, una surreale esibitasfacciata pseudo-ingenuità chefatalmente finisce per catalizzarel’idiozia del resto del mondocircostante. Senza contare laspudorata vocazione allaconfessione pubblica che glipermette di auto-fustigarsi e farlafranca come accade in I Am A SexAddict (distribuito dalla WeinsteinCompany), un film che se l’avesse

fatto Woody Allen avrebbero gridatoal capolavoro da qui all’eternità.

Insomma, Caveh Zahedi nonrisponde certo ai crismi del cineastaindipendente Usa né tantomeno aquelli del documentaristasperimentale alternativo. CavehZahedi fa «Stato a sé». Una regione astatuto speciale del cinemaindipendente che continua a porreinstancabilmente problema.

Le polemiche del passato chehanno accolto film come I Don’tHate Las Vegas Anymore sono unoscherzo in confronto al deliriomediatico e politico suscitato daThe Sheik and I, il suo ultimo film inordine di tempo che ha rischiato

seriamente di trasformarsi nel casoRushdie del cinema indipendente.

Tutto nasce dall’invito che CavehZahedi riceve dalla Sharjah ArtFoundation, la Biennale del MedioOriente, nella persona di Raja Salti,di realizzare un film incentratosull’idea dell’arte «come attosovversivo». All’autore è garantitamassima libertà. Nessun divieto.Tranne: niente nudo frontale, nienteironia nei confronti del profetaMaometto e niente battute sullosceicco dello Sharjah.

Zahedi, con l’atteggiamentonevrotico e petulante che gli èproprio, inizia proprio a mettere inquestione l’ultimo divieto della

commessa della biennale. Comedire: prova a filmare il potere che loospita in quanto artista attraversol’unico limite che questo gli chiededi rispettare. Inizia quindi a porredomande scomodissime, mette indifficoltà i dipendenti dellafondazione con le sue richieste, sicomporta come la quintessenzadello statunitense imbecilleossessionando tutti con le milledomande e nevrosi, senzarisparmiare nemmeno le lacrimedella moglie isterica a causa dellecondizioni igieniche che non sonodi suo gradimento. Cosa succede,dunque, quando la presuntasovversione morde la mano del

mecenate che usa l’arte stessa perdare al proprio regime una patina dimodernità occidentale? Dove sipone l’artista rispetto al potere?

Per onorare la commessa Zahediimmagina di girare una sorta diaction movie di serie Z in stileCannon con i peggiori stereotipi neiconfronti degli arabi. Il plot giraintorno al rapimento dello sceicco enella sua follia Caveh vorrebbe chelo stesso sovrano interpreti sestesso. Si chiede addirittural’intervento della figlia del regnanteper rendere possibile il filmdell’ospite sempre più scomodo.

E se all’inizio si sorride a dentistretti, progressivamente il disagiomonta a livelli insostenibili. Zahedisi aggira come uno spettro nei localidella fondazione mentre idipendenti lo evitano con lamassima cura terrorizzati di essereaccusati di blasfemia e di perdere illavoro. Il film, che non si riesce afare, rivela i limiti della liberalità delmecenate e di conseguenza rilanciala questione, antichissima, delrapporto fra arte e potere. Eattraverso «l’idiozia» di CavehZahedi, la sua posizione eticamentediscutibilissima, questaproblematica viene riformulata intermini inoppugnabili, proprioperché il portatore del problemastesso non è mai al di sopra di ognisospetto.

«Questa esperienza mi hainsegnato che la libertà artistica èmolto più che un diritto acquisito.Non mi piace l’idea che un artistaabbia dei ’doveri’. È un’idea che sadi ortodossia e, per quanto miriguarda, è esattamente l’oppostodello spirito che dovrebbe animarel’arte. Gli artisti dovrebbero esserecompletamente liberi di interagirenel modo che maggiormentepreferiscono quando devonoconfrontarsi con il denaro el’autorità. Personalmente ritengoche una delle qualità che rendequalcosa “arte” è lo spirito dellatrasgressione e/o sovversione.Spetta però al singolo artistadecidere come intende manifestarequesta tensione. In altre parole, i

modi per fare dell’arte sono infiniti,proprio come sono infinite le stradeche conducono al cospetto di Dio.

Dopo aver rischiato di essereincarcerato, Zahedi viene quindimesso alla porta senza troppecerimonie e il film rifiutato dallafondazione che gli chiede didistruggerlo. Zahedi non demorde esi rivolge a un avvocato di New Yorkil quale riesce a ottenere un accordocon la fondazione chesostanzialmente prevede la messa albando del film nel territoriodell’emirato ma garantiscal’incolumità delle persone che viappaiono chiedendo formalmentedi desistere da qualsiasi appello ausare violenza nei confronti dicoloro che negli altri paesi vedano ovogliono vedere il film. Perché, equesto è un punto cruciale, il filmnon si beffa dell’Islam o diMaometto, ma si pone delledomande sui limiti della libertàd’espressione e del lavoro che unartista o un cineasta deve svolgerequalora voglia mettersi in gioco neiconfronti del potere. D’altronde inun paese dove non c’è libertàd’espressione non puoi dire chenon c’è… libertà d’espressione.

L’aspetto più interessante di tuttaquesta faccenda è l’appendicepolemica che il film ha avuto negliStati Uniti, perché riflette lecontraddizioni inerenti alla libertàd’espressione sul terreno dellecosiddette libertà fondamentalioccidentali.

Il film, invitato dal festival SXSW(South by South West), si ritrova aessere oggetto di un’iniziativa alquanto inconsueta da parte delprogrammatore Thom Powers delToronto Film Festival. Powerssostanzialmente chiede ai colleghiselezionatori del SXSW di ritirarel’invito al film di Zahedi. Occorrericordare che dopo l’incidente delfilm di Zahedi alla SharjahFoundation, Rasha Salti entra a farparte dello staff del festival canadesediventando quindi collega diPowers. Quest’ultimo, a fronte delrifiuto da parte del SXSW di ritirarel’invito, inizia una personalecampagna contro il film adducendocome principale motivazione il fattoche il film mette a repentaglio la vitadi coloro che vi hanno partecipato einvitando i giornalisti a recensirlonegativamente. Zahedi per tuttarisposta firma un cortometraggio diotto minuti intitolato I WasBlacklisted by Thom Powers (visibileon line). Nel frattempo indie.wire,nella persona di Eric Kohn, assumeuna posizione favorevole al film chescatena una polemica nellapolemica riguardante l’opportunitàda parte di Powers di esercitare lapropria influenza nei confronti dialtri festival per impedire al film diessere proiettato.

Insomma Caveh Zahedi con lasua aria da Candide no budget eThe Sheik and I pongono tutta unaserie di questioni scomodissime chele risate amarissime del film ciricordano essere ancora aperte.

Nella foto il cineasta Caveh Zahediin un momento di «The Sheik and I»In alto alcune sequenze del film

Guastatore spudorato e candido, Caveh Zahedicol suo ultimo film, «The Sheik and I», è statoal centro di una polemica che lo ha opposto allacommittenza araba ma anche ai programmatorioccidentali del Toronto Film Festival

AMERICA «INDIE»

CENSURE

Page 7: Alias supplemento del Manifesto (23 marzo 2013)

(7)ALIAS23 MARZO 2013

Se lo spettatorefinisce in carcerecon l’uniforme

di VIRGINIA TONFONILONDRA

●●●Un punto d’incontro, un orario,un dress code e la durata dellospettacolo, che si estende dallequattro alle sei ore. Sono queste leuniche informazioni di cuidispongono gli spettatori di SecretCinema dopo aver comprato unbiglietto il cui prezzo oscilla tra le 25 ele 40 sterline. Dell’evento al qualeassisteranno, sanno anche che sitratta di una «living cinemaperformance», una performance dicinema interattivo, ma niente di più.Eppure circa 25mila spettatoripartecipano a ogni produzione diSecret Cinema: anche setralasciassimo per un attimo lastraordinarietà dei numeri di unacompagnia che ha registrato 195milaspettatori nel 2012, ci continueremmoa chiedere perché così tanta gentepaghi per una performance dellaquale non conosce il titolo. Lasegretezza, evidentemente noncostituisce un deterrente per glispettatori e la conclusione è solo una:lo spettacolo vale la pena, anchequella di non sapere quale filmandranno a «vedere» e in sostanza,cosa accadrà loro nelle ore chepasseranno a Secret Cinema. Avevosentito parlare di Secret Cinema annifa a Barcellona, da un amico che sioccupa di teatro, che era statochiamato per l'allestimento di uno deiprimi spettacoli londinesi. Non midisse molto, solo quello che sapeva: sitrattava di uno spettacolo teatraleinterattivo, ispirato a un film. Chiesiquale, ma non ricevetti risposta. Laprima regola, mi dissero già allora, erala segretezza. «Tell no one», recitaancora il motto di Secret Cinema.L'operazione iniziata da FabienRiggall nel 2007, che si trova oggi allesoglie della ventesima produzione, sibasa quindi su quello che potremmodefinire il marketing dell'ignoto:intriga e convince gli spettatori senzarivelar loro per cosa effettivamentestanno pagando, e soprattutto senzareggersi sugli usuali meccanismipubblicitari del cinema, quando leuniche forme di diffusione sono lapagina web, le reti sociali e ilpassaparola. Secret Cinema non habisogno di promozione. L'esperienzaè così inaspettatamente intensa checoloro che vi partecipano laraccontano, nei limiti della segretezzadel gioco, e tornano allo spettacolosuccessivo. Ho la fortuna diimbarcarmi per l'avventura delcinema segreto con FrancescoPastori, amico che vive a Londra escenografo della compagnia. Miaccompagna, ma l’amicizia non bastaper tradire il patto di segretezza,quindi arrivo al luogo d’incontro, unabiblioteca di un quartiere del NorthEast London, senza sapere niente diquello che mi aspetta. Entriamo nellahall con un piccolo gruppo dispettatori; abbiamo tutti lo stessosorriso incerto e disarmato di chi nonsa cosa sta per succedere. Unavvocato ci viene incontrospiegandoci che stiamo per entrare agiudizio, che saremo condannati, chelui farà di tutto per tirarci fuori, mache in sostanza, siamo spacciati efiniremo in galera. Nella corte ilgiudice, minaccioso dalla sua pedana,con un colpo di martello che fatremare le mura, sancisce la miacondanna a quindici anni direclusione per rapina e incendiodoloso e mi sbatte in faccia undocumento sul quale verrannoregistrate le mie attività carcerarie. Inuna stanzetta contigua, unbibliotecario mi convince a comprareuna library card, ricordandomil'importanza e il conforto della letturanelle lunghe ore buie del carcere. Solopiù tardi scoprirò a cosa serverealmente la tessera che accetto dicomprare. Veniamo scortati fuoridall'edificio da guardie molto severe,che dopo averci fatto allineare lungo ilmuro, ci caricano su un furgoncinod'epoca, e ho la conferma di quelloche avevo immaginato: siamo neglianni '40, e a giudicare dalla serietàdegli attori e dalla precisione delle

ricostruzioni, sto per vedere unospettacolo di alto livello. Arriviamo difronte a un edificio imponente, siamocostretti a marciare in fila fino a unapalestra, dove altre guardie ancorapiù dure e aggressive ci assegnanouna borsa bianca con un numero dimatricola, ci ordinano di svestirci e diindossare l’uniforme carceraria. Infila, ancora scalzi, ci fannoattraversare nel campo sportivo perpoi entrare nelle docce, dove unaguardia sta picchiando un uomonudo. Il gioco ha inizio e non haniente a che fare con il cinema, nécon la sua versione 3d. Siamo vestiticome gli attori e facciamo parte dellascena; siamo dentro al film e già nellaprima mezz’ora l’esperienza è moltopiù potente di qualsiasi pellicola,tant’è che alcuni abbandonano laperformance prima di essere entratinelle celle, che si affacciano sulballatoio del secondo e terzo pianodel suggestivo edificio. I carcerativeterani aspettano le matricole peraggredirle con parole spinte e sfottò,ai quali non conviene rispondere atono, se non si vuole essere esclusidalla vendita di alcool al mercato neroo peggio ancora, esser prelevati dalle

guardie e chiusi in isolamento.Dev’essere tutto molto credibile, vistoche nei minuti che passiamo dentrola cella, mi capita addirittura di apriree leggere una delle copie della Bibbiadeposte sulle brande. La tensione nonscende fino a che non ciaccompagnano nel refettorio, dovescopro che con la tessera dellabiblioteca si possono comprarehamburger e birra. Più tardi il gruppoè libero di dedicarsi alle attivitàcarcerarie; tra i vari laboratori, lasartoria per imparare a ricamare, e lacereria, dove si fanno candele, sono ipiù frequentati. Esiste un’infermeria,dove farsi accreditare un cattivo statodi salute per poter uscire, e unacappella dove assistiamo all’arrivodella corrispondenza per i carcerati ea una zuffa colossale. C’è anche unaspecie di tribunale interno, dove sientra per sedersi di fronte a unatavolata di giudici e avvocati echiedere l’uscita per buona condotta.Sono dentro per rapina e incendiodoloso, e l’unico laboratorio che hofrequentato con profitto, come risultadalla mia scheda, è quello dellafabbricazione delle candele: uno degliavvocati mi dice che con quelcurriculum ci vuole una bella facciatosta a tentare la scarcerazioneanticipata e appone alla mia scheda illapidario timbro rosso: rejected(respinto). Mi rassegno ad aspettarel’amnistia. Poco dopo mi distrae ungran trambusto; siamo richiamatinella hall, alla presenza del direttoredel carcere e delle guardie piùtemibili. C’è stata un’evasione, ma leintimidazioni delle guardie nonbastano a placare le compiaciutegrida di noi che rimaniamo detenuti.Qualche veterano intona una canzonedi libertà, il cui testo viene distribuitovelocemente tra i prigionieri e inpochi minuti il coro dei carceratiriecheggia alto. Il film nel qualeabbiamo vissuto per due ore è Le alidella libertà (The ShawshankRedemption), e tra poco verràproiettato in una delle sale della falsacarcere dove ci troviamo. Sedutifinalmente sulle poltroncine, mentreguardiamo il film nell’oscurità dellasala, usciremo dalla storia e ciriapproprieremo della nostraindividualità, sorridendo, forse, dellarigida uniforme che abbiamo ancoraindosso. Secret Cinema:http://www.secretcinema.org/

ASPETTANDOBECKETT

SECRET CINEMA

La compagnialondinesepunta tuttosul marketingdell’ignoto, riscrivel’esperienzadel pubblicoe così sbancaal botteghino

Alcuni momenti di «Secret Cinema»

