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Augusto e il potere delle immagini di Paul Zanker Storia dell’arte Einaudi 1

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  • Augusto e il poteredelle immagini

    di Paul Zanker

    Storia dellarte Einaudi 1

  • Edizione di riferimento:Paul Zanker, Augusto e il potere delle immagini, trad. it. diFlavio Cuniberto, Einaudi, Torino 1989Titolo originale:Augustus und die Macht der Bilder C. H. Becksche Verlagsbuchhandlung (Oskar Beck),Mnchen 1987

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  • Indice

    Storia dellarte Einaudi 3

    Premessa 7

    Cenni bibliografici 11

    Introduzione 16

    capitolo primoImmagini contraddittorie. La repubblica al tramonto 11

    La statua onoraria e il nudo 22Contraddizioni nella forma e nel messaggio 25Propaganda famigliare e crisi della classe dirigente 28L'immagine urbana di Roma come specchiodella situazione politica e sociale 34La villa e la nascita della sfera privata 41

    capitolo secondoImmagini antagoniste. La lotta per il potere assoluto 46

    Divi filius 46Le statue trionfali del giovane Cesare 50Identificazioni mitologiche 57Le serie numismatiche di Ottaviano 67Le immagini problematiche di Antonio 70Antagonismo edilizio e variet formale 78Il Mausoleo 84

  • Indice

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    capitolo terzoLa grande svolta.I nuovi segni e il nuovo stile politico 89

    Il Foro come palcoscenico della famiglia Giulia 89I simboli della vittoria 89Il vincitore si ritira 92Res publica restituta 94Il titolo di Augusto e il nuovo ritratto 104

    capitolo quartoIl programma di rinnovamento culturale 108

    1. pietas 110Aurea Templa 113Nuovi programmi figurativi 119Feste e rituali 122Le alte cariche sacerdotali 126Sacerdozio e status sociale 131

    2. publica magnificentia 137Il princeps scende in campo contro il lusso privato 138Ville per il popolo 141La presenza della famiglia imperialenellimmagine urbana 145Applauso e ordine. Il teatro come luogo dincontrofra il princeps e il popolo 148Immagine urbana e ideologia 154

    3. mores maiorum 159La riforma dei costumi 159Il princeps come modello 162Toga e stola 165

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    capitolo quintoLo scenario mitico del nuovo Stato 168

    1. aurea aetas 169Si inaugura let delloro 169Fecondit e pienezza 175I tralci del paradiso 180Vittoria e pace 183

    2. il mito, la storia, il presente 190Dal mito di famiglia al mito di Stato 191Venere e Marte 193Enea e Romolo 198Unimmagine riveduta della storia romana 206

    3. principes iuventutis. il ruolo dei successorinel mito di stato 211

    Gli eredi e la stirpe di Venere 212Tiberio e Druso generali dellimpero 218Tiberio come successore 221Il ruolo di Giove 224

    capitolo sestoIl linguaggio formale del nuovo mito 233

    Il riutilizzo degli originali classici e arcaici 235Il significato sacrale della forma arcaica 237Le implicazioni morali della forma classica 239Composizioni atticiste 244Il valore simbolico della citazione 247

  • Indice

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    capitolo settimoLe nuove immagini e la vita privata 254

    Moda e lealismo 255La privatizzazione del messaggio 261Gusto e mentalit 265Proiezioni bucoliche 270Mentalit e autorappresentazione 274

    capitolo ottavoLa diffusione del mito imperiale 279

    La reazione dei Greci 279Le citt fanno a gara nel culto dellimperatore 285Il culto imperiale in Occidente 290Le lites urbane e il programma augusteo 296Marmo e autocoscienza 302

    Conclusione 311

    Note 318

  • Premessa

    Larchitettura e le arti figurative rispecchiano lostato di una societ e i suoi sistemi di valori ma anche isuoi momenti di trasformazione e di crisi. Tuttavia,come noto, difficile analizzare determinate opere dar-te quali testimonianze storiche di uno specifico messag-gio. Questo libro intende mostrare come un mutamen-to di sistema politico possa condurre allo sviluppo di unnuovo linguaggio visivo, che riflette e nello stesso tempocondiziona in modo essenziale levoluzione della men-talit. Secondo gli orientamenti moderni della ricerca cisiamo interrogati anzitutto sui moventi sociali e il con-testo psicologico dei processi di trasformazione. Laforma dellopera darte non sar allora meno interes-sante del suo contenuto: perch lo stile a sua voltauna testimonianza storica complessa.

    Poche volte nella storia le arti furono messe al ser-vizio del potere politico in modo cos diretto come nel-let augustea. Le immagini dei poeti e degli artisti par-lano di un mondo felice, in cui un grande sovrano gover-na in pace un impero universale. E come dimostra nonda ultimo la pubblicit, che continua a utilizzarle, alcu-ne di queste immagini conservano ancora intatto il pro-prio potere di suggestione.

    A unimmagine canonica e idealizzata dellarte augu-stea si arriv solo negli anni trenta. La sistemazioneurbanistica della Roma fascista, con i suoi restauri e i

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  • suoi lavori di scavo, port per la prima volta alla luce,o perlomeno a conoscenza dei contemporanei, monu-menti importanti come il Mausoleo e il Foro di Augu-sto, il Teatro di Marcello e lAra Pacis. Fatalmente, lecelebrazioni per il secondo millennio della nascita diAugusto, nel 1937, indussero il regime e i suoi sosteni-tori pi o meno convinti a utilizzare larte romana nelsuo insieme, e in particolare quella augustea, nel quadrodi una estetizzazione del nuovo potere e dei suoi mega-lomani progetti imperiali. E in una forma o nellaltra lanostra visione dellarte augustea ancora condizionatadallimmagine fissata in quegli anni. vero, peraltro,che la figura di Augusto aveva avuto i suoi critici findall antichit, e non solo di parte repubblicana comeTacito, Voltaire, Gibbon e Mommsen. Anche negli annitrenta non mancano le voci contrastanti, come il cele-bre libro di Ronald Syme, The Roman Revolution, pub-blicato in Inghilterra nel 1939. Purtroppo, nel sugge-stivo capitolo The Organisation of Opinion larte elarchitettura sono del tutto trascurate, e anche oggi diffusa convinzione fra gli storici che le opere darteabbiano un puro interesse estetico: buon materiale perlibri illustrati, ma privo di un valore documentario auto-nomo rispetto alle fonti scritte. Un atteggiamento, que-sto, a cui hanno contribuito non poco anche gli storicidellarte e gli archeologi con le loro interpretazioniimmanenti allopera stessa e il loro disinteresse per ilcontesto storico delle opere figurative.

    Quando non si limita a riprendere i panegirici augu-stei degli anni trenta, dopo la seconda guerra mondialela ricerca si concentra significativamente su problemi dinatura formale. Soprattutto nellarcheologia tedesca,dominata dallidea della superiorit dellarte greca, ilvalore dellarte augustea viene ricondotto al suo classi-cismo e alla sua qualit artigianale. Il significato atem-porale di quellarte deriverebbe come anche nel caso

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  • di un Virgilio o di un Orazio dalla sua capacit di rin-novare e trasmettere le forme greche, nonostante la fun-zione politica delle sue opere. In Italia, lillustre archeo-logo di formazione marxista Ranuccio Bianchi Bandi-nelli contestava invece il significato storico dellarteaugustea proprio a causa del suo classicismo, visto comelespressione di un sistema politico reazionario. A par-tire dalla fine degli anni sessanta, e riprendendo le ricer-che di Ronald Syme e Andreas Alfldi, linteresse deglistudiosi si sposta sul valore propagandistico dei messag-gi figurativi, alla ricerca peraltro infruttuosa di occultestrategie di potere.

    Negli ultimi anni linteresse per Augusto e la suaepoca ha conosciuto uno sviluppo straordinario: soprat-tutto in Germania, negli Stati Uniti e in Inghilterra sisvolgono regolarmente convegni di studi, mentre ledi-toria contribuisce non solo con pubblicazioni specializ-zate o rivolte agli addetti, ma anche con libri son-tuosamente illustrati e destinati a un pubblico piampio. A Berlino si sta preparando attualmente unagrande mostra sul tema. Si tratta solo di una tipica ten-denza postmoderna, conformemente allinteressegenerale per tutto ci che classico? O entra in giocoanche il fascino di una societ tranquilla e ordinata, delsovrano dal volto umano, capace di garantire benesseree sicurezza per tutti, mecenate della poesia e dellarchi-tettura e tutore, insieme, di una severa moralit?

    Il presente volume riprende e sviluppa i temi delleJerome Lectures da me tenute tra il 1983 e il 1984 adAnn Arbor e alla American Academy di Roma. Senza lastimolante esperienza di quelle lezioni non avrei trova-to il coraggio necessario per pubblicare questo lavoro disintesi. Gli inviti rivoltimi dallInstitute for AdvancedStudy di Princeton (1982) e dal Wolfson College diOxford (1985) mi hanno consentito di approfondire epoi di portare a termine la ricerca. Colgo loccasione per

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  • esprimere la mia gratitudine a questi Istituti e ai colle-ghi, in particolare a P. H. von Blanckenhagen, J.dArms, G. Bowersock, J. Griffin, Ch. Habicht, D.Scott, D. e H. Thompson, Z. Yavetz. Devo anche moltoal seminario organizzato a Oxford da F. Millar, con lapartecipazione degli studiosi locali.

    Gli stimoli, gli aiuti e gli incoraggiamenti che ho rice-vuto nei lunghi anni della mia ricerca sono cos molte-plici che mi impossibile sciogliere qui tutti i miei debi-ti di gratitudine. Vorrei per almeno ricordare gli amici,i colleghi e gli studenti di Monaco per i loro preziosiaiuti e suggerimenti, e in particolare Ch. Meier e H. vonHesberg, ma anche O. Drger, D. Lauenstein, M. Pfan-ner e R. Senff.

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  • Cenni bibliografici.

    Dobbiamo qui limitarci a una serie di indicazioni schematiche. Perla bibliografia pi recente cfr. le utili informazioni contenute in D. Kie-nast, Augustus, Darmstadt 1982. Per uno sguardo panoramico, cfr. oraN. Hannestad, Roman Art and Imperial Policy, Aarhus 1986, la cui riccabibliografia pu servire come utile integrazione alla nostra. Il volumericcamente illustrato di E. Simon, Augustus, Kunst und Leben in Romum die Zeitenwende, Mnchen 1986, dove la materia suddivisa pergeneri, uscito mentre il nostro libro era in corso di stampa. Ricor-diamo infine il recentissimo Kaiser Augustus und die verlorene Republik,catalogo della mostra allestita a Berlino nel 1988.

    Le sigle e le abbreviazioni sono, di regola, quelle del DeutschesArchologisches Institut (cfr. Archologischer Anzeiger, 1985, pp.757 sgg.).

    Per lindice delle illustrazioni e dati relativi, cfr. oltre, pp.XI-XXVIII.

    Abbreviazioni e sigle pi usate.

