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Maggio 2010 L’Informazione 1

L’InformazioneMaggio 2010 DIRETTORE LUCIANO MIRONE Distribuzione gratuita

P e r i o d i c o d i a t t u a l i t à , v a r i e t à , s p o r t e c o s t u m e

L’ora deimiracoli

foto Joe Faro

All’interno un inserto su San Vito Lo Capo

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Come avrete modo di vedere, all’interno di questo giornale c’è un inserto su una delle località più incantevoli della Sicilia: San Vito lo Capo, un centro in provincia di Trapani che va preso come straordinario modello di sviluppo

per la grande capacità che amministratori, cittadini ed operatori turistici hanno avuto nell’armonizzare la salvaguardia del territorio con l’uso razionale del cemento, con l’organizzazione di eventi di respiro internazionale come il Cous Cous Festival, e con la gestione dei servizi. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: un paese che fino a una quindicina di anni fa si “movimentava” solo a luglio e ad agosto, adesso fa turismo da marzo a novembre con presenze da tutta Europa. In pratica hanno valorizzato l’esi-stente ed hanno vinto. Altri comuni siciliani hanno puntato sulla cementificazione indiscriminata e sulle cattedrali nel deserto ed hanno miseramente perso. Per questo è un onore ospitare un inserto di dodici pagine – piene di splendide foto – dedicate a questo luogo balneare ormai famoso dappertutto. Dieci anni. Sembra ieri e invece è passato tutto questo tempo. Dieci anni che questo giornale esiste. Ed esiste grazie ai lettori e a chi lo ha voluto onorare dell’acquisto di uno spazio pubblicitario, piccolo o grande, anche per una sola volta. Ovviamente un ringraziamento particolare va a chi ci ha concesso la sua fiducia da sempre, da quando cioè questa creatura, allora vestita di bianco e nero, ha mosso i primi passi. E vi assicu-riamo che non è facile far camminare una creatura che non ha padrini e padroni alle spalle, libera, che tiene sempre il timone a dritta a prescindere dalla direzione del ven-to, e che, pur nel rispetto di tutte le posizioni, spiega, quando è necessario, la propria. Come è successo in talune occasione. Tre esempi – di cui andiamo fieri – possono dare l’idea: la battaglia per evitare la costruzione dell’inceneritore e della mega discarica nella Valle del Simeto (in territorio di Paternò), la battaglia per evitare la realizzazione di una fabbrica di veleni nello stesso luogo (ma questa volta in territorio di Adrano), la battaglia per frenare la dissennata cementificazione del territorio di Belpasso (su cui lo scorso 27 febbraio abbiamo organizzato un riuscitissimo incontro-dibattito). E poi un sacco di inchieste sugli argomenti più svariati, ed interviste a personaggi non particolarmente noti ma pieni di creatività, e a personaggi famosi. Cammin facendo la creatura si è irrobustita di altre pagine, da otto a sedici, ha aumentato la tiratura, ha esteso il proprio raggio d’azione in diversi comuni della provincia, da quasi un anno ha indossato il vestito a colori. Questo grazie a tutti voi.

L’Informazione si stringe in un abbraccio ideale a Margherita Francalanza e ai figli Giuseppe, Anna e Antonio per la perdita di una persona cara come Pietro Aiello.

I NOSTRI 10 ANNIL’editoriale

Periodico di attualità, varietà, sport e costume

L’Informazione

Direttore responsabileLuciano [email protected]

Hanno collaboratoBarbara ContrafattoAngelo ContiGianni De LucaFederico GiuffridaNorma Viscusi

Progetto graficoLuciano Mirone

FotoJoe Farowww.bronteinsieme.it

Impaginazione e StampaTipolitografia TMvia Nino Martoglio, 93Santa Venerina (CT)Tel. 095 [email protected]

Sede: via Fiume, 153 - Belpasso (CT)Tel. 095 917819 - 347 [email protected]

Registrazione del Tribunale di Catanian. 10/2000 dell’11/04/2000

L’Informazione è presente a:Catania, Acireale, Adrano,Belpasso, Biancavilla, Bronte, Motta S. Anastasia, Nicolosi, Paternò, Pedara, Ragalna,S.M. Licodia, Santa Venerina, Trecastagni, Zafferana Etnea.

