Zona Cambio #6

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Zona Cambio #5 - 1 #6 #6 Intervista ad Edith Niederfriniger Mangiare per allenarsi Il profilo di prestazione del triathleta Il viaggio

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Online magazine for all the triathlon fans

Transcript of Zona Cambio #6

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Zona Cambio #5 - 1

#6#6

Intervista ad Edith Niederfriniger

Mangiare per allenarsi

Il profilo di prestazione del triathleta

Il viaggio

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A cura di: Stefano La Cara Strong + Master Runners

Hanno collaborato a questo numero: Stefano La Cara Strong, Master Run-

ners, Marco Bucci, Luigi Orlando “Magic”, Gianmarco “the Running Pitt”

Pitteri, Giovanni Lazzari (vulgo Carlo), Pasquale “Shark” Musci, Christian

“Mac” Ferretti, Luca “Lucaone” Bertaccini, Alessio “Kayale” Piccioni, Fran Ci,

Marco Selicato, Paolo “Ibiza130” Scotti, Guido “Gipsy” Esposito, Diego

“IronGuzzo” Guzzonato,

Foto: archivi collaboratori di Zona Cambio.

Grafica ed impaginazione: Stefano La Cara Strong

CONTATTI: [email protected]

[email protected] - [email protected]

Zona Cambio nasce e si struttura come raccolta di aneddoti, consigli ed esperienze personali.

Ogni articolo deve dunque considerarsi privo di fondamenti tecnici o scientifici.

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CONTENTSCONTENTS

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E dopo il magazine la squadra! di Stefano La Cara Strong

www.stefanolacara.com

Zona Cambio è diventata anche una squadra.

Zona Cambio Triathlon A.S.D. per dirla tutta.

Ci teniamo e tanto a questo progetto, è la naturale evoluzione

del magazine, un ulteriore luogo dove incontrarci e stare insie-

me, questa volta meno virtuale e più reale. Naturalmente stia-

mo alle prime armi, ma come immaginate, le idee per sviluppare

al meglio la cosa non ci mancano. Dateci fiducia, venite a nuota-

re, pedalare , correre con noi e vedrete che ci divertiremo insie-

me!

In questo sesto numero oltre alla solite simpatia delle nostre

“rubriche fisse” e gli spazi tecnici sull’allenamento ed alimenta-

zione, abbiamo il piacere di leggere begli articoli di nuovi amici

che speriamo ci accompagnino per lungo tempo .

E poi “i test di Zona Cambio”, che da questo numero avranno

una nuova direzione. Non più squisitamente tecnici (per quello

ci sono testate più serie…) ma goliardici anche qui! Vediamo co-

me “riciclare” nel triathlon attrezzatura non specifica per la tri-

plice disciplina. Naturalmente anche qui, qualsiasi idea vogliate

condividere non esitate a contattarci, raccontandoci il vostro

“test”!.

Forza, che l’inverno sta finendo, il prossimo numero che legge-

rete sarà a ridosso della stagione agonistica e finalmente potre-

mo dare sfogo a tutte le fatiche che stiamo accumulando in que-

sti mesi di “carico”.

All’orizzonte si cominciano a vedere gli obiettivi.

Per tutti sono cominciati i countdown…

...accompagnateci nel nostro!

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Perché Zona Cambio ASD? di Gianluca “Master Runners” Simei

podisti.blogspot.it

Perché Zona Cambio ASD? Quante volte negli ultimi

tempi mi chiedono 'Perchè?' e io rispondo sempre 'Perchè no!' Poi pensandoci bene ci sono tanti perché su questa scelta, cerco di riassumere quelli più significativi.

Perché le persone che la formano sono tutti amici ...fino alla prima gara.

Perché i compagni di squadra ci danno (di proposito) con-sigli e suggerimenti mettendoci in crisi prima della par-tenza.

Perché non vinciamo mai niente, le nostre posizioni asso-lute sono sempre composte da tre cifre, da due se i par-tecipanti arrivano a 99.

Perché per noi è più importante venire bene in foto che arrivare primi di categoria con la faccia sofferente.

Perché stimiamo di più una BTwin in Zona Cambio che una Ceepo.

Perché basta un sms o una mail per programmare la stagio-ne gare.

Perché se in gara vediamo un compagno fermo a bordo strada lo salutiamo col dito medio.

Perché nell'organizzare una trasferta prenotiamo sempre prima il ristorante.

Perché il Panda ce l'abbiamo solo noi.

Perché tutti gli altri sono forti, noi siamo felici.

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Ha già alle spalle l'esordio del triathlon (dove gli è sembrato tutto

una gran festa perfetta) ed un altro paio di gare (dove, naturalmente ha migliorato il penoso tempo dell'esordio). Vedendo l'inevitabile mi-

glioramento, entra in un vortice assurdo dove troverà un interesse vi-scerale per una sacco di cose inutili come pullbuoy, palette, cerchi ad al-

to profilo, prolunghe e, soprattutto, barrette energetiche. Comincerà a curare ogni particolare per limare quei 3-4 secondi che, se per un Elite potrebbero signifi-care una vittoria, per lui rasentano il ridicolo. E' la fase in cui la bici "entry level" con cui ha gloriosamente esordito adesso gli sta stretta, cerca una muta più performan-te, le scarpette bike (rigorosamente da triathlon per poterle attaccare ai pedali) con suola in carbonio e le Zoot da corsa anche se corre a 5'50". Fonde il computer spul-ciando ogni sito di triathlon alla ricerca di verità assolute, nuovi trucchi sconosciuti e tabelle di allenamento dei professionisti, palesemente inadatte a lui. Si sobbarcherà centinaia di chilometri per fare ogni gara possibile, roba che tra benzina, autostrada ed hotel, probabilmente ci avrebbe comprato una Colnago Flight... Ogni cosa sarà illuminata ed arriverà addirittura a compiacersi di buttare il suo giorno di riposo settimanale in un lungo di 130km in bici più 20km di corsa lenta...che di fatto consi-sterà nel giorno di allenamento più facile della settimana, andando in overtraining nel giro di 3 settimane.

di Stefano La Cara Strong

Gente che si incontra in Zona Cambio

L’illu

minato

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Zona Cambio Triathlon ASDZona Cambio Triathlon ASD

www.zonacambio.com

info ed iscrizioni: [email protected]

Ti piace nuotare, pedalare Ti piace nuotare, pedalare e correre? Fallo con noi!!!e correre? Fallo con noi!!!

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di P

asquale

“S

ha

rk”

Musci

Il "viaggio" inizia a notte

fonda, la sveglia non suo-

na mai .... si spegne sem-

pre prima...il viaggio si

“annuncia” in realtà

quando sei seduto per

fare colazione in una hall

fin troppo silenziosa mal-

grado sia piena di gen-

te ... la fame non arriva

mai alle 4 del mattino ...

importante e' averla sod-

disfatta nelle 48 ore pre-

cedenti, lo ripeti, ma non

ne sei mai convinto... La

vestizione e' un rito , se

non lo fai non lo sai ... il

“viaggio” ti porta in stra-

da che è ancora notte e

all'alba in zc. Ti rende

cosciente che tutto si sta

compiendo , in automati-

co senza pensarci qua-

si.... gps, barrette , gel ,

controllo materiali,muta

e occhialini.... Il tempo

scorre e ti ritrovi a mette-

re un piede davanti all’al-

tro verso la start line. Sei

in un girone dantesco,

ovviamente infernale ,

tutto ovattato niente

sembra come e' ...alcuni

sono pallidi, altri scher-

zano , altri ancora sono

apparentemente tran-

quilli, ma tutti hanno più

o meno la stessa espres-

sione quando abbassan-

do l'occhialino volgono

lo sguardo in fon-

do ...lontano, alla prima

boa. Il flash back ti colpi-

sce imperiosamente, il

“viaggio” ti mette in agi-

tazione, ti sbatte davanti

agli occhi i mesi di tanti ,

troppi allenamenti, tante

rinunce, forse troppi sa-

crifici, subentra l'ansia

l'attesa infinita la paura

di non farcela ... Tanti

aggettivi che quantifica-

no , “pesano”, avallano

la fatica che ti aspetta.

Un attimo...Start, si parte

e la nebbia si dirada…. le

prime bracciate titubanti

lasciano quasi subito il

posto al proprio gesto, al

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proprio ritmo , non c'è pensiero, il respiro batte forte amplificato

nelle orecchie , il cuore cerca il giusto tocco....amplificato nella te-

sta, si "vivono" 4km in una bolla, in uno spazio tempo limitato ed

infinito nello stesso istante. Ma il "viaggio" magicamente crea i

presupposti per il cambiamento. Da qua in poi , come se in acqua

dove tutto è senza peso, senza gravita' , anche le rinunce i sacrifici

ora iniziano a non pesare piu', si prestano ad esserti compagne di

viaggio . Fuori dall’acqua è il ritorno alla vita, all’aria nei polmoni,

la corsa verso la T1 e' un momento di euforia , si monta in sella e

via … Il viaggio però è fatica e te lo ricorda sempre ,

180km ,routine in allenamento, in gara non finiscono mai, troppe

variabili, tanti pensieri disturbanti, pericoli meccanici, alimentazio-

ne, idratazione , ma la trasformazione si sta oramai compiendo e i

tuoi sacrifici e le tue rinunce ora sono da monito positivo alla tua

testa, il viaggio e' a meta' e noi guardiamo avanti.....avanti…..

