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5.1. Generalità sulle composizioni Gli acciai inox costituiscono una frazione limitata della produzione complessiva di acciai, il 2% circa. Si tratta tuttavia di un gruppo di acciai molto importante dal punto di vista sia tecnologico che economico, in virtù di caratteristiche di impiego molto speciali.

La caratteristica principale è rappresentata dalla resistenza all’ossidazione a caldo e alla corrosione in vari ambienti aggressivi. In Figura 5.1 sono mostrati i risultati di un’indagine svolta in Giappone da un’industria chimica di primaria importanza sull’incidenza relativa di vari tipi di corrosione a cui sono soggette le leghe ferrose.

Figura 5.1 (Nicodemi, p.142) – Risultati di un’indagine svolta da un’industria chimica giapponese sull’incidenza relativa di vari tipi di corrosione delle leghe ferrose,

Come si vedrà in seguito, gli acciai inossidabili resistono meglio ad un tipo o a un altro di corrosione chimica, a seconda dell’incidenza di vari fattori tra cui sono da citare il tipo di reticolo strutturale (cubico a facce centrate, tipico degli acciai inox austenitici; cubico a corpo centrato, tipico dei ferritici; ecc.).

I principali settori di impiego degli acciai inossidabili riguardano le industrie chimica, alimentare e farmaceutica, l’edilizia e l’arredamento, e tutti gli altri settori in cui siano richieste al materiale resistenza alla corrosione e/o qualità estetiche.

Capitolo 5 - Acciai inossidabili 5.1. Generalità sulle composizioni 5.2. Acciai inox austenitici 5.3. Acciai inox ferritici 5.4. Acciai inox duplex 5.5. Acciai inox martensitici 5.6. Acciai inox indurenti per precipitazione

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Si definiscono come inossidabili gli acciai che, contenendo almeno il 12% in peso di Cr, risultano più resistenti di altri acciai all’ossidazione e alla corrosione chimica. Il Cr è un elemento facilmente ossidabile per cui, sull’acciaio inox, si forma rapidamente un sottile film protettivo e continuo di ossido. Lo spessore del film ha valori dell’ordine di 1-10 nm.

La % di Cr indicata rappresenta un valore minimo affinché alla superficie dell’acciaio si possa formare un film continuo di ossido.

Per contenuti di Cr inferiori al 12%, il film di ossido presenterebbe delle discontinuità in corrispondenza alle quali l’acciaio non risulterebbe protetto dalla corrosione.

Per quanto riguarda la composizione dell’ossido protettivo si parla di Cr2O3, oppure di ossido spinello (Fe,Cr)2O3 corrispondente, per intendersi, ad un Fe3O4 (magnetite, alias FeO· Fe2O3 costituita da ioni Fe in parte bi- e in parte tri-valenti) in cui una parte o tutti gli ioni Fe3+ siano sostituiti da ioni Cr3+. Pertanto, il contenuto di Cr nell’ossido spinello è massimo nel caso del composto FeO· Cr2O3, alias FeCr2O4.

Gli acciai inox generalmente contengono altri elementi di lega, in aggiunta a Fe, C e Cr, che con la loro presenza permettono di ottenere strutture e proprietà prefissate.

Per quanto riguarda la struttura cristallina, la presenza di un’alta % di Cr (elemento alfageno) favorisce la formazione di fase α con reticolo cubico a corpo centrato, tipico di α-Fe e della ferrite (soluzione solida di C in α-Fe, limite di solubilità 0.002% ca. di C).

Al contrario il Ni agisce da elemento gammageno, in quanto favorisce la formazione di fase γ con reticolo cubico a facce centrate, tipico di γ-Fe e dell’austenite (soluzione solida di C in γ-Fe, limite di solubilità 4% di C).

Alcuni elementi di lega (Si, Mo, V, oltre a Cr) tendono a stabilizzare la fase α, altri (C, Mn, Co, oltre a Ni) favoriscono la fase γ. Occorre quindi avere ben presenti le definizioni di Cr equivalente (pro fase α) e, rispettivamente, di Ni equivalente (pro fase γ):

Creq = 1· (%Cr) 1.5· (%Mo) + 2· (%Si) + 5· (%V) Nieq = 1· (%Ni) + 1· (%Co) + 0.5· (%Mn) + 30· (%C)

I valori corrispondenti forniscono indicazioni sulla probabile struttura dell’acciaio corrispondente. Questa possibilità è mostrata dal diagramma seguente (Figura 5.2), dovuto a Schneider e relativo ad acciai al Ni-Cr allo stato normalizzato.

E’ importante non dimenticare che le linee e i campi di esistenza tracciati nel diagramma in questione valgono appunto per leghe allo stato normalizzato, ossia riscaldate e rese omogenee in campo austenitico, e poi lasciate raffreddare in aria calma, fuori dal forno di trattamento termico.

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Figura 5.2 (da Cigada&Re, p.149) – Diagramma rappresentativo delle strutture cristalline che si possono ottenere nel caso di acciai legati al Ni-Cr con un trattamento di normalizzazione, al variare dei valori di Cr equivalente e di Ni equivalente.

Nel diagramma di Figura 5.2 le linee rosse tratteggiate mostrano che, in una acciaio legato al Ni-Cr contenente il 17% circa di Creq, occorre la presenza di quantità di Nieq superiori all’11% ca. per ottenere strutture austenitiche (A) dalla normalizzazione.

Per tenori di Nieq compresi grossomodo tra il 5% e l’11% (a parità di Creq), si hanno strutture miste costituite da austenite, martensite (M) e ferrite (F).

Per tenori di Nieq compresi grossomodo tra il 2% e il 5%, si hanno strutture miste costituite da martensite e ferrite.

Per tenori di Nieq inferiori al 2% ca. (a parità di Creq), si hanno strutture costituite dalla sola ferrite. Considerazioni analoghe si possono fare per ogni altro acciaio legato al Ni-Cr, per contenuti prefissati di Creq e Nieq.

In definitiva, si possono produrre acciai inox che, a temperatura ambiente, posseggono una struttura:

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- austenitica, oppure - martensitica, oppure - ferritica, oppure - duplex (austero-ferritica)

Per gli acciai inox, vengono generalmente adottate le denominazioni stabilite dall’unificazione AISI (American Iron and Steel Institute, USA), che si avvale di numeri costituiti da 3 cifre:

- serie 200 (AISI 2xx) e serie 300 (AISI 3xx), acciai inox austenitici; - serie 400 (AISI 4xx), acciai inox martensitici e acciai inox ferritici.

L’interesse a produrre acciai inox con struttura diversa deriva dal ruolo che la struttura stessa è in grado di svolgere sulle proprietà dell’acciaio: infatti, gli inox austenitici presentano generalmente una maggiore resistenza alla corrosione:

austenitici > ferritici > martensitici.

Per questo motivo la produzione di inox austenitici costituisce la parte preponderante (più del 60%) della quantità totale di inox prodotti nel mondo. 5.2. Acciai inox austenitici

5.2.1. Composizioni principali Oltre a presentare una considerevole resistenza all’ossidazione e alla corrosione, gli acciai inox austenitici sono amagnetici, una caratteristica che li rende insostituibili per la realizzazione di applicazioni particolari, ad es. nell’industria per la produzione di energia nucleare.

D’altra parte gli acciai inox martensitici (magnetici) presentano migliori caratteristiche meccaniche.

Lo schema riportato nella Figura 5.3 fornisce una panoramica esemplificativa degli acciai inox austenitici della serie 300, a partire dall’acciaio AISI 304, un tipo di materiale così comune da costituire oltre 1/3 del totale mondiale di acciai inox prodotti.

Secondo la classificazione nazionale UNI, l’acciaio AISI 304 corrisponde al classico X 8CrNi188 (la lettera X sta per inox), più noto come inox 18/8, o anche 18/10, che nominalmente contiene il 18% di Cr e l’8-10% di Ni in aggiunta allo 0.08% di C.

La stessa denominazione può essere data all’inox UNI X 5CrNi1810, che si caratterizza per un contenuto inferiore di C ed un contenuto leggermente superiore di Ni.

Una tipica composizione nominale completa dell’AISI 304 è riportata nella Tabella 5.1, insieme con valori tipici di caratteristiche meccaniche (carico di rottura σR, carico di snervamento σS, allungamento alla rottura A%, durezza Brinell HB).

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Figura 5.3 (da Cigada&Re, p.153) – Schema dei principali criteri di modifica della composizione dell’acciaio inox austenitico base AISI 304, adottati per ottenere diverse caratteristiche di resistenza alla corrosione e di resistenza meccanica.

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Tabella 5.1 (da Cigada&Re, p.162) – Composizione e caratteristiche meccaniche dei principali acciai inox austenitici della serie AISI 300.