SPERIMENTAZIONE

Beckett. Non sono un critico teatrale nétantomeno un’esperta studiosa, ciònonostante Samuel Beckett fa parte del mio«romanzo di formazione». Insieme a tantialtri mattoni si è infilato nelle pareti diqualche corridoio del mio linguaggio, là doveesso si scontra o forse incontra creandocorto circuito con il vuoto di senso, conl'impossibilità di dar senso con le paroleall'afasia del sentire. Ho letto che SamuelBeckett da giovane soffrì di depressione edebbe un pessimo rapporto con la madre,che ruppe un fidanzamento pur di evitare unincontro sessuale indesiderato, che ruppe(solo per un periodo, fortunatamente)l'amicizia con Joyce di cui era stato allievo, acausa del suo rifiuto alle avance della di luifiglia Lucia, schizofrenica pazza d'amore perlui, che a causa di tutte queste cose scappò aParigi dove divenne assiduo frequentatore diprostitute e fu accoltellato da un prossenetacon cui poi fece amicizia e, finalmente,incontrò Suzanne Deschevaux-Dumesnil,più grande di due anni, con cui condivisetutta la vita (lui morì pochi mesi dopo di lei)e la resistenza antifascista. Insomma uno chel'umanità e la depressione le avevaconosciute nel passaggio dall'Irlandaneutrale, in cui era nato da genitoriprotestanti, alla Francia in guerra, dovepubblica nel 1934 una raccolta di novelleche chiama Più pene che pane. Beckett chegiocava a scacchi con Duchamp. Beckettamante e conoscitore di Dante. Beckettteatro del tempo vuoto, dell'assurdo, degliuomini busto chiusi dentro i bidonidell'immondizia, Beckett e l'attesa, Beckett eil cinema e il tentativo fallito di farsiassumere come assistente dal grande registarusso Sergej Eisenstein, ho rivisto quelmeraviglioso, sublime pezzo d'arte che èFilm ultima apparizione di Buster Keaton.Beckett che in un’intervista al periodicoTransition nel 1949 disse «non c'è nulla daesprimere, nulla con cui esprimere, nulla dacui esprimere, nessun potere di esprimere,nessun desiderio di esprimere, insieme conl'obbligo di esprimere», frase chiaved'interpretazione di tutta la sua opera.Beckett che entra nella storia del teatro conla pubblicazione nel 1952 di AspettandoGodot, che verrà messo in scena per la primavolta l'anno seguente nella piccola sala delTheatre De Babylone di Parigi, Beckett chequando gli annunciano che gli è statoassegnato il premio Nobel per la letteraturareagisce laconicamente con le parole: «Checatastrofe!» Che quest'uomo così bello,schivo, colto, ironico, intelligente emeticolosamente, caparbiamente, manecessariamente, vista l'esiguità delle suebattute, attaccatissimo a non essere traditodalle messeinscena dei suoi testi, siadiventato un sinonimo nel linguaggiocontemporaneo la dice lunga sulla suacapacità di colpire e affondare la piccolaumanità di cui siamo fatti, la quotidianitàsurreale in cui siamo immersi, i continuicontrosensi su cui si fonda la modernaciviltà, l'innata e involontaria comicità deinostri drammi quotidiani. Che siamo unintero popolo beckettianamenteeternamente in attesa di Godot che sia eglipapa, presidente, eroe o che dir si voglia. Eper chiudere con le sue parole: «Chi mai lastoria fino in fondo/del vecchio potràraccontare?/pesare su un piatto l'assenza?valutare in piena coscienza/ tutto ciò cheviene a mancare? dei tanti dolori delmondo/stimare la somma e la mole?/rinchiudere il niente in parole?». In questigiorni Glauco Mauri e Roberto Sturnoportano in tournée le opere di Beckett: Ilprologo, Respiro, Improvviso dell’Ohio, Attosenza parole, L’ultimo nastro di Krapp.

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(8) ALIAS23 MARZO 2013

di FABIO FRANCIONE

●●●Il pastiche di dapontianamemoria fa bene al teatro di SamuelBeckett. Si è scomodato unlibrettista e impresario teatrale difine settecento, sodale di Mozart eemigrante forzato a New York, perparlare del più riformatore esperimentale drammaturgo del ’900non a caso; infatti vivo Beckett inmolti non hanno disdegnato, anchecon il suo benestare, e il pensierocorre a registi come Roger Blin oAlan Schneider o in Italia a FrancoEnriquez, Giancarlo Sepe o in annipiù recenti alla Compagnia Kryptondei fratelli Cauteruccio, di allinearein un’unica soluzionedrammaturgica più opere creandoprogrammi spesso sorprendenti,mai banali, anzi forieri diimprescindibili novità. Ciò eradovuto anche al progressivoassottigliamento temporale dellepièce che Beckett andava scrivendoe che diedero risultati spessoaltissimi sia per densità disignificato sia per la stringatezza deldettato.

In tale prospettiva si è iscrittoanche Glauco Mauri, attore e registache con Beckett ha una lunghissimaconsuetudine e fedeltà. Nel 1961 fuil primo Krapp italiano e da allora epiù occasioni, anche televisive,tenne a battesimo lo straordinario esolitario personaggio beckettiano.Cinquant’anni e più anni dopo conla sua Compagnia, la Mauri-Sturno,sta portando in giro un programmachiuso Da Krapp a Senza parole (dal3 aprile sarà al Teatro Eliseo diRoma) in cui allinea a gambero,senza soluzione di continuità se nonun intervallo e un prologo, Respiro eImprovviso nell’Ohio a Atto senzaparole I e L’ultimo nastro di Krapp:«pezzi» che coprono un arcotemporale di poco più di vent’anni.Se gli ultimi due appartengonoancora alla zona di «Godot», i primisi frantumano nella produzionearrivata tra l’assegnazione delPremio Nobel e l'inizio degli anniottanta. Apparentemente il progettodi Mauri può sembrare a chi nonconosce Beckett quantomenobizzarro, ma non conoscendo perl’appunto l’acribia critica e il rigorecon il quale l’attore e registapesarese s’avvicina ai testi deldrammaturgo di Finale di partitanon può sapere che, quantunque siaffacci il grottesco e l’inutilitàdell’esistenza, la lettura che dà èsempre speranzosa e si ferma ed èqui ancor più «beckettiano» diquanto già sia, alle cosiddette «cosepenultime».

Prima di una delle replichemilanesi, nel foyer del TeatroCarcano spiega il suo Beckett eparte da lontano: «Il primo libro cheho letto è stato Molloy. Erano i tardianni 40, abitavo a Pesaro - Mauri ènato nella città marchigiana nel1930, ndr - ancora non frequentavol'Accademia d'arte drammatica; poivenne la lettura dell'intera trilogiacon Malone muore e

L'innominabile. «Non mi sono maiconsiderato uno studioso di Beckett,non è il mio mestiere, sono unlettore che che ritiene Shakespeare,Dostoevskij e i classici greci eBeckett i punti più alti a cui unartista, un intellettuale possaaspirare. Hanno capito tutto: l'interaumanità è riversata nel loro teatro,nei loro romanzi, nei loro versi. Vi è

la pietà umana, sono sinceri e nonnascondono la ferocia della vita».All'inizio degli anni 60, in pienoboom economico, arriva adinterpretare Krapp che con iltrascorrere degli anni diventa nodoimprescindibile per capire il suomodo di far teatro. «Sonoaffascinato da Krapp e da Atto senzaparole. Non credo al teatro

dell'assurdo, per l'appunto assurdadefinizione, sì piuttosto vedo neipersonaggi di Beckett il colore dellavita in situazioni grottesche, la farsae la tragedia che si fondono, carezzee graffi, mai dimenticando però lasotterranea pietà per loro, che vienesempre alla luce e illumina ognicosa».

«Facevamo al Teatro di Manzoni

di Milano - continua Mauri -, Ilrinoceronte di Ionesco e ilpomeriggio sempre con laCompagnia dei Quattro di FrancoEnriquez si metteva in scenaL'ultimo nastro di Krapp chealternavamo a testi di Lorca eBrecht. Era il 1961, una volta vennea vederci Ionesco, spesso alzava ilgomito quando si andava a cena; ungiorno gli domandai di Beckett,purtroppo io non l'ho maiincontrato, e mi raccontò unastoriella. Quando gli telefonava,Beckett camuffava la sua vocedicendo di essere la cameriera e chein casa non c’era nessuno.Quantomeno strano, no. Ma diIonesco ho un altro bel ricordo. Michiese il libretto del Rinoceronte,allora c'erano questi libretti e non icopioni, glielo diedi; poi un giornoun collega me lo restituì con unadedica speciale piena di disegnini ecancellature, gli erano piaciuti i taglieffettuati sul testo. Per lui eranoquelli giusti. Scrisse che gli avevofatto capire il personaggio».

A tal proposito Krapp qualiproblemi ha creato? «Ho semprerispettato l'autore e i testi che mi sisottoponevano - dice - Ritengo pureche per un interprete, attore oregista, ci debba essere la libertà perl'appunto di interpretare.Naturalmente non sono per glistravolgimenti. Per alcuni il mioKrapp non era troppo beckettiano.Pur nel suo rigore geometrico, ciavevo messo troppa tenerezza».

Poi, invece con il tempo... «Sisono ricreduti. Ho avuto una scuolamolto dura e rigorosa el'apprendistato con Benassi,Randone, e la radio e il doppiaggio,un po' di cinema, qualche film bellocome L’ospite della Cavani o lapartecipazione a Profondo Rosso diDario Argento e di televisione, sono

stati utili. La ripresa televisiva diKrapp e di Atto senza parole di LuigiDi Gianni è uno dei più bei ricordiche ho. Di Gianni aveva una rarasensibilità, mentre Enrico D'Amato,che curava la messa in scena,cercava soluzioni inedite che poinon attuammo. Andò in ondaquando Beckett vinse il Nobel, nel1969. La voce usata nei registratoriera quella del mio primo Krapp».Una delle massime di Glauco Mauriè quella di vedere soprattuttol'utilità di uno spettacolo. «Io nonamo l'arte per l'arte, ma l'arte per lavita. Chi esce dal teatro deve esserepiù ricco e deve riuscire a vederenon la mia verità che non ho, ma ledomande che cerco di dare. Spessodico che gli attori sono come le arpeche devono essere pizzicate neimomenti giusti per provocareemozione. Amo le emozioni, quelleche purtroppo trovo in pochigiovani e nella fretta di quest'epocache non trova più terreno di dialogoe di confronto».

IN SCENA, UN INCONTRO CON

GLAUCO MAURI«Nei personaggidi Beckett c’èil colore della vitain situazionigrottesche,farsa e tragediasi fondono,carezze e graffi,mai dimenticandola sotterraneapietà per loro»

Al centro, foto grande, ritrattodi Glauco Mauri; qui sotto due momentidi «Da Krapp a Senza parole»,all’Eliseo di Roma dal 3 aprile

La memoriadell’artista

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(9)ALIAS23 MARZO 2013

di PASQUALE COCCIA

●●●Lo sport legato al mondocattolico, quello degli oratori e delleassociazioni sportive, ha vissuto nelcorso del '900 alti e bassi, tra spinteinnovative e interventi a gamba tesadel Vaticano. Lo sport cattolico è statoespressione attiva della politica del'900, a volte teso a proporre nuoveidee e una nuova concezione deigiovani sportivi cattolici, altreriflessioni critiche sullo sport, oggiridotto a mera macchinaorganizzativa dello sport. Ne parliamocon Felice Fabrizio, uno dei pionieridella storia dello sport in Italia eautore del libro Alle origini delmovimento sportivo cattolico(Sedizioni, euro 13.50). Felice Fabrizioha pubblicato Sport e fascismo(Guaraldi, Firenze - Rimini, 1976),Storia dello sport in Italia (Guaraldi,Firenze - Rimini, 1977), Lo sport nascea...1833-1940 un secolo di sport aTorino in collaborazione con WalterCecchetto e Pierpaolo Maza, Fuoco dibellezza. La formazione del sistemasportivo nazionale italiano 1861-1914(Sedizioni, Milano, 2011). In corso dipubblicazione presso Sedizioni Illaboratorio di storia dello sport e Ilseme, il terreno, il raccolto. Le originidello sport lombardo 1861-1914.

●Quando inizia lo sport cattolico?Verso la metà dell'800 con i salesiani ei gesuiti, ma è nel 1894 che si hannole prime società sportive cattoliche, inparticolare a Milano e a Genova, duecentri di maggiore sviluppoindustriale. Gli oratori promuovono lapratica sportiva con finalità che ilcardinal Ferrari di Milano chiamavincoli strumentali. Lo sport vieneutilizzato come esca, soprattutto inquei luoghi dove il processo diindutrializzazione era stato piùrapido, come nella Brianza e nell'areabergamasca, ma vi era un vuotoprogettuale. Lo sport viene utilizzatodai cattolici per fronteggiare i grandimutamenti industriali, c'era il rischioche i giovani si lasciassero andareverso un mondo laico. Fino al 1905 siassiste alla nascita di una molteplicitàdi centri sportivi di aggregazionecattolici non sempre inquadrati.

●Perché il 1905 rappresenta unadata importante?Dopo il 1905, la Chiesa promuove ilprimo concorso delle societàginnastiche cattoliche e il luogo dovesi svolge è il Vaticano. Lo scopo èquello di prendere le redini in mano,integrare i processi culturali. Fino adallora le società sportive cattoliche,presenti in modo capillare neltriangolo industrialeTorino-Milano-Genova, avevanoportato avanti l'idea di «uncristianesimo di concorrenza», unanuova idea di giovane cattolico, nonpiù coniglio, timoroso e relegato neglioratori, ma muscoloso e coraggioso,aperto al mondo. Un modelloritenuto pericoloso dal Vaticano,perché rinnegava l'idea di unaconcezione strumentale dello sport.Non è un caso che padre Semeria,l'ideologo dello sport cattolico nuovo,dopo il 1905 viene mandato in Belgio.Tutto il movimento delle societàsportive viene sottratto alla Gioventùcattolica.

●Il Vaticano come si organizza?Nel 1906 il Vaticano istituisce la Fasci(Federazione associazioni sportivecattottoliche italiane) e la sedeindividuata non è Torino o Milano,dove l'associazionismo sportivocattolico era forte e capillare, maRoma per controllare meglio leattività. A capo della Fasci il Vaticanopone il conte Maria di Carpegna, unaguardia nobile del papa, che nullaaveva a che fare con la rete delleassociazioni sportive cattoliche.

●Al nord come reagirono?In risposta all'imposizione delVaticano, divampa la polemica control'egemonia romana, e si crea un asselombardo-ligure delle società sportivecattoliche, che si oppone allasubalternità vaticana.