Alla fine arriva....hai fatto in modo di non pensarci mai o quasi

mai.... ma

dopo 6-7 ore sei finalmente in T2, e mentre infili le scarpette da

corsa un pensiero....un macigno...un incubo tenuto lontano fino ad

ora si materializza .... 42.2k di corsa....ora , subito, il tempo magari

di mettere il cappellino e girare il numero, poi il “viaggio” inesora-

bilmente ti presenta il conto ....la maratona in un “ironman” e' una

odissea , uno strazio per tutti , per chi ci impiegherà 3h30 e per

chi ci impiegherà 5 e più ore, il momento più intimo, parli da solo

o con entità che cerchi con lo sguardo perso verso l'alto, sei solo tu

la tua testa e la strada....tanta strada e immancabile arriva il bi-

vio....e' un attimo e la sofferenza si anestetizza , nulla , non avverti

piu' niente. È l'istante magico che separa la vittoria dalla sconfitta

e' il momento dove tutto quello che hai fatto o non hai fatto per

arrivare la', si annulla e da li in poi solo e solo e solo la tua testa

può ...portare il “viaggio” a compimento. Nessuna parte del tuo

corpo e' disposta più a darti una mano..... ma incredibilmente ac-

cade….il miracolo si avvera....le fatiche le rinunce i sacrifici che ti

avevano ammonito, sfidato, appesantito, e poi mano mano stimo-

lato, ora diventano la molla più forte di qualsiasi ostacolo , diven-

tano ora rabbia , voglia di non mollare, la volontà più grande, quel-

la di andare avanti e la tua testa recepisce una sola e unica ele-

mentare informazione: Avanti fino alla fine.... e la fine alla fi-

ne...arriva! Ha le sembianze meravigliose di un tappeto soffice

come una moquette ,bello e impossibile, non esistono condizioni

atmosferiche , non ci sono migliaia di persone , non c'è un rumore,

non è sera né mattino .... Sei solo tu, il tuo sorriso , il tuo cuore e

quel traguardo la' a pochi metri....il viaggio e' finito, ma ti ha cam-

biato la vita , ti ha spostato la "prospettiva ".

Un ironman e' in fondo lo specchio della nostra vita,del “nostro

viaggio”, una grande lezione che ti rimane impressa dentro e te ne

rendi conto subito, nella stanchezza più indicibile rientrando in

quella camera dove tutto era iniziato la notte prima, guardi allo

specchio un uomo stravolto una bici e tre sacche, e malgrado hai

difficoltà nel semplice deambulare non riesci a pensare ad altro

che " la vita in alcuni giorni sa essere meravigliosa".

Buon viaggio da chi ,orgogliosamente, ha viaggiato e non vede

l'ora di viaggiare nuovamente , e buon "viaggio " nel 2013 a tutti

coloro che sono pronti a fare “proprio” il loro viaggio , qualsiasi

esso sia , ogni sacrificio ogni rinuncia non è mai vana....

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TRIATLHETA DEL MESE

DANIEL FONTANA

di Christian “Mac” Ferretti

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D opo aver omaggiato atleti e

atlete di ogni dove, norvegesi,

britannici, australiani, faccia-

mo un salto, per l'atleta del

mese di gennaio, oltre oceano, in Argen-

tina... Ma forse basta fermarsi un po' più

vicino, dipende dal periodo dell'anno.

Parliamo infatti di un grandissimo di casa

nostra, ma in modo un po' particolare, di

quelli che qualche decina di anni fa anda-

vano sotto il nome di oriundi: Daniel Fon-

tana.

Il grandissimo campione argentino, natu-

ralizzato italiano, corre infatti sotto la

bandiera tricolore dal 2004, scoperto e

portato in Italia dapprima da Marco No-

velli, poi, fino ad oggi, con la Dds di Mila-

no, per la quale attualmente allena gli

age group. Due volte olimpionico,

quattro volte campione italiano, dopo

una brillante carriera da velocista ITU, in

un recente passato ha fatto il salto del

fosso per lungo, passando alla Distanza.

Evidentemente il passaggio all'Ironman,

ed al mezzo Ironman, non ha fatto per-

dere cavalli al motore del nostro, anzi.

Come per diversi atleti passati dai corti

tiratissimi alla distanza regina, evidente-

mente il background da velocista ha gio-

vato alla preparazione di ben altro impe-

gno in termini non solo chilometrici. Fin

da subito infatti è parso in grado di gio-

carsi alla pari i podi delle varie competi-

zioni, senza alcun timore reverenziale nei

confronti di campioni blasonati. Intendia-

moci, Daniel è l'opposto dell'arroganza,

ma evidentemente fare per anni a spor-

tellate sui multilap al cardiopalma delle

gare itu, lo ha in qualche modo immuniz-

zato da un eccesso di timidezza. E se ne

sono accorti subito tutti a loro spese.

Esordisce nella mezza distanza con il

botto, secondo al mondiale , all'epoca

ancora a Clearwater, dopo qualche gara

di avvicinamento, nelle quali ovviamente

si era guadagnato la qualifica. Nel 2010,

lungi dal lasciare, raddoppia: esordio

nell'Ironman SouthAfrica, e ovviamente

podio, terzo gradino e qualifica per le Ha-

waii. Dove, nel 2011, si piazza dodicesi-

mo assoluto, eguagliando l'inossidabile

Danilo Palmucci, il cui doppio record di

piazzamento e cronometrico, resisteva

dal 1994 (parliamo ovviamente di presta-

zione italiana alle Hawaii).

Ma questa piccola celebrazione non vuo-

le certo essere un premio alla carriera, ci

auguriamo molto ma molto distante dal

suo epilogo. Tutt'altro: è il nostro atleta

del mese, perché ha iniziato il 2013, sulla

scorta di come aveva inanellato gare nel

2012, ovvero con il secondo gradino del

podio, a cui appunto nell'anno appena

trascorso aveva praticamente fatto l'ab-

bonamento (con la non indifferente pa-

rentesi di delusione alle Hawaii, dove

purtroppo persistenti problemi fisici lo

hanno costretto al ritiro, come nell'anno

dell'esordio; e con la invece piacevole

parentesi, giusto per cambiare gradino,

della vittoria nel 70.3 di Pescara). Il 13

gennaio a Pucon, in Cile, il solo Reinaldo

Colucci, brasiliano, è riuscito a frapporsi

fra Daniel ed il terzo successo in quella

gara. Il brasiliano ha allungato in bici, e a

nulla è valsa una mezza maratona di Da-

niel con il turbo. Resta comunque una

prestazione da incorniciare, ed un podio

importante, ad inizio stagione, che spe-

riamo sia di buon auspicio per il seguito,

e in particolare per quel piccolo appunta-

mento ottobrino...

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di Gianluca “37kmh di media” Simei I BUCIARDII BUCIARDI

WathsApp….

Si comincia ad utilizzarlo per mandare messaggi ai propri

amici al posto dei costosi sms, si finisce usandolo come

una vera è propria chat, che non ti lascia in pace, nean-

che la notte, perché gli amici ti tengono sveglio anche

quando vorresti dormire, sennò che amici sarebbero.

La soluzione è comunque spegnere il telefono, ma capita

sempre una sera che dimentichi di farlo.

I Buciardi.

Uno dei tanti gruppi che ho su UozzApp, questo è com-

posto da triathleti, e il titolo li identifica alla perfezione.

I triathleti sono in assoluto i buciardi più buciardi di tutte

le categorie sportive.

Già dall'immagine in alto si intuisce l'alto contenuto delle

discussioni, consigli spassionati, sfide impossibili, allena-

menti fantasmagorici, e obiettivi stellari!

I tempi che dichiarano in allenamento variano a seconda

della persona con cui si parla.

Se l'interlocutore è forte si dichiarano almeno 20secondi

più lenti a nuoto, 5km/h in meno sulla media in bici e

40/50sec in più al km in corsa, in modo da farsi trovare

pronti al via della prossima gara, devastando così l'avver-

sario che, a suo discapito, sicuro di essere in vantaggio

sull'amico, si è allenato qb (quanto basta) per arrivargli

davanti.

Se invece si parla con una pippa (un atleta meno bravo) i

tempi diventano vertiginosamente più performanti per-

ché in questo caso scatta la tattica psicologica, demoti-

vando e deprimendo l'atleta di turno che a sua volta,

preso da una depressione post-allenamento, comincia a

diminuire le uscite settimanali in quanto inutili, il suo

'amico' è comunque irraggiungibile.

Ma il gruppo su UozzApp si utilizza anche per darsi ap-

puntamento agli allenamenti, sempre nei limiti del possi-

bile, siamo tutti, o quasi, padri di famiglia con un lavoro

e una vita privata da mandare avanti, dunque è difficile

incontrarsi lo stesso giorno alla stessa ora. E allora alle

12e50 di un mercoledì, chi è dal commercialista, chi ha

un cliente, chi non fa neanche la pausa pranzo perché ha

troppo lavoro... ma come per magia, alle 13e10 si ritro-

vano tutti alla piscina comunale in costume e accappa-

toio ognuno con un foglio A3 di allenamenti scritti a pen-

na che tengono gelosamente nascosto alla vista degli

altri. Buciardi!!!