Acciai inox austenitici più comuni

Composizione, % in peso Caratteristiche meccaniche AISI

C Mn Si P S Cr Ni Mo Altri σσR, MPa σσS , MPa A,% HRB 301 0.15 2.0 1.0 0.045 0.030 16-18 6-8 - - 758 276 60 85 302 0.15 2.0 1.0 0.045 0.030 17-19 8-10 - - 620 276 50 85 303 0.15 2.0 1.0 0.20 >0.15 17-19 8-10 0.60 - 620 241 50 76 304 0.08 2.0 1.0 0.045 0.030 18-20 8-10.5 - - 586 241 55 80

304L 0.03 2.0 1.0 0.045 0.030 18-20 8-12 - - 517 193 55 79 304N 0.08 2.0 1.0 0.045 0.030 18-20 8-10.5 - N=0.10-0.16 620 331 50 85 305 0.12 2.0 1.0 0.045 0.030 17-19 10.5-13 586 262 50 80 308 0.08 2.0 1.0 0.045 0.030 19-21 10-12 - - 586 241 50 80 309 0.20 2.0 1.0 0.045 0.030 22-24 12-15 - - 620 310 45 85 310 0.25 2.0 1.5 0.045 0.030 24-26 19-22 - - 655 310 45 85 314 0.25 2.0 1.5-3 0.045 0.030 23-26 19-22 - - 690 345 40 85 316 0.08 2.0 1.0 0.045 0.030 16-18 10-14 2-3 - 620 276 50 76

316L 0.03 2.0 1.0 0.045 0.030 16-18 10-14 2-3 - 517 220 50 79 316N 0.08 2.0 1.0 0.045 0.030 16-18 10-14 2-3 N=0.10-0.16 620 331 48 85 317 0.08 2.0 1.0 0.045 0.030 18-20 11-15 3-4 N=0.10-0.16 620 276 45 85 321 0.08 2.0 1.0 0.045 0.030 17-19 9-12 - Ti=5xC 620 241 45 80 330 0.08 2.0 0.75-1.5 0.040 0.030 17-20 34-37 - - 586 310 40 80 347 0.08 2.0 1.0 0.045 0.030 17-19 9-13 - Nb+Ta=10xC 655 276 45 85

348 0.08 2.0 1.0 0.045 0.030 17-19 9-13 - Nb+Ta=10xC Ta=0.1; Co=0.2 655 276 45 85

384 0.08 2.0 1.0 0.045 0.030 15-17 - - - 517 241 55 70

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In base alla composizione e alle formule empiriche sopra riportate, per questo acciaio inox si possono calcolare i valori: Creq = 20-22%, Nieq = 11.4-13.9% (zona grigia in Fig. 5.3).

Nella Figura 5.3 si osserva come l’acciaio AISI 304, se normalizzato (come stabilito per laq Figura stessa) assume una struttura bifasica, solo parzialmente austenitica, in seguito alla formazione di ferrite. Ciò equivale a dire che questo acciaio non è ‘autotemprante’ (v. oltre).

Tuttavia, la quantità di Ni presente causa un notevole ritardo del tempo di inizio della trasformazione dell’austenite in ferrite nel corso del raffreddamento (in altri termini, le curve di trasformazione risultano spostate ‘verso destra’).

Basta quindi un raffreddamento relativamente più rapido di quello che caratterizza un trattamento di normalizzazione, per avere un acciaio inox AISI 304 con struttura totalmente austenitica.

E’ da tenere presente che un raffreddamento a temperatura ambiente realizzato in modo da evitare la formazione di ferrite non porta neppure alla formazione di martensite, in quanto i punti critici Ms di inizio della trasformazione dell’austenite in martensite, ed Mf di fine della stessa trasformazione, se esistono, si trovano a valori di temperatura inferiori alla temperatura ambiente.

Un esame anche sommario dello schema di Figura 5.3 fornisce utili informazioni sui criteri adottati per variare la composizione dll’AISI 304 allo scopo di modificarne le proprietà nel senso desiderato.

Da evidenziare anzitutto l’effetto positivo sulla resistenza alla corrosione, ed in particolare alla corrosione localizzata per vaiolatura (‘pitting corrosion’) o in fessura (‘crevice corrosion’), ottenibile con un’aggiunta di Mo alla composizione. In questo modo sonostati realizzati i passaggi da un acciaio AISI 304 ad un acciaio AISI 316 (2-3% Mo) e ad un acciaio AISI 317 (3-4% Mo).

Da notare anche l’effetto del Mo e del maggiore contenuto di Ni sulle proprietà meccaniche di AISI 316 rispetto ad AISI 304. Si tratta dei 2 tipi di inox austenitico largamente più diffusi nella pratica.

Da considerare in modo particolare sono gli effetti del carbonio. A causa della forte reattività con il Cr, il C tende a formare di carburi di Cr, in particolare del tipo M23C6.

Precipitando nell’acciaio ai bordi dei grani (cristalli) di austenite, le particelle di carburi di Cr causano un depauperamento localizzato di Cr (sensibilizzazione: v. oltre). In altri termini il Cr che viene bloccato nei cristalli di carburo di Cr non contribuisce alla resistenza all’ossidazione e alla corrosione dell’acciaio che, nelle zone prossime ai bordi di grano (impoverite di Cr), risulta soggetto a corrosione (corrosione intergranulare).

Questo spiega le ragioni del passaggio a varietà L (‘low carbon’) di acciai AISI, quali AISI 304L, 316L, 317L, in cui il contenuto max di C consentito è ridotto allo 0.03%.

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Per contro, da un aumento del contenuto di carbonio (generalmente fino allo 0.15%) derivano possibilità notevoli di miglioramento delle proprietà meccaniche dell’acciaio (v. Tabella 5.1), sia pure con lo svantaggio di una riduzione della resistenza alla corrosione. Questo spiega le variazioni di composizione da quella dell’acciaio AISI 304 a quelle degli acciai AISI 301 e AISI 302.

Un incremento della resistenza dell’acciaio inox alla corrosione intergranulare viene ottenuto anche con aggiunte di Ti (AISI 321, Tabella 5.1) oppure di Nb e Ta (AISI 347 e 348, Tabella 5.1). Vengono prodotte in questo modo varietà di acciaio ‘stabilizzato’ in cui gli elementi aggiunti, per effetto di una maggiore affinità verso il C rispetto al Cr, proteggono il Cr stesso dal C con un meccanismo del tipo già esaminato per gli acciai da costruzione di uso generale di qualità, detti ‘microlegati’

Significativo è anche il ruolo che piccole quantità di N (0.10-0.16%) possono avere nell’incremento delle proprietà meccaniche di un acciaio austenitico (Tabella 5.1).

Miglioramenti delle proprietà meccaniche degli acciai inox austenitici, rispetto all’AISI 304 di riferimento, si possono ottenere mantenendo inalterato il contenuto di C e aumentando le % di Cr (dal 12% fino al 30% ca.) e di Ni (dal 7% fino al 35% ca.). In questo modo sono stati prodotti ad es. gli acciai inox austenitici AISI 309, 310, 314, 330.

Contenuti elevati di Cr e di Ni comportano inoltre: - notevoli incrementi della resistenza dell’acciaio inox all’ossidazione a caldo; - una saldabilità migliore, in particolare per i minori rischi di depauperamento di

Cr al di sotto del valore critico in seguito a reazioni con il carbonio.

Un’annotazione ulteriore va fatta per quanto riguarda gli effetti della presenza di Ni che, in quantità sufficientemente elevate a parità di contenuto di Cr (AISI 305 vs. AISI 304, Tabella 5.1), favorisce la deformabilità a freddo del materiale (particolarmente richiesta ad es. nel caso di lavorazioni per stampaggio) in virtù dell’azione stabilizzante esercitata sull’austenite.

Ulteriori e significativi aumenti delle % di Cr e di Ni rispetto ai valori massimi sopra indicati, effettuate nell’intento di migliorare ulteriormente la resistenza dell’acciaio all’ossidazione a caldo, oppure di Cr, di Ni e di Mo ed eventualmente di Nb e di Cu per migliorare la resistenza alla corrosione, porterebbero il materiale ad uscire dalla categoria degli acciai per entrare in quella delle leghe speciali, ossia leghe per usi particolari. 5.2.2. Sensibilizzazione degli acciai inox austenitici Come anticipato, il fenomeno della sensibilizzazione consiste in un impoverimento localizzato di Cr, presente in soluzione solida nell’acciaio, causato dalla formazione e precipitazione in loco di carburi di Cr, in particolare del tipo M23C6.

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In queste zone (tipicamente, i bordi intergranulari che, com’è noto, sono caratterizzati da un contenuto di energia più elevato rispetto al cuore dei grani da essi delimitati, e sono quindi un sito preferenziale per la formazione di precipitati), se il contenuto di Cr scende al di sotto di un valore critico (il 12%) l’acciaio diviene localmente vulnerabile alla corrosione intergranulare qualora venga esposto in ambienti aggressivi.

Pertanto, molti sforzi di formulatori e produttori di acciai inox austenitici sono stati indirizzati alla messa a punto di leghe resistenti alla corrosione intergranulare.

A tale riguardo, la Figura 5.4 mostra la variazione con la temperatura del limite di solubilità del carbonio nell’austenite (fase γ) nel caso di una lega Fe-18%Cr-8%Ni, avente una composizione rappresentativa ai fini del tema in discussione.

Figura 5.4 (da Cigada&Re, p.159) – Variazione con la temperatura del limite di solubilità del carbonio nell’austenite, nel caso di una lega Fe-18%Cr-8%Ni.

Si osserva anzitutto come non vi sia pericolo di precipitazione a caldo del carburo M23C6 se il contenuto di C è inferiore allo 0.03% ca.

Questa considerazione spiega il criterio, già esaminato, che consiste nel ridurre il contenuto di C con il passaggio dall’acciaio inox AISI 304 all’AISI 304L, dall’AISI 316 all’AISI 316L, e così via.

0.03%

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Per acciai con un contenuto di C superiore allo 0.03%, la precipitazione di carburi del tipo M23C6 nel corso del raffreddamento è possibile se il tempo di permanenza nell’intervallo di temperature critico per la precipitazione (v. Figura 5.4) è sufficientemente lungo. Si spiega così la necessità di eseguire un raffreddamento rapido dopo il trattamento di solubilizzazione.

Un acciaio inox sensibilizzato richiede, per essere recuperato, che i carburi indesiderati siano fatti ridisciogliere nella matrice di austenite con un nuovo trattamento di solubilizzazione.

Le considerazioni precedenti, ed in particolare l’esame della Figura F4, portano a concludere che un acciaio inox austenitico con un contenuto di C>0.03%, dopo solubilizzazione e rapido raffreddamento, è costituito da austenite soprassatura di C. Il carbonio in eccesso rispetto al limite di solubilità, infatti, non ha avuto il tempo di separarsi dall’austenite in forma di carburo nel corso del rapido raffreddamento.