    AA Archologischer Anzeiger.ABr P. Arndt e F. Bruckmann (a cura di), Griechi-

    sche und Rmische Portrts.ActaAArtHist Acta ad archaeologiam et artium historiam

    pertinentia.AJA American journal of Archaeology.AM Mitteilungen des Deutschen Archologischen

    Instituts, Athenische Abteilung.ANRW Aufstieg und Niedergang der rmischen Welt.App., Bell. civ. Appiano, Bella civilia.ArchCl Archeologia classica.Asc. in Cic., Scaur. Asconio, commentario a Cicerone, Pro Scauro.Aug., De Civ. Dei Agostino, De Civitate Dei.

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  • BCH Bulletin de correspondance hellnique.BdA Bollettino darte.BJb Bonner Jahrbcher des Rheinischen Landes-

    museums in Bonn und des Vereins von Alter-tumsfreunden im Rheinlande.

    BSR Papers of the Britisch School at Rome.BullCom Bullettino della Commissione archeologicacomunale di Roma.Cass. Dio. Cassio Dionigi.Cic. Cicerone. Att. Epistulae ad Atticum. De or. De oratore. Leg. agr. De Lege agraria. Mur. Pro Murena. Phil. Orationes Philippicae. Rab. Post. Pro Rabiro Postumo. Tusc. Tusculanae disputationes.CIL Corpus Inscriptionum Latinarum.Coarelli, Foro I-II F. Coarelli, Il Foro Romano, 2 voll., Roma

    1984.Crawford Crawford, Roman Republican Coinage, London

    1974.CVA Corpus Vasorum Antiquorum.Fittschen-Zanker I K. Fittschen e P. Zanker, Katalog der rmisc-

    ben Portrts in den capitolinischen Sammlangen,1985, vol. I.

    Dio. Cass. Dione Cassio.Dion. Hal. Dionigi di Alicarnasso. Ant. Rom. Antiqaitates Romanae. Vett. orat. De veteribus oratoribus.Flor. Floro.Front., Aqu. Frontino, De aquae ductu urbis Romae.Gell. Gellio.Giard J.-B. Giard, Bibliothque Nationale. Catalogue

    des Monnaies de lEmpire Romain, Paris 1976,vol. I.

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  • Gros, Aurea Templa P. Gros, Aurea Templa. Recherches sur larchi-tecture religieuse de Rome lpoque dAuguste,Roma 1976.

    Guida Ruesch A. Ruesch, Guida illustrata del Museo Nazionaledi Napoli, Napoli 1908.

    Gymnasium Gymnasium. Zeitschrift fr Kultur derAntike und humanistische Bildung.

    Helbig I-IV W. Helbig, Fhrer durch die ffentlichen Samm-lungen klassischer Altertmer in Rom, vol. I(1963); vol. II(1966); vol. III (1969); vol. IV(1972).

    HBr P. Hermann, Denkmler der Malerei des Alter-tums.

    Hist. Aug., Alex. Sev. Historia Augusta, Alessandro Severo.Hlscher, Victoria T. Hlscher, Victoria Romana, Mainz 1967.Hlscher, Staatsdenkmal T. Hlscher, Staatsdenkmal und Publikum,

    Konstanz 1984.Hor. Orazio. Ars Ars poetica. Carm. Carmina. Ep. Epistulae. Epod. Epodi. Sat. Satirae.IG Inscriptiones Graecae.IstMitt Istanbuler Mitteilungen.JdI Jahrbuch des Deutschen Archologischen

    Instituts.Jos. Flavio Giuseppe. Ant. Jud. Antiqaitates Judaicae. Bell. Jud. Bellum Judaicum.JRS The Journal of Roman Studies.Katalog Berlin Kaiser Augustas und die verlorene Republik, Ber-

    lin 1988.Kienast D. Kienast, Augustus, Darmstadt 1982.Liv. Livio.Luc. Lucano.

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  • MemAmAc Memoires of the American Academy inRome.

    MdI Mitteilungen des Deutschen ArchologischenInstituts.

    MEFRA Mlanges de lEcole franaise de Rome, Anti-quit.

    MM Madrider Mitteilungen.MuM Mnzen und Medaillen AG Basel.Nash, Bildlexikon E. Nash, Bildlexikon zur Topographie des

    antiken Rom, vol. I (1961); vol. II (1962).Nep., Att. Nepote, Atticus.NSc Notizie degli Scavi di antichit.Niggeler MuM Auktion, 1966, parte seconda.Ov. Ovidio. Ars am. Ars amatoria. Fast. Fasti. Pont. Epistulae ex Ponto. Trist. Tristia.Platner-Ashby S. B. Platner, A Topographical Dictionary of

    Ancient Rome, 1929.Phil., Leg. Filone, Legatio ad Gaium.Plin., Nat. hist. Plinio, Naturalis historia.Plut. Plutarco. Ant. Antonius. Ant. et Dem. Antonius et Demetrius. Cat. Mai. Cato Maior. Crass. Crassus. Mor. Moralia. Sert. Sertorius.Prop. Properzio.Quint. Quintiliano.RE Paulys Realencyclopdie der classischen Alter-

    tumswissenschaft. Neue Bearbeitung.RevNum Revue Numismatique.RIA Rivista dellIstituto nazionale dArcheologia

    e storia dellarte.

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  • RM Mitteilungen des Deutschen ArchologischenInstituts. Rmische Abteilung.

    Schneider R. M. Schneider, Bunte Barbaren, Worms1986.Sen. Seneca. De ben. De beneficiis. Ep. Epistulae.Serv. in Verg., Ecl. Servio, commentario a Virgilio, Egloghe.Strab. Strabone.Suet. Svetonio. Aug. Divus Augustus. Claud. Divus Claudius. Iul. Divus Iulius. Vita Hor. Vita Horatii.Tac. Tacito. Ann. Annales. Dial. Dialogus de oratoribus.Tert., De spect. Tertulliano, De spectaculis.Torelli M. Torelli, Typology and Structure of Roman

    Historical Reliefs, Ann Arbor 1982.Val. Max. Valerio Massimo.Vell. Pat. Velleio Patercolo.Verg. Virgilio. Aen. Eneide. Ecl. Egloghe.Vitr. Vitruvio.Zanker, Apollontempel P. Zanker, Der Apollontempel auf dem Palatin,

    in Analecta Romana, supplemento X (1983),pp. 21-40.

    Zanker 1983 P. Zanker, Zur Bildnisreprsentation fhrenderMnner in mittelitalischen und campanischenStdten zur Zeit der spten Republik und juli-sch-claudischen Kaiser, in aa.vv., Les bourgeoi-sies municipales italiennes aux IIe et Ier sicles av.J.-C., Napoli e Paris 1983, pp. 251-56.

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  • AUGUSTO E IL POTERE DELLE IMMAGINI

    per Dorothea

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  • Introduzione

    Quando il Senato romano si riun per deliberaresulle onoranze funebri di Augusto, uno dei senatori pro-pose che lintera epoca del defunto imperatore venissechiamata saeculum Augustum e accolta cos nel ca-lendario (Suet., Aug. 1oo). Per quanto la proposta potes-se nascere da motivi opportunistici, la sensazione diaver attraversato una svolta epocale era allora diffusis-sima. Dopo gli oscuri decenni delle guerre civili, Romaera vissuta per quarantacinque anni nella pace e nellasicurezza: la monarchia aveva dato finalmente unam-ministrazione ordinata allImperium, una disciplina alle-sercito, pane e giochi alla plebs e un grande slancioalleconomia. Il Romano guardava ora al suo imperocon una forte coscienza della propria missione morale.Ma agli inizi del potere assoluto augusteo (31 a. C.)regnava il pessimismo: molti ritenevano che lo Stato,travolto dalla propria immoralit, fosse sullorlo dellarovina. Come si giunse allora a un cos drastico muta-mento di clima, che grazie allopera dei poeti augusteiavrebbe condizionato limmagine futura del saeculumAugustum?

    La cultura romana segnata in modo decisivo dalrapido processo di ellenizzazione iniziato nel secondosecolo a. C. con la conquista dellOriente greco, una

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  • societ dalla struttura ancora arcaica si trov sommersadalla cultura del mondo ellenistico, e i vincitori, diver-samente da quanto suole accadere, dovevano portarne alungo le conseguenze: Graecia capta ferum victoremcepit et artis intulit agresti Latio (Hor., Ep. II 1, 156).

    Le ripercussioni sulle abitudini di vita, la religione,la morale, la mentalit furono enormi. Il contrasto fra imores maiorum e quella che i conservatori avrebbero pre-sto demonizzato come luxuria non poteva essere pigrande. Da un lato, nelle citt greche, uno stile di vitaimprontato a una raffinata cultura, le splendide sceno-grafie del potere monarchico, la tradizione della culturaclassica ateniese, le scuole filosofiche, il pensiero razio-nale, ma anche i culti misterici per soddisfare le esigenzereligiose pi individuali; dallaltro, una religione arcaica,tagliata su misura per un popolo di contadini e inscindi-bilmente connessa alla sfera politica, i solidi legami delleantiche famiglie patriarcali, uno stile di vita semplice equasi immutato da molte generazioni, una cultura po-vera, senza lettere e senza immagini. Non c da stupir-si che lincontro/scontro fra due mondi cos diversi potes-se scatenare conflitti e insicurezze profonde.

    Tanto pi che il processo di ellenizzazione si svol-geva in una societ esposta a rapidi mutamenti politicie nella capitale di un impero oppressa da un enorme cari-co amministrativo. Le vittorie militari e lespansioneeconomica avevano portato a una grande concentrazio-ne di ricchezza e di beni fondiari nelle mani di pochi,alla fuga dalle campagne e alla formazione di grandimasse urbanizzate. I grandi eserciti professionali ave-vano creato nuove forme di clientela, cos da attribuireai generali vittoriosi un potere politico parallelo a quel-lo dello Stato. Il tumultuoso evolversi delle situazionipatrimoniali rendeva pi labili le tradizionali barriere diclasse: nuovi gruppi in rapida ascesa, come gli alti fun-zionari delle citt italiche e i ricchi liberti, premevano

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  • per ottenere un riconoscimento e il diritto di partecipa-re alla vita politica. Ne nacque un antagonismo genera-lizzato, la cui posta in gioco non era pi, come nella vec-chia aristocrazia, il servizio della res publica, ma il pri-mato personale e linteresse economico.

    La rapida importazione dei modelli greci e delleimmagini greche svolse in questi processi un ruoloimportante. Alle famiglie romane gi ellenizzate, soprat-tutto a quelle dei generali trionfatori, esse offrivanouna cornice efficace in cui mettere in scena il propriocosmopolitismo e le proprie ambizioni politiche. Ma sumolti contemporanei quelle immagini avevano un effet-to irritante: troppo forte era il loro contrasto con la tra-dizione. I valori tradizionali e antimoderni si cristallizza-rono nella nota ideologia della romanit e dello Statoromano: ideologia che si trovava per spesso smentitanei fatti. Il primo capitolo del libro intende mostrarecome le immagini importate dalla Grecia non solo ab-biano rispecchiato quei processi di dissoluzione, maabbiano contribuito alla crisi del tradizionale sistema divalori. Senza questo sfondo, senza cio il potere distrut-tivo delle immagini, il nuovo linguaggio visuale delletaugustea resterebbe incomprensibile.

