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SOUL SACRIFICE DRAGON’S DOGMA

BEATLES E ROLLING STONES AD AMBURGO

WILLIS FROM TUNIS DARKAM MAD CREATIVESYRIA AUGUSTO GONGORA TOMMASO D’ELIA

DEL REGGAEALLA FACCIALA DANCEHALL È L’UNICO GENERE CHE SPOPOLA NELL’ISOLA. HAMANDATO IN PENSIONE MARLEY E I SUOI SEGUACI INTERCETTANDOUN PUBBLICO VARIEGATO. NELLE CANZONI SI FA SESSO, SI SPARA,SI MUORE. IL RIMEDIO PERFETTO A UN PAESE CHE AFFONDA

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È il genereche ha rimpiazzatoBob Marley e seguaci,sempre meno popolari.Il pubblico preferisceKartel o Popcaan, amapezzi iperviolentie carnali che divertonopur raccontandoun paese al limite

di FLAVIO BACCHETTAKINGSTON

«Ehi, Russo ! (l’interlocutore semprepresente nelle liriche di Kartel, è unragazzino della Kingston-bene checura gli arrangiamenti musicali,chiamato così per via della carnagionechiara e i capelli rossastri, nda). Mache chiami a fare la polizia? Quellinon possono fermare il crimine, iragazzi dei ghetti vogliono soldi daspendere, per questo tanta gentemuore ammazzata" (Coro)"La la la la la vita è dolce…""I giovani dei ghetti fannouna vita più dura, spessocrescono senza padre, allafine diventano gangster…spesso mi alzo e non ho nulla,le tasche sono vuote, maalmeno un proiettile c’è semprenella mia ’nove’ (Berettacalibro 9). La radio (dellapolizia) che gracchianon può fermare ilcrimine. Ti parlo dalcuore, quellisprecano tempo, loronon vogliono che noidel ghettopossediamoqualcosa, cosìquando vedi il sanguescorrere nelle stradecome bevute nei bar,non chiamare la polizia,piuttosto chiamaqualcuno che portidenaro, perché i poveridel ghetto i soldivogliono» (da Life Sweetdi Vybz Kartel). AdidjaPalmer, in arte Vybz Kartel(Cartello delle Vibrazioni)è il poeta «maledetto» delladancehall giamaicana. Perla prima volta, nella storiadella musica di questanazione, famosa per il reggae,Kartel non è l’artista damungere monopolio deiproduttori - angloamericani ocinesi - che hanno caratterizzato ilretroscena musicale fin dai tempi diBob Marley (Chris Blackwell,promoter di Bob fino alla sua morte,ne è stato l’esempio classico) ma, alcontrario, il musicista nero chediventa produttore di se stesso e deisuoi «compagni di strada»,fondatore di una labelindipendente, Gaza, che oggi è unafucina inesauribile di giovani talentiche provano a farcela.

La dancehall nasce ufficialmentenegli anni '80, rispondendo a unpubblico che richiede un generemusicale che vada oltre i solitiargomenti del reggae classico,ossia religione e critica al passatocoloniale. Sebbene Robert NestaMarley abbia avuto il merito diportare le condizioni socialidella Giamaica e dell’Africasub-sahariana all’attenzione inter

nazionale, questo successo è statosfruttato, dopo la morte del suoprofeta, dalla famiglia dell’artista e daproduttori avidi per altri scopi, per cuiil messaggio originale si è perso perstrada.

I suoi successori, tra i quali DennisBrown e Gregory Isaacs, non hannorinnovato i concetti base della lorodottrina, che sono: la celebrazionedell’Imperatore di Etiopia HailèSelassiè, il Negus del periodocoloniale italiano, adorato dalRastafanesimo come erede divino delRe Salomone; e l’attacco a «Babylon»,il Potere corrotto.

Concetti nobili, che però hannosempre meno a che fare con lemiserie quotidiane del giamaicanomedio. Oggi questo genere èchiamato «root reggae», il reggae delleradici, ma è sempre meno popolare.

L’inizioCon la dancehall, le piccole vicendegiornaliere, le condizioni sociali duredei ghetti, l’amore carnale, diventanoargomenti base. E poiché le personehanno soprattutto bisogno didistrarsi, sesso, duelli canori tra gliartisti e pistolettate, mimate e reali,sono gli ingredienti principali dellesession dal vivo.

L’avvento del computer subentraalle grandi orchestre dei Wailers (laband originale di Marley e Peter Tosh)e dei Third World, sostituendo alsound system (monumentaliamplificatori piazzati lungo la strada)le drum machine (apparati elettroniciche imitano il ritmo delle percussioni)e i mixer digitali, tutta lastrumentazione classica costituita dachitarra, basso, fiati, tastiere ebatteria. Il linguaggio diventaonomatopeico, il creolo giamaicano,conosciuto come patois (si pronuncia«patua»), è la versione anglofona diquello haitiano, e con i suoi termini

contratti, si adatta perfettamente alritmo cadenzato del sound. Ilraggamuffin di Barrington Levy, unadelle voci più belle che la Giamaicaabbia partorito, inaugura questanuova tendenza nel 1980.

«Barry» canta di viaggi allucinantisu minibus sovraffollati, di conti dapagare con i soldi che non bastanomai, di ganja (marjuana) proibita,scusa che la polizia usa per sbatteredentro la gente, e tematiche delgenere. I ritmi della dancehall sifanno più veloci rispetto al reggae(che fondamentalmente era unaversione rallentata dello ska) sullafalsariga dell’hip hop statunitense,con il quale però a livello musicalenon ha nulla da spartire, a parte lerime a tema. Il «riddim» è ossessivo,ma nello stesso tempo accattivante,gli ingegneri del suono giamaicanifanno miracoli nel riprodurre versionielettroniche delle basi strumentali.

Con l’esordio in scena di MosesDavis, nel 1994, in arte Beenie Man, ladancehall diventa cabaret; l’artista èeclettico, rifugge da temi seriosi, conun senso del sarcasmo spesso cosìsottile da non essere afferrato inpieno. Parla di sesso soprattutto, conlui nei panni di grande amatore, una«sex machine» di cui le donne nonpossono fare a meno: «Se vuoi unabella sistemata chiamami, chiamamise vuoi una sbattutina, chiamami sevuoi rimettere a posto il tuo ’punto G’chiamami, io ho l’alternativa, ci pensoio, a dispetto della solita solfa, questa

Ballo e difendo. Tuttii rimedi della dancehall

MUSICA

PUGNI, PUPE E PISTOLEI DUELLI DEL REGGAE

GIAMAICA

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è un’altra musica, e qualcuno devesuonarla. Sento ragazze chiamarmi,sento ragazze piangere, ragazze chesinghiozzano e implorano, lei ha visto’Beenie’ (da Dudus di Beenie Man).Sebbene l’argomento sia volgare, ilmodo con cui l’artista si propone alpubblico, è spassoso. Il ritmo è similea quello di una tarantella pugliese, lemimiche sessuali di Beenie Man sonocosì buffe che il pubblico femminile,invece di sentirsi offeso, si sganasciadal ridere: lo spettacolo è assicurato.Purtroppo molti uomini lo prendonosul serio, e il machismo giamaicano èpeggiorato da quando la dancehall èprevalsa sul reggae… difatti non tutti icantanti hanno la sua classe, e spessogli show attuali diventano una vetrinadi testosterone esposto a 360˚.

Con Beenie Man, nasce anche il«clash» tra gli artisti, lo scontro, iduelli canori che, a colpi di rime espietati sfottò, talvolta sfociano anchein risse sanguinose, come quellastorica del 1998 al Sumfest diMontego Bay, dove lo scontro traBeenie e Bounty Killer degenerò inuna battaglia tra le due fazioni a colpidi coltello e bottigliate, che fece apezzi il palco, causando numerosiferiti anche gravi. In seguito a ciò aidue furono vietate le esibizioni live.Torniamo per un istante a Kartel e alpezzo Life Sweet il cui testo puòessere valutato con due parametridiametralmente opposti, entrambivalidi. Il primo riguarda la denunciasociale: sebbene i ghetti giamaicani,in particolare quelli di Kingston, siano

sempre stati usati dai politicanti delgoverno e dell’opposizione comefeudi elettorali (i famigerati Garrison),i loro abitanti, dalla proclamazionedell’indipendenza nel 1962 a oggi,non hanno beneficiato di un benchéminimo miglioramento. Quellostorico di Trench Town, presidio delPnp (People National Party) dove ilgiovane e poverissimo Marley avevainiziato la sua travolgente carriera, èpiù o meno come 35 anni fa;baracche di lamiera o mattonatogrezzo quando va bene, allaccielettrici pirata, assenza di fognature escarsità di acqua corrente; vennecostruito secondo il principio degli«yards», enormi cortili ricavati dalladivisione dei lotti di terreno tramitemuraglie cieche, che avevano loscopo di rallentare le fughe deimalfattori durante le retate dellapolizia; in realtà questi spazi vennerosfruttati come piccole «agorà» dove la

gente si incontrava per discutereproblemi familiari e di condominio.Da qui il termine «Yard culture»coniato dallo stesso Bob Marley che,insieme ai giovani talenti delquartiere, usava i cortili come sale diprova per suonare.

Nei testi dei suoi primi successi, sifa spesso riferimento alla«government yard» come termine perdefinire Trench Town. Oggi, adifferenza di allora, esiste anche unapiccola biblioteca, ma la palazzina didue piani a Second Street, dove Bobha abitato per tanti anni insieme allamadre, è crollata di recenteuccidendo alcuni dei suoi inquilini.Denham Town e Tivoli Gardens, ighetti del partito rivale Jlp (JamaicanLabour Party) furono fatti edificaredal leader storico di questo partito,Edward Seaga, più volte primoministro, eliminando la regola ediliziadello «yard» per sottolineare il solcoche divide i partiti rivali. Orrendipalazzoni, veri e propri alveari umani,dotati di un solo bagno per edificio,ovviamente non funzionante, adisposizione delle centinaia difamiglie che vivono laggiù. I muri diqueste obsolete costruzioni sono ingran parte sforacchiati dai proiettiliM-16 delle forze speciali della polizia,che soffocarono nel sangue la rivoltadel 2010, con circa ottanta perditecivili dichiarate; il conteggio reale nonè mai pervenuto ai media, così come inomi degli uccisi.

La criminalità in Giamaica mietetra le 1500-2000 vittime circa ognianno; questa cifra è incrementata dacentinaia di omicidi giudiziari, causatida una polizia che, spesso e volentieri,spara a casaccio, uccidendo personeinnocenti, oppure giustizia a sanguefreddo i sospetti di crimini. A fronte diuna disoccupazione ufficiale che siaggira intorno al 25-30%, nei ghetti sitoccano punte del 50-60%. Gli edificiscolastici sono fatiscenti, e spesso ilsolo traguardo che le famigliepossono permettersi, è quello di fararrivare i figli alle scuole medie, senzala certezza di poter completare ilcorso di studi.

Il secondo parametro di lettura delpezzo riguarda il self-pity, l'autocommiserazione: al di là della veritàracchiusa nella canzone di Kartel, iresidenti dei ghetti non sono tuttiimpiegati nella manovalanzacriminale, anzi; oltre la metà di questi,prova a fare una vita onesta,accettando l’umiliazione di lavorisottopagati nel centro di Kingston onei sobborghi industriali di MarcusGarvey Drive, oppure gestendopiccole rivendite ambulanti di generidi consumo; a costoro non vaassolutamente bene essereaccomunati alla delinquenza, spessone sono vittime, essendo questecomunità sotto il controllo di AreaDon (il Boss del quartiere), guardiaspalle del politico locale; ad entrambiserve manovalanza; al Don per gestire

i traffici di droga e come gun men(sicari), al politico come protezione. Ele famiglie del quartiere sono l’unicoserbatoio a cui attingere a tale scopo.Per questa ragione, giustificare, comefa intendere Kartel, il crimine ai finidella sopravvivenza, acuisce ilconflitto sociale. A questo si aggiungel’ossessione del denaro, adorato comeuna divinità, sul cui altare immolarequalsiasi valore. Nel pezzo Dollar Signquesto concetto è lampante: «Wi apree di dollar sign» (nel segno deldollaro noi preghiamo).

Come succede di sovente nei ghettistatunitensi, dove tanti rapperuccidono o rimangono uccisi durantegli scontri con i propri rivali (la sorteche ha subito il celebre Tupac si elevaa simbolo) anche Kartel stapercorrendo lo stesso itinerario; allostato attuale è in prigione senzapossibilità di libertà provvisoria, inattesa del processo finale che lo vedeimputato per cospirazione ai fini diomicidio e possesso di arma da fuoco.Eppure, sebbene in carcere, la suaattività continua; scrive nuovecanzoni e produce talenti, quali BlackRyno, Jah Vinci, Popcaan. Tra questi ilpiù brillante allo stato attuale è ilgiovanissimo Tommy Lee, «the twovoices man», un diciannovenne alquale la natura ha donato una voce ingrado di assumere due tonalità cosìdifferenti da far pensare, all’ascolto, adue cantanti diversi, tenore ebaritono; la storia di Gaza continua,aldilà della caduta del suo«Imperatore».

Compassionate ActNel 1988, un ragazzino di soli 15 anni,Anthony Myrie, arriva alla ribaltainternazionale con un pezzo choc chescuote l’opinione pubblica non sologiamaicana: Boom Bye Bye, il cuititolo fumettistico si può tradurre in :«Sparagli e digli ciao». Il ritornellodella canzone si completa con lafrase «…in the batty bwoy head» neldialetto patois «batty bwoy» è untermine dispregiativo per definire igay. In pratica è un invito a spararein testa agli omosessuali!

In molti stati dei Caraibi, anglofonie non, l’omosessualità è maltollerata; in Giamaica è ancorafuorilegge, e le coppie gay sonocostrette a vivere in incognito. Ilpezzo scala le classifiche di tutto ilmondo, superando nelle venditeaddirittura il mitico brano di BobMarley Legend. Anthony èribattezzato con il nomignolo di BujuBanton. Il successo planetario dà allatesta all’ex ragazzo; Anthony Myrie,non accontentandosi del torrente didenaro che la notorietà gli haconcesso, si fa coinvolgere sempre dipiù nel traffico di cocaina - che usagestire anche durante i suoi stessiconcerti; finito nel mirino della Dea,è condannato a una pena didetenzione lunghissima da scontarenegli Usa; si può facilmenteimmaginare quale possa essere il suodestino nelle galere americane,laddove la posse gay è molto potente,e non gli ha mai perdonato i suoitrascorsi giovanili.

Allo stato attuale, dopo numerosidibattiti, e il divieto negli Usa ditenere concerti con testi offensivi neiconfronti degli omosessuali, treartisti, Beenie Man, Capleton e Sizzla,hanno sottoscritto il ReggaeCompassionate Act, nel quale siimpegnano a non divulgare più ilmessaggio omofobico, sia nelleultime composizioni, che nelleristampe di quelle passate. InGiamaica invece questo impegnonon è sempre rispettato. Uno degliautori che hanno inciso di più neldipingere musicalmente i caratteridella società giamaicana, è RextonGordon, conosciuto con lopseudonimo Shabba Ranks. Autoredai testi incisivi, nel suo capolavoroRappin’ with the Ladies, duetta conartiste del calibro di Diana King eChevelle Franklin. Vediamolo nelbrano Twice My Age: «’Amo un uomoche ha circa il doppio della mia età,non so bene cos’è, ma è un bel colpoche viene dalla mia giovinezza; efaccio a modo mio, non mi frega

niente di quello che dice la gente’.Lei non cerca le smancerie degliinnamorati, lei vuole i soldi! Ungiovanotto ha l’energia, ma questo èinutile; lei vuole un uomo che lapossa ricompensare… È vero! Devepagarsi l’affitto, la bolletta dellaluce… fino a quando la tua tascamanterrà la sua capienza, ciò laporterà a dire che il suo uomo èpieno di energia nelle reni!».

Feroce nella sua satira, Shabbadescrive alla perfezione la figuramaschile dello Sugar Daddy il tipicouomo d’affari di mezza età, cheapprofitta dello stato di cronicaindigenza che affligge l’isola, con uncosto della vita altissimo comparatoa salari spesso ridicoli… per unaragazza carina senza aiuti da partedella famiglia, l’obiettivo principalerimane quello di accalappiare l’uomomaturo dai 45 anni in su, in grado diaiutarla a pagare i suoi conti… e inuna società globalizzata, avvolta dallenubi della crisi finanziariainternazionale, questa è unaprerogativa non solo giamaicana.Shabba Ranks è stato al vertice delladancehall per lunghi anni, vincendodue Grammy Awards e piazzando incima alle classifiche internazionali isuoi album. Sarà poi spazzato via dalciclone Beenie Man alla fine deglianni '90.

La dancehall giamaicana, grazie adartisti quali Beenie, Sean Paul eShaggy, ha superato nelle classifichel’hip hop Usa piazzandosiimmediatamente dietro al soulmoderno, lo stesso di Alicia Keys eWhitney Houston. Un'ultimaconsiderazione. Il perbenismo localeaccusa le liriche nichiliste del nuovoreggae, di essere la causa dellaviolenza urbana e domestica cheaffligge l’isola, confondendovolutamente il sintomo con lamalattia. In realtà la musica inGiamaica esprime solo una sorta diprocesso darwiniano al contrario;l’involuzione di un sistema postcoloniale impermeabile aicambiamenti, che accresce labramosia per i beni materiali, causal’inadeguatezza dei salari e lafrustrazione di lavori poco dignitosi.Il deficit culturale completa ilquadro, sfogando in pregiudizi versoi settori più deboli della popolazione.Malgrado ciò, a differenza dell’hiphop, il fine della dancehall dal vivo èquello del divertimento, e, dopo unoshow, è più facile vedere genteallegra che violenta; insomma si ballaper non esplodere. A oggi questafilosofia di vita ha evitatoconseguenze peggiori. Per ora.

In copertina Vybz Kartel

Il manifestodirettoreresponsabile:Norma Rangeri

a cura diSilvana Silvestri(ultravista)Francesco Adinolfi(ultrasuoni)

con Roberto Peciola

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GERENZAQui a sinistra Popcaan, sotto in grande Tommy Lee,in basso Kartel con il tatuaggio Gaza; qui a destraKartel e Popcaan e accanto Black Ryno in visita a Kartelin carcere. Sotto Black Ryno e in basso a destra Jah Vinci

USA, LA CHIESA DI SANTO JOHN COLTRANEdi FRANCESCO ADINOLFI

Si chiama The St. John Will-I-Am Coltrane African Orthodox Church e si trova a SanFrancisco (http://www.coltranechurch.org). Al 1286 di Fillmore Street, nel cuore diHaight-Ashbury, il quartiere della controcultura anni Sessanta. È una chiesa esclusivamentededicata a John Coltrane (foto), sassofonista, tra i nomi più influenti del jazz, storicocollaboratore di Miles Davis e Thelonious Monk. La parrocchia di San Francisco, fondata nel1971, fa parte della African Orthodox Church, da sempre al cuore del movimentismo nero.L’arcivescovo Franzo King e la Reverenda Madre Marina King dettero vita 42 anni fa alla

Chiesa di Coltrane dopo aver visto l’artista dal vivo a San Francisco nel ’65. Fu un’esperienzamistica fulminante, un «battesimo del suono» che avrebbe toccato il cuore e la mente dei due.Per King, Coltrane non era solo un musicista jazz ma colui che era stato scelto per guidare leanime a dio. Ogni domenica il cuore della celebrazione prevede la lettura del salmo del buonpastore e l’ascolto di A Love Supreme, tra i capolavori di Coltrane. La Coltrane Church è l’unicaAfrican Orthodox Church ad incorporare nella sua liturgia testi e suoni dell’artista che nellenote di copertina di quell’album ricordava come nel ’57 fosse avvenuto il suo risvegliospirituale dopo anni di tossicodipendenza. Seguivano poi quei versi di alta spiritualità in cuiColtrane esaltava dio e la sua forza salvifica. La chiesa ospita a orari prestabiliti sedute diascolto di Coltrane, eventi musicali, letture dalle scritture, spiritual. Coltrane compare anchetra i 90 santi della St. Gregory of Nyssa Episcopal Church di San Francisco.