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QUANDO NON RICORDIQUANDO NON RICORDI

PIU’ QUANTE RIPETUTEPIU’ QUANTE RIPETUTE

HAI FATTO, NON TI HAI FATTO, NON TI

PREOCCUPARE… PREOCCUPARE…

MANCA SEMPRE UNA DI PIU’ MANCA SEMPRE UNA DI PIU’

DI QUELLE CHE PENSAVIDI QUELLE CHE PENSAVI

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Quando il soffitto diventa pavimento che si fa’?! Che si fa’

quando hai raggiunto un obiettivo, ne hai raccolto le gratifi-

canti sensazioni di gioia, fatica e quel misto di esaltazione e

paura che ti hanno fatto sentire viva come rare volte prima di

allora?!

Si cerca oltre, si guarda avanti. Si varcano le colonne d’Ercole…

OK, ok… ho un po’ esagerato con le metafore, forse, ma era

tanto per rendere l’idea.

L’obiettivo sfidante di quest’anno è preparare ed affrontare la

distanza “Ironman” in un contesto difficile come i percorsi

dell’Isola d’Elba.

La preparazione deve, per forza di cose, cominciare presto:

non ho tantissimo tempo da investire nel mio progetto, anzi…

si parla di minuti più che di ore e me li devo guadagnare gior-

no per giorno.

Si rende necessario ottimizzare i tempi, così l’andatura stessa

si è trasforma da normale deambulazione a corsetta rapida o

passeggiata a rapidi passi.

In sostanza corro per andare dappertutto... oggi ad esempio

corro per andare a nuotare.

La prospettiva di nuotare 3.800 metri mi spaventava un po’,

che quasi quattro chilometri a nuoto son tanti, senza contare

che se sbagli traiettoria facilmente diventano anche di più.

Devo allenarmi ad uscire dall’acqua bella pimpante, ché il nuo-

to deve essere il mio antipasto. Devo uscire e urlare: “Tutto

qui quello che sai fare???!!!” (non a me stessa, ovviamente!!).

A questo scopo, da un mese circa, ho iniziato con gli allena-

menti: volume, forza e resistenza. La velocità verrà dopo, caso-

mai.

Voi immaginate perciò la faccia di un frequentatore “normale”

della piscina del centro benessere dove nuoto, che mi vede ar-

rivare, di corsa, con una sacca di attrezzi di più grande di me,

con dentro palette, pinnette, pull boy, elastici, secchiello e pa-

letta, dove la paletta ovviamente non serve a niente ma ce

l’ha messa mio figlio di tre anni approfittando di un mio mo-

mento di distrazione.

FRANCY GOES TO ELBA di Fran Ci

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Loro, i frequentatori abituali intendo, ci vanno per sciogliere i

muscoli prima della sauna o bagno turco che sia.

Io ci vado per macinare chilometri in acqua.

Loro entrano e camminano nella loro corsia saltellando con

espressione affaticata.

Io entro e comincio col riscaldamento di 1.000 metri nuotati

bene.

Mi guardano straniti ed io ogni tanto ricambio, quando tiro

su la testa dall’acqua, beninteso.

Poi, di tanto in tanto, ciclicamente ma senza una parvenza di

regolarità, arrivano i Master, i dominatori della piscina.

Non capisco per quale motivo, ma sono tutti maschi. Forse le

donne non sono gradite, chissà, o forse si allenano nella pi-

scina di un gineceo.

Mi riprometto di scoprirlo.

Ma dicevo, arrivano i nuotatori professionisti e paffutelli,

perché agli occhi di una podista come me, in effetti, mi sem-

brano belli in carne, massa magra e massa grassa a parte.

Ridacchiano e si danno pacche sulle spalle, mentre eseguono

lo stretching e il riscaldamento a secco e anche da qui, men-

tre sto nuotando, sembrano un branco di gioviali macachi.

Danno un’occhiata alle corsie, perché loro “lavorano in paral-

lelo” e devono stare “vicini vicini”.

Tra me e loro vige un rapporto di educata e circospetta sop-

portazione, anche se non resistono al fascino del tuffo a bom-

ba e passano come vaporetti nella corsia affianco, spostando-

mi persino le boe che la delimitano.

Sanno che se entrano con me, non devono darmi fastidio con

bracciate scomposte e virate sul naso, ed io ricambio non gli

standogli fra i piedi quando fanno le ripetute.

Il più simpatico mi saluta quando entra in acqua, un piccolo

cenno ma è già una grande concessione.

Ma si sa’ che le endorfine fanno presto il loro effetto.

Alla fine del mio allenamento, mentre esco e saltello a bardo

vasca per simulare la corsa in zona cambio, sono felice e bea-

ta e piena di buoni sentimenti verso il mondo, persino verso i

“Master”, e mentre vado a mettere gli attrezzi nella sacca,

con la coda dell’occhio li vedo sbirciare il foglio dove ho se-

gnato gli allenamenti di nuoto ed in alto, a sinistra, ben gran-

de, in maniera da avere sempre sott’occhio il mio obiettivo:

ELBAMAN.

Sono ragionevolmente sicura che un’idea se la sono fatta..

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IO ODIO di Luigi Orlando “Magic”

Ultimamente si parla tanto di odio, gente che odia altra gente, che odia fare questo o quello, andare qui ovvero là piuttosto che laggiù invece di salire scende e per dispetto invece di dritta la prende storta, scrive una cosa ne pensa un’altra …. insomma masturbazioni cerebrali oltre che quelleeee …. vabbè quelle!

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Io che sono un tipo irascibile, testa di

caxxo, volta e gabbana e bastardo den-

tro … beh non sopporto tante cose, ma

proprio tante cose. Tant’è che vorrei

proprio farmeli sette annetti in Tibet,

hai visto mai miglioro!

Quando poi sono nel pieno della “mia”

fatica quotidiana, o in prossimità di …

per non parlare della gara …. beh il limi-

te di sopportazione raggiunge il minimo

esistenziale.

Alcune sono scontate, altre un po’ me-

no, ma in perfetto stile puffo brontolone

li puffo … ehm … ne elenco un po’, quel-

le che mi vengono in mente

Io odio quando deve piovere

Io odio quando deve nevicare

Io odio quando arriva la bora

Io odio quand’è troppo umido

Io odio quando ci sono gli anticicloni del

caxxo con un caldo pazzesco

Io odio quando è bel tempo durante la

settimana e diventa brutto sabato e do-

menica

Io odio la mass start

Io odio l’acqua troppo fredda

Io odio quando all’ultimo minuto

rendono vietata la muta quando da

un anno ti immagini quella gara con

la muta

Io odio il giorno prima della gara che

sto aspettando

Io odio la notte prima della gara che

sto aspettando

Io odio non riuscire a ingurgitare la

colazione che vorrei la mattina dell’

ironman

Io odio la muta quando inizio a pren-

dere le botte in acqua, mi fa una co-

strizione pazzesca

Io odio quelli che ti toccano i piedi

nel nuoto, mi mettono ansia

Io odio quelli che nuotano davanti e

fanno zig-zag

Io odio quando si appannano gli oc-

chialini

Io odio quando per sbaglio respiro

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l’acqua clorata

Io odio il tappeto della zona cambio inzuppato

di pioggia fredda

Io odio quando non c’è il tappeto in zona cam-

bio

Io odio quando inizia a piovere proprio quando

inizia la frazione bici

Io odio le discese quando piove o sta piovendo

Io odio le discese con le curve

Io odio le discese

Io odio quando nelle gare no draft ti trovi lo

stupido al centro della strada e lo devi supera-

re, a sinistra invadi l’altra corsia a destra non si

potrebbe … in ogni caso rischi di essere ammo-

nito

Io odio la strada con le buche quando hai la

borraccia in mezzo alle appendici

Io odio le auto che suonano a chi va in bici

Io odio le auto che superano a 200 kmh chi va

in bici passando a 10cm

Io odio quando ai ristori ti danno l’acqua calda,

magari frizzante

Io odio dover maneggiare con gli attrezzi sulla

bici, di solito smonto bene e rimonto di merda

Io odio quando fa caldissimo e ti cade per sba-

glio l’unica borraccia che hai e la macchina die-

tro la centra in pieno distruggendola

Io odio quando in bici pensi di aver finito la

lunga e faticosa salita e uno spettatore ti urla

“dai che manca SOLO un chilometro!”