Successivamente la Liguria vieneassorbita e resta la Lombardia. Inopposizione alla Fasci, la Societàginnastica lombarda, che raccoglieva itre quarti del movimento sportivocattolico, decide di sciogliersi e diconfluire nella FederazioneGinnastica lombarda, di ispirazioneliberale, che non aveva mai voluto«mescolarsi» con la politica, ma difatto era un’appendice del mondopolitico, e fino ad allora avevarifiutato di accettare società diispirazione cattolica. Altre societàrestano indipendenti. Quelle piùpotenti, però, aderiscono alla Fasci,per garantirsi la partecipazione ai piùimportanti concorsi ginnici su scalaeuropea.

●Dopo la prima guerra mondialequale natura assume lo sportcattolico?La Fasci, pur forte a Roma e nellezone limitrofe, è al limite dellasopravvivenza, e soprattutto è priva diuna linea politica cattolica. Siaffermano i valori del nazionalismo,dello sport premilitare, che siritrovano anche nelle societa sportiveufficiali, sotto questo aspetto lo sportcattolico perde la sua connotazionespecifica.

●Poi arriva il fascismo.Il fascismo occupa tutti gli spazi, dagliambiti sportivi premilitari alloscoutismo. Nel 1926 la Fasci vienesciolta, ma lo sport cattolico nonmuore, fino al 1931 continuano leattività dell'associazionismo sportivocattolico, seppur in forma ridotta,attraverso la rete degli oratori. Unasoluzione che consente allo sportcattolico di sopravvivere in qualchemodo rispetto allo sport di «classe»che si era fatto largo nelle file delmovimento operaio tra il 1918 e il1923. Togliatti nelle Lezioni sulfascismo, riconoscerà al regime diMussolini di aver interpretato bisogniemergenti e di aver dato uno sboccoattraverso l'istituzione dell'Operanazionale balilla (Onb) e per ilmovimento operaio l'Opera nazionaledopolavoro (Ond).

●Dopo la Liberazione lo sportcattolico come si evolve?Il Vaticano dà vita al Centro sportivoitaliano (Csi), e riceve il sostegnoesplicito di Pio XII, detto il papa deglisportivi, che addita ai militanticattolici Gino Bartali come esempioda seguire. Tra il 1946 e il 1948, anchelo sport viene utilizzato comestrumento di contrapposizione tra idue blocchi, quello del Partitocomunista e della Democraziacristiana. Alla Dc, che ha comecinghia di trasmissione sportiva laLibertas e il Csi, il Pci risponde conl'Uisp, lo scontro è frontale. In vistadelle prime elezioni politicherepubblicane del '48, non si esita a farricorso, come testimonial, a famosisportivi, soprattutto ciclisti. Nasce inquesto contesto il falso mito delCoppi comunista e del Bartalicattolico. Negli anni '50, il Csi aderirà

ai modelli dello sport dominante,quelli rappresentati dal Cusi, il centrouniversitario sportivo e dal Coni al cuicapo vi era Giulio Onesti, cheutilizzerà il Csi in manierastrumentale per la ricostruzionedell'ente olimpico.

●Negli anni '60 e '70?La contrapposizione si attenua, invista del Concilio Vaticano II,all'interno del Csi si apre unariflessione sullo sport, e un ritornoall'idea originaria di sport comeconfronto con il mondo. Si accentuala critica ai modelli dominanti, unterreno, però, che vede più attento edinamico l'Uisp, forte delle teoriedella scuola di sociologia francese,che fa capo a Leguillaime (Sport erepressione) e a quella tedesca diFrancoforte con Prokop (Olimpiadidello spreco e dell'inganno) e Vinnai(Il calcio come ideologia).

Il Csi valorizza l'idea dello sportcome festa, parola chiave di unanuova politica, quella dell'incontroche sostituisce la gara, si assiste allaconcellazione totale dell'agonismonello sport. Viene meno lastrumentalizzazione dello sport, il Csidiventa più autonomo dal Vaticano,grazie anche a una serie di fermentiche attraversano la Chiesa negli anni'70, come la teologia della liberazioneed altri movimenti. La stagione difermento, però, ha breve durata. Neglianni '80 si ha un ritorno al passato, sitorna all'agonismo. Non si hannoelementi di innovazione. Lo sportcattolico torna sotto il controllo delVaticano e si fa forte attraverso papaWoityla. Nel 2000 con il Giubileo deglisportivi, lo sport viene utilizzato perfavorire il dialogo con i giovani. Siesaurisce definitivamente l'ondalunga del '68, gli ideologi dello sportcattolico, che non si differenziavanotanto nelle teorie elaborate da quellidella sinistra, vengono rapidamentesostituiti. Oggi il Csi è diventato unagrande macchina organizzativa dellosport, un suo rappresentante fa partedella giunta Coni, ente che ha fattoun'astuta mossa politica per tenersivicino il Vaticano, in anni in cui ilcentrodestra e Berlusconi hannogovernato l'Italia. In questi anni èstata effettuata una svalutazione dellacultura cattolica in campo sportivo.

●Cosa succederà nei prossimi anni?Viviamo in un mondo di grandeconfusione, non vedo lo sportcattolico capace di cogliere le sfidedella globalità. L'idea dello sportintesa come gioco, nel suo significatoeducativo è ormai superata, ma nonvedo teorici in grado di elaborarenuove idee. Non si pubblicano piùlibri bianchi sullo sport, cherappresentavano una denuncia delleproblematiche e l'eleborazioneteorica delle analisi intorno alfenomeno sportivo. Auspico unaconvergenza del mondo sportivocattolico e della sinistra, perchétornino agli anni '70, a una riflessioneaggiornata e condivisa dello sport perla soluzione di problemi pratici legatiallo sport. Oggi non ha più sensoandare per strade separate.

SUGLI SCAFFALI●●●«Sport e Identità» è il tema della pubblicazione monografica curatadalla Società italiana di storia dello sport (Siss), che apre con un ricordodel giornalista sportivo Antonio Ghirelli tratteggiato da Marco Impiglia. Ilvolume contiene numerose riflessioni di Sergio Giuntini («Sport identitàe regionalismo»), Felice Fabrizio («Schegge d'identità nello sportlombardo del primo Novecento»). A riflettere sul tema dell’identità neiluoghi di confine è Silvio Dorigo, che affronta il tema «Italianità prima edopo la Grande guerra». A concludere le riflessioni di Umberto Tulli su«Lo sport americano e la guerra fredda». p.c.

Nella foto grande Una società sportivacattolica di nuotatori dei primidel novecento, sotto un ciclista duranteun incontro con papa Wojtyla

Tra spinte innovative e interventi a gamba tesadella Santa Sede, il difficile rapporto vissutonel ’900 tra politica e mondo sportivo cattolico.Lo racconta in un incontro lo storico Felice Fabrizio

SPORTDubbio atleticodel Vaticano

L’INTERVISTA

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(10) ALIAS23 MARZO 2013

IL LIBRO

TV ON DEMAND

LA MOSTRA

LA BAYADÈRE]IL BALLETTO DEL BOLSHOI

0In diretta via satellite saràtrasmesso il 26 marzo il ballettodel Bolshoi «La Bayadère» (1917)

La Bayadère (1917) di Marius Petipa conmusica del compositore austriaco LéonMinkus, grande collaboratore dei Petipa eprimo compositore del balletto delTeatro Imperiale di San Pietroburgo dal1871 al 1886.

CHAVEZ - L'ULTIMOCOMANDANTEDI OLIVER STONE. DOCUMENTARIO. USA 2009

0Nel gennaio del 2009 OliverStone si è recato in Venezuelaper intervistare il Presidente

Hugo Chavez e analizzare l’immagine chedi lui hanno proposto i mezzid’informazione statunitensi. Ha poivisitato altri paesi e intervistato settepresidenti delle repubbliche che stannocambiando il volto del latinoamerica:dopo Chavez, Evo Morales (Bolivia), Lulada Silva (Brasile), Cristina e nestorKirchner (Argentina), Fernando Lugo(Paraguay), Rafael Correa (Ecuador) eRaul Castro (Cuba). Dal 27 marzo.

2 GIORNI A NEW YORKDI JULIE DELPY, CON JULIE DELPY, CHRIS ROCK,GERMANIA FRANCIA BELIZE 2011

0Marion ha rotto con Jack e oravive a New York con il figlio,avuto dalla loro relazione,

assieme al nuovo fidanzato americano,Mingus. La donna sta preparando la suanuova mostra di fotografie e perl’inaugurazione invita il padre che arrivadalla Francia, accompagnato dall’altra figliaRose e dal di lei boyfiend Manu. Siprodurrà un esplosivo scontro di culture.Nel cast Vincent Gallo.

COME PIETRA PAZIENTEDI ATIQ RAHIMI, CON GOLSHIFTEH FARAHANI,HAMIDREZA JAVDAN. GERMANIA ADFGHANISTAN.

0Ai piedi delle montagne attorno aKabul, una giovane moglieaccudisce il marito, eroe di

guerra, in coma. La guerra fratricidalacera la città, i combattenti sono allaloro porta. Costretta all'amore da ungiovane soldato, contro ogni aspettativala donna prende coscienza del suo corpo,libera la sua parola per confidare almarito ricordi e segreti inconfessabili. Ilfilm è tratto dal romanzo "Pietra dipazienza" dello stesso Rahimi, vincitoredel Premio Goncourt (Ed. Einaudi).

DUE AGENTI MOLTO SPECIALIDI DAVID CHARHON, CON OMAR SY, LAURENTLAFITTE. FRANCIA 2012

0Ousmane Diakité, poliziotto dellasezione finanziaria di Bobigny el’universo di François Monge,

Ispettore Capo della famigerataanticrimine parigina indaganosull’assassinio della moglie del potenteJean–Eric Chaligny il più importantesindacalista francese, avvenuto nei pressidi una bisca clandestina.

G.I. JOE: LA VENDETTA 3DDI JON CHU, CON ADRIANNE PALICKI, BRUCEWILLIS. USA CANADA 2013

0Seguito di «G. I. Joe: la nascita deicobra». In questo sequel, lasquadra dei G. I. Joe non

combatterà soltanto contro i proprimortali nemici Cobra, ma sarà anchecostretta a far fronte alle minacce degliesponenti del governo.

I FIGLI DELLA MEZZANOTTEDI DEEPA MEHTA, CON SATYA BHABHA , SHAHANAGOSWAMI. CANADA UK 2012

0Il 15 agosto 1947, l'Indiaproclama l'indipendenzadall'impero britannico. È per un

gesto di ribellione che, in un ospedale dibombay, due neonati vengono scambiatida un'infermiera per permettere all'unodi vivere il destino dell'altro: Sinai, figlio diuna donna povera, e Shiva, erede di uncoppia benestante. Le loro vite si

intrecceranno con quelle di tutti gli altribambini nati nello stesso momento: sonoi figli della mezzanotte e ognuno di loropossiede doti straordinarie. Tratto dallibro (1981) di Salman Rushdie.

IL CACCIATORE DI GIGANTI(3D)DI BRYAN SINGER, CON NICHOLAS HOULT, EWANMCGREGOR. USA 2013

0Un’antica guerra riaffiora ilgiorno in cui un giovaneagricoltore apre

involontariamente una porta tra il nostromondo e quello di una spaventosa razzadi giganti. Libera di vagare nuovamentesulla Terra, questa razza leggendariareclama i territori un tempo perduti,costringendo il giovane Jack a fermarli,diventando egli stesso una leggenda. Ungigante: Raine McCormack.

UN GIORNO DEVI ANDAREDI GIORGIO DIRITTI, CON JASMINE TRINCA, ANNEALVARO. ITALIA 2013

0Dolorose vicende familiarispingono Augusta a lasciarel’Italia. Su una piccola barca e

nell’immensità della natura amazzonica,inizia un viaggio tra i villaggi indios. Dallefavelas di Manaus fino all’isolamento inforesta, Augusta affronta l’avventura dellaricerca di se stessa.

L'IPNOTISTADI LASSE HALLSTRÖM, CON TOBIAS ZILLIACUS,LENA OLIN. SVEZIA 2012

0L’ipnotista Erik Maria Bark èassoldato dall'ispettore Linna percomunicare con un ragazzo

adolescente miracolosamentesopravvissuto alla carneficina dellapropria famiglia.

BUONGIORNO PAPÀDI EDOARDO LEO, CON RAOUL BOVA, MARCOGIALLINI, ITALIA 2013

6Più che una commedia è un filmsullo stato di star di Raoul Bova.Un regalo per i suoi fan, più o

meno femmine più o meno etero, che lovedranno in tutto il suo candore e nelpieno dell’esibizione del suo corpo. Nellosviluppo di questo candore, capiamoanche quanto la nostra commedia sisforzi, con difficoltà, di rinnovarsi nonriuscendo però a trovare sempre lestorie e le strade giuste. (m.gi.)

LA FRODEDI NICHOLAS JARECKY, CON RICHARD GERE, TIMROTH, USA 2013

7Film «da camera» ma carico ditensione come un thriller,ambientato negli strati più

rarefatti dell’elite newyorkese, questoprodotto dello spirito del tempo che ciha dato il finanziere/truffatore BernieMadoff ricorda il geniale acumeantropologico del classico di Tom Wolfe,Bonfire of the Vanities. La chiave della suariuscita, oltre agli attori, è l’accuratezzadella ricostruzione d’ambiente. Ma, nelsuo film, anche i ricchi piangono: e c’èun gusto voyeuristico –specialmentenell’era di Occupy Wall Street e del99%- nello spettacolo di unelegantissimo, amatissimo,ipermiliardario che rischia, non solo difinire sul lastrico, am anche in prigione.(g.d.v.)

IL LATO POSITIVOSILVER LININGS PLAYBOOKDI DAVID O. RUSSEL, CON JENNIFER LAWRENCE,BRADLEY COOPER, USA 2012

7Pat è appena uscito da una casadi cura psichiatrica dove è statodiversi mesi, costretto dal

giudice dopo che aveva ridotto moltomale l’amante di sua moglie. È statorilasciato a condizione di tornare avivere coi genitori. L’imprevedibilità siconcretizza quando gli presentano unavedova sbarellata quanto lui, che haperso il lavoro perché ha fatto sessocon tutti i colleghi. David O. Russell sispinge oltre, grazie a un cast di portata

raffinata con un De Niro sublime nellaparte di un Pat senior. Un innoall’ottimismo realizzato con taleeccentrica maestria da essere già in listaper diventare un classico. (a.ca.)