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Si è aperta ieri alla Galleria TinaModotti di Udine, la mostrafotografica «It’s OnlyRock’n’Roll...?». La mostra, cheresterà aperta fino al prossimo 19maggio e che fa parte della nonaedizione del Festival Vicino/Lontano, propone per la primavolta in Italia alcuni scatti delfotografo tedesco Günter Zint,noto soprattutto per aver saputodocumentare lo sviluppo dellaGermania nel secondodopoguerra. In particolare inquesta esposizione si tornaindietro nel tempo, a metà anniSessanta, quando Zint fu fotografo«ufficiale» dello Star-Club, il noto

locale del quartiere St.Pauli diAmburgo in cui si esibirono, agliesordi, alcuni tra i gruppi e gliartisti che hanno fatto la storiadella musica rock e pop, daiBeatles a Jimi Hendrix, dai RollingStones ai Doors. E proprio i ritrattidi queste icone, ripresedall’obiettivo di Günter Zint,nonché alcuni scatti cheriprendono la vita quotidianaintorno allo Star-Club, sonol’attrazione principale dellamostra che si completa con alcuneimmagini del fotografo venezianoGiovanni Chiarot, il quale hapuntato invece la sua attenzionesulla scena musicale friulana, eudinese in particolare, di questiultimi anni.

IN MOSTRA ■ FINO AL 19 MAGGIO ALLA GALLERIA TINA MODOTTI DI UDINE

Zint, il fotografoche amava i Beatlese i Rolling Stones

ULTRASUONI

SCATTI ROCK

Alcuni scatti di Günter Zint. SopraJohn Lennon e Yoko Ono a unaconferenza stampa (Montreaux,1968); in grande ancora Lennondurante le riprese del film «How IWon the War (Come ho vinto laguerra)» (1966); in alto a destra,all’uscita dello Star-Club di Amburgo(1964); a destra i Rolling Stonesdurante una conferenza stampa(1965); sotto i Beatles on stage(1966); in basso i Doors ad Amburgo(1968); un barbiere nel quartiere St.Pauli (1964); Jimi Hendrix live alloStar-Club (1967)

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Esben & The WitchIl trio di Brighton, dalle sonorità darkwave anni Ottanta, torna in Italia.Segrate (Mi) GIOVEDI' 9 MAGGIO(MAGNOLIA)Torino VENERDI' 10 MAGGIO (SPAZIO 211)Marina di Ravenna (Ra) SABATO11 MAGGIO (HANA-BI)

MotorpsychoTorna in Italia la band norvegese moltodeve alla psichedelia e al prog rock.Bologna DOMENICA 5 MAGGIO (ZONAROVERI)Roma LUNEDI' 6 MAGGIO (CIRCOLODEGLI ARTISTI)Mezzago (Mb) MARTEDI' 7 MAGGIO(BLOOM)Roncade (Tv) MERCOLEDI' 8 MAGGIO(NEW AGE)

EfterklangIn Italia la band post rock sperimentale diCopenhagen.Roma DOMENICA 5 MAGGIO (CIRCOLODEGLI ARTISTI)Madonna dell'Albero (Ra) LUNEDI'6 MAGGIO (BRONSON)Milano MARTEDI' 7 MAGGIO (LA SALUMERIADELLA MUSICA)

LowUnica data, già sold out, per quella che èforse la più lenta delle «slowcore» band,con molti riferimenti al dark anni Ottanta.Bologna SABATO 11 MAGGIO (TEATROANTONIANO)

AmplifierIl prog rock della band di Manchester.Moncalieri (To) SABATO 4 MAGGIO(AUDIODROME)Milano LUNEDI' 6 MAGGIO (OFFICINECREATIVE ANSALDO)

Murder by DeathLe ballate indie rock della bandstatunitense.Roma MERCOLEDI' 8 MAGGIO (LANIFICIO 159)Mezzago (Mb) GIOVEDI' 9 MAGGIO(BLOOM)

Swim DeepUna giovane band indie pop rock inglese.Con loro The 1975.Torino SABATO 11 MAGGIO (ASTORIA)

A Hawkand a HacksawUn miscuglio di musiche popolari per ilprogetto di Jeremy Barnes, ex Broadcast.Foligno (Pg) SABATO 4 MAGGIO (OFFICINA34)Catania LUNEDI' 6 MAGGIO (CINETEATROODEON)Roma MARTEDI' 7 MAGGIO (LA CALZOLERIA)Padova MERCOLEDI' 8 MAGGIO (EX MACELLO)

Danko JonesLa formazione canadese si rifà ai suonidell’hard rock. A Milano con i RiverboatGamblers (unica data italiana).Milano VENERDI' 10 MAGGIO (FACTORY)S. Alberto di Zero Branco (Tv)SABATO 11 MAGGIO (MAXIMUM FESTIVAL)

Lana Del ReyLa cantante e modella newyorkese, traindie e mainstrem pop.Roma LUNEDI' 6 MAGGIO (PALALOTTOMATICA)Assago (Mi) MARTEDI' 7 MAGGIO(MEDIOLANUM FORUM)

FilastineLe contaminazioni sonore dell'artistacaliforniano trapiantato a Barcellona.Lecce VENERDI' 10 MAGGIO (LIVELLO 11/8)Pulsano (Ta) SABATO 11 MAGGIO(VILLANOVA)

Michael BlakeIl sassofonista canadese, newyorkesed’adozione, torna in Italia.Milano SABATO 11 MAGGIO (TRIENNALE)

Teardo&BargeldIl musicista friulano e l'artista tedescopresentano l'album di canzoni Still Smiling.Roma MARTEDI' 7 MAGGIO (CIRCOLODEGLI ARTISTI)Milano GIOVEDI' 9 MAGGIO (ALCATRAZ)Moncalieri (To) VENERDI' 10 MAGGIO(AUDIODROME)Bologna SABATO 11 MAGGIO (SENZA FILTRO)

Paolo BenvegnùIl cantautore, ex Scisma e leader dellaband che prende il suo nome.Reggio Emilia SABATO 4 MAGGIO (PIAZZASAN PROSPERO)Roma MARTEDI' 7 MAGGIO (LE MURA)Cesena (Fc) VENERDI' 10 MAGGIO (ROCCAMALATESTIANA)

Roma Folk FestivalLa prima edizione della rassegna ospitaRiccardo Sinigallia, Discoverland, FilippoGatti, Leo Pari, Mammoth e altri.Roma SABATO 11 MAGGIO (LANIFICIO 159)

Ravenna JazzWorkshop di canto «Mister Jazz», conRachel Gould, e quello di «humanbeatbox» con Alien Dee. Tra i concerti:Chucho Valdés & The Afro-CubanMessengers, Pharoah Sanders Quartet, iltrio Ambrosetti/Caine/Di Castri, MattiaCigalini Quartet, Alien Dee con GinalucaPetrella, Rosario Giuliani «Images», GinoPaoli & Danilo Rea e le «Microlezioni diJazz» con P. Fresu, Martux_M, F. Bianchi.Ravenna DA SABATO 4 A SABATO11 MAGGIO (VARIE SEDI)

Casa del JazzPer i concerti sono previsti il trio Corvini/Ferrazza/Vantaggio, l’omaggio a NinaSimone di Susanna Stivali, la New TalentsJazz Orchestra diretta da Mario Corvini,Nu Indaco (con J. Girotto, N. Citarella eR. Simeoni) e il Simone Maggio Trio.Carattere divulgativo per «Art & Soul:storie di musica in musica» con, tra glialtri, Alberto Castelli, e «Jazz Standard»,guida all’ascolto condotta da G. Gatto.Roma DA SABATO 4 A SABATO 11 MAGGIO(CASA DEL JAZZ)

Piacenza Jazz FestNelle ultime due giornate sono di scena iltrombettista Franco Ambrosetti, il

pianista U. Caine e il contrabbassista FurioDi Castri e il New Gary Burton Quartet.Piacenza DOMENICA 5 MAGGIO(CONSERVATORIO NICOLINI)Fiorenzuola D’Arda (Pc) SABATO11 MAGGIO (TEATRO VERDI)

Parco della MusicaRiscuotono un meritato successo le«Lezioni di Jazz» tenute da Stefano Zenni;la quarta è dedicata a un ritratto diDjango Reinhardt. In programma anche laband del vocalist Gegè Telesforo e il duotra la chitarra di Al Di Meola e il piano diGonzalo Rubalcaba.Roma DOMENICA 5, GIOVEDI' 9 E SABATO11 MAGGIO (AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA)

Itinerari JazzAppuntamento importante quello con ilcompositore-polistrumentista (sax alto eflauti) Henry Threadgill e il gruppo Zooid.Trento GIOVEDI' 9 MAGGIO (AUDITORIUMSANTA CHIARA)

Vicenza Jazz NewConversationsLa manifestazione si intitola West Coastand the Spanish Tinge. Nelle prime duegiornate ospita H. Threadgill & Zooid, iltrio Bob Mintzer/John Abercrombie/Miroslav Vitous (Teatro Olimpico); il JazzCafé Trivellato propone, invece, i trii diEnrico Zanisi e Alessandro Lanzoni ed ilP.O.V. Quintet di Alessandro Paternesi.Vicenza VENERDI' 10 E SABATO 11 MAGGIO(VARIE SEDI)

IN USCITA A MAGGIO

JAZZ

Connessionicontemporanee

NU SOUL

Le contaminazionidi Neve Naive

QUANDO IL FUNKSALVÒ BOSTON

A CURA DI ROBERTO PECIOLA CON LUIGI ONORI ■ SEGNALAZIONI: [email protected] ■ EVENTUALI VARIAZIONI DI DATI E LUOGHI SONO INDIPENDENTI DALLA NOSTRA VOLONTÀ

ULTRASUONATI DASTEFANO CRIPPAJESSICA DAINESEGIANLUCA DIANAGUIDO FESTINESESIMONA FRASCAGUIDO MICHELONEROBERTO PECIOLA

MARIO BIONDISUN (SonyMusic)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ E bravo il nostro Mario Biondi,vocione soul montato su un fisico dacorazziere, da cinque anni in perenne toure con vendite discografiche di tuttorispetto. Qui corona il sogno di una vita,una produzione ricca e internazionale, lacollaborazione con Bluey degli Incognito ei duetti con star dal passato scintillantecome Al Jarreau e Chaka Khan (con leirecupera un classico di Boz Scaggs, LowDown). Divertente e ben confezionato,con l'eccezione dei due pezzi cantati initaliano dove il tentativo «confidenziale»del cantante ha lo stesso effetto di unelefante in una cristalleria... (s.cr.)

THE DOORMENBLACK CLOUDS (Audioglobe)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Piacerà agli amanti di un certosound britannico figlio dei Joy Division ilsecondo album della formazioneravennate The Doormen. Autori di unguitar rock elegante e malinconico traInterpol (il primo singolo My WrongWorld) e Editors (soprattutto per iltimbro vocale), con qualche eco di Suedee Blur (il pezzo di apertura Bright BlueStar), The Doormen non dissimulano leproprie influenze ma le reinterpretano inmaniera personale, grazie anche aun'indiscussa capacità compositiva e untrasporto autentico. (j.da.)

THE FLAMING LIPSTHE TERROR (Bella Union/Coop Music)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ A scanso di equivoci, per noi TheTerror è il miglior disco dei Flaming Lips!Sì, è vero, difficile dirlo, visto che la banddell'Oklahoma di album con questo ne hapubblicati 13, e molti di alto livello.Nessuno però così cupo, cosìopprimente, così angosciante. Ma allostesso tempo, per chi scrive, così poeticoe rilassante (ma non fidatevi ciecamente,che non è affatto roba facile). Psichedeliadisturbata, krautrock malinconico.Ottimo! (r.pe.)

ONE MAN 100% BLUEZPSYCHO WOODOO (Metatron)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Inarrestabile in quantità e qualità.Questo è Davide Lipari, che assieme aisuoi sodali (R. Solli alla batteria e L. Chefin versione uomo orchestra) stampa il suoannuale disco. All'apparenza piùmuscolare e quasi stoner in alcun passaggi(Psycho Voodoo), mentre al contempo ci sidiverte con cose di altri (Around theWorld) e sue (Marcorre). Sembra ancheche arrivi Tom Waits, di tanto in tanto(Deep Black Moon). Somiglia a tanto altro,ma è blues. Al 100% quando è più schietto(Hold You, The Same Man), al 101%quando le idee del Lipari di ieri, assumonocon una personalità incredibile un'altravita oggi. Superbo. (g.di.)

Occhio a un documentario e a un concertosorprendenti. Il 4 aprile 1968 Martin LutherKing viene assassinato a Memphis, il giornodopo James Brown si esibisce a Boston. Inmezzo c'è un mondo: di rivolte, ansie,attese, aspettative. I tre dvd I Got the Feelin:James Brown in the 60s si dividono in: TheNight James Brown Saved Boston; Live at theBoston Garden; Live at the Apollo '68. Uscitonel 2008, il cofanetto - purtroppo solo nelsistema Ntsc - ricorda le ore concitateseguite all'assassinio del leader nero e ilruolo avuto da Brown nel calmare gli animisoprattutto a Boston. Chi avesse difficoltà areperire il cofanetto trova tutto in rete: ildocumentario è su YouTube in otto parti«The Night James Brown Saved Boston8/1», il concerto del Garden è qui:http://www.youtube.com/watch?v=BawG-N9_FR8. Dopo la notizia della morte di King,scoppia negli Usa un'ondata di rivolte; 125città bruciano in quelle che passeranno allastoria come le «King assassination riots».Washington, Baltimora e Chicago tra le piùcolpite. Giovedì 5 aprile Brown arriva aBoston deciso ad esibirsi anche percontribuire a mantenere l'ordine pubblico.Subito il sindaco Kevin White gli comunicacosa è stato deciso: avrebbe volutocancellare lo show per quastioni di sicurezzama il flusso di gente - a cui non fosse giuntal'eventuale comunicazione - avrebbeinondato le strade e da lì il caos. Si eradunque stabilito di trasmettere lo show in tve contemporaneamente di consentire a chiavesse voluto di recarsi al concerto. Dopofebbrili discussioni sul caché (a Brownsarebbe andata la differenza tra gli ingressieffettivi e l'eventuale sold out, tuttorimborsato dal comune di Boston), la serataebbe inizio. Dinanzi a 2000 persone, Brownalternava pezzi e ricordi di King. E ancora:«Sono sempre un soul brother e voi avetereso possibile che io diventassi un uomo diprima classe in tutti i sensi; un tempo pulivole scarpe davanti a una stazione radiofonicaora possiedo alcune radio. Sapete questocos'è? È Black Power». Boston si salvò,anche grazie a quel concerto e al fatto che latv trasmise a ripetizione l'evento. Andòpeggio a Washington dove Brown si recònei giorni successivi. Il fatto che fosse unsoggetto influente in ambito black, inducevavasti settori della società afro-americana arivolgersi al musicista. In tv, dal vivo dalMunicipal Center, sentenziò: «In questopaese la vera risposta al razzismo èl'istruzione. Non bruciare e uccidere. Esserepronti. Essere qualificati. Possederequalcosa. Essere qualcuno. Questo è BlackPower». Come se bastasse solo questo persentirsi orgogliosi di sé e della propriaappartenenza afro-americana. In manieramolto contraddittoria James Brown èsempre stato interno a un mondo di artistiblack - dagli Impressions a Michael Jackson -per i quali orgoglio e promozione socialehanno sempre significato vincere (gliImpressions scrissero addirittura We're aWinner) e godere dei vantaggi del successodeterminati dalla parcipazione allacompetizione capitalistica.

ORCHESTRA JOUBESORCHESTRA JOUBES Agualoca /Audioglobe)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Tre musicisti che suonano comefossero dodici. La loro musica afferra ilsenso caduco di certe atmosfere e leriporta nel rigore di una scritturavariopinta. Debut album in forma dicornucopia, il disco è un omaggio allesonorità sudamericane (Alma nueva, Airede chacarera) all’Europa dell’est (Lenino Pr.40, Mbila), all’Oriente di Sakamoto (Laneve sottile) agli scherzi minimal glitch conil pensiero rivolto a Brian Eno e RobertFripp (Yes, Pussyfooting). (s.fr.)

OREGONFAMILY TREE (CamJazz)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Tra le band in assoluto piùlongeve gli Oregon arrivano alventottesimo album e al quinto con lalabel romana. Senza mai deludere, purraramente licenziando il «capolavoroassoluto», continuano a proporrecoerentemente un sound raffinato trajazz, rock, musica da camera, richiamietno e spruzzatine folk. Ritmi soffusi, tonibassi, timbriche evocative, melodierarefatte per una fusion sui generis a suavolta studiata e intelligente. (g.mic.)

ZEROTHEHEROHORROR VACUI (Mellow Records)❚ ❚ ❚ ❚ ❚ Chi avesse lontani ricordi, su quelZerothehero, trovi immediato aiuto: Zerothe Hero, scritto staccato, era uno deglieroi della «fumosa» saga Gong di DaevidAllen, il più visionario tappeto freak maisteso sotto il tavolo prog rock. Ogniriferimento voluto dunque, per il solo diCarlo Barreca, in arte Zero. Note lunghe,derive floydiane, ricordi del Franco Falsinidi Cold Nose e con i gloriosi Sensation'sFix, Steve Hillage che fa capolino. Benpensato e ben suonato, Zero. (g.fe.)

Akron Family Sub Verse (Dead Oceans/Goodfellas)The Baptist Generals Jackleg Devotionalto the Heart (Sub Pop/Audioglobe)Charlie Boyer & The Voyeurs Clarietta(Heavenly/Coop Music)The Child of Lov s/t (Double Six/Self)Cisco Dal vivo Volume Due (Cisco Prod.)Crystal Fighters Cave Rave (Pias/Self)Deerhunter Monomania (4Ad/Self)Frankie & The Heartstrings The DaysRun Away (Wichita-Pias/Self)Fusch Mont Cc 9.0 First Act (Jestrai)Ghostface Killah Twelve Reasons to Die(Soul Temple/Goodfellas)Heliocentrics 13 Degrees of Reality (NowAgain/Goodfellas)Julia Holter Tragedy (Domino/Self)Hot Head Show Perfect (Tentacle Entert.)Is Tropical I'm Leaving (Kitsuné/CoopMusic)Mark Lanegan & Duke Garwood BlackPudding (Heavenly/Coop Music)Meat Puppets Rat Farm (Megaforce/Goodfellas)Melvins Everybody Likes Sausages (Ipecac/Goodfellas)The National Trouble Will Find Me (4Ad/Self)Neon Neon Praxis Makes Perfect (Lex/Goodfellas)No Joy Wait to Pleasure (Mexican Summer/Goodfellas)No Sound Afterthoughts (Kscope/Audioglobe)Nynke Alter (Crammed Discs/Ma.So.)Pan American Cloud Room, Glass Room(Kranky/Goodfellas)The Pastels Slow Summits (Domino/Self)Savages Silence Yourself (Matador/Self)Shannon & The Clams Dreams in the RatHouse (Hardly Art/Audioglobe)She & Him Volume 3 (Domino/Self)Sparrow & The Workshop Murderpolis(Song, By Toad/Goodfellas)Still Corners Strange Pleasures (SubPop/Audioglobe)Suicidal Tendencies 13 (SuicidalRecords/Goodfellas)Texas The Conversation (Pias/Self)Rokia Traoré Beautiful Africa (Ponderosa/Audioglobe)Tricky False Idols (!K7/ Audioglobe)Vampire Weekend Modern Vampires ofthe City (Xl/Self)Van Dyke Parks Songs Cycled (BellaUnion/Coop Music)We Are Loud Whispers Suchness(Hardly Art/Audioglobe)When Saints Go Machine Infinite Pool(!K7/Audioglobe)Wolf People Fain (Jagjaguwar/Goodfellas)Andrew Wyatt Descender (Downtown/Coop Music)

Il soul? È ormai la vera nuova musicaglobale, come dimostra il notevoleesordio del progetto tedesco NeveNaive dal titolo The Inner Peace of Cat andBird (Sonar Kollectiv/Audioglobe)costruito intorno alla voce di Alexa«Neve» Voss insieme all'amico-musicistaStefan Merse. Un disco ricco di riferimentialla vecchia scuola Motown ma capace diinglobare più contemporaneecontaminazioni dance. Uno stravagante efantasioso viaggio nella terra deldivertimento. Altro debutto eccellente èquello del cantante e violinista MarquesToliver, Land of a CanAan (Bella Union/Coop Music) dall'incredibile curriculum:busker a New York, poi modello eeditorialista su un magazine da lui fondatoa Londra. Un artista che mostra unanotevole capacità di scrittura sia nellemusiche - solido urban soul - che nelleliriche. Bretellone in bella vista emascellone prominente, Olly Murs -altra stellina uscita da X-Factor inglese,intorno al singolone Troublemaker con ilrapper Florida - costruisce un album, RightPlace Right Time (Sycomusic/ SonyMusic)che mescola pop e soul radiofonico un po'di maniera. (Stefano Crippa)