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C’è una festa, in pro-vincia di Catania, che per intensità, per

emozioni, per religiosità e per folclore può essere equipara-ta soltanto alle manifestazio-ni in onore di Sant’Agata.È la festa di Sant’Alfio, che a Trecastagni viene celebrata il 9 e il 10 maggio.È in questo paesino alle pen-dici dell’Etna che, secondo la tradizione, Alfio passò assie-me ai fratelli minori Filadel-fo e Cirino, proveniente dal paese d’origine di Vaste, in Puglia, per subire successiva-mente il martirio a Lentini.Da tanti secoli la gente dell’Etna, insieme ad una moltitudine di persone pro-venienti dall’intera Sicilia e dal continente, si reca a Trecastagni per chiedere una grazia, per ringraziare o sem-plicemente per pregare i tre Santi miracolosi.Difficile spiegare le emozioni che si provano nell’assistere ad un rito che ti porta magi-camente ad epoche in cui gli unici mezzi di locomozioni erano il carretto e il cavallo, mezzi che ogni 10 maggio, ieri come oggi, arrivano a Trecastagni bardati a festa per fare la “Salita dei Sapona-ri”, un altro rito che si perde nella notte dei tempi.Difficile spiegare le emozio-ni che si provano nella notte fra il 9 e il 10, quando lungo le strade vedi sfilare i “nudi”

che si recano al santuario con quelle immense torce accese, e poi, giunti al cospetto dei Santi, si lasciano andare ad implorazioni che muovono alla commozione anche chi non crede.Difficile spiegare le sensazio-ni che si provano nei giorni di festa durante la passeg-giata lungo la via principale, quando sei attorniato da tutte quelle bancarelle che espon-gono le primizie di stagione, ciliegie, nespole ma soprat-tutto l’aglio, con quell’odore inconfondibile che si espan-de nell’aria e ti dice che è ar-rivata la primavera.Difficile spiegarlo perché una festa del genere ha il po-tere di evocare epoche anti-che con le sue suggestioni e i suoi colori. Anche il paese che ospita una festa del gene-re, con le sue stradine, le sue chiese, i suoi angoli suggesti-vi, le sue botteghe del vino, ha il potere di scatenare emo-zioni vibranti.Tutto questo, forse, non puoi spiegarlo appieno. O forse si.Comunque devi viverlo.E anche se siamo consapevoli che è difficile, abbiamo cer-cato di scriverlo, raccontan-do i momenti più salienti, le usanze, le origini di una delle feste più belle dell’isola.

TrecastagniSant’AlfioLA FESTA DI

PRIMAVERAdi Norma Viscusi

foto Joe Faro

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di zagara. Nino Bellissimo, un ragazzo di Santa Maria di Licodia, trasporta una torcia ed è visibilmente affaticato: “Tempo fa ricevetti una grazia e adesso mi reco a Sant’Alfio per ringraziarlo”. Maria Testa,

di Belpasso: “Vado a Sant’Al-fio da quando ero bambina. Mio nonno lo faceva con mio padre, mio padre lo ha fatto con me. All’inizio del secolo la mia famiglia, mentre si re-cava alla festa, cadde col car-

retto in un burrone, stava pre-cipitando e chiese la grazia a Sant’Alfio. Si salvarono tutti, anche uno zio finito sotto le ruote”. Arriviamo a Trecasta-gni. Le note della banda citta-dina si espandono nell’aria. È una musica che si armonizza straordinariamente con l’ar-chitettura sette-ottocentesca di questo paesino alle pendici dell’Etna. Nell’atmosfera si avverte un penetrante odore di aglio. Proprio così, aglio. È una primizia che da sempre viene esposta durante i fe-steggiamenti, assieme ai cedri e alle ciliegie, anche queste primizie di stagione. Nelle bancarelle si trovano i cappel-li di paglia, unico riparo dalla calura della Piana di Catania, dove i contadini di queste contrade, dopo i periodi tra-scorsi nei boschi e nei vigneti, in questo periodo si recavano (e si recano) a mietere il gra-no. È un pomeriggio caldo. È come entrare in una macchi-na del tempo e catapultarsi improvvisamente in un’altra epoca. Alfredo Leonardi, uno degli organizzatori della festa, spiega: “Dal 592 il rito è ri-masto immutato. Da tantissi-mi anni si ripete la sfilata dei carretti, la sfilata delle bande, la ‘salita dei sapunari’, l’entra-ta dei cantanti”. Gli chiedia-

È ALLA FINE DEL NOVECENTO...È alla fine del Novecento

– il nove maggio di un anno qualsiasi – che

per la prima volta ci rechia-mo alla festa di Sant’Alfio, la festa di primavera, come viene definita da queste parti. Le emozioni sono talmente tante che ancora oggi, essen-dosi concluso il secondo mil-lennio, la nostra memoria le rievoca come se fossero state vissute di recente. Lungo la strada che conduce a Treca-stagni frotte di persone scalze o a torso nudo (i nudi) prove-nienti dai punti più sperduti della Sicilia orientale e della Calabria, fanno il “viaggio” a piedi per chiedere un mira-colo o per ringraziare il Santo che, assieme ai suoi fratelli martiri San Cirino e San Fi-ladelfo sono i protettori del paese etneo. Ci sono uomi-ni che trasportano immensi ceri, grondano sudore, ma proseguono instancabilmente la loro corsa: “Staju arrivannu Sant’Affiu”. Un dialogo inte-riore col Santo che ognuno si porta dentro da tempo. È un pomeriggio pieno di luce, una luce gialla e abbagliante illumina i vigneti, il vulcano, i Monti Rossi, le ville antiche piene di rose e di gerani, gli agrumeti dai quali si sprigio-na un ubriacante profumo

foto Joe Faro foto Joe Faro

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È ALLA FINE DEL NOVECENTO...