EDUCAZIONE SIBERIANADI GABRIELE SALVATORES, CON JOHN MALKOVICH,AMAS FEDARIVICIUS. ITALIA 2013

7Kolima è un ragazzino cresciutodal nonno (John Malkovich),maestro indiscusso delle bande

criminali che affollano la regione, con uncodice «etico» d’onore rigidissimo.Salvatores nella sua lettura predilige peròla chiave del romanzo di formazione, esoprattutto il rapporto fra i dueprotagonisti, Kolima e Gagarin, l’amiciziamaschile minata dall’amore. Come in unwestern alla Leone i due amici sonodestinati a diventare rivali, l’uno, Kolima,disposto a tutto per vendicare iltradimento dell’altro, ma in fondo ancheper punire se stesso. (c.pi.)

NOI SIAMO INFINITODI STEPHEN CHBOSKY, CON LOGAN HERMAN,EMMA WATSON, USA 2012

7Solitario e impacciato, Charlie èin cerca di amici. È difficile,perché l'adolescenza è un'età

bellissima, ma crudele. Un giornoincontra una coppia di fratelli un po'particolari, che lo prenderanno sotto laloro ala protettrice, facendoglisperimentare il primo grande amore e ilvalore dell'amicizia. È una delle bellesorprese che arrivano dal cinemaamericano quest’anno in una stagionecreativa straordinaria. (c.pi.)

LA SCELTA DI BARBARADI CHRITSIAN PETZOLD, CON NINA HOSS, RONALDZEHRFELD, GERMANIA 2012

7Orso d’argento alla scorsaBerlinale, rispetto a tutti i filmprecedenti è forse il film in cui il

regista tedesco (Jerichow, Yella) piùconcede alla narratività, e in qualchemodo al pubblico, ammorbidendo lastruttura gelida dei suoi melòcontemporanei in una regia misurata suglispazi, le sfumature cromatiche, gli sguardi,i gesti spesso trattenuti nel lororelazionarsi all’ambiente. In questatensione prende vita l’idea di un cinemadi resistenza, quella della protagonista allabrutalità della situazione. (c.pi.)

SINISTERDI SCOTT DERRICKSON, CON ETHAN HAWKE EJULIET RYLANCE, USA 2012

7Derrickson, in nettissimacontrotendenza, si concedemoltissimo tempo per sviluppare

i propri personaggi e metterli in relazionecon l’ambiente della casa nuova nellaquale si sono da poco trasferiti. Intornoalla vicenda di uno scrittore true crime,un credibile e sofferto Ethan Hawke,Derrickson costruisce un thriller distraordinaria efficacia emotiva che riescenell’impresa di creare tensione espaventare restando attaccato alla pelledel protagonista e rinunciando agli effettispeciali. (g.a.n.)

SPRINGS BREAKERSDI HARMONY KORINE, CON JAMES FRANCO,SELENA GOMEZ, USA 2012

1Faith, Brit, Candy e Cotty,studentesse annoiate dai corsi delcollege desiderano raggiungere i

compagni in spring break, la settimana divacaza primaverile. Al punto diimprovvisarsi fuorilegge e, conpassamontagna calati in testa, svaligiareun fast-food per procurarsi i soldinecessari. Parte così quello che parrebbeun road movie parossistico, alla NaturalBorn Killers, ma l’operazione di Korine èsoprattutto sul linguaggio: il montaggioantinarrativo, farcito di slow-motion etangenti videomusicali, avvicina il film allavideo-art, un esercizio meta-filmico chefrulla canoni hollywoodiani con scheggeimpazzite di estetica da supermercato(l.ce.)

A CURA DISILVANA SILVESTRICON FILIPPO BRUNAMONTI,ANTONELLO CATACCHIO,ARIANNA DI GENOVA, GIULIAD’AGNOLO VALLAN, MARCOGIUSTI, CRISTINA PICCINO

TANGLED UPOlanda, 2013, 3’23”, musica: Caro Emerald, regia:Videodrome, fonte: Vimeo

7Ennesimo clip della vocalistolandese dal gusto retrò, anchequesto basato sulla raffinatissima

commistione tra elementi grafici eimmagini dal vero. In una tangueria anni’30 si esibisce la Emerald, mentre dueuomini danzano contendendosi la stessadonna; i ballerini si trasformano in sagomee intarsiati con un efficace gioco visual suscenari geometrici al computer, interni eskyline di città, richiami alla cartellonisticae all’iconografia decò. Interessantel’alternanza tra il b/n (come un filmd’epoca) e il colore, nonché il taglio delleinquadrature e l’uso calibratissimo deimovimenti di macchina. Il graphic design èdi Stéphane Lamalle e Shu Yamamoto.

WHEN I WAS YOUR MANUsa, 2012, 3’33”, musica: Bruno Mars, regia:Cameron Duddy e Bruno Mars, fonte: Mtv

1Il vintage contagia anche BrunoMars che, per il suo brano perpiano solo, sceglie di simulare

(coadiuvato da Cameron Duddy) unaclassica ripresa tv anni ’70, usandoprobabilmente telecamere e mixer videodel periodo, lo stesso tipo di luci e dieffetti (le dissolvenze incrociate che oggisi usano sempre di meno), perfino latitolistica iniziale. Ne viene fuori unvideoclip a bassa definizione rispetto adoggi che uno spettatore poco informatopotrebbe scambiare per una registrazionein studio d’antan.

SUPERSTARSPortogallo, 2007, 3’10”, musica: David Fonseca, regia:David Fonseca, fonte: Youtube

8Non è un caso che il brano siatratto dall’album Dreams in colourinfatti il clip è un vero e proprio

sogno: Fonseca si avventura sotto lecoperte del letto entrando in un bizzarromondo onirico. Le parole della canzone simaterializzano su una lavagna, su unenorme schermo led davanti al quale sidisegna il profilo del chitarrista; e su alcunimanifesti o sulle pagine bianche di librisfogliati in una biblioteca. Il lettering la fada padrona, ma il clip ha molti momentirisolti visivamente in modo originale, conaccelerazioni, effetti speciali ben dosati eun gioco di sagome (quella di Fonseca e diuna ragazza) su sfondi diversi. C’èindubbiamente qualcosa di Gondry... maciò non diminuisce la bravura del regista,lo stesso Fonseca.

IL MARE D’INVERNOItalia, 1984, 4’, musica: Loredana Berté, regia:Gianfranco Giagni, fonte: Youtube

1Realizzato per la trasmissione tvMister Fantasy, questo clip diGianfranco Giagni ha fatto epoca.

La Bertè, sulle note della canzone scrittada Ruggeri si aggira con la foltacapigliatura al vento tra le cabine desolated’inverno che, improvvisamente, sicolorano evocando la solarità dell’estate.Ma il clip allude anche a un più profondocambio di stagioni: il trapasso dallagioventù alla vecchiaia. Per quantoarcheologico e basato su un’esile ideanarrativa, il video rimane uno dei piùsignificativi del periodo. Notevole lafotografia in 16mm di Roberto Meddi.

I FILM

VIOLENZA SULLE DONNECUBOVISIONSu Cubovision, Canale Reportage, pertutto il mese di marzo tre documentarisulla violenza subìta dalle donne:l’inedito premio Oscar Saving Face, Unasu 3 e La verginità perduta. Sono film cheripercorrono la difficile situazione delledonne nel mondo. Saving Face - Il voltodelle donne di Daniel Junge, SharmeenObaid-Chinoy premio Oscar 2012come miglior documentario breve,inedito in Italia, racconta la storiadell’incredibile forza di due donnepakistane, Zakia, 39 anni e Rukhsana,sopravvissute a un attacco con l’acido dai loro mariti, Ogni anno in Pakistan sianopiù di 100 le vittime di attacchi con l’acido. Una su 3 di Claudio Bozzatello, AntonioDe Luca, Nerina Fiumanò, Michele Maggi e Stefano Villani ripercorre attraversovarie testimonianze il grave problema della violenza domestica. Ogni giorno in Italia250 donne subiscono aggressioni fisiche da parte dei partner, ex partner o altrimembri della famiglia e quasi sette milioni di donne hanno subìto maltrattamenti oviolenze domestiche. La verginità perduta di Caroline Fourest, Fiammetta Venner,Valérie Lucas mette in scena l’ossessione di alcune donne, per la maggior partemusulmane (anche se non sempre praticanti), di recuperare la propria verginità.

I SOGNI A COLORIDI DAVID FONSECA

MAGICO

IL FILMLA MADREDI ANDRÉS MUSCHIETTI, CON J. CHASTAIN, N. COSTER-WALDAU, M. SPAGNA CANADA 2013Dopo quel nuovo tipo di sottogenere horror che è stato il crollo finanziario, accennatoin pochi secondi in apertura in Mama di Andrés Muschietti (in italiano tradotto conriferimenti paleosovietici come La madre) si passa velocemente - e anche qui per pochisecondi - a due altri sottogeneri di orrore contemporaneo, l'incidente automobilistico, ilsuicidio del capofamiglia. Per poi accedere all'horror più codificato ma con l'intersezionedella fiaba che rende questo film eccentrico per diversi aspetti. Intanto potremmoleggerlo quasi come un controcampo nel tempo del canonico The Blair Witch Project,foglie del sottobosco calpestate a più riprese in corsa, ma qui la strega è ben presente,sotto forma di fantasma di assassina fluttuante non solo tra gli alberi, a sostentare lepiccole figlie del suicida abbandonate a se stesse nella lugubre baita Elvetia, mastrisciante dietro i muri, sotto il pavimento, nell'armadio - «non aprite quell'armadio» -della casa dello zio. È lui che le accoglie quando vengono ritrovate, credute morte, dopovari mesi, diventate «enfants sauvages». L'apparizione del mostro è un classico horrorma qui la sorpresa è l'effetto cubista, da una demoiselle d'Avignon rediviva scompostanei gesti sincopati alle chiome fluttuanti dei fantasmi nipponici. E inaspettato, quantopoetico e struggente, l'elemento dell'amore/ odio materno, sdoppiamento in madrebuona/madre cattiva che crea un panico arcaico nello spettatore. Presentato al Bifest diBari, produttore Guillermo Del Toro folgorato dal cortissimo di 3 minuti (si trovaonline) dal titolo Mama del giovane regista argentino che vive da anni a Barcellona. (s.s.)

MATTEO BOSCAROLTETSUO: THE IRON MAN, LA FILOSOFIA DITSUKAMOTO SHIN’YA. (ED. MIMESIS CINEMA)Attraverso un’eterogeneità di sguardi edi approcci, si esplorano leproblematiche filosofiche scaturite dauno dei corpus cinematografici piùdirompenti e densi di significati chesono apparsi negli ultimi decenni nelpanorama mondiale, quello diTsukamoto Shin’ya. Il suo cinema ha lapotenza di porre delle domande cheincrinano il fondamento stesso dellanostra realtà e delle nostre viteriuscendo, con l’intensità e la violenzavisiva che lo caratterizza, ad indicare anche delle nuove e possibili piste diesplorazione. Tutto ciò che emerge dai lavori del regista nipponico tocca così deglisnodi cruciali con cui il pensiero contemporaneo deve, volente o nolente, fare iconti: i mille significati del corpo, l’ibrido dell’umano con il metallico, la potenzadell’inorganico, la figura femminile, i processi di trasformazione che da ogni parte ciattraversano ed infine lo spazio urbano, il luogo dove forse tutte queste tematichefiniscono per svilupparsi ed esplodere. Tsukamoto Shin’ya è stato premiato nel 2011nella sezione Orizzonti a Venezia, ma diventa noto al pubblico italiano già alla finedegli anni ottanta con il suo lungometraggio d’esordio Tetsuo: The Iron Man.

GIAN VITTORIO BALDIVIAGGI E SOGNI A CASTELLUCCIOVERONA, ISOLO 17, VIA SEGHE SAN TOMMASO17HArtista e cineasta, Gian Vittorio Baldirealizza come produttore 28lungometraggi e 200 tra documentarie cortometraggi, conquistando dueLeoni d’oro a Venezia e unanomination agli Oscar, una Grollad’oro. Trai suoi lavori per la Rai «50anni di storia d’Italia» Nel 1969 fondal’istituto Italiano del Documentario enel ’62 l’Idi Cinematografica con cuiproduce i film di Mingozzi, Nelo Risi,Pasolini (Porcile e Appunti per un’Orestiade africana), Straub-Huillet (Il diario di AnnaMagdalena Bach), Robert Bresson (Quattro notti di un sognatore), Godard (Ventd’est). Ha insegnato filmologia al Dams di Bologna. Nel ’99 fonda l’UniversitàHypermedia, nel 2011 ha girato in Brasile Il cielo sopra di me. È stato il primo avalorizzare il vino di grande qualità nell'Emilia Romagna (il suo vino, Ronco delRe, è stato scelto da Quirinale per le cene ufficiali con i capi di Stato): «ho fattoun vino d’autore come ho cercato di fare film d’autore» ha commentato.Accanto alla sua attività di regista c’è quella di poeta e di pittore: a Verona sonoesposte a Isolo 17 quindici sue opere una finestra sul suo intenso mondocreativo. La mostra si inaugura oggi alle ore 18.30. (s.s.)

SINTONIE

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di ROBERTO PECIOLA

Dieci anni di silenzio discografico e dilontananza dalle scene, due elementiche hanno innescato molte chiacchieretra fan e critica - più o meno fondate -sul suo stato di salute. Poi,all'improvviso, un nuovo disco, The NextDay (album di cui ci siamo già occupatiun paio di settimane fa), e un paio divideo che lo restituiscono al suopubblico certamente invecchiato masempre maledettamente affascinante.A questo si aggiunga David Bowie Is, lamostra (abiti di scena, oggetti,strumenti ecc., ne parliamo a pagina16) dedicata alla sua carriera che ilVictoria&Albert Museum di Londrainaugura proprio oggi e che resteràaperta fino al prossimo 11 agosto e ilgioco è fatto: il 2013 sarà l'anno delDuca Bianco. L'ennesimo, da quandonel lontano 1969 si fece strada nelmondo del rock con l'album SpaceOddity. Da allora l'artista inglese ne hafatta di strada ed è oggi riconosciutocome uno dei personaggi più influentidel ventesimo secolo, vera e propriaicona pop.

Ma la sua carriera non si è limitataalla sola sfera musicale, abbracciandomolte e variegate forme artistiche, dallaletteratura al teatro, dalla pittura alcinema. E proprio il cinema lo ha vistoprotagonista in molte pellicole, a partiredal ruolo ritagliato su misura per lui inL'uomo che cadde sulla terra, perpassare a Miriam si sveglia a mezzanotteaccanto a Catherine Deneuve e SusanSarandon, o Merry Christmas Mr.Lawrence (in Italia Furyo) con un altrograndissimo musicista, RyuichiSakamoto. E ancora The Elephant Man,il musical Absolute Beginners e ChristianF., in cui appare come se stesso sulpalco durante un concerto a Berlino.Quello che però non tutti sanno oricordano è che Bowie ha regalato, percosì dire, la sua immagine in molti altrifilm, telefilm, show televisivi e la suainimitabile voce in svariati brani altrui.