Nuovi, motivati segni di vitalità dalla scenajazz contemporanea italiana. In primissegnaliamo Connections (EnovisuoniRecords) disco per il sassofonista(soprattutto soprano), compositore especialista di elettronica Luca Rampinini,formatosi a Milano avendo validi maestricome Tino Tracanna. Suono avvolgente,idee, una evidente passione per certi echifolk che impreziosiscono le composizionisenza banalità. Non un gruppo fisso,attorno, ma molti amici in diversi organici.Bella anche la voce strumentale diFrancesco Patti, contraltista all'opera nelWe Kids Trio a nome di Stefano Bagnoli,che arrangia anche tutti i brani di Un altroviaggio (Ultrasound Records), conGiuseppe Cucchiara al contrabbasso. Uncinquantenne e due diciottenni nella band,segno che ci si può intendere fragenerazioni diverse se si suona col cuore econ la testa. Oppure bisogna intendersi, ebasta, ed allora è magia: come quella chescaturisce da In viaggio (Azzurra Music),dove il flautista Stefano Benini incrociale note con quelle degli strumenti«etnici» di Matteo Bellini, peraltroimbracciati anche da Benini. Con rigore efantasia. (Guido Festinese)

ON THE ROAD

INDIE POP

Daughter, l’ecodella malinconiaNon saranno la band più solare delpanorama, e non saranno neancheinnovatori, però ci sanno fare, eccome. IDaughter, trio londinese nato per voleredella leader e vocalist Elena Tonra (inorigine un solo project), debuttano allagrande con If You Leave (4Ad/Self), album adir poco malinconico, tanto nelle sonoritàquanto nelle liriche. Musicalmente si muovetra pulsioni folk e dream pop, e se la vocalitàpuò ricordare quella di Florence & TheMachine, le strutture armoniche e il soundriportano alla mente The Xx, superandole, anostro avviso, di gran lunga. Soluzionishoegaze, ma trattate attraverso il synthpop, arrivano invece dal duo pariginoTomorrow's World, e dal loro esordioomonimo (Naïve/Self). Piacevole, senzapicchi, né in eccesso, tantomeno in difetto, edecisamente meglio quando a cantare è labella Lou Hayter. E nell'aria aleggiano gli...Air. Torna la miscela dream pop/post rockdei canadesi The Besnard Lakes. Until inExcess, Imperceptible Ufo (Jagjaguwar/Goodfellas), quarto album della band, viaggiae fa viaggiare tra atmosfere sognanti, allimite della fragilità, che sanno farsi compattee solide come roccia. Un bel disco, nienteda dire. (Roberto Peciola)

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(6) ALIAS4 MAGGIO 2013

LA SATIRA POLITICA, IL FUMETTO, LA FACTORY DI ANIMAZIONE

INTERVISTA ■ NADIA KHIARI

Un gatto di nomeWillis ci raccontala rivoluzione tunisina

di VALENTINA PORCHEDDUBARCELLONA

●●●Nadia Khiari, in arte Willisfrom Tunis, è una giovanedisegnatrice e fumettista tunisina.Il personaggio da lei creato, ungatto buffo, un po’ sornione ecombattivo che a seconda dellesituazioni può divenire lacaricatura di personaggi reali -protagonisti della scena politicatunisina o internazionale - èdiventata una vera e propria iconadella rivoluzione dei gelsomini econta ad oggi più di ventimila fanssu Facebook(http://www.facebook.com/pages/WillisFromTunis/145189922203845). Sarebbe però riduttivo confinareil successo di Nadia Khiari aInternet (da ricordare anche la suapartecipazione alla webzinehttp://www.yakayaka.org/).Docente di arti plastiche, attivistaper i diritti umani e delle donne,vincitrice nel 2012 del premioDaumier nell’ambito del SecondoCartooning for PeaceInternational Meeting, NadiaKhiari è un esempio coraggioso dicome l’arte e la satira possanodare un contributo concreto allacaduta delle dittature, veicolando– attraverso il sorriso e la forza diun gatto che potrebbe essereognuno di noi - messaggi dilibertà e dignità.

●All’inizio, quando vedevo levignette di «Willis from Tunis»,non immaginavo che l’autricefosse una donna. Infatti in Italia,ma anche in altri paesi esteri, idisegnatori satirici più famosisono tutti di sesso maschile. Pensiche questo dipenda dal fatto chela satira sia legata alla politica eche la scena politica sia occupataprevalentemente da uomini?Io credo che questo mestiere siaaccessibile a tutti, senzadiscriminazione di sesso. È vero,c’è una maggioranza di uomini chelo praticano ma le donne sonosempre di più. Ad esempio in NordAfrica, oltre me, ci sono ancheun’egiziana e una libica. Io,quando disegno, non ho per forzaun punto di vista femminile.Difendere la causa delle donne,per me, è importante ma possoprendermi gioco di loro quantodegli uomini.

●Willis è nato in seguitoall’ultimo discorso di Ben Alì alpopolo tunisino, nel gennaio del2011. Qual è stato il tuosentimento nei confronti di queldiscorso e perché hai deciso dipassare, per così dire, all’azione?Ho sempre disegnato per lepersone che mi circondano, amicie famigliari, soprattutto per farliridere nelle situazioni di tensione.Durante quel discorso, ero chiusain casa e ho sentito umiliazioneper le parole di Ben Alì. Come setutto ciò non bastasse, dopo latrasmissione del discorso in tv, imilitanti del Rcd(Raggruppamento CostituzionaleDemocratico, n.d.r.) sono scesi instrada per acclamare il presidentemalgrado il coprifuoco. Si ètrattato di una messa in scena,un’ulteriore umiliazione, che mi haprovocato la voglia di fare disegniper sdrammatizzare il momento.Poi l’idea è stata quella di creareuna pagina su Facebook, percondividere i disegni con la miafamiglia, che non potevo vedereproprio a causa del coprifuoco.

●Avevi già fatto fumetti prima? Egraffiti?Sì, facevo fumetti anche prima manessuno voleva pubblicarli.Quanto ai graffiti, sono stata

direttrice di una galleria d’Arte aTunisi e, a partire dal 2009, avevoorganizzato alcune esposizioni distreet art. Conoscevo l’ambientedei writers e dopo la rivoluzione cisiamo detti che sarebbe statointeressante andare nelle casedella famiglia di Ben Alì, che eranostate abbandonate e saccheggiate.Abbiamo pensato, infatti, chefossero il luogo ideale per farpassare dei messaggi politici, nonsolo perché erano luoghi simbolicima anche perché se moltepersone non visitavano le gallerie

d’arte, visitavano invece quellecase per vedere come viveva lafamiglia di Ben Alì.

●Qual è, attualmente, lo stato delfumetto in Tunisia?Esiste da sempre una produzionedi fumetti, ma la scusa che glieditori mi davano per nonpubblicare i miei disegni era chenon avrebbero venduto.

Naturalmente si sbagliavano. Cisono molti fumettisti in Tunisia,soprattutto ora, e in gruppoabbiamo creato una casa editriceche si chiama Yaka éditions, conl’obiettivo di pubblicare ancheraccolte di vignette satiriche e librid’arte.

●Perché hai scelto di dare voceproprio a un gatto?Perché ho un gatto che si chiamaWillis e lo disegnavo già prima,anche se in un contesto differente,di fantasia. Ho pensato chesarebbe stato un buon simbolo,non solo perché in Tunisia sitrovano molti gatti per le strade maanche perché sono animaliindipendenti, restii all’obbedienza.In più il gatto nero è spesso ripresotra i simboli dei monumentianarchici.

●Il gatto Willis, in realtà, èmolteplici personaggi.Il primo gatto che ho disegnatoè stato Ben Alì! Ma Willis possoessere io o può essere Obama,Gheddafi…Insomma gli do laforma che meglio si adatta aimessaggi che vogliotrasmettere.

●Tra i personaggi c’è ancheuna donna anziana.È la vecchia ninfomane! Usoquesto personaggio per far passaremessaggi-tabù, soprattutto acarattere sessuale. Infatti nellanostra cultura le donne anzianesono rispettate anche quandodicono stupidaggini.

●In una delle tue ultime vignette,il gatto Willis impersona larivoluzione che dice: «Ho dueanni e mezzo e sono stataviolentata da tre vecchi». Chisono i vecchi? E quali pensi chesiano, dopo due anni e mezzo, leconquiste e le sconfitte della

rivoluzione?I tre vecchi sono la cossiddettatroika : Marzouki, Ben Jaâfar eGhannouchi, i capi dei tre partiti algoverno. La rivoluzione èscoppiata perché durante ladittatura di Ben Alì c’eranopovertà, miseria e disoccupazione.La gente, per le strade, gridava«Libertà, dignità, lavoro». Lalibertà, soprattutto quellad’espressione, l’abbiamoconquistata, anche se ogni giornogli artisti, i giornalisti e gliintellettuali subiscono delleminacce e devono lottare perconservarla. Per quanto riguarda ilresto, niente è cambiato. Lasituazione economica è peggio diprima, abbiamo votato per lascrittura di una Costituzione eancora non l’abbiamo, non c’è unprogramma politico chiaro né unadata per le elezioni.

●Hai partecipato al World SocialForum che si è svoltorecentemente a Tunisi?Non ho partecipato al Forum mal’ho utilizzato, o meglio hoapprofittato della marcia che si èsvolta il primo giorno per attirarel’attenzione della stampainternazionale sul collettivoZwewla (poveri, n.d.r), un gruppodi writers originari di Gabès,arrestati dalla polizia per avertaggato su un muro messaggicome «il povero è unmorto-vivente in Tunisia». Sarannoprocessati nei prossimi giorni ehanno molti capi d’imputazione,fra i quali proliferazione dimessaggi falsi e attentato all’ordinepubblico. Si tratta di un processopolitico, che ricorda i metodi diintimidazione utilizzati sotto BenAlì per far tacere gli artisti.

●Al di là di questo episodio, pensiche dal Forum siano uscitimessaggi importanti?A me ha dato l’opportunità diincontrare attivisti da tutto ilmondo e di discutere con lorodella situazione della Tunisia,affinché a loro volta possanoparlarne nei loro paesi, perché nonsempre la stampa «ufficiale»racconta la verità su quantoaccade. Questo lo considero già unrisultato significativo.

●Hai disegnato una vignetta«divertente» sull’escissione,pratica che gli islamisti radicalivorrebbero introdurre in Tunisia.Questo tentativo di riportare lacondizione della donna almedioevo ti spaventa?

No, non mi spaventa perché lasocietà civile è presente e reagiscecon sdegno all’oscurantismo. Ilvero problema è che l’attualegoverno passa il tempo a parlare divalori morali, utilizzando lareligione per fini politici, perdistogliere l’attenzione dalladisastrosa situazione economica incui versa attualmente la Tunisia.

●Sempre a proposito di donne,cosa pensi di Amina Tyler, laprima femen tunisina, che si èfotografata a seno nudo con loslogan «Il mio corpo miappartiene e non rappresental’onore di nessuno»? Credi che ilsuo fosse un gesto di emulazione /provocazione o c’è, nelleadolescenti tunisine, una realenecessità di liberazione delproprio corpo?Questo genere di protesta serve acreare scandalo. Io lavoro conun’associazione femminista, cibattiamo per la parità di salario ealtre cose importanti, siamo sulcampo. Ma nei media non se neparla. Il giorno in cui mostreremo inostri seni, forse si accorgerannodi noi. Io credo però che bisognaandare oltre la provocazione. Ledonne tunisine sono parte attivadella società, siamo un caso«privilegiato» nel mondo arabo esarà difficile privarci dei nostridiritti. Il gesto di Amina hasuscitato reazioni violente, perchénel mondo arabo un corpo nudo èconsiderato ancora come un tabù.Ma penso che la violenzaesercitata ogni giorno sulle donne,ovunque nel mondo, sia molto piùgrave.

●Con i tuoi disegni haiaccompagnato il popolo tunisinodurante la rivoluzione e le primeelezioni democratiche del paese.E continui ad essere presente inquesto difficile momento ditransizione. Dove desideratearrivare, tu e Willis?Ho iniziato a disegnare Willisspontaneamente ed è quello checontinuo a fare anche ora,soprattutto per lo scambio cheintrattengo con i miei lettori. I lorocommenti alle mie vignette midivertono e mi arricchiscono. Nonfaccio calcoli, quando ho voglia difare un disegno lo faccio,altrimento no. Non è un lavoro perme. È come se avessi un blog. Soloche lo strumento che utilizzo non èla scrittura, ma il disegno. È certo,inoltre, che finché i politicicontinueranno a fare sciocchezze,io avrò qualcosa da dire!

A destra un ritratto di Nadia Khiari, aliasWillis from Tunis e in pagina alcune suevignette

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INCONTRI ■ EUGENIA MONTI

Il fumettosopra Berlino,Darkam

di ALBERTO CASTELLANONAPOLI

●●●Piazza del Gesù Nuovo a Napoli è un po' illuogo-simbolo del centro storico ma è stato anche ilcuore della cinematografia partenopea. Là negli annid'oro del nostro cinema si concentravano le agenziedelle major americane e delle piccole società diproduzione e della distribuzione, in un frenetico via vaidi esercenti, distributori e trasportatori. Da molti anniquesta piazza con il tramonto del vecchio cinema(chiusura di tante sale storiche di quartiere, espansionedei multiplex, l'avvento della digitalizzazione che hamandato in pensione pellicola e proiettori decretandol'inutilità di agenzie e distributori), è diventata solo luogodi transito di studenti e turisti (vicino c'è la stupendaChiesa di Santa Chiara) e una delle zone-chiave dellamovida napoletana. Il Palazzo Pandola ubicato alnumero 33 di Piazza del Gesù è un edificio storico digrande valore simbolico e architettonico incrementatonell'immaginario perché è stata una location di filmitaliani mitici come L'oro di Napoli e Matrimonioall'italiana di De Sica. Alcune scene dell'episodio con DeSica che gioca a scopa con il bambino che non riesce abattere e della versione di Filumena Marturano conMastroianni e Sophia Loren sono state giratenell'androne e negli appartamenti dove ora hanno sedel'Agis campana e la Stella Film. Luciano Stella, esercente,distributore, operatore culturale, organizzatore di eventie oggi produttore ha collocato lo stato maggiore diun'interessante factory di animazione proprio in quelliche furono gli uffici di suo padre Antonio, il decano deidistributori partenopei.

Insomma se i 'fantasmi' del (post)neorealismo di DeSica, Mastroianni e la Loren ancora si aggirano nelpalazzo e nella piazza, Stella jr. nel segno della continuitàcon l'azienda di famiglia ha aggiornato con un pizzico dispregiudicatezza che non guasta genere, target e obiettividel cinema rendendo reali i 'fantasmi' dei cartonianimati. Nel 2010 è nata la Mad Entertainment doveMad sta per Musica, Animazione, Documentari fondatadallo stesso Stella, Antonio Fresa, Luigi Scialdone, eNicola Barile, Character Designer, che però ha lasciatopreferendo proseguire da solo con la sua TilapiaAnimation. La società con la dimensione di una giovanefactory dove convergono forti competenze provenientida esperienze creative diverse, ha l'obiettivo disviluppare un contenitore professionale nei settoridell'animazione in 2D e 3D, del cinema documentario,della produzione ed edizione musicale. È una piccolaazienda che occupa 55 dipendenti, ma lo spirito è quello

della bottega creativa e del lavoro di squadra conattenzione alle tecnologie più avanzate e alle strategie dicoproduzioni e partnership cinematografiche e televisive,italiane e straniere. E così in meno di tre anni dallanascita, la società può già fare con orgoglio un bilanciolusinghiero.

Negli studi di animazione e registrazione (un'ottantinadi postazioni, computer, attrezzature digitali sofisticateper le post-produzioni video e sonore, mixer , strumentimusicali) disegnatori, esperti di animazione incomputergrafica, tecnici, musicisti hanno dato forma estile a due prodotti di animazione realizzati incollaborazione con Rai Fiction: Il piccolo Sansereno (regiaIvan Cappiello) trasmesso da Rai2 nell'ottobre 2012, Lacantata dei pastori (regia Nicola Barile) trasmesso daRai1 il 26 dicembre 2012. Non solo animazione però.Sono stati prodotti anche il documentario L'uomo con ilmegafono in coproduzione con Figli del Bronx, lo spottelevisivo per orologi Scraak trasmesso dalle retiMediaset, sono state realizzate alcune colonne sonore. Esono vari i progetti in produzione e pre-produzione, daCenerentola: la gatta del porto, musical animato, ASkeleton Story di Alessandro Rak dall'omonimo fumetto,i documentari Coconut (un incontro tra l'India e l'Italia)e Lo sposo di Napoli di Giogiò Franchini su AchilleLauro. In questo momento il team di Mad è concentratosulle fasi finali della produzione (coprodotto da Big Surin collaborazione con Rai Cinema e Cinecittà Luce) diL'arte della felicità, il primo lungometraggiod'animazione ispirato all'essenza dell'omonima rassegnadi filosofia inventata dallo stesso Stella dedicata ognianno a un tema (la prossima edizione, la nona, inprogramma a settembre è sul desiderio). Le primeimmagini e il trailer del cartoon destinato a un pubblicoadulto, sono state mostrate a una platea di produttoriinternazionali al recente Forum di Lione, il piùimportante appuntamento di coproduzione perl'animazione europea.

Mad vuol dire anche «pazzo» e un'operazione comequesta non può essere messa in moto con eccessivaprudenza e calcoli ragionieristici. «Per creare questafactory – dice Stella – ci voleva un po' di 'sana' pazzia,quel pizzico di spericolatezza e spregiuticatezza che daanni manca nel cinema italiano. Il progetto nasce dallaconvinzione che esistono un mercato e un bacinod'utenza internazionali più grandi di quello che si credeper l'animazione europea e quindi anche italiana (nontutti i grandi e piccoli amano l'insuperabile cartoonamericano) e che c'è anche un altro mercato da creare.A differenza del cinema di fiction, l'animazione mette ingioco un linguaggio di per sé più universale e diconseguenza abbiamo l'ambizione di creare il primopolo dell'animazione italiano.

Pur avendo una buona tradizione di animazioneartigianale da Bozzetto e Nichetti a Enzo D'Alò, i nostriproduttori cinematografici non hanno mai lavorato suuna strategia lungimirante per indirizzare le potenzialitàdi realtà autoproduttive verso un progetto industriale. Èarrivato il momento di 'sfidare' altri paesi europei chehanno già intuito da anni queste strategie, sul terrenodell'animazione digitale più avanzata anchetridimensionale. È una scommessa, per ora cimuoviamo su low budget (L'Arte della Felicità costa900.000 euro) ma stiamo facendo di necessità virtù,credo con saggio equilibrio, grazie a un mix di strutturetecniche altamente professionali, competenze,creatività, entusiasmo giovanile».

In alto: negli studidi MadIn basso: fumetti diDarkman

di NATASHA CECIBERLINO

●●●Davanti alle tavole di EugeniaMonti, in arte Darkam, si hal’ennesima conferma della potenzaespressiva con cui il fumetto puòraccontare storie di emigrazione o dicambiamenti delle e nelle metropolieuropee. Il microcosmorappresentato da Darkam, originariadi San Marino e studentessa di Arte aUrbino, Bologna e Barcellona, «non èfiltrato dalla razionalità, dal cervello:si disegna direttamente con lebudella sul tavolo» , come lei stessaafferma. Il suo è un tratto quasionirico legato al corpo, ad una fisicitàdel disegno contaminato anche dallaattività di piercer.