Io odio pensare alla frazione di corsa di un

ironman mentre sono a metà o verso la fine di

un lungo in bici

Io odio pensare che mi sono iscritto ad un iron-

man quando nel weekend sta piovendo, nevi-

cando o sono malato

Io odio quando il capo mi chiama 2 minuti pri-

ma della pausa pranzo (per me pausa allena-

mento)

Io odio i colleghi che fanno l’aperitivo 15 minu-

ti prima della mia pausa allenamento

Io odio i colleghi che vedendomi pronto per la

pausa allenamento (corsa) mi chiedono perché

prendo l’ascensore, soprattutto quelli obesi

Io odio quando corri e trovi quelli che passeg-

giano in tanti tutti in riga occupando tutto lo

spazio che c’è, e tu stai morendo dalla fatica

Io odio quando corri e trovi quello che passeg-

gia e che devia pian piano proprio dal lato do-

ve lo stai superando … poi tu cambi lato e lui

anche, sentendoti arrivare

Io odio quando corri e trovi quelli con il cane al

guinzaglio lungo 15 metri

Io odio quando corri e trovi quelli con il cane

senza guinzaglio

Io odio quando corri e trovi la cacca dei cani

non raccolta

Io odio quando puntualmente lo stesso tipo in

gara mi chiede superandomi nella corsa se ero

un marciatore ed io puntualmente gli rispondo

che ho SOLO le gambe a parentesi e che me lo

ha già chiesto nelle gare che gli elenco ogni

volta (più una)

Io odio accorgermi che la nuova scarpa da cor-

sa è la causa dell’infiammazione che mi fa be-

stemmiare

Io odio quelli che si presentano alle gare con

lenticolare, bici da 8000 euro, atteggiati come

pro e veloci come bradipi

Io odio gli age group pieni di spocchia

…forse ce la posso fare!

trifunlife.blogspot.com

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SW

IM

di STEFANOLACARASTRONG

8x50 PALETTE ELASTICO Chi ha fatto almeno una volta un esercizio di questo tipo in pi-scina sa perchè ne sto parlando.

Finirlo è una vittoria, un po' come ri-sorgere dall'acqua all'aria (cit. da "il tuffatore" di Flavio Giurato, sì il fra-tello di quell'altro...)

Per le persone normali che giusta-mente si chiedono cosa siano palette ed elastico (ma anche l'8x50...):

1.le palette non sono quelle per gio-care con il secchiello ma delle "pinne" per le mani che, a seconda della grandezza servono per miglio-rare forza, tecnica e presa in acqua

2.l'elastico è in effetti una fascia ela-stica che si mette alle caviglie, non permettendo alcun movimento, mi-gliorando di conseguenza la galleg-giabilità

...in teoria...

Solitamente l'elastico si usa con il pull buoy, il galleggiante che si mette tra le cosce, che garantisce perlomeno di mantenere le chiappe alzate.

In questo caso l'esercizio si fa senza pull buoy.

Fino ad ora avevo fatto questo tipo di esercizio solo con un 6x25 (sei vasche).

Appena ho letto sulla tabella del coach 8x50 ( otto volte DUE vasche) ho capito perchè c'era qualche metro in meno del solito...

Ecco quello che succede.

Ti dai la spinta e fai due bracciate.

Due.

Pensi "dai che forse ce la faccio"...

Poi le gambe si abbassano e diventi una L rovesciata, un aratro che ti penzola verticalmente in maniera ri-dicola.

E siamo solo a 15 metri.

A quel punto, mentre boccheggi, speri che non ti stia vedendo nessuno ma ti sembra di notare che tutti quanti ti stiano fis-sando e ridendo neanche troppo velatamente.

L'umiliazione completa di uno pseudonuotatore.

.

Page 23: Zona Cambio #6

Zona Cambio #5 - 23

BIK

E

Allenarmi d'inverno mi è sempre piaciuto, finché corre-

vo.

Uscire in bici col freddo è tutta un'altra storia.

Ti devi coprire bene, ma non troppo perché altrimenti

sei troppo impacciato nei movimenti minimi ma fonda-

mentali, girare la testa, muovere le braccia per segnala-

re cambi di direzione od ostacoli e cose di questo gene-

re.

Dunque ben coperto, ma...

Quando stai in salita e fatichi molto il sudore ti

'fracica' (voce del verbo fracicare) tutto, dalla maglia ai

pantaloni, o salopette che sia, fino ai calzini, e questo fa

in modo che, dopo una bella salitona, tutto il sudore ti

si ghiacci addosso nel momento in cui affronti la disce-

sona!

Tanto sali tanto scenni.

Il vento gelido trova ogni piccolo pertugio per gelarti

gambe braccia mani faccia e anche il pisello, si perché

l'aria fredda entra anche lì, provare per credere.

E allora non mi piace molto uscire in bici quando fa

freddo, lo devo ammettere, anche se poi, a fine uscita la

soddisfazione è tanta (mica posso pensare che sono un

pirla quando entro al calduccio di casa e vedo mia mo-

glie sul divano bere un bel caffè caldo appena fatto)

Al freddo è meglio, ma non i bici... di Gianluca “Master Runners” Simei

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Zona Cambio #5 - 24

RU

N

di Paolo “Ibiza 130” Scotti Diciamoci la verità, tranne alcuni rari casi, è

sempre stato così per tutti. La corsa non è mai

piaciuta a nessuno. Ogni anno il professore di

turno, alla ripresa dell’attività scolastica, iniziava

a massacrarci con la temutissima campestre, o

con quei 6 infiniti giri di pista.. 6 vi rendete con-

to??? Duemilaquattrocento infiniti metri. Solo i

più temerari si inventavano anche la 5000, ma

quelli erano pazzi, roba da atleti veri. Gli altri

cercavano scorciatoie, cercavano di mimetizzarsi

per saltare qualche giro, propinavano giustifica-

zioni assurde, o tanto di certificato medico che

attestava l’effetto devastante della corsa sul pro-

prio corpo.

Poi gli anni passano, la scuola finisce, gli sport si

alternano, a volte spariscono, ci si fidanza, ci si

sposa, si hanno dei figli.. insomma, si arriva ad

un punto che bisogna trovare qualcosa da fare

nel poco tempo libero (tanto solo i più fortunati

J ) Molti tornano all’odiata corsa perché magari

devono perdere qualche kilo messo su con il

tempo, gli aperitivi e il fancazzismo.. E questo è

stato anche il mio caso.

Quindi si va in un negozio qualsiasi, si prendono

in mano il primo paio si scarpe “da ginnastica”,

magari quel modello perché ha dei bei colori e lo

si può usare anche con i jeans, un paio di panta-

loncini e una maglietta o canotta, a seconda del-

la stagione. L’orologio non è indispensabile, sap-

piamo a spanne quanta è la distanza da casa no-

stra al nostro obiettivo da raggiungere e ci pro-

viamo. Dopo aver pensato e ripensato più volte

se davvero vogliamo uscire, o rimandare al gior-

no dopo, infiliamo il completino, che sicuramen-

te tira sulla pancia, e scendiamo in strada. Dopo

i primi 100 metri ci torna in mente perché abbia-

mo sempre odiato la corsa, e si insinua in noi la

consapevolezza che non potremo mai farcela, è

proprio faticosa, pallosa, uno strazio.. Ovvia-

mente l’obiettivo che ci eravamo posti era fuori

portata, quindi un po camminando, un po' cor-

ricchiando, torniamo tristemente a casa. Due

rapidi calcoli e capiamo che siamo veramente

fuori forma… a volte a livelli imbarazzanti. Qui ci

sono due strade, quelli che mollano subito, e

quelli che cercano di capire come fanno “gli al-

tri”. Allora inizia la ricerca in internet, e scopri un

mondo fatto di tabelle, scarpe, gps, recuperi,

tapasciate, test del moribondo… Test del mori-

bondo??? 10km sotto l’ora.. Impossibile, ma chi

mai può farcela? E qui inizia ad insinuarsi il tar-

lo.. e che cazzo, perché non ce la posso fare?

Tabella da zero a 10 km, è la mia, si parte. Inizi

pazientemente ad uscire a correre/camminare,

segui diligentemente quello che la tua tabellina

dice. Fai qualche corsetta decente, ti ritrovi

iscritto ad un forum, fai qualche corsetta con

amici vecchi e nuovi e qui arrivi al bivio.. O la

corsa ti fa veramente schifo, e ci può stare, o ti

piglia la malattia, l’amore incondizionato per la

sofferenza, inizi a scoprire la gioia di raggiungere

qualche traguardo, irrilevante come tempi e di-

stanze per molti, ma non ti importa, perché la

corsa è sempre e solo con se stessi. Inizi ad usci-

re anche se piove, nevica, o ci sono 40° all’om-

bra. Inizi ad alzarti la domenica mattina alle 6

per andare ad una tapasciata, e trovi che sia la

cosa più bella e appagante di questo mondo.

Conosci nuove persone, ti fai nuovi amici, par-

cheggiare ad un km da dove devi andare non ti

fa fare una piega, ti scordi di prendere l’ombrel-

lo perché stare sotto la pioggia inizia a piacerti,

RUNNING SUCKSRUNNING SUCKSRUNNING SUCKS

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Zona Cambio #5 - 25

RU

N

ogni volta che ti dicono una distanza la quanti-

fichi in minuti e non in km e viceversa. Se per

qualche motivo non riesci ad andare a correre

inizia lo sclero, se la cosa si protrae per due/tre

giorni iniziano i primi sintomi della crisi di asti-

nenza. Inizi a sentirti un runner, non uno jog-

ger con felpa sul culo e all star ai piedi (lelli kel-

ly per le femminucce), inizi a

salutare tutti gli altri runner che

incroci, perché sai che anche

loro stanno soffrendo come te,

fanno parte anche loro del tuo

gruppo. Ti iscrivi alle prime ga-

re, sfoggi le prime medaglie a

familiari ed amici, conservi i

pettorali come fossero sacre

reliquie. Ogni tanto ti infortuni,

ma dopo i primi incazzamenti

capisci che fa comunque parte

del gioco, e allora diversifichi,

un po di nuoto e un po' di bici..