Uno dei cameo più memorabili èsenz'altro quello che lo ha vistointerpretare se stesso nel film Zoolandernel ruolo di giudice imparziale neltentativo di redimere una questione tra idue protagonisti, Ben Stiller e OwenWilson, mentre meno «appariscente» -ma da culto - è la sua presenza in TwinPeaks-Fuoco cammina con me, pellicoladel 1992 di David Lynch. Pochi minuti incui entra in scena nella parte di PhillipJeffries, un ufficiale dell'Fbi scomparso,che nell'ufficio dell'agente speciale DaleCooper (Kyle MacLachlan) cadeimprovvisamente in terra sbraitando neiconfronti dei misteriosi esseri che sinascondono in città.

Sicuramente più apprezzata la suainterpretazione nel controverso L'ultimatentazione di Cristo di Martin Scorsesenel difficile ruolo di Ponzio Pilato. Unaperformance durata pochi minuti in cuiriesce però a dare al suo personaggiogrande intensità lasciando trasparireun'ammirazione verso quel Cristo,interpretato da Willem Dafoe, che con lesue azioni metteva in crisi il sistema dipotere dell'impero romano. Da PonzioPilato a Andy Warhol, ruolo interpretatoin Basquiat, film del regista JulianSchnabel.

Risale al 1983 un suo cameo nonufficiale, nella commedia piratesca delMonty Python Graham Chapman,Barbagialla, il terrore dei sette mari emezzo. In questo divertente film Bowieappare come un tirapiedi atto areperire signorine di facile costume alsuo padrone, il pirata Barbagiallaappunto, quando questi non è intentoa torturare qualche malcapitato. Piùrecentemente invece l'autore di ZiggyStardust è stato visto in tre pellicole,molto diverse tra loro, con un unicocomun denominatore, la sua presenza.Il più noto dalle nostre parti èsicuramente The Prestige, diretto daChristopher Nolan nel 2006 einterpretato da Hugh Jackman eChristian Bale. Nel film Bowie appare unpaio di volte nel ruolo di Nikola Tesla, loscienziato (personaggio realmenteesistito) che grazie ai finanziamentidell'illusionista Robert Angier

SEGUE A PAGINA 16

David Bowie in uno scatto di Jimmy King(nel riquadro una vecchia foto con William S.Burroughs a destra)

MITI ■ CAMEO CINEMATOGRAFICI, APPARIZIONI TV E COLLABORAZIONI DISCOGRAFICHE

La passionedi David Bowie

Il 2013 segna il ritornosulle scene del Duca Bianco.Un nuovo album, «The Next Day»,uscito da pochi giorni, e da oggiuna mostra a lui dedicataal V&A Museum di Londra

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di GUIDO MARIANI

Non tutti i concerti finiscono tra gliapplausi. Ogni esibizione dal vivo asuo modo è unica. E l’imprevisto èsempre in agguato. A volte un eventosonoro può addirittura scatenare unarivolta. In tal senso - tra gli illustriprecedenti non-rock - va sicuramentemenzionata la prima de La sagra dellaPrimavera di Igor Stravinskij a Parigi il19 maggio 1913. Fu il più grandefiasco della storia. Non avvezzo a quelsuono dissonante e alla coreografiairrituale, volutamente scomposta,«pagana» di Sergej Diaghilev, ilpubblico si infuriò e per calmarlo fuchiamata la polizia. Altro shock fuParade nel 1917. Dalla collaborazionetra Satie, Picasso e Cocteau scaturìun balletto cubista che al debutto aParigi nel 1917 sconcertò il pubblico.Le danze - coreografate anchestavolta da Diaghilev - erano affidatea ballerini imbrigliati dentro rigidicostumi di cartone disegnati daPicasso che impedivano i movimenti.E poi i suoni che incorporavanoanche strumenti della quotidianità(macchine da scrivere, bottiglie ecc.).Il pubblico lasciò la sala. Lo stessosuccesse nel 1973 a Steve Reich allaCarnegie Hall durante la l’esecuzionedella sua Four Organs. Il minimalismovolutamente iterativo dell’opera -quattro organi elettrici a loop -scatenò le ire del pubblico. Unasignora prese a sbattere la testacontro il palco gridando: «Bastaconfesso!». E così fino ai grandi eventirock che nel bene o nel male hannofatto la storia di un artista o di ungruppo. Anche inconsapevole se sipensa al concerto di BruceSpringsteen a Londra, Hyde Park, loscorso anno con ospite sul palco PaulMcCartney. Alle 22:40, ora previstadella chiusura, la polizia staccal’impianto. Un evento storicosvanisce.

Bob DylanNewport (1965)Atteso come un profeta dal pubblicoche aveva stregato con i suoi dischi diesordio, Dylan parecipò il 25 luglio1965 al Newport Folk Festival con unarock band. Era il più «duro e puro» trai festival folk ma l’incurante Bobpresentò dal palco le canzoni del suonuovo repertorio elettrico chesarebbero state parte del capolavoroHighway 61 Revisited (che uscìnell’agosto di quell’anno). Ilmenestrello era diventato un rocker eaccanto a lui c’era una chitarraelettrica tra le mani di MikeBloomfield. Sacrilegio. Piovvero fischie dopo tre canzoni l’esibizione fuinterrotta. Convinto dagliorganizzatori, Bob decise di tornaresulla scena per placare gli animi ecantò in acustico Mr. TambourineMan e It's All Over Now, Baby Blue.L’aspetto forse meno noto di quellagiornata fu che Peete Seeger, icona

della musica folk e maestro di Dylan,rimase così inorridito dallametamorfosi del suo pupillo che tentòdi porre fine immediatamente allo«scempio» musicale cercandoun’accetta per tagliare i cavi elettrici.Si sa come la svolta elettrica abbiacambiato il corso della musica ecentrato Dylan solo su se stesso e isuoi gusti.

Jim MorrisonNew Haven (1967)Il 9 dicembre 1967 a New Haven, inConnecticut, il cantante dei Doorsconcluse, suo malgrado, lo show inmodo epico. Jim aveva incontrato unaragazza nel backstage e si eraappartato con lei in un bagno. Unpoliziotto in servizio li aveva visti e liaveva interrotti sul più bello. Jim

aveva reagito male e lo avevaspintonato intimandogli diandarsene. Il poliziotto decise diarrestarlo ma pensando alla folla giàpresente nel locale decise di desistereper evitare una rivolta. Il concertòandò in scena senza problemi fino ache Morrison, sulle note del pezzoconclusivo, Backdoor Man, decise didivertirsi raccontando l’accaduto. I

poliziotti non apprezzarono, tolsero ilvolume e salirono sul palcoarrestando Jim davanti a tutti. Fu ilprimo arresto di una lunga serie.

Rolling StonesAltamont (1969)La madre di tutti i concerti finiti maleè questo festival famigerato ormaicircondato da un alone di mitologia.Fu un evento gratuito che gli Stones,che si erano persi Woodstock ma sierano autodefiniti «The Greatest Rockand Roll Band in the World», deciserodi organizzare sulla AltamontSpeedway in California il 6 dicembre1969. Con loro sul palco Santana, iJefferson Airplane, Gram Parsons eCrosby Stills Nash & Young. Perrisparmiare o per fare un favore aquella che era una gang criminaleallora molto potente, il serviziod’ordine fu affidato ai motociclisti disimpatie neonaziste Hell’s Angels,pagati in casse di birra. La location fucambiata all’ultimo minuto e quelladefinitiva fu un vero disastro. Priva diservizi e carente di ogni tipo dicontrollo divenne ben presto uncoacervo di hippy violenti e su di giriper le droghe che il violento serviziod’ordine teneva a bada con steccheda biliardo adattate a manganelli.Mick Jagger fu aggredito al suo arrivo,il cantante dei Jefferson Airplane,Marty Balin, fu messo ko daglienergumeni della improvvisatasecurity. I Gretaful Dead, capendo chenon era aria, si rifiutarono di suonare.Nel corso dell’esibizione di Jagger esoci, in un momento di caos ungiovane nero, Meredith Hunter,apparentemente tirò fuori una pistolae venne accoltellato a morte da unodegli Hell’s Angles. Alla fine sicontarono altre tre morti accidentali(due per incidenti e una perannegamento). C’è chi ha sostenutoche la violenza di Altamont fu lapietra tombale dei sogni di pace,amore e musica degli anni ’60.Spiegherà Mick Jagger nel 1995:«Sento sì una responsabilità perquello che accadde. Ma non penso atutte quelle cose che sono state dettedalla stampa, ’la perditadell’innocenza’, ’la catartica fine diun’era’. Non lo penso proprio».

The WhoSan Francisco (1973)La storia live degli Who è costellata dinumerosi episodi tragici eavventurosi. Il batterista Keith Moonfu al centro di molti di questi. Nel1973, decise di sperimentare una dosedi ketamina, tranquillante per cavalli,allungandola con del brandy propriodurante un concerto davanti a più di10mila persone al Cow Palace di SanFrancisco. Gli effetti non mancaronoe alla fine di We Won’t Get Fooledagain, Moon collassò e non si riprese.Townshend ci scherzò sopra e disse:«Cercheremo di rianimarlo con unpugno nello stomaco o magari con un

clistere». Poi si rivolse al pubblico:«Hey c’è qualcuno che sa suonare labatteria? Dico sul serio». Il 19enneThomas Scot Halpin, batteristadilettante, venne additato da unamico e poi trascinato da Townshedal posto di Keith Moon. Gli diederoun sorso di brandy e gli spiegaronosommariamente le parti. Il giovanedopo qualche secondo si dimostròincredibilmente a suo agio e proseguìil concerto con la band, finché Moon(più o meno) si riprese. Halpin vennecelebrato come «musicistaoccasionale dell’anno» dalla rivistaRolling Stone. A imperitura memoriasi è guadagnato una voce suWikipedia ed è rimasto amico dellaband e in contatto con Townshed finoalla sua scomparsa, avvenuta nel2008.

Sex PistolsManchester (1976)Non è il numero degli spettatori adefinire la grandezza di un concerto.Il 4 giugno 1976 alla Lesser Free TradeHall di Manchester solo unaquarantina di persone pagarono 60pence per il biglietto a uno show chesulla carta prometteva poco. Unaband dal nome ridicolo, Slaughter &The Dogs, un gruppo di sconosciutidestinati a rimanere tali, i Solstice, euna formazione che andava facendosiconoscere a Londra, ma che era allaprima uscita fuori dalla capitale, i SexPistols. I Pistols erano promossi daMalcolm McLaren che già avevalavorato negli Usa con i New YorkDolls. Il passaparola non portò nellasala molti fan. Ma gli effetti di quellaesibizione furono immensi. Era l’albadella rivoluzione musicale punk e ilpubblico ne fu subito consapevole ele vite di molti di loro cambiarono daquel momento. Un giovane arrivò conuna copia sotto il braccio dell’albumdei New York Dolls, si chiamavaSteven Patrick Morrissey, futuroleader degli Smiths. Due ragazzi,Bernard Sumner e Peter Hook,capirono quella sera che era ilmomento di fondare una band ediedero il via ai Warsaw che pocodopo ribattezzarono Joy Division.

STORIE ■ DAL PIPISTRELLO ANCORA VIVO AI VIOLENTI DELLA SECURITY

BAD MOOD

Eventi che hanno scatenato risse e rivolte.Serate sfortunate di fronte a spettatori ostilie sale mezze vuote. Tra guizzi di incautaimprovvisazione, saccheggi e arresti sul palco

Il concertoè finito

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(13)ALIAS23 MARZO 2013

di G. MA.

Se c’è un artista per cui vale la pena finire di frontea un giudice, quello è Bruce Springsteen. È ciò cheaccadde a Claudio Trotta, promoter musicale allaguida della sua Barley Arts dal 1979, che nellaMilano morattiana si prese una denuncia perché ilconcerto del Boss a San Siro del 2008, da luiorganizzato, aveva sforato di 22 minuti l’orarioconsentito. Trotta ne è uscito con la fedina penalecandida. Springsteen è tornato a Milano l’annoscorso con un leggendario concerto da 3 ore e 40minuti. Per questa primavera ed estate il promoterha già in programma un ritorno del rocker del NewJersey (a Napoli, Padova, Milano, Roma) e unfestival a Vigevano ricco di star (Motörhead, DeepPurple, George Thorogood, Brian May, Gov’t Mule eBlack Crowes).

●Il nostro paese soffre la mancanza di strutturenate per ospitare la musica pop-rock.È una mia battaglia da sempre. Negli ultimi 35 anniin Italia non è stata costruita con denaro pubbliconeppure una sola struttura per la musica popolarecontemporanea. Spesso si cita il Parco della Musicadi Roma ma è stato pensato secondo i canoni dellamusica sinfonica e da camera. La musica elettrica oelettronica hanno bisogno di altre strutture, altredimensioni, altre necessità acustiche.

●A Milano è partito il progetto delle OfficineCreative Ansaldo, uno spazio comunale nato inun’ex area industriale e gestito, per laprogrammazione, dalla Barley Arts. Funziona il

connubio tra pubblico e privato?L’operazione del centro O.C.A. (in Via Tortona) èbizzarra. Io ho il compito di dare un’anima a spazifisici che fino ad ora sono stati utilizzati in manierasaltuaria e con una logica da «eventificio», cioè perattività una tantum, senza identità. Ora cerchiamodi costruire un programma, dare un’anima,mettendo insieme attività per bambini e peranziani, musica elettronica e milonga, teatrod’avanguardia e commedia dell’arte, graffiti e storiadell’arte. Ospitiamo concerti, mostre, spettacoli,atelier di artisti-artigiani. Una missione non dapoco. Il comune non eroga un euro. Io non pagol’affitto e le utenze, ma ho in carico allestimenti,impianto audio, luci, personale e comunicazione.Le mie risorse provengono da ristorazione,eventuali sponsor - che però non ho - e attività chenoi organizziamo non solo come gestori ma ancheda produttori. L’obiettivo è creare un programmache contempli quello che abbiamo annunciato nelprogetto grazie a cui abbiamo vinto il bandopubblico. Un’operazione innovativa e inedita, unamissione straordinaria perché dà una risposta apezzi di città e di comunità artistiche che nonavevano spazi, non avevano possibilità diespressione. Il comune rinuncia così a mettere areddito delle aree e li concede per attività culturali eartistiche. Questa era la strada originaria che venneindicata dal progetto concepito dal vicesindacoLuigi Corbani ai tempi della giunta Pillitteri, quandovenne acquisita l’area Ansaldo.