In queste condizioni il materiale, qualora subisca un riscaldamento nell’intervallo di temperature tra500° e 850° e resti in tale intervallo per un tempo sufficientemente lungo C (ad es. nel corso di operazioni di saldatura, oppure a causa di una troppo elevata temperatura di esercizio, o per un errato trattamento termico), subisce anche la precipitazione di carburi di Cr ai bordi intergranulari con la conseguente, indesiderata sensibilizzazione e perdita di resistenza alla corrosione intergranulare.

In conclusione, per ridurre il pericolo di sensibilizzazione si possono seguire diversi criteri:

- impiego di acciai L (‘low carbon’, ossia C<0.03%), quali AISI 304L, 316L, ecc.;

- stabilizzazione mediante aggiunte controllate di elementi di lega (Ti, AISI 321; Nb e Ta, AISI 347) e successivo trattamento termico (v. oltre):

- corretta esecuzione delle operazioni a caldo (solubilizzazione, saldature, riscaldamenti in esercizio).

5.2.3. Trattamenti termici degli acciai inox austenitici

5.2.3.1. Solubilizzazione Come già detto, la prima fase da eseguire per ottenere un acciaio inox con la struttura desiderata è un trattamento di solubilizzazione allo stato solido, con cui si realizza anzitutto una condizione di omogeneità compositiva.

L’acciaio viene portato ad una temperatura sufficientemente alta, superiore ai 1000°C (ad es. 1050°C) e mantenuto a questa temperatura per un tempo sufficiente a permettere una completa dissoluzione dei carburi ed una omogeneizzazione della composizione in tutte le parti del materiale.

Successivamente l’acciaio viene raffreddato rapidamente, in modo da minimizzare il tempo di permanenza a temperature comprese nell’intervallo 500-800°C, critico per il fenomeno della sensibilizzazione dovuta alla formazione di carburi di Cr.

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La solubilizzazione permette anche di eliminare le alterazioni strutturali indotte dai precedenti processi di lavorazione meccanica e di deformazioni plastiche.

In definitiva, sono tre i fattori che influiscono in misura determinante sul trattamento di solubilizzazione:

- la temperatura della fase isoterma; - il tempo di permanenza nella fase isoterma; - la velocità di raffreddamento a temperatura ambiente.

E’ importante non trascurare i possibili effetti negativi di un trattamento di solubilizzazione troppo prolungato e/o effettuato a temperature inutilmente elevate.

Aumenti eccessivi della temperatura e del tempo favoriscono infatti un ingrossamento del grano cristallino, sotto la spinta di una forza motrice conseguente alla tendenza spontanea del materiale a ridurre il proprio contenuto di energia attraverso una diminuzione dell’energia superficiale dei bordi, con le conseguenze negative per le proprietà meccaniche del materiale già descritte in precedenza trattando gli acciai da costruzione di uso generale.

La Figura 5.5 mostra i notevoli effetti che la temperatura di trattamento e il tempo di permanenza hanno sul numero di grani cristallini per unità di superficie (e quindi sulla dimensione media del grano), nel caso dell’acciaio AISI 316.

Figura 5.5 (da Nicodemi, p.130) – Effetti della temperatura di solubilizzazione e della durata del trattamento sul numero di grani cristallini per unità di superficie dell’acciaio inox austenitico AISI 316. A valori più bassi del numero dei grani, corrisponde una maggiore dimensione media degli stessi.

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Dopo la fase di solubilizzazione, può convenire completare il trattamento termico con una fase di distensione.

5.2.3.2. Distensione L’acciaio può essere portato ad una temperatura compresa indicativamente tra 350° e 430°C, per un tempo di 0.5-2 h, e successivamente raffreddato in aria, allo scopo di eliminare tensioni meccaniche che favorirebbero i processi di corrosione chimica sotto sforzo del materiale (‘stress corrosion’). 5.2.3.3. Stabilizzazione Gli acciai detti stabilizzati contenengono elementi di lega (Ti, AISI 321; Nb e Ta, AISI 347), aggiunti per proteggere il Cr da fenomeni di sensibilizzazione con un conseguente beneficio per la resistenza alla corrosione intergranulare.

Per questi acciai occorre che alla prima fase di solubilizzazione, effettuata per rendere omogenea la composizione della lega austenitica, segua una seconda fase consistente in una permanenza di almeno 2 h a 885°C (tempi più lunghi sono richiesti per stabilizzare componenti di grosse dimensioni), effettuata allo scopo di permettere la precipitazione in forma finemente suddivisa (e quindi benefica per la resistenza meccanica del materiale, v. Tabella 5.1) dei carburi degli elementi protettivi aggiunti.

La protezione, usualmente definita stabilizzazione, è quindi il risultato della presenza nella lega di quantità controllate di elementi che hanno verso il carbonio un’affinità maggiore di quella del cromo, la cui tendenza a formare carburi viene così prevenuta.

La Figura 5.6 mostra i miglioramenti che si ottengono nella resistenza alla corrosione degli acciai AISI 316 e AISI 347 contenenti elementi di lega stabilizzanti (Nb e Ti) con un adeguato trattamento di stabilizzazione.

Figura 5.6 (da Nicodemi, p.132) – Corrosione in HNO3 65% bollente di due acciai inox austenitici contenenti elementi di lega stabilizzanti e volutamente sensibilizzati (curve 1), a confronto con gli stessi acciai sensibilizzati e poi sottoposti al trattamento termico di stabilizzazione (curve 2).

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Nella Figura 5.6 il comportamento di campioni volutamente sensibilizzati ai fini sperimentali, non sottoposti al trattamento di stabilizzazione e testati a corrosione in HNO3 65% bollente (curve 1 in Figura 5.6), è stato confrontato con quello di campioni degli stessi acciai, dapprima stabilizzati a 885°C e successivamente sottoposti allo stesso trattamento di sensibilizzazione applicato ai campioni non stabilizzati. Nel caso dell’acciaio austenitico AISI 316, le perdite di peso per corrosione intergranulare restano molto limitate anche per tempi lunghi di permanenza nel liquido corrosivo.

La stabilizzazione causa, come detto, la precipitazione di carburi degli elementi stabilizzanti (Nb e Ti) per cui, durante la successiva sensibilizzazione, il C residuo non è sufficiente a causare precipitazione di carburi di Cr ai bordi intergranulari. 5.2.4. Proprietà meccaniche degli acciai inox austenitici Dai valori riportati in Tabella 5.1 si ricava che, a temperatura ambiente e allo stato solubilizzato, gli acciai inox austenitici presentano una modesta resistenza alla rottura (517-655 MPa), e un carico di snervamento su valori molto bassi (193-331 MPa).

Le caratteristiche meccaniche possono migliorare sensibilmente in seguito a deformazioni plastiche a freddo, quali ad es. quelle provocate da processi di laminazione, trafilatura, stampaggio, ecc.

Come già illustrato in precedenza, infatti, le deformazioni plastiche inducono anzitutto nei materiali metallici un incrudimento, evidenziato in particolare da un aumento di durezza, dovuto alle forze che si sviluppano tra le moltissime dislocazioni che, presenti in gran numero già nel materiale di partenza, si moltiplicano di numero per alcuni ordini di grandezza nel corso della deformazione.

L’incrudimento controllato rappresenta quindi un modo per accrescere durezza e altre proprietà meccaniche di un materiale metallico (rinforzo per incrudimento).

Nel caso degli acciai inox austenitici, un contributo consistente all’incremento di durezza deriva anche da una trasformazione di austenite in martensite, indotta dalla deformazione plastica a freddo.

La martensite è sia del tipo α’ più comune (cubica a corpo centrato, anziché tetragonale a corpo centrato, in conseguenza del basso contenuto di C dell’acciaio), sia di tipo ε (esagonale compatta).

La Figura 5.7 mostra gli effetti di una deformazione plastica per laminazione a diverse temperature di alcuni tipi di acciaio inox austenitico.

Si osserva che, a temperatura ambiente, il carico di rottura cresce progressivamente con l’entità della deformazione plastica, fino a valori che, a parità di deformazione a freddo, risultano alquanto superiori nel caso dell’acciaio meno legato con gli elementi Cr e Ni (AISI 301).

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Figura 5.7 (da Cigada&Re, p.159) – Variazioni del valore del carico di rottura di alcuni acciai inox austenitici della serie 300, causate da deformazioni plastiche a freddo, ed effetti della temperatura di deformazione sulle variazioni stesse.

Interessante risulta l’entità rilevantissima degli effetti che la temperatura a cui si producono le deformazioni esercita sugli incrementi di resistenza meccanica degli acciai meno legati (AISI 301 e AISI 302), evidenziata dalle prove condotte alla temperatura dell’azoto liquido (-196°C).

Questo risultato è da attribuire principalmente ad maggiore sviluppo della citata trasformazione martensitica alle basse temperature.

Il metodo della deformazione a freddo risulta importante nel caso degli acciai inox austenitici che, allo stato solubilizzato, presentano valori limitati di resistenza meccanica (Tabella T1):

- carichi di rottura generalmente compresi tra 517 e 655 MPa; - carichi di snervamento tra 193 e 331 MPa.

A questi valori di resistenza meccanica corrispondono naturalmente caratteristiche elevate di duttilità. Ad es., per effetto di una lavorazioni a freddo consistente in una trafilatura con riduzione del 60% del diametro di un filo di acciaio AISI 316, il carico di rottura è aumentato di un fattore 1.8 (da 620 a 1100 MPa), mentre il carico di snervamento è aumentato di un fattore ancora superiore, 3.6 (da 276 a 1000 MPa).

Come si vede, gli effetti della deformazione plastica sono particolarmente forti sul carico di snervamento. In effetti, inseguito ai diversi effetti dell’incrudimento su

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carico di rottura σR e carico di snervamento σS, nell’esempio in esame il rapporto σS / σR è cresciuto da 0.44 a 0.91.

E’ da ricordare che un valore eccessivo di tale rapporto sarebbe da considerare indicativo di un comportamento fragile del materiale deformato a freddo.

La Figura 5.8 fornisce un’immagine grafica degli effetti che il grado di incrudimento ha sulle caratteristiche meccaniche dell’acciaio inox AISI 304.