Oh ma lo sapete che anche

nuoto e bici non sono male?

Com’è quella cosa di cui mi han

parlato? Triathlon? Fammi un po vedere in in-

ternet.. Oh ma lo sai che ha il suo perché? Per-

ché non proviamo? Da quel momento in mac-

china hai sempre un borsone per la piscina,

pronto a qualsiasi evenienza, e per essere pro-

prio tranquilli ci butti dentro anche un paio di

scarpette per correre ed un completino.. si sa

mai chi becco in giro… Prime garette dove in-

dossi quel body che farebbe vergognare tutti,

ma sei nel gruppo, sei un triatleta, ti senti in-

vincibile. Aumenti anche qui le distanze, ti alle-

ni ad orari assurdi per non sacrificare troppo

tempo con la famiglia, ti iscrivi con molta pau-

ra al primo mezzo ironman e lo concludi, con

un tempo non certo da favola, ma solo passare

la finish line ti fa sentire un mezzo dio. Ovvia-

mente non sto dicendo che sia sempre rose e

fiori, tutti quelli che corrono o nuotano o fan-

no bici non è che non facciano fatica, anzi.. Ma

è il saper apprezzare questa sana fatica, è il

sorriso e la soddisfazione che si hanno alla fine

di ogni allenamento, anche se si è stanchi

morti. Costanza e determinazione. Il calare di

peso sarà solo una conseguenza, non sarà più

il vostro obiettivo, non si correrà più

per perdere un kilo, ma per oltre-

passare una riga, per raggiungere

un limite, per sentirsi vivi.

Dicevamo che la corsa non piace a

nessuno? Ma per piacere! La corsa

è bellissima!! Non si può vivere sen-

za. Quand’è la prossima gara? Qual

è la prossima sfida? E si perché poi

si inizia ad alzare il tiro, poi non ci si

accontenta.. Poi ti rimangono im-

presse in testa tante frasi, che po-

trebbero sembrare le solite frasette

motivazionali, ma che racchiudono

in se molte verità. La mia preferita e

che sento più mia in assoluto rimar-

rà per sempre questa: La sofferenza è mo-

mentanea, l’orgoglio dura per sempre!

Buone corse a tutti!

ibiza130.blogspot.it

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Zona Cambio #5 - 26

Cosa (NON) bisogna fare per preparare al meglio la stagione

’anno di chi fa gare di triathlon finisce sempre molto presto,

per molti già ad agosto o i primi giorni di settembre, sempre

che non abbiano uno slot per

Kona, ma non credo che sarà

mai il mio caso. E cosa si fa alla fine dell'anno?

Beh é semplice si vede quello che é andato be-

ne, cosa é andato storto e si cerca qualche so-

luzione, in altre parole si tirano le somme e si

cercano gli obiettivi.

Quindi nel mio caso:

1) ero stanco, ed invece di finire l'anno con la

mia prima maratona, a Firenze, decido di ripo-

sare un mese. Peccato che questo l'ho deciso a

fine settembre ed ho omaggiato la maratona di

Firenze di 80 euri, avevo incluso anche due bi-

glietti per il post gara party, anzi che l'hotel son

riuscito a farmelo rimborsare!

2) programmo le gare, peccato che già a

settembre quelle che voglio fare siano sold-

out...... Ne trovo una a inizio Maggio, la secon-

da......... a inizio marzo ancora non so quale potrà essere, i costi di iscrizione

ad un Ironman sono fuori di testa, e quest'anno non avendo calcolato la mia

recessione economica... Insomma in mezzo ad una strada.

3) decido di fare un'operazione che mi doveva dar piu' sollievo, e capita nel

momento migliore, il mese di pausa!!! pec-

cato che dopo un mese una complicazione

mi fa stare fermo un mese e mezzo!

4) il nuoto, volevo, e tuttora voglio migliora-

re, bene il mio club si allena in una piscina

da 50 m., un vero lusso, ti segue un allena-

tore, sopratutto per la tecnica, ci posso an-

dare anche 3 volte a settimana. Dopo un

mese vedo i primi miglioramenti, peccato

che nel mese e mezzo di stop forzato li per-

do tutti, e dopo quel mese e mezzo vedo

gente che andava come me ora mi da tre

vasche ogni 100 metri..... Tutto da rifare.....

5) quest'anno i lunghi in bici li faro' sempre

fuori, ha fatto giornate splendide fino ad

inizio febbraio, da quei giorni li, il sabato

(giorno del lungo in bici) fa sempre -38 gradi

al sole e minaccia di nevicare!

Ora sto bene, ma la cosa mi mette molta paura, cosa succederà??? E quando

succederà???

di M

arco B

ucci

thewaytomyfirstironman.blogspot.it

Page 27: Zona Cambio #6

Zona Cambio #5 - 27

« @MarcoSelicato

Le perle di MarcoLe perle di Marco

» Fare strada è importante. Fare strada è importante.

Farlo con le proprie forze Farlo con le proprie forze

lo è di più!lo è di più!

Page 28: Zona Cambio #6

Zona Cambio #5 - 28

IN PRINCIPIO ERA LA BICI di Guido “Gipsy” Esposito

Quante volte ci capita di sentire triathleti

fantasticare riguardo l'irrinunciabile, irriman-dabile, imprescindibile acquisto di una nuovis-sima, fantascientifica, super tecnologica “bicicletta da cronometro”?

Ebbene tutto ciò è una mistificazione, un vero e proprio atto di “lesa maestà” nei confronti delle proprie origini: quelle fantastiche mac-chine con telai aerodinamici, posizione in sel-la avanzata, ruote ad alto profilo e manubri e prolunghe dalle forme avveniristiche, sono biciclette da TRIATHLON!

Ma facciamo un passo indietro...

Correva l'anno 1984, e correva anche France-sco Moser: il campione trentino sul velodro-mo olimpico di Città del Messico conquistò il nuovo primato dell'ora (51.151km), detenuto all'epoca dal “cannibale” belga Eddy Merckx, utilizzando, oltre a nuove metodologie di alle-namento, un'innovativa bicicletta dotata di

ruote lenticolari di diametro differenziato (28” posteriore, 26” anteriore), sulla quale il ciclista assumeva una posizione in sella “a cu-neo”, con le braccia ben salde sul manubrio a “corna di bue”.

Al Giro d'Italia dello stesso anno, la Primavera successiva, Moser, nella conclusiva tappa a cronometro, grazie alla versione stradale del-la bici del record, riuscì a strappare la maglia rosa al compianto Laurent Fignon: questo cla-moroso successo fece sì che, nelle stagioni successive, tutti i professionisti adottarono tale tipologia di bicicletta nelle prove contro il tempo.

23 Gennaio 1984: è record per Moser Nel frattempo, sull'altra sponda dell'Atlantico, il neonato sport del Triathlon si preparava a portare una ventata di novità al mondo del ciclismo: fu così che Boone Lennon, triathleta con trascorsi negli sport invernali, si accorse che la posizione di uno sciatore impegnato in

una discesa libera era, dal punto di vista aero-dinamico, più efficiente di quella di Moser. Così le braccia dell'atleta in sella vennero spo-state dalle estremità della curva manubrio a due prolunghe dritte montate al centro della piega, in modo da assumere una posizione simile a quella tipica di un discesista.

Le potenzialità del nuovo manubrio non sfug-girono al due volte iridato Greg Lemond che lo utilizzò nella crono finale del Tour del 1989, conquistando la maglia gialla, ancora una vol-ta a spese del povero Fignon.

Greg Lemond vince la crono e fa suo il Tour 1989 Ma c'era ancora qualcosa di perfezionabile nella posizione dei ciclisti a cronometro e, di conseguenza, in quella dei triathleti: la posi-zione a cuneo era sì aerodinamica, ma l'ango-lo troppo chiuso tra busto e bacino non per-metteva un ottimale utilizzo della muscolatu-ra anteriore degli arti inferiori.

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Zona Cambio #5 - 29

Fu Dan Empfield, triathleta e biomeccanico, a trovare l'uovo di colombo: un telaio dal dise-gno simile a quello delle biciclette da corsa tradizionali, ma con un angolo tra il tubo pian-tone ed il piano orizzontale incrementato dai canonici 73° fino a 78°ed un tubo orizzontale di lunghezza conseguentemente ridotta, in modo da traslare in avanti la posizione dell'at-leta rispetto al movimento centrale; Empfield inoltre, per dare maggior rigidità alla struttu-ra, in particolare al carro posteriore (all'epoca i telai erano costruiti in tubi d'acciaio saldati), optò per l'adozione di entrambe le ruote da 26”, in luogo di quelle da 28”: era nato il vero e proprio telaio da triathlon.

Ray Browning ed il suo telaio con pian-tone a 78° e ruote da 26” Tutto ciò permetteva all'atleta di assumere una posizione aerodinamica e, al contempo, di poter scaricare sui pedali tutta la propria po-tenza; l'efficacia della nuova geometria con-sentiva inoltre ai triathleti di scendere dalla bici meno affaticati, ottenendo così anche mi-gliori tempi nella corsa.