Il ventaglio dei suoi lavori(www.darkam.org,http://taccuinoviaggiatore.blogspot.de/) è vasto quanto composito: dalfumetto in senso stretto, all’universodell’illustrazione fino a sconfinarenella pittura. Darkam collabora dasempre con magazine e fanzine comeSquame/écailles, Touch ArtMagazine,Inguine Mah!gazine; nel2008 «fumetta» le storie di MonicaNardozi in Mozziconi (Edizioni DelVento) e nel 2011 una sua storia èperfino trasposta in cirilliconell’antologia Stripolis accanto ailavori di fumettisti serbi, tra vecchia enuova generazione. Infine si giunge aBerlino, dove Darkam si trasferisceallestendo anche due mostrepersonali. Le chiediamo come è statoil passaggio atistico dall’Italia aBerlino: «Fin da subito Berlino mi hatravolta con i suoi moltissimi input.Io ne ero inebriata costantemente ein modo così intenso che, ad un certopunto, non avevo più neanche iltempo di metabolizzare gli stimoli. ABologna indubbiamente sonocresciuta e mi sono formata

artisticamente, ma il contesto eraabbastanza di nicchia. Qui a Berlino,anche se può sembrare retorico, misono trovata a contatto con linguediverse, con backgrounds artisticidiversi dal mio, il tutto in un contestovisto e vissuto con gli occhi di unastraniera».Anche da straniera,tuttavia, le sue storie si continuano alegare al corpo, al corpo di una cittàin preda ad un cambiamento cosìrapido che quasi tutti gli esuli, italianie non, che ci si trasferiscono, nonhanno il tempo di mettere bene afuoco. Darkam esprime con ilfumetto «Alles muss Raus» il suopunto di vista sulla questione della«East Side Gallery», ovvero il secondo

abbattimento del muro di Berlino.Nelle ultime settimane i berlinesi sisono mobilitati per salvare il trattopiù lungo e meglio conservato delmuro di Berlino trasformato, dopo ilcrollo del 1989, in una galleria d’artea cielo aperto. Ad insediare ilmonumento storico c’è lacostruzione del lussuoso palazzoLiving Levels, accanto alla Sprea, ilcui ingresso sarà, appunto, ostacolatodal muro. Tra l’indignazionecittadina, non sono mancatinemmeno elementi tragicomici comel’intervento dell’attore DavidHasselhoff, a favore dellasalvaguardia, e le allusioni delloSpiegel alla presunta appartenenzadell’investitore Maik Uwe Hinkel allafu Stasi, poi smentita dallo stesso. Almomento la situazione è ancora installo: a giorni di acceso dibattito sialternano incursioni notturne dellagru a ridosso del muro, falsepromesse e gli imbarazzi del sindacoWowereit.

«Avevo già visto, naturalmente,continua Darkam, come sitrasformano i quartieri, cercando dinon darci troppe peso, nel senso cheè naturale che le cose cambino. Ma difronte a un evento di tale portata,soprattutto simbolica, non potevo piùarchiviare la faccenda. Mi sembravache prima di allora Berlino riuscisse aconvivere con i fantasmi del suopassato in modo meno anonimo.

Le chiediamo per quanto tempoBerlino sarà ancora percepita come laterra promessa: «Beh, sappiamo tuttiche l’incanto per questa città avràuna fine quando sarà completamenteun altro luogo. Per quanto miriguarda una certa Berlino mi dàmolte più storie rispetto, ad esempio,ad una sua idea di architettura piùbanale e normalizzata». Le storie diDarkam affondano nella realtàquotidiana berlinese raccontando ilmuro come memoria storica tedescaminacciata dalla gentrificazione, maanche le vicende dei quartieri e leimpasse linguistiche di chi viveall’estero e magari entra in unapanetteria per ordinare una torta(Kuchen) e alla fine si ritrova achiedere una cucina (Küche). È il

caso dei fumetti Wasserschlacht! ePanzer Frau. Nel primo caso lospunto è quello di una amichevolebattaglia tra gli abitanti dei quartieridi Kreuzberg e Friedrichshain, untempo divisi dal muro, al centro delponte Oberbaumbrücke, altrocheckpoint, con il fiume che vi scorrein mezzo. Crollato il muro i duequartieri sono stati accorpatiamministrativamente e circa ognianno, più o meno ufficiosamente, gliabitanti si contendono a suon dilancio di uova, verdure marce egavettoni, la nomea di quartierealternativo, ora che Friedrichshain halasciato da tempo la cappa soffocantedella Ddr e Kreuzberg ha attrattosempre più turisti. «Panzer Frau»,invece, è una rivisitazione ironica,

anche nella letterale traduzione intedesco, dello scorrettissimo fumettoinglese di fine anni Ottanta Tank girl,frutto della fantasia altrettantoirriverente di Alan Martin e JamieHewlett. Così come la protagonistadel comics inglese, una ribelle pilotadi carri armati dell’esercitoaustraliano, vive strane avventure azonzo per l’Australia, Darkam,«panzer frau» berlinese acquisita, vivele bizzarrie di un confrontolinguistico e culturale non semprepacifico. Ci sono moltissimi libri sultavolo di lavoro di Darkam, fumettima non solo. L’audacia dellefotografie di Nobuyoshi Araki e leopere di Stefano Ricci, divise trafumetto, illustrazione, grafica,scenografie per il teatro e la danza. Lacontaminazione, ormai, non puòessere che conditio sine qua non.«Oggi - dice - vedo moltissime realtà,anche piccole, autoprodotte, di altaqualità, che però purtroppo spessonon riescono ad andare oltre, aconquistare vaste fette di pubblico,complice anche un contestoeditoriale troppo di nicchia. Laquestione è sempre la stessa, cheriguardi nello specifico l’Italia e unpo’ meno l’estero, ovvero quella diriconoscere tutto questo come unvero e proprio lavoro».

NAPOLI ■ MAD ENTERTAINMENT

Pazza ideadi factoryanimata

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MILANO, FESTIVAL DEL CINEMA AFRICANO

di DONATELLA DELLA RATTA*●●●Nelle ultime settimane del mesedi marzo 2011, a pochi giornidall’inizio ufficiale, il 15 marzo, dellemanifestazioni che chiedevano«libertà e dignità» (hurriya wakarama) per il popolo siriano,Damasco era tappezzata di posterpubblicitari colorati.

Quello che da subito aveva attiratola mia attenzione, tanto dafotografarlo più volte, ritraeva unamano alzata, di vari colori,accompagnata dallo slogan a letterecubitali: «Io sto dalla parte dellalegge». Ne esistevano varie versioni:«grande o piccino, sto dalla partedella legge»; «emotivo o razionale, stodalla parte della legge»; «progressistao conservatore, sto dalla parte dellalegge». Ogni volta lo slogan eraaccompagnato da una mano alzata,blu, arancio, verde; tanto che, contutte quelle mani che era come segridassero all`unisono «io sto dallaparte della legge», mi sembrava dicamminare in un`orwelliana città del

Grande Fratello. L’avvertimento aicittadini era chiaro: chiunquemanifesti si mette contro la legge,ergo non bisogna manifestare.

Eppure, per quante mani coloratepullulavano nelle strade di Damasco,altrettante copie virtuali nespuntavano su Facebook. I postererano esattamente gli stessi, usavanolo stile e i caratteri di quelli riprodottinella capitale siriana, però nellaversione Internet le mani alzateaccompagnavano altri messaggi,composti su toni ironici e provocatori,del tipo: «Io sto dalla parte dellalegge... ma dov’è?». Oppure: «Io nonsono indiano», un’espressione checorrisponde a «non puoiimbrogliarmi», per ricordare agliideatori della campagna che ognicittadino siriano ha ben presente cosavoglia dire «legge» in Siria e chi nedecide i contenuti e i limiti.

Probabilmente, colpiti dall’ondatadi remix anonimi e virali, ipubblicitari - e i poteri che vi sicelavano dietro - decisero allora di

aggiustare la campagna su toni piu`neutri. Fu così che la mano alzataprese il colore verde, dietro unosfondo rosso nero e bianco (i coloridella bandiera siriana),accompagnando un sobriomessaggio: «la mia richiesta è la tuarichiesta. Io sto dalla parte della Siria».Il tentativo era chiaro: sostituire lacontroversa idea di «legge» con unconcetto più universale, quello dipatria, al quale tutti i siriani avrebberodovuto sentirsi legati, e nell’interessedel quale avrebbero dovuto smetteredi manifestare.

Eppure, anche questa volta,un`ondata di parodie del poster e delsuo semplicistico slogan si riversò suInternet. E, stavolta, anche nellestrade della Siria. Armato di unpennarello, probabilmente a nottefonda, senza essere troppo notato,l’anonimo cittadino scrisse sul postercon la mano alzata: «La mia richiestaè la libertà». Un altro, cancellando laparola «Siria», compose la frase finale:«Io sto dalla parte della libertà».

Da quella lontana primavera 2011molte cose sono successe: e larivoluzione siriana, che per molti,

all’inizio, significava mani alzate,disarmate e pacifiche, si è trasformatanella guerra civile di cui sentiamoparlare ogni giorno dai mass media.Eppure, il fatto che lo scontro fra ilregime e i manifestanti sia diventatosempre di più uno scontro armato,che una parte della rivoluzione abbiaimbracciato le armi, e che non meglioidentificati battaglioni di combattentistranieri si siano installati in Siria conlo scopo di liberarla dagli Assad pertrasformarla in un improbabilecaliffato islamico, non ha spazzato viagli atti di resistenza creativa della

popolazione civile.La campagna delle mani alzate

continua a saltare fuori dagli angolipiù improbabili della rete, con ognisorta di messaggio. In alcuni casi, lemani sono diventate quattro, che sitendono a due a due in una stretta,mentre lo slogan dice: «che tu sia conil regime o con l’opposizione, restisempre mio fratello», a invocare ildialogo fra la società civile. In altriposter remixati dagli utenti anonimi,le mani si moltiplicano,accompagnando lo slogan: «offritivolontario», in riferimento all’estremobisogno di solidarietà in unasituazione in cui aumentano glisfollati e i senza tetto dentro il paese.

Non solo: in risposta alle campagnepubblicitarie governative e allaversione ufficiale dei media siriani,che hanno da subito dipinto la rivolta

L’arte non dimenticatadella resistenza

CREATIVE SYRIAIn mostra artisti noti

e anonimi del web chedocumentano la resistenzadella società civile in Siria

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siriana come frutto dellamanipolazione e della cospirazionestraniera, sono spuntate miriadi dipagine satiriche su Facebook. Come«The chinese revolution» e «Syriantank wash service», entrambiprovenienti da Homs, che ironizzanosulla matrice «aliena» dellarivoluzione siriana. In parallelo, nellestrade della Siria diventavanopopolari gli slogan e i cartellonicolorati dipinti dagli improvvisatiartisti di Kafer Nabl, un villaggio delnord della Siria la cui popolazione,per la maggior parte agricoltori, si è -dall’inizio della rivoluzione – prestataa produrre poster satirici chesbeffeggiano il regime e l’incapacitàdella comunità internazionale ditrovare una soluzione alla crisisiriana.

Anomini cittadini siriani si sonocimentati in ogni tipo di gesto diresistenza creativa e disobbedienzacivile. Il gruppo Ayyam al-hurriya(Freedom days), sul suo canaleYouTube e sulle sue pagine Facebook,ha prodotto un ciclo di video chespiegano, in maniera semplice ecreativa, cosa vuol dire disobbedienzacivile, illustrando una serie di azioniche i cittadini – anche coloro che nonvogliano direttamente essere coinvoltinelle manifestazioni per paura diritorsioni e violenze – possonoportare avanti per dimostrare ilproprio dissenso rispetto al regime.

La campagna che ha ottenuto piùrisonanza è forse quella dello scioperodella dignità (idhrab al-karama),portata avanti nel maggio del 2012, inparticolare nel mercato piùimportante della capitale Damasco, ilsuq al-Hamidiyya. Lo slogan deidisobbedienti era: «Chiudi il tuonegozio, apri il tuo cuore», e consuccesso le serrande dei negozi delsuq rimasero abbassate, almeno finoa quando le forze di sicurezza nonintervenirono per far riaprire leattività commerciali.

Altri gesti di disobbiedienza civile,come il movimento ispirato ai rijalal-bakhakh (gli spray men), hannomirato a riprendere il controllo deglispazi pubblici delle città e adiffondere i messaggi pacifici delmovimento di protesta contro ilregime – slogan come «la nostrarivoluzione è pacifica» – attraversograffiti disegnati sui muri e diffusiviralmente dalla pagina Facebook«Freedom Graffiti Week» alle stradedella Siria. Eppure, anche in questocaso, la repressione è statasproporzionata, e uno dei simboli delmovimento graffitaro siriano, ilgiovane Nour Hatem Zahra, ha

pagato con la vita, nell’aprile del 2012,il prezzo per aver dipinto parole ecolori sui muri di Damasco.

Nonostante la reazione violenta, gliepisodi di disobbiedienza civile eresistenza creativa hanno continuatoad abitare le strade e le piazze siriane.Persino oggi, quando l’eco dellaviolenza di cui sentiamo parlare suimedia sembra aver terrorizzato lasocietà civile ed averla paralizzata neisuoi gesti attivi di dissidenza, laresistenza creativa continua.

Quando l’università di Aleppo èstata bombardata, nel gennaio del2013 – un episodio i cui dettagli e laresponsabilità non sono mai venutirealmente alla luce – lasciando oltreottanta morti e centocinquanta feritifra gli studenti che si trovavano infacoltà a sostenere gli esami, i lorocolleghi hanno rispostoimmediatamente alla violenzacreando poster, quadri, manifesti,composizioni grafiche per ricordare almondo, attraverso l’espressioneartistica, la tragedia umana in corso.

E qualche mese fa, in occasione delsecondo anniversario dell’inizio dellarivoluzione, quando gli attivisti hannoaperto forum di discussione suInternet per dibattere su comecommemorare l’evento, si è deciso diutilizzare la parola «festeggiamenti»(ihtifalat) ed avviare una campagna su

tutto il territorio siriano perrivitalizzare lo spirito originario dellarivoluzione.

Così i luoghi controllatidall’esercito libero hanno vistonascere attività culturali ed educative,come workshop per bambini, teatrodi strada, lettura di testi poetici;mentre le città sotto il controllo delregime, come la capitale, hannoassistito al moltiplicarsi di graffiti earte murale, con lo scopo di ricordarealla società civile il suo diritto ariprendere possesso degli spazipubblici, ormai controllati da unaparte dal governo, e dall’altradall’opposizione armata.

La resistenza della società civilecontinua in Siria, in forme e modisempre diversi e in mutazione, adispetto di coloro che la vorrebberoormai schiacciata dal gioco politico disuper-potenze regionali e mondiali odalla violenza militare sul campo.

«Creative Syria» è un piccoloomaggio a questa capacità del popolosiriano di continuare a creare, adisobbedire, a resistere.

Il percorso della mostra si articolain due direzioni.

La prima espone una selezione dilavori di artisti siriani, emergenti o giàaffermati, che hanno dedicato questiultimi due anni a raccontare il paese,il suo dolore, la sua speranza e la suavoglia di ricostruzione, attraverso ognigenere di linguaggio artistico, dalvideo alla performance, dalla musicaalla poesia.

La seconda si dedica ad esplorare lacreatività user-generated, quellaanonima, viralmente diffusa suInternet e nelle strade della Siriaattraverso gli slogan e i cartelloni dellemanifestazioni, le parodie e i graffiti, iposter politici e i remix.

In questo tipo di creativitàpartecipativa e diffusa si cela un’ideadi cittadinanza attiva che esprimeidee politiche attraverso la creazionedi contenuti nuovi e irriverenti; edimostra, con la sapienterimanipolazione dei messaggiprefabbricati dal potere, di esserecapace di rovesciarne la narrativa eprodurre nuovo senso.

Questa creatività anonima e virale èla chiave del futuro della Siria:dimostra che esiste una società civiletuttora viva, attiva e partecipativa,poichè creativa.

Eppure, la bellezza prodotta daquesti artisti, sia noti che anonimi,non ci deve rassicurare, o confortare,né tantomeno farci dormire sonnitranquilli, certi che la società civilesopravviverà, nonostante tutto. Unosforzo creativo è richiesto anche a noi,cittadini dell`altra sponda delMediterraneo, per immaginare modidiversi e urgenti per sostenere lacreatività della società civile siriana.

*Dal catalogo del festival

Quegli 850desaparecidos

Qualche giorno fa sono andata a trovarePaolo Grassini, vecchio amico regista(Roma Paris Barcellona codiretto con ItaloSpinelli) e documentarista «politicamentescorretto» che ha filmato la guerra control’Eta, il processo di pace tra guerriglia eesercito in Guatemala, Haiti, Mozambico, lamarcia zapatista in Messico, il movimentodei naxaliti, e in Afghanistan Un italiano aKabul e Il decalogo dei taliban, Under TheTaliban e Pakistan: Donne e fondamentalismoe Il piccolo gioco sugli artisti afghani chehanno resistito al regime dei taliban. PoiTamburi dell'Amazzonia, Nuestro norte es elsur in Venezuela, negli ultimi anni realizza 4documentari sulla difficile integrazione deiRom a Videoset società di produzionesuperindipendente da lui fondata a metàdegli anni ottanta (divenuta nel periodo delsecondo attacco all'Irak la sede di Globaltv) e come sempre accade quando passoda lì l'ho trovato alle prese con unmontaggio. Stava riducendo a cinque minutiper rai news il cospicuo materiale giratoinsieme a Stefano Moser direttore dellafotografia e regista nell'ultimo viaggio aTunisi. «guarda è stata un'esperienzafortissima ci hanno circondato tutteinsieme disperate e non ci mollavano» e miha mostrato alcune scioccanti intervistefatte alle madri dei giovani desaparecidostunisini: si tratta di 850 ragazzi scomparsi dicui 250 arrivati nei viaggi avvenuti a ridossodella rivoluzione (prima e dopo) checompaiono nella denuncia presentatadall'arci, dall'Asgi (associazione studigiuridici immigrazione)e da alcuni familiarialla procura di Roma. C'è una piccoladelegazione di genitori che da più di unanno resiste a Roma tra molte difficoltàlogistiche senza riuscire a venire a capo delmistero, nel luglio del 2012 è statapresentata una interrogazioneparlamentare da Livia Turco, il governo,nella persona di Nicola Ruperto, harisposto che effettivamente 14 dei nomidella lista sono transitati in Italia, ma senzafornire nè i documenti nè le date. Ma iragazzi di cui si sono perse le tracce sono250 e le loro madri sia in Tunisia che aRoma sono riuscite a riconoscere daicinegiornali vari (due dei quali sono statirecuperati più un terzo girato al Cie dicivitavecchia) i loro congiunti dopo losbarco a Lampedusa, quindi vivi, nonannegati, approdati nel nostro bel paesevivi. Certamente alcuni di loro, si sa dicinque studenti oppositori di Ben Alì adesempio, magari avranno voluto sparirevolontariamente, ma non si può credereche tutti e 250 abbiano deciso di tagliarecompletamente i ponti con le famiglie,senza neanche dare la più vaga conferma diesser vivi, e anche fosse, e mi sembraaltamente improbabile, sarebberocomunque dovuti essere registrati allosbarco. Perchè questo non è avvenuto?Perchè le autorità non forniscono alcunaspiegazione a riguardo? Non ci sarà percaso qualche connessione col nefastoaccordo preso con Gheddafi sugli sbarchiclandestini ? Perchè se così fosse allora siprospetterebbe il peggio, si sa che in moltihanno perso la vita nel deserto libico doveerano stati rispediti da qui. Le immaginidelle madri che agitano le foto, coi colorisgargianti e ritoccati a mano come lecartoline degli anni '50, dei figli alcuniancora bambini (sono scappati anche deiquindicenni) sono strazianti. Forse sarebbeutile coinvolgere una trasmissione comeChi l'ha visto se non altro per costringerechi di dovere a dire cosa è successo.