Emanuele e del corso Sicilia (le strade fra le più suggestive della provincia) si abbrusto-liscono i ceci, si gonfiano i palloncini, si scioglie lo zuc-chero per fare il torrone. Per-corriamo queste vie e, a circa settecento metri, vediamo una scalinata in pietra lavica che ci ricorda vagamente la scalinata romana di Trinità dei Monti: in cima, maestosa e solenne, la Chiesa Madre. I componenti della banda mu-sicale indossano il vestito blu: dopo aver suonato per tutto il giorno, si siedono all’ombra di un albero, si liberano degli strumenti e confabulano fra loro; accanto al sedile c’è il trombone, all’angolo il tam-buro, appoggiata alla ringhie-ra la “trancascia”.Da questa terrazza natura-le lo sguardo si perde nella natura che degrada verso il mare, offrendoti una miscela di colori che vanno dal verde all’azzurro, dal giallo al viola,

mo: perché questa fortissima venerazione per Sant’Alfio? “Secondo la cultura popolare è un Santo miracoloso. Ogni anno ci sono parecchie testi-monianze di grazie ricevute. Questo è l’unico caso nella storia della Chiesa in cui tre fratelli vengono dichiarati martiri e santi. E poi Treca-stagni è l’unico centro dove è stato dedicato un santuario ai tre fratelli: una cosa del gene-re non esiste né a Vaste (il loro luogo di origine), né a Lenti-ni (il luogo del martirio)”. Sui marciapiedi della via Vittorio

dal rosso all’ocra. Alle nostre spalle l’Etna comincia a “tin-gersi” dei chiaroscuri del tra-monto. Seduto in un angolo c’è Giuseppe Musumeci, uno dei componenti della banda: “Il complesso bandistico”, dice, “esiste dal 1920, è for-mato da una sessantina di elementi ed è stato fondato dall’ex arciprete Domenico Torrisi”. I colori della sera ca-lano su Trecastagni. Nei paesi vicini, da qualche minuto, hanno acceso i lampioni elet-trici. Scendiamo dalla scalina-ta e facciamo la strada a ritro-so. Questa via, questi vicoli, queste ville, quando la festa finirà, saranno private dalle coreografie di questi giorni, ma conserveranno il fascino di sempre. Mentre siamo im-mersi in queste fantasticherie torniamo al santuario dove i fedeli affluiscono a migliaia. All’interno, in questa notte fra il nove e il dieci maggio, si vivono sensazioni di gran-

dissima intensità emotiva. È come se le invocazioni che echeggiano fra le navate del-la chiesa, si sprigionassero dall’anima di ogni pellegri-no, non dalla bocca, mentre le note dell’organo e i canti della corale si mischiano con le voci, dando la sensazione di volere assurgere, le une e le al-tre, verso il cielo. Dietro ogni invocazione, dietro ogni paro-la, dietro ogni pianto c’è una storia, a volte banale (laddove per “banale” intendiamo non così grave da richiedere un miracolo), spesso drammati-ca o tragica. Adesso una don-na si inginocchia: “Unn’è me figghia, Sant’Affiu?”. Chissà quale vicenda dietro questa frase? E ancora: “Sant’Affiu, unn’è mè figghia?”. Quale mistero nasconde questo in-terrogativo? Poco più in là un uomo: “Ccu tuttu ‘u cori ti chiamamu Sant’Affiu”. Ed

Segue nella pagina successiva

GLI APPUNTI SULLA FESTA TRATTI DAL

BLOCK NOTES DEL CRONISTA

di Luciano Mirone

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altre dieci, cento, mille voci riempiono la chiesa: “Prià-mulu tutti, Sant’Affiu”. Così per molte ore, in una intermi-nabile sequenza di emozioni e di sensazioni fortissime. Nel salone del santuario è stato allestito un punto di acco-glienza. Qui i fedeli, assistiti dai volontari, sorbiscono una tazza di tè o di caffè, e suc-cessivamente fanno la doccia negli appositi box. Francesco Pappalardo di Pedara raccon-