Trascorsero alcune stagioni prima che il mon-do del ciclismo professionistico prendesse in considerazione il telaio da triathlon, tuttavia il suo utilizzo nelle crono al Giro d'Italia del 1995 diede un contributo decisivo al trionfo in rosa dello svizzero Tony Rominger.

Tony Rominger al Giro del 1995 La strada era dunque tracciata: nelle sta-gioni successive la geometria nata per il triathlon è divenuta lo standard di riferi-mento per le prove contro il tempo nel ciclismo; l'introduzione sempre più mas-siccia della fibra di carbonio nei telai ha consentito il ritorno alle ruote da 28”,

essendo venuti meno i difetti di rigidità delle strutture in acciaio, ma l'impulso decisivo è avvenuto solo grazie alla viva-cità dell'universo delle multidiscipline.

Quindi quando ammirate un nuovo bolide aerodinamico ricordatevi, non senza una punta d'orgoglio, che quella è una bicicletta da TRIATHLON.

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Zona Cambio #5 - 30

intervista ad

di stefanolacarastrong Edith NiederfrinigerEdith Niederfriniger

Edith "IRONFRINI" Niederfriniger è semplice-

mente un'istituzione del triathlon ITALIANO.

Campionessa europea long distance indivi-

duale ed a squadre nel 2003, ed italiana nel

2011, è un mito per chiunque pratichi la mul-

tidisciplina, soprattutto nelle distance endu-

rance. La sua eccellenza l'ha dimostrata, qua-

lora ce ne fosse bisogno, anche rispondendo

goliardicamente alle nostre domande, dove

ha dimostrato una simpatia degna della cam-

pionessa che è!

1.Perché stai perdendo tempo con doman-

de idiote Forse perché sono idiota uguale?

2.Qual è la domanda che non vorresti mai

che ti venisse fatta (naturalmente puoi non

rispondere dopo…) Ti senti piú tedesca o ita-

liana?Ma porcapaletta...con la Germania non

ho mai centrato niente di niente, anche se mi

chiamo Niederfriniger!!!!!

3.Qual è la cosa più buffa che ti è successa

in allenamento o in gara? Si é svitato il movi-

mento centrale e per tornare a casa ho fatto

30km pedalando 1x in avanti e 1x indietro per

non svitarlo completamente ahaha

4.(da Kipudda) Ma se anche in allenamento

ti scappa la pipì, la fai comunque dentro la

muta o no? Non sono capace a fare la pipi

mentre nuoto, quindi mi fermo, faccio finta di

pulire gli occhialini e faccio pipì...

5.(da Kipudda) Quanto tempo impieghi a

cambiare una camera d'aria? 4‘37“ con CO2

6.(da Eagleyes) Il ciclo ti ha mai dato proble-

mi in gara? quale ciclo? la crono o quella da

strada?

7. (da Beppe) Come ti regoli con l' alimen-

tazione in una giornata tipo di allenamento,

quante Kcal introduci? non conto le calorie,

basta che le ciotole siano belle piene!

8.Se fossi sicura che nessuno potesse ve-

derti, metteresti una purga nella borraccia

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Zona Cambio #5 - 31

delle tue avversarie? no MAI !!! metterei il

sonnifero

9.(da Semper Adamas) Il segreto della tua

longevità nel triathlon? Perchè le tue av-

versarie invecchiano e tu no?! E’ merito

delle mele altoatesine?!" No, birra Forst (e

non sono sponsorizzata)

10.Meglio la Play Station 3 o una partita a

briscola? Coccole per due...

11.La più grande scorrettezza che ti hanno

fatto in gara? solita mi$%&*a di scia sfega-

tata

12.(da Master Runners) Hai un gesto sca-

ramantico o un 'rituale' che fai prima della

partenza di una gara? no no , ho abbastan-

za da fare...

13.(da Master Runners) A cosa pensi

quando stai per tagliare il traguardo? final-

mente È FINITAAAAAAA, mai piú tutta sta

FATICAAAA

14.(da Sara) quale è stato il tuo primo

sport che hai praticato, anche non agoni-

stico? ginnastica artistica

15.(da Sara) Come reagiscono gli uomini

quando dici "io sono un ironman"??!!

veramente questa frase non l‘ho mai

detta

16.Qual è l’insulto peggiore che potreb-

bero farti? dirmi che faccio uso di sostan-

ze dopanti

17.(da nonno Fausto) Chi perde tempo a

fare triathlon, lo fa perché non ha niente

di meglio da fare? si proprio, é una gran

perdita di tempo, di tanto tempo!

18. Qual è il modo più buffo con cui

hanno storpiato il tuo cognome? quando

mi chiamano sul telefono di casa per ven-

dermi qualcosa e non riescono a leggere

il cognome dal foglio che hanno davan-

ti...“Si pronto...parlo con la signo-

ra...Ne...de...fiiiiingeee??“NO“ e metto

giú!!

19.La triathleta più stronza del circuito?

devo ancora scoprirla...

20. La gara più bella che hai fatto? azzz,

questa é difficile...vabbé...Kona :-)

21. Che ti dicono di solito quando vai a fare

la visita medica? Durante la visita dallo

pneumologo mi ha chiesto:“Ma lei fa ANCO-

RA agonismo?“ L‘avrei strozzato....

22. Come si supera una crisi in gara? Pen-

sando alla birra che ti aspetta dopo!

23. (da Loredana) Qual è la vacanza dei

tuoi sogni (Hawaii escluse…)? Non importa,

basta avere la persona giusta con me ;-)

24. Un saluto per il lettori…

INSPIRE&BELIEVE

www.edith-niederfriniger.it

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Zona Cambio #5 - 32

Officina Zen Officina Zen OVVERO L’ARTE DI INTOPARE” BICICLETTE ED ALTRE COSUCCE DELLA QUOTIDIANEITA’OVVERO L’ARTE DI INTOPARE” BICICLETTE ED ALTRE COSUCCE DELLA QUOTIDIANEITA’

di Giovanni Lazzari (vulgo Carlo)

Avvertenza: l’autore declina ogni responsabilità per quello che potrebbe accadere ad ispirarsi a quanto da lui

9 Perle del CiclismoZen9 Perle del CiclismoZen Ovvero: lo Zen e l’arte di osservare il mondo dal sellino (non in punta)Ovvero: lo Zen e l’arte di osservare il mondo dal sellino (non in punta)

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Zona Cambio #5 - 33

Facciamo convergere trenta raggi sul mozzo, ma è il foro centrale che rende utile la ruota.

Plasmiamo la creta per formare un reci-piente, ma è la cavità interna che rende utile il recipiente.

Apriamo porte e finestre nelle pareti di una casa: sono queste aperture che ren-dono utile la casa.

Perciò il pieno è utile, ma l’utilità essen-ziale appartiene al vuoto.

Lao-Tse - sec. VI A.C.

1- Quando pedali, non sei tu che ti sposti ma è la terra che si sposta sotto

di te.

E’ un invito a considerare la reciprocità di azione e reazione come nel caso delle attrazioni gravitarie e ed elettromagneti-che. Il sole attrae la Terra ma al contem-po la Terra, seppur con minore forza a causa della minore massa, attrae il Sole.

E’ uno stimolo ad osservare in modo al-ternativo la realtà interiore ed esteriore.

2-Vivi come una corsa in bicicletta: mangia bene ma non troppo, copriti ma non troppo, scegliti buoni attrezzi, solidi ma leggeri, circondati di buoni compagni, non crearti nemici, soffri

con intelligenza.

Nella vita, come in bicicletta, ogni detta-glio inutile diviene dannoso.

La cattiva scelta dei mezzi e dei compa-gni può rovinare l’esistenza, quando inve-ce scelte oculate possono renderla otti-male. In una corsa, per perdere basta sbagliare un solo aspetto: alimentazione, bicicletta, compagni di fuga, alleanze, tempistiche. La vita non da’ molte oppor-tunità in più rispetto al ciclismo.

3- La salita non potrà mai farti male come la discesa: guardati dalle cose

facili e apprezza le cose difficili.

Nella salita, per quanto dura non c’è ab-bastanza energia potenziale per creare un danno (a meno che l’energia potenzia-le non derivi dalla farmacia, come nel ca-so di Simpson sul Mount Ventoux nel 1967). In discesa, per quanto tutto possa sembrare più semplice, il potenziale ener-getico può trasformarsi in distruzione. Nella vita, i momenti difficili preparano a sostenere lo sforzo, a volte ancora mag-giore, che si incontrerà in futuro. Solo quando le cose sembrano andare a ruota libera, con facilità, allora gli urti possono diventare potenzialmente letali. ( 108 R.I.P.)

4- Il tuo mezzo non ti sopravanzi. La

bicicletta è il mezzo ma non il fine.

Gli strumenti devono essere adeguati alle necessità per non creare intralcio. Un surplus teorico (una bicicletta da profes-sionista ad un novello) non aumenta le possibilità ma ha spesso già comportato un dispendio energetico (es. lavoro per pagare la bicicletta) che ha sottratto tem-po e risorse per un reale miglioramento dell’individuo.