Figura 5.8 (da Nicodemi, p.137) – Effetti del grado di incrudimento sulle caratteristiche meccaniche dell’acciaio inox austenitico AISI 304. (Legenda: R = carico di rottura; Rp,Rs = carico di snervamento; A = allungamento %; KV=resistenza agli urti, provette con intaglio a V).

La Figura 5.9 mostra l’effetto del contenuto di Ni dell’acciaio inox sull’entità della trasformazione di austenite in martensite α’. Il risultato non sorprende poiché il nichel, elemento gammageno, esercita un effetto ‘stabilizzante’ sull’austenite.

Un effetto simile a quello del nichel è indotto da altri elementi, quali C e N.

Com’è noto, la martensite non costituisce una fase stabile, e quindi può trasformarsi nuovamente in austenite per riscaldamento:

- a temperature nell’intervallo 400-800°C la forma α’ cubica a corpo centrato; - a temperature nell’intervallo 150-400°C la forma ε esagonale compatta.

A causa della loro struttura (reticolo cubico a facce centrate), gli acciai inox austenitici si mantengono tenaci a temperature di impiego anche molto basse.

Queste ultime osservazioni dimostrano l’importanza che riveste la valutazione di come variano con la temperatura le proprietà meccaniche degli acciai inox austenitici.

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Figura 5.9 (da Nicodemi, p.136) – Effetto di contenuti diversi di nichel sulla % di martensite formata in un acciaio austenitico contenente il 18%Cr.

In Figura 5.10 sono riportati i diagrammi dei valori delle proprietà meccaniche degli acciai AISI 304 e 304 L allo stato solubilizzato, al diminuire della temperatura al di sotto della temperatura ambiente. Il valore del carico di rottura cresce fortemente al diminuire della temperatura. Più limitata la crescita del carico di snervamento.

La perdita di duttilità di questi acciai è graduale ma limitata, come dimostrato dagli andamenti dei diagrammi dell’allungamento % e della strizione.

Di particolare rilievo risulta la persistenza della tenacità (valutata con prove di resilienza) al diminuire della temperatura.

Per quanto riguarda le proprietà meccaniche a caldo, è da sottolineare il ruolo favorevole del cromo, che influisce sulla resistenza all’ossidazione, e del nichel che, favorendo la formazione dell’austenite, contribuisce a migliorare sia la resistenza meccanica e alla fatica \termica che la tenacità della lega.

D’altra parte, il nichel è particolarmente sensibile alle atmosfere solforanti, per la forte tendenza a reagire per dare solfuri di nichel.

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Figura 5.10 (da Nicodemi, p.138) – Proprietà meccaniche degli acciai inox austenitici AISI 304 e 304 L allo stato solubilizzato, a temperature inferiori alla temperatura ambiente. (Legenda: R = carico di rottura; Rs = carico di snervamento, 0.2% di deformazione permanente; A = allungamento %; Z = strizione a rottura; KCU=resistenza agli urti, provette con intaglio a U).

Come si è visto, a caldo gli acciai inox austenitici possono subire il fenomeno della sensibilizzazione, al quale si aggiunge inoltre il pericolo di formazione di fase σ, una fase intermetallica Fe-Cr-Ni dura e fragile.

La Figura 5.11 mostra i campi di esistenza e le possibili composizioni della fase s, sulla base di sezioni isoterme del diagramma di stato ternario Fe-Cr-Ni.

La fase σ, indesiderata perché infragilente, può formarsi da strutture sia austenitiche che ferritiche o bifasiche (austero-ferritiche). Nel caso di acciai inox ferritici (v. oltre), la fase intermetallica σ è costituita da Fe e Cr con tenori di Cr variabili dal 40 al 50% ca.

Nel caso delle strutture austenitiche la precipitazione della fase σ è molto lenta, e avviene quindi solo per tempi di esposizione lunghi a temperature comprese nell’intervallo critico (750-900°C).

La Figura 5.12 mostra come decade il valore del carico di rottura di alcuni acciai inox della serie 300 al crescere della temperatura, e come aumenta in corrispondenza la deformabilità.

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Figura 5.11 (da Nicodemi, p.140) – Due sezioni isoterme sovrapposte del diagramma di stato ternario Fe-Cr-Ni: a 800°C (linee continue) e 1200°C (linee tratteggiate):

Figura 5.12 (da Nicodemi, p.141) – Proprietà a caldo di alcuni acciai inox della serie 300, valutate a 10000 h di esposizione alla temperatura: (a) carico di rottura; e (b) carico capace di causare uno scorrimento dell’1%:

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5.2.5. Altre problematiche relative agli acciai inox austenitici Vengono ora approfondite alcune altre problematiche importanti, tipiche degli acciai inox austenitici.

5.2.5.1. Ferrite δ Nel trattare le trasformazioni di fase negli acciai, è stata ripetutamente citata la formazione di ferrite, intendendo implicitamente parlare della ferrite α, ossia della soluzione solida di C in α-Fe ferromagnetica alle basse temperature e fino alla temperatura di transizione alla forma ancora cubica a corpo centrato ma paramagnetica (transizione del secondo ordine).

Dal diagramma di stato Fe-C (Fig. 1.1), tuttavia, sappiamo che si può avere anche formazione di ferrite δ (magnetica), ossia di una soluzione solida di C in δ-Fe, la forma allotropica del ferro stabile alle alte temperature. Sia α-Fe che δ-Fe hanno un reticolo cubico a corpo centrato, con un valore del parametro di cella maggiore per δ-Fe: a = , rispetto ai 0.287 nm del reticolo di α-Fe.

La composizione degli acciai inox austenitici viene generalmente bilanciata in modo da rendere minimo il contenuto di ferrite δ. Si tratta infatti di una fase che risulta ricca di elementi di lega alfageni, quali Cr e Mo, e povera di elementi gammageni, e soprattutto di nichel.

Per queste ragioni, la presenza di ferrite δ è indesiderata nella maggior parte dei casi, in quanto:

- risulta scarsamente resistente alla corrosione per vaiolatura (‘pitting’); - crea difficoltà nella lavorazione a caldo della lega; - se esposta a lungo all’azione di temperature elevate, si può trasformare in una

fase dura e fragile, la fase σ, che riduce drasticamente la tenacità dell’acciaio.

La citata fase σ, come si vedrà in seguito con maggiori dettagli trattando dei fenomeni di infragilimento che possono manifestarsi negli acciai inox ferritici, è una fase intermetallica Fe-Cr molto dura e fragile, di composizione variabile dal 40 al 50% ca. di Cr, termodinamicamente stabile a temperature comprese tra 516° e 821°C (v. diagramma di stato Fe-Cr, Fig. 5.15).

In alcuni casi, tuttavia, la presenza nell’acciaio inox di una certa quantità di ferrite δ non solo è tollerata, ma è addirittura favorita. Il principale di questi casi è rappresentato dai cordoni di saldatura degli acciai in esame, nei quali una frazione di ferrite δ (4-8%) ostacola la propagazione di fratture a caldo.

Un altro caso importante riguarda gli effetti favorevoli che la presenza di ferrite δ può avere sulla resistenza alla corrosione e all’usura degli acciai duplex (v. oltre).

5.2.5.2. Inclusioni di solfuro di manganese Lo zolfo è presente come impurezza negli acciai inox austenitici. A causa della scarsa solubilità allo stato solido in Fe (<0.01%) e della grande affinità per il manganese, lo

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zolfo precipita facilmente sotto forma di solfuro di manganese. Le inclusioni di MnS causano un degrado della qualità dell’acciaio, in quanto:

- costituiscono punti deboli dal punto di vista meccanico, soprattutto se di forma allungata (effetto di concentrazione delle tensioni attorno alle estremità acuminate);

- causano una perdita di resistenza alla corrosione per vaiolatura.

Sarebbe facile utilizzare lo stesso processo che porta alla desiderata riduzione del contenuto di C nell’acciaio, ad es.la decarburazione mediante argon-ossigeno (AOD, Argon-Oxygen Decarburizing), per ridurre drasticamente il contenuto di S anche al di sotto dello 0.01%.

Tuttavia, una diminuzione eccessiva comporterebbe lo svantaggio consistente in una minore saldabilità, senza un corrispondente aumento della resistenza al ‘pitting’ dell’acciaio. Per questo motivo, si procede generalmente in modo che il contenuto di S non scenda al di sotto dello 0.03%.

In alcuni casi particolari quantità maggiori e controllate di S (>0.15%) sono accettate (inox AISI 303, Tabella 5.1) per conferire all’acciaio inossidabile austenitico caratteristiche migliori di lavorabilità alle macchine utensili che operano per asportazione di truciolo.

Al vantaggio sulla lavorabilità corrisponde naturalmente lo svantaggio di una resistenza al ‘pitting’notevolmente inferiore.

Effetti sulla lavorabilità alle macchine utensili simili a quelli causati da S, possono essere ottenuti con quantità opportune di fosforo, un elemento di solito indesiderato quanto lo zolfo, o di selenio. 5.3. Acciai inox ferritici

5.3.1. Composizioni principali Dal diagramma di Schaeffler (Fig. 5.2) si ricava che, per avere strutture completamente ferritiche, occorre che il contenuto di Creq deve essere superiore al 12% ca., di una misura che dipende dal contenuto di Nieq.

Se ad es. si varia la composizione in modo che il contenuto di C (fortemente α-geno) sia relativamente basso (<0.08%) e che sia presente uno 0.2% di Al (fortemente ferritizzante), si ha certamente una acciaio con struttura ferritica (AISI 405, Tab. 5.2).

In queste condizioni gli acciai sono privi di punti critici, per cui la struttura resta ferritica a qualsiasi temperatura.

Come già anticipato, gli acciai inox ferritici sono meno resistenti alla corrosione degli austenitici. Tuttavia, essi sono meno soggetti alla corrosione sotto sforzo.