ta: “Mio padre, mio fratello e mio cognato tempo fa hanno avuto un bruttissimo inci-dente stradale. Mio padre e mio fratello hanno riportato delle fratture, mio cognato è rimasto ventitré giorni in coma: alla fine è stato salvato da Sant’Alfio”. Maria Arcifa (Trecastagni): “Molti anni fa mio padre, che faceva l’elet-tricista, rimase fulminato dai fili dell’alta tensione, si ustio-nò la base cranica, la schiena e gli occhi, rimanendo cieco per molto tempo: fu ricovera-

to per sei mesi tra la vita e la morte. Mentre era in agonia si rivolse a Sant’Alfio ed ebbe il miracolo. Oggi è magnifi-co, se lo vede, ‘cche beddu, russittatu, mangia. Da tanto tempo, prima della festa, cam-mino scalza per nove giorni in segno di ringraziamento”. Domenica Lapi (Letojanni, Messina), dice tra le lacrime: “Ne ho avuti tanti miracoli da Sant’Alfio, l’ultimo è sta-to per mia figlia, operata due volte di appendicite. Sapesse quanti medici ho dovuto gira-re”. Nino Grasso: “Vengo da Catania, piazza Santa Maria del Carmelo. Sono partito a mezzanotte, sono arrivato alle tre. Perché faccio il viaggio? Dovevo fare una operazione, un mese prima mi sono rivol-to a Sant’Alfio e tutto è anda-to bene”. E poi gente che si è rotta il braccio, che si è frattu-rata la gamba, o il femore, che ha subito “centotrenta punti di sutura in un piede”, che si è sottoposta alle operazioni più disparate, soprattutto di ernia e di appendicite. Uscia-mo dal santuario. Le prime luci dell’alba rischiarano il paese. I “nudi” continuano ad

affluire, le strade si riempiono di carrozzine trasportate da cavalli con pennacchi mul-ticolori, fra poco dovranno fare la “salita dei saponari”, un’altra usanza che si perde nella notte dei tempi, un’altra immagine che ti fa tornare in-dietro nei secoli, quando que-ste strade erano popolate da carrettieri, i quali, lasciato per un giorno il duro lavoro in campagna, si vestivano a festa per andare a rendere omaggio a Sant’Alfio.A un certo punto incontriamo un vecchietto, occhietti furbi, mingherlino, basso di statura, che sol calesse si sta recando a Trecastagni. Gli chiediamo di fermarsi, lui tira le redini al cavallo e in segno di rispetto esclama rispettosamente: “Os-sàbinirica”. Dove si sta recan-do? “A Sant’Affiu”. Da quanti anni? “Assai”. Perché ci va? Ci guarda con quegli occhietti furbi, come se volesse soppe-sare meglio un sospetto. Non risponde. Insistiamo: perché da tanti anni si reca alla festa di Sant’Alfio? Altro silenzio. Perché non parla? “Livamuci ‘a farsa. Mi vuliti pigghiari a contravinzioni”.

Segue dalla pagina precedente

foto Joe Faro

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Le origini della festaLa festa di Sant’Alfio a Tre-castagni, la più caratteristica tra quelle primaverili della provincia di Catania, risale a tempi immemorabili, se si pensa che, dopo il martirio dei fratelli Alfio, Filadelfo e Cirino, avvenuto a Lentini nel 253 d.C, quasi subito fu innalzata un’icona votiva nel luogo del loro passaggio dove oggi sorge il santuario di Tre-castagni. Tuttavia la festa ebbe un impulso particolare dopo che, nel 1516, furono ritrova-te le reliquie dei tre santi nel monastero dei Padri Basilia-ni di San Filippo di Fragalà (Messina).La salita dei SapunaraÈ una sfilata al trotto di tutti i cavalli e carrozzini che sal-

gono da Catania. Non è una corsa (almeno, secondo la tra-dizione), ma una sfilata vera e propria. I calessi arrivano con cavalli decorati, percorrono la salita ed arrivano al santuario, rendono omaggio ai santi e proseguono verso i paesi vi-

LE NOTIZIEcini.Le reliquieSono tre parti della testa dei santi, più un braccio di san Cirino, una mano ed una porzione di piede di sant’Al-fio.Le statueI simulacri che oggi si vene-rano, di egregia fattura e di straordinaria espressività nelle lievi differenze e nella forte rassomiglianza della consan-guineità, sarebbero opera del-