AFRICA, ASIA, AMERICA LATINATra

Concorso, corti, incontri (4-10 maggio)●●●Un appuntamento storico per gli appassionati del cinema del sud delmondo, il festival italiano interamente dedicato alla conoscenza dellacinematografia, delle realtà e delle culture dei paesi dell’Africa, dell’Asia edell’America Latina. Oltre 50 nazioni rappresentate, circa 80 tra film e videoproiettati. Il programma del 23˚ Festival del Cinema Africano, d’Asia e AmericaLatina (4-10 maggio) prevede le due sezioni competitive Concorsi Finestre sulmondo - aperte ai lungometraggi di fiction e ai documentari di Africa, Asia eAmerica Latina - e due concorsi riservati esclusivamente all’Africa: il Concorsoper il Miglior Film Africano e il Concorso per il Miglior Cortometraggi Africano(aperto a fiction e documentari). Anteprima all’Auditorium San Fedele (20.30)stasera 4 maggio con «Infancia clandestina» di Benjamin Avila. La storiadell’infanzia del regista che a 12 anni, nel 1979, con la sua famiglia torna inArgentina sotto falsa identità dopo anni di esilio.Non solo cinema, il cartellonedel festival prevede anche una serie di convegni sul temi dell’identità razziale edella migrazione. Domenica 5 nello Spazio Oberdan - dopo la proiezione del doc«In uno stato libero» di Paola Piacenza alle 14.30 - il convegno: «Migranti,cittadini, protagonisti». L’associazione interculturale «Todo Cambia», con lapartecipazione di Soleterre Onlus, presenta alle associazioni migranti eantirazziste milanesi e ai cittadini il documento, gli obiettivi e gli strumentiindividuati dall’Assemblea Mondiale dei migranti a Tunisi. Info e programma:http://www.festivalcinemaafricano.org/

Nelle due pagine, un mix di opere cheverranno presentate - pittoriche, grafiche,multimediali e poetiche - di artisti noti eautori anonimi a testimonianzadell'esplosione di della società civile siriana.Tra i lavori in mostra, quelli dell'artistasiriano emergente Tammam Azzam, delvisual artist Kevork Mourad, degli autorianonimi del Collettivo dell'Università diAleppo (che ne ricordano ilbombardamento) e altri.

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di SILVANA SILVESTRI

●●●Un pais invisible, un paeseinvisibile per lo più il Cile. C’è ancoragente che chiede: «ma c’è ancora ladittatura?» No, non c’è più. E amandare via Pinochet c’è stato ancheun plebiscito che nel 1988 chiese allacittadinanza se volevano ancoraPinochet o No. E il vasto movimento diopposizione si mise in moto perdimostrare in modo veramenteinnovativo che «No», era ora dicambiare. E nell’89 furono indette leelezioni democratiche. Ora al Festivaldelle terre Roma, cinema Nuovo Aquila7-10 maggio) si potrà vedere uno dei202 documentari che Teleanalisis giròdurante la censura imposta dalladittatura, distribuiti in videocassette,per tentare di arginare il silenzio dellatelevisione pubblica. Parlavano deisequestri, del debito interno dei paesilatini, di chi viveva nella miseria adispetto della propaganda che voleva ilpaese sempre rampante, della strategiadella paura. E poi «Immagini del paeseinvisibile» (martedì 7 maggio alle ore21) racconta come si riuscì a vincere ilplebiscito. Lo girò Augusto Gongora cheera il direttore di Teleanalisis,giornalista, storico cineasta eproduttore e che sarà al festival anchein giuria, una delle personalità cileneche più contribuì a costruire il terrenodell’opposizione e anche la trama visivadelle immagini che oggi servono dariferimento ai nuovi cineasti esoprattutto a Pablo Larrain, il nome dipunta della cinematografia che più dialtri ci ha riportato le immaginidell’elaborazione del dolore vissuto nelpassato, del clima di cecità e oscuritàche si viveva nel paese. Il film riporta imomenti della campagna per il No,quella novità assoluta che faceva inmodo da rendere positivo al pubblicoquella parola dal significato così

negativo. Nonostante la dittatura, ilpaese conservava una caratteristica chei militari non hanno potuto cancellare,la legalità. E la legge diceva che in casodi elezioni o di plebiscito anchel’opposizione avrebbe avuto diritto a 15minuti in televisione. Così per la primavolta dopo anni da quella piccolafinestra comparvero gli spot checomunicavano l’importanza di iniziareuna nuova epoca di allegria, dicambiamento.

Chiediamo a Gongora di parlarci delsuo film: «Il periodo in cui è stato giratoquesto film, dice era piuttostocomplicato. I giovani per le strademanifestavano ed esprimevanofinalmente quello che avevano dentro,ma si sapeva che i militari avrebberofatto di tutto per comunicare datidiversi, tanto che Pinochet convocò iquattri capi delle forze armate. Ma ilgenerale dell’aeronautica Matteifermato sulla porta dalla stampa che glichiedeva i risultati del plebiscitoammise: ha vinto il No. E così fuannunciato alla nazione. Il senso dilegalità aveva vinto su tutto. Questofilm mostrava l’immagine del paeseinvisibile, poiché l’opposizione aPinochet non è mai apparsa in tv, inCile non si vedeva nessuna immaginedi protesta».

In una sequenza il film mostra comein uno di quegli spazi di 15 minuticomparve l’immagine del poetaNeruda: «la televisione non lo avevamai celebrato e lui morì solo in un lettodi ospedale. Ora è in corso un processoper stabilire se si trattò di omicidio, seci sono tracce di veleno nel suo corpo.Lui era un simbolo per il paese, moltoamato e assai temuto dalla dittatura».Gli chiediamo se la ex presidentaBachelet che è tornata da poco nelpaese ha possibilità di essere rieletta:«Ci saranno le primarie il 30 giugno epoi le elezioni a novembre. Lei habuone possibilità, uno dei suoi obiettiviè colmare ancora di più la distanza chesepara le classi sociali, il problemadell’educazione per tutti. Anche sel’economia va bene, Piñerira non èmolto amato dalla gente, non c’è maistato un buon rapporto». Nei titoli diTony Manero si ringraziava Gongora, e

anche quando si vedrà No I giornidell’arcobaleno che esce il 9 maggio, uncampione di incassi in Cile, unmagnifico film vitale e politico, si capiràche il giovane Larrain deve molto allavoro dei documentaristi clandestini, ea «Immagini di un paese invisibile» inparticolare: «Per me No chiude unciclo, quello dei tre film firmati daLarrain dopo Tony Manero a PostMortem. Conosco bene Pablo e lostimo molto come regista, però bisognatenere presente un elemento chesecondo me è sbagliato e cioè che dalfilm sembra che la campagna del No siastata ideata da due o tre pubblicitari.Invece è stato un successo di tutto unmovimento, di una vasta mobilitazione.La soluzione mi sembra un po’ forzata,come fosse una lampadina che si eraaccesa nella mente di un creativo».Probabilmente Larrain ha sintetizzatoal massimo tutto il movimento e lo haconcentrato nella figura carismatica pertutto il latinoamerica e altrove di GaelGarcia Bernal, già famoso come CheGuevara da giovane. Inoltra ha messoin moto un’altra interessante sintesi,cioè che in quel decennio la maggiorparte dei cineasti cileni (quelli che nonerano in esilio) lavoravano nellapubblicità, che era peraltro unapubblicità famosa per la suairriverenza, l’ironia, macchina perdivertire come fu senz’altro lacampagna vincente per il No. «Latrilogia di Larrain ha dato un apportofondamentale alla nuova generazione.Ho chiesto a Miguel Littin cosa nepensava del film e mi ha ha detto: misembra molto buono, è bello che loabbia fatto lui della nuova generazionepiuttosto che io». Augusto Gongora haun blog dove abbiamo letto unbellissimo pezzo dedicato a Raul Ruiz:«Raul viene volando da la noche deenfrente e infine sarà di nuovo nella suaterra... torneremo tutti a conversare conlui durante lunghe passeggiate nel belmezzo delle sue intorno al cinema , lavita o qualunque altra cosa che siaggiunga a questo, splorando,chiedendo, ascoltando senza fretta apartire da qualsiasi dogna che schiaccil’immaginazione». Gongora è statoproduttore di serie di cui Ruiz andavaassai orgoglioso, che riscoprivano leradici della sua terra: La recta provincia,Litoral. «Quando lavoravo al canalepubblico della televisione cilena gliproposi di realizzare queste serie e feciil suo produttore esecutivo. Il passaggioin televisione lo rese famoso, perchépur essendo molto amato dagli altricineasti cileni, non era conosciuto dalgrande pubblico e cominciarono achiedere: e donde està este señor? dovesta questo signore? chi è?» A un certopunto leggemmo che Gongora nonlavorava più nella televisione, la Tvn,dove conduceva un famoso programmadi cinema e cultura: «Quando cambiò ilgoverno, quando tornò la destra,terminò il mio lavoro. Ora mi occupo diproduzioni indipendenti». E qual è ilsuo giudizio sulla televisione cilenaoggi? «Il canale pubblico è obbligato aessere pluralista, però in generale offrereality, frivolezze

di S.S.

●●●Nel focus che il Festival delle Terrededica in apertura al Cile, Calle Miguel Claro1359 di Tommaso D’Elia (con i testi di DanielaPreziosi) sarà presentato al pubblico allapresenza del regista martedì 7 maggio alle ore20 (ingresso gratuito) rappresenta unmomento importante della storia del Cile edell’Italia: A Santiago dall’11 settembre 1973, ilgiorno del golpe, fino all’aprile del ’75 quandovenne chiusa l'Ambasciata italiana si riempì di600 persone che vi trovarono rifugio e furonosalvate. Il documentario ricostruisce la vicendaattraverso varie testimonianze e raccontal’evoluzione del paese avvenuta alcuni annidopo, quando il film fu girato.

«È stato girato nel 2005, ci dice TommasoD’Elia, da una parte era un film d’inchiesta, lastoria dei rifugiati nell’ambasciata italiana evoleva raccontare anche il lavoro di RobertoToscano, primo segretario dell’ambasciata cheriuscì a salvare molta gente andandola aprendere perfino dentro lo stadio. Chi lavorain diplomazia minimizza, dice che è solodovere, ma sappiamo che non tutti sicomportano in questo modo. Tutto nasce daun’idea di Daniela Preziosi che aveva letto illibro di Tommaso de Vergottini facentefunzione di ambasciatore, Diario di undiplomatico (1973-1975). Siamo partiti da lìanche se quando lo abbiamo incontrato eramolto malato e morirà qualche anno dopo.Secondo noi grandissimo attore di quelsalvataggio era stato Aldo Moro che sarà rapitopoco dopo, e che aveva detto ufficialmenteche quella gente non era consegnabile e quelliche erano rifugiati andavano riportati in Italia.Secondo noi si tratta di un atto di eroismo,Toscano è andato a riprendere le persone unaper una. Lui racconta tutta questaentusiasmante vicenda. Le testimonianzeraccolte sono di sette, otto persone che erano inAmbasciata».Poi però si parla anche del Cile

dell’inizio degli anni duemila: «Dopo unincontro con Miguel Littin abbiamo percorso ilcammino di Acta general de Chile e questoanche grazie a Ugo Adilardi (che ora è ilpresidente dell’Aamod, l’archivio audiovisivodel movimento operaio e democratico) che diquel film era stato operatore di una delletroupe. C’era la troupe francese, italiana,americana, un film che è stato una pietramiliare, un’impresa, a cominciare dall’entrare inclandestinità nel paese. Acta general era vietatoin Cile, è rimasto sotto censura anche nel 2006,chissà se è stato liberato. Questo ci ha portato araccontare il Cile contemporaneo, abbiamofilmato il comitato elettorale di Bachelet cheancora non era diventata presidenta. Questo èanche il mio modo di procedere, partire da unmomento della storia e arrivare fino ad oggi. Ioche ho vissuto per anni in Australia ho trovatodelle impressionanti similitudini forse dovutealla stessa latitudine. E qualcosa che mi haimpressionato molto è stato il senso di legalitàdiffusa: in qualche modo è stato anche il motivoper cui si sono dichiarati tutti, ma questo inqualche modo li ha anche salvati. Si notavaanche nel dibattito che si era acceso tra icompagni nel confezionare lo spot per lacampagna del No, quando si voleva in tutti imodi sottolineare tutto quello che erasuccesso nel paese». Vincerà poi la linea cheguardava al futuro. «Ho vissuto poi in Brasilenell’85 che è stato il periodo più feroce diPinochet: trovavo inspiegabile quel senso diappartenenza a tutti i costi, di comunità, diattaccamento al paese. Ma questo elemento inparticolare noi lo abbiamo risolto in manieraempatica, non lo abbiamo scavato fino infondo». Ricordiamo che Tommaso D’Elia harealizzato con Daniela Preziosi anche LaPedata di Dio il film su don Ciotti, produttoreRodrigo Vergata di Arcoiris, anche lui uncileno che è rimasto poi in Italia, anche semantiene rapporti con il suo paese: «Durantele riprese abbiamo raccolto storie fantasticheche poi non abbiamo potuto inserire, propriocome quella di Rodrigo che per anni hagovernato gabbie di polli, prima di diventareproduttore. Ora il paese è rampante, tutto ècambiato, ma il processo è stato duro. Ricordoche la Bachelet raccontava di vivere nello stessoedificio dove abitavano altri generali cileni,essendo lei figlia di uno di loro e le capitava piùdi una volta di incontrare in ascensorel’esecutore della morte del padre». Martedì 7,dopo Calle Miguel Claro 1359, seguiràImmagini di un paese invisibile di AugustoGongora con un incontro dei registi con ilpubblico e Nada mas que eso di GiovannaMassimetti e Paolo Serbandini (ore 22).

FOCUS SUL CILE

DOCUMENTARIO

L’ambasciata chediede asilo, in CalleMiguel Claro 1359

Da un paeseinvisibile

Augusto Gongoracineasta clandestinoche durantela dittatura filmòil vero voltodel paese

IL FESTIVAL

«Chi decide cosac’è nel tuo piatto?»

FESTIVAL DELLE TERRE

●●●La decima edizione del Festival delleTerre, premio internazionale audiovisivo dellabiodiversità si tiene a Roma dal 7 al 10 maggio alNuovo cinema Aquila, organizzato dal Centrointernazionale Crocevia con una selezione didocumentari che testimoniano l’universo deidiritti legati alla terra in difesa di chi ne èprotagonista. «Chi decide cosa c’è nel tuopiatto» è il sottotitolo di questa edizionededicata simbolicamente a Thomas Sankara, ilpresidente burkinabé assassinato nel 1987,omaggio reso anche attraverso una mostrafotografica. Il festival si apre con un focusdedicato al Cile e presegue con laprogrammazione dei film tra cui Shady Chocolatedi Miki Mistrati, Sachamanta di Viviana Urona, ElGigante di Federico, Ciacci, Licciardello, L’età delcemento di Mario Petitto, Stealing from the poor diYorgos Acgeropoulos, Canning Paradise di OlivierPollet.

In alto una manifestazione per il No, accanto: ritratto di AugustoGongora, sotto, una scena da «La recta provincia» di Raoul Ruiz.A destra l’ambasciata italiana a Santiago, sotto una scena di«Calle Miguel Claro 1359»

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DIAVOLOTRA I DIAVOLI

di DANIELA TURCO

●●●Nel corso di una conversazionecon Felix Guattari, agli albori deglianni ’70, Gilles Deleuze si erasoffermato sul diverso modo discrivere che avevano lui e Felix: seGuattari trattava la scrittura come «unflusso schizo che trasporta ogni sortadi cose», ciò che, invece, interessavadi più a Deleuze era che una paginafuggisse da tutte le parti e tuttaviarestasse ben chiusa su se stessa comeun uovo; ciò che era importante perlui in un libro era soprattutto lapresenza «di ritenzioni, di risonanze,di precipitazioni…».

Anche Bruno Roberti, in sintonia,sembra, con la linea di pensiero diDeleuze, ha strutturato il suo Manoelde Oliveira. Il visibile dell’invisibile,collana Le Torri, Ente dello SpettacoloEdizioni, p. 240, assecondando unaritmica volutamente irregolare,costituita di ritenzioni, di risonanze,di precipitazioni, l’unico modo forsedi trattare il percorso di una presenzaleggendaria che si staglia nella storiadel cinema come un enigma vivente,ancora oggi in piena attività, al ritmodi – almeno - un film all’anno.

Figlio di un importante industrialetessile, Manoel de Oliveira, cresciutonell’ambiente dell’alta borghesiacattolica portuense, appassionato disport, frequentatore raffinato di teatrie introdotto nella vita intellettuale delsuo tempo, arriva al cinema dopoaver ricevuto in dono dal padre unacinepresa e alcuni obiettivi, ed è cosìche nel 1931 realizza Douro, fainafluvial (Douro, lavoro fluviale), il suoprimo film, focalizzato sulla durezzadella vita contadina dei vignaiuoli allavoro lungo le sponde scoscese delfiume. Questo tema inaugurale dellavoro tornerà spesso nei suoi film inmodo non occasionale come spunto ecome fonte di continua ispirazione,contribuendo a immettere nel suocinema oltre al «senso di unpaesaggio anche politico», la presenzapoetica, in sotto-traccia, diun’attenzione per la ritualitàpopolare, emozionante da leggere neisuoi rapporti di valore etici ed esteticinon meno di quanto lo possanoessere i cerimoniali borghesi. Nellepagine del volume di Roberti si vieneformando, obliquamente, un ritrattodi Manoel de Oliveira intenso, ricco disfumature, il profilo di un cineastaosservato soprattutto come qualcunoche «non ha mai smesso di pensare

cinema, di interrogarsi sul cinema, diimmaginarlo come una condizioneinscindibile dalla vita», qualcuno chenon a caso ha sempre mantenutoaperto il dialogo con i pensatori piùstimolanti del Novecento, da Deleuzea Derrida, da Badiou a Godard, daDaney a Bellour, e che, intrecciandonei suoi film a un livello profondopassione e filosofia, presenzemateriali e fantasmatiche, si ècostantemente impegnato nelsollecitare e creare le condizioni perun pensiero critico sul cinemaattraverso i mezzi del cinema stesso.

Tra i molti piani del libro di BrunoRoberti, scandito per tematiche efigure, eppure molto libero e apertonella sua struttura, si incontrano a piùriprese dei passaggi fondamentaliche, affiancando i film presi in esame,riguardano quegli aspetti più legatialle modalità di ripresa e alla sintassidel cinema, come per esempio laresistenza del tutto teorica di deOliveira a fare uso delcampo/controcampo, o la sua scelta(precisa e meditata) delle focali, oancora il peso e il valore essenziale

della forma ellittica, come motivoricorrente e fondativo nei suoi film.Da subito, Bruno Roberti tiene a faremergere quell’aspetto semprefortemente teorico del lavoro di deOliveira, che ha sempre continuato arendere possibile nei suoi film unprocesso di continua «conversione travisibile e invisibile», così come adattuare un «sentire che passa sempreattraverso l’immagine».

La prima parte del libro, dove sivanno tracciando le linee essenziali,poetiche e politiche, che hannoguidato Manoel de Oliveira neldisegnare i tempi e i luoghi, i confinie, ancora di più, i formidabilisconfinamenti del suo mondo e delsuo cinema, non a caso, si chiude conl’analisi di Viagem ao Princìpio doMundo (Viaggio al principio delmondo, 1997), un film di rifrazioni emessa in scena di un vertiginososprofondamento di specchi, capace diprendere insieme con la leggerezza diun gioco metalinguistico, il passodella Storia e quello del cinema, nellacostruzione di «un autoritratto che vacomponendosi e disfacendosiinsieme». Ma è soprattutto nellaseconda parte del libro che Robertientra nel vivo della poetica del regista,lasciando emergere quel sistema dirapporti vita-rappresentazione che èuno snodo essenziale percomprendere de Oliveira, là dove adesempio si fa osservare che «lacoscienza della finzione, di matricebrechtiana non attiene peròprecisamente a uno straniamento

quanto a una sorta di stato ipnotico epiuttosto di sogno lucido in modo dalasciare aperto il flussoconscio-inconscio e insieme ilcarattere vivente delle immagini, unplesso animato-inanimato, che èfluido, che si muoveimpercettibilmente».

Film come O Acto da Primavera(Atto di primavera, 1963), A Caixa (Lacaccia, 1964) vengono proposti cometappe essenziali per introdurre lacatena di passaggi e di rapporti sottilitra teatro e vita, vita e storia, arte evita, teatro e cinema, teatro e vita,materiale e immateriale, che nel lorostesso apparire compongono «unintersecarsi di interrogativi lungo cuisi dipana il suo cinema, nella tensionea una purezza di percezione,inattingibile e impossibile, manondimeno perseguibile, solo se sicerchi di filmare tra le cose, negliintervalli del tempo, nelle pieghe delreale…».