●Chi sono oggi i padroni della musica?Oggi il fulcro è la musica dal vivo, non quella

riprodotta. E le multinazionali si sono mangiatetutto. Sono grandi fratelli della comunicazione,società che possiedono strutture dove si fanno iconcerti, merchandising, agenzie e managementdegli artisti, perfino i database dei fan club.Monopolizzano le vendite dei biglietti. Hannogonfiato i prezzi, hanno ingigantito l’arroganza dimolti manager e l’ego di molti artisti che hannoaumentato le richieste economiche e voglionoessere garantiti sempre e comunque. I padroni dellamusica sono loro.

●Qual è il ruolo dei giovani artisti?I giovani artisti italiani pensano solo a diventarefamosi e ricchi. Non pensano alla qualità. Puntanoa Sanremo, ai talent show e ad affermarsi in fretta.Un artista secondo me dovrebbe crearsi un seguitonella sua realtà, nel quartiere, nella città, nellaregione. Qui più che all’originalità si punta adessere imitazioni delle imitazioni. Il modelloanglosassone in questo è molto diverso.

●Il tuo rapporto con gli artisti con cui lavori?Ho creato legami personali con molti artisti italianiche mi hanno sistematicamente tradito per denaroo per scelte verso le multinazionali che quasi mai lihanno gratificati. Mi innamoraro delle cose chefaccio e cerco di creare rapporti molto stretti, ma gliartisti amano sentirsi dire che hanno sempreragione e io non li assecondo… Questo è unproblema. Con gli artisti internazionali è diverso. Èun rapporto più breve, a volte molto bello, è il casodi Springsteen, Robert Plant, Phil Collins, RobertSmith e i Chemical Brothers.

Tony Wilson era un produttore econduttore televisivo che divenneuno dei motori creativi della scenamusicale di Manchester. C’era poiMick Hucknall che fonderà i SimplyRed e Mark E. Smith, leader dei TheFall. I due giovani organizzatori dellaserata, Pete Shelley e Howard Devoto,racimolarono ben pochi soldi con ibiglietti venduti ma capirono che ilnuovo stile faceva per loro elanciarono una propria band, iBuzzcocks. Il giornalista inglese DavidNolan ha scritto sul concerto un librointitolato saggiamente Giuro che c’eroanche io. La storia del concerto che hacambiato il mondo, in effetti centinaiadi impostori hanno giurato,mentendo, di essere stati presenti aquella serata.

Elvis Costello & SuicideBruxelles (1978)Il 16 giugno 1978, i Suicide, il duo Usadi avanguardisti musicali formato daAlan Vega e Martin Rev, aprì aBruxelles il concerto di Elvis Costellodavanti a un’audience che avevapagato il biglietto per sentire lecanzoni pop rock dell’artistabritannico. Il set dei Suicide sicomponeva della voce tormentata diVega accompagnata dall’elettronicamartellante di Rev. Quanto di piùlontano si potesse immaginare daCostello. Fin dalle prime notepiovvero fischi e insulti, fino a cheuno spettatore esasperato rubò ilmicrofono e lo show finì con Vega cheurlava uno stentoreo: «Shut the fuckup!». Quello che ci rimase peggio,però, fu proprio Costello che, salitosul palco poco dopo, face un concertobreve e svogliato. Gli spettatori siribellarono, scoppiò una maxi rissa eintervenne la polizia che lanciò ifumogeni per disperdere la calca. ISuicide pubblicarono quellasfortunata esibizione in un disco liveintitolato 23 Minutes over Brussels.

Black FlagNew York (1982)Negli anni d’oro della rivoluzionedell’hardcore punk Usa, i concerti deiBlack Flag erano un apice di eccessi.Le loro esibizioni si chiudevano quasisempre con incursioni della polizia, lerisse erano la regola e il pubblicoamava perseguitare il cantante HenryRollins, un ex-fan e roadie a tempoperso scelto come frontman dalgruppo per la sua esuberanza. Diquegli anni selvaggi Rollins ha scrittoun dettagliato diario intitolato Get inthe Van sulla cui copertina compareun plotone di poliziotti in assettoanti-sommossa pronti a interrompereuno show. Rollins, a cui una volta unospettatore bruciò i testicoli con unaccendino, ha raccontato un episodioemblematico di quel clima folle inuno scalmanato concerto tenuto aNew York. Un tipo enorme e obesodecise di fare stage-diving. Ilpubblico, impaurito, si fece da parte.

L’uomo si gettò a peso morto nelvuoto piombando con tutta la suamole su una ragazzina esile che nonera stata sufficientemente pronta adallontanarsi. La musica si fermò. Lascena dava i brividi. Rialzatosi l’uomo,la malcapitata si sollevò claudicantema viva e il concerto riprese. Qualchemese dopo i Black Flag tornarono aNew York e prima dello show unaragazza avvicinò Rollins e si identificòcome la vittima di quell’episodio.Rollins tirò un sospiro di sollievovedendola in salute, fino a che laragazza si tolse un occhio di vetro,conseguenza di quella serata.Divertita, la ragazza disse al cantante:«Ci vediamo dopo al concerto!».Vedere i Black Flag, ha dichiaratoRollins, le era «letteralmente costatoun occhio della testa».

Ozzy OsbourneDes Moines (1982)Circolano ancora voci sul fatto chel’ex Black Sabbath uccidesse animalivivi sul palco e che si divertisse a beresangue. Erano storie gotiche un po’costruite ad arte tipiche dellamitologia che Ozzy, negli anni ’80,agli inizi della carriera solista, si stavacucendo addosso. Accadeva così chel’ex leader dei Black Sabbath sitrovasse sul palco animali morti chequalche spettatore gli lanciava insegno di raccapricciante devozione. Ilcantante, ai tempi era soggetto a tuttele dipendenze immaginabili, il chenon aiutava la sua lucidità. Questa èla premessa dell’episodio che èentrato a far parte dell’aneddotica piùmacabra del rock. Il 20 gennaio 1982,nel corso di un’esibizione a DesMoines, in Iowa, un ragazzo pensòbene di lanciare sul palco unpipistrello. Ozzy, convinto che fosseun animale di gomma, lo prese senzaesitazione in mano e se lo ficcò inbocca, mordendogli la testa. Quandosi rese conto che quel «giocattolo» erain realtà vivo, era troppo tardi:l’animale aveva già morso il cantante.L’esibizione finì nell’ospedale dellacittà. E Ozzy si dovette sottoporre adue settimane di antirabbia.

Frank ZappaMilano (1982)L’Italia è forse il paese che si distingueper le peggiori location che sa offrireal rock dal vivo. Vittima di una diqueste scelte infelici fu Frank Zappache suonò in un afosissimo luglio aMilano presso il Parco Redecesio dalleparti di Segrate. Oltre al caldo c’era lapolvere e un pubblico poco ortodossoche si divertiva a lanciare oggetticontro i musicisti della band in cuimilitava un giovane Steve Vai. Ilpeggio arrivò però con le zanzare cheassaltarono il gruppo e massacraronodi punture lo stesso Frank che nerimase sconvolto. L’anno dopo Zappapubblicò l’album The Man FromUtopia, la copertina ricordava lasciagurata serata. Un disegnodell’illustratore Tanino Liberatore, ilcreatore dell’anti-eroe fumettisticoRanx Xerox, che ritrae unoZappa/Xerox che cerca di uccidere lezanzare. Sullo sfondo un cartello conscritto «Parco Redecesio». Dirà Zappa:«È stata una delle peggiori esperienzedella mia vita: le zanzare, ladisorganizzazione, i ragazzi sotto ilpalco con le siringhe infilate nel

braccio. Da mangiare ci portaronodelle pizze più disgustose di quelleche fanno in America». Al buon Frankforse era andata anche bene. Per annil’Italia è stata un paese tabù per lamusica dal vivo, complici le strutturetragicamente inadeguate e iturbolenti anni della contestazionedurante i quali i festival musicalierano un modo per esprimere larabbia. Nel settembre del ’70arrivarono a Milano i Rolling Stones, illoro concerto era previsto al Palalido etantissimi furono i giovani che nonriuscirono ad entrare. La serata si

concluse con scontri, lacrimogeni e 63arresti. L’anno dopo, sempre a Milanoal Vigorelli, durante il concerto deiLed Zeppelin si scatenò una guerrigliaurbana. La band era ospite delCantagiro, in qualità di starinternazionali che si esibivano dopogli artisti in concorso. Ma il pubbliconon ne voleva giustamente sapere deiRicchi e Poveri, di Morandi e di Milva.Dopo bordate di fischi, Robert Plant esoci salirono sul palco ma il loroconcerto durò 40 minuti. La calca eraingestibile e la polizia intervenne congas lacrimogeni e cannoni ad acqua.

La protesta divenne politica contro iprezzi esorbitanti dei biglietti e controgli artisti che si arricchivano allespalle dei ragazzi. Lou Reed venneassediato a Milano e Roma nelfebbraio del ’75. Al festival di ParcoLambro del 1976, in un happeningmusicale organizzato dalla rivista ReNudo (e chiamato Festa delProletariato Giovanile), la musicavenne continuamente interrotta dacontestazioni e invasioni di palco,furono saccheggiati gli stand e unvicino supermercato. Nel corso degliscontri la polizia usò i lacrimogeni e il

gas invase le tende degli spettatori. ACarlos Santana al Vigorelli di Milanonel 1977 furono tirate le molotov sulpalco: strumenti a fuoco, caos e tra ilpubblico comparve lo striscione«Odio Santana servo della Cia». Peranni l'Italia scomparve dallaprogrammazioni delle tournéeinternazionali per poi tornarvi conPatti Smith nel 1979.

Festival di Woodstock1994, 1999La storia andrebbe lasciata in pace.Nel 1994 e nel 1999, in occasione deiventicique e trent’anni di Woodstock,si pensò di organizzare dei festival chefacessero rivivere le ambizioni e isogni del grande raduno musicaledegli anni ’60. Ma la magia erascomparsa e la stagione dell’amoreera ormai diventata l’era del profitto.Nel ’94 ci furono alcuni reduci dellaprima edizione, ma si ricordasoprattutto la pioggia e il fango, tantoche l’evento fu ribattezzato Mudstock.I Nine Inch nails si esibirono dopoessersi rotolati nelle pozzanghere e iGreen Day furono bersagliati da lancidi fango che contraccambiarono e laloro esibizione finì in rissa. Ancorapeggio fu l’edizione del ’99 daricordare per lo show letteralmenteincendiario dei Rage Against TheMachine che bruciarono la bandieraamericana. I prezzi dei biglietti eranoaltissimi e sul posto bevande e cibovennero venduti a cifre da usura. Ilpubblico intontito dal sole, divenneviolento e incontrollabile. Furonoriferite diverse aggressioni sessualinella calca e il festival si concluse conl’incendio (scoppiato sulle note di Firedi Hendrix cantata dai Red Hot ChiliPeppers) di una torre audio.Bruciarono anche diverse strutture eci fu la devastazione e il saccheggiodegli stand che per giorni avevanoimposto prezzi da rapina aglispettatori.

CLAUDIO TROTTA ■ FONDATORE DI BARLEY ARTS

Fenomenologiadel promoter.Come sopravvivereai Grandi Fratelli

Qui accanto Ozzy Osbourne e il pipistrello,in grande Woodstock 94, in piccolo Who(a San Francisco) e Zappa (a Milano).Sotto a sinistra Bob Dylan (Newport),Springsteen e McCartney a Londrae Henry Rollins nell’82. Qui a destrail Boss e il promoter Claudio Trotta

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(14) ALIAS23 MARZO 2013

RICORDI ■ IL RAPPORTO PROFESSIONALE CON IL REGISTA ETTORE SCOLA

Ieri, oggi e domani.Lo schermo infinitodi Armando Trovajoli

JINGLE ESAGERATIdi FRANCESCO ADINOLFI

I jingle sono l'anima di una radio, inparticolari gli identificativi, quelli cheripetono nome e cognome diun'emittente e aiutano a farla emergeredagli affollamenti dell'Fm. Dall'altra partedella barricata ci sono gli spot chepubblicizzano eventi, prodotti. E che a

volte quasi imbarazzano come nel caso dialcuni spot musicali anni Settanta direcente affiorati in rete. Riguardanogruppi che hanno fatto la storia del rock econtengono testi del tutto fuori luogo.Per pubblicizzare l’omonimo, terzo album,dei Velvet Underground una vocesuadente (!) avverte: «Come ti senti? Tunon sai come ti senti? Perché non haiancora ascoltato il nuovo VelvetUnderground. (…). I Velvet Underground

sono te. Dentro troverai il tuo amore, latua speranza, la tua realtà. Loro ti dirannocome ti senti». Ma Lou Reed sapeva?Sempre a lui è dedicato uno spot diTransformer: «In mezzo a tutta questa fintafollia e depravazione e a questi anarchicipseudo-sessuali, Lou Reed è l'unicarealtà». In occasione del concerto Usa deiSex Pistols alla Longhorn Ballroon diDallas, il 10 gennaio del '78, la voceavverte: «Dicevano che nessuno era più

di SERGIO MICHELI

Nel luglio del 1993 l'Università perStranieri di Siena, per voleredell'allora Rettore Mauro Barni,organizzò una manifestazioneintitolata il Trefolo d'oro («trefolo»sta a significare «intreccio», vale adire un lavoro svolto incollaborazione per tanti anni)dedicata al sodalizio EttoreScola-Armando Trovajoli che, alladata del '93, durava da 25 anni. Lamanifestazione prevedeva unconvegno organizzato dalsottoscritto, la proiezione di alcunifilm di Ettore Scola el’assegnazione, appunto, delpremio Trefolo d’oro.

Con l'occasione avvicinammoTrovajoli il quale gentilmente simise a disposizione per risponderead alcune domande sul suo lungolavoro di musicista.

●Qual è il ruolo del musicista nelcinema?Il lavoro di musicista è moltodelicato. Il cinema ormai haassunto il sonoro. È con il sonoroche è concepibile il film (salvo i casiin cui è necessario far tacere lacolonna sonora. E ce ne sono). Noi,si può dire, siamo nati con ilsonoro e possiamo considerarci iprimi ad averlo applicato alcinema. Il compito del musicista èquello di riuscire a capire, vedendole immagini, qual è il lorosignificato. Naturalmente perché illavoro di accoppiamento dellacolonna sonora appaia piùsoddisfacente possibile, occorrediscutere a lungo con il regista percapire meglio ciò che desideracome sonorità.