lo scultore romano Giuseppe Orlando che, secondo il Bo-nanno, risulta avere lavorato a Trecastagni nei primi anni del ‘700. Furono riccamente do-rati nel giugno del 1715, con la spesa di onze 49, e ritoccati nei colori e nella doratura nel 1896 da Ferdinando Cappel-lani, come si legge alla base di uno di essi. Nel 1991 un nuo-vo restauro viene eseguito ad opera di S. Borra, H Linden-bach, P. Damiani. È singolare il fatto (e nell’iconografia ne abbiamo esempi rari) che i nostri santi siano rappresen-tati seduti su sfarzose sedie camerali. Forse si vorrebbe alludere alla condizione di aristocratici, che la tradizione attribuisce ai giovinetti, figli del nobile Vitale. Il fercoloIl fercolo attuale, in legno ri-vestito di rame, venne costru-ito dall’artigiano trecastagnese Antonino Toscano su proget-to dell’arch. Alfio Torrisi nel 1894, mentre il baldacchino, ricamato in oro, è del 1872, e serviva per la vecchia vara. Nel maggio 1987 venne re-staurato da Giuseppe Torrisi a spese di molti devoti con l’impiego di Kg 250 di rame, Kg 400 di bronzo fuso e Kg 15 di argento.

TrecastagniSant’Alfio

foto Joe Faro

di Norma Viscusi

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di Trecastagni, è un fotografo d’arte, uno che, dopo 18 anni di carriera, dell’immagine si è fatto un’idea precisa: “Predili-go fotografare i volti, ma da essi deve trasparire un’emo-zione. La fotografia non è un documento freddo, ma una sensazione da trasmettere agli altri”. Ed ecco che anche il fumo sprigionato da un cero, un vicoletto di paese, uno scorcio di chiesa acquistano

d’improvviso un’anima, che è poi l’anima stessa di questo “poeta” con la macchina fo-tografica. Una sensibilità che a volte lo pone davanti a di-lemmi non facili da risolvere: “Fino ad alcuni anni fa foto-grafavo i nudi, questi devoti che, stanchi, stravolti dalla fatica, rivolti verso il cielo, dialogano col soprannaturale. Ogni volta mi struggevo e mi distruggevo nel fotografarli, mi immedesimavo nel dram-ma di quei volti imploranti”. Da qualche tempo Joe ha de-ciso di non fotografarli, anche se di quei “nudi” restano foto straordinarie. Nel suo studio di via Umberto 193, migliaia

di scatti custoditi gelosamen-te in un pc testimoniano l’at-taccamento a una Terra di cui Joe – attraverso le immagini – cerca di raccontare la vera es-senza. Eppure alle pareti non trovi molte immagini. Solo qualcuna. Fra queste, il volto sorridente della figlia Ludovi-ca, 8 anni, ripresa senza pose stereotipate, in un momento gioioso della sua vita. “Il tema che preferisco sono proprio i bambini, con la loro spon-taneità, i loro sorrisi, la loro espressività, la loro purezza. Se vuoi capire cosa sono le vere emozioni, devi fotografa-re i bambini”. (l.m.)

IL FOTOGRAFODELLA FESTA

È il fotografo della fe-sta di Sant’Alfio. Dai suoi scatti sono uscite

immagini bellissime, memo-rabili anche, che hanno con-tribuito ad arricchire l’icono-grafia dedicata ai Patroni di Trecastagni: ora il volto suda-to e implorante di un “nudo”, ora il primo piano dei fratelli martiri, ora un momento del-la “svelata” davanti a una folla commossa. Joe Faro, 42 anni,

Joe Faro immortala da 18 anni i momenti più belli di una manifestazione antica

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Padre Alfio Torrisi, 70 anni, da 26 rettore e parroco del Santua-

rio-Parrocchia dei Santissimi Martiri Alfio, Filadelfo e Ci-rino di Trecastagni.Cosa rappresenta la festa di Sant’Alfio per la gente di Trecastagni e per chi viene da fuori?“Dopo la Pasqua di Risur-rezione, il cui spirito e la cui gioia devono sempre ri-splendere in tutte le altre ce-lebrazioni liturgiche di ogni comunità cristiana, la Festa in onore dei Santi Patroni se-gna il culmine del cammino pastorale di tutto l’anno ed è un momento forte di aggre-gazione di tutte le comunità parrocchiali, delle associa-zioni, gruppi e movimenti di Trecastagni e di tutti i fedeli e devoti e emigrati che arriva-no da lontano. E’ importante sottolineare che la festa si re-alizza non solo nella Parroc-chia ma nel Santuario, di cui nel 2008 abbiamo ricordato e celebrato l’80° di fondazione.