Il lato nascosto delle cose, lapresenza ricorrente del mistero comecomponente sorgiva dell’immaginede oliveriana, si rivela continuamente

nei suoi film, dall’impressionantequadrilogia degli amori impossibili incui è la forma-melodramma a venirereinterpretata in chiave estrema ( Ilpassato e il presente,1971; Benilde o laVergine madre, 1975; Amor diperdizione, 1978; Francisca, 1981), aLe soulier de satin, (1985), tratto daldramma di Paul Claudel, film diinnumerevoli soglie, di cornici e diquinte teatrali scorrevoli – «perchébisogna creare un teatro per poterfilmare» -, ma, soprattutto, saggio digeniale scrittura metafilmica, che hadato a de Oliveira, un’ulterioreoccasione, nel corso delle sue setteore di durata, con l’uso fluido eipnotico dei piani sequenza, disperimentare modi inediti di lavorarei blocchi spazio-temporali.

Quando nel 2003, in occasione delpremio «Maestri del Cinema»,consegnato da Filmcritica (rivistadella cui redazione Bruno Roberti faparte) a Manoel de Oliveira, gli erastato chiesto se si considerava di piùun cineasta materialista o metafisico,de Oliveira aveva risposto che sisentiva, piuttosto, un cineastaspirituale, e aveva aggiunto che «ilcinema è qualcosa di molto concreto,ed è nel materiale che ha corpo lospirituale, e mentre lo spirito vola, ilnostro corpo manca…». In sintoniacon questo pensiero, Bruno Robertifin dalle prime pagine del suo libro havoluto mettere in evidenza che «ciòche de Oliveira vuole filmare èl’interiorità, l’animico che èl’impossibile da filmare. Perciò, come

avviene in altri registi, da Dreyer aBuñuel (i registi che de Oliveira amadi più sono, appunto, Dreyer eBuñuel), il paradosso visivo che nerisulta è un’estrema evidenza deicorpi, quasi a esaurirne ogni visivitàin modo da farne trasparire l’anima».

Sospeso tra trascendenza eimmanenza, intimamente connessocon l’idea baziniana di «cinemaimpuro», il manifestarsi del sacro nelcinema di de Oliveira è un elementoricorrente che attraversa le sueimmagini come tensione e necessitàdi un «pathos della carne», in cuireligione ed eros si congiungono,rivelando la possibilità e l’urgenza di«trarre dalla materia filmica una sortadi corpo immortale…».

Anche la funzione degli specchi,delle finestre, dei quadri, dellefotografie, nei film di de Oliveirasembra strategica per arrivare acompiere «un incantesimo dellacontemplazione che è insiemestraniante e ipnotico e che vieneassimilato spesso alla funzione dellaparola e della lettera come campovisivo». Ciò risulta evidente nel ditticoO Principio da Incerteza (Il principiodell’incertezza, 2002) e EspelhoMagico (Specchio magico, 2005), duefilm in cui gli specchi rivestono una«centralità eccentrica dellariflessione», di far scivolare e metterein circolo, intensificandolo, il tragittodel desiderio, come eterna regola delgioco.

Il libro di Bruno Roberti, plurale etuttavia intimo, fittamente intessutodegli interventi critici degli studiosipiù sensibili e attenti al cinema diManoel de Oliveira, che conferisconoal testo spessore e freschezza, siconclude come di consueto per ivolumi di questa collana con l’analisidettagliata di tre sequenze, in questocaso tre «voli», tratte da altrettantifilm, in cui si va a iscrivereinconfondibile e stagliata la «firma delvisibile» di Manoel de Oliveira.

I diavoli del meridione (7)Fino ai diciotto anni ho vissuto in

Calabria, un paradiso abitato da diavoli.

7. U signurinu

Restituisco ai contadini confinantil’asino stremato e corro a casa.

Non incontro nessuno dei mieifamiliari, non cerco nessuno. Mentreafferro e carico la carabina ad ariacompressa e intasco due pugni dipiombini, mi risuona in testa: ‘u signurinu’.In quanto figlio di ‘signori’, don Lucreziocinofilo e donna Antonia professoressa,per i coetanei conosciuti e sconosciutidelle campagne orientali di Siderno ero ‘usignurinu’. L’epiteto era un misto diirrisione (il ragazzo che studia e studia,delicato come una signorina) e invidia(uno destinato a diventare signore, diquelli che comandano). ’U signurinu’avevano assalito con le fionde i figliindiavolati di quelli che obbediscono, ibraccianti, i sottoproletari.

Corro verso il vallone dell’agguatosubíto pensando «Ora vi mostro io cos’èun signorino».

Arrivo ai bordi della sua timpaoccidentale e osservo i coetanei dall’altodel precipizio: ridono e giocano eccitatisotto il Sole, intorno alla polla dell’acquasorgente. Scendendo i tornanti delviottolo che si torce sul fianco del vallonecomincio a sparare. Il primo coetaneo,colpito, grida, carico un altro piombino,miro, sparo un altro, urla, ricarico, unterzo tenta di caricare la fionda ma ipiombini fischiano e rinuncia, sparo allegambe, alle mani, alle teste quando sonogirate, non sparo in faccia, e gli indianischizzano via confusi e impauriti, erisalgono l’altra timpa, l’orientale, dallaquale erano calati tirando con le fionde.Avanzo, sparo ancora, ancora. «Eccocos’è un signorino!»

Ma non finisce così, a caldo, la miareazione furibonda.

Due giorni dopo, terminate le lezioni –sto frequentando la quinta elementare aSiderno - torno a piedi verso casa, e sullastrada tra il paese e l’entroterra vedo dalontano un coetaneo in bicicletta, unamano sul manubrio e l’altra a reggere unabottiglia di birra piena di vino compratosfuso in qualche bottega. Mi pare diconoscerlo, anzi di riconoscerlo, sì, è unodei ragazzi che mi hanno assalito con lefionde nel vallone! S’avvicina, trasale,prova ad accelerare, a schivarmi, ma nelmomento in cui mi passa a fianco, artigliola bicicletta dal manubrio e dal sellino e lascaravento lui compreso sul selciato. Ilragazzo riverso, il ginocchio sbucciato, gliocchi neri che m’inquadrano sbarrati, ivetri della bottiglia rotta, la larga macchiadel vino sull’asfalto.

Sembravo indiavolato. Ero indiavolato.Sono dovuto andare via da quel paradiso,per non rimanere diavolo tra i diavoli.

www.pasqualemisuraca.com

MONOGRAFIE

DE OLIVEIRALIBRI ■ IL CINEASTA PORTOGHESE SECONDO ROBERTI

Quel cinemaintrecciatocon la vita

Sempre in bilico tra visibilee invisibile, il suo «sentireper immagini» cominciò conil dono paterno della cinepresa

Un ritratto del maestro Manoel De Oliveira(foto Cristofari, A3); sotto, Leonor Silveirain una scena del film «La valle del peccato»

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VIDEOGAME ■ ARRIVA «SOUL SACRIFICE», UN «DECAMERON» HORROR DA GIOCARE E LEGGERE

Librom, anche il mostropiange. Strani ritidal lato oscuro della magia

Un gioco sul poteredelle parole scritte, a voltedemiurgico altre distruttivo.Tra grossi e grassi gattiche sputano catarro acido,ratti artiglianti infilzatida antiche lame e arpie obeseche volano su alette tozze

di FEDERICO ERCOLE

Il libro ha una copertinamostruosa, un grande occhiosbilenco e arancione di rettile edelle fauci storte che sfregiano lapelle con cui è rilegato, comeun’orribile ferita apertacontornata di zanne affilate.Ricorda il Necronomicon di SamRaimi ma parla, non tace mai.Talvolta lacrima e possiamoallungare il dito sul touch-screendella Ps Vita Sony per asciugargliquelle preziose stille, perché sonoutili per sopravvivere nel mondobrutale, macabro e malsano diSoul Sacrifice, nuova invenzionedi Keiji Inafune, l’inventore diMegaman, un videogame sul latooscuro della magia.

Il libro si chiama Librom ed ètramite le sue pagine che rivivonoi fantasmi dei ricordi checompongono il caotico e folleintreccio del gioco, mentre siamoprigionieri in una gabbia di ossa ecarne sospesa su un inferno diorrori, vittime di un mago daipoteri immani. Solo attraverso illibro e la sua lettura possiamosperare di acquisire i poterinecessari per liberarci e riuscire asconfiggere il nostro carceriere.

Originale ai limiti dellapsicopatia, tetro e superbo, SoulSacrifice è un Decameron horrorche si gioca e legge, perché sealcune pagine si trasformano inmissioni da portare acompimento altre, molte, silasciano leggere come quelle di unqualsiasi libro, fornendo allettore-giocatore la cornice perl’azione e la strategia. Talvolta lelettere si imprimono sulloschermo anche mentrecombattiamo, componendostrazianti periodi tinti di sangue.Soul Sacrifice è un gioco sulla

magia delle parole scritte, sul loropotere demiurgico o distruttivo.

Il fulcro ludico di Soul Sacrificeè, come spiega il titolo, proprio ilsacrificio, che sia il nostro, quellodegli altri maghi o dei nemici.Sacrificando parti del corpo delprotagonista, come pelle, occhi emembra, persino l’anima,possiamo scatenare gli incantidistruttivi necessari ad abbatterealcuni abominii. Possiamodecidere se sacrificare i nostricompagni morenti e i nemicisconfitti o se salvarli, cosaattraente se chi gioca preferisceessere un buono, ma di fatto se sicontinua a redimere chiunque equalsiasi cosa si fortifica solo ladifesa penalizzando l’attacco, unascelta che non premia. Così,artigliati da rimorsi virtuali, èinevitabile compiere il male,esaltare il proprio egoismo,diventare crudeli. La facoltà didannare o redimere la vittimaricorda una simile opzione inDante’s Inferno, ma in SoulSacrifice è una possibilità più

drastica e dolorosa.Segmentato in varie missioni

Soul Sacrifice è un meccanismoperfetto di giocabilità, semplice eimmediato come profondo ecomplesso; fonde con un’alchimiaperversa meditazioni etiche,pensiero strategico e azione

sfrenata. È un gioco portatileeccellente che consente di esseregoduto sia durante le breviparentesi di una vita frenetica onei lunghi e spossanti momentiche si srotolano in rallenty mentresi attende un treno in ritardo o siaspetta il proprio turno all’ultimoposto di una coda di decine dipersone.

I nostri incanti sono limitati edobbiamo usarli con saggezza sesperiamo di sconfiggere gli esseriabominevoli e oscenamentemagnifici che popolano questomondo affascinante e disgustoso.Ci sono grossi e grassi gatti chesputano catarro acido, rattiartiglianti infilzati da antichelame, arpie obese dallapappagorgia umida di bava chevolano su alette tozze. I più bruttisono quei mostri che mantengonoil ricordo di una vaga umanità:visi di uomini e donne su corpi dileviatani purulenti, occhi diragazzi dilaniati dall’odio susuperfici butterate di pellesquamosa. Quando li abbattiamoecco che ritornano quello cheerano prima che la maledizione litrasformasse ed essi ci

supplicano, ci pregano di salvarlie invocano la pietà del giocatore.Allora è quasi impossibile noncedere a tanta disperazione e nonredimerli; a scapito della nostrapotenza e della magia offensiva siriafferma così la bontà e l’empatia

del giocatore. Tuttavia quandosuccessivamente ci si accorge chei nostri attacchi non incidono piùin maniera rilevante sorge uncombattuto e maligno senso dipentimento, il cuore si indurisce esiamo pronti a divenire spietati

LUDOMANIAAl centro pagina e in alto: Soul-Sacrifice-Artwork A pag. 13: Dragon's dogma e copertina del libro «Psicologia dei giochi»

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VIDEOGAME/2 ■ IL RITORNO DI «DRAGON’S DOGMA»

«Dark Arisen»,alla ricercadel cuore perduto

di FRANCESCO MAZZETTA

A chi non usa i videogiochi può sembrarestrano che un videogiocatore vi passi davantiun'enorme quantità del proprio tempo. Lestorie sono normalmente abbastanzadozzinali e la ventilata interattività non èspesso molto diversa da quella che si hanella cabina di un ottovolante. Anche i giochisportivi sovente non hanno che una minimaparte dell'appeal agonistico delle contropartireali. Se poi guardiamo un videogiocatore suuna console portatile, è ovviamente chiarol'utilizzo come passatempo, molto menocome possa diventare un'attività assorbentea fronte del mondo esterno che occupa piùdel 95% della sfera di reale da cui siamocircondati. I media normalmenteattribuiscono tale sorta di magia a un poteremalefico del videogioco e naturalmente allaviolenza in esso contenuta, che traviano lementi dei giocatori, tanto più se di giovaneetà. Per questo sono i benvenuti libri comePsicologia dei videogiochi. Come i mondivirtuali influenzano mente e comportamentodi Stefano Triberti e Luca Argenton (Apogeo,euro 15) dove i due autori si pongono untriplice compito: spiegare i videogiochi aglipsicologi, spiegare la psicologia ai

videogiocatori e, più difficile ma sicuramentepiù importante compito, spiegare comefunzionino a livello psicologico i videogiochia coloro che poco sanno d'entrambi, ma perinteresse/lavoro/vita hanno a che fare con ivideogiocatori e con i videogiochi: genitori,insegnanti, giornalisti, ecc.

Triberti e Argenton lo fanno in manierachiara e relativamente semplice, senzanascondere i problemi e i pericoli connessial mondo videoludico, ma sfatando vulgatefin troppo sbandierate e offrendo al lettoresia box con pareri di esperti, sia un duplicepercorso d'approfondimento: bibliografico evideoludico. Uno dei concetti messi inparticolare risalto è quello di flow: scopertodallo psicologo di origini ungheresi MihalyCsikszentmihalyi con delle ricerchecompiute sull'attività artistica. Proprio comeil videogiocatore, l'artista sembra rapito nellacreazione della propria opera, indifferente aidisturbi esterni finché la sua attività mette ingioco in maniera profonda le suecompetenze per realizzare qualcosa che siaal limite delle sue possibilità. I videogiochihanno esattamente questo obiettivo:mantenere sempre il giocatore al limite dellesue capacità, contemporaneamenterichiedendogli continuamente di affinarle emigliorarle. Per questo è così facile - rispettoad altre attività meno elastiche e menofocalizzate sull'utente anche quandodovrebbero intrinsecamente esserlo, comel'educazione - che l'utilizzatore di unvideogioco entri in questa sorta di tunnel incui non si accorge più né della realtà esterna(per quanto preponderante sia rispetto aquella offertagli dallo schermo attraverso cuiesperisce il videogioco stesso) nédell'artificiosità dei controlli (tastiera, mouse,pad ecc.), ma nemmeno di incongruenze diplot o di gameplay. Questo effetto non èesclusivamente individuale ma puòinteressare anche un gruppo: sia quando ineffetti più persone collaborano perraggiungere un obiettivo in un giocomultiplayer, sia quando un giocatoregestisce contemporaneamente piùpersonaggi, ad esempio nei giochi fantasyche prevedano il controllo di un «party» - ungruppo «omogeneo» - di avatar ognunodotato di abilità complementari a quelledegli altri.

Ma questo effetto, per quantostraordinario, è anche quello che porta irischi collegati ai videogiochi. Ad esempio ilpericolo di favorire l'obesità collegato ailunghi periodi di sedentarietà o quello,legato ai Massive Multiplayer Online RolePlaying Game (i giochi di ruolo multiplayerdi massa, come ad esempio World ofWarcraft), di sostituire la realtà virtuale in cuisi può creare un avatar forte e di successo auna realtà quotidiana fatta di angherie edepressione. I due autori sottolineano peròche tutte le ricerche compiute fino ad oggi,se mostrano correlazioni dell'attivitàvideoludica con disagi quali quelli soprariportati (in compresenza di altri fattori qualiproblemi familiari ecc.), non v'è alcunaricerca scientifica che possa dimostrare che ivideogiochi possano causare direttamenteun qualche tipo di disagio o problemapsicologico. Al contrario gli autori portanoesempi di utilizzo educativo dei videogiochi,tra l'altro riportando una breve intervista aJames Paul Gee, autore di uno degli studifondamentali sull'argomento: What VideoGames Have to Teach us about Learning andLiteracy (Palgrave Macmillan, 2003).

esecutori degli altri e di noi stessiin un ludibrio sadomasochista.

Malgrado le sue sembianzeabbiette, Librom è pietoso, lodimostrano le lacrime che colanodal suo occhio deforme, l’unico eraro elemento che serve aricostruire le parti del nostrocorpo che decidiamo disacrificare. Librom piange per noi,per la meschinità a cui siamocostretti e ci consente di essereriletto per cambiare l’esito di unatrascorsa battaglia e provarealmeno l’illusione di salvare unmalcapitato che avevamoprecedentemente dannato.

Meravigliosamente affogato inun limbo tetro tra racconto evideogame, tra un incubo di Dalìe un sogno acido di David Lynch,tra la riflessiva e appagantefrenesia di Monster Hunter e leoscure violenze stregonesche diun Harry Potter maniacoomicida, Soul Sacrifice è unesperimento riuscito come lapozione del dottor Jeckyll.

di F. E.

Dragon’s Dogma non è un videogamenuovo, perché è già uscito un anno fa,acclamato e amato da critica e utenti perpoi naufragare troppo presto nell’oceanod’oro dei tanti blockbuster usciti in quelperiodo. Ma ecco che in questi giorni, perchi si fosse perso questa titanica eappassionante avventura di Capcom perPlaystation 3 e Xbox 360, ne esce unanuova versione, con la notevole aggiunta diun’oscura espansione che ingigantisceancora il vasto mondo e il bestiariomostruoso di questa epopea fantasy dispade e magie. Dark Arisen ci trasporta inun’isola coperta da nubi nere e minacciose,precipitandoci nel buio spaventoso dirovine maledette e claustrofobiche dovedemoni e mostri possono sembrareimbattibili e il Game Over stagna maleficodietro ogni angolo marcescente.

Nella sua putrida, solenne e diabolicadifficoltà la «stimmung» di questaespansione è un’eco di quel capolavoroostico e severo che è Dark Souls. E ilabirintici, tetri sotterranei così soffocanti ediversi dalle foreste, i boschi e le coste dallaflora mediterranea che caratterizzano ilDragon’s Dogma originale, suggerisconocorrispondenze con l’universo fantastico eorrendo delle «anime oscure» di HidetakaMiyazaki.

Dragon’s Dogma è già un gioco immensosenza Dark Arisen, una splendida perdita ditempo come tutti i grandi videogame chesono un inno al tempo perduto e all’ozio,inteso in maniera shopenaueriana. C’è unacitazione, all’inizio del gioco, che è la piùprofonda, consapevole, teorica e filosoficache si possa leggere in un videogame e chesintetizza in maniera esemplare l’animadell’intrattenimento elettronico:«L’incantevole e sempre nuovo piacere diun’occupazione inutile».

È inevitabile che si perda tempo inDragon’s Dogma, perché vi ruberà decinedi ore in cambio di epiche imprese virtuali;portarlo a termine sarà inutile per il«mondo di fuori», quello vero, ma èutilissimo per il mondo fittizio delvideogioco, afflitto dal ritorno di un drago

fiammeggiante e crudele che incombe sullavita dei tanti abitanti elettronici. Un dragoche precipita dalle nuvole, come se fossepartorito da un uragano, e che si scaglia suun pacifico villaggio di pescatori mentreattorno ad esso piovono temporaleschisciami di arpie infuriate. Qui il protagonista- il sesso, le caratteristiche somatiche e laclasse le sceglie il giocatore - tenta unacoraggiosa ribellione ma il drago gli estraeil cuore pulsante dal petto e se neimpadronisce. Così muoviamo unpersonaggio senza cuore, un «heartless»come quelli di Kingdom Hearts, ma inDragon’s Dogma è il giocatore a fornirgli ilsuo nella speranza che l’alter ego riesca ungiorno a recuperarlo.

Se Dragon’s Dogma è ispirato ai giochi diruolo d’azione occidentali rimanecomunque un gioco giapponese,sfuggendo così al limite di essere un clonedi Elder Scrolls e altri titoli simili. Nonpossiede il verismo fantasy di Skyrimperché non ci nasconde mai di essere unvideogioco e non si traveste da simulatoredi vita, eppure comunica un senso diavventura e mistero che manca allabellissima opera di Bethesda. Inoltre se inSkyrim si perde facilmente di vistal’obiettivo principale del gioco per smarrirsiin una storia personale, in Dragon’sDogma, sebbene ci siano decine dimissioni secondarie, non si cessa mai dipuntare verso la conclusione perché infondo si tratta del «proprio» cuore.