●Come ha deciso di dedicarsi alcinema dopo che la sua carrieraera iniziata con il jazz, di cui lei èstato un esponente di rilievo?Fu Alberto Lattuada a chiamarmiper fare un lavoro disonorizzazione. Infatti è proprio nel1952 che iniziò la mia carriera dicompositore di colonne sonore peril film e da allora non c'è statatregua in questo settore. A quelpunto il mio stile musicale risentìdi un cambiamento. Il contatto conil maestro Lavagnino pressol'Accademia Chigiana di Siena, miconvinse che la mia strada dovevaessere quella del jazz. Durantequesta esperienza incontraituttavia Vittorio De Sica: unincontro determinante perchém'impegnò subito ne La ciociara,

nel 1960, una bella responsabilità.Tuttavia andò abbastanza bene.Poi La riffa, Ieri, oggi e domanisempre di de Sica. Un lavoro chemi ha giovato molto. Fu dopoquesta esperienza che cominciai aelaborare colonne sonore nei filmdi Ettore Scola. Era il 1964 e il film,il suo primo, è stato Se permetteteparliamo di donne. Lavorare perquel film, le dirò, è stato undivertimento. Da allora mi trovaicosì bene con Scola che non cisiamo più lasciati. Pensi, abbiamofatto 25 anni di lavoro insieme conlui e mai un cedimento.

●Come è stato lavorare intandem con Scola? Mi pare che lamusica dei suoi film siaoltremodo funzionale, senza néalti né bassi.Bene, anzi benissimo; è stato unincontro felice poiché sono riuscitoa entrare in un mondo, il suo, ecapire come e quali dovevanoessere i tipi di musica chedovevano accompagnare le sue giàeloquenti immagini. Mi rendoconto che non è facile capire qualie come dovessero essere le

musiche e, perché no?, i rumoriche dovevano commentare e’raccontare’ il senso delle sueimmagini. Insieme abbiamoottenuto anche un David diDonatello... Pensi che per Unagiornata particolare c'è unsemplice motivo musicale (ispiratoall'inno nazionale tedesco) eseguitoal pianoforte, solo alla fine del filmperché l'elemento sonorodeterminante e sempre presente èla voce di Guido Notari checommenta la visita di Hitler aRoma. Ma anche per C'eravamotanto amati le cose sono andatebene perché siamo riusciti acogliere il senso di questo film cheha un sottofondo generalmentecomico.

●Qual è il rapporto con i suoicolleghi compositori?Vi sono, si può dire, varie scuole dipensiero. C'è chi ha bisogno dispazio per sviluppare il propriomotivo musicale e renderlo a sécommerciabile indipendentementedal film (questa linea, per esempiopuò considerarsi quella diMorricone). Poi c'è chi, invece,considera la colonna sonora delfilm senza senso se ascoltata fuoridell'immagine a cui si riferisce. Inquesto modo la colonna sonora hauna funzione solo se accoppiataall'immagine; tutti e due debbonocollaborare allo stesso modo .Infine c'è chi apprezza e seguel'una e l'altra linea, come LuisBacalov. Per esempio nel film diCarlo Di Carlo Il treno delle cinquedove per quasi tutto il film lamusica si sente appena perchémolto sottilmente fa da commentoall' immagine. Ma nella scena incui i due ragazzi si ritrovanoinsieme in camera, allora essaassume un ruolo determinante e sisviluppa secondo un motivomusicale romantico e suadente.

●Che differenza c’è tra il modo dicommentare musicalmente unfilm prodotto negli Stati Uniti euno prodotto nell'area europea?Ci sono musicisti americani che,magari di origine italiana come nelcaso di Henry Mancini, hannoscritto film su film (Mancini oltre100, ndr). Loro hanno datoun’impronta nuova al cinemaamericano... Ma in genere noncredo si possa entrare attraverso laspessa muraglia del cinemaamericano con la musica. Poi nonci va bene a noi quel linguaggio“rocchettaro” così frequente nelloro cinema. Può succedere ancheche la musica di Batman abbiafatto centro. Ma si tratta di un casosporadico. Insomma la strada perentrare con la colonna sonora negliUsa è molto ardua.

●A proposito di rumori, Scola mipare che gli attribuisse un valoreespressivo particolare. Peresempio in «Maccheroni»...Come no! Proprio in Maccheroni viè un esempio straordinario, nelfinale quando la famiglia è riunitaal completo e tutti aspettano che“l'estinto”(Mastroianni, ndr)riprenda a vivere come nelle volteprecedenti, con la corda di unacampanella legata alle mani. Qui lamacchina da presa fa unapanoramica sulla corda ed escefuori campo. Allora la si sentesuonare insieme ad altri strumentiorchestrali... Ebbene è Mastroianniche ha cominciato a muoversioppure è l'effetto dello strumentomusicale che inizia il motivo finaledel film? Mistero.

●Con il musical come se l'ècavata?Per questo ringrazio Mastroianniper avere accettato il ruolo delRugantino. Poi Aggiungi un posto atavola con Enrico Montesano. Maper il varietà c'è qualcosa disuperiore al cinema: c'è ilpalcoscenico che ha un profumo eun'atmosfera tutta particolare,come diceva Pirandello.

RITMI

Un’intervista inedita del 1993 al grandecompositore romano scomparso di recente.Dagli studi jazz alle colonne sonore fino ai grandimusical, una vita intera dedicata alla musica

In questa pagina tre immagini recentidi Armando Trovajoli. In bassoa destra, il compositore con l’autoredell’articolo, Sergio Micheli

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(15)ALIAS23 MARZO 2013

Steven WilsonIl leader di Porcupine Tree torna nelnostro paese in versione solista perpresentare il nuovo album.Milano GIOVEDI' 28 MARZO (TEATRODELLA LUNA)

Swans + Xiu XiuLa cult band di Michael Gira e laformazione post punk Usa insieme.Verona SABATO 23 MARZO (INTERZONA)

HurtsSynth pop sulla scia di Depeche Mode,Ultravox e Human League.Milano LUNEDI' 25 MARZO (MAGAZZINIGENERALI)

Egyptian Hip HopA dispetto del nome vengono daManchester e suonano indie rock.Segrate (Mi) MERCOLEDI' 27 MARZO(MAGNOLIA)Roma GIOVEDI' 28 MARZO (XS LIVE)Bologna VENERDI' 29 MARZO (COVO)

OneidaDal garage alla psichedelia anni Sessantaper la band che arriva da Brooklyn.Roma SABATO 23 MARZO (CIRCOLODEGLI ARTISTI)

BalmorheaLa band texana che fa capo a Rob Lowe eMichael Muller propone un mix di postrock, folk e musica classica.San Vito di Leguzzano (Vi) SABATO

23 MARZO (CSC)Foligno (Pg) DOMENICA 24 MARZO(AUDITORIUM)Roma LUNEDI' 25 MARZO (INIT)Madonna dell'Albero (Ra)MARTEDI' 26 MARZO (BRONSON)

The CesariansIl combo londinese sembra aver studiatoalla scuola di Nick Cave.Mantova MERCOLEDI' 27 MARZO (VIRGILIO)Roma GIOVEDI' 28 MARZO (CIRCOLODEGLI ARTISTI)Ancona VENERDI' 29 MARZO (LEVEL)San Salvo Marina (Ch) SABATO30 MARZO (BEAT CAFE')

Psychic IllsLa band di New York suona un mix dirock'n'roll e psichedelia.Milano SABATO 23 MARZO (LIGERA)Genova MERCOLEDI' 27 MARZO (LA CLAQUE)Roma GIOVEDI' 28 MARZO (INIT)Carpi (Mo) VENERDI' 29 MARZO(MATTATOIO)Valeggio sul Mincio (Vr) SABATO30 MARZO (VILLA ZAMBONI)

Hugh CornwellIn Italia il cantante, leader e chitarristadegli Stranglers con la sua nuova band.Scandiano (Re) VENERDI' 29 MARZO(CORALLO)

Dulce PontesLa cantante portoghese è una delleesponenti maggiori del nuovo fado.

Roma SABATO 30 MARZO (AUDITORIUMPARCO DELLA MUSICA)

Gregory PorterIn Italia il soulman afroamericano.Bari SABATO 23 MARZO (TEATRO FORMA)

AfterhoursLa rock band milanese torna ad esibirsinella dimensione dei club.Livorno SABATO 30 MARZO (THE CAGE)

Marlene KuntzDal vivo la rock band piemontese.Lecce GIOVEDI' 28 MARZO (OFFICINECANTELMO)Bari VENERDI' 29 MARZO (TEATRO KISMET)Messina SABATO 30 MARZO (OFFICINA)

Giardini di MiròLa post rock band reggiana dal vivo.Rimini VENERDI' 29 MARZO (VELVET B-SIDE)

AreaDi nuovo in tour la band che fu diDemetrio Stratos.Pordenone SABATO 23 MARZO (DEPOSITOGIORDANI)Milano MERCOLEDI' 27 MARZO (TEATRO ELFOPUCCINI)

Tre Allegri RagazziMortiIl trio indie rock friulano in tour.Palermo SABATO 23 MARZO (I CANDELAI)Roma GIOVEDI' 28 MARZO (BLACK OUT)Pescara VENERDI' 29 MARZO (TIPOGRAFIA)

Terracina (Lt) SABATO 30 MARZO(LA SCUDERIA)

Giovanni FalzoneIl trombettista, compositore earrangiatore dirige la sua ContemporaryOrchestra in Sempre Verdi, progettodedicato al Requiem.Monza (Mb) SABATO 23 MARZO (TEATROVILLORESI)

Mauro OttoliniSousaphonixLa formazione del trombonista,arrangiatore e compositore approda allarassegna Atelier del XXI secolo proponendoun jazz tra tradizione e avanguardia.Milano SABATO 23 MARZO (AUDITORIUMG. DI VITTORIO)

Giovanni GuidiIl pianista, che ha appena pubblicato unalbum per la Ecm in trio, si propone con ilsuo quintetto.Mestre (Ve) DOMENICA 24 MARZO(CENTRO CANDIANI)

Prog NightPer la prima volta insieme in tour dueband cardine della scena progressive rockitaliana. La storia musicale dei New Trollse de Le Orme raccontata dal vivo.Catanzaro SABATO 23 MARZO (TEATROPOLITEAMA)Napoli DOMENICA 24 MARZO (TEATROTRIANON)Asti GIOVEDI' 28 MARZO (TEARTO ALFIERI)

CrossroadsNella settimana prepasquale la rassegna diJazz e altro in Emilia Romagna ospita ilmusicista brasiliano Hermeto Pascoal &Grupo.Dozza (Bo) DOMENICA 24 MARZO (TEATROCOMUNALE)

Bergamo JazzUltime due serate per l’importanterassegna dal nutrito cartellone: PeterEvans Trio, Giovanni Guidi Quintet,Hermeto Pascoal & Grupo, Urban Fabula,Tino Tracanna Acrobats, Mary HalvorsonQuintet, Uri Caine/Han Bennink Duo,John Scofield’s Organic Trio.Bergamo SABATO 23 E DOMENICA 24 MARZO(TEATRO DONIZETTI, AUDITORIUM DI PIAZZADELLA LIBERTA')

Jazz per dueLa veterana rassegna patavina (XVedizione) chiama a dialogare iltrombonista Gianluca Petrella e il pianistaGiovanni Guidi, peraltro colleghi nelgruppo Tribe di Enrico Rava.Pavia MARTEDI' 26 MARZO (SANTA MARIAGUALTIERI)

Trombeall’AlexanderplatzIl locale capitolino ospita per una serata ilquartetto di Fulvio Sigurtà, trombettistarivelazione degli ultimi anni, e per dueserate l’affermato Marco Tamburini.Roma DA GIOVEDI' 28 A SABATO 30 MARZO(ALEXANDERPLATZ)

bizzarro di Alice o più ditruttivo dei Kiss,ma non avevano ancora visto i SexPistols». Poi per un concerto di Iggy andThe Stooges all'American Theatre di St.Louis nel '73: «All'inizio c'era Iggy Stooge,poi Alice, poi David. Ma il più strano èsempre stato Iggy». E ancora spot diZappa, Ozzy Osbourne, Motörhead.Imperdibili. Si ascoltano qui:http://flavorwire.com/373908/fascinatingly-bizarre-radio-ads-for-60s-and-70-bands

IL VANGELODEI MOD

INDIE FOLK

L’eredità puradi Phosphorescent

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPAGUIDO FESTINESEMARIO GAMBALUCA GRICINELLAGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLAMARCO RANALDI

Si intitola Boogie Chillen-Early Mods'First-Choice Vinyl (Fantastic VoyageFVTD 156/Goodfellas; 2013) e raccoglie 3ore e mezza di suoni disseminati in tre cdavvincenti. La tripla raccolta mette insiemepezzi che hanno alimentato una teoria dimusicisti e in particolare la subcultura mod.Non solo, ancora oggi gruppi giovanissimicome gli Strypes (16 anni di media) sinutrono di Muddy Waters, Bo Diddley,Mose Allison e dintorni. Il primo cdraccoglie registrazioni dal 1952 al 1960: dalblues elettrico minimale di John LeeHooker, Slim Harpo e Elmore James al jazzdi Cannonball Adderley passando per ilrock'n'roll di Link Wray e Dale Hawkins. Ilsecondo e terzo cd si concentrano sui primianni Sessanta con stili contemporanei allafioritura mod: e allora ecco James Brown,Ike & Tina Turner, gli esordi della Motown edella Stax, il Latin jazz di Ray Barretto, lavoce rarefatta di Mel Torme. Per pureragioni commerciali e per intercettare fettedi pubblico più ampie, la raccolta indulge sumondi al tempo invisi ai mod, ad esempio iritmi duri della Stax o dell'Atlantic (un modsentiva solo Motown), ma tant'è. Anche se ilmod è storicamente collocato negli anniSessanta, in realtà già nel '59 - anno di uscitadel libro Absolute Beginners (che raccontaval’insorgere di un soggetto «mod») e deldeclino dei teddy boy - si parla di ragazzimoderni, interessati ad abiti e suonicontemporanei e al modern jazz da cui ilnome mod. Da qui l'attenzione ad artisti egruppi come Modern Jazz Quartet, CharlieMingus, Gerry Mulligan, Dave Brubeck.L’ascolto radiofonico dell’American ForcesNetwork (informazione e intrattenimentoper i soldati Usa americani presenti nelterritorio europeo) aprirà, poi, a genericome blues, r&b, soul, ska. Traun'iconografia accesa - piena di parka, vespe,lambrette - e un sorso di cappucino andavain scena un'onda di ritmi ancora oggiirresistibile. Occhio a due testi in uscita cheraccontano il mondo mod: Mods-The NewReligion! di Paul ‘Smiler’ Anderson e Mod: AVery British Style di Richard Weight. Info estorie mod qui:http://www.modculture.co.uk/. Si èmenzionato James Brown di cui èassolutamente imprescindibile la visionedelle sue lezione di danza, dal boogaloo alcamel walk. Quelle mosse - anche ispiratedai movimenti di Muhammad Ali sul ring -sono al cuore della breakdance, di MichaelJackson e tanti altri in ambito black. Qui:http://www.youtube.com/watch?v=AuzrWdxMht8. Sempre di Brown vanno riviste lepuntate del James Brown's Future Shock, inonda da Atlanta e concepito ad imitazionedello storico show tv Soul Train. Alcunepuntate sono sopravvissute e affiorate inrete. James Brown presenta, canta,organizza gare di danza e intorno il pubblicoè scatenato. Qui:http://vimeo.com/19634889#. Occhio I GetLonely, nuovo singolo degli australianiSaskwatch in cui spicca la voce tagliente diNkechi Anele. È un garage soul incessantecon video ultralounge d'accompagnamento.