Il Santuario diventa così un centro di unione di tutta la comunità, un bene dell’intera diocesi. La festa che si svolge al Santuario è un bene di tut-ti, non solo della parrocchia o della comunità di Trecastagni. Tutta la diocesi di Catania considera questo Santuario come un bene proprio, oltre al fatto che questa devozione si estende per tutta la Sicilia e va oltre. Vorrei ricordare la figura di padre Romeo, par-roco di questa comunità per cinquant’anni, il quale con la sua instancabile opera ha dato una svolta alla vita di questo Santuario. Fu soprat-tutto lui a mettere le basi per-ché nascesse la parrocchia e nel 1940 ottenne dal Vescovo di Catania, Mons. Carmelo Patanè, il Decreto di fonda-zione: proprio quest’anno ne stiamo celebrando il 70° an-niversario”.È una festa dove c’è parec-chio folclore.“Anche il folclore esterno di-venta manifestazione di una

“UNA FESTADI POPOLO”

gioia interiore, rinnovando nei Santi quei modelli di vita che ognuno deve avere. Dall’1 al 312 maggio (specialmente il 9 e il 10) fedeli dell’intera provincia, e anche del Conti-nente, accorrono al Santuario per chiedere una grazia o per ringraziare Dio, per interces-sione dei Santi, .di una grazia ricevuta. Ma bisogna dire che il pellegrinaggio dura tutto l’anno”.Perché parla di grazia e non di miracoli?La chiesa, pur nel rispetto delle tradizioni, di fronte a questi fenomeni ha sempre

tenuto un atteggiamento prudente. Credo dunque opportuno mantenere que-sta linea anche attraverso un misurato uso delle parole. Le grazie ricevute sono diventate patrimonio della devozione popolare attraverso le tavo-lette dipinte a mano: ognuna di questa raffigura l’interven-to dei Santi. Tanti fedeli ven-gono al Santuario per dirmi: ‘Lo scorso anno ho portato mio figlio che era malato, mi sono rivolto a Sant’Alfio e adesso sta bene”.Perché la gente è così legata a questi tre Santi, e in modo

foto Joe Faro

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particolare a Sant’Alfio?“E’ dal 1500 che la devozione si manifesta. La storia di que-sti dei fratelli, il loro sacrificio, la loro coerenza di fede colpi-sce e commuove tanta gente. Il loro passaggio da Trecasta-gni è rimasto nella memoria collettiva. È convinzione po-polare, infatti, che questi tre giovani, passando da qui, ab-biano lasciato un segno parti-colare, un miracolo laddove è

stato eretto il Santurario. La loro permanenza colpì ola comunità di allora, ed è sta-ta tramandata di generazio-ne in generazione. Quando furono ritrovate le reliquie, nel luogo dove già sorgeva un altarino per ricordare il loro passaggio fu costruita, nel 1593, una chiesa ad una sola navata. Aumentando negli anni successivi l’afflusso dei pellegrini, nel 1650 iniziaro-no i lavori per ampliarla. Nel 1662 fu completata la grande navata centrale e nel 1878 e nel 1884 le due navate late-rali. Nel 1928, l’Arcivescovo di Catania, Card. Franci-ca Nava, costatando questa devozione crescente, questi pellegrinaggi continui, que-ste grazie frequenti, elevò la chiesa a Santuario”.Qual è la funzione di questo Santuario?“Attorno al Santuario sono state create delle opere di accoglienza non solo per i

pellegrini, ma anche per per-sone bisognose. Nel 1950, per interessamento di Padre Romeo, è stato realizzato un orfanotrofio che per cin-quantasei anni ha accolto tanti minori orfani e che ora va trasformandosi in Casa di Accoglienza. Nacque così: si presentò un giorno al Santua-rio una persona di Catania con un carretto pieno di pane dicendo:”Ho sognato i tre Santi Martiri che mi diceva-no: porta un carretto pieno di pane agli orfanelli di Sant’Al-fio”. Per Padre Romeo fu un segnale. Da quel momento, grazie anche alla disponibi-lità di alcune signorine che si sono consacrate a questo compito e a diverse famiglie disponibili al volontariato, l’orfanotrofio è andato avan-ti. Ora si stanno mettendo le basi perché la casa si trasfor-mi e possa accogliere una “co-munità alloggio” per minori bisognosi”

Qual è il messaggio che lei lancia ai fedeli?“Padre Romeo diceva: ‘Sal-viamo il Santuario’ , nel sen-so che noi dobbiamo essere le pietre vive del Santuario, del Tempio di Dio che è la Chie-sa. Così tutte le iniziative del-la parrocchia, tutte le manife-stazioni che si realizzano nel Santuario, compresa la Festa in onore dei Santi Patroni, devono essere occasioni per manifestare e fare incontrare a tutti, il Cristo vivo e risorto. Cerchiamo così di evitare che la festa sia soltanto un feno-meno esteriore, facciamo in modo di viverla con entusia-smo e con fervore, ma anche come grande momento di interiorità e di fede. Vorrei ringraziare tutti quelli che ci aiutano a vivere bene questa festa, soprattutto gli ammala-ti e i pellegrini che vengono da lontano sottoponendosi a grandi sacrifici per portare la loro testimonianza di fede”.