    Dopo il tramonto definitivo della vecchia res publi-ca durante le lotte per il potere tra Cesare e Pompeo, epoi tra Ottaviano e Antonio, i Romani cominciarono ainterrogarsi sulle cause di quel generale disorientamento,e ne addossarono la colpa in primo luogo allabbandonodegli antichi di e dei patrii costumi (mores maiorum). Imotivi strutturali rimanevano oscuri. Ma la visione diunantica Roma semplice e devota,

    di una classe politica disinteressata e di un popolocontadino pronto al sacrificio visione elaborata peral-tro nei palazzi sontuosi della capitale rimase vuotaretorica di fronte alla realt delle cose. I tumultuosimutamenti delle ultime generazioni avevano reso pro-

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  • blematica non solo la res publica ma la sua stessa iden-tit culturale.

    Dopo aver raggiunto il potere assoluto (31 a. C.),Augusto si misur punto per punto con i problemi evi-denziati dagli slogan conservatori. Con un programmaculturale di ampio respiro, perseguito con coerenzalungo un arco di oltre ventanni, egli si propose, e otten-ne nei fatti, un sostanziale rinnovamento della menta-lit collettiva. Ai fasti celebrativi dei grandi generalioppose il culto del sovrano eletto dagli di; allo scandalodel lusso privato, un programma di grandiose opere pub-bliche (publica magnificentia); allindifferenza religiosa eallimmoralit, una campagna di rinnovamento religio-so e morale (pietas e mores).

    Un programma del genere richiedeva un nuovo lin-guaggio figurativo. Si tratter dunque di esaminare icomplessi rapporti tra linstaurazione della monarchia,la riforma della societ e i mutamenti avvenuti nellasfera delle immagini e nellintero sistema della comuni-cazione visiva. Le esperienze moderne hanno fatto ipo-tizzare in questo caso lesistenza di un preciso apparatopropagandistico, che per non ci fu. Quello che ci appa-re, a posteriori, come un raffinato sistema di propa-ganda, risult da un intreccio fra le iniziative celebrati-ve del sovrano e gli omaggi pi o meno spontanei offer-tigli dalla popolazione: un processo che non sembraobbedire, in gran parte, ad alcuna regia occulta. E sitratter di mostrare come i soggetti coinvolti nellela-borazione del nuovo linguaggio abbiano contribuito aquel processo, e quali interessi e vincoli sociali abbianogiocato nella sua diffusione.

    Se in seguito parleremo sempre di mondo e dilinguaggio figurativo o visivo, sar appunto per sot-tolineare che lobiettivo primario del lavoro non lin-terpretazione dei singoli monumenti: sono gi statidescritti e analizzati abbastanza spesso, e in un tono che

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  • ricorda non di rado i panegirici dei poeti augustei. Quelche mi interessa , invece, linsieme delle immagini e illoro effetto sui Romani del tempo. E per immaginiintendo qui non solo le opere darte, gli edifici e levisioni poetiche, ma anche i rituali religiosi, labbiglia-mento, le cerimonie di Stato e gli atteggiamenti delsovrano: insomma tutte le forme di rapporto socialesuscettibili di assumere una valenza visiva. Quello chemi interessa sono i rapporti tra le immagini e il loroeffetto sullosservatore.

    Un mondo figurativo cos inteso rispecchia lo statointeriore di una societ e permette di cogliere aspetti del-limmaginario contemporaneo di cui spesso non rimanetraccia nelle fonti letterarie.

    Il potere delle immagini si concretizza secondo unoschema circolare: anche i potenti finiscono per soggia-cere alla suggestione dei propri simboli. Sono i loro stes-si slogan, e naturalmente quelli degli avversari, a con-dizionare in modo decisivo la loro identit e il lororuolo. Quanto ai destinatari, le immagini non si ridu-cono affatto a semplici portatori di un messaggio poli-tico: anche in questo caso, e si tratter di farlo vedere,esse vengono via via interiorizzate e usate come espres-sione di virt e di valori personali.

    Il significato delle immagini in epoca augustea nonconsiste per tanto nel fatto di pubblicizzare la monar-chia: cosa che sarebbe stata pressoch superflua rispet-to al popolo e inefficace rispetto allaristocrazia repub-blicana. Senza le legioni e le enormi ricchezze persona-li di Augusto le immagini non sarebbero servite a nulla.Ma la loro efficacia a lungo termine sulla mentalit gene-rale rappresenta un fattore storico di cospicua impor-tanza. Determinati valori, come il programma di rinno-vamento religioso, acquistarono realt solo attraverso lavastissima cassa di risonanza del linguaggio figurativo.Ma, soprattutto, attraverso le immagini pot prendere

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  • forma un mito imperiale e statale dalla semplice fisio-nomia eziologica e capace di imporsi come una realtautonoma rispetto alle circostanze storiche effettive.Un mito capace di filtrare la realt stessa e di produrreper intere generazioni la certezza di vivere nel miglioredegli Stati possibili e nella pienezza dei tempi.

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  • Capitolo primo

    Immagini contraddittorie.La repubblica al tramonto

    La statua onoraria e il nudo.

    Quando, ancora nella prima met del II secolo a. C.,fu eretta a Roma una magnifica statua di bronzo inonore di un grande generale, probabile che la suacompleta nudit abbia avuto un effetto assai irritantesulla maggior parte dei Romani del tempo. Nella suafisicit poderosa la statua un tipico esempio di arteellenistica: la figura sembra richiamare il celebre Ales-sandro con la lancia di Lisippo, mentre il taglio deicapelli e della barba e lespressione appassionata fannopensare ai ritratti dei sovrani macedoni. Ma se la sta-tua del tutto simile a quella di un dinasta macedonee proviene da una bottega greca, lassenza della fasciaregale mostra che non si tratta di un re ellenistico bens,evidentemente, di un Romano, forse anzi di un vinci-tore dei re macedoni.

    Nel mondo ellenistico una statua del genere servi-va a celebrare virt e qualit sovrumane: la nudit e lafigura eretta ricordavano le statue degli di o degli eroi,stabilendo un confronto tra il soggetto raffigurato e imodelli familiari della mitologia. Ma la tradizione roma-na non conosceva questo tipo di confronto e di esalta-zione personale. La statua celebrativa tipica della respublica era, fin dallantico, la statua togata, ed erano gliattributi e i contrassegni della toga stessa a qualificare

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  • il soggetto nelle sue funzioni politiche o sacerdotali,ossia come console, pretore, augure e cos via. Lasobriet e legualitarismo delle statue togate rispec-chiava la rigida disciplina politica delle magistratureannuali. Il controllo reciproco fra i membri della clas-se aristocratica non consentiva alcuna speciale esalta-zione dei meriti individuali n tanto meno una cele-brazione di qualit sovrumane. Anche il generale vit-torioso riceveva una statua togata, e perfino in caso ditrionfo non veniva raffigurato in armi ma con la togatrionfale, come imponeva la rigida separazione degliambiti domi e militiae. Temendo che i grandi potes-sero sfruttare politicamente la propria gloria militare,il Senato non permise finch fu padrone delle suedecisioni che venissero erette statue equestri o lori-cate, comera invece consuetudine per i sovrani e igenerali ellenistici. Silla, che tante norme aveva tra-sgredito, fu significativamente il primo a cui il Senatoabbia fatto erigere nel Foro un monumento equestreufficiale. I senatori non potevano per impedire chequeste statue di maniera ellenistica venissero, ad esem-pio, dedicate privatamente in un santuario a scopo voti-vo, come aveva fatto gi nel 209 a. C. Quinto FabioMassimo, erigendo la propria statua equestre in Cam-pidoglio accanto al colosso di Ercole proveniente dallacampagna tarentina (e da lui consacrato).

    Gi in epoca piuttosto antica troviamo dunque, nelcuore stesso della vita politica, un linguaggio figurativocontraddittorio. Ma se le statue ellenistiche con cavalloe armatura, e malgrado laura carismatica, potevanoancora m qualche misura conciliarsi con la tradizione inquanto omaggio per un servizio reso militarmente allapatria, una statua nuda doveva apparire inconcepibile eurtante, almeno agli inizi del processo di ellenizzazione.

    Per gli avversari politici che capivano il linguaggiogreco dellapoteosi, la prestanza fisica della statua era

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  • una sfida intollerabile, ma la massa dei Romani nonancora ellenizzati non poteva vedervi altro che un og-getto immorale. Intorno al 150 a. C. la nudit era anco-ra per molti Romani un segno di impudicizia: si raccontadi Catone il Vecchio che, seguendo il costume degliantichi, evitasse di fare il bagno insieme al figlio e aigeneri perch si vergognava di stare nudo davanti aloro (Plut., Cat. Mai. 20). Ma la nudit era anzituttoun segno di immoralit greca: Allinizio del malco-stume [e qui si intende lomosessualit greca] c il denu-darsi davanti ai concittadini. il parere del poeta En-nio, morto nel 169 a. C. (Cic., Tusc. 4,70).

    possibile che questi nudi fossero dono, in un primotempo, di cittadini greci, desiderosi di rendere omaggioai nuovi potenti comerano abituati a fare coi loro re,senza alcuna intenzione provocatoria: ma ci presuppo-neva se non altro lapprovazione degli interessati.Numerosi monumenti testimoniano poi con quale rapi-dit si sia diffusa a Roma limmagine del condottieroeroico e carismatico. I grandi che erano stati in Orien-te avevano assimilato in fretta lo spirito dellellenismo,e chi era stato onorato e venerato come un re rimanevasensibile anche a Roma al nuovo altisonante linguaggiofigurativo. Non a caso il Senato romano apparve aiGreci come unassemblea di re. Nel corso del II e del Isecolo a. C. Roma stessa si riemp di stranieri prove-nienti dallOriente, soprattutto schiavi affrancati, e lafolla che nel 44 a. C. divinizz Cesare appena assassi-nato, offrendogli sacrifici, non aveva pi nulla a che farecon i contadini del II secolo a. C., che il servizio milita-re e il sistema latifondista allontanava dai loro campi.

    In che misura le vittorie e il potere modificassero lamentalit dei grandi risulta da un passo di ValerioMassimo sullhomo novus Gaio Mario, che pure venivada una famiglia di austeri costumi:

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  • Dopo il trionfo su Giugurta ed i Cimbri beveva sempre inun cantaro, perch si diceva che Dioniso, guidando dallA-sia il suo corteo dopo il trionfo in India, avesse usato un boc-cale di questo tipo: cos a ogni sorso di vino poteva con-frontare le sue vittorie con quelle del dio (Val. Max., III 6,6).

    E che la massa fosse favorevole alla nuova mentalitlo dimostrano ad esempio gli onori tributati negli annisettanta a Quinto Cecilio Metello il Pio per i suoi mode-sti successi contro Sertorio in Spagna:

    Le citt lo accolsero con sacrifici ed altari. Egli si facevamettere corone sul capo e prendeva parte a sontuosi ban-chetti dove brindava indossando la toga trionfale, mentrespeciali congegni gli facevano scendere sulla testa figure al-legoriche della Vittoria nellatto di porgere corone e tro-fei, e cori di fanciulli e di donne cantavano inni di vitto-ria in suo onore (Plut., Sert. 22).