5- La bicicletta è una questione indivi-

duale che si affronta in gruppo.

La vita è una questione strettamente indi-viduale e intima, così come il ciclista può pedalare solo per se’. Solo con l’ottimiz-zazione degli individui si ottiene l'ottimiz-zazione della società (andatura del grup-po di ciclisti). In un gruppo (anche socia-le) ci sono sempre gli imboscati che si fanno portare dalla scia. La loro insuffi-cienza diviene però palese quando il gruppo sale qualcosa che è più lungo e impegnativo di un cavalcavia, rimanendo staccati (la difficoltà fa selezione). Può essere un’interessante riflessione sulla crisi economica e sociale di questi anni.

6-Il fine è il percorso, non il traguardo:

apprezza l’istante qui e ora.

Il traguardo è solo un prodotto della men-te parziale. Non esistono traguardi, esi-stono solo percorsi. L’esistenza è fluire

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Zona Cambio #5 - 34

continuo: Eraclito diceva che non ci si ba-gna mai due volte nello stesso fiume e il suo allievo gli contestò che addirittura non ci si bagna nemmeno una volta per-ché l’acqua che bagna il piede non è la stessa che bagna la caviglia...

Il traguardo inteso in senso assoluto rap-presenta la fine (in ogni senso), non il fi-ne. Come i monaci sovrappongono veli di sabbia colorata per settimane per creare i Mandala e appena terminato lo calpesta-no e ricominciano, il ciclista “illuminato” passa da un traguardo volante all’altro senza dargli importanza perché ciò che conta veramente è quello che ha capito di se stesso e del mondo ad ogni pedalata, ad ogni tornante, ad ogni mutare del pae-saggio e del cielo.

7- Se in una corsa soffri troppo hai co-

munque sbagliato corsa: la perfezione

arriva con la semplicità.

E’ un invito alla ricerca continua dell’e-

quilibrio interiore, volto a migliorare se

stessi e le proprie capacità.

L’energia impiegata nelle azioni deve es-

sere commisurata alle condizioni del mo-

mento in modo che l’azione scorra fluida

ed efficace. Il ciclista sottoallenato che

riesce con sforzi immani a rimanere nella

scia dei più forti, ha fatto scuola di volon-

tà ma rimane un ciclista sotto allenato,

perdendo il senso di equilibrio tra fine e

mezzo. Migliorando se stesso

(allenandosi meglio), ovvero perseguen-

do il fine reale, si avvicinerà alla perfezio-

ne e con minore sofferenza o sforzo ot-

terrà lo stesso risultato, avendo però fatto

un passo in avanti nella evoluzione per-

sonale.

8- Se cadi non dare colpa a cose ester-ne a te: è il tuo equilibrio che è venuto

a mancare, non quello del mondo.

Il ciclista scivola su una curva e rompe l’anca: non andava fortissimo ma non an-dava piano, era un buon discesista ma non aveva considerato che a Marzo , sul-le curve all’ombra, l’asfalto è velato dal muschio.

E’ facile ed umano addossare le colpe delle avversità a cause esterne. Se ognu-no riflettesse sulle proprie disgrazie in piena onestà, vedrebbe come cause reali la propria presunzione, l’ arroganza, l’er-rore di valutazione, la scelta inconsape-vole a causa del preconcetto, l’ostinata volontà nevrotica.

Anche dove sembra che il male venga solo dall’esterno esiste una piccola per-centuale di “concorso di colpa esistenzia-

le”, dura da accettare.

9-Non usare mai l’ultimo pignone nell’affrontare una salita sconosciuta. Conservalo perché non sai quando ini-

zierà la discesa.

Nelle situazioni difficili che spesso sono anche quelle di cui si ha meno esperien-za, il distacco permette di non utilizzare tutte le risorse di cui si dispone. Al con-tempo si compie esercizio di consapevo-lezza e autosufficienza, rinunciando alla soluzione di comodo a favore di una otti-mizzata gestione. La risorsa estrema di-viene quindi l’eccezione dalla quale ci si allontanerà sempre di più ma che rimarrà sempre e comunque disponibile senza essere usurata.

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Zona Cambio #5 - 35

I test di Zona CambioI test di Zona Cambio di Lucaone

Gu

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Durante un’eroica avventura in bicicon Stefano e Giorgio, ho capito di aver bisogno di un paio di guanti invernali.

Detto fatto.

Mio padre (generosissimo sponsor personale) mi ha prontamente fornito del materiale tecnico.

Il modello testato è l' Azuel della Caperlan.

Sono progettati per la pesca estrema ma puoi usarli come ti pare.

Indossati alla prima uscita hanno subito messo in luce tutte le loro eccezionali caratteristiche.

Pro

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Ottima sensibilità in frenata (disegno ultragrip per non farti scappare neanche una spigo-la).

Tre dita scopribili per pit-stop tipo F1 o per esche troppo vive.

Qualsiasi cosa a 9.95 € è sempre un affare!

Contro

Quando ti cola il naso stai attento che il velcro raschia da morire.

Se ti sudano le mani la rinomata traspirabilità del neoprene te le farà marcire.

Per chi ha le mani fredde tipo: "sei morto ma ancora non te ne sei accorto" sono vivamen-te raccomandati i sottoguanti.

Voi diffidenti sappiate che Il signor Shimano avrebbe sicuramente apprezzato il mio trasferimen-to tecnologico, infatti, produce anche attrezzature da pesca!!

APPROVED

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Zona Cambio #5 - 36

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Come tutti ben sappiamo, il Triathlon è

uno sport appartenente alla classe degli sport di

resistenza. Indipendentemente dalla distanza di gara

presa in considerazione, che si vada dalla distanza

Sprint fino alla distanza Ironman, il metabolismo aero-

bico risulta essere il meccanismo energetico principal-

mente coinvolto durante la pratica di tale sport.

Componente fondamentale per valutare la condizione

aerobica ed effettuare previsioni circa le potenzialità

in gara di un’atleta risulta essere senza dubbio la

VO2max; tuttavia, valutazioni fisiologiche a carichi sub

massimali devono essere ugualmente ritenute impor-

tanti e fondamentali negli sport di resistenza..

Sebbene il Triathlon è e deve essere considerato a

tutti gli effetti uno sport unico, e non la sommatoria di

tre discipline distinte, poco la ricerca può fare per pa-

ragonare un triatleta in senso stretto rispetto ad altre

tipologie di atleti. Ciò che invece è possibile fare nel

nostro caso, ossia nel caso dei triatleti, è quello di pa-

ragonarci ad atleti delle singole discipline. Sia ben

chiaro, tali paragoni non sono finalizzati a valutare se

un triatleta è più forte di un nuotatore, di un ciclista o

di un podista, bensì ciò l’obiettivo è quello di notare le

differenze e quindi delineare delle linee guida per pro-

grammare successivamente la periodizzazione e gli

allenamenti di essa facente parte.

Di seguito proviamo a riportare alcuni confronti. Seb-

bene studi e valori di riferimento considerati riguarda-

no atleti di elite nelle varie discipline, il tutto ci può far

capire quali sono le capacità importanti che un triat-

leta deve avere ed allenare per meglio riuscire in gara.

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Come abbiamo appena detto la VO2max è una

componente fondamentale negli sport di resisten-

za, tanto si può riscontrare che atleti di successo pre-

sentano alti valori di tale componente pari quasi il dop-

pio dell’atleta di livello amatoriale. Per valutare questa com-

ponente fisiologica si utilizzano diverse metodologie, ma

tutte hanno come comune indice di misura ml*Kg*min

(ossia ml di ossigeno consumato per kg di peso corporeo al

minuto, da parte del soggetto in questione.

Considerando la componente Vo2max si può affermare con

certezza che il triatleta presenta dei valori simili o comun-

que non notevolmente differenti rispetto nuotatori di mez-

zofondo (distanza tra i 400-800m).

Nel caso del ciclismo, occorre partire dalla certezza che cicli-

sti di alto livello presentano elevati valori di Vo2max rispetto

gli specialisti delle prove a cronometro; setta situazione vie-

ne riscontrata paragonando i ciclisti di corsa a tappe o in

linea con triatleti di lunga distanza; Valori simili o comunque

con differenze irrilevanti si riscontrano quando ad essere

confrontati sono triatleti su distanza olimpica. Qui occorre

considerare però un fattore importante che è quello della

SCIA e condotta nel gruppo in gara. Di qui possiamo capire

come nei triatleti su distanza olimpica si riscontrino elevati

valori di Vo2max rispetto triatleti di lunga distanza.

Nella corsa torniamo a valori assoluti di Vo2max molto simili

tra le due discipline. Infatti triatleti su distanza olimpica han-

no caratteristiche di Vo2max simili a specialisti di gare corte

(5-10km) così come triatleti Ironman hanno valori simili ai

maratoneti (sebbene il margine di differenza tende ad esse-

re maggiore in questo secondo caso).

Un altro valore importante da considerare nella fisiologia

del triatleta e la Soglia Anaerobica.

La Soglia Anaerobica indica l’intensità di esercizio oltre la

quale inizia ad accumularsi Acido Lattico, ossia ci indica una

linea immaginaria di passaggio dal metabolismo aerobico al

metabolismo anaerobico. Questo valore viene misurato in

mmol/l.