INTERVISTA A PADRE ALFIO

TORRISI, PARROCO DEL SANTUARIO:

“LA FESTA BENE DI TUTTI”

di Luciano Mirone

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“PRIÀMULU TUTTI SANT’AFFIU”

“É L’ORA DEI MIRACOLI.

INDESCRIVIBILE. INDICIBILE. DECINE DI BAMBINI

PROTESI VERSO I SANTI”

di Gianni De Luca

Viva Sant’Affiu. Il fragore delle invoca-zioni si solleva dalla

piazza stracolma di gente e si espande tutt’intorno. Le statue dei Santi fratelli mar-tiri si sono finalmente mosse. Per tutta la notte sono stati invocati, chiamati, aspetta-ti e bramati dai nudi lungo le diverse strade dell’Etna, quasi ad essere percepiti per

una sorta di misterioso bi-sogno di approdo: “Nni tia staju vinennu, Sant’Affiu!”. Ora le statue stanno scen-dendo dall’altare, tra poco usciranno dalla piazza, per essere portate tra la gente, tra i devoti, e spandere così la loro benedizione. È l’ora dei miracoli. Indescrivibile. Indicibile. Sono mani che si protendono, grida d’aiuto e

di preghiera, e bambini, de-cine di bambini, protesi ver-so i Santi, in un rituale senza tempo, per una benedizione, per un miracolo. Donna Vra-sa, con lo scialle nero, il volto scavato dagli anni, le rughe sulla pelle, sembra la vestale di un rito antico. Anche lei è arrivata a Sant’Affiu sul car-retto, alternando il suono del tambureddu col salmodiante

del rosario: “Chi su’ beddi ddi tri frati/tutti tri miracu-lusi/quannu spuntunu ‘nto chianu ‘i miraculi ca fanu”. E in quel turbinio frenetico, quasi di delirio, tra assor-danti spari pirotecnici, tutti ammirano i volti dei Santi fratelli che sembrano “parla-re” al cuore dei fedeli per dire ciò che loro stessi vorrebbero sentire. Sant’Alfio, effigiato

foto Joe Faro

TrecastagniSant’Alfio

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“PRIÀMULU TUTTI SANT’AFFIU”

al centro, è il titolare dei mi-racoli. La fortezza del trionfo del suo martirio traspare dal suo volto soave e dallo sguar-do rivolto ai fedeli. È passato il momento dell’atroce stra-zio dello strappo della lingua. San Filadelfo con la faccia affabile di giovanetto, bru-ciato sulla graticola, ci dice che la santità è a portata di tutti, dei miti e dei generosi, ma anche dei violenti e degli egoisti. San Cirino ha il volto di un bambino, rimasto an-cora spaurito dall’atrocità dei suoi carnefici mentre lo

cospargevano di pece bol-lente, consegnandolo a sua insaputa all’eternità. È l’ora dei miracoli. Difficile a dir-si, più difficile a credersi per noi uomini dell’era moderna. Ma siamo, comunque, qua, testimoni, spettatori o pro-tagonisti. Come un tempo, è questa l’ora quando si vedo-no i miracoli. Quando il di-vino si fonde, per un attimo, con l’estremo bisogno uma-no di aggrapparsi a qualcosa che dia un senso all’esisten-za, oltre la quotidianità della vita. È l’ora dei miracoli. Dei miracoli di Sant’Alfio che scende tra la folla dei devoti

e “le strida si raddoppiano, si vedono bambini e fanciulli con tanto di ernia guarir al solo appoggiarsi o baciare le statue, e si sentono le lacri-me di gioia dei genitori, e la disperazione di altri che han pregato invano per il loro fi-glioletto sciancato, o muto, o contraffatto. Si sentono strilli di bambini esterrefatti a quello spettacolo. Si vedo-no divoti saltare in mezzo alla folla e gesticolare gridando il miracolo avvenuto. Hanno visto i santi tanto belli, tanto desiderati”. Sono attimi che

non si ripeteranno più, per-ché l’istante divino – quando passa l’angilu – è irripetibile. I santi sono là. Con lo sguardo immobile. Ognuno li vede a modo proprio e, a suo modo, comunica, in un infinitesimo istante, con loro, col divino.I miracoli: ricerca spasmodica dell’Essere increato, dove l’in-timo umano connaturato di Dio cerca l’esegesi del logos. Per un attimo ci potremmo smarrire perché siamo fatti di carne e sangue. Ma scienza e fede, tangibile e irraziona-le, si fondono in quest’ora dei miracoli che oggi si pre-senta magari meno colorita