    Lo spettacolo dei condottieri romani era insommadecisamente provocatorio. Oltre alle testimonianze ico-nografiche, dobbiamo mettere nel conto i rituali e lemessinscene: lintero stile di vita dei romani filellenidiventava una sfida per i tradizionalisti. E se a Roma leleggi senatorie contro il lusso e le spese eccessive (sump-tus) riuscirono ad arginare per qualche tempo la nuovamoda, nulla potevano contro la rapida ellenizzazionedella sfera privata, soprattutto nelle ville: dove molticelebravano feste ispirate a un senso dionisiaco dellavita, si facevano iniziare ai Misteri e ne immortalavanoil ricordo nelle proprie case.

    Contraddizioni nella forma e nel messaggio.

    Il mondo figurativo della tarda repubblica era pivario e artisticamente molto pi suggestivo dellarte di

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  • epoca imperiale, regolata da una rigida disciplina diStato. Lincontro fra i ricchi committenti romani, sti-molati dal forte antagonismo sociale e dal desiderio diautoaffermazione, e la consumata abilit degli artistiellenistici, cre una situazione del tutto particolare. vero per che se oggi ne avvertiamo il grande fascinoformale, nel contesto specifico della Roma di allora quel-le immagini devono aver parlato un linguaggio assai con-traddittorio. Le nuove statue celebrative ne sono unbuon esempio.

    I sovrani ellenistici esercitavano un potere illimita-to, e gli artisti esprimevano questa aura sovrumana raf-figurandoli come gli di e gli eroi. A Roma, invece,anche il pi fortunato dei condottieri doveva rientrarenei ranghi una volta deposto il suo incarico, e nonimporta se si sentiva ancora baciato dalla grazia. Gliattributi delle statue celebrative non corrispondevanodunque alla situazione reale. Eppure, non solo i generalitrionfatori ma anche personaggi di secondo piano e sem-plici magistrati di provincia furono presto contagiati dalnuovo linguaggio. Allepoca di Cesare, sulle piazze delmercato delle citt romane si potevano ammirare le sta-tue dei notabili locali, nudi o in armatura, coi muscolitesi e in atteggiamenti pieni di pathos. Il risultato del-luso inflazionato di queste nuove immagini fu che essepersero il loro significato originario, riducendosi a vaghisimboli di successo. Per tradurre in immagini un fortemessaggio di potere occorrevano pertanto iniziative sem-pre pi dispendiose: occorreva moltiplicare il numerodelle statue e accrescerne le dimensioni.

    In una situazione di questo genere anche gli esiti for-mali non erano privi di contraddizioni. Come mostra lastatua in bronzo conservata al Museo delle Terme, in unprimo tempo era stato ripreso lo stile patetico dei ritrat-ti di sovrani ellenistici, ma poich questo stile non siadattava alle tradizioni della nobilt romana, col suo

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  • culto dellanzianit e i suoi modi austeri, si impose pocoalla volta un ritratto di tipo realistico. Gli artisti greciche ritraevano i membri dellaristocrazia romana posse-devano da tempo buone conoscenze anatomiche, ma nelcampo del ritratto le avevano utilizzate fino ad alloracon una certa parsimonia. A distoglierli da questa tra-dizione fu la mentalit dei loro nuovi committentiromani, e in particolare la crescente rivalit personale trai vari aristocratici che assegnava un peso sempre mag-giore al singolo con le sue particolari mansioni e le suepeculiarit: di qui probabilmente la sete di ritratti capa-ci di fissare quel che di unico e di inconfondibile vi eranel singolo individuo. Ad ogni modo, mai nellAnti-chit si ebbe una rappresentazione cos accurata delcarattere individuale come nella Roma del I secolo a. C.Si consideri soltanto il distacco ironico del ritratto diCesare, il volto probo di Pompeo o lenergica durezzadel ricco Crasso, e si pensi per contrasto ai ritratti uffi-ciali, dallespressione impersonale e standardizzata, ditarda et augustea. La presenza fisica immediata trion-fava allora su ogni norma estetica: ci si faceva raffigu-rare con la massima naturalezza, magri o grassi, giova-ni o vecchi, magari sdentati, calvi o con qualche verru-ca. Nella maggior parte di questi ritratti lespressione rigida e severa, ma non vi per il resto alcuna valoriz-zazione in senso etico o estetico, n alcun richiamo amodelli esemplari come pi tardi in et imperiale. Se daun lato questo realismo rispecchia lemanciparsi del sin-golo da un rigido sistema di valori, il contrasto fra laquotidianit di queste fisionomie e limponenza eroicadelle figure statuarie tradisce tutta la distanza fra lin-genua ripresa dei modelli stranieri e le esigenze affattodiverse della realt romana.

    Anche i ritratti sono per colpiti, non di rado, dallastessa contraddizione, e se da un lato si vuole fissare lapeculiarit di un volto, si pretende poi di conferirgli un

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  • certo pathos eroico con la ripresa di moduli ellenistici.Cos il ciuffo di capelli sulla fronte di Pompeo ci ricor-da con evidenza lampante che il personaggio raffigura-to si considerava, dopo le sue vittorie, un nuovo Ales-sandro. Probabilmente Pompeo si era proprio fatto pet-tinare cos, come si vedeva nelle raffigurazioni del Mace-done: il taglio dei capelli (anastole) traduce per cos direin immagine il titolo di Magnus che appunto ad Ales-sandro si richiamava. Durante il corteo trionfale, delresto, il venticinquenne Pompeo aveva indossato la cla-mide di Alessandro in luogo della rituale toga picta, eaveva tentato di entrare in Roma su un carro trainatoda elefanti (con scarso successo, perch la Portatriumphalis era troppo stretta e Pompeo aveva dovutoproseguire su un tiro di cavalli). Qui la concreta formaartistica a rispecchiare un contrasto di valori: da un latolammirazione per le grandi figure carismatiche delmondo ellenistico, dallaltro la volont di restare fedelialla repubblica, e la preoccupazione di ridurre i gran-di a semplici servitori dello Stato. Davvero curiosa eincongrua quella chioma leonina sulla borghese probitdel volto di Pompeo!

    Il caso di Pompeo non comunque uneccezione.Nel ritratto di un vecchio sdentato, conservato a Caglia-ri, il particolare cos poco eroico della bocca serrataforma un contrasto non meno stridente con lambizio-sa capigliatura. Anche nel ritratto di Ottaviano Augu-sto giovinetto, lespressione segnata e nervosa appare innetto contrasto col pathos del portamento.

    Propaganda famigliare e crisi della classe dirigente.

    Contraddizioni stilistiche, ridondanza di contenuti,ambiguit e difficolt di comprensione sono aspetti sin-tomatici anche in altri settori dellarte politica. Per

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  • quanto riguarda larte ufficiale della tarda repubblica, ilproblema stato studiato a fondo da Tonio Hlscher, eanche qui le immagini e lo stile figurativo appaiono unospecchio fedele della situazione sociale e politica.Seguendo liconografia numismatica dalla fine del IIsecolo in avanti, possibile vedere come emergano sem-pre pi in primo piano gli interessi personali dei vari fun-zionari della Zecca. Fino ad allora le monete portavanoeffigi pressoch costanti, con cui non solo il Senato malintera cittadinanza poteva identificarsi (ad esempioDioniso, i Dioscuri, la dea Roma, Giove Vittorioso,bottini di guerra). Ora invece i giovani nobili sfrutta-vano il loro incarico annuale presso la Zecca (che rap-presentava linizio della carriera politica) per celebrarele glorie di famiglia, o anche, pi tardi, i propri (spessoinsignificanti) meriti personali. Cos ad esempio, alle-poca della dittatura di Silla, un certo Gaio ManilioLimetano usa entrambe le facce di una moneta per van-tare secondo la moda del tempo lorigine della sua fami-glia niente meno che dal dio Ermes e dal suo presuntofiglio Odisseo. Ma troviamo qualcosa di simile anche inuno dei maggiori monumenti ufficiali dellet tardorepubblicana, la cosiddetta base di Enobarbo di Mona-co e Parigi: un grande rilievo votivo in cui un censoredella fine del ii secolo fa ritrarre il sacrificio rituale cele-brato al termine della sua magistratura. La scena sareb-be molto realistica se non fosse per la presenza del dioMarte, in contrasto con la religiosit romana tradizio-nale, e conforme invece al linguaggio iconografico deibassorilievi votivi greci. Negli altri tre scomparti delbasamento si veniva poi trasportati senzaltro nel mondodel mito greco: una scena rappresenta il carro nuziale diPoseidone e Anfitrite, circondato da uno splendido cor-teo di ninfe e tritoni. La raffigurazione, di una spicca-ta sensualit e di qualit artistica molto superiore allascena del census, proveniva da una bottega greca o del-

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  • lAsia Minore e venne riutilizzata dal censore per il suomonumento votivo: viene interpretata perlopi comeunallusione a una vittoria navale del censore, ma piprobabile che la scena nuziale tuttaltro che guerresca intendesse celebrare lorigine della sua famiglia dal diodel mare.

    Troviamo qui due sistemi di valori affatto diversi:lalbero genealogico e le immagini seducenti del mitogreco sono, per il nostro magistrato, non meno impor-tanti dei suoi meriti politici. Anche ammesso che per luie per i Romani colti del tempo la cosa non costituisse unproblema, la massa della popolazione non poteva certovedervi un richiamo allaustera moralit dellanticaRoma repubblicana. Ma per le famiglie ellenizzate legenealogie mitologiche erano molto pi che un purogioco di societ: esse davano un contributo importanteallimmagine pubblica dei Romani grecomani, che sen-tivano cos di appartenere in tutto e per tutto al mondogreco e non dovevano pi vergognarsi delle proprie ori-gini. Ma perch quelle Nereidi impudiche e quei Trito-ni lascivi? Esporre queste immagini in un pubblicomonumento consacrato alla rappresentazione di unrituale ufficiale non doveva apparire provocatorio? Nonsi correva il rischio di esaltare quel singolo personaggiomolto al di l dei suoi meriti di funzionario investito diuna magistratura annuale?

    Non tutti i nobili potevano fregiarsi di ascendenzemitiche o storiche cosi universalmente note o far conia-re monete che rimandavano a Bruto o a Marcello, o aifamosi edifici che i loro antenati avevano fatto costrui-re nella citt. In molti casi leffigie risultava compren-sibile ed efficace solo nelle cerchie ristrette delle fami-glie antagoniste. Gi la decifrazione delle lunghe scrit-te, a volte estremamente abbreviate, richiedeva una pre-cisa conoscenza della storia di famiglia. Qualche segnoisolato e astratto poteva alludere ad avvenimenti molto

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  • lontani nel tempo e poco conosciuti, e in ogni caso moltedi quelle monete coperte di fitte indicazioni telegrafichenon facevano riferimento a un orizzonte storico collet-tivo.

    Era ormai raro il caso che leffigie di una monetaoffrisse un sostegno alla res publica vacillante. Per capi-re fino a che punto i funzionari potessero allontanarsidal terreno politico si pu citare lesempio di QuintoPomponio Musa, che nel 66 a. C. fece coniare una seriedi ben dieci denari con leffigie di Apollo sul recto e quel-la dellErcole Musagete e delle nove muse sul verso, etutto questo al solo scopo di richiamare lattenzione sulsuo bel nome. Sono esempi che converr tenere presen-ti per meglio valutare il significato delle monete augu-stee, dove al contrario ogni effigie intende propaganda-re lo Stato e la sua guida.