Il tipo di acciaio inox ferritico più utilizzato è l’AISI 430 (Figura 5.13, riquadro tratteggiato in rosso), contenente lo 0.12%C e il 17%Cr, equivalente a UNI X 8Cr17 che, come indica la sigla, contiene una quantità minore di C (0.08%).

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Tabella 5.2 (da Cigada&Re, p.166) – Composizione e caratteristiche meccaniche dei principali acciai inox ferritici (serie AISI 400).

Acciai inox ferritici più comuni Composizione, % in peso Caratteristiche meccaniche

AISI

C Mn Si P S Cr Ni Mo Altri σσR, MPa σσS , MPa A,% HRB

405 0.08 1.0 1.0 0.040 0.030 11.5-14.5 - - Al=0.10-0.30 482 276 30 80 409 0.08 1.0 1.0 0.045 0.045 10.5-11.7 - - Ti=6xC; 0.75 469 276 25 75 429 0.12 1.0 1.0 0.040 0.030 14-16 - - - 486 293 30 76 430 0.12 1.0 1.0 0.040 0.030 16-18 - - - 517 310 30 82

430 F 0.12 1.25 1.0 0.060 0.15 16-18 - 0.6 - 551 379 25 86 430 FSe 0.12 1.25 1.0 0.060 0.060 16-18 - - Se=0.15 551 379 25 86

434 0.12 1.0 1.0 0.040 0.030 16-18 - 0.75-1.25 - 531 365 23 83 436 0.12 1.0 1.0 0.040 0.030 16-18 - 0.75-1.25 Nb+Ta=5xC;0.7 531 365 23 83 442 0.20 1.0 1.0 0.040 0.030 18-23 - - - 551 345 20 80 446 0.20 1.5 1.0 0.040 0.030 23-27 - - N=0.25 551 345 25 86

Figura 5.13 (da Cigada&Re, p.165) – Schema dei principali criteri di modifica della composizione dell’acciaio inox ferritico base AISI 430, adottati per ottenere diverse caratteristiche di resistenza alla corrosione e di resistenza meccanica.

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Riducendo il contenuto di Cr (come ad es. nel caso dell’acciaio AISI 429), si ottiene di migliorare la resistenza agli urti (resilienza) e la saldabilità, ma di peggiorare la resistenza alla corrosione.

Se, al contrario, si aumenta il contenuto di Cr (come ad es. nel caso degli AISI 442 e 446), migliorano la resistenza all’ossidazione e alla corrosione, come pure le proprietà meccaniche, e ovviamente peggiorano la resistenza agli urti e la saldabilità

Analogamente a quanto osservato nel caso degli inox austenitici: - aggiunte di Mo (0.75-1.25%) migliorano la resistenza alla corrosione (ad es.,

AISI 434, 436); - aggiunte di Nb e di Ta (v. Tab. 5.2 per le %) migliorano la resistenza a caldo; - quantità controllate di S o di Se (Tab. T2 per le %) migliorano la lavorabilità

dell’acciaio alle macchine utensili. 5.3.2. Sensibilizzazione degli acciai inox ferritici Gli acciai inox ferritici sono soggetti a corrosione intergranulare in seguito alla sensibilizzazione, in misura anche superiore agli acciai austenitici.

La maggiore suscettibilità deriva dal fatto che, alla tendenza del carbonio a reagire con il cromo per dare carburi di cromo che precipitano preferenzialmente ai bordi intergranulari (con il conseguente depauperamento di Cr e con perdita di resistenza alla corrosione nelle stesse zone) si aggiungono gli effetti dovuti alla diversa solubilità del carbonio, molto bassa nella fase α (Figura 5.14).

Pertanto, negli acciai ferritici risulta notevolmente maggiore, rispetto agli austenitici, la tendenza del carbonio a precipitare nella matrice ferritica sotto forma di carburi, particolarmente ai bordi intergranulari.

Il materiale sensibilizzato può essere recuperato con una ricottura di solubilizzazione, da effettuare a 800°C ca. 5.3.3. Trattamenti termici degli acciai inox ferritici

5.3.3.1. Ricottura Come anticipato, questo tipo di acciaio non presenta i punti critici A1 e A3 (v. diagramma di stato Fe-C, Fig. 1.1). Pertanto, l’unico trattamento possibile è una ricottura di distensione, volta a ridurre o ad eliminare le tensioni interne indotte dalle lavorazioni a freddo precedenti, oppure dai gradienti termici creati nel corso delle operazioni di saldatura delle varie parti della struttura in acciaio.

Il materiale viene riscaldato a temperature comprese tra 605° e 830°C, alle quali viene fatto sostare per 1-2 h. Il limite superiore di temperatura è legato al noto pericolo di ingrossamento del grano cristallino, a cui le strutture ferritiche sono particolarmente soggette.

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Figura 5.14 (da Cigada&Re, p.170) – Variazione del limite di solubilità del carbonio nelle fasi α e γ di una lega Fe-18%Cr (linea tratteggiata in rosso).

Il ciclo successivo di raffreddamento, in aria o in acqua, deve essere tale da evitare soste tra 350 e 560°C, che potrebbero indurre fenomeni di infragilimento del materiale (v. oltre).

Questa tendenza non viene eliminata abbassando la quantità di carbonio presente nell’acciaio, a causa della bassissima solubilità di C in α-Fe a temperatura ambiente, e neppure con aggiunte di elementi stabilizzanti in quanto molto reattivi verso il carbonio. 5.3.4. Altre problematiche relative agli acciai inox ferritici

5.3.4.1. Infragilimento a 475°C L’esame del diagramma di stato Fe-Cr (Figura 5.15) mostra che, in leghe al 17%Cr ca., all’interno della fase α può avvenire, a temperature inferiori a 516°C, la precipitazione di una fase α’ che si differenzia dalla fase ‘madre’ per il suo alto contenuto in Cr.

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Figura 5.15 (da Cigada&Re, p.170) – – Diagramma di stato Fe-Cr In particolare si osserva come nel campo di esistenza (all’equilibrio) delle leghe bifasiche (α + α’), a qualsiasi temperatura compresa tra 400 e 516°C (linea orizzontale tratteggiata in rosso) si realizzi un equilibrio tra una fase Fe-Cr con reticolo α contenente tra il 9% ca. e il 17% ca. di Cr (linee continue in blu) e una fase con reticolo α’ contenente tra l’87% ca. e il 94% ca. di Cr.

A causa dell’altissimo contenuto in Cr, la lega α’ risulta molto fragile. Occorre quindi evitare che, nel corso di un trattamento termico, o di una saldatura, o del funzionamento in opera a caldo, nell’acciaio inox ferritico possa formarsi la fase α’ con un meccanismo analogo a quello sopra descritto per le leghe binarie Fe-Cr.

Poiché il massimo effetto da fase α’ si ha intorno ai 475°C, per gli acciai inox ferritici si parla usualmente di infragilimento a 475°C.

Al di sotto dei 350°C, l’effetto indesiderato non si verifica per insufficienza di attivazione termica dei processi di precipitazione e di crescita della fase α’ nociva.

Un acciaio infragilito può essere recuperato con un trattamento a 600°C, durante il quale si ha omogeneizzazione delle fasi α e α’ in una sola fase α con una distribuzione uniforme di Cr, seguito da un rapido raffreddamento a temperatura ambiente.

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Il diagramma di stato Fe-Cr indica che la fase α’ potrebbe formarsi anche a temperature superiori ai 516°C e inferiori a 821°C, in coabitazione con un’altra fase intermetallica indicata con σ (Fig. 5.15). Questa eventualità riguarda tuttavia leghe con contenuti di Cr superiori al 50% ca., che non rientrano quindi nel campo delle composizioni tipiche degli acciai inox. 5.3.4.2. Infragilimento da fase σ I problemi causati dalla formazione di una fase intermetallica σ dura e fragile sono già stati trattati a proposito del comportamento a caldo degli acciai inox austenitici.

Problemi analoghi si presentano nel caso degli acciai inox ferritici, sia pure con le varianti dovute all’assenza del nichel.

Il diagramma di stato Fe-Cr (Fig. 5.15) mostra infatti come a caldo, nell’intervallo di temperature da 516 a 821°C, si possa formare una fase Fe-Cr intermetallica σ, caratterizzata da un contenuto di Cr compreso tra il 40 e il 50% ca..

La presenza di questa fase dura e fragile è generalmente indesiderata, in quanto infragilisce l’acciaio riducendone inoltre la duttilità e la resistenza alla corrosione.

D’altra parte, la presenza di fase σ fa crescere la durezza dell’acciaio e, in generale, anche la sua resistenza all’usura.

La formazione di fase σ è favorita da alti contenuti di Cr, dalla presenza di Mo e dall’incrudimento indotto da lavorazioni a freddo in campo plastico.

Come già menzionato, la velocità di formazione della fase σ è molto variabile, in dipendenza di fattori quali la composizione dell’acciaio, la temperatura, la ‘storia’ termica e meccanica del materiale.

La cinetica, particolarmente lenta nel caso di strutture completamente austenitiche quali quelle esaminate in precedenza, è invece relativamente rapida in matrici ferritiche. Pertanto, il pericolo di formazione di fase σ indesiderata si presenta nei casi di esposizioni dell’acciaio dell’ordine di alcune ore a temperature comprese nell’intervallo critico.

Un acciaio infragilito da fase σ può essere recuperato con un trattamento termico a temperatura superiore a 900°C, durante il quale si ha la solubilizzazione della fase σ, seguito da un rapido raffreddamento a temperatura ambiente in modo da evitare l’infragilimento a 475°C (v. sopra).

La possibilità che gli acciai inox ferritici subiscano infragilimento, a 475°C da fase α’ oppure a temperature più alte da fase σ, costituiscono (insieme alla citata tendenza a caldo all’ingrossamento del grano ferritico) problemi seri per la saldatura di questo tipo di acciaio. Infatti, in giunzioni non effettuate o non trattate correttamente possono formarsi zone con duttilità e tenacità insufficienti.