rispetto ad un tempo, con una sacralità moderna, senza lingua a strascinuni, ma forte dell’elemento d’eternità che i fedeli, a attraverso i santi e i loro miracoli, ricercano. Alfio, Filadelfo e Cirino, che un tempo passarono per que-sto luogo, chiamato in loro onore “Tre Casti Agni” (dove “Agni” potrebbe far parte di “aor-agni”: Luce ed Energia. Luce della chiesa filosofica e della resurrezione. Energia taumaturgica che si sprigiona dalla loro apparizione iposta-tica sul sagrato). E come un

tempo sono ancora qua, ef-figiati nei loro simulacri, per parlare alla povertà del nostro animo umano, per dare spe-ranza agli sfiduciati, per farci comprendere il mistero della sofferenza – loro che sono “passati” dal dolore -, per raf-forzare il nostro essere oggi testimoni di un atto d’amore, passato anch’esso attraverso il sacrificio del Verbo incar-nato, in attesa della Resur-rezione, quando non avremo più bisogno dell’ora dei mi-racoli, perché saremo avvolti dall’immenso amore di Dio.

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Tutti contro Firrarel-lo ma Firrarello non sembra avere rivali,

soprattutto se si pensa che l’unico in grado di impen-sierirlo – il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, che con il senatore del Pdl

ha da tempo intrapreso una dura battaglia per la suprema-zia del centrodestra in Sicilia orientale – da qualche mese vede le sue quotazioni abbas-sarsi notevolmente per via di quell’indagine della magistra-tura che lo accusa di essere vi-

TUTTI CONTRO FIRRARELLO

cino a determinati ambienti. Ma la lotta è molto lunga e un momento decisivo è costi-tuito dalle prossime elezioni amministrative al Comune di Bronte del 30 e 31 maggio, nelle quali Firrarello – sindaco uscente – sta investendo mol-

to per essere rieletto. Probabil-mente Lombardo avrebbe po-tuto metterne in discussione la riconferma – e quindi la le-adership – se avesse candidato uno degli uomini più brillanti del suo movimento, il dottor Mario Zappia, ex primo cit-

Pino Firrarello Aldo Catania Turi Leanza Enza Meli

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TUTTI CONTRO FIRRARELLO

tadino, che però, ricoprendo una carica di prestigio all’as-sessorato regionale alla Sanità, non è stato ritenuto spendibi-le per la poltrona di sindaco. Il governatore allora ha puntato tutto sul consigliere provin-ciale Aldo Catania, 47 anni (sostenuto dall’Mpa, più due liste civiche), 3mila voti alle ultime elezioni, considerato da più parti “l’uomo nuovo della politica brontese”.Ma riuscirà Catania a battere Firrarello, forte quest’ultimo di quasi 7500 consensi otte-nuti alle ultime amministrati-ve? Al momento tutto appare scontato, ma gli avversari del senatore, secondo quanto si vocifera nelle segreterie poli-tiche, “marcerebbero disuni-ti per colpire uniti”. In che

senso? Non si spiega diversa-mente la candidatura di Turi Leanza, indeciso fino all’ul-timo se accettare la proposta dell’Idv, dell’Api di Rutelli e della lista civica “Ciclope Bronte” (che lo sosterranno con un’unica lista), e della consigliera comunale del Par-tito democratico, Enza Meli (appoggiata da Pd e Psi), se non attraverso questa chiave

di lettura. Anche perché l’im-magine di Leanza, altro pezzo forte della Prima Repubblica, potrebbe appannarsi ulterior-mente se – dopo i 3mila voti delle ultime amministrative, quando fu sconfitto proprio da Firrarello – dovesse risul-tare nuovamente perdente, e una sconfitta della Meli por-terebbe il Pd (e con esso tutta la sinistra) ad un arretramen-

to di posizioni difficilmente recuperabili. Certamente la spaccatura fra le due anime del centrosinistra è reale, ma la strategia è quella di drena-re i voti dal bacino centrista, mediante la candidatura di Catania, per portare l’attua-le sindaco al ballottaggio, in modo da sconfiggerlo “col-pendo uniti”. Il parlamentare del Popolo della libertà, dal canto suo, mostra la tran-quillità di chi ha la vittoria in tasca: inaugura opere pub-bliche, gode dell’appoggio di un altro pezzo da novanta della politica brontese, l’ex deputato regionale di Forza Italia, Franco Catania, che ha aderito alla lista dell’Udc, for-mata assieme al coordinatore comunale Giuseppe Di Mulo, che sosterrà Firrarello assieme ad altre quattro liste che dan-no l’immagine del rullo com-pressore.

DIETRO LE ELEZIONI DI BRONTE LA BATTAGLIA

PER LA LEADERSHIP DEL CENTRO

DESTRA di Luciano Mirone

Bronte. Uno scorcio di piazza Spedalieri.foto www.bronteinsieme.it

BronteElezioni

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