Tale parametro fisiologico è più difficile da indagare parago-

nando i triatleti e singoli specialisti, poiché entrano in gioco

altre variabili quali la massa corporea ed il gesto tecnico.

Appunto per questa difficoltà di paragone, poco interesse di

ricerca ha stimolato gli addetti ai lavori, infatti si hanno po-

chi lavori di comparazione. Nonostante tutto possiamo dire

che una grande differenza c’è tra i nuotatori ed i triatleti, in

quanto nei nuotatori si riscontra una capacità maggiore di

sviluppare velocità a parità di acido lattico accumulato. Nel

ciclismo e nella corsa invece i valori sostanzialmente sono

simili ed l’intensità di carico dove inizia ad accumularsi latta-

to non differisce in maniera significativa. Una valida spiega-

zione a tali similitudini (triatleti, ciclisti, podisti) e diversità

(triatleti contro nuotatori) la possiamo trovare nelle diffe-

rente composizione muscolari, ossia nelle tipologia di fibre

muscolari che compongono i distretti anatomici coinvolti

principalmente nelle singole discipline. A chiarimento di

questo è da capire che le fibre muscolari che compongono

la muscolatura degli arti inferiori nei triatleti, ciclisti e podi-

sti, risulta essere dal punto di vista molecolare molto simile,

con un elevate prevalenza delle Fibre Rosse (aerobiche). Nel

nuoto invece la composizione muscolare nella parte supe-

riore del corpo nel triatleta risulta essere maggiormente

differente di rispetto i nuotatori, nei primi infatti possiamo

notare una ridotta presenza di Fibre Bianche (anaerobiche)

rispetto i nuotatori puri.

Si può capire dunque quanto sia importante capire bene

cosa allenare, come allenarlo e in che periodo allenarlo,

quando ci si trova di fronte ad una preparazione fisica mira-

ta ad uno o più appuntamenti agonistici. Capire bene quali

sono le capacità condizionali che caratterizzano il nostro

sport, il perché stimolare maggiormente una capacità ri-

spetto ad altra, perché effettuare determinate tipologie di

lavori in periodi ben precisi della programmazione , sono

passi fondamentali da fare per poter ottenere e raggiungere

l’obiettivo prefissato.

Riassumendo il tutto possiamo dare alcune piccole conclu-

sioni:

- La Vo2max è un parametro fondamentale nel tria-

thlon per ottenere elevate prestazioni.

- I Triatleti che competono ad alto livello hanno ca-

ratteristiche fisiologiche molto simili agli specialisti delle

singole discipline.

Come possiamo sfruttare praticamente tutte queste nozioni

teoriche?

La risposta non è semplice e sicuramente non può essere

sintetizzata in poche righe o parole. Quello che però mi sen-

to di dire è che per quanto riguarda l’allenamento della fra-

zione sia di bici che di corsa, le metodiche utilizzate nelle

singole discipline sono perfettamente adatte a migliorare le

due singole frazioni nel triatleta, poiché come abbiamo visto

dal punto di vista fisiologico sono molto simili.

Per quanto riguarda il nuoto invece, sarebbe opportuno

differenziare la tipologia di allenamento e distinguerla da

quella prettamente finalizzata al nuoto rispetto al triathlon,

qui la motivazione fondamentale è data dalla diversità dal

punto di vista della diversità fisiologica delle due discipline.

Foto: www.bikelab.com.au

L’ang

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Zona Cambio #5 - 38

di Gianmarco “The Runningpitt” Pitteri

...Se invece siete interessati a capi-

re i meccanismi che permettono di adattare l’alimentazione in funzione

del tipo di allenamento, continuate pure la lettura...

Parliamo di allenamenti e di finalità diverse. Se siete interessati all’ali-

mentazione pre-gara (soprattutto se è lunga), rileggetevi il mio articolo

su “Zona Cambio 3”.

Prima di passare al “particolare” pe-

rò, una rinfrescata ai concetti gene-rali:

1) per muoversi, il nostro corpo uti-lizza carboidrati (glicogeno, presen-

te nel corpo per un massimo di circa

lo 0,7% del proprio peso), grassi (praticamente infiniti anche in atleti

al 5 % di grasso corporeo) e protei-ne;

2) a seconda dell’intensità dello sforzo e della sua durata, cambia la

percentuale di utilizzo: più l’intensi-tà è alta, più il consumo è sbilancia-

to sui carboidrati, più l’intensità è bassa, più entrano in gioco anche i

grassi. Le proteine hanno un’inci-denza minore, ed entrano in gioco

soprattutto quando lo sforzo è pro-lungato nel tempo;

3) la cosa fondamentale da tenere

sempre a mente è che in assenza di

Se siete tra quelli che si allenano tantissimo per Se siete tra quelli che si allenano tantissimo per

poter mangiare ancora di più... questo non è l’arti-poter mangiare ancora di più... questo non è l’arti-

colo che fa per voi!colo che fa per voi!

Mangiare per allenarsiMangiare per allenarsi e none non

(Allenarsi per mangiare…)(Allenarsi per mangiare…)

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Zona Cambio #5 - 39

carboidrati, i grassi non pos-

sono essere utilizzati: morale della favola, se finisco il glico-

geno, mi fermo (o poco via) anche se mi restano oltre 10

kg di grasso (il famoso muro del maratoneta).

Detto questo, quali sono le migliori strategie alimentari

per allenamenti di qualità? Quali per quelli di quantità?

Come combinare alimentazio-ne e allenamento per aumen-

tare la propria “potenza lipidi-ca”?

ALLENAMENTO DI QUALITÀ

L’ideale è cercare di arrivare all’allenamento con una buona

quantità di glicogeno, anche se non serve riempire il serba-

toio. L’errore in questi casi è mangiare troppo o troppo tar-

di, tenendo conto che il pasto più importante non è mai

quello immediatamente prece-dente all’allenamento. Per

esempio, per un allenamento al mattino, sono importanti il

pranzo e la cena del giorno prima. Per un allenamento al

pomeriggio, contano la cena

del giorno prima e la colazio-ne. In questi pasti, dare la

precedenza ad alimenti leggeri

e digeribili, inserendo in ogni pasto tutti i componenti

(carboidrati, proteine e gras-si). L’ultimo pasto completo va

fatto almeno cinque ore pri-ma, e deve essere a base di

carboidrati con poche proteine e pochissimi grassi. Preferire

cibi a basso e medio indice gli-cemico, in modo tale da tene-

re sotto controllo il carico gli-cemico totale del pasto. Qual-

che esempio: pasta integrale con il tonno, riso integrale col

pollo ecc. Se c’è meno tempo

(le classiche tre ore), più che di un pasto si tratta di una

merenda, quindi carboidrati a lento rilascio e quantità mini-

me.

ALLENAMENTO DI QUANTITÀ

Qui invece è importante parti-re a scorte piene o quasi. Ri-

leggetevi “Zona Cambio 3”!

AUMENTARE LA PROPRIA

“POTENZA LIPIDICA”

Il segreto dell’atleta di endu-

rance: riuscire a bruciare una buona percentuale di grassi,

mantenendo un buon ritmo.

Come si allena? Abituando l’organismo a lavorare in par-

ziale deplezione di glicogeno,

sforzandosi di procedere a rit-mi alti quando le risorse ener-

getiche sono al lumicino.

Come si ottiene? Principal-

mente in tre modi:

1) solo con l’allenamento: si

svolge una prima parte più lentamente, poi si aumenta il

ritmo avvicinandosi al ritmo gara. Esempio (per la corsa):

25 km di corsa lenta, 10/12 km a ritmo maratona, possi-

bilmente col finale in progres-sione;

2) solo con l’alimentazione: ci

si allena normalmente, ma ne-gli ultimi pasti precedenti l’al-

lenamento si mangia poco, so-prattutto includendo pochi

carboidrati nei vari pasti. Poi si parte con l’allenamento, che

non deve essere troppo lungo, ma abbastanza intenso;

3) combinando allenamento e alimentazione: si effettua un

allenamento di qualità, per esempio al pomeriggio. Per

cena, si consuma un pasto leggero, escludendo quasi del

tutto i carboidrati. Al mattino,

si parte per l’allenamento (che non deve essere troppo lun-

go!) senza fare colazione,

possibilmente cercando sem-pre una graduale progressione

di ritmo.

Fate attenzione nel provare le

diverse strategie e soprattutto a non abusarne! Il rischio è

ottenere più danni che bene-fici: allenarsi a lungo in deple-

zione di glicogeno fa impenna-re la produzione di cortisolo

(l’ormone dello stress), con tutto quello che ne consegue

(crisi di fame che si ripetono per giorni, difficoltà a recupe-

rare ecc.).

Quindi partite cauti e speri-mentate gradualmente. E so-

prattutto, curate molto bene il pasto post-allenamento, che

sarà uno dei prossimi argo-menti su “Zona Cambio”...

Comunque, anche senza at-tuare alcuna di queste strate-

gie, già il fatto di allenarsi giornalmente, includendo

spesso degli allenamenti lun-ghi, fa sì che l’organismo si

abitui a utilizzare una buona dose di grassi.

www.therunningpitt.com

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