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Si potrebbero attenuare questi problemi riducendo il contenuto di Cr nell’acciaio, tuttavia con lo svantaggio di una corrispondente perdita di resistenza alla corrosione e aqll’ossidazione. 5.3.4. Proprietà meccaniche degli acciai inox ferritici Dai valori di resistenza meccanica riportati in Tabella 5.2 si ricava che, allo stato ricotto, l’acciai inox ferritico AISI 430 presenta valori modesti di resistenza a rottura (513 MPa, ma più in generale valori compresi tra 450 e 650 MPa a seconda della ‘storia’ meccanica e termica subita dal materiale) e di resistenza allo snervamento (310 MPa, e più in generale valori inferiori con un minimo di 250 MPa).

Nel caso di un acciaio AISI 430 allo stato grezzo di laminazione, ossia allo stato incrudito, i valori di resistenza crescono rispettivamente a 650-950 MPa per il carico di rottura ed a 500 MPa per il carico di snervamento.

Nel caso degli acciai inox ferritici, tuttavia, gli effetti dell’incrudimento sui valori di resistenza sono nettamente inferiori a quelli che si osservano con gli acciai iniox austenitici (Figura 5.16).

Figura 5.16 (da Nicodemi, p.126) – Effetti dell’incrudimento sul carico di rottura degli acciai inox AISI 304 austenitico e AISI 430 ferritico.

Gli inox ferritici non sono adatti ad essere impiegati a temperature inferiori a quella ambiente, a causa della tendenza ad assumere un comportamento fragile. Si manifesta

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cioè una transizione di comportamento da tenace a fragile proprio a temperature prossime alla temperatura ambiente.

Per ridurre il pericolo di cedimenti catastrofici del materiale per frattura fragile alle basse temperature (ad es., quelle invernali) sotto sollecitazioni relativamente modeste, occorre controllare la composizione dell’acciaio per quanto riguarda:

- soprattutto il contenuto di interstiziali (C, N, v. oltre), oppure - con la presenza di elementi stabilizzanti , sia l’esecuzione del ciclo di

lavorazione del materiale.

Al contrario, gli acciai ferritici sono adatti per impieghi a caldo a causa della buona resistenza all’ossidazione conferita dalla presenza del cromo in concentrazioni elevate. Occorre tuttavia evitare al materiale e ai ggiunti saldati eventualmente presenti gli effetti di infragilimento a 475°C e da fase σ di cui si è già detto, che si possono manifestare nel corso dei raffreddamenti a temperatura ambiente.

A titolo indicativo, si segnala che l’acciaio inox AISI 430 può resistere in ambienti ossidanti a temperature di 800° o 850°C (a seconda che si tratti di impieghi continuativi oppure intermittenti), mentra l’acciaio AISI 446 più ricco in Cr può resistere a temperature di 1100°-1150°C.

A temperature di impiego elevate, gli acciai inox ferritici sono particolarmente soggetti alla perdita di resistenza meccanica in seguito al fenomeno dell’ingrossamento del grano cristallino.

La successiva Figura 5.17 documenta le diminuzioni che il carico di rottura degli acciai AISI 430 e 446 subisce al crescere della temperatura e della durata di impiego. 5.3.4. Acciai inox ferritici a bassa concentrazione di interstiziali (ELI) Come si è detto, l’uso di acciai inox ferritici permette di risparmiare il costoso nichel, e di disporre di un materiale con buona resistenza alla corrosione sotto sforzo.

La resistenza alla corrosione di questi acciai può essere migliorata in modo notevole mantenendo molto bassa la concentrazione di elementi interstiziali (C, N, O) la cui presenza, se da una parte contribuisce in misura notevole alla resistenza meccanica, dall’altra contribuisce apprezzabilmente a rendere l’acciaio sensibile alla corrosione.

Ridurre la concentrazione nell’acciaio dei due principali elementi in soluzione solida interstiziale, carbonio e azoto, a livelli tali che C + N < 0.04%, ha portato alla produzione di una nuova categoria di acciai ferritici, gli acciai ELI (Extra-Low Interstitials).

Questi acciai presentano una resistenza alla corrosione confrontabile con quella dei migliori acciai inox austenitici, un risultato dovuto anche alla presenza di Mo.

Il più usato di questi acciai è l’AISI 444, più noto come 18-2 in quanto contiene 18%Cr e 2%Mo, l’unico considerato dalla classificazione AISI.

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Figura 5.17 (da Nicodemi, p. 128) – Effetti della temperatura e della durata di esposizione a caldo degli acciai inox ferritici AISI 430 e 446.

L’obiettivo di ottenere una concentrazione molto bassa di elementi interstiziali impone l’uso di un processo sofisticato di elaborazione dell’acciaio, in cui la decarburazione venga effettuata usando una miscela gassosa a potenziale ossidante controllato (Ar+O2, processo AOD, Argon-Oxygen Decarburizing), e in cui l’acciaio venga rifuso e degasato sotto vuoto.

Un contributo ulteriore si ottiene con aggiunte di elementi stabilizzanti, fortemente reattivi con C e N, quali Nb e Ti.

Nella Tabella 5.3 sono riportate le composizioni nominali di alcuni acciai ELI. Tabella 5.3 – Composizione nominale di alcuni acciai a bassissima concentrazione di interstiziali.

Tipo C, max. %

Cr %

Mo %

N, media %

Ni %

Altri %

σσ R, minimo MPa

σσ S , minimo MPa

A %

AISI 444 0.02 18 2 0.02 0.4 0.5 Ti 415 275 20 E-Brite 26-1 0.002 26 1 0.01 0.1 0.1 Nb 450 275 25 A1 29-4-2 0.005 29 4 0.01 2 - 550 380 20

Come già menzionato, la struttura completamente ferritica non permette di affinare il grano con trattamenti termici. Si può tuttavia operare con deformazioni a freddo seguite da una ricottura di ricristallizzazione, da condurre a temperature comprese tra 850° e 1000°C, il limite superiore essendo legato alla necessità di evitare l’effetto contrario di ingrossamento del grano cristallino a caldo.

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In questo ciclo di trattamento, sono da tenere presente anche i rischi che si producano effetti di fragilità nel corso della fase di raffreddamento del materiale:

- per infragilimento a 475°C; - per formazione di fasi fragili (α’, σ, χ).

La Figura 5.18 mostra come gli effetti di incrudimento (valutati tramite i valori del carico di rottura a trazione) dovuti ad una stessa deformazione % siano sensibilmente inferiori nel caso dell’acciaio ELI AISI 444 (ossia 18/2, 18%Cr e 2%Mo), a struttura ferritica.

Figura 5.18 (da Nicodemi, p. 151) - Confronto fra le proprietà meccaniche dell’acciaio inox ELI AISI 444 (18/2, 18%Cr e 2%Mo) e quelle dell’inox AISI 304 austenitico. Legenda: R = σR, carico di rottura a trazione.

Quindi, per gli acciai ELI sono minori le possibilità di rinforzo meccanico per deformazione plastica, ma sono migliori le possibilità di lavorazione a freddo, notoriamente limitate dagli aumenti di durezza conseguenti ad una forte tendenza all’incrudimento.

Migliore risulta anche la saldabilità degli acciai ELI, in virtù dei seguenti fattori: - elevata purezza dell’acciaio (nessuna possibilità di comparsa di zone dure e

fragili per formazione martensite); - struttura cubica a corpo centrato (a cui corrispondono una maggiore

deformabilità, una minore tendenza all’incrudimento e una minore probabilità di formazione di cricche);

- bassi valori della dilatazione termica (minore tendenza all’insorgenza di tensioni meccaniche di origine termica);

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- alti valori della conducibilità termica (migliore attitudine allo smaltimento del calore, gradienti termici meno ripidi).

La Figura 5.19 mostra a sua volta un confronto fra le caratteristiche di resistenza meccanica dei due diversi acciai inox: AISI 444 ferritico ELI e AISI 304 austenitico.

Figura 5.19 (da Nicodemi, p. 151) - Confronto fra le proprietà meccaniche dell’acciaio inox ELI AISI 444 (18/2, 18%Cr e 2%Mo) e quelle dell’inox AISI 304 austenitico. Legenda: Rp(0.2) = σS, carico di snervamento allo 0.2% di deformazione plastica; R = σR, carico di rottura a trazione; A% = allungamento alla rottura.

Da sottolineare la maggiore resistenza allo snervamento (σS) e la minore duttilità (A%) dell’acciaio AISI 444 ELI ferritico, rispetto all’AISI 304 austenitico. 5.4. Acciai inox f austeno-ferritici (duplex)

5.4.1. Composizioni principali degli acciai inossidabili duplex La produzione di questi acciai bifasici è stata indotta dall’osservazione secondo cui un acciaio con struttura completamente ferritica è più resistente alla corrosione sotto sforzo ma più vulnerabile alla corrosione generalizzata di un acciaio con struttura completamente austenitica, il quale a sua volta è più resistenta alla corrosione generalizzata ma più vulnerabile alla corrosione sotto sforzo di un acciaio con struttura completamente ferritica.

I risultati migliori sono stati ottenuti con materiali la cui struttura è costituita di ferrite e di austenite in % circa uguali, realizzata bilanciando opportunamente nella composizione le quantità di elementi di lega α-geni (Cr, Mo) e γ-geni (Ni).

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La maggiore resistenza alla corrosione, rispetto agli acciai inox monofasici, viene attribuita ad una protezione catodica che le aree ferritiche darebbero in grado di svolgere sulle aree austenitiche.

In Tabella 5.4 sono riportate le composizioni nominali di alcuni tra i principali acciai duplex, insieme ad un utile (anche se semplificato) indice di resistenza alla corrosione per vaiolatura (PREN, Pitting Resistance Equivalent Number):

PREN = 1*(%Cr) + 3.3*(%Mo) + 16*(%N)

Gli acciai con indice PREN>40 sono denominati superduplex.