I Crime and The City Solution di SimonBonney sono tornati. La line up vede alcunimembri della vecchia band e l’ingresso dipersonaggi mica da ridere tra i qualispiccano Jim White e, soprattutto per chiscrive, David Eugene Edwards... AmericanTwilight (Mute/Self) è il titolo del nuovolavoro: bello, carico, rock! Post punk ereminiscenze Seventies sono palpabili giàdalla prima traccia , Goddess, e ancora IggyPop, Nick Cave... Giù il cappello! Il rock anniSettanta è ben presente anche nell’esordiodei Night Moves, trio di Minneapolis,Colored Emotions (Domino/Self). Inparticolare a riportarci a quei suoni è lavoce di John Pelant, già perché sebbenesembri di ascoltare una novella Grace Slickchi canta è in realtà un ragazzo. Ad ognimodo la psichedelia dei Jefferson è mitigatada una tendenza indie rock e, dopo unprimo giudizio poco lusinghiero, ci haconquistati. Ben altre atmosfere si respiranoin You’re Nothing (Matador/Self), secondolavoro per i giovani punkster danesi Iceage.Con i Joy Division nell’anima e la rabbia nelcuore sparano botte rapide e tutt’altro cheindolori. E sorpresa delle sorprese, Morals:«rivisitazione» de L’ultima occasione, branodel 1965 di... Mina! (Roberto Peciola)

Che succede nella scena punk italiana? AParma gli FFD festeggiano i vent'anni diattività con Antifa Riot (One Step/Venus).Nessuna sorpresa, ma la conferma di unaband in gran forma. Sedici tracce di streetpunk/Oi! arricchite dalle partecipazioni diEnrico (Los Fastidios), Las Karne Murta eGiulia (Roipnol Witch). Se amate il punkvecchia scuola (Punkreas, Derozer) e i testitra il politico (Noi siam per l'anarchia) e ilfrivolo (Sulla Lambretta con lei), questo disco(registrato e mixato in analogico) è per voi.Ningún perdón (Rocketman) è il primo albumdei ravennati Los Kamikaze. Si sentiva ilbisogno di una band italiana che finge diessere la versione messicana dei Ramones?Certamente no, ma l'ascolto è tuttosommato piacevole. Andrea Casali (in arteCaso), da Bergamo, è un ex batterista punkche da qualche anno gira l'Italia da solo conla sua chitarra acustica. Ama Billy Bragg esulla sua pagina Facebook si autodefinisce«Anti-folk. Anti-pop. Anti-rock. Antipatico».La linea che sta al centro (To Lose La Track),tra l'acustico e l'elettrico, racconta storie diprovincia in cui montagne e bici prendono ilposto delle gigantesche scritte Coop e deimarciapiedi del più allucinato collega VascoBrondi. Bravo. (Jessica Dainese)

INDIE ROCK

La divinità dentrola penombra

JAZZ

Cuneiform,schegge ritrovate

PUNK ITALIA

Lo strano Casodell’anti-tutto

BERSERKBERSERK! (RareNoise/Goodfellas)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Rock maledetto e progressivo,free jazz notturno e metropolitano,colonna sonora di film horror o noird’autore e d’annata, qualche vocedall’aldilà, tocchi elettronici ambient.Tutto questo è Berserk! album suggestivoche rievoca connubi come Morricone/Fulci, Coleman/Cronenberg o ancoracerte visioni imprevedibili di David Lynch.Nel caso che questo album rappresenti ilcaos italiano odierno (lettura plausibile),di certo lo nobilita. (l.gr.)

MILES DAVISTHE UNISSUED CAFÉ BOHEMIA BROADCASTS(Domino/Egea)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Inediti di Miles: l’evento c’è. Laqualità delle registrazioni (settembre1956, aprile 1957, maggio 1958) non èsempre altissima, la musica è quellamirabile del classico quintetto di queglianni, che diventa meno classico quando,nei concerti al Café Bohemia del maggio’58, al piano troviamo Bill Evans al postodi Red Garland. E, va detto subito, i 5brani di quest’ultima sessione sono igioielli del cd, con un Evans al suo meglio,sonorità e originalità di fraseggiograndiose. In tutti i brani Miles èvivacissimo, sempre è interessante seguirel’evoluzione del pensiero di Coltrane, cheda subito si presenta come melodista nonsuccubo del giro armonico (sarà il suocruccio per tutta la vita). (m.ga.)

FABRI FIBRAGUERRA E PACE (Universal)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Resistere più di dieci anni nelmondo dell'hip hop è segno di talento.Fabri Fibra ne possiede, e lo dimostra perl'attenzione con cui cura le sue rime,spesso provocazioni irritanti, ma in realtàuno spaccato urbano molto più dentro lasocietà di mille altri soloni. E poi,musicalmente, è sempre un passo avanti.Qui il risultato è di spessore e Prontipartenza via ne è fulgida testimonianza. Ese in Dagli sbagli si impara, riesce acoinvolgere persino Elisa, come nonperdonargli certi... vecchi eccessi? (s.cr.)

JOHN GRANTPALE GREEN GHOSTS (Bella Union/Coop Music)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Se vi aspettavate un remake delpluricelebrato Queen of Denmark, beh,sappiate che non è così, o almeno, nondel tutto. L’inizio con la title track eBlackbelt spiazzano con sonorità electroche nulla hanno a che vedere col soundsofisticato e intenso, molto Seventies, delprecedente. Atmosfere che si comincianoa respirare dal terzo brano, perproseguire nell’alternanza. E nel branoErnest Borgnine, Grant ci rivela (dopoaverlo fatto già su un palco) di esseresieropositivo. Un grande! (r.pe.)

INVERSDAL PEGGIORE DEI TUOI FIGLI (Vina)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Un titolo così lascia pochi dubbi,ma è il clima sonoro che si instaura dallaprima traccia che imbastisce tuttol'ordito: pochi accordi post punk spietatie diretti, una voce che non fa nulla persembrare «carina». Gli Invers da Bresciacantano e suonano del disagioprofondo, quello che si appaiainevitabilmente agli ultimi vent'anni dicaduta antropologica del nostro Paese,e lo fanno con brani tesi e nevrotici,senza respiro. (g.fe.)

KEITH JARRETTHYMNS SPHERES (Ecm/Ducale)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Viene ristampato in cd il doppiolp che Jarrett pubblica nel 1979, maregistra tre anni prima al Trinity Organ,il poderoso strumento baroccodell’abbazia di Ottobeuren. Ultimo, inordine di tempo, di grandi jazzmen adedicarsi a un’impresa paradossale eanacronistica, perché il grande pianistaresta in fondo prigioniero del suonoorganistico: enfasi, ridondanza,spettacolarismo. Jarrett qui mostra diessere a disagio: preferibile quando

approccia il clavicembalo. (g.mic.)

JOHN WILLIAMSLINCOLN (Sony Classical)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Anche questa volta Williamsnon ha vinto l’Oscar. Ed è un veropeccato perché questo score èstupendo. Probabilmente nell’alto dellasua formazione, Williams ha creato unapartitura intensa, profonda, così comesuccede quando ad affrontare la storiac’è Spielberg. Ve lo consigliamo perquella profonda ricerca spirituale che ètradotta in temi esemplari. (m.ra.)

È l’eredità americana più suggestivaquella cui guarda Matthew Houck aliasPhosphorescent che ritorna dopo treanni con Muchacho (Dead Oceans/Goodfellas). Dall’Alabama ad Athens,Georgia (la scena di Rem, B-52’s, VicChesnutt, Drive By-Truckers, perintenderci), un impasto indie folksensuale e semplice che sta un passooltre il puro debito verso Bob Dylan eBeach Boys. I Big Harp sono unosplendido duo dal dicembre 2010. InChain Letters (Saddle Creek/Goodfellas)firmano brani folk rock dalla tramacomplessa e dal suono corposo chechiamano in causa Captain Beefheart e ilcountry declinato secondo TownesVan Zandt. Intenso indie folk è anchequello di The Milk Carton Kidscon The Ash & Clay (Anti-/Self).Prosecutori della raffinata lineatracciata dai «pionieri» Simon &Garfunkel con una dose di EverlyBrothers. Il duo losangelino suona unfolk essenziale, impalpabileperfettamente intonato al cinema diGus Van Sant che li ha voluti nellacolonna sonora del suo ultimo filmPromised Land. (Simona Frasca)

Nove musicisti in azione, i Living ByLanterns, guidati da quelle piccole grandimenti della Chicago creativa che sonoMike Reed e Jason Adasiewicz. In NewMyth/Old Science (Cuneiform) si strutturae dà nuova vita a un nastro ritrovato nellosterminato archivio di Sun Ra, «appuntisonori» dello stesso visionario musicista.Né omaggio diretto, dunque, né filologiadella ricostruzione: re-invenzione, comesuccede al jazz vivo. Sempre in casaCuneiform, Tiresian Symmetry delsassofonista, compositore ed esperto dielettronica Jason Robinson. Iltrentaseienne californiano ha benpresente la lezione dell'Aacm di Chicago,e in particolare la formazione di Threadgillcon due tube borbottanti e una batteriaanch'essa raddoppiata. Sopra il tuttosassofoni e clarinetti, chitarra, il bassoimmenso di Drew Gress, e via conmusiche multitematiche e sfrangiate, veraavanguardia di sintesi. Da Cuneiformanche un'occhiata al futuro, con coraggioe azzardo: con Christian Marclay(ben noto in ambito multimediale),Toshio Kajiwara, Dj Olive in djTRIO:schegge e lacerti che ritrovano unsenso. (Guido Festinese)

ON THE ROAD

Page 16: Alias supplemento del Manifesto (23 marzo 2013)

(16) ALIAS23 MARZO 2013

DAVID BOWIE

IN MOSTRA A LONDRA

Il senso artisticodi un’icona pop

costruirà il macchinario chepermetterà al protagonista di darvita al suo clone. Più «esotica» einaspettata per molti versi la suainterpretazione in una pellicola perbambini, SpongeBob's AtlantisSquarepantis, film tv del 2007 in cuiBowie appare come una sorta disovrano glam, Lord RoyalHighness. La sua ultimaperformance come attore risale al2009 per Bandslam-High SchoolBand, film che ha sbancato ilbotteghino negli States e non solo.Anche qui interpreta se stesso che,nello specifico, scopre attraversoYouTube la musica dellaprotagonista Vanessa Hudgens e lepropone un contratto per la suaneonata etichetta indipendente.Non proprio un'interpretazione daOscar... In ultimo va menzionatoun suo ruolo da co-protagonista inuna pellicola italiana, lo spaghettiwestern di Giovanni Veronesi Ilmio West (2005), in cui interpreta ilpiù temuto pistolero della regione...

Come detto la sua carriera daattore non è stata appannaggiosolo del grande schermo. Anche latelevisione lo ha eletto a icona,come nella sitcom del 2006 Extras,vista anche in Italia. In una puntatail Duca appare ancora una volta nelruolo che più gli si addice, quello diDavid Bowie, con tanto diperformance piano e voce... Moltodivertente, così come la scena chelo ha visto protagonista in unepisodio della serie tv della Hbo,Dream On, episodio direttoaddirittura da John Landis.

Ma nonostante tutto, Bowie restaun grandissimo artista soprattuttoquando imbraccia una chitarra oprende in mano un microfono. E

per chiudere l'excursus citiamoalcune collaborazioni nonparticolarmente note ai più. Comead esempio quelle che lo hannovisto impreziosire il non certomemorabile tentativo di cimentarsicon le sette note dell'attrice ScarlettJohansson. In Anywhere I Lay MyHead, album di cover di TomWaits, Bowie regala la sua voce indue brani, Fannin Street e,soprattutto, Falling Down.Sicuramente più intrigante per ilnostro devono essere state le sueperformance in Truth, lavoro del1998 del re della drum'n'bassGoldie, o quella nel brano Provincedei Tv On The Radio, presentesull'album del 2006 Return toCookie Mountain. Lunga vita alDuca Bianco.

SEGUE DA PAGINA 11

Da oggi prende il via al Victoria &Albert Museum di Londra «DavidBowie Is», una mostrainteramente dedicata all’universopop dell’artista inglese.L’esposizione, messa in campo daVictoria Broackes e GeoffreyMarsh, curatori del V&A’s Theatreand Performance, va ad esplorareil processo creativo del DucaBianco attraverso una selezione dioltre 300 oggetti provenienti davarie collezioni e riuniti insiemeper la prima volta. Si va daimanoscritti originali dei testi aicostumi indossati nel corso deglianni e delle sue milletrasformazioni, dai film ai video,fino ai bozzetti per le copertine deisuoi dischi e ad alcuni strumenti alui appartenuti. La mostra esploratra l’altro il rapporto del musicistacon alcuni dei più importanti artistinel campo della moda, dellagrafica, del teatro, del cinema e viadicendo.

La mostra resterà aperta alpubblico fino all’11 agosto 2013.Orari di apertura: tutti i giornidalle 10 alle 17.30, il venerdì dalle10 alle 21.30. Ingresso 15.50sterline.

Alcuni degli oggetti visibili nella mostra «DavidBowie Is»: in alto a sinistra un costume

di scena dal tour di «Aladdin Sane», a destradue rare foto dell’artista; sotto, a sinistra

uno scatto per la copertina di «Aladdin Sane»,David Bowie e William S. Burroughs,

una foto per la cover dell’album «Earthling»