Un altro merito di Dragon’s Dogma è ilcombattimento, un prodigio di gameplayche ricorda i migliori giochi d’azione;l’unico videogame occidentale del genere acui può essere paragonato è il dimenticatoma fondamentale Kingdoms of Amalur.All’elemento marziale aggiungonoprofondità le «pedine», guerrieri di unaltrove ultradimensionale destinati adaccompagnare l’eroe. Scegliere quale diqueste portare in battaglia diventadeterminante già dall’inizio del gioco e,diversamente da tante intelligenzeartificiali, diventano una compagniadavvero preziosa e amabile, nella sua totaledevozione.

Preparatevi a camminare per chilometrie chilometri perché i viaggi, rigorosamentea piedi, in Dragon’s Dogma possono esseremolto lunghi e le distanze da percorrerealimentano il desiderio di scoperta el’illusione di essere sperduti nelle terreselvagge; ma attenti che non vi colga lanotte, perché con le tenebre giungono imostri più terrificanti. Se si riesce asopravvivere al buio, il sorgere del sole, conla sua luce salvifica, diventa un momentoquasi commovente.

Ai giocatori più pigri Dragon’s Dogmapotrebbe sembrare lento e farraginosocome il Bridge per un giocatore di BlackJack, eppure sono videogame come questi,che si possono affrontare solo con amore epazienza, che trasformano il temposmarrito nel gioco in indimenticabiliricordi di avventure impossibili.

PAGINE PSICOLOGIA E MANIE

Effetto videoludico.I danni collateralidi una realtà virtuale

Paragonabile a «Kingdomsof Amalur», un viaggioattraverso terre selvagge.Evitando le tenebre

Un libro spiegacome al fenomenonon siano legati soloproblemi e pericoli

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di PASQUALE COCCIA

●●●L'occasione è il World SocialForum tenutosi a Tunisi a fine marzocon una sezione dedicata allo sport,poi la carovana di «Sport allaRovescia» ( www.sportallarovescia.it)ha visitato i luoghi interni dellaTunisia, interdetti allo sport, hacercato di capire anche nel campodello sport che cosa è successo dopola rivoluzione e la cacciata di Ben Alì.Il campionato di calcio vietato aitifosi, soggetti a Daspo permanente, ilcalcio «europeizzato», l'incontro conuna squadra di serie C prima inclassifica, che non vede l'ora dipassare in serie B e disputare il primoderby della sua storia con una vicinarivale. Lo sport totalmente assentenelle zone interne per quantoriguarda le ragazze e la grandedifferenza con Tunisi, il lavoropaziente di un appassionato di giochipopolari che cerca di recuperarli allamemoria collettiva e in nome deiquali mantiene rapportiinternazionali, compresi quelli conl'Italia. Ne abbiamo parlato conGiacomo Carlotto della polispostivaIndipendiente di Vicenza, che con ilgruppo di San Precario e AssataShakur hanno costituito ladelegazione sportiva che hapartecipato a World Social Forum diTunisi.

●Che situazione sportiva avetetrovato in Tunisia?C'è una gran confusione, la situazionepolitica è molto difficile, vi è unadisparità del livello di vita e di accessoalla pratica sportiva tra Tunisi e lezone interne. A Tunisi abbiamo vistocampi di calcetto nuovi frequentati datanti giovani, sia maschi che femmineche giocano anche a basket, pallavolo,tennis, mentre nei paesi dell'internonon vi sono attrezzature e non visono ragazzi che fanno sport, menche meno ragazze. Qualche cartelloindicava la pratica di arti marzialiall'interno di un garage, ma erachiuso, è possibile che fosse vecchio.Nei piccoli centri abitati non c'èneppure il sindaco e i salafiti fannoquello che vogliono, nei campiabbiamo visto lavorare solo donne, gliuomini sono tutto il giorno al bar.

●Quali sono gli sport che avete vistopraticare?A livello di sport di base sonoimpegnati a recuperare gli sportpopolari, i giochi tradizionali, quellistorici praticati da varie generazioni,che si pongono al di fuori delbusiness e della commercializzazione,e costituiscono un momento di forteaggregazione. C'è un signore cheabbiamo incontrato, Ezzedine Bonzi,che è particolarmente impegnato suquesto fronte, conosce anche italianidediti al recupero dei giochi popolaricon i quali mantiene rapporti.

●Si disputano campionatinazionali?Dopo la rivoluzione, l'unico sport è ilcalcio, ma solo nei piccoli centri.Nelle città grandi e medie ilcampionato si gioca a porte chiuse,alcuni ci hanno detto perché gli ultràcolgono l'occasione delle partite perpicchiarsi. Durante la rivoluzione didue anni fa gli ultrà hanno avuto unruolo importante, non decisivo, comein Egitto, ma comunque sono statiprotagonisti, insieme ad altri giovani,della rivoluzione tunisina, sembra chele partite diventino occasione perregolare i conti, almeno nella capitale.Altri ci hanno detto che i motivi dellasospensione del campionato nonsono questi e gli ultrà non c'entrano,gli scontri sono da attribuire allapolizia e agli infiltrati salafiti, checreano disordini. Gli stadi sono statiaperti per tre mesi, poi chiusi, riapertidi nuovo e definitivamente chiusi.Oggi le squadre giocano senzapubblico. Gli stadi sono chiusi per«Daspo», in Tunisia usano proprio iltermine italiano.

●Dopo il Social Forum quali zoneavete visitato?Dopo Tunisi siamo andati verso ilcentro della Tunisia, ci siamo fermatia Regueb, appena prima del deserto,una zona povera lasciata a sé stessaper anni da Ben Alì. Abbiamoincontrato Mohamed Al Ahmadi,attivista tunisino che è il contabiledella locale squadra di calcio. Lasquadra del Envoi Sportif Regueb inserie C, ed è seguita da circa duemilaspettatori per ogni partita. Qui ilcalcio va avanti, rappresenta un

momento di aggregazione piuttostoforte, però è organizzato e praticatosul modello europeo con gli sponsor.Abbiamo parlato anche conl'allenatore che ci ha detto alcunecose sulla squadra: è prima inclassifica e non vede l'ora di vincere ilcampionato e passare in serie B, perpoter disputare il derby con la vicinasquadra di Menzel Bouzaiane, untraguardo molto sentito. Al terminedell'incontro l'allenatore ci ha dettoche il linguaggio del calcio è unlinguaggio universale.

●I calciatori sono privilegiati comeda noi?I calciatori prendono uno stipendiotra i 500 e i 2000 dineri, tra 250 e 1000euro, piuttosto consistente serapportato a quello di un giovaneimpegnato in un'attività lavorativadipendente, che percepisce due dineria ora, otto euro al giorno.

●Lo sport rappresentato al SocialForum, non è un po' strano?C'è stata poca partecipazione deitunisini al Social Forum sui temi dellosport, sono presi da altri problemi, cisiamo ritrovati a discutere tra europei,principalmente con i tedeschi e ifrancesi. C'è stato una sessionededicata al ruolo dello sport nellosviluppo della società e unasull'impatto delle grandi competizionisportive.

●Qual'è stato il momento piùsignificativo?Noi italiani abbiamo gestito il camposport del Social Forum con strutturemolto semplici, un impianto dipallavolo e due porte per il calcio.Non c'è stata la necessità di inventarsitornei o altro, perché i campi eranosempre occupati da partiteimprovvisate al momento con un viavai continuo di giovani tunisini. Traun tiro in porta e una schiacciata dipallavolo si creava l'occasione perconoscersi e scambiare opinioni congiovani che due anni fa sono stati iprotagonisti della rivoluzionetunisina.

●Cosa pensate di fare per laTunisia?

In Tunisia mancano i mezzi perrealizzare qualsiasi progetto di sport,non vi sono sforzi di alcun genere,perché il problema principale è ilpiatto di pasta. Ci proponiamo distabilire contatti stabili e di aiutarlicon materiale e progetti vari chevaluteremo insieme prima direalizzarli.

MOBILITÀ NUOVA

Appuntamentooggi a Milano:viva i trenilocali, i tram,la metro, la bicie le gambe

LO SPORT IN TUNISIA ■ DOPO LA RIVOLUZIONE

Calcio a porte chiuse,le donne al lavorogli uomini al bar

di P.C.

●●●Pedoni, pedali e pendolari uniti nella lotta.Partirà oggi pomeriggio alle 14.30 dal piazzaledella stazione Centrale di Milano, lamanifestazione nazionale che vede uniti in unfronte comune le utenze deboli del nostro Paese.Chiedono che i 130 miliardi di euro riservatiall'alta velocità ferroviaria e alla costruzione dinuove autostrade, siano destinati a soddisfare ladomanda di mobilità e a definire nuove strategieper coloro che si muovono quotidianamenteutilizzando i treni locali, i bus, i tram e lemetropolitane, la bici e le proprie gambe, dandol’opportunità a coloro che usano l’automobile discegliere un’alternativa più efficiente, più sicura,più economica.

Per soddisfare la domanda di mobilità del2,8% delle persone e delle merci, la quota dispostamenti quotidiani superiori ai 50chilometri, si impegna il 75% dei fondi pubblicidestinati alle infrastrutture del settore, mentreagli interventi per le aree urbane e per ilpendolarismo, dove si muove il 97,2% dellapopolazione, lo Stato destina solo il 25% dellerisorse, puntando su nuove strade, tangenziali ecirconvallazioni, piuttosto che sul trasportocollettivo o non motorizzato. Promossa dalla retenazionale Mobilità Nuova(http://www.mobilitanuova.it), cui aderiscono la

Fiab, Libera, Slow Food, Salvaciclisti,Sbilanciamoci!, Auser, Genitori Antismog, Uisp,Euromobility, Legambiente, Rete dei cammini ealtre organizzazioni dell'utenza debole, lamanifestazione di Milano vuole imporreall'agenda politica l'urgenza della revisione dellepolitiche della mobilità e chiede una più equa

distribuzione delle risorse pubbliche destinate altrasporto e un deciso ridimensionamento dellepolitiche a favore del binomio alta velocità-auto.La politica rivendicata da Mobilitànuova, invece,ruota attorno a quattro punti centrali: la tuteladei pedoni che decidono di muoversi con leproprie gambe e il diritto ad avere marciapiedilarghi e percorsi pedonali sicuri; il diritto all'usodelle biciclette su percorsi ciclabili urbanisicuri; l’uso del trasporto pubblico locale e dellarete ferroviaria; l’uso occasionale dell’autoprivata (sostituita in tutti i casi in cui è possibileda car sharing, car pooling, taxi). Quattro puntiche comportano inevitabilmente la modificadello spazio pubblico e della sua destinazioned’uso, inoltre, rafforzano i legami comunitaritra le persone e tra le persone e il luogo dovevivono, studiano e lavorano, aumentano neipedoni la percezione di maggiore sicurezzalungo le strade e le piazze più vissute efrequentate. In altre parole, rende le città e ilterritorio più bello e migliora la qualità dellavita. A partire dalla manifestazione di MilanoMobilitàNuova promuove una raccolta di firme(obiettivo un milione di adesioni) per una leggedi iniziativa popolare, che vincoli almeno i trequarti delle risorse statali e locali per il settoretrasporti a opere pubbliche che favoriscano losviluppo del trasporto collettivo e di quelloindividuale non motorizzato.

SPORTUn incontrocon GiacomoCarlotto,della polisportivaIndipendientedi Vicenza,di ritornodal World SocialForum di Tunisi

Accanto: partita di calciosotto la pioggia, sotto:incontro sugli sporttunisini,a destra: villaggio dellosport WSF, sotto:locandina dellamanifestazione del 4maggio

VIAGGIO IN TUNISIA

Page 15: Alias supplemento del Manifesto - 04.05.2013

(15)ALIAS4 MAGGIO 2013

IL TEATRO

IL FILM

IL FESTIVAL

ANIME NELLA NEBBIADI SERGEI LOZNITSA, CON VLADIMIR SVIRSKIY,VLADISLAV ABASHIN. GERMANIA LETTONIA 2012

01942. La Bielorussia è sottol'occupazione dell'esercitotedesco, la resistenza si

organizza, un treno è fatto deragliare ementre i suoi compagni sono impiccati,Sushenya si salva ed è accusato dicollaborazionismo. Dal romanzo diVasily Bykov, era in concorso a Cannes2012.

BELLAS MARIPOSASDI SALVATORE MEREU; CON SARA PODDA - MAYAMULAS. ITALIA 2012

0Dal romanzo di Sergio Atzeni(ed. Sellerio) in concorso nellasezione Orizzonti alla Mostra di

Venezia. Racconta la giornata di Cate(Sara Podda), tredicenne cagliaritana confamiglia problematica, racconto sottoforma di diario e favola. Dal regista diBallo a tre passi e Sonetaula.

LA CASADI FEDE ALVAREZ, CON JANE LEVY, SHILOHFERNANDEZ. USA 2013

0Prodotto da Sam Raimi,versione del suo The Evil Deaddell’81 con la regia dal regista

uruguayano autore corto cult Ataque depanico! Cinque amici si rifugiano in unavecchia capanna dove scoprono il Librodei Morti e finiscono per evocare idemoni.

CONFESSIONSDI NAKASHIMA TETSUYA, CON TAKAKO MATSU,YOSHINO KIMURA. GIAPPONE 2013

0Una bambina viene trovatamorta nella piscina di unascuola.Per la polizia si tratta di

un incidente, ma la madre indaga e chesu tratta di omicidio. Candidatoall’Oscar per il miglior film straniero.

FIRE WITH FIREDI DAVID BARRETT, CON JOSH DUHAMEL, BRUCEWILLIS. USA 2013

0Jeremy Coleman (Josh Duhamel)è un vigile del fuoco che haassistito a un omicidio per mano

di un boss nazista. Entra come testimonein un programma di protezionetestimoni, cercando di provare lacolpevolezza dell’esecutore, costrettoinfine a uscire allo scoperto e acombattere per la propriasopravvivenza.

MI RIFACCIO VIVODI SERGIO RUBINI, CON NERI MARCORÈ, EMILIOSOLFRIZZI. ITALIA 2013

0Storia dell’imprenditore BiagioBianchetti (Lillo) proprietario digrandi magazzini e della sua

eterna rivalità, cominciata sui banchi discuola, con il fortunato e affascinanteOttone Di Valerio (Neri Marcorè).Finché decide di farla finita e si ritrovanell’aldilà.

POST TENEBRAS LUXDI CARLOS REYGADAS, CON ADOLFO JIMÉNEZCASTRO, NATHALIA ACEVEDO. messico 2013

0Juan vive assieme alla sua piccolafamiglia di città nella campagnadel Messico. In questo posto le

gioie e le sofferenze sono concepite inun modo diverso. Juan si chiede sequesti mondi siano complementari o se,in realtà, si combattano per eliminarsi avicenda…

ATTACCO AL POTEREDI ANTOINE FUQUA, CON GERARD BUTLER,MORGAN FREEMAN. USA 2013

3Terroristi nordcoreani assaltanola Casa Bianca e prendono inostaggio il presidente (Aaron

Eckart). Un ex agente dei servizi segretitenterà di salvarlo e preservare lasicurezza degli Stati Uniti d'America.Diretto con eleganza al tritolo e scrittocon rozzezza comica è un guilty pleasureirresistibile per chi ama il manicheocinema d’azione di marca reganiana.

(g.d.v.)

BENUR - UN GLADIATORE INAFFITTODI MASSIMO ANDREI, CON NICOLA PISTOIA,PAOLO TRIESTINO. ITALIA 2012

7Le caratteristiche che hannofatto apprezzare Andrei nel suofilm d’esordio Mater Natura alla

Settimana della critica di Venezia, qui cisono tutte, la propensione al popfiammeggiante, l’andamento musicaleimportante, la tenerezza, ilmelodramma. Qui si passagagliardamente dall’ambientazionenapoletana a quella romana, dove, dallapièce teatrale di Gianni Clementi, Sergio,che era uno dei primi cinque stuntmandi Cinecittà ora si arrangia facendo ilgladiatore al Colosseo, insieme a Milan(un nome adatto ai giochi di parole).Commedia dal cuore amaro. (s.s.)

IL CECCHINODI MICHELE PLACIDO, CON DANIEL AUTEUIL,MATHIEU KASSOVITZ. FRANCIA 2012

6Il commissario Mattei ha incorso un’operazione di poliziadurante una rapina in banca

quando un cecchino appostato sui tettimassacra parte del suo repartooperativo. Inizia la caccia all’uomo che sicomplica sempre di più poiché al generenoir si sovrappone il genere di guerra,sprazzi di horror, buona parte dimelodramma ed anche qualchenotazione western. Troppa carne alfuoco, immagini color canna di fucile,colonna sonora ritmata sui caricatori,primissimi piani alternati (come dacontratto?) (s.s.)

EFFETTI COLLATERALIDI STEVEN SODERBERGH, CON JUDE LAW,CHANNING TATUM. USA 2013

6L’elemento oscuro chel’intreccio promette si perdenella commistione consueta di

generi, il genere psichiatrico innestatosulla detective story, più il film didenuncia contro le case farmaceutichegenere tenuto ben sotto controllo pernon far perdere proventi e nellanecessità di confezionare un prodottorassicurante. Infatti, tranquilli non didevastanti effetti collaterali a causa dimedicinali si tratta (non siamo nei pressidi Michael Moore), ma come sempre diquell’inafferrabile mostro senza voltoche è la finanza (condita di misoginia).(s.s.)

HANSEL E GRETELCACCIATORI DI STREGHEDI TOMMY WIRKOLA, CON JEREMY RENNER,GEMMA ATERTON. GERMANIA USA 2013

7Stravagante, forse nontotalmente riuscito, ma moltodivertente Hansel e Gretel

cacciatori di streghe del regista norvegeseTommy Virkola, ricca coproduzionetedesco-americana (50 milioni di dollari,ne ha già incassati 55 in America). Lasequenza pre-titoli è esattamente comenella favola dei Grimm, sarà l’orridastrega a finire nel forno, mentre i dueragazzi, cresciuti in solitudinediventeranno terribili cacciatori distreghe. È così infatti che li vediamo,quando sono già due star di un ’800tedesco molto western, assoldati dalsindaco di un paesino per debellare lapiaga delle streghe, che hanno rapito unbel numero di ragazzini. È una veraincursione del cinema europeo nelterritorio horror fiabesco in 3D dellanuova Hollywood, che non ha finoraprodotto grossi risultati e ci haammorbato con inutili Biancaneve enani non sempre di prima scelta. (m.gi.)

KIKI CONSEGNE A DOMICILIODI HAYAO MIYAZAKI, ANIMAZIONE. GIAPPONE1989

1Capolavoro di Hayao Miyazakiuscito dallo Studio Ghibli nellontano 1989 (ora nelle sale

italiane, distribuisce Lucky Red), è la

magnifica metafora dei turbamenti di uncorpo - e una mente - in rapidocambiamento. È un romanzo diformazione tutto al femminile dove la«crisi», la perdita di potere e lariconquista della fiducia in se stessi sonole temibili prove da superare. Nessuneffetto speciale sostiene Kiki nella suaimpresa, se si esclude quel prodigiosovolo che affascinerà uno dei pochiesemplari maschili del film, Tonbo, ilsimpatico ragazzino che sogna dicostruire macchine per attraversare ilcielo e che costituirà l’occasione delriscatto. (a.d.g.)

IRON MAN 3DI SHANE BLACK, CON ROBERT DOWNEY JR.,GWYNETH PALTROW. USA 2013

1Al terzo capitolo della saga IronMan, Tony Stark non ha mai inmano qualcosa di solido, se non

quel cuore elettromagneticoimpiantatogli in Afghanistan. È curioso ilmodo in cui l'attore Robert Downey Jr.tracci i luoghi dei desideri (perfino gliappuntamenti con la segretariaPepper/Gwyneth Paltrow) e il suoritorno alle origini come se fossero unadimensione a doppia faccia, dove lamacchina, la plastica, l'irrealtà e lasimulazione delle emozioni passanoattraverso il crocevia del corpo.(fi.bru.)

IL MINISTRODI PIERRE SCHOELLER, CON OLIVIER GOURMET,MICHEL BLANC. FRANCIA 2011

7La scommessa del regista esceneggiatore francese èportarci dentro ai rituali del

potere, ai suoi umori, al sudore, aldesiderio, al sangue dello Stato. E al di làdegli schieramenti, destra o sinistra, evisto che il film è del 2011 è abbastanzafacile leggervi il riferimento alla Franciadell’ex presidente Nicolas Sarkozy.Schoeller fotografa lucidamentel’ambiguità attuale della democrazia, esoprattutto quella frattura che nel casoitaliano, ma non solo, sta diventandosempre più grande tra «noi», i cittadini,e «loro», gli uomini politici. Prodotto daifratelli Dardenne è l’occasione perinterrogarsi su un diverso senso di«cinema politico». (c.pi.)