    Un chiaro sintomo della crisi sociale in atto verso lafine della repubblica che il bisogno di affermazionepersonale e il generale antagonismo portarono ovunquea forme di esibizionismo eccessive, anche da parte digente che non poteva n voleva aspirare a un successosociale. Quella che era in origine una gara dellaristo-crazia al servizio dello Stato degener in una febbriledimostrazione di ricchezza e di successo: per quantomodesto fosse il palcoscenico sociale che si poteva uti-lizzare allo scopo.

    Ne sono un esempio considerevole le dispendiosecostruzioni funerarie che negli ultimi decenni dellarepubblica e ancora in et augustea si allinearono sem-pre pi numerose lungo le grandi vie daccesso alla cit-t. I liberti benestanti, orgogliosi della propria cittadi-nanza romana e della libert acquisita anche per i lorofamigliari, si facevano raffigurare con la toga e assiemeai loro parenti sulle tombe di famiglia fatte costruire sulmargine delle strade. Il fornaio Eurisace, anche lui unoschiavo affrancato, si vantava invece del suo successo

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  • professionale come fosse un servizio reso all0 Stato.Messe le mani su un terreno molto in vista in un cro-cicchio vicino alla citt, escogit per la sua tomba unasoluzione originale: la costruzione formata da alti cilin-dri verticali la cui forma ricorda quella dei granai usatidal fornaio. Il fregio vanta invece il suo sistema razio-nale di panificazione.

    A questo livello sociale la rivalit e lesibizionismo di fronte ai conoscenti o ai colleghi di corporazione aveva ancora un significato. Ma per le grandi famiglie del-laristocrazia senatoria molto spesso non era pi cos: sitrattava di famiglie enormemente ricche, ma ormai esclu-se dalla lotta per il potere. Di fronte a Pompeo e Cesa-re, Antonio e Ottaviano, la maggior parte dei nobili nonaveva pi alcuna chance. significativo che una delletombe pi monumentali degli anni intorno al 30 a. C. siastata costruita per una matrona il cui prestigio socialeconsisteva unicamente nellessere la figlia di un consoledi antica famiglia aristocratica e la moglie di uno degliuomini pi ricchi di Roma, il figlio di Gaio Crasso.

    caeciliae q. cretici f. metellae crassi: cos suonala breve iscrizione, sicura della universale popolarit diquei nomi. La tomba fu costruita su un leggero rialzo delterreno in uno dei punti pi suggestivi della via Appia.Si compone di tre parti: uno zoccolo quadrato, una tor-re cilindrica (che ha forse il significato di un altare cir-colare) e un tumulus oggi scomparso che doveva ricor-dare i tumuli di et arcaica e sottolineare cos lanticaorigine della famiglia. Lo zoccolo e il cilindro servivanocome sostegno trionfale del tumulo, che era la parteparlante della tomba. Come decorazione fu scelto untrofeo di armi celtiche, che doveva ricordare i modestisuccessi militari, di cui certo i contemporanei non sape-vano nulla, riportati dal marito come questore di Cesa-re nelle Gallie.

    Lesempio fa vedere come lesibizionismo della vec-

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  • chia classe dirigente fosse ormai dispendioso e gratuito:si commemorava un membro qualsiasi della famiglia,privo di meriti personali, e che poteva tuttal pi richia-mare alla memoria quelli degli antenati o dei parenti.Qui, come anche in altri casi, forma e messaggio si con-traddicono in modo decisamente grottesco: solo pochianni prima che venisse costruito il Mausoleo di CeciliaMetella il Senato aveva fatto erigere per il console Irziocaduto in battaglia per la res publica, un monumentofunebre che appare al confronto quasi insignificante. Ilmerito e il prestigio acquisiti nellambito del tradizionalecursus honorum non avevano pi ormai alcun riscontronel linguaggio monumentale.

    Anche le forme architettoniche dei monumenti fune-bri sono gi di per s eloquenti. Il bisogno ossessivo diprimeggiare port a sfruttare tutte le possibilit offertedal linguaggio dellarchitettura celebrativa. Oltre alleforme consuete dellaedicula, dellaltare e del tempio, siritorn ai tumuli arcaici e perfino alle piramidi, si imi-tarono monumenti commemorativi e facciate di palaz-zi. Chi puntava sulle dimensioni del monumento, chiinvece sullaccumulo degli elementi architettonici. Nelmonumento sepolcrale dei Giulii a St-Rmy in Proven-za si trovano sovrapposti non meno di tre elementidiversi: su uno zoccolo a forma di altare si innalza unarco trionfale (quadrifrons), e su questo un tempietto cir-colare con le statue dei defunti, che in questo ibridocomplesso risultano quasi invisibili agli sguardi dei pas-santi. Laccumulo estremo di elementi formali finiscequi per rendere poco chiara la funzione specifica delmonumento.

    Questo eclettismo formale senzaltro di derivazio-ne ellenistica, ma il suo sviluppo ipertrofico, e pi anco-ra laffollarsi delle costruzioni lungo le vie daccesso aRoma o ad altre citt italiche, un motivo caratteristicodella societ tardo repubblicana. Vedremo come questa

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  • situazione interessi ancora i primi edifici monumentalidellet augustea, per poi cedere il passo a un nuovoordine di cui anche il linguaggio figurativo sar unamanifestazione.

    Limmagine urbana di Roma come specchiodella situazione politica e sociale.

    Prima della svolta augustea anche limmagine urba-na di Roma doveva fornire uno specchio sconcertantedella situazione politica e sociale. Lesperienza quoti-diana ci insegna lenorme valore simbolico degli edifici,pubblici o privati che siano, delle strade e delle piazze:limmagine complessiva di una citt in una certa situa-zione storica rappresenta un coerente sistema di comu-nicazione visiva, in grado di influenzare gli abitantianche a livello inconscio per il fatto stesso della suacontinua presenza. Allepoca delle guerre sociali e civi-li, delle proscrizioni e delle lotte di potere, e sullo sfon-do di continui disordini e scontri di piazza, laspettourbano di Roma deve aver parlato ai contemporanei unlinguaggio poco rassicurante. Naturalmente le impres-sioni mutavano con la prospettiva: vista da una villa, peresempio dallattuale Pincio, la citt mostrava un aspet-to diverso dai quartieri affollatissimi del centro, con iloro isolati tetri, angusti e marcescenti.

    A partire dalla dittatura di Silla il lusso delle abita-zioni private incominci a dilagare in modo sfrenatoanche a Roma e il contrasto ricchezza/povert segnpi profondamente limmagine urbana. Davanti allemura sorsero ville sontuose come i giardini di Lucullo(sullattuale Pincio), il cui magnifico prospetto a colon-nati sovrapposti non aveva molto da invidiare ai granditempli a terrazza tardo repubblicani delle citt laziali.Chi abitava nelle brutte e strette vie (Cic., Leg. agr.

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  • II 96), rese ancora pi buie dalle costruzioni aggettantia mo di balcone, e durante la visita mattutina avevanegli occhi la grandezza e lo splendore dei palazzi urba-ni di uno Scauro (Plin., Nat. hist. 36,6) o di un Vedio,nei cui atrii si raccoglievano ogni mattina centinaia diclienti per il saluto al patronus (Vitr., VI 5,2), poteva toc-care con mano la distanza fra ricco e povero. La cresci-ta rapidissima della popolazione aveva scatenato ovun-que la fame di case e la speculazione immobiliare. La-bitudine di costruire edifici troppo stretti e troppo altisu fondamenta esigue e con materiali scadenti provoca-va crolli e incendi quasi quotidiani (Plut., Crass. 2) efaceva di alcuni quartieri della citt vecchia, come lefamigerate insulae di Marco Crasso, altrettanti focolai diinstabilit sociale. In questo dedalo di tortuose viuzze igrandi palazzi sorgevano come piccole citt murate.

    La situazione edilizia della citt non corrispondevaaffatto al suo rango di capitale. Gi alla corte di FilippoV di Macedonia (intorno al 182 a. C.) laspetto misero eantiquato di Roma era oggetto di battute scherzose (Liv.,40,5,7), ma anche centocinquantanni pi tardi la suaimmagine urbana non poteva in alcun modo competerecon le citt greche dellOriente. Mentre le antiche cittdella Campania e del Lazio (come ad esempio Capua,Tivoli, Palestrina) facevano a gara da tempo nella costru-zione di splendidi santuari, di moderni edifici pubblici,di strade e piazze, ed era spesso laristocrazia locale aprendersi cura dellaspetto urbano, la situazione di Romaera ulteriormente peggiorata. Ormai da decenni noncera nessuno, n il Senato n i vari grandi, che aves-se una veduta dinsieme della citt. Nel II secolo a. C. ilSenato aveva ancora tenuto a freno lespandersi del lussoprivato, mentre i magistrati provvedevano ai problemipi urgenti posti dalla rapida crescita urbana: vennerocostruiti magazzini per i cereali, condotte idriche, stra-de, ponti e basiliche, centri della nuova vita economica

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  • internazionale. Anche i vecchi templi erano stati rinno-vati con una certa regolarit. Ma dalle prime grandi crisiinterne allepoca dei Gracchi (133-121 a. C.) i lavori direstauro nei templi e negli edifici pubblici furono inter-rotti, e soprattutto si rinunci a elaborare un coerentepiano urbanistico. Non un caso che quando Cesare,poco prima di morire, si pose il problema della situazio-ne edilizia della citt, i suoi progetti sconfinassero subi-to nellutopia: quella di canalizzare il Tevere, di costrui-re un teatro gigantesco sul fianco del Campidoglio versoil Campo Marzio, e unintera nuova citt ellenistica, constrade ad angolo retto, piazze e marciapiedi. Pensava evi-dentemente che la vecchia Roma non si potesse pi sal-vare (Suet., Iul. 44; Cic., Att. XIII 33a,I).

    Anche questo stato di cose fu una conseguenza delrapido processo di acculturazione. Fin dalla met del IIsecolo i grandi generali cercavano sempre nuove occa-sioni per mettersi in mostra e gesti di facile presa dema-gogica. Ma elaborare un piano organico di sviluppo urba-no o provvedere agli impianti idrici e ai sistemi di cana-lizzazione sarebbe stata unimpresa lunga e poco spetta-colare. Anche il restauro dei vecchi templi non offrivagrandi opportunit di gloria personale, tanto pi che inquesti casi occorreva rispettare precise norme religiose.Daltra parte il Senato si opponeva per motivi politici emorali alla costruzione di grandi edifici per il tempo libe-ro, come i teatri e le terme: si volevano evitare quelleassemblee e manifestazioni popolari a sfondo politicoche erano usuali nei teatri greci. Il Senato permise sol-tanto la costruzione di effimeri teatri di legno in occa-sione delle grandi feste religiose, e poich le masse nondovevano ricevere uneducazione alla greca che le espo-nesse al pericolo dellozio, non si parla a Roma di ginnasio di pubbliche terme come quelle che gli abitanti dellecitt campane conoscevano gi nel il secolo a. C. Latti-vit edilizia dei grandi si limit pertanto in larga misu-

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  • ra alla sfera privata, sviluppandosi soprattutto nellaforma dei monumenti votivi, consacrati perlopi in pri-vato solo (su un fondo privato) a una divinit protettri-ce. Si trattava spesso di costruzioni imponenti, giacchla finalit votiva poteva giustificare qualsiasi forma diautocelebrazione. Anche un intero teatro poteva cosrispondere a una destinazione religiosa: quando Pompeo,nel 57 a. C., os costruire il primo grande teatro, nono-stante il suo enorme peso politico ritenne ancora neces-sario giustificare la poderosa cavea come base dappog-gio per il piccolo tempio dedicato alla sua patrona Ve-nere Vittrice (Tert., De spect. 10).

