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Sebastiano A. Patanè Ferro

Attimi di poesia (lettura)

Catania 1988

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©”Attimi di poesia”

(lettura)

by Sebastiano A. Patanè Ferro

Catania 1988

lettura presentata al Centro Culturale “Solarium”

di S. Giovanni Galermo (CT)

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Attimi di poesia

(lettura)

Catania 1988

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Parlami notte…

Parlami notte,

raccontami di quel tempo

quando le stelle

partorivano filamentose anime

e le braccia erano ali…

quando nell’azzurro, gli occhi

si mutavano in luce

e in nuvole la carne.

Sono cadute le albe

ed il buio, fatto casa,

ci avvolge e ci confonde

nei silenzi delle ore.

La grande lumaca della mente

si è rannicchiata

nella sua conchiglia.

Dimmi notte,

dimmi di quando, volendo essere stelle,

come briciole di pane,

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siamo finiti nei formicai dei sogni.

Danza una barca

la pena del mare.

Isola Magnesa (SR) 13 agosto 1986

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Quando avevamo le ali, quando si poteva vo-

lare, quando l’acqua chiara inondava il cielo

e le stelle fiorivano sulla terra, allora, bambi-

ni, eravamo liberi di spiccare il volo come le

cicogne, altissime, tenendoci per gli occhi e

ci impauriva solo il buio dai mille tentacoli.

Oggi, spogliati dai sogni, liberi, non abbiamo

più paura del buio ma quelle antiche ali le

abbiamo sepolte assieme alla semplicità e al-

la sincerità.

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Voglio tornare…

Voglio tornare alla terra,

vola via pettirosso dell’anima.

Il fiore della luna si schiude

rivelando nuovi sorrisi.

Voglio tornare alla terra,

alle favole d’ombra

dei primi petali;

torna pettirosso dell’anima,

con nuovi amori…

Il grande occhio del cielo

osserva attonito

le fredde mani della solitudine.

9 novembre 1986

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Ma stasera, la solitudine, l’inquietudine,

l’abbiamo lasciata fuori dalla porta e questa

non è più una sala di lettura, ma la nostra au-

la di prima elementare, da dove, anche con

un po’ di malinconica nostalgia, possiamo

parlare al cielo e ascoltare una stella per poi

sollevarci con lei fino a toccare le ali degli

angeli e tornare in tempo per completare il

copiato alla maestra.

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Dialoghi (3)

Che mi dai, mare

per il mio giorno di festa?

Mille palazzi di spuma

ed il profumo del mondo

appena colto.

E tu, terra,

che mi dai?

Cento linfe d’acqua

e l’impeto del magma

ostacolato.

Che mi dai, cielo,

per il mio giorno?

Un giorno d’amore,

uno soltanto,

ed una finestra

fra le nuvole.

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Apro il mio cuore al cielo

e per quel giorno

non lascerò che si asciughi

nemmeno un sorriso.

15 febbraio 1987

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A chi ci impone di stare con i piedi per terra,

rispondiamo che lo faremmo volentieri se lo-

ro uscissero da sottoterra.

I problemi di tutti i giorni ci opprimono in-

vecchiandoci e non è giusto che la mente in-

vecchi con il corpo.

Diamo pure alla carne ciò che le serve, ma

alla mente, regaliamo una poesia.

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Poesia n° 2 della sera

Gli occhi corrono

inseguendo le linee dei fiori,

preceduti dal diamante vivo

che taglia arcobaleni d’angosce

ed illumina tramonti,

quando la luce,

in lotta con il vento,

cade uccisa dalla sera.

E soffoco le grida del giorno

col martirio dell’anima,

cercando nei nodi degli alberi

un volto che mi rassereni.

Posso sentire

il dolore delle spighe

in questa sera

umida di pianto

ed anche la paura,

posso sentire,

nel silenzio delle cicale.

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Ma l’acqua, trafitta

dall’oscurità,

mi regala colonne di muschio

ed il cristallo definitivo

di un amore pulito…

E spezza,

l’urlo del vento,

il tubare, monotono,

d’un gufo.

settembre 1988

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Quando ci si sente soli e il buio ci opprime,

ci annoia e, contemporaneamente, ci irrita

tutto ciò che ci circonda, allora conviene

chiudersi nella propria stanza e scrivere.