Tabella 5.4 (da Nicodemi, p.153) – Composizione nominale e caratteristiche meccaniche di un acciaio inox duplex e di un acciaio inox superduplex.

Composizione nominale Caratteristiche meccaniche Tipo Cr

% Ni %

Mo %

N %

Altri %

σR MPa

σS MPa

A %

KV J

PREN

X2CrNi 23-4 22-24 3.5-5.5 0.1-0.6 0.05-0.20 Cu 0.1-0.6 630-800 400 25 60 25 X2CrNiMoN 25-7-4 24-26 6-8 3.0-4.5 0.20-0.35 730-930 530 20 60 >40

5.4.1. Trattamenti termici degli acciai duplex Gli acciai duplex sono posti in esercizio allo stato solubilizzato, realizzato appunto con un trattamento termico di:

- solubilizzazione, a 1050°-1150°C per un tempo sufficiente a omogeneizzare la composizione e mandare in soluzione fasi eventualmente precipitate durante le fasi precedenti di produzione e lavorazione;

- raffreddamento rapido a temperatura ambiente (tempra in acqua), volto a ‘congelare’ la struttura duplex prodotta nella fase precedente del trattamento.

5.4.2. Proprietà meccaniche degli acciai inossidabili duplex Questo tipo di acciaio inox presenta eccellenti caratteristiche meccaniche dopo deformazioni a freddo (σS � 1000 MPa), che permettono il suo impiego anche per strutture di rilevanti dimensioni, con una consistente compensazione dei costi e del peso dei componenti meccanici.

L’alto contenuto di elementi di lega rende questo tipo di acciaio sensibile agli effetti di infragilimento, il che richiede particolari attenzioni nell’esecuzione di operazioni di lavorazione a caldo, di saldatura, ecc.

Una caratteristica degli acciai inossidabili duplex è di potere essere lavorati in campo ‘superplastico’, così da realizzare estese deformazioni con sforzi meccanici modesti. 5.5. Acciai inox martensitici

5.5.1. Composizioni principali degli acciai inox martensitici Per rientrare tra gli acciai inox ed avere struttura martensitica, la lega ferrosa deve

- contenere come al solito almeno il 12% di Cr, e

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- potere assumere a caldo una struttura austenitica, suscettibile di trasformarsi in martensite in seguito al successivo e necessario trattamento di tempra. Devono cioè esistere i punti critici A1 e A3 a temperature superiori alla temperatura ambiente (v. diagramma di stato Fe-C).

Dalla Figura 5.20 , relativa agli effetti che aggiunte di C hanno sull’estensione del campo di esistenza della fase γ nel caso di leghe Fe-Cr, si ricava che nel caso di una lega costituita dai soli Fe, Cr e C la citata condizione di formazione a caldo di austenite (da cui ottenere martensite a temperatura ambiente) potrebbe essere soddisfatta solo se la lega non contiene più del 13% di Cr (linea rossa tratteggiata in Fig. 5.20).

Figura 5.20 (da Cigada&Re, p.182) - Effetti di aggiunte di C alla composizione di leghe Fe-Cr sull’estensione del campo di esistenza della fase γ con reticolo cubico a facce centrate.

Nel caso invece di una lega Fe-Cr-0.6%C, il limite massimo di Cr accettabile aumenterebbe al 18% ca. (linea blu tratteggiata in Fig. 5.20), per l’effetto α-geno esercitato dal carbonio.

In effetti gli acciai inox martensitici possono contenere fino al 18% in peso di Cr, pure in presenza di quantità di C inferiori allo 0.6% prima citato, per effetto della

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Figura 5.21 (da Cigada&Re, p.183) – Schema dei principali criteri di modifica della composizione dell’acciaio inox martensitico base AISI 410, adottati per ottenere diverse caratteristiche di resistenza meccanica e di resistenza all’ossidazione e alla corrosione.

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Tabella 5.5 (da Cigada&Re, p.180) – Composizionenominale e caratteristiche meccaniche dei principali acciai inox martensitici (serie AISI 400).

Acciai inox ferritici più comuni Composizione, % in peso Caratteristiche meccaniche

AISI

C Mn Si P S Cr Ni Mo Altri σσR, MPa σσS , MPa A,% HRB/HRC

410 0.12 1.0 1.0 0.040 0.030 11.5-13.5 - - - 517-1310 276-1000 30-15 B82-C41 414 0.12 1.0 1.0 0.040 0.030 11.5-13.5 1.25-2.50 - - 827-1379 655-1034 17-15 C22-C43 416 0.12 1.25 1.0 0.060 0.15 12-14 - 0.6 517-1310 276-1000 30-15 B82-C41

416 Se 0.12 1.25 1.0 0.060 0.060 11-14 - - Se=0.15 517-1310 276-1000 30-15 B82-C41 420 0.30 1.0 1.0 0.040 0.030 12-14 - - - 655-1586 345-1345 25-8 B92-C50

422 0.20-025 1.0 0.75 0.025 0.025 11-13 -

0.75-1.25 Ni=0.5-1.0;

W=0.75-1.25; V=0.15-0.30

703-1627 586-1282 22-10 B98

431 0.16 1.0 1.0 0.040 0.030 15-17 1.25-2.50 - - 862-1423 655-1069 20-15 C24-C43 440 A 0.60-0.75 1.0 1.0 0.040 0.030 16-18 - 0.75 - 724-1793 414-1655 20-5 B95-C51 440 B 0.75-0.95 1.0 1.0 0.040 0.030 16-18 - 0.75 - 738-1930 428-1862 18-3 B96-C55 440 C 0.95-1.20 1.0 1.0 0.040 0.030 16-18 - 0.75 - 758-1965 448-1896 13-2 B97-C57

Tabella 5.6 (da Nicodemi, p.145,149) – Composizione nominale e caratteristiche meccaniche di acciai inox PH.

Composizione, % in peso Caratteristiche meccaniche Sigla Tipo C Cr Ni Mo Altri

Trattamento termico σσR, MPa σσS, MPa A,% HRC

Solub. 1035°C 1050 770 12 - 17-4PH

martensitico

0.07

16.25

4.0

-

Nb; Cu=4 Solub. 1035°C

+ 1 h a 480°C 1350 1250 10 40

Solub. 1120°C 620 260 70 - 17-10P

austenitico

0.15

17.0

10.75

-

P=0.25 ca. Solub. 1035°C

+ 24 h a 700°C 960 610 25 30

Solub. 1065°C 910 280 30 - 17-7PH

semi-austenitico

0.09

17.0

7.1

-

Al Solub. 1035°C

+ 1.5 h a 760°C 100 700 9 -

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presenza di altri elementi di lega, ad es. di quantità limitate di Ni (γ-geno) come nel caso degli acciai AISI 414 e AISI 431 (v. composizioni nominali in Tabella 5.5).

Come già anticipato, gli acciai inox martensitici sono molto più resistenti alle sollecitazioni meccaniche degli austenitici e dei ferritici, proprio grazie alla presenza di martensite nella struttura. Essi sono tuttavia meno resistenti alla corrosione chimica, sia degli austenitici che dei ferritici.

Il tipo di acciaio inox martensitico più utilizzato è l’AISI 410 (Figura 5.21, riquadro tratteggiato in rosso), contenente lo 0.15% max. di C e il 12% ca. di Cr, equivalente a UNI X 12Cr 13.

Molto diffuso è anche il tipo AISI 420 che, contenendo più carbonio, poteva contenere dopo tempra anche carburi di Cr, nella struttura martensitica, con una perdita di resistenza alla corrosione.

I già citati tipi AISI 414 e 431, contenendo Ni (e, nel caso dell’AISI 431, più Cr) risultano maggiormente resistenti alla corrosione e più tenaci.

Le varietà A, B e C del tipo AISI 440 si differenziano per il contenuto di C e quindi anche per la durezza e le caratteristiche meccaniche (quale in particolare la resistenza all’usura) ottenibili dalla tempra martensitica (Tab. 5.5).

Esempi importanti di applicazioni di questi tipi di acciai: palette di turbine, parti di valvole, componenti per l’industria estrattiva, cuscinetti.

Come già nel caso degli acciai inox austenitici e ferritici, in alcune composizioni sono presenti quantità di S o di Se sufficienti a migliorare la lavorabilità del materiale. 5.5.2. Trattamenti termici degli acciai inox martensitici La disponibilità di leghe che, per un corretto bilanciamento tra elementi α-geni (tipicamente, il Cr) ed elementi γ-geni (soprattutto il C), posseggono i punti critici di trasformazione A1 e A3 a temperature superiori alla temperatura ambiente, rende possibile l’effettuazione di tutti i tipi di trattamento termico:

- tempra; - ricottura completa di riscristallizzazione; - ricottura di lavorabilità; - rinvenimento; - distensione.

La tempra viene effettuata con le procedure normali, a partire da austenite prodotta a temperature da cui dipende la durezza del materiale temprato: i valori massimi si hanno quando si tempra a partire da temperature superiori (ad es., 950°-1000°C nel caso dell’acciaio AISI 410, 980°-1030°C nel caso dell’AISI 420, 1010°-1070°C nel caso degli AISI 440 A,B,C).

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Per effetto dell’alto contenuto di elementi di lega, le curve di Bain (curve di inizio e di fine trasformazione dell’austenite) di questi acciai sono molto spostate verso destra.

E’ quindi possibile e conveniente effettuare la tempra in olio, oppure in aria, anziché in acqua. Operando in olio, si ottengono durezze maggiori.

I trattamenti di ricottura sono volti ad ottenere materiali meno duri. In particolare, una ricottura che abbia il semplice scopo di migliorare la lavorabilità dell’acciaio può essere effettuate a temperature relativamente basse, inferiori ai punti critici.

Particolare importanza rivestono i trattamenti di rinvenimento, con i quali si ottengono strutture (costituita appunto da martensite rinvenuta) che presentano una combinazione equilibrata di valori di resistenza meccanica e di resistenza alla corrosione. Infatti, le strutture (come temprate) che presentano una durezza massima risultano generalmente insufficienti dal punto di vista del comportamento alla corrosione, e viceversa.