    Se il Senato pot impedire per alcune generazioniche privati cittadini costruissero edifici dedicati altempo libero, non era per in grado, da parte sua, diaffrontare imprese edilizie in cui tutti potessero iden-tificarsi. E tanto meno avrebbe saputo elaborare unvero piano urbanistico. Quello che era ovvio nella fon-dazione di una nuova colonia romana, a Roma diventa-va impossibile.

    Il Tempio della Concordia nel Foro, ad esempio, fufatto restaurare dal Senato nel 121 a. C. proprio dallospietato nemico dei Gracchi Lucio Opimio: per i parti-giani dei Gracchi il tempio divenne cos il monumentodella loro sconfitta. Dopo l8o a. C. Silla e Catulo vol-lero creare un simbolo dellordine ristabilito nella pode-rosa struttura del Tabularium sul colle del Campidogliosopra il Foro, e ricostruirono con grande spesa (ma congravi ritardi) il tempio di Giove Ottimo Massimo. Mail nuovo Tabularium non celebrava la res publica comu-ne, bens il predominio degli ottimati in un Senato la cuidebolezza diventava ogni giorno pi evidente. Il nuovotempio di Giove Capitolino, che pure avrebbe dovutorappresentare la maiestas del popolo romano anche agliocchi dei forestieri, poteva fregiarsi delle splendidecolonne dellOlympieion che Silla aveva portato da

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  • Atene ma non raggiungeva in alcun modo un livelloestetico degno di una citt cosmopolita. Anche questocaso sintomatico. Per motivi religiosi non era statopossibile modificare il podio e la pianta, ma le colonneellenistiche di marmo ovviamente non si adattavano allapianta preesistente, col risultato che il frontone doratodel tempio, sovraccarico secondo luso di motivi orna-mentali, era troppo ripido e gravava pesantemente sullecolonne troppo alte (Gell., II 1o).

    La fedelt alla tradizione impediva di riprendereintegralmente la fisionomia dei templi ellenistici in unsimile monumento di Stato. Ma poich si voleva esserenello stesso tempo conservatori e cosmopoliti, sorgeva-no ovunque soluzioni di compromesso esteticamentecontraddittorie, e problematiche da un punto di vistareligioso. La nuova immagine votiva di Giove OttimoMassimo fu affidata a un artista attico, il quale realizzuno Zeus classicheggiante nella tradizione greco-clas-sica delle statue crisoelefantine. Ma il fatto che le anti-che statue di terracotta venissero sostituite da opere diquesto tipo non poteva non avere conseguenze sul sen-timento religioso.

    I santuari privati del Campo Marzio contenevanoprovocazioni di altro genere. I generali trionfatori edifi-cavano templi ellenistici di marmo alla loro divinit pro-tettrice e ne adornavano gli sfarzosi porticati con celebriopere dellarte greca, bottino di guerra. Ma proprio alcentro del recinto sacro poteva trovarsi perfino la statuamonumentale del vincitore, mentre le statue delle divi-nit finivano in secondo piano nelle nicchie dei portica-ti, come si vede in un rilievo contemporaneo provenien-te dallanfiteatro di Capua, I secolo a. C. Quando Quin-to Cecilio Metello il Macedone fece erigere nella porti-cus da lui costruita sul Campo Marzio (146 a. C.) il cele-bre gruppo equestre di Lisippo che mostrava Alessandrocon i compagni caduti al Granico, non si trattava solo di

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  • una magnifica occasione per esporre la preda di guerrama anche di un omaggio reso al massimo eroe del mondoellenistico: dal punto di vista delle tradizioni repubbli-cane, un omaggio perlomeno sospetto.

    Mentre i capi facevano costruire edifici lussuosi perle loro divinit personali, molti fra i culti pi antichidella citt caddero nelloblio. Qualcuno potr ancheessersi chiesto, come il vecchio Catone, se le nuove sta-tue nude di marmo greco avrebbero protetto Romacome le vecchie statue di argilla. Alla vista degli antichisantuari e delle antiche cappelle in declino, i modernitempli marmorei dei trionfatori dovevano comunqueapparire in una luce ambigua:

    Quanto pi grandi e felici sono di giorno in giorno lesorti del nostro Stato e quanto pi cresce la sua potenza

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    Roma, Campo Marzio in epoca tardo repubblicana con portici e san-tuari votivi.

  • ormai arriviamo in Grecia e in Asia, che sono piene dilascive seduzioni, e mettiamo le mani sui tesori dei re ,tanto pi mi viene il timore che siano quelle cose a pren-dere possesso di noi, pi che noi di esse. Le opere dartegiunte in questa nostra citt da Siracusa sono credetemi qualcosa di minaccioso. Sono gi in troppi, a quanto vedo,a lodare e ammirare i fasti di Atene e Corinto e a deriderele figure di argilla nei frontoni dei templi romani.

    Queste, secondo Livio, le parole di Catone gi nel195 a. C. (Liv., 34,4,3).

    Le costruzioni private dei grandi raggiunserouna nuova dimensione con il teatro di Pompeo e il nuovoForo di Cesare, la cui grandezza corrispondeva alleambizioni dei due personaggi nel pieno tramonto dellares publica.

    Il teatro di Pompeo testimoniava un culto della per-sonalit che in Roma non aveva precedenti: si vedeva-no dovunque statue e immagini che rimandavano allevittorie dellimitatore di Alessandro. Il teatro era peranche uno spettacolare dono fatto alla popolazione, e diuna tale presa demagogica che indusse Cesare a farealtrettanto: egli cerc di schiacciare Pompeo pubbliciz-zando non solo le proprie imprese (davanti al tempio sor-geva un monumento equestre di Alessandro che ora por-tava il ritratto di Cesare), ma anche la sua origine divi-na. Cos il tempio che dominava il Foro era consacratoa Venere Genetrix, capostipite della sua famiglia. Uti-lizzando senza scrupoli il tempio e il Foro per le sue com-parse in pubblico, Cesare fu il primo dei grandi a pro-clamare apertamente la propria umanit divina (Suet.,Iul. 78,2). E mentre il teatro di Pompeo sorgeva comei portici dei trionfatori fuori del pomerium nel CampoMarzio, il nuovo Foro di Cesare era nel cuore dellacitt, proprio accanto al vecchio Foro. Il fatto che lan-tica Curia, appena restaurata, venisse demolita per far

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  • posto alla nuova costruzione, e che il comitium con la tri-buna degli oratori (fino ad allora un luogo sacro) venis-se semplicemente sopraelevato aveva dunque un precisosignificato simbolico.

    Come vedremo, i due grandi edifici di rappresen-tanza fatti costruire da Ottaviano prima della battagliadi Azio il Tempio di Apollo sul Palatino e il Mauso-leo non sono da meno come esempi di culto della per-sonalit: senza alcun riguardo per le tradizioni della respublica, il loro scopo era unicamente quello di pubbli-cizzare limmagine di un capo carismatico.

    Tra i tumultuosi mutamenti e i disordini di queglianni, limmagine dellurbs offriva dunque ben pochimotivi di identificazione con lo Stato, e poteva anziagire come una fonte di sotterranea inquietudine. Difronte alla miseria delle istituzioni essa non offriva inogni caso immagini edificanti che potessero rafforza-re la fiducia nelle sorti dello Stato romano. La stella delbuon tempo andato non brillava pi: quelle che si ave-vano davanti agli occhi non erano le immagini simboli-che di una solida moralit collettiva, da assumere comeun punto di riferimento, ma monumenti che dichiara-vano il declino dello Stato e il trionfo degli interessi pri-vati. Tutto nella citt testimoniava lo strapotere e leambizioni politiche dei grandi.

    La villa e la nascita della sfera privata.

    Abbiamo considerato finora solo lambiente visivodella capitale e le sue contraddizioni. Nelle antiche cittdella Campania e del Lazio il processo di ellenizzazionesi era svolto in forma assai meno problematica: cos adesempio Pompei possedeva gi nel II secolo a. C. un tea-tro di pietra, un pubblico stabilimento termale e forseanche un ginnasio. Il Tempio della Fortuna a Palestri-

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  • na e il Tempio di Ercole a Tivoli superavano, per lagrandiosa imponenza delle loro strutture architettoni-che, perfino i grandi edifici dellOriente. Con le sue stra-de e le sue piazze Capua presentava laspetto di unamoderna citt ellenistica (Cic., Leg. agr. II 95 sg.). Perle grandi famiglie cosmopolite di queste citt, impe-gnate nel commercio con lOriente, le novit culturalinon creavano problemi di concorrenza e di conserva-zione del potere come avveniva invece per i senatoriromani: lideologia romana non aveva qui nessun peso.

    Nel clima pi libero della Campania, gi verso lamet del II secolo gli aristocratici filelleni si costruironole prime lussuose case di campagna, pi o meno neglistessi anni in cui il Senato dava i primi segni di ostilitverso la cultura greca. Queste ville furono un primo esintomatico prodotto della nuova cultura: qui le formedi vita importate dalla Grecia potevano attecchire inpiena libert per poi trasmettersi alla vita pubblica.

    Il fenomeno della villa rappresenta ai suo inizi unasorta di valvola di sfogo sociale. Un podere visitatooccasionalmente poteva trasformarsi in una splendida casadi villeggiatura, dove anche laristocratico pi fedele allatradizione poteva abbandonarsi agli svaghi lussuosi dellacultura greca approfittando della lontananza da Roma edei periodi di ferie: a Roma infatti fa dire Ciceronealloratore M. Antonio (console nel 99 a. C.) ci non eraconsentito. Venne cos a prodursi quella spaccatura trasfera privata e sfera pubblica che doveva poi segnare cosprofondamente la futura societ europea. Le enormi ten-sioni politiche e personali a cui aveva portato il contrastofra la cultura greca (oggetto di avida emulazione) e i moresmaiorum cercavano un equilibrio in una netta separazio-ne di ambiti, e fu proprio nella tensione fra otium (iltempo libero, la vita in campagna) e negotium (il dovere,lattivit politica a Roma) che prese forma quel senso deldovere cos tipico dellideologia romana.

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  • Le ville divennero rapidamente il centro del nuovolusso ellenistico. Si ha anzi limpressione che i frenimorali della vita cittadina alimentassero il bisogno quasipatologico di una vita pi libera ed estroversa, cir-condata dai piaceri e dagli agi della campagna. Le-spansione di questo mondo privato fu favorita dal decli-no dellautorit senatoria e raggiunse il suo culmineallepoca di Lucullo, Pompeo e Cesare. Lidea della vil-leggiatura come tranquilla occasione di svago in mezzoai libri e agli amici degener: la villa fin per diventare,come tutto il resto, un simbolo di prestigio e di ric-chezza, mentre a Roma cadevano le ultime barriere con-tro il lusso delle abitazioni private.