Scriviamo, ad esempio, una lettera o una

poesia a noi stessi, a un amore ideale, un

amore che, anche se vicino, si sente tanto di-

stante, oppure, solamente, non ci si sente di

parlargli. Scriviamo, dunque qualcosa e un

po’ di stress andrà via, anche se comunque,

lascerà un che di amaro indefinibile.

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Fotografie…

Si aprono le vaste edere

dei tuoi occhi

mentre si rincorrono i papaveri

e la voce raggiunge la carezza

nella cenere e la spazza via.

(Acqua, mi cingo di primavera)

Quel sorriso, come fulmine

che incendia le vecchie menzogne,

si apre sulle speranze superstiti,

accecando un sole

che non è mai tramontato.

(Vento, corro dietro l’orizzonte)

Mi riavvolgo delle tue parole,

cieco egoista, risparmiando

solo alla luce questo tormento.

Per una volta ancora

il fiume sfocia in un deserto.

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C’è una colomba che vola altissima e dalle

piume delle sue ali cadono i petali di un fiore

incomprensibile, che non profuma eppure

inebria, che non a luce eppure acceca… que-

sti petali cadono sui nostri problemi trasfor-

mandoli in sogni.

Ma spesso aerei militari catturano la nostra

colomba e nel mondo, allora, si investono

milioni di dollari per assicurarla nella sua

gabbia d’oro.

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Equilibrio

La colomba è legata per le ali.

La scure scende sul ceppo di carne

mentre nel tempio della giustizia

si conia un altro comandamento.

La colomba è prigioniera d’amore.

Arabi di cristallo si battono il capo

con martelli d’acciaio

ed il drago dalle mille teste

tende un altro agguato.

La colomba è legata per le ali

Si frantuma il giudizio

lasciando affiorare l’inganno

…navi nucleari nel Mediterraneo…

La colomba è stordita ed insepolta.

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Ed è perfettamente inutile gridare inni o darsi

fuoco nelle piazze. Non servirebbe a nulla.

Io ho studiato, ho una cultura, vivo nella so-

cietà, ma quante cose ignoro, cose visibili,

verità nascoste, marciume ben camuffato sot-

to abiti firmati, cose che mi cadono sotto ai

piedi tutti i giorni, che dovrei sapere indiscu-

tibilmente, eppure… mi dondolo nella mia

cultura, in questa mia posizione e chi mi ri-

spetta, lo fa per quello che faccio e non per

quello che sono.

Sull’uomo, un mendicante, ne sa certo più di

me.

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Ignoranza

La mia voce

è quella dei miei padri;

mille bocche hanno gridato

e da sottoterra

gridano ancora.

Un mendicante in silenzio

risale la strada:

non ha padri

non ha voce.

Ma la luna spesso

cambia pelle:

il mendicante lo sapeva

io no …

18 gennaio 1987

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Ma lasciamo stare questi pensieri e torniamo

nella nostra aula di prima elementare, anche

se nulla, e lo sappiamo, potrà cambiare la

realtà.

Volando sulle ali di un sogno, vedremo si

tante cose meravigliose, ma vedremo anche

una madre col suo bambino uccisi dal gas

iracheno, vedremo la quindicenne malese

bellissima, prostituirsi a New York o un sol-

dato americano scaricare le sue fobie in Viet-

nam.

E vedremo la coscienza umana, in una enor-

me bara, sul mondo.

Restiamo nella nostra aula, a celebrare

un’altra primavera, mentre la maestra si pre-

para.

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Primavera

Il tuono giace

sotto gli occhi innocenti

della gazzella,

quando si spacca il garofano

e lascia volare le colombe.

Non si bruceranno le streghe

questa notte,

né s’innalzerà lo stendardo

al santo,

ma le parole vorticheranno

fra le primavere

che germogliano negli occhi,

e…

1 giugno 1987

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Ma sì, restiamo nella nostra aula ancora un

po’, in attesa del prossimo copiato.

Grazie.

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Indice dei testi

Parlami notte

Voglio tornare

Dialoghi (3)

Poesia #2 della sera

Fotografie

Equilibrio

Ignoranza

Primavera

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