E’ da notare come la sequenza tempra più rinvenimento costituisca in pratica un trattamento di bonifica del materiale, del tutto a nalogo a quelli esaminati trattando gli acciai speciali da costruzione.

Infine, come già visto, i trattamenti finali di distensione hanno lo scopo di attenuare o eliminare le tensioni meccaniche indotte nel materiale da lavorazioni o trattamenti.

La Figura 5.22 mostra che un rinvenimento a temperature di 550°C porta ad una grave perdita di resistenza alla corrosione di un acciaio inox martensitico AISI 410.

Figura 5.22 (da Cigada&Re, p.186) – Perdta di resistenza alla corrosione di acciaio inox martensitico AISI 410, causata da rinvenimenti effettuati a temperature >430°C ca..

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Generalmente le caratteristiche migliori di resistenza alla corrosione si hanno nel caso di acciaio rinvenuto a temperature <430°C ca. (linea rossa tratteggiata in Fig.5.22), mentre le migliori caratteristiche di tenacità si ottengono con acciai rinvenuti a temperature comprese nell’intervallo 600°-760°C.

La Figura 5.23 mostra, mediante grafici qualitativi, gli effetti comparativi di tempra, rinvenimento e distensione sul carico di rottura R = σS, durezza Hd (‘Hardness’), tenacità e resistenza alla corrosione.

Da notare in particolare: - la maggiore resistenza alla corrosione di acciai inox martensitici come temprati

oppure temprati e distesi a t<450°C ca., a fronte della - generalmente insufficiente tenacità di questi stessi acciai; - la corrispondenza tra diminuzione della durezza e aumento della tenacità di

acciai rinvenuti a temperature nell’intervallo 600-760°C.

Figura 5.23 (da Nicodemi, p.117) – Grafici indicativi degli effetti delle modalità e della temperatura di trattamento su alcune caratteristiche finali di un generico acciaio inox martensitico (R=sS, Hd=durezza).

Temperatura (°C)

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Nel caso di impiego di un acciaio inox martensitico a basso o medio contenuto di C, è da considerare attentamente la possibilità della presenza di idrogeno disciolto allo stato solido nel materiale, da cui deriverebbero indesiderabili effetti di infragilimento.

Si supera questo pericolo effettuando i trattamenti termici in atmosfera controllata, o più economicamente riscaldando il materiale a 200-350°C. 5.5.3. Proprietà meccaniche degli acciai inox martensitici Come si è visto, le proprietà meccaniche di un acciaio inox martensitico variano ampiamente a seconda del trattamento termico adottato (Fig. 5.23). Per quanto riguarda valori e intervalli di variabilità, si rimanda ai dati riportati in Tabella 5.5.

Considerazioni ‘ad hoc’ devono essere fatte sulle proprietà meccaniche che questi acciai presentano a temperature diverse da quella ambiente. Nel caso di applicazioni a temperature inferiori alla temperatura ambiente, occorre tenere presente la nota tendenza degli acciai a presentare

- aumenti di durezza e di resistenza meccanica, come pure - transizione di comportamento da tenace a fragile, evidenziata da un netto calo

di resistenza agli urti (resilienza).

La Figura 5.24 mostra le curve della resilienza di un acciaio inox martensitico (0.14%C, 12,32%Cr, 0.62%Mn, 0.38%Si, o,o10%S, 0.014%P) in due diversi stati strutturali, derivanti rispettivamente da bonifica (tempra + rinvenimento) e da ricottura).

Figura 5.24 (da Nicodemi, p.119) - Curve della resilienza di un acciaio inox martensitico in due diversi stati strutturali, derivanti da tempra + rinvenimento e da ricottura.

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Per quanto riguarda il comportamento a caldo degli acciai inox martensitici, risultano ovvia l’esistenza di un limite superiore alla temperatura di esercizio da adottare, correlati alla necessità di non annullare i benefici effetti sulla struttura ottenuti con il trattamento di tempra più rinvenimento (bonifica).

In pratica, conviene rinvenire l’acciaio ad una temperatura di 120-160°C superiore alla temperatura di esercizio. Ad es., nel caso dell’acciaio AISI 410 il limite superiore è di 700°C ca.

La Figura 5.25 mostra come si degradano a caldo le caratteristichemeccaniche dell’AISI 410, sia nel tempo a parità di temperatura di lavoro che al crescere della temperatura di lavoro a parità di tempo di esposizione.

Figura 5.25 (da Nicodemi, p.121) – Caratteristiche meccaniche dell’acciaio inox martensitico AISI 410 dopo tempi di trazione prefissati, a diverse temperature: (a) carico di rottura; (b) carico capace di provocare uno scorrimento viscoso dell’1%.

Il comportamento a caldo viene sensibilmente migliorato dalla presenza nella composizione di Ni, e soprattutto di Mo, W e V (acciaio AISI 422, ad es. temprato in olio da 1040°C e rinvenuto per 2 h a 650°C, specificamente sviluppato per applicazioni a caldo). 5.6. Acciai inox indurenti per precipitazione (PH, Precipitation Hardening)

5.6.1. Composizioni principali La produzione di acciai inox induriti per precipitazione è stata promossa soprattutto dalle esigenze dell’industria aeronautica e bellica in generale di disporre di leghe caratterizzate da una buona resistenza alla corrosione (comunque superiore a quella ottenibile con acciai inox martensitici ‘tradizionali’) abbinata a proprietà meccaniche anch’esse superiori a quelle ottenibili con gli acciai inox martensitici ‘tradizionali’.

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Il criterio di rinforzo consiste nell’introdurre nella composizione dell’acciaio elementi di lega capaci di formare particelle dure e fini di precipitati.

Com’è noto, il rinforzo per precipitazione costituisce il metodo di gran lunga più efficace per ostacolare a livello di reticolo cristallino il movimento delle dislocazioni e ridurre di conseguenza la deformabilità del materiale metallico.

Come già visto per altre classi di materiali metallici, ed in particolare nel caso delle leghe di alluminio da lavorazione plastica, occorre che:

- l’elemento aggiunto sia solubile a caldo nella lega, e che - il suo limite di solubilità diminuisca al diminuire della temperatura, in modo da

creare le condizioni adatte ad effettuare un trattamento termico costituito dalla sequenza di fasi: solubilizzazione, tempra, invecchiamento artificiale.

A seconda della composizione e del tipo di trattamento termico, si possono avere acciai PH con struttura:

- martensitica, oppure - austenitica, oppure - semi-austenitica (la cui struttura è costituita da austenite, da una frazione di

martensite e da un 5-20% di ferrite δ). Si ricorda che, nel sistema Fe-C, la ferrite δ è la soluzione solida di C in δ-Fe, avente struttura cubica a corpo centrato (con parametro di cella a diverso da quello di a-Fe, anch’esso b.c.c.), e stabile alle alte temperature (v. diagramma di stato Fe-C).

Non sorprende che, per le esigenze di resistenza meccanica sopra ricordate, i tipi con struttura martensitica siano i più utilizzati.

In Tabella 5.6 (abbinata alla Tab. 5.5 precedente) sono riportate le composizioni nominali e le caratteristiche meccaniche di 3 tipici acciai inox PH, sia allo stato solubilizzato che dopo invecchiamento artificiale.

Per la denominazione di questi tipi di acciaio inox non esiste una normativa generalmente condivisa, per cui si usano correntemente le sigle stabilite dai produttori.

Da notare l’importanza del bilanciamento tra Cr (α-geno) e Ni (γ-geno) ai fini dell’ottenimento dell’uno o dell’altro tipo di struttura.

Più in dettaglio, la composizione degli acciai inox PH martensitici deve garantire la presenza dei punti critici di trasformazione, A1 e A3, a temperature superiori a quella ambiente, in modo da potere austenitizzare e solubilizzare la lega, da cui ottenere poi, in successione, la struttura martensitica e la precipitazione della fase di rinforzo costituita da composti intermetallici degli elementi di lega.

Nel caso dell’acciaio 17-4PH il Cu è necessario per l’invecchiamento e il rinforzo), mentre il Nb agisce da stabilizzante nei confronti del carbonio, con un’azione del tutto analoga a quella già vista per altre classi di materiali (ad es., gli acciai da costruzione di uso generale microlegati, o l’acciaio inox austenitico AISI 347).

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La Figura 5.24 mostra gli effetti della temperatura e della durata dell’invecchiamento sulla durezza di un acciaio inox 17-4PH.

Figura 5.24 (da Nicodemi, p.147) - Effetti della temperatura e della durata del trattamento di invecchiamento artificiale sulla durezza di un acciaio inox 17-4PH (Rm=σR, carico unitario di rottura a trazione).

Anche nel caso dei tipi austenitici e semi-austenitici la fase rinforzante è costituita da composti intermetallici degli elementi di lega (ad es. NiAl, o Ni3Ti, e altri a seconda dei casi), fatti precipitare in maniera ottimale (particelle piccole, bene distribuite nella matrice e molto vicine tra loro) nel corso dell’invecchiamento artificiale.

Nel caso dei tipi austenitici, la struttura è stabilizzata dalla presenza di adeguate quantità di Ni. Pertanto, la tempra serve a ‘congelare’ in soluzione solida sovrassatura a temperatura ambiente gli elementi di lega destinati al rinforzo per precipitazione.

Il contributo di P alla resistenza meccanica è attribuito alle distorsioni reticolari indotte dagli atomi di questo elemento di lega.

Nel caso degli acciai inox PH del tipo semi-austenitico, la struttura desiderata viene ottenuta con una prima fase di solubilizzazione a temperatura adeguata, seguita da una seconda fase di ‘condizionamento’ volta a produrre una struttura martensitica, e da una terza fase di ‘indurimento’ (o invecchiamento) volta a rinvenire la martensite e ad ottenere la struttura finale rinforzata per precipitazione di composti intermetallici degli elementi di lega.