    Il Romano intellettualmente curioso si accostava allacultura greca come a un tutto organico. Munite di por-tici, sale e locali di ricreazione, di biblioteche e pinaco-teche, di giardini e ambienti battezzati nostalgicamentecon nomi di istituzioni culturali, come gymnasium,lyceum, palaestra, o di celebri localit del mondo greco,le ville diventarono un vero campionario della culturagreca, animato dalla presenza fisica di filosofi e artistiche vi ricreavano il loro ambiente dorigine. Gli origi-nali raccolti dai collezionisti come Verre (pretore nel 74a. C.) sono andati in gran parte perduti, ma le copie dimarmo e di bronzo ritrovate in molte ville dnno unabuona idea di come le opere di scultura, distribuite neivari ambienti della casa, servissero a evocare le diversesfere del mondo greco: nella biblioteca cerano le statueo i busti dei grandi poeti, dei filosofi e degli oratori,mentre nei porticati detti gymnasia si vedevano statue diatleti, di Ermes, Eracle e Atena. Attraversando i giar-dini si incontravano figure dionisiache e gruppi erotici.Oppure era di scena il mondo del mito omerico, comenella grande villa di Sperlonga che lo ambientava addi-rittura in una grotta naturale. Isolate dal loro contestooriginario e raccolte con spirito eclettico e programma-

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  • tico, quelle sculture rappresentavano la grecit in quan-to puro patrimonio spirituale, e invitavano a una vitacontemplativa, tra libri e begli oggetti, una vita raccol-ta in se stessa, lontana dagli obblighi politici.

    La migliore idea dassieme di una villa romana nonla dnno per i luoghi di scavo ma la villa-museo fattacostruire a Malibu in California da Paul Getty, il magna-te del petrolio, riproducendo fedelmente la Villa deiPapiri di Ercolano. Le copie di bronzo sparse tra i por-tici e i giardini riproducono una parte delle statue ritro-vate nella villa durante gli scavi settecenteschi, e offro-no nel loro insieme (sono circa ottanta tra statue ederme) il miglior esempio di quello che poteva essere unarredo statuario completo. Laspetto pi interessantedal nostro punto di vista per la totale assenza ditematiche romane: come in quasi tutte le ville a noinote non troviamo n raffigurazioni dei miti politiciromani, n ritratti di eroi o di personaggi storici, o deigrandi intellettuali della storia recente, n rappresenta-zioni allegoriche di valori e virt romane. Cerano inve-ce, accanto ai ritratti dei poeti greci, dei filosofi e deglioratori, le raffigurazioni dei sovrani ellenistici: i modelliammirati dalla classe senatoria non erano consoli e gene-rali, ma Alessandro e i sovrani dei regni ellenistici. Latradizione politica romana non trova spazio nel mondodellotium. Solo con Augusto le immagini del mondopolitico romano entreranno nella sfera privata, e solo inepoca imperiale si troveranno nelle case private ritrattidei sovrani, viventi o defunti.

    Non meno istruttive sulle tendenze intellettuali, leambizioni e la psicologia della classe dirigente sono poile decorazioni pittoriche parietali nel cosiddetto stilearchitettonico, quali le troviamo in ville grandi e pic-cole, ma anche in case urbane di Roma e Pompei. Con-viene partire anzitutto dagli esempi pi antichi, databi-li probabilmente al ii secolo a. C.: rappresentano pare-

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  • ti intarsiate con diverse qualit di marmi preziosi, spes-so con profili di colonne sovrapposte e scorci di colon-nati. La pittura doveva sostituire illusionisticamentelambientazione sognata oppure accrescere il lusso effet-tivo, offrendo agli inquilini della casa immagini di favo-losa ricchezza: uno scenario tangibile che riunisse quan-to vi era di pi sontuoso in fatto di architetture e dimateriali. Certe piccolissime camere da letto dalle pare-ti decorate con scorci illusionistici, in una ridda di sug-gestioni ottiche contraddittorie, sembrano testimoniareun bisogno senzaltro nevrotico di sfarzose e grandioseprospettive architettoniche. Ci si pu chiedere se fossepossibile abbandonarsi a sonni tranquilli in un ambien-te come la piccola camera da letto della villa di Bosco-reale o della Villa dei Misteri. pi facile pensare chequelle selve di colonne perseguitassero gli abitatorianche in sogno.

    Anche in questo caso, nessun soggetto che abbia ache fare con la vita a Roma, n vi troviamo allusioni allavita di campagna del senatore-possidente (a differenza,per esempio, dalle pitture illusionistiche nei castelli enelle ville barocche). Troviamo, invece, vedute di san-tuari spesso di grande effetto scenografico: quei santuariche sorgevano attigui ai palazzi dei sovrani ellenistici, eche forse, in qualche caso, venivano costruiti ancheallinterno delle ville e dei palazzi pi sontuosi. Nonscorci di natura libera ma parchi raffinati e pinacotechedecorate di erme, grandi quadri di principi ellenistici, unfilosofo greco che sembra cos vicino da toccarlo, unrituale di iniziazione dionisiaco in cui gli abitanti dellavilla si confondono col seguito del dio, e vedute di pae-saggio con scene mitiche: un mondo di sogno, fatto dilusso e cultura greca. Come le statue, le immagini pit-toriche dovevano evocare associazioni erudite e soddi-sfare almeno nella fantasia un bisogno di splendore e dibellezza. Pi tardi, dopo la svolta augustea, queste pare-

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  • ti saranno viste invece come unespressione di luxuria edi ipocrisia, come mostra la nuova decorazione parieta-le progettata allepoca dei ludi saeculares.

    La fuga nella cultura greca poteva comportareaddirittura un rituale di travestimento: prima disprofondarsi in una poltrona ai piedi di un ritratto diPlatone o di Aristotele, per filosofare o leggere i poeti,non di rado il romano colto indossava il mantello grecoe sandali greci e si metteva una corona sul capo (Cic.,Rab. Post. 26). Si sentiva allora letterato e artista, Grecofra i Greci. E in questa veste si faceva addiritturaimmortalare: ne un esempio eloquente una statua delcommediografo greco Posidippo (III secolo a. C.), adat-tata nel volto e nella capigliatura al ritratto di un roma-no del I secolo a. C. Significativamente per, il Roma-no grecofilo si preoccupava di mettere in mostra il suorango sociale: per raffigurare i suoi calzari da senatorelo scultore dovette applicargli stringhe di bronzo. Anchenella statua del cosiddetto giovane oratore greco, chenella Villa dei Papiri era fra quella di Eschine e quelladi un antico poeta, vediamo immortalati i tratti di uncontemporaneo, forse il proprietario della villa: il tagliodei capelli quello tipico degli anni intorno al 30 a. C..

    Togliendosi la toga nel tempo libero il Romano depo-neva per cos dire la sua stessa romanit. Il sorgere diuno spazio vitale privato e alternativo, sottratto allasfera della res publica, evidenziava il declino di un inte-ro sistema di valori; ci si abituava con una certa disin-voltura a vivere in due mondi, a parlare due lingue e adavere una doppia morale. I piaceri di cui si godeva a casapropria diventavano, nei discorsi fatti in pubblico,oggetto di riprovazione.

    Il mondo dellotium offriva una cornice stimolanteal godimento della cultura greca e allo sviluppo di unavita intellettuale libera dagli obblighi di Stato, era unmondo in cui si poteva trovare rifugio dal caos delle

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  • guerre civili e dalle miserie di una vita politica in decli-no, e sperimentare con successo nuove possibilit esi-stenziali. E insieme ai libri, le immagini e le statuediventarono il contrassegno emblematico della nuovasituazione. Se prima un membro dellaristocrazia pote-va realizzarsi solo nel servizio della res publica, ora ilmondo dellotium gli offriva la possibilit di unesisten-za libera da incarichi politici. Non c dubbio che la cul-tura delle ville, con i suoi valori estetici e il suo lusso,abbia reso pi facile il passaggio alla monarchia per una-ristocrazia ormai indebolita.

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  • Capitolo secondo

    Immagini antagoniste.La lotta per il potere assoluto

    Dopo la morte di Cesare nel 44 a. C. la lotta per lasuccessione dur tredici anni. Il linguaggio delle imma-gini e delle forme architettoniche svolge in questa faseun ruolo importante, ma bench compaiano alcunenovit destinate a interessanti sviluppi, le contraddi-zioni del linguaggio visivo rimangono le stesse del perio-do precedente. Il declino del vecchio sistema politicotocc il culmine. Luso di forme e simboli greci, proble-matici e ambigui, da parte di Ottaviano e di Antonio,fu cos massiccio da far pensare a due sovrani ellenisti-ci in lotta per il dominio su Roma.

    Divi filius.

    Quando il diciannovenne C. Ottavio scese sul ter-reno di guerra per entrare in possesso della sua eredit era il 44 a. C. il nome di Cesare, suo prozio e padreadottivo, era il suo unico asso nella manica. Rinunciandoa fare uso del cognomen, in questi casi abituale, si fecechiamare fin dallinizio C. Cesare (il nome Ottaviano una convenzione moderna). Il ragazzo che secondoAntonio doveva tutto al suo nome (Cic., Phil.13,11,24), non voleva lasciare dubbi sulle sue intenzio-ni. Possa ottenere gli onori e la posizione di mio padre,che rivendico: cos esclamava gi alla fine dellanno 44

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  • in unassemblea popolare, indicando con gesto enfaticola statua del dittatore assassinato (Cic., Att. 16,15,3).Quellimmagine fece colpo. La nobilt era costernata,perfino gli amici del giovane Cesare rimasero stupefat-ti. Da uno cos non vorrei essere salvato, fu il com-mento di Cicerone.

    Subito dopo aver raggiunto il potere assoluto nellanno 31 a. C., Ottaviano modific il suo stile politico.Nellanno 27 ripristin la repubblica (era questa laformula ufficiale), e come salvatore dei cittadiniottenne allora il titolo onorifico di Augustus. Da quelmomento fece tutto il possibile per tagliare i ponti colpassato: e non senza buone ragioni, giacch molte dellecose accadute dopo il 44 andavano dimenticate. Quelloche era stato detto allora, e il modo in cui lo si eradetto, era in funzione della lotta per il potere. E qui larivalit tra i due antagonisti aveva avuto un ruolo deci-sivo, condizionando le rispettive immagini e la lorotraduzione nel linguaggio delle forme artistiche.

    Si trattava anzitutto di mantenere viva tra i vetera-ni e la plebs la memoria di Cesare. Nellamministrarequesto capitale politico decisivo il partito del giovaneCesare procedette con grande determinazione, comedimostrano la campagna per divinizzare il dittatoreassassinato e per lutilizzazione sistematica di una come-ta, il sidus Iulium, come segno di prosperit.

    Quando Ottaviano, contro la volont dei direttiresponsabili, volle celebrare nel luglio del 44 i ludi Vic-toriae Caesaris, che ancora Cesare aveva celebrato inonore di Venere, in cielo comparve puntualmente unacometa. Riferir pi tardi nella sua biografia che lacometa era stata vista per sette giorni in tutto il mondo,e che dappertutto era stata interpretata come un segnodella divinizzazione di Cesare. Subito dopo venne con-sacrata nel Foro una statua di Cesare, e fu lui stesso amettere sul suo capo una stella: ma dentro di s aveva

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  • salutato quella stella con gioia, come un segno della suafutura ascesa (Plin., Nat. hist. II 93-94).