LE STREGHE DI SALEMDI ROB ZOMBIE, CON SHERI MOON ZOMBIE,BRUCE DAVISON. USA 2013

1I White Zombie diventanoun’icona del metal alternativo epoco dopo Zombie molla la

band e firma La casa dei 100 corpi, il suoesordio. A fronte della riuscita assolutadi Le streghe di Salem si capisce comeabbia faticosamente e con umiltà trattotutte le lezioni necessarie dai suoi filmsuccessivi fino a questo horror adulto ecolto che sarà nelle sale dal 24 aprile.(g.a.n.)

VIAGGIO SOLADI MARIA SOLE TOGNAZZI, CON MARGHERITABUY, STEFANO ACCORSI. ITALIA 2013

7Variazione modulata suifemminili possibili (e dunquesui maschili), quei «tipi» che in

sé concentrano infinite storie, ognunadeclinabile in modo diverso. Quelladella protagonista Irene, viaggiatrice diprofessione per verificare le stelledegli hotel di lusso non è unasolitudine depressa, o deprimente, alcontrario appare come una specie disottile resistenza nel rovesciamento,anche meno evidente, del luogocomune femminile. Il terreno èrischioso, ma la regista riesce conaffettuosa complicità a tradurre leimpercettibili sfumature delsentimento in una narrazionecinematografica. La suspence è altrove,nel corpo corpo tra una sceneggiaturache potrebbe rimanere chiusa e iltalento della regista che ne spiazzacontinuamente gli esiti producendosorprese e grandi piaceri. (c.pi.)

A CURA DISILVANA SILVESTRICON FILIPPO BRUNAMONTI,ANTONELLO CATACCHIO,ARIANNA DI GENOVA, GIULIAD’AGNOLO VALLAN, MARCOGIUSTI, CRISTINA PICCINO

I FILM

MASHROME FESTIVALROMA, DALL’8 AL 31 MAGGIODall’8 al 31 maggio il festivaldell’associazione culturae Mashrome.Si tratta di un gruppo decisa aesplorare i nuovi linguaggi, le nuoveforme di espressione artistica masoprattutto individuare nuovemodalità di fruizione e diffusionedell’arte e del sapere in generale. Tantii progetti in programma, tanta energiae voglia di portare all’attenzione di unpubblico sempre più numeroso eventiche possano generare condivisione epartecipazione (inclusione). Cosìcome il melting pot di generi cinematografici e di sperimentazioni artistiche sonoi contenuti degli eventi targati MashRome. Ideatrici e fondatrici di MAshRome,Mariangela Matarozzo e Alessandra Lo Russo hanno dato vita ad un progettocomune che costituisce un primo obiettivo importante dopo molti anni di unpercorso professionale nel tempo arricchitosi con lo scambio delle esperienze edelle conoscenze. Tra le opere in prima: «The Noble Stud», Sofia Priftis, «Time2 Split», Fabrice Braq, «Expatz», Jimmie Wing, «The compositor», JohnMattiuzzi, «Cats Lost» di Eva Munnich, «Tempo: 3rd Act – Maria Abdel Karim»,«The Environmentalist», Jacob Bond. Info: 0686705507 www.mashrome.org

OMAGGIO A MIKLÓS HUBAYFESTIVAL VICINO/LONTANO, UDINEDal festival vicino/lontano di Udine, la cuiIX edizione è in calendario dal 9 al 12maggio 2013, arriva una dedica teatrale auno dei maggiori drammaturghi delnostro tempo, l’ungherese Miklós Hubay,scomparso a Budapest il 7 maggio 2011.E nel secondo anniversario della suamorte, l’8 maggio 2013, vicino/lontanopropone, nella serata di anteprima delfestival, la messa in scena de «L’ùali diDiu», versione friulana dell’operaElnémulás (letteralmente «Ridurre alsilenzio»), la tragedia che Miklós Hubayaveva composto proprio in Friuli, dedicandola alla morte di una lingua e alla necessità didifendere le minoranze. Prodotto da un’ampia rete di realtà teatrali e culturali -Associazione Colonos, Comune di San Vito al Tagliamento, Forum, Progetto IntegratoCultura del Medio Friuli, Teatro Club Udine e vicino/lontano – lo spettacolo debutteràl’8 maggio alle 21 al Teatro San Giorgio di Udine, anticipando così la IX edizione delfestival, al via giovedì 9 maggio. Firma la regia Massimo Somaglino con l’assistenza diCamilla Manzato. Hubay aveva composto la tragedia nell'estate 2000, di getto, in Friuli,dove era ospite e dove era stato stimolato, su invito di Danilo de Marco e FedericoRossi, a scrivere un’opera sulla scomparsa di un popolo e di una lingua, recuperandodalla memoria un copione andato perduto. Info: 0432-287171 www.vicinolontano.it

BACK 2 THE WILDUk, 2013, 2’47”, musica: Basement Jaxx, regia:Mat Maitland at Big Active & Natalia Stuyk, fonte:Youtube

7È il trionfo del compositing,coloratissimo e psichedelico,questo videoclip che riveste di

immagini il sound del duo londinese dimusica elettronica formato da FelixBuxton e Simon Ratcliffe. Impossibiledescrivere i giochi di intarsi, i mosaicielettronici dove performer asiatichevengono sovrapposte a sfondi naturali(dalle montagne, alle foreste ai fondimarini), corredati da animali vivi escheletrificati. Il principale referenteiconografico è la pittura surrealista diMax Ernst e Salvador Dalì,ricombinata in un’orgia digitaledefinitivamente molto suggestiva.

I COULD BE THE ONESvezia, 2012, 4’46”, musica: Avicii vs NickyRomero, regia: Peter Huang, fonte: Mtv

1Una impiegata dal volto acidoe decisamente sovrappeso(interpretata da Inessa

Frantowski) è sfiancata dalla routinelavorativa e sogna vacanze esotichedove può abbuffarsi e rimorchiareuomini a gò-gò, ma viene riportata allatriste realtà quotidiana finché, in unraptus finale (rigorosamente filmato alralenti) non si ribella, invano. L’excipitbeffardo diverte macabramente. Alritmo del dj svedese che staspopolando nelle hit internazionali,Peter Huang costruisce un sapienteclip (ma piuttosto deja vu nellastruttura) basato sulla ossessivareiterazione di situazioni einquadrature, girato tra gli internidell’ufficio e gli esterni delle Barbados,con diverse gag esilaranti.

LE VENT NOUS PORTERAFrancia, 2002, 4'45", musica: Noir Désir, regia:Alex & Martin, fonte: Youtube

8Una immensa spiaggia dovegiungono un bambino e unamadre. Il piccolo, armato di

secchiello e paletta, cominica a scavareun’immensa buca e, con la sabbiaavanzata, un enorme castello di sabbia,mentre la donna – poco distante – èimmersa nella lettura. All’improvvisonubi minacciose scatenano unaviolenta tempesta, la madre ètrascinata via dal vento e scomparenella polvere. Ora il cielo ènuovamente limpido e Il bambinoresta da solo in riva al mare. Purprendendo alla lettera il titolo dellacanzone, il video – firmato da dueautori della famosa società Partizan –racconta, con dovizia di effetti digitali,la stagione del distacco e della crecita,il tempo in cui si dissolve ogni illusioneinfantile e in cui cresce la voglia difuga. Magia e psicanalisi si combinanoinsieme in questo surreale clip«iniziatico» che ha lanciato i NoirDésir a livello internazionale.

FISCHIA IL VENTOTRA ERNST E DALI’

MAGICO

IL FILMI GIORNI DELL’ARCOBALENOREGIA DI PABLO LARRAIN, CON GAEL GARCÍA BERNAL - ALFREDO CASTRO, CILE 2012Il dittatore cileno Augusto Pinochet è costretto a cedere alle pressioni internazionalie a sottoporre a referendum popolare il proprio incarico di Presidente (ottenutograzie al colpo di stato contro il governo democraticamente eletto e guidato daSalvador Allende). I cileni debbono decidere se affidargli o meno altri 8 anni dipotere. Per la prima volta da anni anche i partiti di opposizione hanno accessoquotidiano al mezzo televisivo in uno spazio della durata di 15 minuti. Pur nellaconvinzione di avere scarse probabilità di successo il fronte del NO si mobilita eaffida la campagna a un giovane pubblicitario anticonformista: René Saavedra.Pablo Larrain, che il pubblico italiano conosce per i suoi precedenti Tony Manero ePost Mortem, affronta in modo diretto una delle svolte nodali della storia cilenarecente. L'aggettivo è quanto mai appropriato perché la scelta radicale di utilizzareuna telecamera dell'epoca offre al film una dimensione del tutto insolita. Il passaggiodal materiale di repertorio (dichiarazioni di Pinochet e cerimonie che lo vedonopresente così come interventi dei rappresentanti dell'opposizione dell'epoca) allaricostruzione cinematografica diviene così inavvertibile. Il pubblico in sala si trovanella situazione di chi sta compiendo una full immersion nel passato. Tutto ciòall'interno di una ricostruzione che mostra, attraverso il personaggio di Saavedra,come la repressione fosse stata forte e come il regime fosse convinto che fossesufficiente accusare qualsiasi avversario di 'comunismo' per poter vincere.

STA PER PIOVEREDI HAIDER RASHID, CON LORENZO BAGLIONIE MOHAMED HANIFI, ALGERIA 2012Said, è un giovane sicuro e ambizioso,nato e cresciuto in Italia da genitorialgerini, studia e lavora comepanettiere part-time. A seguito delsuicidio del direttore della fabbrica incui lavora suo padre Hamid, la famigliasi trova di fronte alla lacerante realtàdi non poter rinnovare il permesso disoggiorno, come fa da trent'anni, ericeve un decreto di espulsione.L'Italia, il paese che Said ha sempreconsiderato suo, appare ora come unmuro di gomma che lo spinge a «tornare a casa», in Algeria, luogo che lui non haneanche mai visitato. Nel tentativo di trovare una soluzione, Said si appella agliavvocati, ai sindacati e alla stampa, cercando di portare attenzione su unproblema concreto e sempre più presente nella società italiana; questo percorsolo porterà attraverso i meandri di una burocrazia legislativa retrograda e allariconsiderazione della sua identità, riflettendo su un dilemma terribilmenteprofondo: rimanere in Italia clandestinamente oppure provare a partire perl'Algeria con la sua famiglia, aiutandola a provare ricostruirsi una vita nel paeseche ha lasciato trent'anni fa?

SINTONIE

Page 16: Alias supplemento del Manifesto - 04.05.2013

di SANDRA PAOLIVENEZIA

●●●A due passi dal Fondaco dei Turchi e dalFondaco dei Tedeschi, nell’auditorium di Ca'Foscari, la regista turco-tedesca YaseminSamdereli ascolta il poeta in esilio Adonis cherecita i suoi versi in arabo, incantando laplatea. Il dramma della sua Siria. In prima filauna ventina di scrittori e intellettuali di famaprovenienti da tutto il mondo, invitati aVenezia per «Incroci di civiltà». Yasemin èl'unica cineasta presente. Appassiona, divertee, soprattutto, fa ancora discutere il suo filmAlmanya – La mia famiglia va in Germania.Perché ci parla della Germania d'oggi, unpaese che sta letteralmente cambiando i suoiconnotati, e molto velocemente, sotto laspinta della presenza di quindici milioni ditedeschi con una biografia d'immigrazione.Non i Gastarbeiter dei decenni scorsi, macittadini sempre più a pieno titolo. Yasemin èuna di loro.

Ma è anche turca. Ma è anche curda. Ma èanche alevi. Ma è anche donna. Quale identitàprevale in lei? «Quando mi chiedono se sonoturca, rispondo che sono curda. Quando michiedono se sono curda, rispondo che sonoturca. Non mi piacciono le classificazioni. Semi chiedono cosa sono, rispondo: tedesca».Yasemin è e si sente una cittadina del nuovomondo plasmato da un fermento demograficoche non conosce confini. La sua è un'identitàmobile, dinamica, come quella cherappresenta in Almanya e, da quel che sicapisce, nel prossimo film. Lei siritrova nel temperamento di Veneziae nella sua storia. Yasemin si guardaintorno, fa domande, prende appunti:è già alla ricerca di un itinerario perimmaginare il suo prossimo lavoro,che non parlerà d'immigrazione, mache comunque rifletterà iltemperamento e la formazionemulticulturale della regista. La città ela sua laguna sono un luogo che le«parla» dentro. La Serenissima è laNew York del passato, con una storiacome poche altre al mondo, disuccessive stratificazioni culturali edetniche, nella quale un’artista «multi»ed eclettica come Yasemin sirispecchia.

Venezia perde abitanti, ma, come èavvenuto nel corso della sua storia,continua a registrare nuovi residenti.E quelli che decidono di vivercidavvero, diventano più veneziani deiveneziani. Se ne parla con Yasemin edemerge la parola Heimat: quale

patria? Quella d'arrivo o quella diprovenienza? O tutte e due? Per lei è unpuzzle che ognuno compone come vuole.«Può esserci una punta di nostalgia perqualcosa che non esiste, - spiega - un'utopia,l'idea della terra natale, che spesso coincide,nei lavoratori stranieri, con i ricordidell'infanzia, fino all'idealizzazione delleradici. Capire la propria identità e fare i conticon l'appartenenza, è un percorso complicatoe spesso doloroso, in sospensione tra la realtàdel luogo d'arrivo e quella del luogo dipartenza». Per Yasemin, e per quelli della suagenerazione, nati e cresciuti in Germania, sicrea un mix nel quale i luoghi dei suoi ricordi(il Bacino della Ruhr) si mischiamo e siconfondono con quelli della sua famiglia,l'Anatolia. Tedesca, si sente ancorata allaTurchia, anche se c'è stata poche volte e nonè in grado di sostenere interviste in linguaturca. È consapevole della complessità di quelpaese. Spiega: «In contesti in cui si parla dipolitica, molti turchi tengono a dire che nontutti loro sono nazionalisti. Peraltro in Turchiaci sono diverse culture. E alcune di esse sonoa loro volta plurali, culturalmente epoliticamente. I curdi stessi non sono un tuttoomogeneo». Le piace il concetto diWahlheimat, patria d'elezione. Come ilavoratori stranieri di prima generazione,

conosce la sensazione di «essere seduta tradue sedie». Da piccola desiderava esseresemplicemente tedesca. «Ma quando horealizzato di essere straniera - racconta - misono sentita spiazzata. Spesso si diceva, trabambini, 'Ah, che bei capelli neri che hai!', maper me era una cosa come tante altre, un miotratto come, ad esempio, lo possono essere igusti alimentari. Improvvisamente capii che ilmio aspetto rivela qualcosa di me. Fu comericevere uno schiaffo. Pensai: 'Gli africanihanno la pelle scura e vivono in Africa, iturchi hanno i capelli neri e abitano inTurchia, i tedeschi in Germania e non hanno icapelli neri.' Fu uno shock. Mi chiesi cosafacessimo nella Repubblica Federale Tedesca,dato non ne eravamo parte». Così Yaseminfece un percorso alla ricerca della sua identità,come nel in Almanya, giungendo allaconclusione che «le persone come me sonoparte della Germania e che, se i tedeschi nonlo digeriscono, è solo un problema loro».

La regista proviene da «un ambiente in cuic’è il piacere di narrare e condividere storie -spiega -. Per me e mia sorella Nesrin(cosceneggiatrice ndr) era importantemostrare che i turchi venuti in Germania nonerano un foglio bianco. Erano persone constorie, con famiglie, con tragedie, con uncarattere, con un passato. Un passato diversoper ognuno di loro».

Nel corso dell'intervista con Stefania Sbarrae Roberto Ellero, nella sala del Giorgione,spiega che in Almanya ha voluto inserire tuttiquesti elementi autobiografici anche per

reazione a una certa tradizionecinematografica. Aveva sedici anni quandouscì Yasemin di Hark Bohm, una trama cheruota intorno a un padre, turco, che s’opponealla relazione della figlia con un tedesco. «Lamia è stata una vendetta. Mi dicevano: 'Ah,allora anche tu sei sottomessa alla tuafamiglia', e quando ribattevo che le cose nonstavano così, rispondevano 'Poverina, non lopuò neanche ammettere!' La gente da fuoririteneva di sapere come fossero le famiglieturche. Mi sentivo ferita. Mia madre è aperta emoderna, come la maggioranza delle famiglieturche. Dominavano produzioni cheraccontavano la storia dei lavoratori stranieriin chiave solo tragica. Famiglie come la nostranon si vedevano. E noi volevamo dar voce aun punto di vista che fino ad allora non c'era,proprio quello dei lavoratori stranieri. Disolito li si osservava e si descriveva la lorosituazione, ma sempre dal di fuori, e noivolevamo che il pubblico tedesco entrasse,accompagnato da noi, dentro una famigliaturca». La conversazione finisceinevitabilmente nei deliri razzisti di ThiloSarrazin, ex membro autorevole dellaBundesbank ed esponente di spicco della Spd,che sostiene l'incapacità d'integrarsi da partedegli immigrati musulmani, Yaseminalza gli occhi al cielo e afferma chereplicare a Sarrazin significa solo dareimportanza alle sue parole. È contentadi essere la prova vivente delcontrario: «Ho sempre detto di nonessere un'eccezione. Ci sono così tantitedeschi di diversa provenienza,anche turchi, che in Germania sonoavvocati, medici, artisti, scrittori. Manon fanno notizia, perché vivonobene la loro vita».Nel frattempo ancheun paese molto nazionalista come laTurchia sembra finalmente iniziare aelaborare la sua storia dimulticulturalismo, troppo a lungorepressa e negata nel sangue. Pur tramille difficoltà e contraddizioni, ilconflitto con i curdi sembra avviarsiverso una qualche forma diriconciliazione. È di questi giorni lanotizia delle trattative tra Erdogan eApo Öcalan, il leader storico del Pkkdetenuto in un carcere di massimasicurezza a Imrali, un'isola del Mar diMarmara, un mito in molte famigliecurde. Mentre nel frattempo, ilgoverno turco sta trattando con i curdiiracheni per la costruzione di unoleodotto che porterà il loro petrolioin Anatolia. Yasemin non entra nei

dettagli della politica attuale. E pur nei toni enel ritmo di commedia, Almanya è un film«politico». Con un record d’incassi inGermania ma anche all’estero, dall’Europa aIsraele, fino a Taiwan, è attualmente nelle saledella Grecia, il paese da sempre arcinemicodella Turchia. Yasemin riesce a parlare a tuttoil mondo, perché nel suo messaggio c'è l'ideadi una nuova cittadinanza non più dettata daivecchi confini o da insostenibili distinzioni subase etnica o religiosa. Un messaggio tantopiù importante, perché incombe sempre ilrischio di finire nella direzione opposta. Diceil poeta Adonis, a proposito di quanto accadein Siria, per secoli crogiolo mediorientale diminoranze, dove il crollo di un regimedispotico sta avendo come conseguenza lacancellazione sanguinosa di secoli diconvivenza pacifica: «Il discorso unificanteoggi (contro il regime ndr.) è divenutopiuttosto un discorso regressivo. Affiora unlinguaggio medievale, che insiste sullecosiddette 'minoranze', propone divisioni disunniti-sciiti, alawiti-cristiani, anzichépromuovere 'la cittadinanza', il concetto del'cittadino', ad esempio cristiano, dotato deglistessi doveri dei sunniti ma anche degli stessidiritti. A cosa serve una rivoluzione in unpaese arabo se non si realizzano due coseessenziali? Primo, i diritti della donna, acominciare dalla sua liberazione dalla leggereligiosa; secondo, la separazione dellareligione da tutto ciò che è politica, società,cultura, affinché la religione sia un’esperienzaindividuale, slegata dalle istituzioni».

INCROCI DI CIVILTÀ

Vi mostro com’è

La registadi «Almanya» invitataa Ca’ Foscariparla del concettodi patria d’elezione,esponentedella nuovagenerazione europeasenza confini

una famiglia turca

SAMDERELI

Due scene di «Almanya» e un ritratto della registaYasemin Samdereli

(16) ALIAS4 MAGGIO 2013