    Apprendiamo da altre fonti che fu naturalmente lostesso Ottaviano a propagare la credenza nella stella, cheegli mise il sidus Iulium su tutte le statue di Cesare, e cheda allora la stella brillava anche sul suo elmo. Anche unaruspice di nome Vulcazio diede il suo contributo,interpretando la cometa come lannuncio di una nuovaet felice, e pensando bene di morire subito dopo il fau-sto responso (Serv. in Verg., Ecl. IX 46 sg.). La stelladivent subito un segno di prosperit e si diffuse dap-pertutto, su monete, anelli, sigilli e cos via.

    Nel 42 a. C. Ottaviano stabil che il culto di Cesa-re (Divus Iulius) entrasse ufficialmente nella religione diStato, e ne impose la venerazione in tutte le citt dI-talia. Da allora pot chiamarsi Divi filius, figlio del nuovodio. Sorsero altari dappertutto e in un punto del Foromolto in vista si inizi la costruzione di un tempio cheapparve nelleffigie di una moneta gi alcuni anni primadella fine dei lavori.

    La moneta un buon esempio del modo pregnantein cui il linguaggio delle immagini viene utilizzato daisostenitori di Ottaviano. Nel timpano compare ben visi-bile il sidus Iulium e subito sotto la scritta dedicatoriaDIVO IULIO, cos sproporzionata da risultare peren-toria. Di fianco al tempio si vede laltare commemora-tivo che, con gesto carico di effetto, venne pi tardiintegrato nelledificio. Laltare era infatti un segno diparticolare intensit emotiva: dopo lassassinio del dit-tatore lo aveva eretto spontaneamente la folla sul luogodel rogo funebre.

    Ben presto anche i poeti iniziarono a cantare la stel-la di Cesare e a farla brillare in tutte le occasioni impor-tanti. Anche sulle monete la stella continua a compari-re, soprattutto in relazione alla celebrazione delletdelloro (saeculum aureum) e allinvestitura dei princi-

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  • pi ereditari Gaio e Lucio. Lefficacia simbolica dellastella poggiava sulla tendenza universalmente diffusa alasciarsi influenzare dai segni celesti, sullabile sfrutta-mento della credulit popolare e sulluso mirato di sim-boli ricorrenti nelle manifestazioni pubbliche.

    La maggior parte delle immagini diffuse nei primianni dai seguaci di Ottaviano hanno a che fare pi omeno direttamente con Cesare. Le monete doro con lasella e la corona ricordavano, ad esempio, i tentativi diesporre la sedia dorata di Cesare e la corona tempesta-ta di pietre preziose, con cui Ottaviano si era audace-mente proposto di riaccendere la passione popolare.Quanto a Venere ed Enea, era stato lo stesso Cesare afarli raffigurare sulle sue monete come segno dellorigi-ne divina della gens Iulia. Riprendendo queste immagi-ni il giovane Cesare rivendicava per s anche le originidivine ed eroiche della gens Iuli. Marco Antonio nonpoteva contrapporre nulla di simile. E a tutto questo siaggiungeva la somiglianza del figlio col padre messa inrisalto da numerose monete dei primi anni. La giovaneet di Ottaviano si prestava magnificamente al gioco:ora lo troviamo raffigurato con tratti spiccatamente ado-lescenziali, ora come un giovane eroe. E anche qui ilpensiero va allimmagine standard del giovane Ales-sandro Magno, che contribu a diffondere sul giovaneerede di Cesare unaura di eccezionalit.

    Persino i momenti pi drammatici e pi gravi pote-vano rivestire un significato simbolico e rafforzare il gistretto legame tra il Divus Iulius e il Divi filius. Cos, adesempio, corse voce che la testa dellassassino di Cesa-re, Bruto, era stata mandata a Roma per essere depostaai piedi della statua di Cesare (Suet., Aug. 13; Dio.Cass., 48,14). E si diceva che la scena orribile del mas-sacro di trecento perugini fosse avvenuta, in memoriadel dies nefastus dellassassinio di Cesare, presso un alta-re del Divus Iulius (41 a. C.).

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  • Se si pensa alla disordinata propaganda famigliaredegli ultimi decenni, lo sfruttamento politico sistemati-co delle immagini era senzaltro una novit.

    Le statue trionfali del giovane Cesare.

    Si trattava anzitutto di riconoscere pubblicamente equanto prima le qualit militari del Divi filius e i suoimeriti verso lo Stato. Di queste qualit e questi meritierano unespressione visibile le statue celebrative che glivenivano offerte ufficialmente. La prima statua, inau-gurata da Ottaviano ancora diciannovenne il 2 gennaiodel 43, fu per lui sotto vari aspetti la pi importante: unastatua equestre dorata da sistemare sopra o accanto latribuna degli oratori (i rostra). Il monumento era statodeciso dal Senato e dal popolo insieme a una serie dialtre onorificenze, e doveva proclamare, nel punto pisimbolico della citt, che a pochi mesi dalla sua comparsasulla scena lerede di Cesare era gi unimportante forzapolitica. Non solo il Senato decretava che gli arruola-menti illegali di truppe voluti da Ottaviano erano unmerito straordinario verso lo Stato, ma assegnavainoltre al ragazzo un posto di prestigionel Senatostesso, il diritto di candidarsi con dieci anni di anticiposullet prevista dalla legge a tutte le magistrature pielevate, e, soprattutto, gli conferiva un imperium inpiena regola. Il giovane Cesare poteva ora agire comecondottiero al servizio della repubblica. Non c da stu-pirsi che proprio quella statua diventasse per lui il sim-bolo della sua rapida ascesa politica. Prima ancora chela statua venisse portata a termine e collocata sui rostra,i partigiani di Ottaviano ne facevano coniare leffigie sualcune monete.

    Su una delle prime monete si vede il futuro monu-mento accompagnato da due pregnanti segni aggiuntivi:

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  • il cavallo poggia su unasta, sotto la quale uno speronedi nave (rostrum) indica appunto nella tribuna degli ora-tori (ornata di rostra) il luogo di destinazione. Il bastoneda augure nella mano di Ottaviano allude alla sua auto-nomia come comandante militare. Le lettere S[enatus]C[onsultus] sottolineano infine che lonorificenza traevaorigine da un decreto ufficiale del Senato: segno, tuttoquesto, di una forte volont di legittimazione. E si trat-tava di una onorificenza ben dispendiosa per un giova-ne che non aveva ancora rivestito alcuna carica, per nonparlare di esperienze militari! Tanto pi che il monu-mento doveva affiancare le statue equestri di Silla, Pom-peo e Cesare. Il Senato non poteva far capire pi chiara-mente quanto poco gli importasse ormai delle proprietradizioni. Come mostrano le monete dellanno 43 a. C.,la statua fu pensata dapprima con il cavallo in posizio-ne di riposo, simile al monumento di Silla. Ma poidivent un cavallo al galoppo. Il nuovo schema compa-re per la prima volta sulle monete del 41 a. C., e questavolta con la scritta programmatica e demagogica POPU-LI IUSSU (per decreto del popolo ). Era dunque ilpopolo non il Senato, nei cui riguardi Ottaviano avevaperso ormai ogni ritegno che aveva decretato lono-rificenza! La raffigurazione pi precisa della statua sitrova nelle monete coniate un paio di anni pi tardi: essenon mostrano il Divi filius nelle vesti di condottiero, maa torso nudo e con un mantello svolazzante attorno aifianchi. In questa veste piena di pathos, la superioritdel nuovo monumento sulla statua di Silla apparivaschiacciante. Anche il braccio teso assumeva nel nuovocontesto un significato pi generale come allusione alpotere assoluto. Il figlio del divo Cesare appariva quicome i Dioscuri sulle vecchie monete repubblicane: nonpi un condottiero della Repubblica, ma un salvatoremandato dal cielo.

    Limmagine corrisponde fedelmente ai panegirici di

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  • Cicerone in Senato, che esaltava le imprese del divinusadulescens come superiori a quelle di Silla e di Pompeo(Phil. 5,16,42). vero che anche Silla aveva fatto inci-dere sotto la sua statua la scritta carismatica IMPERA-TOR FELIX, ma se non altro si era ancora fatto raffi-gurare con la toga. E poich le due statue erano luna difianco allaltra, il confronto si imponeva da s. Che ilSenato non si curasse ormai nemmeno di un ossequioformale alle tradizioni, risulta dalliscrizione dedicatoriache indicava espressamente let del diciannovenneOttaviano (Vell. Pat., 2,61,3). Proprio Cicerone delresto, leloquente avvocato della res publica, aveva para-gonato in Senato il giovane Cesare ad Alessandro, for-nendo cos una qualche giustificazione a quegli onoristraordinari (Phil. 5,17,38).

    Anche unaltra statua, non meno significativa, ci nota solo attraverso le monete. Poich la troviamo nellastessa serie insieme ad altri monumenti della citt, dove-va trattarsi anche in questo caso di un monumentoimportante. La statua celebrava la vittoria su Sesto Pom-peo nella battaglia navale di Nauloco (36 a. C.), e anchequi Ottaviano raffigurato nudo, secondo un modulostilistico tipico dellarte tardo classica. Il probabilemodello era una famosa statua di Lisippo raffigurantePosidone. In quanto vincitore di una battaglia navaleOttaviano regge in mano come trofeo laplustre (aphla-ston) di una nave nemica. La lancia tenuta con la sini-stra lo qualifica come generale, mentre il piede destro appoggiato su una sphaera, simbolo della terra e dellavolta stellata, e perci di potere universale.

    Questo efficace modulo figurativo era gi stato usatopresso i sovrani ellenistici per rappresentare le virtdivine del personaggio in questione. Bench allepoca diOttaviano il modulo, molto sfruttato, avesse certamen-te perso vigore, il luogo di esposizione e le caratteristi-che del personaggio potevano ancora farne, come in

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  • questo caso, il veicolo di un messaggio molto forte.Negli anni dopo la morte di Cesare, Sesto Pompeo,figlio di Gneo Pompeo Magno, era riuscito a costruirsiuna specie di regno marittimo con sede in Sicilia, oppo-nendosi al triumvirato di Ottaviano, Antonio e Lepido.Dopo le prime vittorie su Ottaviano e i suoi generali,Pompeo era solito vantarsi di essere come suo padresotto la speciale protezione di Nettuno, e anzi di esser-ne stato adottato come figlio. Evidentemente, servivaanche a lui unorigine divina. Cos, invece del mantelloda generale portava una clamide di colore blu mare,offriva in sacrificio al padre Nettuno dei tori dallecorna dorate e, sempre in suo onore, arrivava al puntodi gettare in mare dei cavalli vivi (Dio. Cass., 48,48,5).

    Sesto godeva di grande popolarit presso la plebsromana. Durante una pompa nellanno 40 a. C. una sta-tua del dio del mare fu portata nel Circo: la folla diedesegni di esultanza e dimostr cos il suo favore per ilfiglio di Nettuno contro il figlio del Divo Cesare. Que-stultimo fece ritirare allora la statua dal corteo dichia-rando che avrebbe vinto anche contro la volont diNettuno, ma il gesto provoc una sommossa durantela quale furono rovesciate le statue di Ottaviano e deglialtri due triumviri. In questi anni, dunque, la comparsadi unimmagine del dio del mare o dei suoi attributi sim-bolici in un contesto politico veniva senzaltro riferit